Come si poteva cominciare questa pagina senza di lui? Senza il più importante musicista di Catania? Il Cigno! VINCENZO BELLINI Vincenzo
Salvatore Carmelo Francesco Bellini (Catania, 3 novembre 1801 - Puteaux, 23
settembre 1835) è un compositore italiano, tra i più celebri operisti
dell'Ottocento. Le
sue opere più famose e rappresentate sono La sonnambula, Norma e I puritani. Studiò
musica prima a Catania, sua città natale, poi a partire dal 1819, grazie ad una
borsa di studio offerta dal comune di Catania, si trasferì a Napoli per
perfezionarsi al Conservatorio. Qui tra i suoi maestri ebbe Nicola Antonio
Zingarelli, che lo indirizzò verso lo studio dei classici e il gusto per la
melodia piana ed espressiva, senza artifici e abbellimenti, secondo i dettami
della scuola napoletana. Tra i banchi del conservatorio conobbe il calabrese
Francesco Florimo, la cui fedele amicizia lo accompagnerà per tutta la vita e
dopo la morte, allorché Florimo diventerà bibliotecario del conservatorio di
Napoli e sarà tra i primi biografi dell'amico prematuramente scomparso. In
questo periodo Bellini compose musica sacra, alcune sinfonie d'opera e alcune
arie per voce e orchestra, tra cui la celebre Dolente immagine, oggi nota solo
nelle successive rielaborazioni per voce e pianoforte. Nel
1825 presentò al teatrino del conservatorio la sua prima opera, Adelson e
Salvini, come lavoro finale del corso di composizione. L'anno dopo colse il
primo grande successo con Bianca e Fernando, andata in scena al Teatro San Carlo
di Napoli col titolo ritoccato in Bianca e Gernando per non mancare di rispetto
al principe Ferdinando di Borbone. La
tomba di Bellini nel Duomo di Catania. L'anno seguente il celebre Domenico
Barbaja commissionò a Bellini un'opera da rappresentare al Teatro alla Scala di
Milano. Partendo da Napoli, il giovane compositore lasciò alle spalle
l'infelice passione per Maddalena Fumaroli, la ragazza che non aveva potuto
sposare per l'opposizione del padre di lei, contrario al matrimonio con un
musicista.
Sia
Il pirata (1827) che La straniera (1829) ottenero alla Scala un clamoroso
successo: la stampa milanese riconosceva in Bellini l'unico operista italiano in
grado di contrapporre a Gioachino Rossini uno stile personale, basato su una
maggiore aderenza della musica al dramma e sul primato del canto espressivo
rispetto al canto fiorito. Meno
fortuna ebbe nel 1829 Zaira, rappresentata a Parma. Lo stile di Bellini mal si
adattava ai gusti del pubblico di provincia, più tradizionalista. Delle cinque
opere successive, le più riuscite sono non a caso quelle scritte per il
pubblico di Milano (La sonnambula, e Norma, entrambe andate in scena nel 1831) e
Parigi (I puritani - 1835). In questo periodo compose anche due opere per il
Teatro La Fenice di Venezia: I Capuleti e i Montecchi (1830), per i quali adattò
parte della musica scritta per Zaira, e la sfortunata Beatrice di Tenda (1833). La
svolta decisiva nella carriera e nell'arte del musicista catanese coincise con
la sua partenza dall'Italia alla volta di Parigi. Qui Bellini entrò in contatto
con alcuni dei più grandi compositori d'Europa, tra cui Frédéric Chopin, e il
suo linguaggio musicale si arricchì di colori e soluzioni nuove, pur
conservando intatta l'ispirazione melodica di sempre. Oltre ai Puritani, scritti
in italiano per il Théâtre-Italien, a Parigi Bellini compose numerose romanze
da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese, dimostrandosi
pronto a comporre un'opera in francese per il Teatro dell'Opéra di Parigi. Ma
la sua carriera e la sua vita furono stroncate a meno di 34 anni da un'infezione
intestinale probabilmente contratta all'inizio del 1830.
Bellini
fu sepolto nel cimitero Père Lachaise, dove rimase per oltre 40 anni, vicino a
Chopin e a Cherubini. Nel 1876 la salma fu traslata nel Duomo di Catania. Dotato
di una prodigiosa vena melodica, Bellini dedicò la sua breve vita alla
composizione. Il suo talento nel cesellare melodie della più limpida bellezza,
conserva ancora oggi un'aura di magia, mentre la sua personalità artistica si
lascia difficilmente inquadrare entro le categorie storiografiche.
Legato ad una concezione musicale antica, basata sul primato del canto, sia esso
vocale o strumentale, il siciliano Bellini portò prima a Milano e poi a Parigi
un'eco di quella cultura mediterranea che l'Europa romantica aveva idealizzato
nel mito della classicità. Il giovane Wagner ne fu tanto abbagliato da
ambientare proprio in Sicilia la sua seconda opera, Il divieto d'amare,
additando la chiarezza del canto belliniano a modello per gli operisti tedeschi
e tentando di seguirlo a sua volta.
Opere:
Adelson e Salvini (febbraio 1825 Teatrino del Conservatorio di San Sebastiano,
Napoli - in 3 atti) 2a
versione: modificata a più riprese ma allestita solo il 23 settembre 1992 al
Teatro Bellini di Catania (in 2 atti) Bianca
e Gernando (30 maggio 1826 Teatro San Carlo, Napoli) 2a
versione: Bianca e Fernando (7 aprile 1828 Teatro Carlo Felice, Genova) Il
pirata (27 ottobre 1827 Teatro alla Scala, Milano) La
straniera (14 febbraio 1829 Teatro alla Scala, Milano) Zaira (16 maggio 1829 Teatro Ducale, Parma) I
Capuleti e i Montecchi (11 marzo 1830 Teatro La Fenice, Venezia) La
sonnambula (6 marzo 1831 Teatro Carcano, Milano) Norma
(26 dicembre 1831 Teatro alla Scala, Milano) Beatrice
di Tenda (16 marzo 1833 Teatro La Fenice, Venezia) I puritani (24 gennaio 1835 Théâtre Italien, Parigi)
LA MORTE BURRASCOSA DI UN CIGNO "FIMMINARU". Fu
chiamato "IL CIGNO" per l'eleganza e la delicatezza del suo stile
musicale, evidente nelle sue romanze e nelle opere, il cui pathos malinconico e
sentimentale ha sempre intenerito chiunque ne ascoltasse qualche brano.
Vincenzo Bellini fu dapprima sepolto a Parigi, ma nel 1876 la sua salma fu
traslata a Catania, dove riposa nella Cattedrale. Gabriele D'Annunzio dedicò a
questo splendido e delicato musicista romantico dei versi poetici, e laddove
egli si trova oggi si legge un'epigrafe dettata da Mario Rapisarda che dice:
"Questa basilica, ove giacciono dimenticate le ossa di tanti re, diverrà
famosa per la tomba di Vincenzo Bellini".
Il "bacillo virgola" che causa tale malattia fu scoperto infatti da
Robert Koch solo nel 1883, mentre prima di allora il male era sconosciuto e,
soprattutto, mortale.
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nota di Francesco Raciti: Caro Mimmo sono a curiosare sempre nel tuo infinito sito e leggo la canzone Vitti na crozza, a mio modestissimo parere, incompleta. Quando ero a militare facevo parte della banda musicale e anche dell'orchestra delle scuole truppe meccanizzate e corazzate di Caserta e come me altri 70 elementi tra cui uno di questi faceva parte del gruppo musicale Fokloristico i Peloritani. Alcune notti, per essere ascoltati e poi commentarle si canticchiavano le canzoni siciliane, vista la massiccia presenza in caserma da parte sicula. Proprio questa canzone, ricordo benissimo (e indelebile) le frasi iniziali che purtroppo nessuno pronuncia nel cantarla e che sono sicurissimo nessuno conosce nella sua vera versione. Affermo questo perche il signor Mazzeo, cantante del gruppo i Peloritani, la intonava con queste frasi iniziali dicendomi che queste sono le giuste parole e che anche suo Padre e suo Nonno cantavano.
Vitti ‘na crozza non è catanese. Nel film "Il cammino della speranza" di Pietro Germi questa canzone fu utilizzata come colonna sonora attribuendogli una generica potestà popolare. In realtà il motivo, riprodotto in migliaia di dischi e riproposto non si sa quante volte in televisione, alla radio, negli spettacoli popolari e in piazza, ha un autore. Si chiama Franco Li Causi, direttore di una piccola orchestra agrigentina e solista di chitarra. Questi racconta che nel 1950 il regista Pietro Germi gli chiese se, nel suo repertorio di canzoni siciliane, ci fosse un motivo "allegro-tragico-sentimentale" da inserire in un film sugli emigrati siciliani. Le composizioni del musicista però non piacquero al regista che, comunque, invitò il maestro sul set a Favara. In quell’occasione un anziano minatore, Giuseppe Cibardo Bisaccia, recitò al regista un brano poetico che conosceva a memoria e Germi chiese a Li Causi di musicare quei versi. Ma questa paternità non gli sarà riconosciuta nonostante il maestro agrigentino avesse inviato subito la composizione in deposito SIAE. Così molti sono stati i cantanti, i musicisti, le case discografiche che hanno utilizzato la musica di "Vitti 'na crozza" o appropriandosene tout court o attribuendola ad un'equivoca tradizione popolare. L'autore di uno dei più popolari motivi siciliani, dunque, è stato per tanti anni un artista indifeso, che ha strenuamente combattuto per far valere i suoi diritti di unico ed indiscutibile autore della musica, avendo come unici alleati i suoi concittadini che hanno testimoniato a suo favore affinché gli fossero riconosciuti tutti i diritti morali ed economici. Nel film Vitti ’na crozza unisce dunque, in un reciproco scambio di significati, il titolo del film e le scene in cui a prevalere è la fiducia nel futuro: la canzone diventa così la musica del cammino della speranza.
ECCO L'AUTENTICO INNO DI CATANIA: E vui durmiti ancora parole di Giovanni Formisano - Musica di Emanuel Calì (entrambi catanesi) Si dice che fosse il 1916. Sul fronte della Carnia si fronteggiavano gli austriaci e due reggimenti formati da catanesi. Si sparavano e si ammazzavano. Una sera, splendendo la luna, uno dei nostri prese la sua chitarra e cantò. E mentre cantava, gli spari cessarono. E quando finì di cantare, gli austriaci applaudirono.
cantata dal Maestro Alfio Marletta
La Canzone
Catanese tra Ottocento e Novecento Stabilire
quali siano i contorni più significativi di Catania sul piano
culturale, fra i molti che hanno avuto vita e che si possono
individuare, è impresa certamente non facile sostanzialmente per
due ordini di motivi: da una parte, ed è l'aspetto positivo, la
varietà e la pienezza dei contenuti relativi alle molteplici
condizioni che il centro etneo ha attraversato con alterne vicende
nel corso della sua storia; dall'altra, in posizione negativa, la
modesta conoscenza del passato anche recente delle nuove
generazioni di Catanesi, che impedisce una ricognizione
persuasiva, e quindi didatticamente valida, dei trascorsi lontani
e vicini di una città che è oggi considerata, in un'ottica ormai
drammaticamente generalizzata che purtroppo e sempre più spesso
è quella adottata anche dalla popolazione indigena, solo il
cattivo prodotto di una degenerazione costante e inarrestabile.
Che quanto sopra sia la realtà o soltanto il delirio interessato
di mass media lanciati alla conquista sfrenata di spazi sempre
più eloquenti nel descrivere i degradi piuttosto che le conquiste
culturali delle città meridionali poco importa, ciò che vale,
come argomento di discussione, è la conseguente difficoltà
creatasi nel tentativo di articolare proposizioni che,
rapportandosi al passato, siano in grado di dare di Catania
immagini positivamente costruttive, di esprimerla in progresso
sulla base di riferimenti storici, di renderla, in definitiva,
esempio per se stessa. La premessa, sebbene inflazionata da
migliaia di propositi di ogni genere sempre più lontani dalla
realizzazione, appare tuttavia allettante e probabilmente ancora
degna di considerazione.
Vorrei
aggiungere qualcosa alla "accademica" e dotta
esposizione del Prof. Failla, in particolare all'ultima canzone
citata: Quantu ni patu. E' una meravigliosa dichiarazione d'amore che il giovane dedica alla sua amata, ricordandole sotto il balcone di tutti gli affanni che patisce per incontrarla,. Di cosa è capace di fare per guardarla ancora una volta, come la sera prima, glielo racconta: nonostante la tempesta, i vestiti inzuppati e la ruota del carretto andata, tanta è la gioia di vederla che intorno a lui vede splendere il sole. Quando le è davanti, in quel tratto di strada non sente più pioggia, gelo o vento. Non gli fanno più niente, è immune alle intemperie perchè possiede il più efficace degli antibiotici.
La canzone è stata composta per il finale della "Lupa" di G. Verga, un famosissimo e intenso lavoro teatrale, ed è la gna Pina a cantarla a Nanni prima di morire. E' dunque un canto (uno dei pochissimi) al femminile. Bellissima dichiarazione d’amore che la suocera dedica al genero, dimostrandogli la sofferenza che prova per una passione non corrisposta. Fa di tutto per conquistarlo, al punto da inviarlgli ambasciatori (i cosiddetti “cristiani”, come noi chiamiamo la gente, gli altri) nell’opera di convincimento. Stupenda la strofa "Se muoio, in Paradiso non posso andarci perchè nei miei pensieri sei più importante di Dio". Infine, notare l’immensa deferenza che un siciliano (donna o uomo che sia, ma vero siciliano!) aveva nei confronti della donna o dell'uomo, dando rispettosamente del Voi. Quando soffriamo sotto a un balcone e con la chitarra in mano, in Sicilia diventiamo irresistibili. Per amore potremmo fare di tutto. ____________________________________
Gnà Pina, la protagonista della novella, viene chiamata dai suoi concittadini “La lupa”. È una donna alta, magra, con una fisicità molto sensuale nonostante non sia più giovanissima. La figura della lupa desta un misto di invidia e paura nelle altre donne del paese le quali, quando la vedono camminare da sola, come un cane randagio, arrivano a farsi il segno della croce. Gnà Pina è quindi una donna esclusa dalla società per colpa probabilmente proprio del suo atteggiamento conturbante e a tratti diabolico. Nonostante questo, La Lupa ha una figlia, Maricchia, una dolce e bella ragazza rassegnata a rimanere sola a causa della nomea e del comportamento della madre. Un giorno La Lupa si imbatte in un giovane appena tornato dal servizio militare, Nanni. Il ragazzo lavora come bracciante nei campi vicino alla sua abitazione e, in realtà, è innamorato della figlia della Lupa, Maricchia. Gnà Pina, follemente innamorata del giovane, decide di dargli in sposa la figlia con l’unico scopo di avere Nanni in casa, il più vicino possibile a lei, per poterlo sedurre. Il diabolico piano della Lupa si compie: Nanni sposa Maricchia e i due vanno a vivere proprio in casa di gnà Pina. In un primo momento, davanti ai tentativi di seduzione della madre nei confronti del marito, Maricchia tace, ma alla fine esasperata cerca di fermare la madre, intimandole di smettere di provare a corrompere Nanni. La Lupa però è inarrestabile e continua a cercare di sedurre il marito della figlia. Maricchia a quel punto denuncia la madre alle forze dell’ordine chiedendo che gnà Pina venga allontanata da casa. Nanni, nel mentre, viene convocato dalla Polizia per giustificare i motivi del suo ripetuto adulterio nei confronti della moglie e davanti alle forze dell’ordine l’uomo si lascia andare alla sua totale disperazione non negando i tradimenti, ma limitandosi a piangere a strillare che la donna era la “tentazione dell’inferno” e che dovevano mettere lui in galera affinché non la vedesse mai più. Le forze dell’ordine così intimano alla Lupa di lasciare l’abitazione, ma la donna non se ne vuole andare. Ad un certo punto, però, Nanni viene ferito gravemente da un mulo e rischia di morire: il prete, tuttavia, non vuole dare al ragazzo l’estrema unzione se la Lupa è in casa e solo a quel punto gnà Pina decide di andarsene. Inizia un brevissimo periodo di serenità per Maricchia e Nanni, ma quando le condizioni del giovane sono migliorate, La Lupa torna a casa. Nanni disperato la implora di lasciarlo stare, di non perseguitarlo più, ma è tutto inutile. Nanni alla fine uccide la Lupa e questo gesto brutale ed estremo chiude, con altrettanta rapidità, la novella.
Francesco Paolo Frontini
Francesco Paolo Frontini, musicista e compositore siciliano. Del suo inizio diceva egli stesso che ad avviarlo allo studio della musica era stato suo padre, il cav. Martino (1827-1909), fondatore e direttore per trentasette anni della Banda civica di Catania, anzi, come la chiamavano allora, della Banda nazionale; diceva anche che aveva studiato violino col maestro Santi D'Amico e che a tredici anni aveva esordito in un concerto nel salone comunale. Un paio d'anni dopo aveva avuto in Cattedrale il battesimo come compositore, con un « Qui tollis » diretto dal maestro Pietro Antonio Coppola. Così si legge in un articolo di Saverio Fiducia in un giornale del 13 agosto 1960. A proposito di Fiducia, piace ricordare che Frontini compose la musica per il suo atto unico «Vicolo delle belle». Fiducia desiderava inserire il canto d'un cieco, ma il maestro non fu d'accordo. Disse che invece avrebbe fatto, come infatti fece, un «pezzo» affidandolo, anziché alla voce umana, al violino. Disse poi Fiducia che dall'oggi al domani «nacque la toccante sonata dell'orbo». Accanto a Fiducia non va dimenticato A. Russo Giusti, la cui commedia «U Spirdu», una delle più significative del teatro siciliano, fu musicata da Frontini e, recitata nel 1920 al Teatro Comunale Coppola, diretta dal maestro Gaetano Emanuel Calì, fu accolta con grande successo. Nel 1875 fu ammesso al Regio Conservatorio musicale di Palermo, dove ebbe maestro Pietro Platania, grande contrappuntista come il suo maestro Pietro Raimondi. In seguito passò al Conservatorio di Napoli in cui conseguì il diploma di compositore. Distintosi fin da giovinetto con alcune composizioni, fra cui particolarmente apprezzata una «Messa funebre» in morte del maestro Coppola, nel 1881 si rivelò col melodramma in tre atti «Nella» rappresentato con vivo successo il 31 marzo nel Teatro Comunale di via Vecchio Bastione. Dal trionfo di «Nella», che dal giornale dell'epoca, «Il Plebiscito», fu giudicata «un tentativo, ma un tentativo di gigante», comincia l'ascesa del Frontini e tutte le sue opere successive: «Sansone» nel 1882, «Fatalità» nel 1890, «Malia» nel 1891, «Il Falconiere» nel 1899. Frontini fu tra i pochi musicisti, oltre a Giovanni Simone Mayr, ad essersi ispirati alla leggenda di Adelasia e Aleramo e, nel medesimo periodo, il poemetto lirico «Medio-Evo», gli fece meritare un "bravo" di tutto cuore da Massenet segnando come pietra miliare il suo cammino artistico. Amato ed apprezzato da personaggi come Victor Hugo, Émile Zola, Giovanni Verga, Federico De Roberto, Mario Rapisardi, Sciuti, Puccini, Cesareo. Particolarmente amici gli furono Massenet, (che si vantava di andare in estasi quando ascoltava musica di Frontini), e Luigi Capuana, la cui amicizia gli fruttò il libretto di «Malia», dal quale poi, caso più unico che raro, lo stesso anno del libretto (1891), nacque la commedia omonima in lingua, e poi, nel 1902, quella in dialetto malgrado il parere contrario di Verga, che non credeva in una «Malia» in siciliano, e che fu portata alle stelle da Giovanni Grasso e Mimì Aguglia. Prima di accingersi alla stesura dell'opera, Frontini fece leggere il libretto a Rapisardi e a Verga. Il successo dell'opera, dopo Bologna, Milano e Torino, si rinnovò entusiasticamente al Teatro Nazionale di Catania, in piazza Cutelli, da anni scomparso. «A leggere l'opera anche oggi» - scriveva il maestro Pastura alla morte del Frontini («Popolo di Sicilia» 26 agosto 1939) - «un brivido di commozione ci avvince. Il dramma del Capuana trovò in Frontini un commentatore raffinato e preciso, un musicista che facendo musica seppe fare anche della psicologia. Jana, Nedda, Cola e Nino sono tratteggiati con profondo intuito e con una indagine psicologica che mette a nudo le loro anime inquiete, che precisa i caratteri, che ne riassume la tragedia». La «Lauda di suora» dal «Giobbe», (edizione Tropea, Catania, 1884) la musicò Frontini. Frontini
insegnò musica, contrappunto, all'Ospizio di Beneficenza, al tempo in
cui ne era direttore il padre dello scrittore e storico del teatro
siciliano Francesco De Felice. Contemporaneamente vi insegnava anche
Emilio Romano, padre del maestro Armando Romano, attuale componente
del gruppo concertatori e direttori d'orchestra del Teatro Massimo.
Emilio Romano era un virtuoso solista di cornetta geniale interprete
della melodia belliniana. Ogni anno, la sera del 2 giugno, essendo in
programma l'omaggio a Bellini, per ascoltare Emilio Romano affluivano
a Catania folle di forestieri oltre che da gran parte della Sicilia,
anche da diversi luoghi del Continente e dell'estero. «Figlio della
sua terra e profondo studioso dell'anima musicale del suo popolo»
(così lo definisce Francesco Pastura nel "Popolo di
Sicilia"), le sue preziose raccolte: "Eco di Sicilia" e
"Natale Siciliano" (che Saverio Fiducia qualificò "un
fresco torrente melodico") sono dedicate alla madre terra. La
prima raccolta, che comprende cinquanta canti e che meritò la lode di
Giuseppe Pitrè (lode pubblicata nell'Archivio per lo studio delle
tradizioni popolari), fu compilata nel 1882 dal ventiduenne Frontini
per incarico della casa Ricordi. "Natale Siciliano", invece,
in cui il maestro raccolse i canti e le nenie con cui il popolo
siciliano festeggia il Natale apparve nel 1893 presso l'editore
milanese A. D. Marchi. Se la fama del Frontini operista è legata a
"Nella" al "Falconiere" e specialmente a
"Malia", non c'è dubbio che il suo nome di studioso delle
nostre tradizioni popolari è affidato soprattutto alle due raccolte
di cui s'è detto or ora, come si può dire che la sua popolarità
egli l'abbia conquistata con quella svariata e scintillante fiorita di
canzoni, di
romanze, di serenate, di melodie, che egli componeva a getto continuo
e con fluida vena melodica. Basti ricordare per tutti la « Serenata
araba ». Il Frontini scelse con cura i temi politici, come Aleramo o
il Falconiere, oppure positivisti da mettere in musica. Il "Canto
di Ebe" è tratto dal "Lucifero" di Mario Rapisardi
(suo fraterno amico), ispirato all'ateismo, per questo motivo e anche
per essere finito nelle mani del Demarchi, uno dei più grandi
interpreti dell'ottocento del Verismo in musica, pagò e continua a
pagare un prezzo altissimo, dimenticato dalla cultura del settore. -
Pietro Rizzo Le
composizioni Le
canzoni Informazioni complete su Frontini si trovano sulla rivista "JU, SICILIA" organo ufficiale del CSSSS
Giovanni Gioviale
L’11 giugno del 1949 moriva il M° Giovanni Gioviale, apprezzato musicista catanese, autore di brillanti compositori popolari oggi pressoché introvabili. Era nato nel novembre del 1885. A distanza di 52 anni, il mito di Gioviale è rimasto immutato tra gli amatori della musica di genere popolare. Non c'era catanese che non conoscesse e non amasse la sua generosità nell'affrontare, solo per il piacere di suonare e deliziare il pubblico, faticosissimi concerti spesso senza percepire alcun compenso. Ovunque egli suonasse, il successo era assicurato, anche se la sua fortuna non fu pari alla sua abilità né al suo talento. La sua vita fu però costellata d’emozionanti aneddoti, d’entusiasmanti "imprese" musicali compiuti al mandolino, strumento musicale diretto discendente del liuto. I pochi testimoni che ebbero la fortuna di conoscerlo, raccontano che "suonava come un angelo". Al mandolino, Gioviale era capace di sbalordire con le sue strabilianti esecuzioni pieni di virtuosismi, con le sue geniali interpretazioni in grado di raggiungere ritmi addirittura frenetici. Chi lo definì il "Paganini del mandolino", ben comprese la grandezza del personaggio. Nella sua arte, Gioviale non ebbe rivali, anche se nel panorama siciliano e catanese in particolare, non mancavano i musicisti professionisti o dilettanti capace di stupire per la loro naturale predisposizione all'arte musicale. E questi personaggi, dediti all'artigianato o addirittura agli umili mestieri, si formavano nelle botteghe di lavoro o nei circoli privati; raramente nei teatri cittadini che contavano. Questi musicisti o "orecchisti" (perché suonavano senza leggere la musica; solo ascoltando il motivo musicale) di solito non erano destinati alle grandi platee ma ad occasionali esibizioni pubbliche per lo più familiari. Cominciò all'età di 10 anni l'attività musicale di Gioviale. Dopo avere assistito ai concertini che si svolgevano quasi tutte le sere a chiusura della giornata lavorativa in una sala da barba in via Plebiscito, imparò a suonare il mandolino. Successivamente si cimentò nel suono del banjo, della chitarra e del violino. Quest'ultimo strumento egli cominciò a studiarlo al convitto di via Crociferi. Come violinista, entrò a far parte dell'orchestra del teatro "Bellini". Ma era il mandolino lo strumento che più lo affascinava. Intorno al 1923, giovane musicista, ebbe modo di farsi apprezzare da Pietro Mascagni venuto a Catania per dirigere una propria opera. Il musicista toscano, nel corso di uno spettacolo musicale offerto in suo onore all'Hotel Bristol, sarebbe rimasto ammirato dalla versione de "La danza esotica" eseguita al mandolino da Gioviale. Anche nell'episodio riferito da Saverio Fiducia, successe qualcosa di analogo. Protagonista questa volta, il noto tenore Dino Borgioli che casualmente ascoltò in una trattoria di via Paternò, "La danza delle ore" eseguita da Gioviale con l'accompagnamento della chitarra suonata da un certo Costa. Ne rimase talmente stupito da offrirgli una tournee in Spagna, a Madrid, il musicista andò lo stesso. Nella città madrilena, racconta un aneddoto, durante una prova di abilità, costrinse il mandolinista avversario ad ammettere pubblicamente la propria sconfitta. Nella ricca anneddòtica legata al suo "mito", si racconta inoltre di una gara mandolinistica svoltasi nel 1922 ad Acireale nella tenuta di un noto politico del luogo. Nella città ionica, Gioviale diresse l'orchestra a plettro formata da 19 elementi che si aggiudicò la gara sbaragliando tutte le altre formazioni orche-strali che costituivano il meglio dei mandolinisti Siciliani. Gioviale ebbe modo di "catturare", come ci riferisce ancora il Fiducia in un articolo commemorativo scritto nel 1969 a vent'anni dalla morte, le simpatie del maestro Leopoldo Mugnone. Questo direttore d'orchestra che godeva fama di "duro" e "scorbutico" dopo la mirabile esecuzione della serenata del secolo atto dell'Otello", rivolgendosi a Gioviale che l'aveva eseguita, così si sarebbe espresso: "Ho diretto un centinaio di volte il capolavoro Verdiano, ma una serenata come questa, così eseguita, fu sempre prima d'ora un ardente desiderio". Gioviale amava viaggiare: l'Africa, l'Inghilterra, la Spagna, l'Austria, le tappe principali della sua carriera. In Italia suonò a Torino, Milano, Roma, Genova e Palermo. Poi negli Stati Uniti. Nel corso della sua permanenza a New York, dal 1926 al 1929, conquistò un'altissima reputazione in campo concertistico e discografico. Nel suo repertorio, oltre a Frontini, Emanuel Calì e alle proprie composizioni caratterizzate dalle "acrobatiche" esibizioni, vi furono: Bellini, Mozart, Grieg, Ponchielli, Verdi, Mendelsson, Mascagni. Ma l'opulenza del nuovo continente e soprattutto il rafforzarsi dei ritmi estranei alla sua cultura musicale; forse anche tanta nostalgia della sua terra, lo convinsero a tornare. la sua fama ha ormai raggiunto l'apice: è membro della Federazione Italiana del Plettro; suona e dirige nelle orchestre a plettro siciliana e romana; entra a far parte dell'orchestra Toscanini alla "Scala". A Catania, prese parte ad una trasmissione radiofonica settimanale a diffusione nazionale intitolata: "I canti dell'Etna".La sospensione del programma per "riduzione di autonomia", si disse, dovette incidere notevolmente sulla sua decisione di ritornare negli Stati Uniti. Era in attesa delle apposite autorizzazioni per l'espatrio, quando si manifestò il tumore al polmone che in breve tempo lo avrebbe condotto alla morte. L'ultimo concerto lo tenne al club della stampa nel febbraio del 1949. Scrisse moltissime opere per mandolino, quasi tutte polke, valzer e mazurche incise nelle migliori case discografiche. Tra queste ricordiamo le più note: "Viale fiorito"; "Ritornando da Vienna"; "Biancuccia"; "Allegra compagnia; "Occhi di bambola"; "Amorino"; "Balliamo l'ultima mazurca"; "Serate primaverili"; "L'ultimo amore". Due storici e scrittori, in particolare, si occuparono di lui: Francesco Granata e Saverio Fiducia. Un fatto è certo: la figura artistica di Gioviale andrebbe meglio approfondita; se non altro perché quella sua abilità tecnica che aveva conferito al man-dolino una voce così speciale, non vada perduta per sempre. Una strada alla periferia della città, è tutto quello che Catania fino a questo momento gli ha saputo dedicare: ben poca cosa, forse, per un mandolinista che suonava la "Lucia di Lammermoor" in sei diverse voci, facendo esplodere la platea di scroscianti e prolungati applausi. Santo Privitera http://www.federmandolino.it/gioviale.htm
Le belle canzoni siciliane non occorre andarle a ricercare nel passato, il nostro sentimento è rimasto immutato dai tempi di Frontini e Riela. Per esempio, anche se moderna, questa è una delle più belle canzoni d’amore scritta da tre siciliani. Le straordinarie parole sono di Maria Elisa Di Fatta, in arte "Mara Eli" (grande artista siciliana scomparsa prematuramente un po’ di anni fa in un incidente) musicate da Francesco Buzzurro e Mario Incudine. Lassiti ballari è il titolo, facendo attenzione all’accento sulla prima vocale che cambia tutto il significato. Cioè lasciati trasportare dalla vita ballando assieme a lei, nonostante tutto. E’ il canto che la moglie defunta dedica al suo uomo, che vede nuovamente innamorato, incitandolo ad amare la vita sempre, qualsiasi cosa accada lungo il percorso. Lo invita a non piangerla più, a cercare la luce nel buio delle sue sofferenze notturne e a dedicarle questa canzone senza spaventarsi se sente la sua voce, perchè lei è lì solo per benedire il suo nuovo amore. BELLISSIMA. In qualche modo, ho cercato di tradurre il testo per chi non è siciliano: __________________________ Che strana luce c’è stasera, mi cerchi e non trovi le parole ma io li conosco i tuoi sospiri! Io sono la chiave del tuo cuore, già so le cose che devi dirmi: dentro i tuoi occhi c’è il sole! (queste le parole originali della strofa, non corrispondenti al video) La luna nuova in capo al mare, corda è qui per i tuoi pensieri, suona che è tempo di suonare. Io soffio forte i tuoi veli, e di luna fatti accompagnare e suona per me sta canzone… La la la la la la, canta la vita e il buio se ne va. Passano i mesi e tu mi trovi sempre qua, questo cielo che luce che fa! La la la la la la la, prendi la vita e lasciati ballare. Se senti la mia voce non spaventarti, sono io … che benedico il tuo amore. Sono moglie e sono madre, conosco tutte le tue ferite, il pianto nelle tue nottate. Bedda, siete finestrati ma se apri non mi vedete. Spegni la luce e ballate. La la la la la la, canta la vita e il buio se ne va. Passano i mesi e tu mi trovi sempre qua, questo cielo che luce che fa! La la la la la la la, prendi la vita e lasciati ballare. Se senti la mia voce non spaventarti, sono io che benedico il tuo amore … così di notte di buio non ce ne sarà piu! |
Ed ora quello che ormai è diventato un fenomeno: la musica a Catania. Da anni è diventata una città sonora, molto sonora. E' noto a tutti, Catania è diventata una fucina di talenti, una Nashville del Mediterraneo, una Menphis del Sud, che sforna continuamente musica passando dal jazz al country, dal rock al folk. L'Etna cova questi geni musicali nelle sue viscere da sempre sottoforma di pub, ritrovi e marciapiedi. Qui la gente suona, suona tantissimo e tante piccole Carmen Consoli sono pronte a farsi ascoltare. Lei cominciò proprio così. Eppure ogni iniziativa volta ad offrire arte pura deve elemosinare annualmente presso i Palazzi per ottenere angusti e modesti spazi, aiuti che non arrivano quasi mai. Credo che tutto questo meriti più attenzione da parte di istituzioni che, al contrario, non hanno "orecchio" o fanno finta di non averlo.
Francesco Virlinzi, Mario Venuti, Carmen Consoli e Franco Battiati negli anni Novanta
Oltre agli evergreen degli anni Settanta, si aggiungono i nomi che vedete sotto e che hanno portato Catania in alto. Ma qui c'è qualcosa che affascina anche altre Star della musica nostrana e internazionale: Lucio Dalla da molti anni ha casa a Milo e non per moda o per investimento. Ormai qui è di casa, Catania la vive, produce il suo Stronzetto dell'Etna, lo si può incontrare in città mentre prende la granita o dietro il fercolo di Sant'Agata il 5 febbraio. E perchè Mick Hucknall dei Simply Red vuole produrre vino proprio a Sant'Alfio? E Vasco Rossi che prende casa a Valverde? E Amedeo Minghi che vuole trasferirsi alle pendici dell'Etna?
CARMEN CONSOLI La
sua carriera di musicista parte dalla città etnea dove l'artista si
esibisce in vari pub con la band Moon Dogs's Party. Dopo brevi apparizioni
televisive presso emittenti locali e nazionali (partecipò alla
trasmissione tributo per Mia Martini, condotta da Michele Santoro),
l'incontro felice con il produttore Francesco Virlinzi e il conterraneo
Mario Venuti la fanno sbarcare sul palco del Festival di Sanremo 1996 nel
1996 con la canzone "Amore di plastica" contenuta nell'album Due
parole. Ottimo successo per la critica, la grinta di questa ragazzina che imbraccia la chitarra e sussurra urli a metà tra Dolores O'Riordan (voce dei Cranberries) e Janis Joplin la portano direttamente in finale, conferendole il titolo di Big nell'edizione del 1997 alla quale si presenta con il singolo "Confusa e felice" inclusa nell'omonimo album. Comincia un nuovo tour in giro per l'Italia, dopo l'esperienza in veste di supporter ai concerti di Raf durante l'inverno.
Il
nuovo rock italiano fa proselitismo. È l'autunno del 1998 quando esce un
album travolgente e dai toni stridenti: Mediamente isterica. Il
successo al grande pubblico giunge nel 2000 quando ritorna a Sanremo con
un look tutto nuovo, taglio corto e colorato, presentando la canzone
"In Bianco e nero" che sancisce l'uscita negli stessi giorni del
quarto album: Stato di necessità. È con canzoni come "Parole di
burro" e "L'ultimo bacio" (già colonna sonora dell'omonimo
film di Gabriele Muccino che la vuole nel cast in un piccolo cameo) che
cattura l'attenzione del pubblico italiano. Sound
soft e melodico anche per il quinto disco di inediti L'eccezione del 2002
che segue una raccolta live L'anfiteatro e la bambina impertinente
registrato in CD e DVD presso il Teatro Greco di Taormina. Il 23 ottobre
2002 registra il primo showcase italiano di MTV, che uscirà poi con il
titolo "Un sorso in più", nel quale presenta in anteprima
alcuni brani de "L'Eccezione". Ha
scritto per Paola Turci il testo di "Saluto l'inverno",
presentato al Festival di Sanremo del 2001. Nell'estate dello stesso anno
è seguito un tour con Max Gazzè e con la stessa Turci. Tra i duetti,
celebre è quello con Mario Venuti in "Mai come ieri". Ha
firmato inoltre il brano "Cambio stagione" cantato da Ron in cui
riecheggia il rapporto con suo padre. Il
suo nuovo album "Eva Contro Eva" è uscito il 12 maggio 2006. Il
nuovo lavoro discografico è stato anticipato il 21 aprile con l'airplay
del nuovo singolo "Signor Tentenna". Dal suo fanclub: Carmela Carla Consoli,ormai conosciuta da tutti con il nome d'arte di Carmen Consoli, nasce il 4 settembre 1974 a San Giovanni La Punta, in provincia di Catania, da Maria Rosa e Giuseppe Consoli. Talento precocissimo, ha preso esempio soprattutto dal padre, ottimo suonatore di chitarra che le ha trasmesso i rudimenti dell'arte musicale. Già a partire dai quattordici anni Carmen era una vera e propria forza della natura. Il pubblico, nonostante la giovane età, non le procurava alcuna soggezione e si è da sempre trovata a suo agio sul palco, come potrebbero testimoniare le persone la sentivano cantare fino a notte fonda nei pub e nei locali catanesi con un gruppo chiamato "Moon's dog party". Una vita da rockstar in erba che mal si conciliava con l'impegno scolastico, anche se la brava Carmen ha sempre fatto di tutto per rispettarlo (ha frequentato l'istituto di ragioneria con indirizzo programmazione). Finalmente nel 1995, chiamata dalla Cyclope Records, collabora per la realizzazione di un cd tributo a Franco Battiato (intitolato "Battiato non Battiato"), cantando "L'animale". La sua voce è inconfondibile e rimane decisamente impressa a chiunque abbia avuto modo di sentirla la prima volta. Nel 1995 partecipa a Sanremo giovani con la canzone "Quello che sento", presentata dal concittadino Pippo Baudo. Si era già iscritta all'università in Lingue e aveva preparato 3 esami, ma nel 1996 arriva la chiamata a Sanremo, dove presenta la canzone "Amore di plastica", scritta con la collaborazione di Mario Venuti, e lascia perdere gli studi. Francesco Virlinzi, produttore e fondatore della Cyclope Records, dopo l'esordio a Sanremo produce il suo primo cd, uscito nel 1996 e, nello stesso anno realizza i video di "Amore di plastica" e "Lingua a sonagli". Dopo l'enorme successo Carmen si ripropone a Sanremo nel 1997 con il brano "Confusa e felice", divenuto ormai un suo cavallo di battaglia e che verrà utilizzato anche come colonna sonora dello spot del profumo RoccoBarocco. Il secondo album solista, uscito sulla scia del grande successo ottenuto dal singolo conferma la salda posizione che Carmen ha raggiunto nei cuori di tanti fan, tanto è vero che si aggiudica il tanto sospirato disco di platino. Un riconoscimento che per un artista italiano è una vera rarità. Nel 1998 è il momento di un duetto con Mario Venuti, ex leader dell'ormai inesistente gruppo dei Denovo. Il titolo è "Mai come ieri": il lancio del pezzo è accompagnato da un videoclip, cosa anch'essa non così scontata per gli artisti nostrani, che soffrono di cronica carenza di mezzi e di risorse . Nello stesso anno vede la luce dunque anche il terzo cd, "Mediamente isterica", il titolo che le porterà maggior fortuna e che verrà celebrato in un mitico tour in tutta Italia. Tra il 1998 e il 1999 produce anche tre video dalle canzoni di quest'ultimo album ("Besame Giuda", 1998; "Eco di sirene", 1999; "Autunno dolciastro", 1999). Intanto, dopo le grandi fatiche di quell'anno così intenso, la cantante catanese si prende una pausa di riflessione e diserta le edizioni sanremesi del '98 e del '99, tornando però alla ribalta alle soglie del 2000 con "In bianco e nero", sempre ottimamente piazzato nelle classifiche italiane. Malgrado il vasto suiccesso in veste solistica, Carmen non ha mai scordato le collaborazioni, una "pratica" che l'intensa cantautrice predilige particolarmente. Innumerevoli gli artisti che hanno avuto l'onore di averla accanto: oltre al già citato Mario Venuti, nell'elenco si trovano anche La Crus, Irene LaMedica, Paola Turci, Natalie Merchant, Lula, Marco Parente, Nuovi Briganti, Francesca Lago e altri ancora. Il suo quinto cd "Stato di necessità" ha goduto di un lancio più internazionale, contando anche su una versione pensata apposta per il mercato francese in cui ad esempio si trovano versioni di "Bambina impertinente" (che diventa "Gamine impertinente"), "Parole di burro" (trasformata in "Narcise"), e una cover di Serge Gainsbourg "JE suis venu te dire que je m'en vais".
sito ufficiale
Franco
Battiato (nato a Jonia di Riposto, in provincia di Catania, il 23 marzo
del 1945) è un cantautore, musicista, pittore (con lo pseudonimo Süphan
Barzani) e regista cinematografico italiano. Personalità
tra le più eclettiche e originali espresse nel panorama italiano negli
ultimi decenni, ha attraversato molteplici stili musicali: gli inizi
romantici, la musica sperimentale, l'avanguardia colta, l'opera lirica, la
musica etnica, il rock progressivo e la musica leggera riuscendo sempre a
cogliere un grande successo di pubblico, avvalendosi di collaboratori
eccezionali come il violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro e
costruendo una carriera ineguagliabile, che lo ha visto cimentarsi anche
nella regìa cinematografica. Trasferitosi
a Milano nel 1965, pubblica due singoli per la rivista di enigmistica
"Enigmistica Tascabile", che proponeva come allegati dischi di
canzoni celebri interpretati da cantanti poco conosciuti, che oggi
possiedono un valore collezionistico molto alto. Il primo conteneva un
brano presentato al Festival di Sanremo del 1965 da Beppe Cardile e Anita
Harris, "L'amore è partito", al quale fa seguito una canzone già
portata al successo da Alain Barriere, "...e più ti amo". Due
anni dopo (nel 1967), notato da Giorgio Gaber che gli procura un contratto
con la Jolly, inserendosi nel filone di "protesta" che in quel
momento andava molto di moda. Il primo singolo che incide ufficialmente fu
"La torre" a cui fa seguito "Il mondo va così". Ha
anche un esperienza come attore teatrale, recitando in un ruolo di
contorno insieme a nomi del calibro di Tino Carraro ed Elsa Merlini, in
"Molto rumore per nulla" di William Shakespeare. Collabora
inoltre con Gaber scrivendo la famosa "...e allora dai!",
presentata al Festival di Sanremo del 1967 e "Gulp Gulp", sigla
della trasmissione televisiva Diamoci del tu. Nel
1968 cambia casa discografica, passa alla Philips e abbandona anche il
genere di protesta per incidere dischi romantici più immediati e di
facile consumo. Registra due brani che la casa discografica olandese
pubblicherà soltanto nel 1971 ("Vento caldo" e
"Marciapiede") e ottiene un discreto successo con "È
l'amore", nel quale l'arrangiamento classicheggiante al pianoforte e
una voce accorata lascia già intravedere quello che sarà il Battiato
futuro. Nel 1969 partecipa con ottimi risultati al Disco per l'estate con
il brano "Bella ragazza" (insieme a lui c'era anche un'altra
cantante destinata poi alla celebrità, Fiorella Mannoia). Sarà
l'incontro con il musicista d'avanguardia Juri Camisasca a dare una prima
brusca svolta alla sua carriera. Collabora nel 1970 a uno dei pochi
esperimenti di rock psichedelico italiano con il gruppo Osage Tribe,
autore di un solo omonimo album ma leggendario, la cui copertina
(raffigurante una testa di bambola con la bocca sanguinante) fece epoca. Dal
1971 si dedica alla musica sperimentale con ampio uso di elettronica con
una serie di album leggendari per l'etichetta Bla-Bla: Fetus (1972, con
un'altra famosa copertina, all'epoca censurata), Pollution (1973), Sulle
corde di Aries (1973), Clic (1974) e M.elle le Gladiator (1975). Un brano
di questo primo periodo, Propriedad prohibida (1974) viene utilizzato
ancora oggi come sigla del programma Tg2 Dossier. Media:Esempio.mp3 Nel
1976 passa alla Ricordi e si dedica all'avanguardia colta con tre album
pochissimo venduti ma apprezzati dalla critica: Battiato (1977), Juke Box
(1978) e L'Egitto prima delle sabbie (1978). Con Zâ, esperimento con un
solo accordo ripetuto al pianoforte, si aggiudica nel 1977 il Premio
Stockhausen di musica contemporanea. Licenziato
dalla Ricordi, con il passaggio alla EMI nel 1979 torna alla canzone con
echi orientali senza mai cedere al gusto imperante, e ottiene uno
straordinario e meritato successo di pubblico in album come L'era del
cinghiale bianco (1979), Patriots (1980), La voce del padrone (1981, il
primo 33 giri italiano a superare il milione di copie vendute), L'arca di
Noè (1982), Orizzonti perduti (1983), Mondi lontanissimi (1985),
Fisiognomica (1988), Giubbe rosse (1989, il suo primo album live), Come un
cammello in una grondaia (1992), Cafè de la Paix (1993) e L'ombrello e la
macchina da cucire (1994), l'ultimo album per la EMI, realizzato su testi
del filosofo Manlio Sgalambro, che diventerà in seguito suo stretto
collaboratore. Parecchi
suoi brani sono entrati a pieno diritto nella storia della musica, non
solo italiana: basta citare L'era del cinghiale bianco, Il re del mondo,
Up patriots to arms, Prospettiva Nevskji, Bandiera bianca, Centro di
gravità permanente, Cuccuruccuccu, Radio Varsavia, Voglio vederti
danzare, I treni di Tozeur (con il quale nel 1984 si classifica al quinto
posto dell'Eurofestival), La stagione dell'amore, La Cura e tanti altri,
compreso il celebre Povera patria, una durissima requisitoria contro il
potere politico e il potere in generale. Nella sua musica si avverte una
profonda e costante ricerca di spiritualità: da citare su tutti E ti
vengo a cercare, L'oceano di silenzio e L'ombra della luce. Determinante
è il suo contributo al lancio della cantante Alice, che vince il Festival
di Sanremo nel 1981 con Per Elisa e con la quale realizza numerosi L.P., a
partire da Caponord (1980) fino a Viaggio in Italia (2005) Con
Giuni Russo, cantante lirica e leggera di eccellenti qualità vocali,
ottiene grande successo estivo con Un'estate al mare (1982). Il momento più
importante della collaborazione con questa artista è comunque la
realizzazione dell'album Energie (1981), lampante esempio dei fermenti
innovativi dei primi anni '80. Con Giuni collabora fino alla prematura
scomparsa dell'artista, firmando l'arrangiamento del suo testamento
musicale, la canzone Morirò d'amore con la quale partecipa al Festival di
Sanremo nel 2003. Non
è poi da trascurare la decisiva collaborazione agli arrangiamenti di
Giusto Pio, già violinista nell'orchestra della Rai, che realizza in
proprio alcuni album strumentali prodotti da Battiato, cogliendo un buon
successo con Legione straniera (1982). Con la versatile Milva realizza due
album di grande fascino: Milva e dintoni (1982) e Svegliando l'amante che
dorme (1989), conosciuto anche con il titolo Una storia inventata. Altri
artisti che interpretato canzoni di Franco Battiato sotto la sue diretta
supervisione sono stati Juri Camisasca, Sibilla (partecipazione al
Festival di Sanremo nel 1983 con Oppio), Farida e Ombretta Colli. A
partire dal 1985, travolto e forse sorpreso dal successo colossale
arrivato improvvisamente (non solo italiano, ma anche spagnolo e in gran
parte dell'Europa, mentre nei paesi anglosassoni non viene altrettanto
apprezzato) si dedica all'attuazione di numerosi progetti al di fuori del
campo leggero, accolti con interesse. Nel
1985 una propria casa editrice ed etichetta di musica etnica, L'Ottava,
compone tre opere liriche, Genesi (1987), Gilgamesh (1992), e Il cavaliere
dell'intelletto (1994), è il primo musicista occidentale a esibirsi in
Iraq, nel 1992, sotto il regime di Saddam Hussein (Concerto di Baghdad,
pubblicato nel 2006 su DVD), ed è l'autore del balletto Campi magnetici,
presentato nel 2000 al Maggio musicale fiorentino. Inoltre, tra il 1999 e
il 2002 pubblica due raccolte di cover, Fleurs e Fleurs 3, dove omaggia
diversi celebri brani di fine anni '60 e '70 che lo hanno influenzato.
A
partire dal 1994 inizia la collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro
e la casa discografica Virgin per album di grande successo quali
L'imboscata (1996), Gommalacca (1998), Ferro battuto (2000) e Dieci
stratagemmi (2004). I brani di questo periodo sono meno fruibili, forse di
sonorità più ostica per il grande pubblico il quale però continua a non
abbandonarlo, e con ragione, a partire dalla straordinaria La cura
(dichiarato nel 1996 miglior brano dell'anno e nel 2005 votato come
miglior canzone d'amore degli anni '90), quindi Strani giorni, Shock in my
town, Il ballo del potere, Running against the grain (cantato insieme a
Jim Kerr del complesso dei Simple Minds) Ermeneutica e Tra sesso e castità.
Nel 2005 viene rilasciato il live Un soffio al cuore di natura elettrica
registrato al Nelson Mandela Forum di Firenze il 17 febbraio 2005. Attorno
al 1990, Franco Battiato inizia a cimentarsi nella pittura, mediante una
specie di esperimento di autoanalisi e miglioramento di sè stesso.
Dipingendo, Battiato vuole verificare che l'abilità nel disegno e nella
pittura non siano caratteristiche innate nella persona umana, come molti
critici invece sostengono. Dopo un periodo di ricerca, adotta quindi
l'ideale pratica artistica associata alla sua facoltà pittorica. Dal
1993 la sua attività nella pittura lo porta ad organizzare mostre
personali in Italia e nel mondo, in città come Roma, Catania, Firenze,
Stoccolma, Miami e Goteborg; una delle sue mostre è stata organizzata in
collaborazione con Piero Guccione. Dall'inizio della sua attività ha
prodotto circa ottanta opere firmandosi con lo pseudonimo di Süphan
Barzani; nelle sue pitture, prodotte su tele o tavole dorate, predilige
tecniche di pittura ad olio e utilizzi di terre e pigmenti duri. Le
copertine e i libretti di Fleurs, Ferro battuto e dell'opera lirica
Gilgamesh sono alcuni esempi della pittura di Battiato. Il
rapporto di Franco Battiato con la settima arte inizia negli anni
Settanta, dopo l'unica esperienza come attore teatrale avvenuta nel 1967.
Già nel 1973 appare occasionalmente e non accreditato come attore nel
film di Corrado Farina Baba Yaga, interpretato da Carrol Baker. Compone
diverse colonne sonore, collaborando soprattutto col veronese Giacomo
Battiato (omonimo ma non parente), nello sceneggiato Brunelleschi (1974) e
nel film Una vita scellerata (1990) imperniati sulle figure di Filippo
Brunelleschi e Benvenuto Cellini, e quindi con il conterraneo Pasquale
Scimeca, firmando le musiche del film Il giorno di San Sebastiano (1992).
Alcuni suoi brani vengono utilizzati da Antonello Aglioti nel film Il
giardino dei ciliegi (1992), dove l'attrice Marisa Berenson esegue Luna
indiana, e soprattutto Nanni Moretti, che lo cita esplicitamente in Bianca
(1983, con il brano Scalo a Grado) e Palombella rossa (1989, con il brano
E ti vengo a cercare). Le
sue aspirazioni di regìa iniziano già nel 1979, quando comincia a
dirigere tutti i suoi videoclip, raccolti in gran parte nella VHS Dal
cinghiale al cammello (1992) e ristampata in DVD con il titolo Dal
cinghiale al cammello - The Video Collection (2004). Nel 2003 scrive,
dirige e sceglie le musiche per il suo primo film a soggetto: Perdutoamor,
in larga parte autobiografico, con il quale si aggiudica il Nastro
d'Argento come miglior regista esordiente. A marzo 2006 è uscito nelle
sale il suo secondo film: Musikanten, imperniato sugli ultimi quattro anni
di vita del grande musicista Ludwig van Beethoven. Nel
giugno 2006, alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro, annuncia il suo terzo
film, sempre scritto con Manlio Sgalambro: Niente è come sembra,
interpretato da Giulio Brogi. Franco
Battiato è apparso molto di rado sul piccolo schermo. Evita con grande
accuratezza di essere ospite in trasmissioni leggere (uniche eccezioni,
con Fabio Fazio nel programma Che tempo che fa, trasmesso da Raitre,
Quelli che il calcio su Raidue con Simona Ventura) e Il Tornasole con
Andrea Pezzi; concede invece interviste in occasione dell'uscita dei suoi
lavori e presta il proprio nome a campagne di solidarietà sociale. Nel
1988 appare insieme ad altri cantanti e musicisti come Gianni Morandi,
Giorgio Gaber, Ombretta Colli e Franz Di Cioccio nel film per la
televisione Una donna tutta sbagliata, diretto da Mauro Severino e con
protagonista Claudia Koll. Nel dicembre 2004 esordisce come presentatore
di un programma culturale in sei puntate, del quale è anche il curatore:
Bitte, keine réclame (Spiacenti, niente pubblicità) andato in onda sul
canale satellitare Rai Doc.
MARIO VENUTI Mario
Venuti (nato a Siracusa il 28 ottobre 1963, ma catanese di adozione) è un
cantautore italiano di musica leggera. Il
sodalizio artistico tra i quattro durerà meno di un decennio e, nel 1990,
con all'attivo 4 album, un EP, centinaia di concerti e unanimi consensi da
parte di pubblico e critica, i quattro decidono di porre fine
all'esperienza dei Denovo. Dopo
lo scioglimento del gruppo trascorrono tre anni prima del debutto da
solista. È il 1993 e l'album, trainato dal singolo Fortuna (brano che
vanta due cover, una in portoghese, ad opera dei Brazilian Love Affairs, e
un altra a cappella, eseguita dai Neri per Caso), si intitola Un po' di
febbre. Il lavoro, un eterogeneo quanto interessante insieme di pezzi pop
d'autore, viene accolto positivamente dalla critica. La
positiva impressione viene confermata dal successivo Microclima del 1996
(insignito del premio Max Generation). È un album intenso e raffinato, in
cui l'amore per le sonorità sudamericane è ancora più evidente. Nello
stesso anno, suggerisce all'amico Francesco Virlinzi, patron della Cyclope
Records, un interessante progetto: un album tributo al maestro Franco
Battiato. L'album, "Battiato non Battiato", riunisce sotto il
nome di Battiato, oltre allo stesso Venuti, che si cimenta nella cover di
E ti vengo a cercare, anche un altro ex Denovo, Luca Madonia (alle prese
con Summer on a solitary beach), i La Crus, i Bluvertigo, una, allora,
sconosciuta Carmen Consoli e tanti altri artisti. È
proprio il 1996 l'anno di inizio della collaborazione con la Consoli.
Mario scrive insieme alla cantantessa Amore di plastica, che partecipa
nella sezione giovani al Festival di Sanremo del 1996 e La semplicità,
brani contenuti nel primo
lavoro della Consoli, "Due parole".
Non sarà l'unico incontro artistico tra i due, che si reincontreranno nel
1998 per duettare nel pezzo Mai come ieri (brano di grande successo che
raggiungerà il 3° posto delle classifiche di vendita dei singoli). È il
preludio all'album omonimo. Un lavoro che abbina tracce inedite, che
propongono un Venuti più maturo ed intimista, ed altre dal vivo,
occasione per ripercorrere oltre 15 anni di carriera. L'attenzione
ricevuta dall'album sembra aprire la strada al successo per l'artista
siciliano. Tuttavia, la scomparsa nel 2000 di Francesco Virlinzi
(produttore di Venuti), e i problemi contrattuali che ne deriveranno,
ritardano di parecchio tempo l'uscita del nuovo album. Nel
2002 risponde alla chiamata del vecchio amico Luca Madonia, il quale ha
scritto un pezzo in pieno "stile Denovo" pensato per un duetto
con Mario. Il risultato è una piccola gemma in uno scrigno di preziosi,
la canzone si intitola In santità ed è contenuta nell'album di Luca
Madonia "La consuetudine", nel quale spiccano anche le
collaborazioni con Franco Battiato e Carmen Consoli. Nel
2003, dopo una lunga attesa, riesce a risolvere i problemi contrattuali e,
edito da una indie catanese, Musica&Suoni, esce l'album Grandimprese.
È un lavoro, ancora una volta, di notevole spessore, meno intimista ma più
orientato verso sonorità pop e rock. Il brano di punta è Veramente, uno
degli hit più programmati dalle emittenti radiofoniche (tanto da
partecipare al "Disco per l'estate"). Nel
2004 un'altra svolta per la carriera artistica del cantatutore siciliano,
l'incontro con Pippo Rinaldi, in arte Kaballà, con il quale inizia una
collaborazione che dura tutt'oggi, collaborazione che sfocia nella
partecipazione al Festival di Sanremo di quell'anno con Crudele, brano che
si piazza al 10° posto della classifica finale della kermesse sanremese e
che vale il prestigioso Premio della Critica del Festival della canzone
italiana "Mia Martini". Il
successo sanremese sembra essere l'occasione giusta per proiettare la
musica di Mario verso il grande pubblico, e non solo nei confronti della
critica e di un pubblico di nicchia. Tuttavia, l'idea di pubblicare un
nuovo album viene accantonata in favore di un repacking di "Grandimprese",
arricchito con il brano sanremese, altri inediti e un brano già edito,
Per causa d'amore, un ritorno alle sonorità brasiliane tanto care a Mario
Venuti, una bossa nova scritta per Patrizia Laquidara e che la cantante
vicentina di origini catanesi aveva già inserito nel suo album d'esordio
"Indirizzo portoghese". In
attesa di completare la registrazione del nuovo album, Mario Venuti
compone brani per illustri colleghi: Echi di infinito per Antonella
Ruggiero , brano che vince nella Categoria Donne del Festival di Sanremo
del 2005, Estate in città per Raf, Non è peccato per Syria (brano che da
il titolo all'album dell'artista romana), La lingua perduta del cuore per
Nicky Nicolai (brano che troverà posto nell'album "L'altalena",
del 2006). Duetta in Pura Ambra con Joe Barbieri, con gli amici La Crus
canta La prima notte di quiete e partecipa alla realizzazione dell'album
On the air, innovativo progetto dei "Jetlag" (Livio Magnini,
Jacopo Rondinelli ed Emilio Cozzi), prestando la sua voce in Slow burn. Il
1° maggio del 2005 è sul palco del concertone di Piazza S. Giovanni a
Roma dove, tra l'altro, si esibisce insieme alla PFM in La guerra di Piero
di Fabrizio De Andrè. Durante l'estate del 2005 debutta al Teatro Greco
di Taormina nel musical "Datemi tre caravelle" (di e con
Alessandro Preziosi), nella parte di Re Fernando. Sempre nell'estate del
2005 partecipa, insieme ad altri artisti tra i quali Max Gazzè e Paola
Turci, al progetto Stazioni Lunari (vincitore del Premio MEI 2005 come
miglior progetto speciale). Ancora
nel 2005, firma la sua prima colonna sonora; a volerlo è Christian
Bisceglia (già regista del video di Veramente), per il film Agente
matrimoniale, prodotto da Eleonora Giorgi, girato a Catania con
protagonista Nicola Savino, celebre deejay di Radio Deejay e previsto in
uscita nell'autunno del 2006. Nel gennaio del 2006 esce il singolo Qualcosa brucia ancora, brano che conquista il 1° posto nella classifica del Music Control e che anticipa di qualche mese l'uscita di "Magneti", quinto album da solista di Mario Venuti, che viene pubblicato all'indomani della partecipazione all'edizione del 2006 del Festival di Sanremo, dove Mario si presenta nella categoria gruppi in compagnia degli "Arancia Sonora" (musicisti che da anni lo accompagnano in tour e che suonano nei suoi album), con il brano Un altro posto nel mondo. Il brano non supera la prima fase della kermesse canora, ma la partecipazione al festival è comunque un'ottima vetrina, il brano risulta essere tra i più trasmessi dalle radio.
sito ufficiale
VINCENZO SPAMPINATO Fin
da giovanissimo Vincenzo Spampinato studia musica e suona in diversi
gruppi, spaziando dal rock al pop sperimentale, fusion e world music. E'
di quegli anni la sua partecipazione, appena sedicenne, al raduno
internazionale Palermo pop ’70 . Chi
non ricorda Vincenzo Spampinato, dominatore della scena artistica degli
anni Settanta/Ottanta con una serie di hit di successo?
È sera, Innamorati di me, tra i primi successi (nel 1978 con E' sera si
piazza al secondo posto al Festivalbar)
firma canzoni di successo per
Riccardo Fogli Per Lucia, con
cui partecipa all'Eurofestival e Torna a sorridere e Viola Valentino (
Sola) con Maurizio Fabrizio,
firma la sigla degli spot
televisivi di Sorrisi e canzoni. Fin da giovanissimo studia musica e suona
in diversi gruppi, spaziando dal rock al pop sperimentale, fusion e world
music. Appena
sedicenne, col gruppo del fratello “ I Rovers “, partecipa al raduno
internazionale “ Palermo pop ’70 ”,la prima ed unica “ woodstock”
europea. Nel
1979 vince il premio come miglior paroliere, partecipando, alle più
importanti trasmissioni televisive, da “Domenica in” a “Pronto
Raffaella”. Non
solo musicista, s’interessa, come cultore della danza (alle spalle
scuole di mimo, drammatizzazione, dizione, fonazione, creatività
pubblicitaria) del teatro e d’ogni forma artistica. Sulle
orme di Schaeffer, Henry, Cage, da tempo percorre le strade sperimentali
della “Musica Concreta”(l’uso di suoni della natura e rumori,
intrecciati con le melodie e le armonie ) la cosidetta “Tape-music”.Nella
sua carriera anche successi all’estero. Nei primi anni ’80, in Spagna,
il cantante Gonzalo interpreta “Mujer de un dia”, successivamente nei
paesi del Sud America, Sebastian Casanova porta al successo la versione
spagnola di “Innamorati di me” con la quale Spampinato ha partecipato
al FestivalBar del 1981. Ma
il successo più clamoroso lo ottiene con “Quiero un angel” in
Venezuela dove la cantante Kiara resta in vetta alla classifica per mesi e
mesi. La stessa canzone in italiano, aveva dato notorietà e
successo alla giovane esordiente Valentina Gautier prodotta da Shel
Shapiro, leader dei Rokes. Negli anni ’90, in “compilation” con
altri artisti(tra i tanti anche Ramazzotti), per la DDD, esce in Germania
e in tutto il nord-Europa. Nel 2001, Patrizia Bulgari esce in Grecia con
“La tarantella di Socrate” un CD con varie canzoni di Vincenzo. Altre
sue canzoni vengono tradotte in Africa e in Cina. Da
15 anni è socio alla SIAE ( Società Italiana degli Autori ).
MARIO BIONDI Enrico Bettinello - Un passo avanti e uno indietro per la sempre fervida scena nu-jazz italica. Il passo avanti: finalmente una voce maschile davvero degna di nota, quella del catanese Mario Biondi, qui al suo disco di esordio, Handful of Soul. Artista dalla solida esperienza come turnista, Biondi ha un timbro scuro e pastoso che fa riferimento direttamente a quel soul confidenziale e un po' gaglioffo in cui la componente ormonale fa la sua bella parte, ma riesce a metterlo a servizio di una linearità asciutta. Il repertorio del disco è scelto con accuratezza: riletture classiche ma non abusate come quella di “On A Clear Day” o “Slow Hot Wind”, puntuali cuciture r&b con “I’m Her Daddy” di Bill Withers, addirittura l'Al Kooper di “I Can’t Keep From Crying Sometime”, si affiancano ad alcuni originali, tra i quali spicca il notevole - e già collaudato - singolo “This Is What You Are”. Nell'affrontare i brani Biondi dimostra gusto e sicurezza, non calca mai la mano e tutto il lavoro è costruito su un ampio respiro tra le parti cantate e quelle strumentali. Ma proprio l'aspetto strumentale costituisce il passo indietro cui si accennava sopra: gli High Five, quintetto ormai collaudato della scena nazionale, composto da ottimi strumentisti come il sassofonista Daniele Scannapieco o il trombettista Fabrizio Bosso, suonano il tutto in maniera impeccabile, ma non c'è in tutto il disco un solo momento di originalità. La scelta di non percorrere l'ormai abusato terreno elettronico - che tanto onore ha portato alla stessa etichetta, la Schema e al suo esponente più famoso, Nicola Conte - è idea in partenza tutt'altro che disprezzabile, ma se l'esito deve essere quello di riprodurre [per quanto in maniera impeccabile, o forse sarebbe meglio dire “e per di più” in maniera impeccabile, si ascolti ad esempio il pezzo di Withers, troppo “pulito” nonostante la notevole prestazione di Biondi] sonorità e idee di decenni fa, il senso del tutto incomincia a sfuggire. Che la scena sia sempre stata improntata a un certo “classicismo” non è una novità e si ricollega a quella forte nostalgia - da noi sottolineata più volte - di tempi e musiche “mitizzate”, rese paradigmatiche da una concomitanza di fattori. Ma si rischia di non superare quest'impasse espressiva se non si esce dalla stretta dinamica di una generica coolness, fatta di party e martini, ball-chairs e croccanti vinili di Lou Rawls [tra l'altro meravigliosi!]. Si rimane quindi con la sensazione [che più che sensazione è realtà] del già ascoltato, ci si pasce nella piacevolezza complessiva, ma spiace che musicisti dotati di simili doti non osino di più. Anche perché un timbro come quello di Mario Biondi sembra possedere tutte le carte in regola per portare un determinato tipo di vocalità dentro scenari sonori di più stringente contemporaneità. Qui non si tratta di esaltare il “nuovo ad ogni costo” o di negare la fortissima dialettica con la tradizione di cui vibrano le musiche di più stretto riferimento di “Handful of Soul”, ma di non negare le possibilità che l'inserimento di elementi nuovi possa essere vivificante senza togliere smalto alla qualità interpretativa dei singoli - cui sembra talvolta si tenga di più che all'esito collettivo. Le possibilità ci sono e come, Mario Biondi è davvero bravo, non fateci attendere troppo! sito ufficiale
GIANNI BELLA Nato a Catania nel 1947, dopo aver guidato come cantante e chitarrista alcuni gruppi catanesi, alla fine degli anni '60 si trasferisce al nord seguito della sorella Marcella, che ha ambizioni come cantante. Nel 1972 il brano Montagne verdi, firmato da Bella per la musica e da Giancarlo Bigazzi per il testo, partecipa al Festival di Sanremo e sale in vetta al le classifiche di vendita. Marcella si impone quindi come una delle cantanti italiane di maggiore successo e il suo repertorio è quasi per intero composto dal binomio Bigazzi-Bella. Fra i brani più famosi Un sorriso e poi perdonami, Mi...ti...amo, Io domani, Nessuno mai. Contemporaneamente anche Gianni comincia la propria carriera solista, sempre con l'aiuto del paroliere Bigazzi, e subito ottiene un buon esito col singolo Più ci penso che rimane più di 3 mesi nella top ten italiana del 1974. Due anni dopo Gianni Bella domina le classifiche estive con Non si può morire dentro, e vince il Festivalbar. Nel 1978 si impone nuovamente nella stessa manifestazione col brano No. Nel 1981 partecipa al Festival di Sanremo col brano Questo amore non si tocca. Il limite dei brani del periodo sono soprattutto i testi di Bigazzi. In alcuni brani dell'album Toc toc si sfiora frequentemente il ridicolo. ("... e quando vieni qui non ti spogliare / perchè anche un uomo solo può dir di no..."). Negli anni '80 continua la sua attività di autore per la sorella (tra le altre Nell'aria del 1983) e inizia la collaborazione con Mogol, che diventa suo paroliere. I tre dischi usciti nel decennio sono prodotti dal musicista inglese Jeff Westley: Gb1, Una luce, Due cuori rossi di vergogna. Partecipa al Festival di Sanremo del 1991 con il brano La fila degli oleandri, titolo anche dell'album prodotto da Mogol. Qualche anno dopo è la volta di Vocalist album realizzato a Los Angeles con musicisti di fama internazionale. Alla fine degli anni '90, il duo Mogol-Bella firma i brani del grandissimo successo di Celentano Io non so parlar d'amore, bissato due anni dopo da Francamente me ne infischio e nel 2002 da Per sempre. Nel 2001 partecipa nuovamente al Festival di Sanremo, presentando Il profumo del mare, titolo anche del suo ultimo album.
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GERARDINA TROVATO Nata a Catania il 27 maggio 1967, Gerardina Trovato sembra essere l’artista che ha aperto la strada alle future promesse della musica siciliana. Figlia di artisti, eredita dal padre la passione per la chitarra e per la canzone popolare e dalla madre, diplomata in pianoforte, riceve le prime lezioni di musica. Dopo il conseguimento del diploma di ragioneria Gerry, chiamata così dagli amici, lascia la sua città e si trasferisce a Roma dove fa le sue prime esperienze musicali, provini, tournée come corista, incontrando delusioni e gratifiche. Il suo talento è immediatamente notato da Caterina Caselli grazie alla quale, nel ’92, firma il contratto con la Sugar e raccoglie larghi consensi col primo singolo ''Non ho più la mia città'' che, presentata tra le ‘Nuove proposte al Festival di Sanremo del ’93 e prodotta artisticamente da Maurizio Malavasi, regala alla cantante il secondo posto diventando un successo. Nel ’93 esce il suo primo album “Gerardina Trovato” che, con duecentomila copie vendute solo in Italia, si rivela uno dei successi dell’anno conquistando anche il resto dell’Europa. Anche il suo secondo singolo ''Sognare Sognare''è tra i più gettonati dell’estate 1993 e nello stesso anno la cantante col suo gruppo debuttano nei grandi stadi affiancando Zucchero nella sua tournée. La sua carriera è in ascesa. Prodotto da Celso Valli, nel ’94 esce il suo secondo album ''Non è un film'' che nel giro di poche settimane diventa di platino. Con la canzone ''Non è un film'' (tratta dall’omonimo album) Gerardina Trovato partecipa, questa volta tra i ‘big’, al Festival di Sanremo conquistando la quarta posizione. Dopo la famosa kermesse canora, la cantante parte in tournée nei teatri italiani con Andrea Bocelli duettando nella commovente Vivere. Coordinata da Mauro Malavasi, nel ’95, scrive undici brani che rivelano tutta la sua grinta, raffinatezza e dolcezza che esplodono nel suo terzo album ''Ho trovato Gerardina''. ''Piccoli già grandi''è il grande successo della sua ultima fatica ma di notevole effetto è anche il toccante duetto con Renato Zero ''Eh già''. L’album è un gran successo anche all’estero, infatti rimane in classifica nei top 30 in Olanda e in Belgio. Nel ’97, anticipato dal singolo ''Il sole dentro'', scritto dal cantautore napoletano Enzo Gragnaniello, esce l'album antologico ''Il sole dentro. Le sue più belle canzoni'' con sedici brani di cui due inediti: Il sole dentro e Nascerai. Nello stesso anno Gerardina partecipa ad un mega show in mondo visione entrando nella top 10 dei cantanti Europei presentando cinque brani dal vivo. Dopo un lungo tour per le principali città d’italia, Gerardina decide di dedicare del tempo a sé stessa, alla sua famiglia e ai suoi amici stando un po’ lontano dai riflettori. Nel 2000 fa di nuovo la sua apparizione al Festival di Sanremo partecipando col brano ''Gechi e vampiri'' nella sezione ‘Campioni’ che arriva prima nella classifica demoscopica e sesta in quella finale. In poco tempo il suo album entra in classifica raggiungendo le prime dieci posizioni conquistando prima il disco d’oro e successivamente quello di platino. Il primo maggio del 2000 inizia il suo tour attraversando le principali città d’Italia e in estate esce il singolo “Mammone” e la versione spagnola del brano “Gechi e Vampiri” ovvero “Buhos y vampiros”. Nel 2003, dopo tre anni di assenza dalla scena musicale, collabora attivamente alla composizione e alla produzione del brano “M’ama non m’ama” dei Verbavolant, gruppo emergente del panorama musicale italiano. La cantante si è divertita a cantare il pezzo con Massimiliano D’Apollo, calda e profonda voce del gruppo.Il pezzo unisce la tradizionale melodia pop di Gerardina ai ritmi più rock dei Verbavolant, anticipando così l’uscita del suo nuovo album.
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MARCELLA BELLA Marcella
Bella nasce a Catania il 18 giugno 1952 e fa parte di una famiglia intera
di musicisti. Oltre a lei vanno ricordati i fratelli Giovanni (in arte
Gianni), cantante a sua volte ed autore della maggior parte delle musiche
per la sorella, Antonio, autore talvolta dei testi e Rosario, anch'esso
autore. sito ufficiale
ROSARIO DI BELLA Rosario Di Bella nasce a Zafferana Etnea (CT). Ha studiato pianoforte, medicina all'università di Catania e teatro all'Arsenale di Milano. Vive e lavora tra Roma e Milo, un paesino sulle montagne dell'Etna.
SUGARFREE Gli SUGARFREE nascono come cover band nel 2000, a Catania, iniziano suonando nei locali, proponendo le cover del rock’n’roll anni ’50, il rithm’n’blues’, il funky. Ottengono un’immediata risposta positiva del pubblico, dando dimostrazione di notevole presenza scenica live, nonché di una non indifferente maturità musicale e artistica. Riescono così ad abbracciare parecchi stili e generi musicali: rock, pop, rithm'n'blues, jazz, blues, latino, funky e rock'n'roll. La loro ecletticità è stata determinante nella ricerca di elementi in grado di riprodurre sonorità particolari costituendo un gruppo compatto e allo stesso tempo di talento. Dai migliori pub di Catania, alle piazze dei maggiori centri siciliani, gli SUGARFREE coinvolgono con la loro musica centinaia di giovani che stravedono per loro. E’ grazie a questo loro successo che approdano al mondo della televisione locale siciliana, rilasciando numerose interviste ed esibendosi in 'live performance'. Nel 2003, Matteo Amantia, compie il suo ingresso negli SUGARFREE, (proviene da un’altra nota band locale, nella quale è leader da diversi anni) Matteo è alla ricerca di nuove esperienze e nuovi stimoli, con gli Sugarfree nasce subito un’intesa perfetta. “nell’ambiente musicale ci conoscevamo già, ci siamo incontrati nel momento in cui tutti noi avevamo l’esigenza di intraprendere un nuovo percorso musicale e tanta voglia di iniziare a scrivere e proporre brani nostri”. Gli SUGARFREE, iniziano a buttar giù qualche idea di brano inedito, collaborando anche con altri giovani autori, e ben presto sentono la necessità di entrare in studio di registrazione cercando un filo conduttore nella loro musica, riescono a scrivere un gran numero di belle canzoni inedite diventando una delle band più promettenti nel panorama nazionale. Il loro primo successo ‘Cleptomania’, lo hanno inciso nello studio di registrazione di Matteo (il cantante), l’idea del “morbo incurabile”, è di Davide Di Maggio (giovane autore che collabora con loro). “ Davide ci ha proposto il brano, noi lo abbiamo sentito subito nostro e lo abbiamo arrangiato in studio...ci piaceva l'idea di parlare d'amore in maniera non consueta, ma così'maniacale'".
sito ufficiale
BRANDO Orazio
Grillo in arte Brando, musicista catanese, inizia la carriera artistica a
17 anni con il gruppo dei Boppin' Kids che, in breve, grazie a tre album e
all'attività concertistica, diviene fra i più rappresentativi del
panorama rockabilly italiano (travolgente, ancora oggi, la loro cover di
Tainted Love). Ben presto, però, l'autore muta stile indirizzandosi verso
un genere musicale più orientato verso il rock statunitense d'ampio
respiro. sito ufficiale
UMBERTO BALSAMO Cantautore catanese attivo principalmente negli anni '70. Raggiunto subito un buon successo con Se fossi diversa del 1972, partecipò nel 1973 al Festival di Sanremo nel 1973 con Amore mio, che ottenne un buon piazzamento e un discreto riscontro commerciale. Da allora, per tutto il decennio i suoi successi furono diversi. I brani più conosciuti sono Bugiardi noi, 3° posto nella hit parade e soprattutto L'angelo azzurro, canzone che raggiunse il 1° posto, rimanendovi per ben 6 settimane. Il brano fu uno dei grandi successi del 1977, (28 settimane in hit parade). Nel 1979 l'ultimo grande successo con Balla (18 settimane in classifica). Negli anni '80 ha scritto brani soprattutto per altri. Alcuni suoi brani sono parecchio imbarazzanti; in special modo Futuro per Orietta Berti ("... a voi russi e americani / io non delego il suo domani..."), Italia per Mino Reitano, Nascerà Gesù per i Ricchi e Poveri.
BRIGANTONY "IL
CANTASTORIE DEL SUD-ITALIA, IL MICIO TEMPIO DEL 2000, CON GLI OCCHI APERTI
SULLE DISGRAZIE CHE AFFLIGGONO IL MEDITERRANEO… BRIGANTONY!"
sito ufficiale
BEANS Pier
Paolo Cristaldi, Carmelo Morgia, Pippo Panascì, Tony Ranno e il nuovo
aggiunto Alex Magrì.
Fu
un grosso successo della Hit Parade, con più di mezzo milione di copie
vendute.
sito ufficiale
LAUTARI Se
il rock incontra il folk siciliano
sito ufficiale
ARCHINUE' Il nome: "archinuè" è una parola del siciliano antico (letteralmente “Arco di Noè”) che indicava l’arcobaleno. Il
gruppo si forma nel lontano 1991 dall’unione di quattro “soggetti”
assolutamente ignari di ciò cui sarebbero andati incontro. Dalla prima
esibizione in pubblico, sapientemente organizzata nella casa di campagna
del cantante per il piacere di pochi intimi costretti ad ascoltare, alle
partecipazioni più importanti, fino alle ultime apparizioni “plateali”,
ciò che ha caratterizzato i quattro musicisti è stato l’entusiasmo, la
voglia di suonare, di comunicare attraverso la propria musica, di
divertirsi facendo divertire. La naturale “escalation”, che ha visto gli Archinuè protagonisti di manifestazioni e programmi televisivi La naturale “escalation”, che ha visto gli Archinuè protagonisti di manifestazioni e programmi televisivi quali Sanremo Giovani (novembre 2001), Festival di Sanremo (marzo 2002), Sanremo Top (aprile 2002), Un Disco per l’Estate (giugno 2002) e quant’altro, ha portato il gruppo ad una popolarità non indifferente ed a molteplici riconoscimenti da parte degli addetti ai lavori e del grande pubblico. Il gruppo è composto da Ciccio(voce e chitarre; Pasqualino(plettri e chitarre); Michele (basso e fiati all'occorrenza); Dario(batteria e percussioni). Il loro genere ha conquistato il pubblico e nel 2002 con "La marcia dei santi" vincono il Premio della Critica della 52°edizione del Festival di Sanremo. sito ufficiale
LUCA MADONIA Nato
a Catania , Luca Madonia è fra le realtà più interessanti scaturite
dalla frizzante scena musicale della città siciliana. Una scena che ha
portato alla ribalta, di recente e non, un interessante ventaglio di
musicisti , cantautori, gruppi di ogni genere musicale conosciuto. Inizia
la sua carriera insieme al fratello Gabriele e ai musicisti Mario Venuti e
Toni Carbone, fondando il gruppo dei Denovo, nei quali da chitarrista si
alterna al canto con Venuti. La felice avventura della band dura cinque
album, fra il 1984 e il 1989: "Niente insetti su Wilma", "Unicanisai",
"Persuasione", "Così fan tutti" e "Venuti dalle
Madonie a cercar carbone", prodotto da Franco Battiato. A questo
punto, siamo nel 1990, il gruppo si scioglie e Luca Madonia si sente
pronto per la carriera solista. Senza ripudiare lo stile dei Denovo, ma
anzi arricchendolo e personalizzandolo, incide così i primi lavori a suo
nome: prima "Passioni e manie" (1991), poi "Bambolina"
(1993) e "Moto perpetuo" (1994). Tre album subito apprezzati
dalla critica, che indica in lui uno dei cantautori più interessanti e
promettenti del pop italiano.
ETTA SCOLLO Nell’infanzia e giovinezza di Etta Scollo si sono impresse le influenze musicali più diversificate, in particolare quella legata alla passione del padre per il Jazz, e in generale quelle provenienti dal suo crescere a contatto con la cultura popolare siciliana. La nonna suonava il mandolino e in giovinezza improvvisava con le due sorelle (voce e chitarra) pomeriggi musicali nel terrazzo di casa, lasciando in estasi i passanti che si fermavano ad ascoltare. Il padre, proveniente da una famiglia contadina, da ragazzo suonava il clarinetto nella banda del paese ma il suo vero talento era nella voce. Spesso la sera veniva richiesto sotto i balconi a cantare serenate alle ragazze da marito per conto di giovani pretendenti. Negli anni vissuti in Inghilterra sul finire della guerra si ritrovò a cantare, nei Musical organizzati dai militari, un repertorio che spaziava da Billie Holiday a Frank Sinatra. Tornato in Italia coltivò questa sua passione cantando e suonando occasionalmente la chitarra in un gruppo semiprofessionale. Etta ha un ricordo curioso di quella prima chitarra elettrica un po' rudimentale del padre: essa possedeva un amplificatore incorporato, e questo, grazie alla prossimità di una potente antenna di diffusione, la faceva funzionare anche da radio, cosicché la famiglia Scollo ascoltava la domenica, dalla chitarra trasformata in radio, „Il gazzettino di Sicilia“ notiziario regionale. Era la stessa chitarra con cui il padre la accompagnò nel suo debutto canoro all’età di 6 anni in un festival per bambini. Erano gli anni ’70 e casa Scollo era un porto di mare per la musica. Lì si riunivano gli amici, dei fratelli quelli più giovani, dei genitori quelli adulti, improvvisando interminabili serate musicali di un repertorio che andava dalla canzone d’autore della scuola genovese a quella di tradizione napoletana di Roberto Murolo, passando per i Beatles ed i Rolling Stones. Anche Etta si appassionò alla chitarra, con cui scriveva i suoi primi brani e imparava i segreti della canzone popolare, attraverso le ricerche musicali di Roberto Leydi, o dei canti di Giovanna Marini o, ancora, di Rosa Balistreri. Malgrado ciò l’idea di una carriera musicale era per lei ancora lontana. Solo a Torino, dove aveva intrapreso gli studi di Architettura, verrà a contatto con il mondo del blues, in particolare quello di Little Walter e di Big Mama Thornton che diverranno il suo modello stilistico di quel periodo. Un concerto con la sua prima formazione la porta a Vienna e qui, se da un lato si dedica agli studi di canto del conservatorio, dall’altro fa esperienza dal vivo, accompagnata dal „Joachim Palden trio“, nei Club di mezza Europa. Si alternano in quegli anni esperienze che consolideranno il suo carattere musicale: uno Stage vocale con la cantante lirica Gabriella Ravazzi, l’assegnazione del primo premio al Festival Jazz di Diano Marina (diretto dal pianista jazz Giorgio Gaslini) e la collaborazione discografica con il sassofonista Eddie Lockjaw Davis. Sarà ospite di concerti e tournee accanto ad artisti quali Sunnyland Slim o Champion Jack Dupree e farà tesoro di esperienze canore sui palchi di Chicago, New York e New Orleans. Ma gli anni ’80 segnano anche il fermento di nuovi stili musicali e Vienna è piena di talenti della Jazz-Fusion, del Funky, del Punkrock. Etta si sente attirata dall’improvvisazione vocale, frequenta uno Stage al conservatorio di Graz con Bobby McFerring e Sheila Jordan. Scrive brani a quattro mani con Heiri Känzig, il contrabassista dell’allora „Vienna Art Orchestra“, sperimenta il be bop per Contrabasso e voce, è ospite di alcuni concerti del pianista Roland Batik. Dall’incontro
casuale con produttori dell’ambiente pop nasce una collaborazione
musicale e la registrazione, quasi per scherzo, del brano „Oh darling“
di Paul Mc Cartney, da Etta rielaborato in lingua italiana, che si
classifica subito al primo posto della Hitparade austriaca. Alla ricerca di nuove ispirazioni, Etta segue il suo compagno ad Amburgo, nella città che ha dato i natali a spettacoli quali „Black Rider“, le cui musiche portano la firma di Tom Waits, o „Time Rocker“ con quella di Lou Reed. Etta prova qui altre strade, cimentandosi insieme al batterista Matthias Kaul, del gruppo di musica contemporanea „L’art pour l’art“, nella rappresentazione di „Palimsest“, un brano per voce e percussioni scritto dal compositore Hans-Joachim Hespos su testi di Ezra Pound. Il brano, rappresentato più volte in festival di musica sperimentale, ha successo e raccoglie il favore della critica. Ma in questo nuovo periodo Etta scrive quasi per se stessa un diario di ricordi che diventano canzoni sotto la regia del compositore di musica da film Christoph M. Kaiser. Ne nasce il CD „Blu:“ incoronato dagli arrangiamenti di Wil Malone per la „London Session Orchestra“ di cui due brani saranno scelti come colonna sonora di due Film di fama internazionale: „Für immer und immer “ di Hark Bohm fa suo il brano „Come la pioggia“ e „I tuoi fiori“ verrà scelto solo nel 2002 per il film „Bad guy“, del coreano Kim Ki-Duk, presentato alla „Berlinale“(festival internazionale del cinema, Berlino). La musica da Film prende posto nel suo mondo: Etta improvvisa texture vocali per le immagini del film „Jenseits der liebe“ del regista Matti Geschonneck, musiche di Stephan Zacharias (ZDF/Arte), e per il film della francese Anne Alix „Dream Dream Dream“, musiche di Frank e Stefan Wulff. L'attività concertistica di questi anni l'ha resa popolare nei paesi di lingua tedesca. Con la realizzazione dei successivi CD "Il bianco del tempo" (interamente registrato a Venezia), "In concerto" (registrato dal vivo al teatro Tivoli di Amburgo, con la partecipazione dell'orchestra d'archi femminile "Musica nostra") e "CASA", Etta conferma il suo stile personalissimo e naturale, fuori dagli schemi convenzionali del mercato discografico. Vive attualmente fra Berlino e Catania dove si dedica alla composizione e alla ricerca musicale nell'ambito della musica tradizionale. Il
trionfo dei concerti sinfonici intitolati Canta Ro' tenutisi nel luglio
del 2004, nell'ambito della stagione estiva palermitana, interpretati da
Etta Scollo ed eseguiti dall'Orchestra Sinfonica Siciliana diretta dal
maestro Angelo Faja, hanno confermato l'attualità della musica
tradizionale siciliana, finora conosciuta solo da un pubblico ristretto. Su richiesta del suo pubblico affezionato, Etta Scollo presenta quest'anno un nuovo album registrato durante la sua ultima tournee in trio, una versione intima della precedente pubblicazione orchestrale.
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ufficiale
RITA BOTTO Rita Botto non arriva dal nulla. E' al suo primo disco, ma dietro ci stanno anni di lavoro, prima nella natia Sicilia (è nata sulle pendici dell'Etna), poi a Ferrara e infine a Bologna, dove si è recata a insegnare canto, inserendosi nell'ambiente musicale locale, ma senza mai perdere i contatti con la Sicilia e soprattutto con il siciliano, "una lingua che suona", come lei stessa la definisce "Stranizza d'amuri" quindi è un album di canzoni siciliane, ma (già prevengo il rimbrotto: "che palle! Un altro disco di musica etnica!") non è un disco di musica etnica. Come dice la stessa Rita nell'intervista che le abbiamo fatto, l'approccio è trasversale. "E' un disco a rombo, un disco che vaga". Un po' l'inquetudine e la curiosità della stessa Rita, un po' un gruppo di musicisti che l'accompagna dal coté jazzistico pronunciato (Teo Ciavarella al pianoforte e tastiere, Felice Del Gaudio al basso e contrabbasso e Ruggero Rotolo alla batteria che preferibilmente suona con le mani) a cui si aggiunge in alcuni brani al sax Antonio Marangolo danno al suono una deriva non esattamente identificabile, mentre Alfio Antico, presente voce e tamburo in un brano di cui è anche autore, e Fabio Tricomi con mandolino e friscaletti, tengono strettamente legato il disco a terra e mare. Il fascino è costante, per cui si fatica anche a scegliere fior da fiore, ma i brani vanno almeno raccontati. A partire da quello che dà il titolo al disco, "Stranizza d'amuri" che è di Franco Battiato, da "L'era del cinghiale bianco" del 1979, ma che qui torna a nuova vita, forse superiore all'originale, per l'intensa partecipazione di Rita nel canto. Il sax di Marangolo intinge di color seppia la musica già di per sè evocativa. Pianoforte, fisarmonica, contrabbasso e spazzole completano il panorama. E' una meravigliosa canzone d'amore a cui non si può resistere. Compiendo un balzo nella tracklist, ma non nelle atmosfere, atterriamo dalle parti di "Sirena 1 e 2" dal fascino particolare che può avere il mare quando uno strato di nebbia ne sfuma i contorni. Non ci deve essere sole per vedere le sirene. Sennò che incanto sarebbe? Devono bastare le voci. E anche qui, anche questa volta, bastano. "Sirena 2" poi allunga i suoi tentacoli per 9'05" per non lasciare niente di intentato alla malia prima della chiusura del disco. Nove minuti di brividi crescenti. Cambiamo adesso completamente atmosfera e clima. Torniamo al sole e scogliamo la lingua con lo "Scioglilingua" impraticabile che Rita ci propone. Un esercizio di bravura che ricorda quello di Mina in "Brava". La voce che si trasforma in strumento percussivo che accelera o rallenta i battiti e si scioglie in canto popolare. Solo voce. Nessun altro accompagnamento che la propria bravura. "Cu ti lu dissi" di Otello Profazione resta sullo stesso tema, affrontato a pieno jazz, come pure la strasentita "Ciurì ciurì" una volta tanto proposta in una versione che le rende giustizia. Mimmo Modugno fornisce la stupenda storia del pesce spada, separato dalla compagna che sceglie di morire con lui. "Lu pisci spada", grande storia d'amore in chiave ittica! Ne parlano ancora in tutti i mercati del pesce. Non solo alla Vucciria. Modugno aveva già fatto quanto di meglio si poteva pensare. Era difficile migliorarlo. Rita quasi ce la fa. "Avò" è invece una ninna nanna di Rosa Balistreri, tesa come una corda di violino e arricchita dal suono del djdjieridu e dagli "uccellini" di Cristian Lisi: un cristallo splendente. Restano i 5 minuti e 51 secondi di Alfio Antico e dei suoi tamburi in "Storia antica". Tamburo, sax e voce: nulla più. Rita la definisce così: "Alfio è una persona splendida, una forza della natura! La canzone sua è fuori dall’usuale …Ha staccato completamente. E’ una canzone molto strana, va per i fatti suoi. Fuori dallo schema inciso-strofa-ritornello, con i tempi suoi, un po’ libera … larga". E credo non ci sia niente che si possa aggiungere. Bisogna solo sentirla. Bellissime infine le due poesie: "L'amuri" di Nino Martoglio e "Dimmillu doppu" di Ignazio Buttitta e convincente la resa recitativa di Rita. mentre della "Mavaria" se n'è già parlato: è la malia che affascina e strega, il filtro d'amore che non perdona. Ma state attenti! Avverte Rita che il filtro colpisce anche da lontano. Basta ascoltare il disco per caderne vittime. E allora vi stupite che questa recensione sia un po' di parte? Non è colpa mia. Scrivo sotto malia! Giorgio Maimone (bielle.org) sito ufficiale
RADIOVINTAGE La forza del loro sound nasce dal connubio tra il rock’n’roll e le melodie degli anni ’60 con il rock puro degli anni ’70 in una veste assolutamente originale, basata su continui riferimenti stilistici e sonori dal look rigorosamente Vintage! “Cinque ragazzi senza tempo…”: DIFFERENTI
IN QUANTO VINTAGE Quattro amici spinti dalla stessa passione nel 2004
decidono di creare un progetto inedito con l'intento di realizzare un
unico grande sogno: EMOZIONARE il pubblico con le loro canzoni Alfio
Consoli(voce) - Mario Indaco(chitarre) Anthony Panebianco(tastiere)
- Max Firetto(batteria)
Casa Russo, una domenica più luminosa di altre. Un papà chiama a sè Matteo, Oriana e Carola: sta per venir giù una di quelle storielle favolose che fan luccicare i loro sguardi. «Sissy –attacca babbo Alessandro- è una bimba incantevole nata in un paese non distante da qui. Casa sua si trova di fronte allo specchio d’acqua marina che accarezza i faraglioni sotto lo sguardo burbero del maestoso Mongibello. Passano anni, la ragazza cresce e comincia a cantare ma lo fa di nascosto, quando nessuno la può sentire. Ha un talento innato: è brava ma ha paura d’esser presa in giro. Finita la scuola, s’iscrive all’università; studia genetica, gioca a pallavolo, esce con gli amici. Dopo un po’ si stufa di pianificare la sua vita e d’improvviso molla tutto. “La passione -ammette un pizzico tormentata- è la più grande fonte d’energia che c’è, senza di quella non si va da nessuna parte. È come un treno che va inseguito senza lasciarsi spaventare dai luoghi comuni che vengono raccontati. È la chiave per essere felici e vivere al meglio la propria vita” Una mattina piena di sole, la giovinetta prende l’aeroplano e atterra in America, in una città chiamata Boston. In pochi giorni conosce persone dell’intero pianeta mentre bravi compositori le fanno ascoltare jazz contemporaneo e world-music e poi il fado portoghese, il flamenco spagnolo, melodie arabe e greche. Ognuno porta una diversa cultura, la signorina impara cose nuove e si sente felice. Tuttavia, benché distante, s’avvicina alle radici, alle tradizioni, all’essenza pura dei suoni dell’isola lontana che rimane il suo luogo dell’anima. Spesso ella pensa al paese d’origine, d’estate attraente più d’una bomboniera e d’inverno identico a un presepe. Le tornano in mente le canzoni apprese ogni santo giorno da bambina: pian piano tutti i pezzetti del puzzle si piazzano al posto giusto. Il primo componimento è “Comu lu mari da Trizza”, una soave melodia jazz con influenze mediterranee e sicule. Il testo in dialetto vi fluisce armonicamente e il ritmo che ne scaturisce possiede una forza d’urto magica al punto che chi si concentra all’ascolto sovente scorge qualche angioletto danzare. Cantando “E vui durmiti ancora” Sissy grida l’amore per la Sicilia e rafforza la propria personalità; con una voce sferzante provoca brividi intensi, fa vibrare le onde del cuore e offre la migliore espressione di sè. In quest’istante la nostra principessina giramondo pianta gioiosa la bandiera di Trinacria nel Nuovo Continente e ne innalza al vento il vessillo». «Il mio ultimo lavoro –in linea Sissy Castrogiovanni dal Massachusetts- risente del forte legame con la mia terra natia ed è un inno alla sicilianità. Esprime il sentimento che sposta le montagne e permette di raggiungere l’obiettivo desiderato: la passione. S’intitola ‘Intra lu munnu’ e sta riscuotendo molto interesse nella critica per il connubio tra jazz contemporaneo e sonorità mediterranee. Il CD contiene dieci composizioni in vernacolo, epperò gli orchestrali che ne fanno parte provengono da Uruguay, Argentina, Palestina, Balcani. Altre contaminazioni sono quelle africane presenti in un brano al quale sono molto legata: "Africannu". Significa "Africando" ed è uno stile di vita: parla di sorrisi e positività anche nei momenti peggiori della vita. Tra l'altro, in questo componimento i cori in siciliano sono cantati da gente da tutto il mondo. Un richiamo alla musica classica c’è invece in "Annuzza" che altro non è che il Notturno di F. Chopin (op.9 no.2). È ispirato ad Anna Pandolfini, la famosa pittrice nata e vissuta ad Acitrezza, e contiene parole in siciliano. Infine influenze mediorientali sono presenti nel brano che dà il titolo all'album, di cui fa parte come special guest il Pletenitza Balkan Choir di Christiane Karam. Dal 19 dicembre al 4 gennaio sarò in Italia al Metropole Taormina Jazz Night Series; poi a gennaio raggiungerò Panama per il Panama Jazz Festival, mentre ad aprile andrò in Perù al Festival de Jazz en Lima. Per aver successo nel mio ramo ritengo che al talento deve unirsi tanto, tanto, tanto studio, un’immensa devozione, una severa disciplina e un pizzico di fortuna. Infine frequentare una buona scuola, come certamente sono il Berklee College of Music di Boston o di Valencia ma anche il Conservatorium Van di Amsterdam, ti dà l’opportunità di studiare con grandi maestri e sviluppare molti contatti». Alessandro Russo http://www.sissycastrogiovanni.com
CLAUDIA ARCIDIACONO
Buongiorno. Alessandro Russo
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