C'era un tempo in cui bastava un sorbetto, una capannina traboccante di note e l'odore del mare.... per cominciare a sognare.
Chi non ricorda le estati dell’infanzia? Io ne ricordo una bellissima, ero ancora un bambino e avevo quasi dieci anni. Invidio chi è vissuto in quegli anni, fantastici anni, perché li ha visti proprio in diretta. Era importante esserci e vivere di persona quella rivoluzione sociale, musicale e culturale, dove passavano per radio capolavori come Wight is wight, San Francisco, Yellow river, Eloise, Mellow yellow, Whinchester cathedral, I’m coming home oppure sfacciate cover come "I cant let maggie go" che diventava "Un angelo blu", "White shade of pale" che diventava "Senza luce", "So happy together" che diventava "Per vivere insieme".
La concorrenza televisiva consisteva soltanto nelle Stelle che stavano a guardare del primo canale contro una Figlia del capitano nel secondo canale. Firenze veniva allagata dall’Arno, Luigi Tenco si toglieva la vita a Sanremo; l’Italia di Fabbri perdeva il mondiale con la Corea e Benvenuti diventava campione del mondo; i Colonnelli si impossessavano della Grecia e Israele stroncava l’Egitto in sei giorni. Barnard eseguiva il primo trapianto di cuore e Che Guevara, Martin Luther King e Bob Kennedy venivano assassinati; al cinema proiettavano Easy rider, Il laureato e 2001 Odissea nello spazio e la Nasa aveva già messo a punto il computer che avrebbe guidato l’uomo sulla luna: oggi non sarebbe utile nemmeno per far funzionare il solitario di Windows! Purtroppo arrivò anche il Vietnam, che portò la consapevolezza che davanti ai Palazzi si poteva anche protestare; il vento del movimento studentesco del ’68 cominciava a soffiare, le prime Facoltà erano già occupate e nelle aule prive di banchi si bivaccava e si cantava Blowind in the wind con un’arma micidiale che si chiamava chitarra. Ma i soldati americani, un giorno, li vedemmo davvero. Un pomeriggio di settembre un mezzo anfibio approdò nel porticciolo di Aci Castello facendo sbarcare dei marines in attesa di essere avviati a Sigonella per poi, da lì, farli partire per il Vietnam. Noi bambini andammo di corsa, incuriositi di vederli finalmente dal vivo perché questi erano veri, in carne ed ossa e non di plastica! Imbambolati come davanti a un presepe, osservammo in silenzio tutti i loro movimenti e tutte quelle cose viste soltanto nei film in Tv: tute mimetiche, elmetti, scatolame, ecc. Tutto ci sembrava enorme, dagli scarponi ai pantaloni, dai loro piedi alle loro mani, dai loro Ray-Ban alla loro voce. Tutto ci sembrava bello, ai nostri occhi sembravano degli eroi, ma quei ragazzi stavano probabilmente andando a morire per una guerra che non apparteneva a loro e che non volevano.
E quasi incosciente di tutto quel ben di Dio musicale e culturale che mi gravitava attorno, io che facevo? Ero impegnato a cercare la figurina di Pizzaballa (introvabile) in cambio di cinque figurine di Altafini! Cose da pazzi! La musica? Macchè! I miei gusti musicali erano la sigla di Braccobaldo Show e la colonna sonora della Nonna del Corsaro nero! Però, però…. qualcosa stava accadendo, quelle note erano troppo melodiose e facevano capitolare chiunque. Erano le prime avvisaglie di quanto, invece, la musica sia poi diventata una cosa importante nella mia vita, con la complicità di qualcun'altro. Proprio alla fine degli anni Sessanta, in famiglia avevamo in subgestione un noto ritrovo della riviera dei Ciclopi dove si ballava in una grande rotonda sul mare chiamata Dancing Miramare, ma conosciuta da tutti come la "Fossa dei serpenti" e qui racconto l'ultimo anno della sua esistenza: il 1967.
Ogni pomeriggio, a tutta la nipotaglia veniva offerto un cono gelato gigante. Ci mettevano tutti in fila davanti al banco e ad ognuno di noi (abbastanza cunnuteddi) porgevano un cono gelato accompagnato da un invisibile messaggio: "per tutta la sera non fatevi vedere - stop - non chiedete più niente fino a domani - non rompete i coglioni e fateci lavorare - stop!". Verso sera arrivavano le band, o i complessi come si chiamavano una volta. Sopra avevamo i Rangers che, tutti vestiti con una giubba di raso rosso, suonavano i successi italiani: Caselli, Pavone, Berti, Fontana, Celentano, Morandi, Carosone, Dino, Paoli, ecc.. ma sotto… sotto, in rotonda, c’erano cinque studenti che ingaggiò mio padre per quella stagione: il frontman Mario Carini alla voce e chitarra, Lucio Spina alla batteria, Santi Ruggeri alle tastiere e i fratelli Gigliuto alla chitarra e al basso: I Provos! e lì sotto facevano tutt’altra musica! Sapevano che alla gente piaceva ballare con una canzone di Fred Bongusto a due metri dal mare oppure ascoltarla seduti con un pezzo duro davanti, ma sapevano anche che in quel periodo una nuova ondata di strane e dolci melodie stava rivoluzionando il mondo. Consapevoli che loro stessi appartenevano a quello strano "prurito" planetario, ogni tanto questa band desiderava far sapere agli altri come stava cambiando la musica fuori dai confini nazionali. Il risultato? Il maresciallo dei vigili urbani ci chiedeva di abbassare il volume su “Reach out i'll be there” quando quelle volte in cui c'era poca gente in rotonda li facevamo salire in piazzetta mentre i più pacati Rangers rimanevano ad ascoltarli e bocca aperta, di fronte al quel famoso forno con la bocca di Polifemo! Nell'ultima stagione ci furono anche degli avvicendamenti, altrettanto scatenati: The Runaways (i fuggiaschi, o fuggitivi): sempre con il frontman Mario alla chitarra e voce, Carmelo Spina al basso, Salvo Vinciguerra alla batteria e Franco Roccasalvo alle tastiere. Solo dopo appresi il motivo delle loro giacche bianco e blu, simili a quelle dei carcerati o degli evasi.
Fra una canzone e l'altra, un chinotto San Pellegrino rovesciato sul tavolino e discorsi di filosofia consumati in quell'avanti e indietro in piazza Castello, puntuali arrivavano anche i concorsi per Miss Castellana (ovviamente sempre la figlia del sindaco, altrimenti sarebbe stata la fine della rassegna), le serate di intrattenimento, i giochi a premi e l'immancabile Caccia al tesoro. Grande organizzatore di questi eventi era Nino Impellizzeri, un signore dal pelo rosso che mi scelse tragicamente come suo valletto. In una delle sue cacce al Tesoro, mi chiese al microfono di portargli sul palco le piantine da distribuire ai concorrenti. Ero ancora un fanciullino e non conoscevo le piantine quali guide per un gioco. Gli portai le piantine di ciclamini che erano vicine alla cassa, fra la clientela sotto i tavolini per le risate! Però la gente non voleva giocare ma ballare e protestava con il provetto MIke Bongiorno, quasi a cacciarlo a due passi, a nuoto. Ma sì, certo che si ballava! Così questi Provos tutti vestiti di bianco, fra "Pugni chiusi", "Cinque minuti e poi" e "Pregherò", dal loro repertorio tiravano fuori "La tua immagine" dei New Dada, cantata per metà in italiano e per metà nella versione originale, ma anche "The sound of silence" di Simon & Garfunkel, e poi …o "Lady Jane" o "Yesterday" .. e tante, tante altre. Per me erano diventati un mito ed ogni sera li aspettavo con ansia…. qualcosa stava cominciando a friccicarmi dentro.
Ogni sera, dopo aver provato, la band andava a cenare alla pizzeria in piazza e mi lasciavano da solo a guardia degli strumenti ancora coi jack collegati chiedendomi (senza speranza): "Mimmo, mi raccomando, dai un occhio".
Macchè,
Una sera li mandai in tilt. Avevano poggiato una chitarra sul retro della capannina dimenticando di disattivare lo strumento dall’impianto. Stavano cantando Homburg e a un certo punto della canzone si guardarono tutti in cagnesco: "Ma chi è che sta sbagliando gli accordi? C’è qualcosa che non va, com’è possibile?". Non si erano accorti che sul retro, mentre loro suonavano, io stavo armeggiando con quella chitarra, sballando tutto il resto della canzone! Ero terribile, un vero rompiballe!
Oggi mi sarei perduto fra quelle note invece di perder tempo a giocare al pallone, alla chiusura dei locali, coi miei cugini. Una notte, dopo aver mandato in frantumi un paio di lampioni in Piazza Castello, il pallone rotolò troppo, ma troppo lontano e andai a recuperarlo fino ad avvicinarmi alla ringhiera affacciata sulla baia di Acitrezza, tutta verniciata con l’azzurro del mare sottostante. Sudato, infreddolito per il gelo della notte e col pallone sotto l’ascella sentivo alcuni suoni provenienti dai locali che non avevano ancora chiuso. Dalla costa vicina, il Lido dei Ciclopi emanava un suono nuovo, diverso, per quei tempi: "Yyeeeaaahhh!, i tuoi occhi sono fari abbaglianti….", cantata da un ragazzo inglese che si faceva chiamare Mal dei Primitives; e poi un’altro: "il tuo diario che sempre riempivi, solo con ciò che faceva piacere a chi di notte l'andava a vedere… piccola…", cantata da uno sconosciuto complessino che stranamente si faceva chiamare col nome dell’orsetto protagonista dei libretti che leggevo nel pomeriggio: Pooh! Come avrei voluto avere vent’anni allora! Mi consola il fatto di averli vissuti almeno di riflesso e per questo mi considero un privilegiato. Io c’ero! Anche se il mio contributo è stato solo quello di rompere almeno tre grancasse dei Provos. Però mi sono rifatto, col tempo ho recuperato tutto quello che mi sono perso. Con tutto quello che stava accadendo come avrei potuto sentire caldo nell'estate del '67? Anzi, c’era fin troppo fresco con quei venti portatori di nuovi entusiasmi! Ma anche le cose belle finiscono. Quello fu l'ultimo anno della mitica Fossa dei Serpenti. Le balere e le rotonde sul mare cominciarono a far posto alle cantine e ai centri sociali; stavano per nascere i mega-raduni della musica come quelli all’isola di Wight e quello a Woodstock; la Bussola e il Pyper venivano sostituiti dai Palazzetti e dai Teatritenda e certi barbuti giovanotti cominciavano a riprendere il discorso che aveva appena iniziato Tenco.
Già nel 1968 la rotonda, nel senso di pista da ballo, non c'era più. Su di essa poggiavano solo teli da bagno dopo un tuffo nel mare blu. Più nessuno andava a ballare sulle rotonde sul mare perché si preferivano le chiuse e buie discoteche. Il colpo di grazia lo ebbe nel 1972 con una mareggiata che le portò via il novanta per cento del suo pavimento, lasciandole soltanto una mezza luna a forma di falce. La sezione PCI di Aci Castello ne approfittò subito per verniciarla di rosso, dipingendole accanto un martello! L’ultima volta che ho calpestato i suoi resti fu una ventina di anni fa. Come tanti catanesi ci sono andato a pescare, e mentre lanciavo il mulinello sentivo i gabbiani volteggiarmi intorno in cerca di esca e di pesce, e il loro gracchiare era simile a un canto di fantasmi in quella rotonda che non c’è più. Un canto che sembrava quasi un arpeggio simile all’inizio di "The boxer", la sigla di apertura dei favolosi Provos, oggi tranquilli signori in pensione.
Mimmo Rapisarda (1998)
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