A modo mio, l’omaggio grafico ai tre eroi dell’Apollo 11. Come oggi, l’uomo sbarcò sulla luna. Quella notte, la prima volta che avvenne, allunò con svariati colpi di culo che furono dichiarati dopo decenni. L’apparecchiatura informatica di bordo possedeva una potenza di calcolo inferiore a quella di uno smartphone di oggi; la CPU era stata inventata solo un anno prima e quel giorno l’armadio di transistor e valvole, un sistema paragonabile a un Olivetti M24 del 1981 che già allora era una sciccherìa, andò in tilt per la quantità di informazioni richieste e solo grazie all’esperienza aeronautica dei comandanti Armstrong e Aldrin, che nella fase finale elaborarono a mano con una Texas Instruments tutti i calcoli di avvicinamento, il LEM potè atterrare. Intanto Collins girava attorno alla Luna, pregando Dio di potersi presentare in tempo all’appuntamento con la navicella sparata dal Lem, per riportarli a casa. La frase, l’impronta, la bandiera, le pietre, sono tutte storie che ormai conosciamo e che ricordo con l’immagine celebrativa che ho postato. Ma quella notte, noi ragazzini di quel tempo, come vivevamo? O cosa fantasticavamo guardando quella palla che di sera illuminava le nostre vite senza bisogno di troppi neons? Io la passai col mio adorato nonno nella sua casa di San Vito a Taranto. E mentre lui, da vecchio lupo di mare, faceva le sue previsioni meteo dell’indomani soltanto guardando le stelle e il mare che avevamo davanti, mia nonna ci deliziava l’attesa dell’allunaggio con fantastiche friselle che noi consumavamo senza accorgercene, tanto eravamo assonnati durante una di quelle estati per me indimenticabili. Assieme a quei tre lassù, quella notte eravamo tutti svegli, in tutto il mondo. In Italia, dando pugni sul televisore per evitare le maledette strisce orizzontali, eravamo tutti sul primo canale ascoltando Tito Stagno che s’incasinò in diretta, più del rincoglionito Ruggero Orlando da Houston. L’Italia era fresca Campione europeo e il Milan di Rivera e Prati vinceva la Coppa dei Campioni; Nixon era stato eletto Presidente USA e per rispetto ai suoi predecessori continuava a giocare a Risiko spostando le pedine sulla casella Vietnam; i Beatles attraversavano le strisce pedonali di Abbedy Road e i Rolling Stones infuocavano l’erba di Hyde Park; imperversava il movimento studentesco in cui fascisti e comunisti se le davano di santa ragione nei licei di tutta Europa. In Italia non si ricorreva più alle cambiali per una lavatrice ma si pagava in contanti. Ancora solo per un po’. Ovviamente le esigenze non erano quelle di oggi. Non avevamo bisogno di quattro televisori in casa, sette utenze telefoniche, P.C., condizionatori, l’immancabile vacanza dove oggi tira il vento del trend onde indirizzare il gregge della serie “altrimenti che scrivo quando ritorno dalle ferie?” Nel ’69, non conoscendo affatto le comodità che ci avrebbe riservato il futuro, era uno sballo lo stesso. Anche la cosa più banale, anche un’estate senza partenze, la vivevamo spensieratamente e soprattutto con entrate monoreddito. Significava che potevamo permetterci …. (udite, udite!) una mamma a servizio completo! Casalinga sì, ma con un ruolo importante, che contribuiva al bilancio familiare evitando sprechi sia nel locale lavanderia che nei locali sartoria e cucina. Vi pare poco? Sfido qualsiasi bambino di oggi a dirmi che riceve ogni giorno le magliettine belle stirate, le fette di nutella per la merenda del pomeriggio, il canale due già sintonizzato sulla Nonna del Corsaro nero e soprattutto il sorriso di una mamma sempre a portata di mano, invece del monitor illuminato! Vi pare poco farvi abbracciare dalla mamma anziché litigare con uno sconosciuto che commenta un vostro post su facebook? Non so voi, ma credo che un po’ tutti si viveva meglio. Noi bambini consumavamo le scarpe buone giocando a pallone per strada e i nostri genitori non chiamavano già l’obitorio se tardavamo a ritornare a casa; soprattutto eravamo irrintracciabili! che bello! E poi, come si poteva? Il massimo era il gettone telefonico e per fare un’interurbana occorreva il consiglio di famiglia. La ragazzetta non si conquistava con nascosti sms, ma con un atto molto più coraggioso che consacrava la propria maturazione: la dichiarazione d’amore. Era un fottuto momento, specie la prima volta: si balbettava, non si sapeva che dire, si arrossiva, si dicevano velocemente frasi imparate a memoria la sera prima, e tutto sto po’ po’ di adrenalina per ricevere cosa? la seguente risposta: “sì, ti voglio bene, ma come un fratello! ci devo pensare!”. In realtà lei ci aveva già pensato da tempo, ma per i maschietti quella era la risposta più atroce che si potesse ricevere nel 1969! Così, ogni sera, dopo Giochi senza frontiere…. un, deux, trois, si andava a guardare la stessa luna bianca, irraggiungibile come la ragazzina; quasi la si pregava come se fosse un Dio, sperando nel “sì” dell’indomani. Che poi, a 11 anni, arrivava subito l’altro problema: che facciamo dopo il sì? Oggi si sa perfettamente, fin troppo, ma allora era un disastro. Però credo che, in fondo, era molto più romantico perchè allora la si conquistava con una penna (usata) e un cornetto Algida. Che tempi! Non esistevano i condizionatori in auto e per evitare il caldo si partiva (tutti assieme, senza il fuggi-fuggi di oggi) per le vacanze si partiva nei freschi orari notturni, stretti stretti in auto, senza bisogno di station wagon per giustificare la voglia di certi capricci dei nostri giorni. I colori del primo mattino visti dai finestrini ripagavano di tutte le scomodità e i sudori in fronte. I ragazzi di oggi quei colori nemmeno li conoscono, impegnati a dormire fino a mezzogiorno per smaltire le sbornie di qualche ora prima. Noi ci ubriacavamo al massimo con l’aranciata in bustina e, se proprio volevamo fare i folli, il cocktail San Pellegrino, facendo attenzione a dove andava a finire il tappo perché sotto poteva scapparci un premio! Però, anche se cambiano i tempi e queste memorie li faranno certamente ridere, sono convinto che i nostri nipoti quella luna complice la guardano ancora, ogni sera, confidandole i loro desideri. Perché cambiano le mode, gli usi, i costumi, ma i cuori no. I cuori rimangono sempre gli stessi. Forse fra cinquant’anni qualcuno leggerà queste parole nei Social Network installati direttamente nelle proprie orbite e, lo so, riderà di me e del reperto archeologico scovato nell’internet del 2064. Ma se fra i commenti di quel futuro ci sarà qualcuno che, abbassando le ciglia, cliccherà “mi piace” vuol dire che avevo ragione. Vuol dire che i cuori non cesseranno mai di battere alla stessa maniera. Sono andato fuori tema? No. La luna è sempre lì, pallida e paciona. Alza gli occhi al cielo e osserva, ogni sera, le nostre eterne sciocchezze. M.R.
Ma il seltz, limone e sale non si accontentò della sola Luna. Approdò in altri suoli, nel 1969 ancora irraggiungibili..............
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