Cenni storici Fin dai tempi più remoti nel nostro Paese la coltura della vite ha avuto notevole importanza, tant'è che all'Italia antica venne dato il nome di Enotria: terra del vino. In Sicilia addirittura prima del 2000 a.C. si hanno indizi di vinificazione, probabilmente grazie alle remotissime correnti commerciali della civiltà minoica ed egeo-micenica con la nostra isola.

Nell'Odissea il grande Polifemo viene reso inoffensivo grazie ad un eccessivo uso di vino preparato da Ulisse. Quindi già prima dei Ciclopi si conosceva l'arte della vinificazione.

I Fenici, che ebbero forti contatti commerciali con la Sicilia, importavano anche del vino.

In epoca romana, dopo un periodo di incertezza, la tecnica vitivinicola si perfezionò, facendo segnare una netta preminenza dei prodotti enologici su tutti i mercati d'esportazione. Infatti, furono celebri il Catiniensis e l'Adrumenitanum dell'Etna, il Murgentium del Calatino. A cominciare dal II secolo d.C. si entra in un periodo di decadenza che non raggiunse livelli irreparabili grazie alla speciale considerazione in cui il vino fu tenuto dalla nuova religione: il vino infatti era ed è indispensabile alla celebrazione del rito della Mensa Eucaristica. Ciò portò i religiosi a dedicare cure speciali alla coltura della vite, nei chiusi recinti dei broli conventuali e delle chiese, dove si è potuta proteggere dai predoni e dalle varie dominazioni che caratterizzarono il Medioevo. Con l'avvento dell'età dei Comuni vennero adottate nuove disposizioni per favorire la diffusione della vite e per proteggerla da ogni sorta di danno.

L'invenzione della stampa contribuì alla diffusione delle tecniche viticolo-enologiche, che rimasero fino alla metà del XIX, legate alle millenarie tradizioni: la tecnica esposta dai migliori autori non si scostava affatto da quella già magistralmente illustrata da Calumella e Virgilio.

La comparsa di tre parassiti giunti dall'America (oidio, Oidium Tuckeri, la fillossera, Phylloxera vastatrix, e la peronospora, Plasmopora viticola) determinò una vera rivoluzione nella tecnica colturale: non fu più possibile mettere in atto le conoscenze tramandate da padre in figlio. Si rese necessario appoggiarsi sulle scienze biologiche e fisico-chimiche per combattere i nuovi microscopici e implacabili nemici. Grazie alle ricerche e studi di numerosi scienziati e tecnici, è stato possibile individuare il sistema per salvare e migliorare la coltivazione dei nostri vigneti. 

La qualità, specie per il vino, è come la bellezza: facile da apprezzare, ma difficile da definire. Tuttavia possiamo dire che per qualità di un vino si intende l'insieme delle sue caratteristiche compositive che possono essere:

• intrinseche: composizione chimica, costituenti (valutabili con l'analisi chimica attraverso la misura di parametri chimici come il pH, il grado alcolico, l'acidità volatile, fissa e totale, l'anidride solforosa libera, combinata e totale, gli zuccheri, l'estratto secco, i polifenoli, etc.);

• estrinseche: caratteri sensoriali misurabili mediante parametri sensoriali da ricercare con l'analisi organolettica o sensoriale e da valutare con la degustazione (aspetto: colore e limpidezza, bouquet: finezza, intensità olfattiva e franchezza, gusto: corpo, armonia, intensità gustativa e gusto-olfattiva, caratteri di tipicità).

Secondo Emile Peynaud la qualità di un vino è data dai suoi costituenti sapidi (fissi: amaro - dolce - salato - acido - insipido) e odorosi (volatili), in armonia sia nel sapore che nell'odorosità.

La qualità dei vini in Italia è controllata dalla legge, la quale stabilisce tra l'altro alcuni parametri chimici ed organolettici a cui un vino deve corrispondere. La legge di riferimento è la 164 del 1992 che ha sostituto la legge 930 del 1963, il DPR 12 luglio 1963 n. 930. La normativa vigente prevede che i vini in relazione alla loro provenienza e qualità si possono distinguere in:

• Vini a D. O. C. (Denominazione di Origine Controllata), le uve provengono tutte dalla zona determinata e, nella produzione dell'uva come nella trasformazione, si deve rispettare un apposito disciplinare stabilito per Decreto del Ministro delle Politiche Agricole;

• Vini a D. O. C. G. (Denominazione di Origine Controllato e Garantita), ai requisiti della DOC si aggiungono analisi fisico-chimiche ed organolettiche al fine di riconoscere il particolare pregio del vino;

• Vini a I. G. T. (Indicazione Geografica Tipica), almeno l'85% delle uve deve provenire dall'area geografica determinata. (Vino IGT Sicilia D.M. 10/10/95 - G.U. n. 269 del 17/11/95.

A livello di Unione Europea, i vini di qualità vengono classificati in:

• V.Q.P.R.D. (Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate), nei quali rientrano i DOC e DOCG;

• V.F.Q.P.R.D. (Vini Frizzanti di Qualità Prodotti in Regioni Determinate);

• V.S.Q.P.R. D. (Vini Spumanti di Qualità Prodotti in Regioni Determinate).

Secondo recenti statistiche i vini a D.O.C, e D.O.C.G. contano una produzione annua italiana di circa dieci milioni di ettolitri pari a circo il 15% della produzione vinicola totale. In particolare i vini di qualità a D.O.C, e D.O.C.G. al Nord rappresentano il 64%, al Centro il 24% al Sud e nelle Isole il 12%.

La qualità nel campo enologico è dettata dal "Disciplinare di Produzione" presente presso le Camere di Commercio (C.C.I.A.A.), le quali oltre ad indicazioni relative alla delimitazione del territorio vacato di provenienza (aree viticole) contengono i parametri che stabiliscono gli standard qualitativi e cioè:

• Uvaggio (vitigni);

• Resa produttiva ad ettaro;

• Eventuali periodi d'invecchiamento o maturazione;

• Parametri chimici ed organolettici.

Come recita l'art. 13/164 del '92, condizione utile per l'utilizzazione delle D.O.C, e D.O.C.G. è la "Certificazione Positiva" rilasciata dalle C.C.I.A.A. su richiesta dei produttori.

Le Denominazioni di origine sono strumenti, certificanti la qualità, a disposizione dei produttori, ai quali per poterne usufruire, non basta avere il vigneto ricadente nella zona delimitata dal disciplinare di produzione, ma occorre che i loro vini siano prelevati e sottoposti ad esami chimici ed organolettici da parte delle Commissioni di degustazione funzionanti presso le C.C.I.A.A., composte da Enologi, Esperti, Tecnici laureati. Periti agrori. Agrotecnici, Agronomi e Assaggiatori di Vino. Tali Commissioni devono constatare se i prodotti presentati per essere esaminati, corrispondono a quanto indicato dalle norme contenute nel relativo "Disciplinare di Produzione". In base alla legge esistono tre stati qualitativi:

1 ) Qualità dettata da parametri minimi che sono inseriti nel disciplinare di produzione;

2) Qualità detta creativa, cioè quella data da quel quid in più a disposizione del produttore per differenziare in senso qualitativo migliore la sua produzione;

3) Qualità certificata, che è quella attestata dal nullaosta rilasciato dalle C.C.I.A.A. per utilizzare le denominazioni di origine controllata e garantita. In Italia esistono al momento quasi quattrocento vini a D.O.C e a D.O.C.G.

I fattori che influenzano la qualità del vino sono:

• fattori permanenti: vitigno (vacato o no), clima, microclima, terreno (natura geologica, giacitura, esposizione, caratteristiche fisiche e chimiche); zona vacata o no;

• fattori modificabili (tecnica colturale, sistema di allevamento e potatura, sesto d'impianto, fertilizzazione, difesa fitosanitaria);

• fattori enologici (sistema di vinificazione, trattamenti di cantina, igiene dell'ambiente, delle attrezzature e dei contenitori);

• fattori variabili (annata di produzione);

• fattori umani (conoscenze tecniche del cantiniere e dell'enologo, preparazione, competenza ed educazione del consumatore);

• fattori condizionanti (gusto, abitudini, moda, ambiente, potere nutrizionale, prezzo di vendita, rarità del prodotto.

L'Etna DOC Dante definì la Sicilia "Isola del Fuoco", riferendosi al vulcano Etna. Ed è proprio qui che i vigneti assumono caratteristiche uniche, dove la realtà rafforzata dalle tradizioni e dalla mitologia, danno origine al "vino del fuoco". Un vino di primissima qualità che riesce a dare al bevitore un forte potere evocativo dei luoghi di produzione.

Nella "Storia dei Vini d’Italia", pubblicata nel 1596, venivano ricordati i vini prodotti sui colli che circondano Catania la cui bontà veniva attribuita alle ceneri dell’Etna.

La D.O.C. Etna è stata riconosciuta con D.P.R. 11 agosto 1968, ai sensi della legge 3 febbraio 1963, n. 116. Il relativo disciplinare di produzione fissa le caratteristiche e i territori comunali interessati (vedi cartina).   

 

   

Nonostante in Sicilia non ci siano aree vinicole DOCG, la produzione enologica è di elevata qualità. Di particolare interesse sono i vini da tavola classificati come IGT, una categoria particolarmente utilizzata in Sicilia e nella quale si trovano molti dei vini prestigiosi e famosi dell'Isola. In Sicilia sono attualmente previste 19 DOC.

La vite in Sicilia fu introdotta dai Fenici, ma furono i Greci, nel (VIII sec. a.C. a portare la cultura enoica in Sicilia.
Sotto i Romani la coltura della vite era piuttosto importante: la Malvasia delle Eolie, il Pollio di Siracusa, il Mamertino di Messina venivano esportati ed apprezzati in tutto il mondo latino. Con le invasioni barbariche ( V sec. d.C. ) si ebbe una battuta d'arresto nella produzione, che continuò con l'invasione musulmana. In seguito la produzione di vini siciliani subì varie accelerazioni e battute di arresto, fino ad esplodere nel durante il 1800, grazie anche alla celebrità del Marsala, quando il commercio del vino divenne uno dei fattori principali dell'economia locale. Fu infatti in questo periodo che nacquero le storiche e prestigiose cantine siciliane: Duca di Salaparuta (1824), Florio (1836), Amodeo (1837), Rallo (1860), Curatolo Arini (1875), Carlo Pellegrino (1880) e Lombardo (1881).
In seguito ci fu una grande crisi dovuta alla filossera che decimò i vigneti. Il ripristino dei vigneti colpiti dalla fillossera durò oltre mezzo secolo e terminò durante gli anni 1950. Durante questo periodo il mercato cambiò notevolmente e la richiesta di vini da taglio diminuì molto: questo evento costrinse i prodduttori siciliani ad un drastico cambiamento di produzione, ma fu durante gli anni '70 che si registrò il nuovo sviluppo dell'enologia siciliana che ha consentito ai vini dell'isola di affermarsi in tutto il mondo. Dalla rinascita del grandioso Marsala alla rivalutazione del ricco e locale patrimonio di uve, la Sicilia ha dimostrato - ancora una volta - di essere una straordinaria terra da vino. Sono proprio i vini prodotti con le uve locali - fra queste Grillo, Catarratto, Inzolia, Moscato d'Alessandria o Zibibbo, Malvasia, Nero d'Avola e Frappato - a riscuotere maggiore successo fra gli appassionati di vini. Oggi la Sicilia si contraddistingue principalmente per la produzione dei suoi ricchi e suadenti vini dolci - Passito di Pantelleria e Malvasia delle Lipari in particolare - e con una delle sue uve rosse, il Nero d'Avola - un tempo dimenticata e oggi giustamente rivalutata - si producono interessanti e importanti vini rossi.

 

 

 

DOC

 

Delia Nivolelli DOC D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
La denominazione di origine controllata "Delia Nivolelli" è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio amministrativo dei comuni di Mazara del Vallo (dove scorre il Delia), Marsala, Petrosino e Salemi, in provincia di Trapani, nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Spumante

Moscato di Noto DOC D.M. 14/03/74 (G.U. n. 199 del 30/07/74)
Questo vino non sarebbe altro che il "Pollio" (nome preso da Pollio Argivo, regnante, in tempi lontanissimi, a Siracusa) ovvero quel vino dolce haluntium di cui Plinio diceva che "nasce in Sicilia ed ha sapore di mosto". Ancora oggi si produce nella parte orientale della Sicilia (ma non va, però, confuso con il "Moscato di Siracusa" la cui zona di produzione è situata più a nord) e precisamente nei comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola in provincia di Siracusa. Naturale - ottenuto con le uve di Moscato bianco; ha colore giallo dorato più o meno intenso fino all’ambrato; aroma caratteristico e fragrante di Moscato; sapore leggermente aromatico. Gradazione minima: 11,5°. Uso: da dessert. Spumante - è un vino brillante; ha colore paglierino o giallo dorato tenue; aroma caratteristico di Moscato; sapore delicatamente dolce, aromatico di moscato. Gradazione minima: 13°. Liquoroso - ha colore giallo dorato più o meno intenso; odore delicato e fragrante aroma di Moscato; sapore dolce, gradevole, caldo e vellutato. Gradazione minima: 22°. Affinamento obbligatorio: cinque mesi a partire da quando è stato alcolizzato.

Moscato di Pantelleria DOC D.M. 11/08/71 (G.U. n. 239 del 22/09/71)

L’isola di Pantelleria (situata nella provincia di Trapani) è nota, oltre che per gli stupendi paesaggi e le interessanti zone archeologiche, anche per i robusti vini che si ottengono dalle uve di Zibibbo qui prodotte. Due di questi vini sono: Moscato Naturale , Passito.

Moscato di Siracusa DOC D.P.R. 26/06/73 (G.U. n. 315 del 06/12/73)
Dal Piemonte al Veneto fino alla Sicilia e alla Sardegna si producono tanti prelibati vini con le uve di Moscato bianco, che a mano a mano che si scende dal nord al sud acquistano in "potenza". Questo "Moscato" prodotto nel solo territorio comunale di Siracusa, con uve di Moscato bianco sottoposte ad un leggero appassimento, ha colore giallo oro vecchio con riflessi ambracei; odore delicato caratteristico; sapore dolce, vellutato, gradevole. Gradazione minima: 16,5°. Uso: da dessert.

Alcamo DOC D.M. 21/07/72 (G.U. n. 249 del 22/09/72)
Sulle colline dell’intero territorio comunale di Alcamo (da cui il nome) e di parte di quello di altri nove comuni delle province di Trapani e di Palermo, si ottengono pregiati vini bianchi, rossi e rosati: Bianco, Bianco Spumante, Classico, Vendemmia Tardiva, Rosato, Rosato Spumante, Rosso, Novello,Riserva.

Cerasuolo di Vittoria DOC D.M. 29/05/73 (G.U. n. 221 del 28/08/73)
In una zona relativamente ristretta, comprendente l’intero territorio di cinque comuni della provincia di Ragusa e parte di quello di due comuni della provincia di Caltanissetta e di due comuni della provincia di Catania, con le uve di Frappato e Calabrese, con l’eventuale aggiunta di quelle di Grosso nero e Nerello Mascalese, si produce questo gradevole vino dal colore rosso ciliegia; odore vinoso, con delicato profumo; sapore caldo, asciutto, pieno, rotondo, armonico. Gradazione minima: 13°. Uso: da arrosto.

Contea di Sclafani DOC

In tutto o parte del territorio di undici comuni della provincia di Palermo, tra cui Sclafani Bagni, nell’intero territorio dei comuni di Vallelunga, Pratameno e Villalba, in provincia di Caltanissetta, e in parte di quello di Cammarata, in provincia di Agrigento, si produce questo vino nei tipi:Bianco,Rosso,Rosato. I vini bianchi possono essere prodotti anche nella tipologia "dolce", dal colore paglierino intenso; profumo caratteristico, intenso; sapore vellutato, armonico. Gradazione minima: 11°. Uso: da fine pasto. Se ottenuti da uve raccolte non prima del 1° ottobre, sottoposte ad appassimento sulla pianta e vinificate in recipienti di legno, questi stessi vini possono fregiarsi della menzione "vendemmia tardiva", presentandosi al consumatore con le seguenti caratteristiche: colore che varia dal paglierino all’ambrato; profumo caratteristico, intenso, persistente; sapore vellutato, armonico, ricco. Gradazione minima: 18°. Affinamento obbligatorio (in fusti di legno): sei mesi. Uso: da dessert, da meditazione. Con i vini bianchi o rosati, elaborati con il metodo della fermentazione naturale in autoclave o in bottiglia, senza aggiunta di anidride carbonica, si ottengono "spumanti" dal colore paglierino più o meno intenso o rosato tenue; odore caratteristico, fruttato; sapore sapido, caratteristico. Gradazione minima: 11,5°. Uso: da aperitivo. Tutti i vini rossi possono essere prodotti anche nel tipo "novello", dal colore rosso più o meno intenso; odore fruttato; sapore armonico ed equilibrato. Gradazione minima: 11°. Uso: da pasto. Se sottoposti ad un invecchiamento di almeno due anni, gli stessi, con esclusione del Nerello Mascalese, possono portare in etichetta la menzione "riserva", presentandosi all’atto di immissione al consumo con le seguenti caratteristiche: colore che varia dal rubino carico al granato; odore intenso, fruttato; sapore caratteristico, ricco di struttura, fruttato. Gradazione minima: 12°. Uso: da arrosto.

Contessa Entellina DOC D.M. 02/08/93 (G.U. n. 201 del 27/08/93)

Entro i confini territoriali del comune di Contessa Entellina, in provincia di Palermo, si produce l’omonimo vino nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Rosato.

 

 

 

 

Marsala DOC D.M. 28/11/84 (G.U. n. 347 del 19/12/84)
Il più antico documento storico che si riferisce al "Marsala" risale al 1773, anno in cui dal porto di Trapani partì per l’Inghilterra un carico di botti di vino preventivamente alcolizzato onde metterlo in condizioni di meglio resistere al lungo viaggio. Oggi questo apprezzato vino liquoroso della Sicilia è noto in tutto il mondo ed è da sempre preparato in più tipi. La zona di produzione comprende l’intera provincia di Trapani esclusi i territori dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo. I vari tipi sono ottenuti da mosti, vini e loro miscele prodotti con le uve di Grillo e/o Catarratto e/o Catarratto bianco comune e/o Catarratto bianco lucido e/o Pignatello e/o Calabrese e/o Nerello mascalese e/o Damaschino e/o Inzolia e/o Nero d’Avola, con l’aggiunta di alcol etilico di origine vitivinicola o acquavite di vino e, se del caso, di mosto cotto, mosto concentrato e sifone (prodotto preparato con mosto) derivanti da uve coltivate nella prevista zona di produzione. La varietà di uve rosse Pignatello, Calabrese e Nerello mascalese sono riservate alla preparazione dei "Marsala Rubino". I vini "Marsala" si distinguono, secondo la durata dell’invecchiamento, in: "Fine", con invecchiamento minimo di un anno; "Superiore", con invecchiamento minimo di due anni; "Superiore riserva", con invecchiamento minimo di quattro anni; "Vergine e/o Soleras", con invecchiamento minimo di cinque anni; "Vergine e/o Soleras stravecchio" o "Vergine e/o Soleras riserva", con invecchiamento minimo di dieci anni. I vini "Marsala" si distinguono anche per il colore: oro (colore dorato più o meno intenso), ambra (colore giallo ambrato più o meno intenso), rubino (colore rosso rubino che con l’invecchiamento acquista riflessi ambrati), e per il contenuto zuccherino: "secco", "semisecco", "dolce". Tutti i "Marsala" presentano sapore e profumo caratteristici. Le gradazioni alcoliche dei vini "Marsala" sono le seguenti: Marsala Fine: non inferiore a 17° per distillazione; Marsala Superiore: non inferiore a 18° per distillazione: Marsala Vergine o Soleras non inferiore a 18° per distillazione. Uso: da dessert.

Eloro DOC D.M. 03/10/94 (G.U. n. 238 del 11/10/94)
In una zona che comprende, in tutto o in parte, il territorio amministrativo dei comuni di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini, in provincia di Siracusa, ed Ispica, in provincia di Ragusa, con le uve dei vitigni Nero d’Avola, Frappato e Pignatello e l’eventuale aggiunta di quelle di altri vitigni (massimo 10%) si producono due tipi di vino:Rosso,Rosato.

Etna DOC D.P.R. 11/08/68 (G.U. n. 244 del 25/09/68)
Nella "Storia dei Vini d’Italia", pubblicata nel 1596, venivano ricordati i vini prodotti sui colli che circondano Catania la cui bontà veniva attribuita alle ceneri dell’Etna. Oggi, questi vini, conosciuti con la denominazione "Etna", si presentano nelle tipologie:Bianco,Bianco Superiore,Rosso o Rosato.

Faro DOC D.M. 03/12/76 (G.U. n. 61 del 04/03/77)
Prodotto esclusivamente nel territorio comunale di Messina, con le uve di Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio e con l’eventuale aggiunta di quelle di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese, è un vino dal colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al rosso mattone con l’invecchiamento; odore delicato etereo, persistente; sapore secco, armonico, di medio corpo caratteristico. Gradazione minima: 12°. Invecchiamento obbligatorio: un anno. Uso: da pasto.

Malvasia delle Lipari DOC D.M. 20/09/73 (G.U. n. 28 del 30/01/74)
Fra le molte "Malvasie" che si possono trovare nel nostro Paese vi è quella "di Lipari" tipica dell’arcipelago delle isole Eolie (provincia di Messina). L’isola maggiore dello stesso è appunto quella che ha dato il nome al vitigno e al relativo vino, che, se ottenuto da uve fresche, ha un bel colore giallo dorato e un odore gradevolmente aromatico. Gradazione minima: 11,5°. Le uve di Malvasia di Lipari, con una piccola percentuale di quelle di Corinto nero, però, si fanno anche appassire per preparare i tipi "passito" e "liquoroso", dal colore giallo dorato o ambrato; odore aromatico caratteristico; sapore dolce-aromatico. Il tipo "passito dolce naturale" deve avere una gradazione minima di 18 e un affinamento obbligatorio di nove mesi. Il tipo "liquoroso" deve avere una gradazione minima di 20 e un affinamento di sei mesi. Uso: da dessert.

Sambuca Siciliana DOC Dd 14/09/95 (G.U. n. 260 del 7/11/95)

In vigneti situati ad una altitudine superiore ai 200 metri s.l.m. all’interno dei confini territoriali del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, si ottiene l’omonimo vino nei tipi:Bianco,Rosso,Rosso Riserva, Rosato, Chardonnay, Cabernet Sauvignon.

Menfi DOC Dd 01/09/97 (G.U. n. 213 del 12/09/97)
La denominazione di origine controllata "Menfi" è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio comunale di Menfi (da cui il nome), Sambuca di Sicilia e Sciacca, in provincia di Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia di Trapani, nelle tipologie: Bianco,Rosso,Rosso Riserva,Chardonnay,Grecanico,Inzolia o Ansonica, Vendemmia Tardiva, Cabernet Sauvignon,Merlot,Nero d’Avola, Sangiovese,Sirah

Monreale DOC Ddi 02/11/00 (G.U. n. 266 del 14/11/00) e  Santa Margherita di Belice DOC Dd 09/01/96 (G.U. n. 11 del 15/01/96)
Nel territorio amministrativo dei comuni di Santa Margherita di Belice (da cui il nome) e Montevago, in provincia di Agrigento, si produce questo vino nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Ansonica,Catarratto,Grecanico,Nero d’Avola, Sangiovese.

 

 

IGT

 

Salemi IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Salina IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Camarro IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Colli Ericini IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Fontanarossa di Cerda IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Sicilia IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Valle Belice IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

 

 

La Sicilia e il vino

La Sicilia, con 119.893 ettari di superficie vitata detiene il più vasto patrimonio coltivato ad uva da vino a livello nazionale.

La parte del leone la fa la Sicilia occidentale dove c'è circa il 90% della superficie coltivata a vite: Trapani - secondo i dati della Regione Sicilia - è la principale provincia con 68.780 ettari, seguita da Agrigento, con 20.972 ettari e Palermo con 16.625 ettari.

L'analisi della viticoltura regionale per tipologia di coltivazione indica che la produzione è decisamente orientata verso le varietà a bacca bianca, intercettando, secondo il dato del 2008, una superficie complessiva di 76.907 ettari (quasi i due terzi del totale della superficie), contro i 42.848 ettari (poco più di un terzo sul totale superficie) a bacca nera. Il principale vitigno impiantato in Sicilia è il Catarratto bianco comune, seguito dal vitigno autoctono Calabrese o Nero d'Avola; ma è presente anche il Trebbiano Toscano, Ansonica o Inzolia e Greganico. Nell'isola vi è altresì la presenza di vitigni internazionali tra i quali primeggiano: Syrah, Chardonnay e Merlot.

W I DOC. In Sicilia ventitré prodotti possono fregiarsi dell'appellativo Denominazione d'origine (DO), di cui una riconosciuta come Denominazione d'origine controllata e garantita (DOCG) e cioè il Cerasuolo di Vittoria e altre 22 riconosciute come Denominazione d'origine controllata (DOC) e cioè Alcamo, Contea Sclafani, Contessa Entellina, Delia Nivolelli, Eloro, Erice, Etna, Faro, Malvasia di Lipari, Mamertino di Milazzo, Marsala, Menfi, Monreale, Moscato di Noto Naturale o Moscato di Noto, Moscato e Passito di Pantelleria, Moscato di Siracusa, Riesi, Salaparuta, Sambuca di Sicilia, S. Margherita Belice, Sciacca e Vittoria.

La produzione di vino in Sicilia è tornata sopra il 6 milioni di ettolitri nel 2013, dopo diversi anni tra 4 e 5 milioni di ettolitri. La produzione di vino è cresciuta del 39% nel 2013 a 6.2 milioni di ettolitri. Se confrontata alla media degli ultimi 5 anni il balzo è ancora più significativo, dato che il confronto partirebbe da circa 4.7 milioni di ettolitri. Secondo Istat, la produzione di vini bianchi è stata di 3.6 milioni di ettolitri, il 32% superiore alla media storica e il 58% in più del 2012, anno in cui si era registrato il minimo storico per la produzione di questa categoria. I vini rossi (e rosati, da sottolineare dato che siamo in Sicilia), sono invece saliti del 19% rispetto allo scorso anno e del 35% rispetto alla media storica (siamo a quota 2.6 miloni di ettolitri). Trapani rappresenta sempre il punto di riferimento quantitativo della regione. Nel 2013 Istat lo accredita di 3.9 milioni di ettolitri, un livello mai registrato dal 2008 a questa parte, il 30% sopra la media storica. Sarebbe invece scesa in modo significativo la produzione in provincia di Palermo, -38% nel 2013 e il 13% sotto media.

Nella produzione dei vini Doc una quota preponderante è concentrata nella Sicilia occidentale con il Marsala, l'Alcamo e il Moscato di Pantelleria, mentre per la Sicilia orientale spiccata è la produzione della Doc Etna. Secondo gli ultimi dati censuari, la viticoltura destinata alla produzione di vino da tavola e IGT risulta ancora molto frammentata, infatti, circa l'80% delle aziende a vite non supera i 5 ettari di vigneto. Le piccole dimensioni aziendali, unitamente ai costi della certificazione e ai vincoli produttivi, sono di forte ostacolo all'iscrizione dei vigneti negli albi delle denominazioni di origine. E infatti è ancora limitata la produzione di vini di qualità mentre resta elevata la percentuale di prodotto di vino sfuso destinata all'ottenimento dei mosti concentrati e concentrati rettificati oppure al circuito della distillazione, mentre la quota restante è destinata alle regioni del Nord per essere tagliata con altri prodotti soprattutto per la produzione di vini in brick. In Sicilia sono state anche istituite 12 «Strade del Vino» che rappresentano un'importante opportunità di sviluppo per le aziende vinicole in quanto attraverso itinerari enogastronomici, storici e naturalistici, mirano a realizzare una forte concertazione tra gli imprenditori privati e le istituzioni che operano sul territorio.

 Domenica 09 Novembre 2014

 

 

 

Nel Catanese la zona più importante per produzione vinicola è quella dell'Etna, dove grazie alle condizioni climatiche legate al vulcano, si ottiene un ottimo vino DOC Etna, nelle tre qualità rosso, bianco e rosato.

Le città produttrici in questa zona sono dodici: Linguaglossa, Castiglione di Sicilia, Piedimonte, Pedara, Milo, Randazzo, Sant'Alfio, Riposto, Trecastagni, Santa Venerina, Viagrande e Zafferana Etnea. I vitigni coltivati sono il Cataratto, il Carricante, il Nerello Mascalese e l'Inzolia. Oltre alla visita nelle numerose cantine è d'obbligo l'ascesa ai crateri dell'Etna e una visita ai centri storici di Randazzo, Linguaglossa e Zafferana Etnea in occasione dell'Ottobrata.

 

Etna bianco

Zona di produzione: i colli che circondano Catania.

Vitigni: Carricante 60%, Cataratto bianco comune o lucido fino al 40%. Possono concorrere Trebbiano, Minnella bianca ed altri vitigni non aromatici a frutto bianco fino ad un massimo del 15%.

Gradazione alcolica minima: 11,5%. Invecchiamento: nessuno.

Caratteristiche organolettiche: colore giallo paglierino con leggeri riflessi dorati; profumo delicato di Carricante; sapore secco, fresco, armonico. Qualificazioni: nessuna.

Abbinamenti :antipasti magri, primi piatti con sughi di pesce, fritture e gratin di acciughe e sardine, pesci in bianco con salse delicate.

 

Etna bianco superiore

Zona di produzione: parte del territorio del comune di Milo.

Vitigni: Carricante 80%, Cataratto bianco comune o lucido fino al 20%. Possono concorrere Trebbiano, Minnella bianca ed altri vitigni non aromatici a frutto bianco.

Gradazione alcolica minima: 12%. Invecchiamento: nessuno.

Caratteristiche organolettiche: colore giallo paglierino molto scarico con riflessi verdognoli; profumo delicato, di frutto; sapore secco, lievemente fresco, armonico e morbido.

Qualificazioni: nessuna. Abbinamenti :frutti di mare crudi, risotti marinari, crostacei arrosto, pesci pregiati al forno o al cartoccio, zuppe di pesce saporite.

 

Etna rosato

Zona di produzione: i colli che circondano Catania.

Vitigni: Nerello Mascalese minimo 80%, Nerello mantellato (Nerello cappuccio) fino al 20%. Possono concorrere altri vitigni non aromatici a frutto bianco fino ad un massimo del 10%. Gradazione alcolica minima: 12,5%. Invecchiamento: nessuno.

Caratteristiche organolettiche: colore rosso rubino che con l'invecchiamento presenta leggeri riflessi granato o rosato tendente al rubino; profumo vinoso, intenso e caratteristico; sapore secco, caldo, robusto, pieno, armonico. Qualificazioni: nessuna.

Abbinamenti :primi piatti con sughi di carne, arrosti di carni bianche, vitello e manzo stufati, grigliate miste, formaggi vaccini stagionati.

 

Etna rosso

Zona di produzione: i colli che circondano Catania.

Vitigni: Nerello Mascalese minimo 80%, Nerello mantellato (Nerello cappuccio) fino al 20%. Possono concorrere altri vitigni non aromatici a frutto bianco fino ad un massimo del 10%. Gradazione alcolica minima: 12,5%. Invecchiamento: nessuno.

Caratteristiche organolettiche: colore rosso rubino che con l'invecchiamento presenta leggeri riflessi granato o rosato tendente al rubino; profumo vinoso, intenso e caratteristico; sapore secco, caldo, robusto, pieno, armonico. Qualificazioni: nessuna.

Abbinamenti :primi piatti con sughi di carne, arrosti di carni bianche, vitello e manzo stufati, grigliate miste, formaggi vaccini stagionati.

 

 

 

Località di produzione

  • Aci S.Antonio, Nicolosi, Pedara, Zafferana, Viagrande - VINI DEL BOSCO ETNEO

  • Adrano (CT) - ADRANO ROSSO

  • Bronte (CT) - MADERA DELL’ETNA

  • Catania - ARABESCO BIANCO - ARABESCO ROSSO

  • Etna - BOSCO DELL’ETNA ROSSO, BIANCO DI S. VENERINA

  • SAN SALVADOR ROSSO - VINI DELLA PIANA DI MASCALI - BIANCAVILLA ROSSO

  • BOSCO DELL’ETNA BIANCO - VINO ETNA MAZZULLO BIANCO E ROSSO D.O.C. - TRECASTAGNI - BELPASSO ROSSO - ETNEI DI MEZZA MONTAGNA - CICLOPI ROSSO - BIANCAVILLA BIANCO

  • Etna (Riposto) - ANTEO ROSATO - ANTEO ROSSO - ANTEO BIANCO

  • Fiumefreddo (CT) - TERREMORTE

  • Giarre (CT) - ETNA ROSSO SETTETORRI  

  • Linguaglossa (CT) - ETNA ROSSO RAGABO (ROSSO DELL’ETNA)

  • Mascalucia (CT) - OMBRA

  • Milo (CT) - ETNA ROSATO VILLAGRANDE o VINO DEL GATTOPARDO, ETNA BIANCO SUPERIORE VILLAGRANDE, ETNA ROSSO VILLAGRANDE

  • Misterbianco (CT) - TERREFORTI, CICLOPI ROSE’, CICLOPI BIANCO

  • Paternò e Ragalna (CT) - RAGALNA BIANCO E ROSSO

  • Randazzo (CT) - RANDAZZO, ETNA ROSSO CALDERARA, ETNA BIANCO CALDERARA

  • Riposto (CT) - ETNA ROSSO, NERELLO QUATTROSTELLE, ETNA BIANCO, ETNA ROSSO - FATTORIA DI PASSO CAVALLO 1809, SILENO

  • S.Giovanni Montebello di Giarre (CT) -ETNA ROSSO - FATTORIA VILLA IOLANDA

  • Solicchiata (CT) - SPARVIERO BIANCO E ROSSO, ETNA ROSSO SOLICCHIATA, ETNA ROSSO TORREPALINO, ETNA BIANCO TORREPALINO, ETNA ROSATO MONTEDOLCE

  • Mascali (CT) - NERELLO MASCALESE

 

 

 

Le fasi della vinificazione in rosso

 

Pigiatura e diraspatura.

Prima di effettuare le varie operazioni che portano alla formazione del vino rosso, è sempre opportuno verificare l'integrità e la sanità delle uve. Consigliabile è poi utilizzare uve omogenee, della stessa varietà, magari tenendo conto dell'età del vigneto, del portinnesto, dei lotti che rendono uve qualitativamente migliori ecc.: in questo modo è possibile ottenere un prodotto di qualità ottimale, partendo già dall'inizio con una buona materia prima.

Operazioni meccaniche sulle uve (ricevimento, pigiatura, diraspatura)

Sono operazioni solitamente riunite in una macchina combinata chiamata diraspapigiatrice. Nel caso di vini rossi, non avviene la separazione tra mosto e fase solida.

Trasferimento in vasca

Dopo diraspatura e pigiatura, il mosto è trasferito alla vasca di fermentazione, addizionato di lieviti e di attivanti di fermentazione. L’operazione di trasferimento può essere effettuata con una pompa, usando il tragitto più breve possibile e con il minor numero di gomiti.

Fermentazione alcolica e macerazione

E' consigliabile svolgere la macerazione e la contemporanea fermentazione a temperatura controllata, in modo da evitare anomalie nel processo (arresti di fermentazione, sviluppi microbici indesiderati ecc.). In generale, temperature ottimali per la fermentazione e la macerazione sono 25-30°C, in quanto permettono una buona estrazione di sostanze coloranti e di composti tannici. Diffuso è l'utilizzo di enzimi pectolici, che permettono una maggiore disgregazione delle strutture cellulari dell'uva; questa pratica, nel suo complesso, permette di aumentare le rese di pressatura delle vinacce e di estrarre più facilmente dalle parti solide composti fenolici e aromatici, con l’obiettivo di avere vini più ricchi in tannini, meno astringenti e amari. Importante in questa fase è effettuare rimontaggi e follature: l'azione di rimescolamento che ne consegue permette una buona omogenizzazione della massa, aumentando l'estrazione e permettendo l'introduzione nel mosto di limitate quantità di ossigeno indispensabili per i lieviti.

Per quello che riguarda la tipologia dei lieviti da utilizzare, si rimanda a quanto già detto nella fermentazione dei vini bianchi.

Svinatura e pressatura

Subito dopo la fermentazione e la macerazione, viene eseguita la svinatura, ovvero la separazione del fermentato dalle parti solide, operazione che può essere eseguita per sgrondatura. Successivamente si passa alla pressatura delle vinacce: ciò che si ottiene può essere aggiunto in quantità variabile allo sgrondato, in funzione del prodotto che si vuole ottenere. Normalmente la pressatura non avviene con un’unica operazione, ma è il risultato di una serie di operazioni di incremento della pressione: questo influenza la qualità del vino di pressa che quindi va separato in diversi lotti. In particolare si separa il vino di prima pressatura (2/3 del vino di pressa), che è di buona qualità, dal vino di seconda pressatura (1/3 del vino di pressa), di qualità inferiore, perché ottenuto a pressione elevata e di conseguenza contenente sostanze dal gusto amaro ed erbaceo (in aggiunta al gusto astringente dei tannini di pressa).

Fermentazione malo-lattica

Al termine della fermentazione alcolica, viene effettuata la fermentazione malo-lattica, che conferisce maggiore stabilità e ammorbidisce il gusto del vino. La fermentazione viene operata da batteri lattici anaerobi, che si sviluppano nella massa del vino e decompongono l'acido malico in acido lattico e anidride carbonica. Opportuno è l'inoculo di batteri lattici selezionati, per ovviare a problemi relativi alla partenza e alla continuazione di questa fermentazione.

Affinamento e maturazione

A seconda della tipologia di prodotto che si vuole ottenere, si opta per metodi di affinamento diversi. In generale, per prodotti freschi e di pronto consumo, ci si limita ad utilizzare contenitori di affinamento in acciaio inox; per prodotti più evoluti, si possono utilizzare contenitori in legno: questa pratica, certamente più onerosa, deve però essere valutata in base alla tipologia di prodotto che si ottiene e al possibile maggior riscontro economico. Il legno non è un materiale inerte e per questo motivo, durante l'affinamento, cede al vino sostanze e aromi che ne modificano le caratteristiche (struttura, corpo, profumi ecc.), oltre a permettere una lenta e continua ossigenazione del vino stesso. Le interazioni fra contenitore legnoso, ambiente e vino sono ovviamente, in funzione di numerose variabili, quali le dimensioni del recipiente (rapporto superficie/volume), tipo di essenza legnosa, stagionatura e tostatura del legno ecc..

Stabilizzazione e confezionamento

Anche i vini rossi, come i vini bianchi, necessitano di trattamenti stabilizzanti, che servono a mantenerne intatte le caratteristiche fino al consumo. Per le tipologie di trattamenti e per il confezionamento, si rimanda a ciò che è stato detto per i vini bianchi.

 

 

 

PERCHE' POLIFEMO SI ADDORMENTO' BEATAMENTE.

 

Etna, "vitigni reliquie" da riscoprire, "cugini" dimenticati di Nerello e Carricante

02/07/2018 - 17:03di Carmen Greco

 

Una ricerca del Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania fa riscoprire le uve autoctone minori e apre nuove possibilità per vini dal carattere sempre più vulcanico

Etna, "vitigni reliquie" da riscoprire, "cugini" dimenticati di Nerello e Carricante

 

Chi ha detto che i vitigni di successo sull’Etna debbano essere solo Nerello Mascalese e Carricante? Il patrimonio di uve autoctone è molto più ricco di quello che conosciamo.

Lo testimonia una ricerca del Di3A (il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania) che ha individuato una quindicina di “vitigni reliquie”, analizzandone le caratteristiche, la morfologia, le diverse varietà, il patrimonio genetico.

Lo studio, avviato da Antonio Cicala, ricercatore del Di3A che si è occupato anche di vecchie tecniche colturali, è firmato da Elisabetta Nicolosi, Stefano La Malfa, Alessandra Gentile (docenti del Di3A) e da Filippo Ferlito, ricercatore del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, di Acireale).

«Quando negli anni Duemila - ricorda Elisabetta Nicolosi - il nostro dipartimento iniziò a caratterizzare il germoplasma frutticolo del territorio etneo, nell’andare in giro per catalogare le diverse varietà di frutta, attraverso le interviste agli agricoltori locali, ci imbattevamo in piante di vite “diverse” in mezzo ai vigneti delle quali i viticoltori ci raccontavano le particolarità. Abbiamo poi confrontato queste notizie con la letteratura esistente, che è abbastanza vasta e testimonia i vitigni presenti nel nostro territorio chiamati con tantissimi nomi diversi».

«Nel Vertunno Etneo (un testo dell’Ottocento dell’abate Geremia dove sono descritte le varietà delle uve coltivate sull’Etna ndr) vengono citati oltre 50 vitigni “minori” - dice Filippo Ferlito - oltre quelli già conosciuti, presenti da tempo immemore sull’Etna. Per questa ricerca ci siamo interfacciati con una popolazione di vecchi agricoltori che oggi, forse, non esiste più.

 

 

Dal 2001 al 2005 abbiamo “segnato” le piante, al momento giusto siamo andati a prelevare il materiale che abbiamo messo a dimora in un nostro campo sperimentale, poi abbiamo replicato l’operazione su un altro campo sperimentale sull’Etna (a Nicolosi, dove sono stati piantati altri vitigni reliquie di tutta la Regione ndr), e una volta che queste piante sono andate in produzione abbiamo eseguito altri tre-quattro anni di rilievi ampelografici».

Perché “reliquie”?

«Perché le piante sono davvero poche numericamente, appartenenti a 15-20 vitigni».

Ma potrebbero avere uno futuro importante da un punto di vista enologico?

«Intendiamoci - chiarisce la prof. Nicolosi - da un punto di vista produttivo non potranno avere lo sviluppo degli altri più diffusi, nel senso che non hanno delle caratteristiche tali da essere vinificati in purezza. Utilizzati, però, in un uvaggio, il discorso potrebbe essere interessante se non altro per il fatto che sempre di più dalle nostre parti c’è un ritorno al prodotto di nicchia legato strettamente all’identità del territorio e sul vino dell’Etna, in questo momento, c’è un boom. Questi vitigni antichi potrebbero, per la loro storia, alcuni si pensa addirittura pre-fillossera, dare sicuramente quel qualcosa di più attrattivo per l’enoturismo che sta andando alla grande».

 

 

Altrimenti tutto verrebbe relegato in una sorta di studio di archeo-agricoltura...

«Non è solo un discorso da museo anche perché la coltivazione di questi vitigni dovrebbe comunque passare dall’iscrizione di alcuni di questi nel registro nazionale delle varietà. Affinchè un vitigno possa essere coltivato è necessario, infatti, che venga “autorizzato” ed è nostra intenzione iscriverli. In maniera non ufficiale molti viticoltori, magari ex nostri studenti, ce li hanno chiesti per impiantarli».

Però se nessuno li ha più coltivati un motivo ci sarà?

«Perchè fino alla metà degli Anni Novanta - risponde Ferlito - si è preferita la quantità alla qualità. Queste varietà non erano molto produttive, non avevano lo stesso periodo di maturazione del Nerello Mascalese, non erano molto carichi di colore e quindi venivano man mano abbandonati. Oggi che i gusti sono cambiati e i vini un po’ scarichi di colore hanno un mercato, le prospettive sono diverse. Poi i motivi per cui sono stati abbandonati possono essere vari. La Vispara, per esempio, non ha avuto successo, perché era una varietà molto precoce, se il contadino non interveniva raccongliendola per il consumo della famiglia, se la mangiavano le api. Una volta le famiglie vivevano con quello che producevano, il Nerello Mascalese serviva per il vino, altre uve con particolari gusti e dagli acini più grossi come la Minnella o il Barbarossa avevano una duplice attitudine anche come uva da tavola».

A parte la produzione di vino, quale può essere il ruolo di questi vitigni?

«Se queste varietà hanno resistito fino ad oggi - argomenta la prof. Nicolosi - le informazioni sul loro patrimonio genetico possono essere molto utili. Un esempio è il Terribbile (con due “b” ndr), chiamato così non a caso perché ha dei geni molto resistenti. Il Terribbile ha un bel grappolo, fitto, compatto, produttivo; in un programma di miglioramento genetico potrebbe essere utilizzato tranquillamente. Moscatella nera e Moscatidduni li stiamo portando avanti da 8 anni per “trasferire” alcuni caratteri trovati in queste reliquie nell’uva da tavola. Tornando al Terribbile le analisi qualitative hanno rivelato un bell’equilibrio acidità-zuccheri con valori interessanti non abbiamo ancora fatto le microvinificazioni per vedere il loro comportamento». «I colleghi delle Soat - dice Ferlito hanno fatto delle prove vinificando tutte le varietà a bacca rossa insieme. È venuto fuori un vino dal sapore forte assomigliante al Nerello Mascalese».

Da parte dei vecchi coltivatori che tipo di accoglienza avete avuto?

«Grande collaborazione - afferma Ferlito - erano felicissimi. Purtroppo è un mondo che per motivi anagrafici sta scomparendo, ma loro hanno in mano non solo la cultura dei vitigni reliquia ma anche le vecchie tecniche di coltivazione. I “munzeddi” erano dei veri capolavori (le montagnette di terra attorno alle piante, una tecnica che si utilizzava in inverno per favorire la raccolta dell’acqua ndr), ma stanno scomparendo assieme ai loro inventori».

«E poi - interviene Nicolosi - bisogna considerare che i grandi investimenti sull’Etna sono stati anche possibili perché molti piccoli agricoltori che avevano anche meno di un ettaro di terreno hanno venduto. Oggi che un ettaro di terreno vitato sull’Etna costa 80mila euro, molti hanno venduto accorpando gli appezzamenti. Il piccolo coltivatore non esiste più. Sarebbe bello se questi grandi produttori che sono sbarcati sull’Etna destinassero anche mezzo ettaro alla coltivazione di questi vitigni antichi, per loro sarebbe sicuramente un valore aggiunto. Se anche arrivassero ad imbottigliare 2.000 bottiglie di un vino prodotto esclusivamente con i vitigni reliquia, sarebbe un bel risultato...».

Un po’ quello che accade con i grani antichi...

«Sì, anche se quello è un capitolo a parte. Si parla tanto di viticoltura eroica, di viticoltura di montagna. Oggi che sull’Etna ci sono, ed è un bene, grandi investimenti, continuare a coltivare la vite sulle colline terrazzate dove si può entrare solo con un piccolo ceppo (l’attrezzo per arare ndr) significa non solo tramandare un metodo ma anche “mantenere” un paesaggio unico. Il problema, infatti, non è solo il reperimento e la caratterizzazione dei vitigni dimenticati, ma il loro mantenimento perché sono varietà che necessitano di spazi e cure particolari. Devono aver un ruolo, altrimenti restano sui libri».

 

http://www.lasicilia.it/news/cibo-salute/172121/etna-vitigni-reliquie-da-riscoprire-cugini-dimenticati-di-nerello-e-carricante.html

 

 

 

 

 

Quando la birra e il vino diventano nettare degli dei

La Polyphemus è un mix di birra artigianale caratterizzata dall'aggiunta di Nerello Mascalese: il risultato è eccezionale

La Sicilia, 9 Novembre 2014

La passione e la voglia di creare qualcosa di unico hanno stimolato l'idea di Delfio Faraci e Leo Biasi entrambi imprenditori, conoscitori e cultori a vario titolo del mondo della birra; qualcosa di legato al territorio, alla Sicilia e al suo vulcano. L'azienda sorge infatti ai piedi dell'Etna (Riposto, via Caragliano 5) in luoghi in cui da millenni l'uomo è abituato a convivere in un sodalizio fatto di continue sfide con la natura ribelle. Ma in questi territori ricchi e fecondi la gente è operosa e attiva. Birrificio dell'Etna (www. birrificiodelletna. it) è una realtà artigiana che lavora con passione ed energia ogni suo prodotto. Un'impresa in cui la passione per le buone cose, il buon bere e l'attaccamento al territorio si tramutano in birre uniche ed eccellenti capaci di trasmettere a chi le assapora le stesse emozioni di chi con dedizione e abnegazione le produce.

W Ulysses. Birra rifermentata in bottiglia ottenuta con metodi artigianali, non filtrata e non pastorizzata. Possiede un carattere fruttato con sentori di agrumi e frutta tropicale. Abbinabile con insalate di mare, insalata di arance, fritti di mare, molluschi, crostacei, arancini, panelle, salumi e formaggi freschi o semi-stagionati. Ottima anche per secondi piatti non molto strutturati a base di carni bianche o pesce.

W Ephesto. Birra rifermentata in bottiglia ottenuta con metodi artigianali, non filtrata e non pastorizzata. Possiede un aroma complesso con sentori di nocciola, dolciumi, arancia candita e una delicata speziatura. Da abbinare con piatti più strutturati come caponata e parmigiana, piatti a base di frutta secca (molto affine con mandorle e pistacchi), provola, pecorino e caciocavallo siciliano. Ottima anche con carni rosse, brasate o alla griglia.

W Polyphemus. Birra rifermentata in bottiglia ottenuta con metodi artigianali, non filtrata e non pastorizzata caratterizzata dall'aggiunta di Nerello Mascalese. Con note di dolciumi, frutta candita, miele, caramello e uva sultanina, è l'abbinamento ideale per i dolci, cassata e cannolo siciliano su tutti. Ottima anche con arrosti di carne e pesce che trovano perfetto equilibrio tra le note di caramello della birra e quelle tostate del piatto. Abbinabile con formaggi stagionati ed erborinati in particolare.

 

 

 

Da Ulisse a Cesare. Quando il vino è diventato mito

In questa terra la storia delle diverse dominazioni si è intrecciata continuamente con la presenza della vite e la preparazione di vini.

Intorno al 1860 alle falde dell'Etna sono state ritrovate alcune ampelidi dell'età terziaria: segno di un'antica attitudine di una terra dove la vite cresceva spontanea.

Poi Fenici, Greci, Romani, Bizantini, hanno contribuito nel corso dei secoli ad affermare la vite ed il vino di Sicilia nel mondo. Ai Fenici, audaci navigatori e mercanti conosciuti, spetta il primato della commercializzazione: furono loro infatti a portare in tutte le coste raggiungibili dalle loro agili navi i vini siciliani facendone uno dei prodotti più importanti degli scambi commerciali di quell'epoca. Il più antico riferimento ai vini commercializzati dai fenici, sicuramente vini dolci prodotti da uve sovrammature, in ambito Mediterraneo, è proprio siciliano ed è relativo ad una iscrizione su un frammento di orcio che risale a 1500 anni prima di Cristo che recita: «Vino fatto con uva passa nera».

I greci, invece contribuirono a fare della vite non una coltura spontanea - così come si presentava in diverse aree dell'isola, e come testimoniato anche da alcune citazioni nell'Odissea riferita all'isola dei Ciclopi, identificata nelle Egadi, che rappresentano la prima attestazione letteraria in Europa dell'esistenza di una protoviticoltura costituita da viti selvatiche - una "coltivazione": grazie a loro intorno all'VIII secolo a. C. fu introdotto, ad esempio, l'alberello egeo e i siciliani divennero esperti conoscitori delle tecniche di coltivazione non solo della vite ma anche dell'ulivo e del grano.

Il mito dei vini siciliani arrivò anche sulle tavole dei condottieri e dei poeti della Roma repubblicana ed imperiale: Giulio Cesare amava il Mamertino, prodotto in alcuni comuni della zona tirrenica del Messinese, mentre Plinio il Vecchio, amava bere il Taormina bianco, prodotto con le uve Catarratto bianco, Carricante, Grillo, Inzolia e Minnella bianca.

È difficile immaginare quali fossero in passato i profumi del vino: le scarne descrizioni che ci sono giunte sulle sue caratteristiche organolettiche raramente riportano dei profumi specifici, soprattutto perchè tra i sensi, quello dell'olfatto era considerato il più vicino al fiutare degli animali e questo avvicinava l'uomo alle bestie.

Fa eccezione una citazione di Esiodo per un vino di Siracusa affermando che «dopo il quarto anno è profumato come fosse appena uscito dalla pressa».

Con l'avvento del cristianesimo e quindi della dominazione bizantina, quasi due terzi delle terre dell'isola diventarono proprietà delle comunità religiose, le quali portarono innovazioni e miglioramenti alla produzione vitivinicola precedentemente abbandonata durante le invasioni barbariche.

La storia successiva con l'avvicendarsi di culture diverse portò ad uno sviluppo a fasi alterne della viticoltura nell'isola: dai Musulmani che, per ragioni religiose, azzerarono la produzione di vino, ai Normanni che prima finirono col portare i contadini all'estirpazione per l'eccessiva tassazione per giungere agli Aragonesi e agli Spagnoli, che riportarono l'agricoltura e la coltura della vite sulla via dello sviluppo.

Spetta comunque agli inglesi il merito di aver favorito la produzione vinicola siciliana: i grandi movimenti delle flotte inglesi, durante il periodo napoleonico, permisero infatti il sorgere della grande industria enologica siciliana, incentrata intorno al Marsala, commercializzato dall'inglese Woodhouse. Per questa via i vini dell'Enotria sono entrati nelle tradizioni popolari diventando espressione dell'animo e della cultura delle popolazioni che li producevano. La storia più recente racconta di una terra che ha superato la crisi economica causata dalla fillossera, diffusasi intorno al 1880, ha cercato attraverso la ricerca e la sperimentazione nuovi modelli produttivi per affermarsi come una delle principali realtà produttive italiane, seppur legata all'esportazione di vini sfusi.

Oggi c'è invece l'impegno per affrancare la Sicilia da un'immagine legata alle produzioni eccessivamente alcoliche, da taglio, destinate ad altri mercati. I valori di unicità dovuti alle particolari caratteristiche pedoclimatiche del territorio, l'incontro fra le moderne tecniche enologiche ed antichi e nuovi vitigni, insieme alla tenacia e alla fantasia delle aziende, hanno permesso di ottenere in questi anni risultati tali da attirare l'attenzione di molti imprenditori italiani ed esteri.

 La Sicilia, 9.11.2014

 

 

 

CERASUOLO DI VITTORIA

D.M. 29/05/73 (G.U. n. 221 del 28/08/73)

In una zona relativamente ristretta, comprendente l’intero territorio di cinque comuni della provincia di Ragusa e parte di quello di due comuni della provincia di Caltanissetta e di due comuni della provincia di Catania, con le uve di Frappato e Calabrese, con l’eventuale aggiunta di quelle di Grosso nero e Nerello Mascalese, . Uso: da arrosto.

ALCAMO

D.M. 21/07/72 (G.U. n. 249 del 22/09/72)

Sulle colline dell’intero territorio comunale di Alcamo (da cui il nome) e di parte di quello di altri nove comuni delle province di Trapani e di Palermo, si ottengono pregiati vini bianchi, rossi e rosati: Bianco, Bianco Spumante, Classico, Vendemmia Tardiva, Rosato, Rosato Spumante, Rosso, Novello, Riserva.

 

CONTEA DI SCLAFANI

In tutto o parte del territorio di undici comuni della provincia di Palermo, tra cui Sclafani Bagni, nell’intero territorio dei comuni di Vallelunga, Pratameno e Villalba, in provincia di Caltanissetta, e in parte di quello di Cammarata, in provincia di Agrigento, si produce questo vino nei tipi: Bianco, Rosso, Rosato. °.  Uso: da arrosto.

CONTESSA ENTELLINA

D.M. 02/08/93 (G.U. n. 201 del 27/08/93)

Entro i confini territoriali del comune di Contessa Entellina, in provincia di Palermo, si produce l’omonimo vino nelle seguenti tipologie: Bianco, Rosso, Rosato.

DELIA NIVOLELLI

D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

La denominazione di origine controllata "Delia Nivolelli" è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio amministrativo dei comuni di Mazara del Vallo (dove scorre il Delia), Marsala, Petrosino e Salemi, in provincia di Trapani, nelle seguenti tipologie: Bianco, Rosso, Spumante

ELORO

D.M. 03/10/94 (G.U. n. 238 del 11/10/94)

In una zona che comprende, in tutto o in parte, il territorio amministrativo dei comuni di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini, in provincia di Siracusa, ed Ispica, in provincia di Ragusa, con le uve dei vitigni Nero d’Avola, Frappato e Pignatello e l’eventuale aggiunta di quelle di altri vitigni (massimo 10%) si producono due tipi di vino:Rosso,Rosato.

FARO

 

D.M. 03/12/76 (G.U. n. 61 del 04/03/77)

Prodotto esclusivamente nel territorio comunale di Messina, con le uve di Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio e con l’eventuale aggiunta di quelle di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese, è un vino dal colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al rosso mattone con l’invecchiamento. Invecchiamento obbligatorio: un anno. Uso: da pasto.

MALVASIA

D.M. 20/09/73 (G.U. n. 28 del 30/01/74)

Fra le molte "Malvasie" che si possono trovare nel nostro Paese vi è quella "di Lipari" tipica dell’arcipelago delle isole Eolie (provincia di Messina). L’isola maggiore dello stesso è appunto quella che ha dato il nome al vitigno e al relativo vino, che, se ottenuto da uve fresche, ha un bel colore giallo dorato e un odore gradevolmente aromatico. Gradazione minima: 11,5°.  Uso: da dessert.

MAMERTINO

MARSALA

D.M. 28/11/84 (G.U. n. 347 del 19/12/84)

La zona di produzione comprende l’intera provincia di Trapani esclusi i territori dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo. I vari tipi sono ottenuti da mosti, vini e loro miscele prodotti con le uve di Grillo e/o Catarratto e/o Catarratto bianco comune e/o Catarratto bianco lucido e/o Pignatello e/o Calabrese e/o Nerello mascalese e/o Damaschino e/o Inzolia e/o Nero d’Avola.

MENFI

Dd 01/09/97 (G.U. n. 213 del 12/09/97)

La denominazione di origine controllata "Menfi" è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio comunale di Menfi (da cui il nome), Sambuca di Sicilia e Sciacca, in provincia di Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia di Trapani, nelle tipologie: Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Chardonnay, Grecanico, Inzolia o Ansonica, Vendemmia Tardiva, Cabernet Sauvignon, Merlot, Nero d’Avola, Sangiovese, Sirah

MONREALE

 

 

Ddi 02/11/00 (G.U. n. 266 del 14/11/00)

 

 

 

PASSITO DI PANTELLERIA

L’isola di Pantelleria (situata nella provincia di Trapani) è nota, oltre che per gli stupendi paesaggi e le interessanti zone archeologiche, anche per i robusti vini che si ottengono dalle uve di Zibibbo qui prodotte. Due di questi vini sono: Moscato Naturale , Passito.

MOSCATO DI SIRACUSA

 

D.P.R. 26/06/73 (G.U. n. 315 del 06/12/73)

Dal Piemonte al Veneto fino alla Sicilia e alla Sardegna si producono tanti prelibati vini con le uve di Moscato bianco, che a mano a mano che si scende dal nord al sud acquistano in "potenza". Questo "Moscato" è prodotto nel solo territorio comunale di Siracusa. Uso: da dessert.

 

MOSCATO DI NOTO

 

D.M. 14/03/74 (G.U. n. 199 del 30/07/74)

 Ancora oggi si produce nella parte orientale della Sicilia (ma non va, però, confuso con il "Moscato di Siracusa" la cui zona di produzione è situata più a nord) e precisamente nei comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola in provincia di Siracusa.

RIESI

 

 

SALAPARUTA

SAMBUCA DI SICILIA

Dd 14/09/95 (G.U. n. 260 del 7/11/95) In vigneti situati ad una altitudine superiore ai 200 metri s.l.m. all’interno dei confini territoriali del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, si ottiene l’omonimo vino nei tipi: Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Rosato, Chardonnay, Cabernet Sauvignon.

SANTA M.TA BELICE

 

Dd 09/01/96 (G.U. n. 11 del 15/01/96)

Nel territorio amministrativo dei comuni di Santa Margherita di Belice (da cui il nome) e Montevago, in provincia di Agrigento, si produce questo vino nelle seguenti tipologie: Bianco, Rosso, Ansonica, Catarratto, Grecanico, Nero d’Avola, Sangiovese.

SCIACCA

D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)

Dai vigneti situati nell’intero territorio amministrativo di Sciacca (da cui il nome) e di Caltabellotta, entrambi in provincia di Agrigento, si ottengono numerosi tipi di vino. Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Rosato.

 

 

 

Il Rosso dei Simply Red in vendita on line
22 September 2005

E' stata una sorta di test, nel luogo culto del food & wine italiano con l'apparizione – per un istante – anche della mitica Sofia Loren, seppure solo in fortuito passaggio. Ma quest'apparizione potrebbe essere il segno del destino, per un vino destinato a diventare famoso, come lo è già il suo produttore. "Il Cantante" è il vino prodotto in Sicilia da Mick Hucknall, per l'appunto il cantante dei Simply Red ed è stato sottoposto al "giudizio" da un pool di giornalisti di settore, in quel della Città del Gusto, a Roma, quartier generale del Gambero Rosso. Quattro bottiglie di Etna Rosso doc, vendemmie 2001, 2002, 2003, 2004, in degustazione guidata alla presenza dell'enologo che ne ha curato la vinificazione, Salvo Foti, già artefice dei vini per Benanti e Gulfi.
Il responso sensoriale è stato lusinghiero, soprattutto per l'Etna Rosso 2001, un vino che a tutti è sembrato pronto per essere commercializzato. E Mick Hucknall ha annunciato che, «non abbiamo ancora deciso di vendere, anche perché non sappiamo bene quale prezzo fare, ma per questo a ottobre (forse il 17) su Internet faremo un'asta on line delle bottiglie (la produzione ammonta a 5mila bottiglie, ndr) del Cantante 2001».
Naturalmente questo happening – con pranzo dedicato ai "sapori della vendemmia sul vulcano", curato dallo chef Carmelo Chiaramente, in ottima forma - è stato anche l'occasione per celebrare l'Etna, per parlare dei suoi vigneti, delle caratteristiche dei vitigni della Doc, per ripercorrere anche la storia dell'incontro fra il cantante anglo-scozzese-irlandese e l'enologo Foti. Una storia che comincia nel 2001, quando il Simply Red decide di acquistare un vigneto nel territorio di Sant'Alfio e produrre un vino che rispettasse tradizioni e territorio. Quindi l'incontro con Foti e questa sorta di "sperimentazione" che dati i risultati ottenuto adesso ha fatto il passo di sottoporsi a un pubblico qualificato. Si cercano conferme, mentre il progetto "Il Cantante" continua ad andare avanti: oggi l'azienda possiede 6 ettari di vigne sui versanti est e nord del vulcano, nel territorio di Sant'Alfio sono state acquistate vigne ad alberello e terreni in cui impiantarne di nuove (sempre ad alberello), si sta inoltre completando la ristrutturazione della cantina palmento, risalente al 1760 che verrà adibita a museo vitivinicolo e sala degustazione. Il progetto prevede che l'azienda a regime conti su 10 ettari di vigneti, su una cantina per la produzione di 100 mila bottiglie: due Etna rosso Doc e due bianchi, uno Etna bianco doc e "qualcosa fuori dalla Doc" (forse Pinot nero).
Un progetto ormai delineato e avviato, capace di innescare anche un certo richiamo per il turismo enogastronomico, vista la fama - e l'etichetta – di chi fa questo vino. Un anticipo del successo che può avere questa operazione si può avere guardando a come è andato via – agli sportelli del Banco di Sicilia – "Il Cantante Nero d'Avola", venduto in 13 mila bottiglie, in doppia confezione a 49 euro. Non poco, e a scatola chiusa. Evidentemente i fans di Mick Hucknall sono anche intenditori.


Cantante Doc, il leader inglese dei Simply Red acquista altri vigneti sull’Etna

Giornale di Sicilia – 21 September 2005

PALERMO. L’innamoramento continua. Stregato dalla bellezza della Sicilia alcuni anni fa, il leader dei Simply Red, Mick Hucknall, ha deciso di acquistare altri vigneti sull’Etna. Piccole porzioni di terra vocata alla vite che sul vulcano dove la proprietà è molto frammentata sono già molto significative. Salvo Foti, il brillante enologo catanese che assiste Mick in questa sua avventura tra uva e bottiglie, annuncia che gli ettari sono sei di cui quasi due già vitati e presto diventeranno dieci. Il cantante inglese dei Simply Red ha acquistato terreni e un palmento del ‘700 a Sant’Alfio e sta per rilevare gli altri ettari a Randazzo. L’obiettivo è quello di produrre tra 4 anni circa 100 mila bottiglie, rossi in prevalenza, ma anche qualche bianco, sul versante nord del vulcano, là dove la viticoltura già estrema si fa veramente difficile, magari per provare il Riesling o alti vitigni a bacca bianca che crescono bene col freddo. Hucknall ha presentato a Roma le prime quattro annate del suo vino etneo che naturalmente si chiama “Il Cantante”. Un rosso, Etna Doc, blend tra Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Sono pronte le annate 2001, il 2002, il 2003 e il 2004 sono in fase di affinamento. La metà delle cinquemila bottiglie, millesimo 2001, sarà in vendita solo via internet a partire dal 17 ottobre. Un rosso che coniuga struttura ed eleganza. Musica...allo stato liquido.

 

Giornale di Sicilia – 21 September 2005

Il mito del “Cantante” - 13/10/05

Mick Hucknall: osannato cantante, coraggioso produttore, attento manager

Mick Hucknall – il famoso cantante rock dei Simply Red, al centro della foto con la fidanzata e un amico – si presenta con una carnagione bianco latte e i fiammanti capelli rossi. Ha però una voce nera e la sua passione per la black music viene da lontano. Lo chiamano “red” e non è un caso che Simply Red sia il marchio della band che ha fondato nel 1984 a Manchester. Dal 2001 – o forse prima – ha però un’altra grande passione: il vino; meglio se prodotto da lui e in un territorio naturalmente vocato per i grandi vini: la Sicilia. Nell'estate del 2001, affascinato dall'Etna, decide di acquistare dei vigneti al fine di produrre, nel rispetto delle tradizioni e del territorio, dei vini dell'Etna che siano vera espressione dei vulcano e, come la grande musica, non abbiano a temere l’ingiuria del tempo: inizia così, dopo la grande avventura di Manchester, quella dell'azienda vitiivinicola IL CANTANTE. L'azienda ha oggi circa sei ettari di superficie vitata e da vitare, in due versanti dell'Etna: est e nord.

Dalla vendemmia 2001, con la collaborazione di Salvo Foti, si è iniziato a selezionare delle vecchie vigne ed a vinificarne le uve autoctone per la produzione dell'Etna rosso a Doc.

Nel versante est, nel territorio di S.Alfio, a circa 800 metri s.l.m. si è proceduto ad acquisire delle antiche vigne ad alberello e ad impiantare, sempre ad alberello, dei nuovi vigneti e la produzione dell'Etna Doc di questo versante dell'Etna inizierà, presumibilmente, con la vendemmia 2006. Qui è anche in fase di completamento la ristrutturazione della cantina-palmento della metà del XVIII secolo, dove verranno aperti un museo dedicato alle pratiche vitivinicole e una sala di degustazione. Le uve dei vini Etna Rosso Doc fin qui prodotti, provengono invece da vigneti di proprietà del versante nord, in territorio di Castiglione di Sicilia, a circa 700 metri s.l.m..

Gli impianti sono ad alberello, 8.000 viti per ettaro, terrazzati e le varietà sono tutte rigorosamente autoctone etnee (Nerello mascalese e Nerello cappuccio) selezionate proprio per la produzione di questi vini tradizionali.

L’altitudine media, compresa fra i 700 e gli 800 metri, condiziona fortemente le escursioni termiche gionaliere – che sono state rilevate anche superiori ai 30 C° nelle 24 h – ma anche mensili e annue, influenzando così i processi fisiologici delle piante nelle loro fasi di alligagione, fioritura, invasatura e maturazione dei frutti. Così, mentre la ricercata esposizione a nord e nord-est accentua gli effetti dell’altitudine elevata, stemperando le morbide influenze mediterranee del vicino mare Jonio, quella a est e sud-est, si concede a produzioni maggiormente quantitative, ma senza nulla cedere nei confronti della qualità.

Il progetto definitivo di Mick prevede altre acquisizioni – già individuate – fino a un comporto totale di dieci ettari di vigne e la realizzazione dì una cantina per la produzione di un massimo di 100mila bottiglie di vini etnei. A più lunga scadenza sono previste due tipologie di Etna rosso a Doc e due bianchi di cui uno a Etna Doc.

Mick Hucknall, che alle doti di cantante unisce quelle di ottimo manager, non ha fin qui voluto proporre sui mercati tradizionali il suo prodotto che viene per ora commercializzato solo con il sistema delle aste private. La primissima asta fin qui indetta di sole 100 casse da 6 bottiglie l’una dell’Etna Rosso Doc 2001, sarà indetta sul sito web www.ilcantante.com dalle ore 9.00 del 17 ottobre 2005 fino alle ore 21.00 del 24 ottobre. Trascorso tale termine le 4.400 bottiglie restanti verranno ritirate dal mercato e riproposte fra 12 mesi. Ulteriori informazioni dettagliate sulla procedura d’asta, i costi di spedizione, termini e condizioni tutte, saranno disponibili sullo stesso sito a partire dalle ore 9.00 del 17 ottobre p.v.

Le annate 2001/02/03/04 che abbiamo avuto il privilegio di gustare in casa di Mick, a S.Alfio, nel corso di una piacevole degustazione guidata dallo stesso Salvo Foti e riservata solo a giornalisti e specialisti di settore, hanno messo in rilievo come i notevoli sbalzi di temperatura tra giorno e notte dell’alta collina, abbiano giovato alle uve che hanno conservato così tutta la loro gamma di profumi varietali, cui i terreni sabbiosi vulcanici ricchi di minerali hanno aggiunto forte acidità fissa, mentre le condizioni meteo – inverno freddo, primavera normalmente piovosa, estate calda ventilata e autunno fresco – hanno garantita la perfetta sanità dei prodotti. I quattro vini derivati da una protratta macerazione in acciaio sui loro stessi lieviti naturali, hanno dimostrato di aver gradito (o di gradire) il prolungato soggiorno in botte piccola – dai 12 ai 18 mesi – seguito da un calibrato affinamento in bottiglia (annate 2001/02/03). Di nobile e compassata struttura il 2001, invadente nelle sue grandi note aromatiche – secondarie e terziarie - il 2002, serio e misurato il 2003, giovanile nel suo fresco entusiasmo il 2004.

Carlo Ravanello

 

 

 

Vini: Lucio Dalla sfida Sting con lo Stronzetto dell'Etna
di Massimiliano Scafi


Dopo la «conversione» all'agricoltura dell'ex leader dei Police, boom dei vip che si sono dati al vino: da Ornella Muti a Gerard Depardieu, da Paolo Rossi e
Ottavio Missoni, da Adriano Celentano al «Baccano» di Gianna Nannini. Intanto l'Italia ha superato la Francia
Sarà amabile e ottimo a fine pasto lo Zibibbo di Gerard Depardieu e il Dolcetto doc di Ornella Muti corposo e rotondo. Invece, chissà che sapore avrà lo «Stronzetto dell'Etna» imbottigliato da Lucio Dalla alle pendici del vulcano. Buono comunque e di alta qualità come alto è anche il numero dei vip-coltivatori che, come se si fossero passati la parola, si sono buttati ad investire sul vino italiano. Insomma, non è solo Sting a essersi dato all'agricoltura.
La passione dell'ex leader dei Police per la terra toscana e i suoi prodotti non è soltanto un'infatuazione, ma un vero e proprio lavoro, come ha raccontato lui stesso in una affollata conferenza stampa a Figline Valdarno. Ma la rockstar è davvero in buona compagnia. «Cantanti, attori, stilisti, sportivi. Sono sempre di più - raccontano alla Coldiretti - i personaggi pubblici che negli ultimi tempi hanno scelto di mettere i loro soldi nella campagna italiana».
Gerard Depardieu, noto gourmet, produce infatti infatti ottimi zibibbi e moscati nel suo vigneto di Pantelleria. Con altri vini dolci dell'isola, gli fa concorrenza l'attrice Carole Bouquet, non solo bella ma dal cognome in questo settore molto promettente. Stefania Sandrelli invece va sul classico e ha puntato sul Chianti docg, mentre pure Ornella Muti si tiene sul sicuro e ha scelto il Dolcetto d'Ovada doc. Folto anche il gruppo dei cantanti agricoltori, guidato da Lucio Dalla con il suo giù citato «Stronzetto dell'Etna», bianco e rosso. Tra i cantanti Adriano Celentano, Gianna Nannini che fa rumore con il suo Baccano e Ron, che ha investito sulle vigne dell'Oltrepo pavese. E al fascino morbido del vino non hanno saputo resistere nemmeno stilisti del calibro di Roberto Cavalli, Ottavio Missoni e Roberto Rosso. Buona pure la presenza del mondo dello sport, da Paolo Rossi, il Pablito nazionale, fino a Francsco Moser.
La coltivazione delle uve sembra dunque attirare i vip. «Ma non è solo moda - sostengono alla Coldiretti - . La spiegazione del fenomeno sta nel fatto che, in un momento di grave crisi generale, il settore vinicolo sta andando alla grande». Nel 2008, grazie a una vendemmia record di 45 milioni di ettolitri, più cinque per cento, si è infatti verificato lo storici sorpasso dell'Italia ai danni della Francia, ferma a 44 milioni. «Un successo che è il frutto anche di una crescita qualitativa, con il circa sessanta per cento dei raccolti destinati alla produzione di vino doc, docg e igt. Il risulatto è che oggi abbiamo 477 vini a denominazone controllata, controllata e garantita e a indicazione geografica tipica».

 

 

 

 

 

Giovani testimonial del bere bene Nuova cultura.

Si moltiplicano le iniziative che affidano ai ragazzi la responsabilità di un consumo consapevole
Venerdì 28 Maggio 2010
dovrebbero essere i giovani a promuovere il bere consapevole del vino. Nel riquadro il presidente ... Catania. Più voce ai giovani, alla loro cultura, alle loro idee e all'esperienza che maturano ogni giorno sul campo. E' questo il concetto che muove molte iniziative, anche all'interno della manifestazione Cantine aperte, per far sviluppare un consumo consapevole del vino e dell'alcol in genere. E le idee e i progetti che si producono in questa direzione sono tanti, anche sul territorio. E' il caso, per esempio, del progetto varato dalla provincia Regionale di Catania e presentato proprio nei giorni scorsi. Saranno gli Istituti agrari, Mazzei di Giarre, Eredia di Catania ed Ipa di Paternò, e gli Istituti alberghieri Enrico Medi di Randazzo, e Giovanni Falcone di Giarre, infatti, ad ospitare i corsi di analisi sensoriale promossi dalla Provincia regionale di Catania in collaborazione con l'Unione italiana vini per educare i giovani a un consumo consapevole sano ed equilibrato con il cibo e le bevande alcoliche.
"Wine in moderation" è un progetto pilota sperimentato per la prima in volta in cinque scuole superiori delle Province di Catania e di Verona che si basa su un programma educativo in grado di stimolare la consapevolezza e la competenza dei ragazzi. "Il corso è impostato su metodologie scientificamente provate ma offre al contempo modalità di apprendimento interessanti e coinvolgenti - ha affermato il presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione -. Sperimentare in prima persona la possibilità di affinare le proprie capacità sensoriali legate all'area enogastronomica, e la possibilità quindi di acquisire delle competenze in quest'area - ha aggiunto - può rappresentare per i ragazzi un'esperienza entusiasmante ed efficace di educazione al gusto. Lo stile di vita - ha osservato Castiglione - è ormai considerato un fattore di rischio a livello sociale: l'abuso di cibo e bevande alcoliche non è più una questione privata. L'educazione a un rapporto corretto rappresenta un'azione di prevenzione primaria. Il nostro obiettivo - ha concluso il presidente - è quello di promuovere stili di vita positivi, favorendo la cultura del consumo responsabile come norma sociale, prevenendo i comportamenti eccessivi e i rischi ad essi collegati".
I corsi permetteranno di acquisire crediti formativi e saranno legati a un programma più vasto che si estenderà anche ai momenti di tempo libero grazie a un accordo con alcuni locali alla moda che ospiteranno serate a tema "Wine in Moderation" e premieranno i ragazzi che avranno frequentato con profitto.
Oltre al presidente Castiglione e all'assessore alle Politiche giovanili, Pippo Pagano, hanno partecipato alla conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa, Emanuela Panke, responsabile del progetto dell'Unione Italiana Vini, Michela Cipriani, responsabile laboratorio sensoriale Unione Italiana Vini, e i presidi e docenti delle scuole interessate.

 


Intanto da una serie di analisi e studi statistici emerge che i giovani cultori del vino aumentano. In Italia, sono sempre di più gli intenditori ragazzi che frequentano locali ad hoc dove è possibile assaggiare etichette di tutto il mondo, per approfondire la propria conoscenza, orientano le proprie scelte verso la qualità ed attribuiscono al vino valori sani e genuini. Ed è già quasi fenomeno è il «consumo critico» lo stile sempre più diffuso tra gli enoappassionati, per i quali lo sperimentare nuove bottiglie, è l'occasione per incontrare gli amici o conoscerne di nuovi. E' questo, per esempio, il risultato di un'indagine che, mercoledì 9 giugno all'Università degli Studi di Trento, sarà al centro del talk show «Vino, identità e relazioni sociali», con importanti personalità del mondo del vino, dell'università, della politica e della comunicazione, chiamate «a raccolta» da Enoteca Italiana per confrontarsi con i più giovani.
Testimonial dell'evento, che fa parte di «Vino e Giovani», la campagna di educazione alimentare e comunicazione per le nuove generazioni di Enoteca Italiana e Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in partnership con il progetto europeo «WineInModeration. Art de vivre», l'attrice italiana Valentina Cervi (info: www.vinoegiovani.it).
Oggi «bere vino si sposa con l'attenzione alla qualità, alla naturalezza e alla bontà del prodotto», spiega il professor Omar Calabrese, docente di Semiotica delle arti del Dipartimento di Scienze della Comunicazione dell'Università degli Studi di Siena, nell'introduzione al nuovo capitolo de «I Fogli di Bacco», la collana di Enoteca Italiana, che raccoglie le indagini sociologiche e statistiche dedicate al rapporto tra le nuove generazioni ed il vino.
«Il vino -prosegue Calabrese- viene ritenuto una componente essenziale della comunicazione, perchè le occasioni di consumo sono per natura collettive, e nell'incontro fra soggetti consentono la trasmissione dei saperi (cosa si beve, distinguere i sapori, collezionare aspetti del gusto), ma soprattutto emotivi, favorendo il contatto mediante la conversazione, l'atmosfera di allegria, la condivisione di piaceri».

 

 

La viticoltura etnea

Scritto da salvo foti

Thursday 01 March 2001
Nella regione etnea esistono delle sostanziali differenze climatiche, non solo rispetto al resto della Sicilia, ma anche tra una zona e l'altra del vulcano. Ciò è dovuto al fatto che esso si sviluppa su una superficie troncoconica e alla vicinanza del mare.
La particolare giacitura dell'Etna influenza profondamente il clima, nei diversi versanti, mediante due fattori: l'altitudine e l'esposizione. Questi, correlati tra di loro, danno origine a differenti microclimi e quindi a diverse microzone più o meno vocate, per la coltivazione della vite, anche all'interno di uno stesso versante del vulcano.
Nella zona etnea si trovano rappresentati, nel giro di alcune decine di chilometri, paesaggi naturalistici ed agricoli che vanno dal sub-tropicale a quelli prettamente montani. L'uomo, nella selezione che ha svolto sui vegetali destinati alla coltivazione, ha dovuto tenere conto oltre alle esigenze tecniche e commerciali la particolarità degli ambienti etnei. Ed infatti i vitigni selezionati (autoctoni) dal viticoltore nei secoli per i diversi ambienti dell'Etna, tranne nel caso del Nerello Mascalese diffusosi nel resto della Sicilia, sono coltivati esclusivamente nel territorio etneo o addirittura solo in alcune contrade di esso.
Significativo è il periodo della vendemmia dei vitigni autoctoni etnei, che sull'Etna inizia un mese dopo (ottobre) rispetto al resto della Sicilia. Sull'Etna si possono considerare tre grandi zone elettive per la coltivazione della vite. La prima è quella compresa tra i 400 e i 900 metri s.l.m., nel versante rivolto ad est, la seconda è quella compresa tra i 400 e gli 800 metri nel versante rivolto a nord; e la terza fra i 600 e i 1000 metri nel versante rivolto a sud. Al di fuori di questi limiti altimetrici si va, quasi sempre, incontro a difetti o eccessi di alcuni costituenti fondamentali delle uve, con conseguente decadimento qualitativo dei vini prodotti.

 

CLIMA
Il clima della zona etnea, oltre ad essere diverso da quello siciliano, cambia come si è detto anche in relazione al versante del vulcano ed all'altitudine. Nella zona interessata alla viticoltura si registrano temperature medie più basse rispetto a quelle dell'Isola. Le temperature minime, specie nel versante nord, in inverno e anche nel periodo dell'inizio germogliamento non di rado scendono sotto lo zero, ed a volte sono persino dannose per la vite. Le temperature massime in estate non sono quasi mai elevate. Particolarmente interessante, dal punto di vista enologico, è l'elevata differenza di temperatura (escursioni termiche anche di 30°) che si registra nel periodo primaverile-estivo. Un'altra differenza sostanziale rispetto al resto della Sicilia si ha nel caso delle precipitazioni: dipendono dal versante e sono molto più elevate nella parte est del vulcano che in quelle nord e sud. Le piogge, praticamente assenti in estate, sono per lo più distribuite nel periodo autunno-inverno e non di rado in concomitanza con il periodo vendemmiale: questo in alcune annate e per certe zone può essere un fattore limitante della maturazione e della sanità delle uve.

 

TERRENI
La natura del terreno della zona etnea è strettamente legata alla matrice vulcanica.
Può essere formato dallo sgretolamento di uno o più tipi di lava di diversa età e da materiali eruttivi quali lapilli, ceneri e sabbie. Lo stato di sgretolamento e la composizione delle lave e dei materiali eruttivi dà origine a suoli composti o da particelle molto fini (terreni di Verzella, Caselle), o formati da abbondante scheletro di pomice di piccole dimensioni (Monte Serra, Monte Gorna nel versante sud-est), detto localmente "ripiddu", con capacita' drenante molto elevata.
I terreni vulcanici etnei sono a reazione sub-acida, ricchi in microelementi (ferro e rame) e mediamente dotati di potassio, fosforo e magnesio, sono invece poveri in azoto e calcio.

 

VERSANTI E CONTRADE

In ogni versante dell'Etna si possono ancora ammirare le migliaia e migliaia di terrazze in pietra lavica, sovente senza più viti, che l'uomo ha costruito per conquistare i terreni più impervi, spesso i migliori per qualità.
Nel versante est in contrada Caselle, comune di Milo (900-920 m s.l.m.), si producono le migliori uve di Carricante, dal cui succo si ricava l'Etna Bianco Superiore DOC. In questa contrada, zona limite per la viticoltura dove spesso il Nerello Mascalese non riesce a maturare bene, il Carricante ha trovato una connaturale ambientazione. I vini ottenuti, particolarmente ricchi d'acidità fissa, con un alto contenuto in acido malico (3-5 g/l), hanno bisogno di svolgere la malolattica, altrimenti sono disarmonici; è infatti uso comune in queste zone lasciare, dopo la fermentazione, il vino sulle proprie fecce: in tal modo, in primavera ai primi caldi, si favorisce la fermentazione malolattica (dice Sestini nelle 'Memorie sui vini siciliani', 1774: "I vini poi che si ottengono dalle vigne, che restano in quelle montagne più alte sulle falde del mongibello, per il clima assai freddo si conservano perfettamente tutto l'anno, sopra la feccia o mamma come dicesi in Sicilia, senza essere travasati, maturandosi nella stagione più calda, lasciando quella acerbità, che portano di natura sua, a tal segno che si rendono atti a resistere alla navigazione").
L'Etna Bianco Superiore trova il suo naturale equilibrio chimico-organolettico non prima di due anni dalla vendemmia ed in alcuni casi dopo 3-4 anni, giungendo a fondere e raccogliere, come scrive Mario Soldati, "nella sua freschezza e nella sua vena nascosta di affumicato, le nevi perenni della vetta e il fuoco del vulcano".
Nel versante sud si trovano i vigneti più alti del vulcano, e forse d'Europa, che in certe contrade superano i 1000 metri di altitudine. La viticoltura di questo versante è ormai, in massima parte, svolta per la produzione di vino ad uso familiare. Una discreta superficie vitata, che rappresenta solo una piccola fetta della notevole estensione di una volta, si trova ancora oggi nel territorio di Santa Maria di Licodia: in contrada Cavaliere la vite raggiunge quota 1050 metri.
In questa parte dell'Etna si coltiva oltre al Nerello Mascalese, che è il vitigno più diffuso, il Carricante e qualche volta il Grenache. Per l'abitudine diffusa di moltiplicare la vite per propaggine, si sono preservate in alcuni vigneti ricadenti in questa zona antiche varietà autoctone etnee quali la Vesparola ed il Nerello Cappuccio, vitigni a rischio di estinzione.
Nella parte nord del vulcano si producono i migliori vini rossi dell'Etna. Qui il vitigno per eccellenza è il Nerello Mascalese. In queste contrade, spesso, ai vigneti si affiancano i noccioleti, coltivati nei fondali e nelle zone non adatte alla vite. Nel versante nord si concentra oggi il 45% della produzione enologica, ed in soli due comuni, Castiglione di Sicilia e Randazzo, si produce il 37% del vino dell'Etna. Le contrade migliori per la coltivazione della vite, tra cui citiamo Verzella, Rovittello e Valcerasa, ricadono nei comuni di Piedimonte Etneo, Linguaglossa e Castiglione di Sicilia. Qui si trovano i vigneti più vecchi e migliori di Nerello Mascalese, che danno dei vini rossi di buona alcolicità, molto eleganti e dal profumo speziato. Nel comune di Randazzo, in agro Gurrida, limitrofo all'omonimo lago, merita una segnalazione particolare un vigneto esteso circa 40 ettari, tutto di Grenache, ossia Alicante, vitigno d'origine spagnola. La particolarità di questo vigneto è quella d'essere franco di piede e con un'età media di cinquanta anni circa. Il lago ogni inverno straripa inondando, per un certo periodo, i vigneti limitrofi. L'inondazione invernale dei vigneti fu una delle tante tecniche tentate come lotta antifillossera, successivamente abbandonata con l'avvento dell'innesto su vite americana nei nuovi vigneti.

VITIGNI AUTOCTONI DELL'ETNA

La piattaforma ampelografica della provincia di Catania, ed in particolare della zona etnea, intorno all'800 annoverava più di 40 diverse varietà di vite da vino.
La situazione viticola post-fillosserica cambiò drasticamente per quantità e per qualità.
Reduci del dramma fillosserico dell'Etna furono il Nerello Mascalese, il Carricante, il Grenache (Alicante) e in percentuale minore la Minnella e il Nerello Cappuccio. Quest'ultimo nel tempo ha molto ridimensionato, purtroppo, la sua importanza, rischiando quasi l'estinzione.
Nerello Mascalese
Il luogo d'origine di questa cultivar a bacca nera, da sempre la più diffusa nella zona etnea, è sicuramente la piana di Mascali, alle falde dell'Etna, dove questo vitigno si coltiva da almeno quattro secoli. Il Nerello Mascalese dell'Etna, oggi, è un complesso di popolazioni clonali molto eterogenee.
E' un vitigno di grande vigoria vegetativa e produttiva condizionata, sull'Etna, dall'annata, dalla zona in cui viene coltivato, dal sistema d'allevamento, dalla densità d'impianto e dalle pratiche colturali impiegate. Questo comporta una notevole variabilità qualitativa delle uve a maturazione, specie a carico d'alcuni costituenti polifenolici. Dal punto di vista qualitativo, l'esperienza ha ampiamente dimostrato che il sistema d'allevamento migliore per il Nerello Mascalese è quello tradizionale ed antichissimo ad alberello (2-3 branche per pianta con uno sperone portante due gemme) con alte densità di viti per ettaro (6.000/9.000 ceppi per Ha).
Purtroppo l'alberello, anche se è ancora il sistema d'allevamento più diffuso sull'Etna, è destinato ad essere abbandonato da parte dei viticoltori, a causa degli eccessivi costi di lavorazione e la mancanza di manodopera. I nuovi sistemi d'allevamento, soprattutto la controspalliera, spesso non danno per il Nerello Mascalese dei buoni risultati qualitativi.
E' interessante osservare che il viticoltore etneo è stato sempre cosciente dell'importanza, ai fini qualitativi, di avere basse produzioni d'uva per ceppo, come dimostra il detto locale "Cu puta strittu campa riccu" - chi pota corto (e quindi induce basse produzioni per vite) vive da ricco. Allevato ad alberello, il Nerello Mascalese difficilmente produce più di 70 q.li per Ha. Nella zona etnea è facile trovare vecchie o vecchissime vigne di Nerello Mascalese in cui è curioso constatare la mancanza di un sesto d'impianto geometrico delle viti. Questo perché sull'Etna era, ed in parte lo è tuttora, molto diffusa la pratica di propagazione della pianta per propaggine. Un tralcio della vite è interrato a circa 80-100 cm di distanza dalla pianta madre. Dopo qualche tempo la parte interrata svilupperà delle radici, sarà quindi recisa e staccata dalla pianta madre, formando una nuova vite, completa di radici proprie. Con questa pratica non avviene l'innesto sulla vite americana e quindi la pianta così formata potrebbe, in certi terreni, essere soggetta alla fillossera. Il Nerello Mascalese, coltivato sino agli anni '50 quasi esclusivamente nel catanese e nel messinese, negli ultimi 20/30 anni si è largamente diffuso nel palermitano e nell'agrigentino, dove è allevato principalmente a tendone ed a spalliera, tanto da diventare, dopo il Nero d'Avola, la più importante varietà ad uva nera siciliana. Deve la sua diffusione in queste province proprio all'alta vigoria produttiva esaltata da sistemi d'allevamento come il tendone (350-400 q.li per Ha) e la controspalliera.
Gli ettari di Nerello Mascalese oggi iscritti all'Albo dei vigneti Etna a D.O.C. sono circa 220 di cui quasi la metà con oltre 30 anni d'età.
Carricante
Il Carricante, detto "Carricanti", da sempre esclusivamente coltivato nella zona etnea, è un antichissimo vitigno selezionato dai viticoltori di Viagrande (versante est), solitamente nelle contrade più elevate dove il Nerello Mascalese difficilmente maturava o nei vigneti in miscellanea con lo stesso Nerello Mascalese e con la Minnella bianca (altra cultivar autoctona). E' un vitigno che sull'Etna dà vini contraddistinti da un basso contenuto in potassio, da un'elevata acidità fissa, da un pH particolarmente basso (2.9/3.0) e da un notevole contenuto in acido malico. Gli ettari di Carricante iscritti oggi all'Albo dei vigneti Etna a D.O.C. sono circa 50 di cui quasi la metà con oltre 30 anni d'età.
Nerello cappuccio
In Sicilia il nome di Nerello Cappuccio, o "Mantiddatu niuru", o "Niureddu Ammatiddatu", si attribuisce a diversi vitigni che hanno un portamento a mantello delle foglie. Si ignora quale sia l'origine di questo vitigno. Dal Nerello Cappuccio, coltivato sull'Etna, si produce un vino che nella percentuale del 15-20% con il Nerello Mascalese, dà dei vini rossi dalle spiccate caratteristiche di tipicità e particolarmente adatti all'invecchiamento.

 

 

 

ANTICHI VITIGNI E NUOVE TECNOLOGIE
Un'indagine scientifica, Indagine sulla natura e sul contenuto di alcune classi di polifenoli in uve prodotte nella Sicilia Orientale, curata da me con Rocco Di Stefano e Borsa, finalizzata al miglioramento qualitativo nella produzione di vini a DOC dell'Etna, durata diversi anni, è stata svolta dal 1988 presso l'azienda vinicola Benanti, in collaborazione con l'Istituto Sperimentale per l'Enologia di Asti. L'indagine ha principalmente preso in esame uve e vini delle più importanti varietà autoctone etnee: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Grenache a bacca rossa e Carricante, Minnella Bianca e Vesparola (nome locale di varietà non ben identificata) a bacca bianca, e della Sicilia Sud orientale: Nero d'Avola e Frappato di Vittoria.
La ricerca è sata svolta per comprendere le cause delle frequenti ossidazioni a cui vanno soggetti i vini ottenuti da queste uve, e contribuire al miglioramento delle tecniche di vinificazione e della qualità dei vini della zona in esame. Gli studi sono stati condotti con tecniche che tengono conto delle moderne conoscenze, opportunamente adattate all'ambiente considerato. Lo studio chimico, in particolare, ha preso in esame il cosiddetto "profilo polifenolico", cioè quelle sostanze che formano il colore e la tannicità dell'uva e del vino, e il "profilo aromatico", ossia quei costituenti (precursori d'aroma) che evolvendosi nel vino formano il "bouquet" detto profumo evolutivo.
L'interesse per le sostanze polifenoliche dell'uva è legato in modo particolare al ruolo fondamentale che esse giocano nella formazione delle caratteristiche organolettiche (colore, odore e sapore) del vino. Ruolo che, anche se solo in parte conosciuto, appare rilevante sia per i vini rossi sia per i bianchi. La conoscenza qualitativa e quantitativa di questi composti nelle uve e nei vini è pertanto indispensabile al fine di una corretta programmazione delle vinificazioni e dell'invecchiamento. Riportiamo a seguire, in sintesi, i risultati di questo studio.

 


Nerello Mascalese. I dati rilevati hanno mostrato che questa varietà è a maturazione piuttosto tardiva rispetto ad altre coltivate in Sicilia. Si può ipotizzare che il viticoltore etneo abbia selezionato nei secoli una varietà di uva a maturazione tardiva, non avendo allora mezzi tecnologici a disposizione per consentire la raccolta e la vinificazione in un periodo, ottobre, in cui i primi freddi autunnali contenevano le alte dannose temperature di fermentazione del mosto, che sono condizionate dalla temperatura dell'uva al momento della pigiatura e da quella dell'ambiente esterno. Oggi questi problemi sono superati dall'impiego di serbatoi termocondizionati, in cui si decide la temperatura di fermentazione indipendentemente da quella esterna. Infatti oggi è possibile svolgere la vinificazione di uve alloctone, selezionate in zone fredde e coltivate in climi caldi dove maturano in piena estate. Tipico è il caso dello Chardonnay, che si è potuto diffondere e vinificare in tutto il mondo ed in qualsiasi condizione climatica. In Sicilia questa varietà matura già da fine luglio (fine agosto sull'Etna), cioè più di due mesi prima del Nerello Mascalese o del Carricante. Un aspetto interessante della ricerca è scaturito dal confronto tra grappoli di Nerello Mascalese provenienti da vigne ad alberello e grappoli provenienti invece da vigne allevate a controspalliera. Gli acini delle vigne ad alberello sono mediamente più piccoli, ed in essi vi è una più alta concentrazione di sostanze estrattive (zuccheri, colore, aromi), e quindi una maggiore qualità organolettica e tecnologica. Dallo studio dei dati analitici relativi ai polifenoli, si sono riscontrate delle anomalie nelle percentuali degli antociani (sostanze responsabili del colore dei vini) presenti nelle uve del Nerello Mascalese. Merita una particolare segnalazione il fatto che la composizione antocianica di questa varietà è caratterizzata dalla mancanza di particolari antociani detti, per loro composizione chimica, acilati, così come è segnalato per il Pinot Noir; sembra che il Nerello Mascalese ed il Pinot Noir siano le sole uve al mondo, sino ad oggi studiate, ad avere questa caratteristica.
Nerello Cappuccio. A differenza di quanto riscontrato nel Mascalese, il Nerello Cappuccio presenta un alto indice di antociani totali, e più in generale le caratteristiche di uve che danno vini abbastanza colorati ma solitamente poco adatti all'invecchiamento. Queste differenze rendono in qualche misura complementare sotto l'aspetto polifenolico (e come vedremo anche aromatico) il Nerello Mascalese ed il Nerello Cappuccio, confermando così, anche dal punto di vista scientifico, la correttezza tecnologica del loro tradizionale taglio nelle percentuali previste dal disciplinare di produzione dei vini rossi dell'Etna a DOC, disciplinare tra i più antichi d'Italia (1968).
Scendendo nel dettaglio delle caratteristiche aromatiche delle due uve, dal Nerello Mascalese ci si può aspettare un aroma varietale più complesso, dalle note terpeniche (moscato) a quelle di tabacco e dal Nerello Cappuccio aromi simili a quelli estratti dal legno, vanigliati, aromi di frutta conservata, di ciliegia.
Dal canto loro, le uve della cultivar Carricante, varietà anch'essa a maturazione tardiva, si rivelano neutre, a scarso tenore di composti terpenici (moscato). Tuttavia, opportunamente vinificato, il Carricante con l'invecchiamento può manifestare note complesse, tali da lasciar prevedere la formazione di caratteri aromatici molto variegati. E' interessante ad esempio la presenza considerevole in vini di Carricante di quattro/cinque anni del composto 1,1,6-TRIMETIL-1,2-DIDRONAFTALENE, responsabile del tipico aroma dei Riesling invecchiati.
La conoscenza e l'esperienza acquisita con queste ricerche scientifiche, mai svolte in precedenza su questi vitigni autoctoni siciliani, sono state in seguito praticamente tradotte in alcuni protocolli di coltivazione dei vigneti e di vinificazione delle uve dall'azienda Benanti, con risultati sino a qualche anno prima impensabili dal punto di vista della qualità dei prodotti. E' così iniziata una nuova fase dell'Enologia etnea che ha portato i vini dell'Etna ad una riscoperta da parte dei consumatori più attenti ed esigenti, con conseguente maggiore attenzione e valutazione da parte degli addetti al settore enologico e degli opinion leader. Tale riconoscimento qualitativo generale dei vini dell'Etna ha anche consentito una più alta remunerazione economica nella vendita del vino imbottigliato. Tutto ciò è servito a spronare un settore che sull'Etna, da molto tempo, attraversava un periodo di stasi, aumentando l'impegno dei produttori esistenti e l'interesse di altri giovani nuovi produttori ad investire in un'attività che oggi non è solo agricola, ma che si contorna di interessi turistici, culturali, e sociali.

 

 

Un belga sull'Etna. «Tra vino e natura la perfetta felicità»

La Sicilia, Lunedì 02 Giugno 2014

Maria Ausilia Boemi

 

Solicchiata. L'antico gelsomino che si arrampica sul terrazzo inondato di sole inebria l'aria con un profumo che si spande sui dolci declivi dell'Etna: è di questo angolo di mondo ubertoso di verde ed "esploso" di fiori in primavera e in estate, candido talvolta di neve ovattata d'inverno, baciato sempre dal sole della «felicità perfetta» e graziato dalla munifica generosità di Bacco, che Frank Cornelissen, un belga fiammingo 53enne di Hasselt, dopo avere girato il mondo, ha deciso di fare la propria casa, di mettere radici con la compagna giapponese Aki e i loro due figli "brontesi", Clara, 4 anni e mezzo e Arturo, 2 anni e mezzo. Solicchiata onfalo del mondo, rifugio al quale tornare. Casa, appunto. «Piccolo paradiso», come lo definisce Frank, occhi azzurri e fisico asciutto, che sottolinea che «questo è un posto dove non mi dispiacerebbe morire: non perché io non ami la vita, tutt'altro, ma perché questo è un luogo dove mi sento veramente bene».

A Solicchiata Frank è arrivato nel dicembre del 2000, ma solo di passaggio per ritrovare un vino di Passopisciaro che aveva assaggiato in precedenza. Ha deciso poi di fermarsi qui a partire dal 2001 e cominciare a produrre vino, seguendo un'antica, quasi atavica, passione. Con metodi del tutto nuovi, anzi antichi, che all'inizio hanno quasi scandalizzato i produttori del luogo: dalla "scrematura" delle viti liberate dall'uva in eccesso alla vendemmia effettuata scegliendo acino per acino fino all'utilizzo, al posto delle tradizionali botti, di anfore sotterrate in terracotta dove il mosto si trasforma nel nettare di Bacco. «Quando sei solo a fare cose anomale - ricorda con un sorriso Frank - ti considerano pazzo; se si è in due, si è strani; poi, quando certe cose cominciano a farle in quattro, allora la gente comincia a chiedere: "Ma perché lo fai? Forse allora non avevamo capito noi qualcosa". I primi anni qui sono stati veramente bellissimi».

 

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Una passione, quella per l'enograstronomia, ereditata dal padre, pilota di caccia, e dalla madre, direttrice della locale scuola alberghiera. «Sono nato a Hasselt - racconta - in una zona povera del Belgio che oggi, grazie alla sua posizione strategica nel cuore dell'Europa, conosce un boom industriale».

Per anni Frank ha girato il mondo lavorando per una azienda di attrezzature da trekking e da montagna: dal Giappone agli Usa, dalla Corea a Macao, dal Nord al Sud dell'Europa. Poi l'arrivo "casuale" sull'Etna e la decisione di mettere su casa sul vulcano. «Penso che ciò che mi ha portato a fare il vino sia stata la cultura della gastronomia, che ho respirato sin da bambino a casa: la mia famiglia ha sempre coltivato una curiosità enogastronomica che ci portava spesso a viaggiare, anche all'estero. La passione specifica per il vino, poi, l'ho ereditata da papà. All'età di 14 anni ho cominciato a comprare bottiglie per la mia cantina privata: allora i prezzi erano più accessibili e io d'estate andavo a raccogliere pomodori, mele o fragole e con il ricavato compravo vini. A questo si è aggiunta la passione per la montagna che mi ha fatto comprendere, attraverso il legame con la natura e con ciò che ci circonda, la grande fragilità umana». E' quindi nella «perfetta simbiosi trovata sull'Etna» tra la grande forza della natura e quella della cultura che è data dal vino, «frutto dell'uva, prodotto estremamente spirituale legato alla natura stessa, che l'uomo trova la perfetta felicità: bisogna capire i due livelli per arrivare all'apogeo di questo prodotto».

Perché nel vino è racchiusa tutta la filosofia della vita secondo Frank: «Non mi piace parlare solo di un elemento, il vino è un insieme di cose, come la vita. Qui a Solicchiata mi piace l'ambiente: era perfetto per il vino, ma non è soltanto questo. Qui ho trovato il posto dove mi piacerebbe morire: penso infatti che la morte sia l'essenza della vita, non perché la vita non mi piaccia, anzi, ma perché senza la morte la vita non ha valore».

Dopo tanti giri per il mondo, quindi, la decisione di fermarsi «perché il senso di "appartenenza" che mi pervade in questa vallata è molto importante». Una decisione presa anche per la mancanza di legami sentiti con la cultura di origine: «Ho la famiglia in Belgio, e questa è una dimensione importante. Ma non ho tanto altro in comune con il mio Paese: anzitutto perché lì non c'è la montagna. E la vita, peraltro, è molto altro ancora».

«Quando mi sono trasferito qua nel 2001 non avevo idea di cosa fosse un'azienda agricola: ero un broker di vini che compravo su richiesta dei clienti». Sull'Etna all'epoca c'era poco movimento, il vino di queste contrade non aveva conosciuto ancora l'exploit che lo avrebbe reso successivamente - soprattutto da 5-6 di anni - un "must" nel mondo. «Ma fortunatamente, nonostante il grande successo mondiale, la viticoltura è rimasta inalterata, la zona non è stata devastata come è avvenuto invece nel Nord Italia. Qui in questa vallata si vive meglio che al Settentrione, dove l'industria ha subìto colpi pesanti. E anche dal punto di vista agricolo siamo messi meglio perché il vino si vende molto di più all'estero rispetto ad altri prodotti agricoli più deperibili. Il vino dà visibilità internazionale e mi sento di fare parte di questa rinascita dell'Etna: questa vallata è riconosciuta oggi come uno dei migliori posti d'Italia per la produzione di un vino di grande definizione e precisione, citato accanto al Barolo e al Brunello. E siamo solo all'inizio di quella che non credo sia solo una moda. Il problema sarà però per la prossima generazione: il benessere economico porta infatti anche tensioni, invidie, danneggia la cultura locale».

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E' già accaduto in Piemonte, dove «si è persa la semplicità del buon mangiare e del buon bere nell'osteria, col vino alla spina: lì ormai sono tutti ristoranti stellati, da guida Michelin».

Felice, quindi, a Solicchiata: ma rimpianti ne ha Frank, il belga trapiantato sull'Etna? «No, se ne avessi sarei già andato via. Potrei andare in Giappone, Paese che amo molto (non per nulla, ma per «destino», anche la prima compagna era giapponese e con lei Frank ha un figlio di 8 anni, Kazan), Paese che, come l'Italia, ha una cultura architettonica e artistica finissima, alla quale, però, a differenza dell'Italia, si aggiunge un grandissimo rispetto della natura. Ma qui ho tanto da fare: ho 53 anni e davanti a me posso pensare di avere 25 vendemmie al massimo. Ho infatti scelto un mestiere arcaico che fa produrre soltanto una volta ogni 12 mesi. Considerando che nel mondo del vino ogni 5-10 anni c'è una grande annata, tecnicamente posso produrre al massimo 5 grandi vini, non di più: non ho quindi tempo da perdere, ho sempre più da fare. La più grande sfida è comunque portare l'azienda verso la prossima generazione: i miei figli potranno aumentare o ridurre i quantitativi, l'importante però è la linea, la filosofia che riesco a trasmettere loro». Una filosofia che dovranno apprendere - se vorranno seguire le orme del padre - nel corso di un apprendistato che da una base umile li porterà man mano ai vertici aziendali, perché per sapere gestire bisogna conoscere il lavoro in tutte le sue sfaccettature. Saggezza antica. Per produrre comunque sempre non vino di massa, ma necessariamente di qualità. «Utilizziamo i sistemi antichi di coltivazione ad alberello, nelle terrazze non possono passare i trattori e quindi la coltivazione è tutta manuale. Ovviamente i costi sono più alti, ma è meglio puntare sullo specifico che sul generico: gireranno meno volumi di affari, ma genereranno una visibilità impressionante che altre zone non hanno». La tendenza è quella di esaltare le microzone dell'Etna: «Una volta si diceva vino siciliano, oggi vino dell'Etna, che è un'isola nell'isola, tra qualche anno si dirà vino della vallata dell'Etna nord, e alla fine si dirà vino di Solicchiata».

Ma in sintesi, con quali occhi vede i siciliani un belga innamorato dell'Etna? «La Sicilia è un'isola e i siciliani, come tutti gli isolani, sono molto legati alla loro terra, al loro territorio e hanno difficoltà a spostarsi e ad "aprirsi": invece è importante viaggiare nel mondo e fare esperienze in altre culture. In Belgio, dove non abbiamo una grande cultura che ci unifica e siamo un piccolo Paese nel cuore d'Europa, abbiamo al contrario la necessità imprescindibile, per fare affari, di aprirci agli altri. E' importante questa apertura soprattutto oggi che Internet ha reso il vasto mondo degli affari una piazza».

Il profumo dell'antico gelsomino inebria ancora l'aria primaverile. L'inarrestabile energia del vulcano e la bucolica pace della plaga - in «questa Etna terra di contrasti, dinamiche e tensioni», ma che sa essere anche casa accogliente - nutrono le viti e scorrono nelle vene di questo belga multiculturale e multietnico che ha eletto Solicchiata a dimora: perché quando cuore e cervello, passione e razionalità trovano la loro sintesi e apogeo, allora lì è la «felicità perfetta».

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Tante le etichette apprezzate anche all' estero (Benanti, Cottanera, Murgo): «Qui le terre possono godere di una eccezionale esposizione al sole mentre la vite si coltiva anche oltre i mille metri. Ciò dà ai vini dell' Etna corpo e freschezza». Alfio Sciacca.

Le bottiglie della frontiera In questi ultimi anni l' Etna si sta rivelando come la più promettente frontiera del vino siciliano di alta qualità. Il terreno vulcanico e il clima creano un habitat ideale per la vite. I migliori interpreti del genius loci sono i fratelli Cambria dell' azienda Cottanera (Castiglione di Sicilia, tel. 0942.963601) che grazie agli agronomi Vecchio e Biondo, con la supervisione di Leonardo Valenti, hanno messo in bottiglia, vini davvero esplosivi. Prorompente il Sole di Sesta, un esuberante Syrah, l' opulento e immenso Grammonte (merlot) e l' originalissimo, ma sempre ricchissimo Ardenza (con vitigno mondeuse). Valido anche il Fatagione, rivisitazione in chiave moderna del nerello mascalese. 

Altro protagonista della rivoluzione enologica etnea è Giuseppe Benanti (nella foto il figlio Salvino, Viagrande, via Garibaldi 75, tel. 095.7893533) che punta a valorizzare i vitigni autoctoni. Di grande valore il Rovittello, profondo e mediterraneo, il Serra della Contesa è speziato e corposo, e il Rosso di Verzella, più morbido e suadente, tutti e tre sono vini Etna Doc a base di Nerello Mascalese. Molto promettente la linea dei monovitigni, nella quale spicca il Nerello Cappuccio. Infine a Catania va menzionato il Terra delle Sirene, grintoso Nero d' Avola, di Hans Zenner (via Mascagni, tel. 095.530560). prodotti tipici La lattante è di mandorle 

 

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I CAMPIONI
1-www.calabretta.net
2-www.borgosannicolao.it
3-www.vivera.it
4-www.russovini.com
5-www.etnaroccadapi.it
6-www.vinicolabenanti.it
7-www.antichivinai.it
8-www.vinigambino.it
9-www.distilleriefichera.it
10-www.regiacorte.it
11-www.etnacantine.eu
12-www.cottanera.it
13-www.scilio.it
14-www.graci.eu
15-www.feudoarcuria.it
16-www.donsaro.it
17-www.vinipappalardo.it

 

18-www.vinipatria.it
19-www.apicolturaprivitera.it
20-www.cantinadelregno.it
21-www.cantinenicosia.it
22-www.abbaziaogliastro.com
23-www.cantinepepi.it
24-www.valcerasa.com
25-www.agricoladangelo.it
26-www.gigliotto.com
27-www.vinipatria.it
28-www.feudosilvestri.it
29-www.judeka.com
30-www.vini-imakara.it
31-www.murgo.it
32-www.nanfro.com
33-www.nerobarocco.com
 
34-www.firriato.it
35-www.liquorigiuffrida.com36-www.terredidionisio.it
37-www.vinibiondi.it
38-www.bomapi.com
39-www.al-cantara.it
40-www.tuccari.it
41-www.villagrande.it
42www.gurrida.it
43-www.vinonibali.com
44-www.lacantinadimarco.com
45-www.villapetriolo.com
46-www.aitalavini.it
47-
www.tenutachiarellicuffaro.
com
48-www.terregrassosalina.it
49-www.passopisciaro.com

 

 

 

I vini a D.O.C. dell'Etna

 

Caratteristiche

ETNA ROSSO

ETNA ROSATO

ETNA BIANCO SUPERIORE

ETNA BIANCO

Colore

rubino con  riflessi granato con l'invecchiamento

rosato al rubino

giallo paglierino con leggeri riflessi dorati

giallo paglierino con leggeri riflessi dorati

Odore

vinoso intenso tipico

intenso tipico

profumo delicato di carricante

profumo delicato di carricante

Sapore

caldo robusto pieno armonico asciutto

caldo robusto pieno armonico asciutto

fresco armonico asciutto

fresco armonico asciutto

Min. grad.

alcolica

12,5

12,5

12

11,5

Affinamento

fino a 6 anni

fino a 3 anni

fino a 3 anni

fino a 2 anni

Abbinamento consigliato

arrosti selvaggina

tutto pasto

frutti di mare crostacei

frutti di mare crostacei

Vitigni

nerello mascalese (min 80%) nerello mantellato (max 20%)

nerello mascalese (min 80%) nerello mantel-lato (max 20%)

carricante (min 60%) catar-ratto bianco comune e/o lucido (max 40%) trebbiano e/o minnella bianca (5%-10%)

carricante (min 60%) catar-ratto bianco comune e/o lucido (max 40%) trebbiano e/o minnella bianca (5%-10%)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

www.russovini.com
www.etnaroccadapi.it
www.vinicolabenanti.it
www.antichivinai.it
www.vinigambino.it
www.distilleriefichera.it
www.regiacorte.it
www.terregrassosalina.it
www.passopisciaro.com
www.etnacantine.eu
www.cottanera.it
www.scilio.it
www.graci.eu
www.feudoarcuria.it
www.donsaro.it
www.vinipappalardo.it
www.vinipatria.it
www.apicolturaprivitera.it
www.cantinadelregno.it
www.cantinenicosia.it
www.lacantinadimarco.com
www.aitalavini.it

www.tenutachiarellicuffaro .com

www.abbaziaogliastro.com
www.cantinepepi.it
www.valcerasa.com
www.agricoladangelo.it
www.gigliotto.com
www.vinipatria.it
www.feudosilvestri.it
www.judeka.com

www.vini-imakara.it
www.murgo.it
www.nanfro.com
www.nerobarocco.com
www.firriato.it
www.liquorigiuffrida.com
www.terredidionisio.it
www.vinibiondi.it
www.bomapi.com
www.al-cantara.it
www.tuccari.it
www.villagrande.it
www.gurrida.it
www.vinonibali.com
www.stradadelvinodelletna. it

 

STRADE DEL VINO DELL'ETNA


 

 

Alcune enoteche:

  • "la Nuova Cantina" - 95126 Catania (CT) - Via Grasso Finocchiaro, 120 Tel.095.493860

  • Osteria Uno" - Catania (CT) Tel.095.438936 Cell.388.0417910

  • sud Est" Vini & Co. - 95131 Catania (CT) - Via A. Di Sangiuliano, 171 Tel.095.315583

  • voglia Di Vino" - 95131 Catania (CT) - Via F. Crispi, 236 Tel.095.537178

  • Florio - 95127 Catania (CT) - Via Vittorio Emanuele Orlando, 129/131 Tel.095.505262

  • Tocco Di Vino - 95024 Acireale (CT) - Via Galatea, 18/20 Tel.095.7634215

  • Regionale Di Sicilia - 95129 Catania (CT) - Viale Africa, 31 Tel.095.7462210

  • Tarallucci E Vino - 95126 Catania (CT) - Via Duca Degli Abruzzi, 185 Tel.095.372187

  • Il Grappolo D'uva - Enoteca (ristoranti) - 95131 Catania (CT) - Via Vittorio Emanuele, 83 Tel.095.7150291

  • L'enoteca Di Sicilia D.o.c. Di Tracin Agata E C. S.a.s. - 95127 Catania (CT) - Via Leopardi Giacomo, 5 Tel.095.7110081

 

 

VITTI NA CROZZA                 Domenico Modugno