Cenni
storici Fin
dai tempi più remoti nel nostro Paese la coltura della vite ha avuto
notevole importanza, tant'è che all'Italia antica venne dato il nome di
Enotria: terra del vino. In Sicilia addirittura prima del 2000 a.C. si
hanno indizi di vinificazione, probabilmente grazie alle remotissime
correnti commerciali della civiltà minoica ed egeo-micenica con la
nostra isola.
Nell'Odissea
il grande Polifemo viene reso inoffensivo grazie ad un eccessivo uso di
vino preparato da Ulisse. Quindi già prima dei Ciclopi si conosceva
l'arte della vinificazione.
I
Fenici, che ebbero forti contatti commerciali con la Sicilia,
importavano anche del vino.
In
epoca romana, dopo un periodo di incertezza, la tecnica vitivinicola si
perfezionò, facendo segnare una netta preminenza dei prodotti enologici
su tutti i mercati d'esportazione. Infatti, furono celebri il Catiniensis
e l'Adrumenitanum dell'Etna, il Murgentium del Calatino. A
cominciare dal II secolo d.C. si entra in un periodo di decadenza che
non raggiunse livelli irreparabili grazie alla speciale considerazione
in cui il vino fu tenuto dalla nuova religione: il vino infatti era ed
è indispensabile alla celebrazione del rito della Mensa Eucaristica. Ciò
portò i religiosi a dedicare cure speciali alla coltura della vite, nei
chiusi recinti dei broli conventuali e delle chiese, dove si è potuta
proteggere dai predoni e dalle varie dominazioni che caratterizzarono il
Medioevo. Con l'avvento dell'età dei Comuni vennero adottate nuove
disposizioni per favorire la diffusione della vite e per proteggerla da
ogni sorta di danno.
L'invenzione
della stampa contribuì alla diffusione delle tecniche
viticolo-enologiche, che rimasero fino alla metà del XIX, legate alle
millenarie tradizioni: la tecnica esposta dai migliori autori non si
scostava affatto da quella già magistralmente illustrata da Calumella e
Virgilio.
La
comparsa di tre parassiti giunti dall'America (oidio, Oidium Tuckeri,
la fillossera, Phylloxera vastatrix, e la peronospora, Plasmopora
viticola) determinò una vera rivoluzione nella tecnica colturale:
non fu più possibile mettere in atto le conoscenze tramandate da padre
in figlio. Si rese necessario appoggiarsi sulle scienze biologiche e
fisico-chimiche per combattere i nuovi microscopici e implacabili
nemici. Grazie alle ricerche e studi di numerosi scienziati e tecnici,
è stato possibile individuare il sistema per salvare e migliorare la
coltivazione dei nostri vigneti.
La qualità, specie per il vino, è come la
bellezza: facile da apprezzare, ma difficile da definire. Tuttavia
possiamo dire che per qualità di un vino si intende l'insieme delle sue
caratteristiche compositive che possono essere:
• intrinseche: composizione chimica, costituenti
(valutabili con l'analisi chimica attraverso la misura di parametri
chimici come il pH, il grado alcolico, l'acidità volatile, fissa e
totale, l'anidride solforosa libera, combinata e totale, gli zuccheri,
l'estratto secco, i polifenoli, etc.);
• estrinseche: caratteri sensoriali misurabili
mediante parametri sensoriali da ricercare con l'analisi organolettica o
sensoriale e da valutare con la degustazione (aspetto: colore e
limpidezza, bouquet: finezza, intensità olfattiva e franchezza, gusto:
corpo, armonia, intensità gustativa e gusto-olfattiva, caratteri di
tipicità).
Secondo Emile Peynaud la qualità di un vino è
data dai suoi costituenti sapidi (fissi: amaro - dolce - salato - acido
- insipido) e odorosi (volatili), in armonia sia nel sapore che nell'odorosità.
La qualità dei vini in Italia è controllata dalla
legge, la quale stabilisce tra l'altro alcuni parametri chimici ed
organolettici a cui un vino deve corrispondere. La legge di riferimento
è la 164 del 1992 che ha sostituto la legge 930 del 1963, il DPR 12
luglio 1963 n. 930. La normativa vigente prevede che i vini in relazione
alla loro provenienza e qualità si possono distinguere in:
• Vini a D. O. C. (Denominazione di Origine
Controllata), le uve provengono tutte dalla zona determinata e, nella
produzione dell'uva come nella trasformazione, si deve rispettare un
apposito disciplinare stabilito per Decreto del Ministro delle Politiche
Agricole;
• Vini a D. O. C. G. (Denominazione di Origine
Controllato e Garantita), ai requisiti della DOC si aggiungono analisi
fisico-chimiche ed organolettiche al fine di riconoscere il particolare
pregio del vino;
• Vini a I. G. T. (Indicazione Geografica
Tipica), almeno l'85% delle uve deve provenire dall'area geografica
determinata. (Vino IGT Sicilia D.M. 10/10/95 - G.U. n. 269 del 17/11/95.
A livello di Unione Europea, i vini di qualità
vengono classificati in:
• V.Q.P.R.D. (Vini di Qualità Prodotti in
Regioni Determinate), nei quali rientrano i DOC e DOCG;
• V.F.Q.P.R.D. (Vini Frizzanti di Qualità
Prodotti in Regioni Determinate);
• V.S.Q.P.R. D. (Vini Spumanti di Qualità
Prodotti in Regioni Determinate).
Secondo recenti statistiche i vini a
D.O.C, e
D.O.C.G. contano una produzione annua italiana di circa dieci milioni di
ettolitri pari a circo il 15% della produzione vinicola totale. In
particolare i vini di qualità a D.O.C, e D.O.C.G. al Nord rappresentano
il 64%, al Centro il 24% al Sud e nelle Isole il 12%.
La qualità nel campo enologico è dettata dal
"Disciplinare di Produzione" presente presso le Camere di
Commercio (C.C.I.A.A.), le quali oltre ad indicazioni relative alla
delimitazione del territorio vacato di provenienza (aree viticole)
contengono i parametri che stabiliscono gli standard qualitativi e cioè:
• Uvaggio (vitigni);
• Resa produttiva ad ettaro;
• Eventuali periodi d'invecchiamento o
maturazione;
• Parametri chimici ed organolettici.
Come recita l'art. 13/164 del '92, condizione utile
per l'utilizzazione delle D.O.C, e D.O.C.G. è la "Certificazione
Positiva" rilasciata dalle C.C.I.A.A. su richiesta dei produttori.
Le Denominazioni di origine sono strumenti,
certificanti la qualità, a disposizione dei produttori, ai quali per
poterne usufruire, non basta avere il vigneto ricadente nella zona
delimitata dal disciplinare di produzione, ma occorre che i loro vini
siano prelevati e sottoposti ad esami chimici ed organolettici da parte
delle Commissioni di degustazione funzionanti presso le C.C.I.A.A.,
composte da Enologi, Esperti, Tecnici laureati. Periti agrori.
Agrotecnici, Agronomi e Assaggiatori di Vino. Tali Commissioni devono
constatare se i prodotti presentati per essere esaminati, corrispondono
a quanto indicato dalle norme contenute nel relativo "Disciplinare
di Produzione". In base alla legge esistono tre stati qualitativi:
1 ) Qualità dettata da parametri minimi che sono
inseriti nel disciplinare di produzione;
2) Qualità detta creativa, cioè quella data da
quel quid in più a disposizione del produttore per differenziare in
senso qualitativo migliore la sua produzione;
3) Qualità certificata, che è quella attestata
dal nullaosta rilasciato dalle C.C.I.A.A. per utilizzare le
denominazioni di origine controllata e garantita. In Italia esistono al
momento quasi quattrocento vini a D.O.C e a D.O.C.G.
I fattori che influenzano la qualità del vino
sono:
• fattori permanenti: vitigno (vacato o no),
clima, microclima, terreno (natura geologica, giacitura, esposizione,
caratteristiche fisiche e chimiche); zona vacata o no;
• fattori modificabili (tecnica colturale,
sistema di allevamento e potatura, sesto d'impianto, fertilizzazione,
difesa fitosanitaria);
• fattori enologici (sistema di vinificazione,
trattamenti di cantina, igiene dell'ambiente, delle attrezzature e dei
contenitori);
• fattori variabili (annata di produzione);
• fattori umani (conoscenze tecniche del
cantiniere e dell'enologo, preparazione, competenza ed educazione del
consumatore);
• fattori condizionanti (gusto, abitudini, moda,
ambiente, potere nutrizionale, prezzo di vendita, rarità del prodotto.
L'Etna
DOC
Dante definì la Sicilia "Isola del
Fuoco", riferendosi al vulcano Etna. Ed è proprio qui che i
vigneti assumono caratteristiche uniche, dove la realtà rafforzata
dalle tradizioni e dalla mitologia, danno origine al "vino del
fuoco". Un vino di primissima qualità che riesce a dare al
bevitore un forte potere evocativo dei luoghi di produzione.
Nella "Storia dei Vini d’Italia",
pubblicata nel 1596, venivano ricordati i vini prodotti sui colli che
circondano Catania la cui bontà veniva attribuita alle ceneri
dell’Etna.
La D.O.C. Etna è stata riconosciuta con D.P.R. 11
agosto 1968, ai sensi della legge 3 febbraio 1963, n. 116. Il relativo
disciplinare di produzione fissa le caratteristiche e i territori
comunali interessati (vedi cartina).
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Nonostante
in Sicilia non ci siano aree vinicole DOCG, la produzione enologica è
di elevata qualità. Di particolare interesse sono i vini da tavola
classificati come IGT, una categoria particolarmente utilizzata in
Sicilia e nella quale si trovano molti dei vini prestigiosi e famosi
dell'Isola. In Sicilia sono attualmente previste 19 DOC.
La
vite in Sicilia fu introdotta dai Fenici, ma furono i Greci, nel (VIII
sec. a.C. a portare la cultura enoica in Sicilia.
Sotto i Romani la coltura della vite era piuttosto importante: la
Malvasia delle Eolie, il Pollio di Siracusa, il Mamertino di Messina
venivano esportati ed apprezzati in tutto il mondo latino. Con le
invasioni barbariche ( V sec. d.C. ) si ebbe una battuta d'arresto nella
produzione, che continuò con l'invasione musulmana. In seguito la
produzione di vini siciliani subì varie accelerazioni e battute di
arresto, fino ad esplodere nel durante il 1800, grazie anche alla
celebrità del Marsala, quando il commercio del vino divenne uno dei
fattori principali dell'economia locale. Fu infatti in questo periodo
che nacquero le storiche e prestigiose cantine siciliane: Duca di
Salaparuta (1824), Florio (1836), Amodeo (1837), Rallo (1860), Curatolo
Arini (1875), Carlo Pellegrino (1880) e Lombardo (1881).
In seguito ci fu una grande crisi dovuta alla filossera che decimò i
vigneti. Il ripristino dei vigneti colpiti dalla fillossera durò oltre
mezzo secolo e terminò durante gli anni 1950. Durante questo periodo il
mercato cambiò notevolmente e la richiesta di vini da taglio diminuì
molto: questo evento costrinse i prodduttori siciliani ad un drastico
cambiamento di produzione, ma fu durante gli anni '70 che si registrò
il nuovo sviluppo dell'enologia siciliana che ha consentito ai vini
dell'isola di affermarsi in tutto il mondo. Dalla rinascita del
grandioso Marsala alla rivalutazione del ricco e locale patrimonio di
uve, la Sicilia ha dimostrato - ancora una volta - di essere una
straordinaria terra da vino. Sono proprio i vini prodotti con le uve
locali - fra queste Grillo, Catarratto, Inzolia, Moscato d'Alessandria o
Zibibbo, Malvasia, Nero d'Avola e Frappato - a riscuotere maggiore
successo fra gli appassionati di vini. Oggi la Sicilia si
contraddistingue principalmente per la produzione dei suoi ricchi e
suadenti vini dolci - Passito di Pantelleria e Malvasia delle Lipari in
particolare - e con una delle sue uve rosse, il Nero d'Avola - un tempo
dimenticata e oggi giustamente rivalutata - si producono interessanti e
importanti vini rossi.
DOC
Delia
Nivolelli DOC D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
La denominazione di origine controllata "Delia Nivolelli"
è riservata ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio
amministrativo dei comuni di Mazara del Vallo (dove scorre il Delia),
Marsala, Petrosino e Salemi, in provincia di Trapani, nelle seguenti
tipologie:Bianco,Rosso,Spumante
Moscato
di Noto DOC D.M. 14/03/74 (G.U. n. 199 del 30/07/74)
Questo vino non sarebbe altro che il "Pollio" (nome preso
da Pollio Argivo, regnante, in tempi lontanissimi, a Siracusa) ovvero
quel vino dolce haluntium di cui Plinio diceva che "nasce in
Sicilia ed ha sapore di mosto". Ancora oggi si produce nella parte
orientale della Sicilia (ma non va, però, confuso con il "Moscato
di Siracusa" la cui zona di produzione è situata più a nord) e
precisamente nei comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola in provincia
di Siracusa. Naturale - ottenuto con le uve di Moscato bianco; ha colore
giallo dorato più o meno intenso fino all’ambrato; aroma
caratteristico e fragrante di Moscato; sapore leggermente aromatico.
Gradazione minima: 11,5°. Uso: da dessert. Spumante - è un vino
brillante; ha colore paglierino o giallo dorato tenue; aroma
caratteristico di Moscato; sapore delicatamente dolce, aromatico di
moscato. Gradazione minima: 13°. Liquoroso - ha colore giallo dorato
più o meno intenso; odore delicato e fragrante aroma di Moscato; sapore
dolce, gradevole, caldo e vellutato. Gradazione minima: 22°.
Affinamento obbligatorio: cinque mesi a partire da quando è stato
alcolizzato.
Moscato
di Pantelleria DOC D.M. 11/08/71 (G.U. n. 239 del 22/09/71)
L’isola
di Pantelleria (situata nella provincia di Trapani) è nota, oltre che
per gli stupendi paesaggi e le interessanti zone archeologiche, anche
per i robusti vini che si ottengono dalle uve di Zibibbo qui prodotte.
Due di questi vini sono: Moscato Naturale , Passito.
Moscato
di Siracusa DOC D.P.R.
26/06/73 (G.U. n. 315 del 06/12/73)
Dal Piemonte al
Veneto fino alla Sicilia e alla Sardegna si producono tanti prelibati
vini con le uve di Moscato bianco, che a mano a mano che si scende dal
nord al sud acquistano in "potenza". Questo
"Moscato" prodotto nel solo territorio comunale di Siracusa,
con uve di Moscato bianco sottoposte ad un leggero appassimento, ha
colore giallo oro vecchio con riflessi ambracei; odore delicato
caratteristico; sapore dolce, vellutato, gradevole. Gradazione minima:
16,5°. Uso: da dessert.
Alcamo
DOC D.M. 21/07/72
(G.U. n. 249 del 22/09/72)
Sulle colline
dell’intero territorio comunale di Alcamo (da cui il nome) e di parte
di quello di altri nove comuni delle province di Trapani e di Palermo,
si ottengono pregiati vini bianchi, rossi e rosati: Bianco, Bianco
Spumante, Classico, Vendemmia Tardiva, Rosato, Rosato Spumante, Rosso,
Novello,Riserva.
Cerasuolo
di Vittoria DOC D.M. 29/05/73 (G.U. n. 221 del 28/08/73)
In una zona relativamente ristretta, comprendente l’intero
territorio di cinque comuni della provincia di Ragusa e parte di quello
di due comuni della provincia di Caltanissetta e di due comuni della
provincia di Catania, con le uve di Frappato e Calabrese, con l’eventuale
aggiunta di quelle di Grosso nero e Nerello Mascalese, si produce questo
gradevole vino dal colore rosso ciliegia; odore vinoso, con delicato
profumo; sapore caldo, asciutto, pieno, rotondo, armonico. Gradazione
minima: 13°. Uso: da arrosto.
Contea
di Sclafani DOC
In
tutto o parte del territorio di undici comuni della provincia di
Palermo, tra cui Sclafani Bagni, nell’intero territorio dei comuni di
Vallelunga, Pratameno e Villalba, in provincia di Caltanissetta, e in
parte di quello di Cammarata, in provincia di Agrigento, si produce
questo vino nei tipi:Bianco,Rosso,Rosato. I vini bianchi possono essere
prodotti anche nella tipologia "dolce", dal colore paglierino
intenso; profumo caratteristico, intenso; sapore vellutato, armonico.
Gradazione minima: 11°. Uso: da fine pasto. Se ottenuti da uve raccolte
non prima del 1° ottobre, sottoposte ad appassimento sulla pianta e
vinificate in recipienti di legno, questi stessi vini possono fregiarsi
della menzione "vendemmia tardiva", presentandosi al
consumatore con le seguenti caratteristiche: colore che varia dal
paglierino all’ambrato; profumo caratteristico, intenso, persistente;
sapore vellutato, armonico, ricco. Gradazione minima: 18°. Affinamento
obbligatorio (in fusti di legno): sei mesi. Uso: da dessert, da
meditazione. Con i vini bianchi o rosati, elaborati con il metodo della
fermentazione naturale in autoclave o in bottiglia, senza aggiunta di
anidride carbonica, si ottengono "spumanti" dal colore
paglierino più o meno intenso o rosato tenue; odore caratteristico,
fruttato; sapore sapido, caratteristico. Gradazione minima: 11,5°. Uso:
da aperitivo. Tutti i vini rossi possono essere prodotti anche nel tipo
"novello", dal colore rosso più o meno intenso; odore
fruttato; sapore armonico ed equilibrato. Gradazione minima: 11°. Uso:
da pasto. Se sottoposti ad un invecchiamento di almeno due anni, gli
stessi, con esclusione del Nerello Mascalese, possono portare in
etichetta la menzione "riserva", presentandosi all’atto di
immissione al consumo con le seguenti caratteristiche: colore che varia
dal rubino carico al granato; odore intenso, fruttato; sapore
caratteristico, ricco di struttura, fruttato. Gradazione minima: 12°.
Uso: da arrosto.
Contessa
Entellina DOC D.M. 02/08/93 (G.U. n. 201 del 27/08/93)
Entro i confini territoriali del comune di Contessa Entellina, in
provincia di Palermo, si produce l’omonimo vino nelle seguenti
tipologie:Bianco,Rosso,Rosato.
Marsala
DOC D.M. 28/11/84 (G.U. n. 347 del 19/12/84)
Il più antico documento storico che si riferisce al
"Marsala" risale al 1773, anno in cui dal porto di Trapani
partì per l’Inghilterra un carico di botti di vino preventivamente
alcolizzato onde metterlo in condizioni di meglio resistere al lungo
viaggio. Oggi questo apprezzato vino liquoroso della Sicilia è noto in
tutto il mondo ed è da sempre preparato in più tipi. La zona di
produzione comprende l’intera provincia di Trapani esclusi i territori
dei comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo. I vari tipi sono
ottenuti da mosti, vini e loro miscele prodotti con le uve di Grillo e/o
Catarratto e/o Catarratto bianco comune e/o Catarratto bianco lucido e/o
Pignatello e/o Calabrese e/o Nerello mascalese e/o Damaschino e/o
Inzolia e/o Nero d’Avola, con l’aggiunta di alcol etilico di origine
vitivinicola o acquavite di vino e, se del caso, di mosto cotto, mosto
concentrato e sifone (prodotto preparato con mosto) derivanti da uve
coltivate nella prevista zona di produzione. La varietà di uve rosse
Pignatello, Calabrese e Nerello mascalese sono riservate alla
preparazione dei "Marsala Rubino". I vini "Marsala"
si distinguono, secondo la durata dell’invecchiamento, in:
"Fine", con invecchiamento minimo di un anno;
"Superiore", con invecchiamento minimo di due anni;
"Superiore riserva", con invecchiamento minimo di quattro
anni; "Vergine e/o Soleras", con invecchiamento minimo di
cinque anni; "Vergine e/o Soleras stravecchio" o "Vergine
e/o Soleras riserva", con invecchiamento minimo di dieci anni. I
vini "Marsala" si distinguono anche per il colore: oro (colore
dorato più o meno intenso), ambra (colore giallo ambrato più o meno
intenso), rubino (colore rosso rubino che con l’invecchiamento
acquista riflessi ambrati), e per il contenuto zuccherino:
"secco", "semisecco", "dolce". Tutti i
"Marsala" presentano sapore e profumo caratteristici. Le
gradazioni alcoliche dei vini "Marsala" sono le seguenti:
Marsala Fine: non inferiore a 17° per distillazione; Marsala Superiore:
non inferiore a 18° per distillazione: Marsala Vergine o Soleras non
inferiore a 18° per distillazione. Uso: da dessert.
Eloro
DOC D.M. 03/10/94 (G.U. n. 238 del 11/10/94)
In una zona che comprende, in tutto o in parte, il territorio
amministrativo dei comuni di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e
Rosolini, in provincia di Siracusa, ed Ispica, in provincia di Ragusa,
con le uve dei vitigni Nero d’Avola, Frappato e Pignatello e l’eventuale
aggiunta di quelle di altri vitigni (massimo 10%) si producono due tipi
di vino:Rosso,Rosato.
Etna
DOC D.P.R. 11/08/68 (G.U. n. 244 del 25/09/68)
Nella "Storia dei Vini d’Italia", pubblicata nel 1596,
venivano ricordati i vini prodotti sui colli che circondano Catania la
cui bontà veniva attribuita alle ceneri dell’Etna. Oggi, questi vini,
conosciuti con la denominazione "Etna", si presentano nelle
tipologie:Bianco,Bianco Superiore,Rosso o Rosato.
Faro
DOC D.M. 03/12/76 (G.U. n. 61 del 04/03/77)
Prodotto esclusivamente nel territorio comunale di Messina, con le
uve di Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio e con l’eventuale
aggiunta di quelle di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese, è un vino dal
colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al rosso mattone con l’invecchiamento;
odore delicato etereo, persistente; sapore secco, armonico, di medio
corpo caratteristico. Gradazione minima: 12°. Invecchiamento
obbligatorio: un anno. Uso: da pasto.
Malvasia
delle Lipari DOC D.M. 20/09/73 (G.U. n. 28 del 30/01/74)
Fra le molte "Malvasie" che si possono trovare nel nostro
Paese vi è quella "di Lipari" tipica dell’arcipelago delle
isole Eolie (provincia di Messina). L’isola maggiore dello stesso è
appunto quella che ha dato il nome al vitigno e al relativo vino, che,
se ottenuto da uve fresche, ha un bel colore giallo dorato e un odore
gradevolmente aromatico. Gradazione minima: 11,5°. Le uve di Malvasia
di Lipari, con una piccola percentuale di quelle di Corinto nero, però,
si fanno anche appassire per preparare i tipi "passito" e
"liquoroso", dal colore giallo dorato o ambrato; odore
aromatico caratteristico; sapore dolce-aromatico. Il tipo "passito
dolce naturale" deve avere una gradazione minima di 18 e un
affinamento obbligatorio di nove mesi. Il tipo "liquoroso"
deve avere una gradazione minima di 20 e un affinamento di sei mesi.
Uso: da dessert.
Sambuca
Siciliana DOC Dd 14/09/95 (G.U. n. 260 del 7/11/95)
In
vigneti situati ad una altitudine superiore ai 200 metri s.l.m. all’interno
dei confini territoriali del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia
di Agrigento, si ottiene l’omonimo vino nei tipi:Bianco,Rosso,Rosso
Riserva, Rosato, Chardonnay, Cabernet Sauvignon.
Menfi
DOC Dd 01/09/97 (G.U. n. 213 del 12/09/97)
La denominazione di origine controllata "Menfi" è riservata
ai vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio comunale di
Menfi (da cui il nome), Sambuca di Sicilia e Sciacca, in provincia di
Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia di Trapani, nelle tipologie:
Bianco,Rosso,Rosso Riserva,Chardonnay,Grecanico,Inzolia o Ansonica,
Vendemmia Tardiva, Cabernet Sauvignon,Merlot,Nero d’Avola, Sangiovese,Sirah
Monreale
DOC Ddi 02/11/00 (G.U. n. 266 del 14/11/00) e
Santa
Margherita di Belice DOC Dd 09/01/96 (G.U. n. 11 del 15/01/96)
Nel territorio amministrativo dei comuni di Santa Margherita di Belice
(da cui il nome) e Montevago, in provincia di Agrigento, si produce
questo vino nelle seguenti tipologie:Bianco,Rosso,Ansonica,Catarratto,Grecanico,Nero
d’Avola, Sangiovese.
IGT
Salemi
IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Salina
IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Camarro
IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Colli
Ericini IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Fontanarossa
di Cerda IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Sicilia
IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Valle
Belice IGT D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
La Sicilia e il vino
La Sicilia, con 119.893 ettari di superficie vitata
detiene il più vasto patrimonio coltivato ad uva da vino a livello
nazionale.
La parte del leone la fa la Sicilia occidentale dove
c'è circa il 90% della superficie coltivata a vite: Trapani - secondo i
dati della Regione Sicilia - è la principale provincia con 68.780
ettari, seguita da Agrigento, con 20.972 ettari e Palermo con 16.625
ettari.
L'analisi della viticoltura regionale per tipologia
di coltivazione indica che la produzione è decisamente orientata verso
le varietà a bacca bianca, intercettando, secondo il dato del 2008, una
superficie complessiva di 76.907 ettari (quasi i due terzi del totale
della superficie), contro i 42.848 ettari (poco più di un terzo sul
totale superficie) a bacca nera. Il principale vitigno impiantato in
Sicilia è il Catarratto bianco comune, seguito dal vitigno autoctono
Calabrese o Nero d'Avola; ma è presente anche il Trebbiano Toscano,
Ansonica o Inzolia e Greganico. Nell'isola vi è altresì la presenza di
vitigni internazionali tra i quali primeggiano: Syrah, Chardonnay e
Merlot.
W I DOC. In Sicilia ventitré prodotti possono
fregiarsi dell'appellativo Denominazione d'origine (DO), di cui una
riconosciuta come Denominazione d'origine controllata e garantita (DOCG)
e cioè il Cerasuolo di Vittoria e altre 22 riconosciute come
Denominazione d'origine controllata (DOC) e cioè Alcamo, Contea Sclafani,
Contessa Entellina, Delia Nivolelli, Eloro, Erice, Etna, Faro, Malvasia
di Lipari, Mamertino di Milazzo, Marsala, Menfi, Monreale, Moscato di
Noto Naturale o Moscato di Noto, Moscato e Passito di Pantelleria,
Moscato di Siracusa, Riesi, Salaparuta, Sambuca di Sicilia, S.
Margherita Belice, Sciacca e Vittoria.
La produzione di vino in Sicilia è tornata sopra il 6
milioni di ettolitri nel 2013, dopo diversi anni tra 4 e 5 milioni di
ettolitri. La produzione di vino è cresciuta del 39% nel 2013 a 6.2
milioni di ettolitri. Se confrontata alla media degli ultimi 5 anni il
balzo è ancora più significativo, dato che il confronto partirebbe da
circa 4.7 milioni di ettolitri. Secondo Istat, la produzione di vini
bianchi è stata di 3.6 milioni di ettolitri, il 32% superiore alla media
storica e il 58% in più del 2012, anno in cui si era registrato il
minimo storico per la produzione di questa categoria. I vini rossi (e
rosati, da sottolineare dato che siamo in Sicilia), sono invece saliti
del 19% rispetto allo scorso anno e del 35% rispetto alla media storica
(siamo a quota 2.6 miloni di ettolitri). Trapani rappresenta sempre il
punto di riferimento quantitativo della regione. Nel 2013 Istat lo
accredita di 3.9 milioni di ettolitri, un livello mai registrato dal
2008 a questa parte, il 30% sopra la media storica. Sarebbe invece scesa
in modo significativo la produzione in provincia di Palermo, -38% nel
2013 e il 13% sotto media.
Nella produzione dei vini Doc una quota preponderante
è concentrata nella Sicilia occidentale con il Marsala, l'Alcamo e il
Moscato di Pantelleria, mentre per la Sicilia orientale spiccata è la
produzione della Doc Etna. Secondo gli ultimi dati censuari, la
viticoltura destinata alla produzione di vino da tavola e IGT risulta
ancora molto frammentata, infatti, circa l'80% delle aziende a vite non
supera i 5 ettari di vigneto. Le piccole dimensioni aziendali,
unitamente ai costi della certificazione e ai vincoli produttivi, sono
di forte ostacolo all'iscrizione dei vigneti negli albi delle
denominazioni di origine. E infatti è ancora limitata la produzione di
vini di qualità mentre resta elevata la percentuale di prodotto di vino
sfuso destinata all'ottenimento dei mosti concentrati e concentrati
rettificati oppure al circuito della distillazione, mentre la quota
restante è destinata alle regioni del Nord per essere tagliata con altri
prodotti soprattutto per la produzione di vini in brick. In Sicilia sono
state anche istituite 12 «Strade del Vino» che rappresentano
un'importante opportunità di sviluppo per le aziende vinicole in quanto
attraverso itinerari enogastronomici, storici e naturalistici, mirano a
realizzare una forte concertazione tra gli imprenditori privati e le
istituzioni che operano sul territorio.
Domenica 09 Novembre
2014
Nel Catanese la zona più importante per produzione vinicola è quella
dell'Etna, dove grazie alle condizioni climatiche legate al vulcano, si
ottiene un ottimo vino DOC Etna, nelle tre qualità rosso, bianco e
rosato.
Le
città produttrici in questa zona sono dodici: Linguaglossa, Castiglione
di Sicilia, Piedimonte, Pedara, Milo, Randazzo, Sant'Alfio, Riposto,
Trecastagni, Santa Venerina, Viagrande e Zafferana Etnea. I vitigni
coltivati sono il Cataratto, il Carricante, il Nerello Mascalese e l'Inzolia.
Oltre alla visita nelle numerose cantine è d'obbligo l'ascesa ai
crateri dell'Etna e una visita ai centri storici di
Randazzo,
Linguaglossa e Zafferana Etnea in occasione dell'Ottobrata.
Etna
bianco
Zona
di produzione: i colli che circondano Catania.
Vitigni:
Carricante 60%, Cataratto bianco comune o lucido fino al 40%. Possono
concorrere Trebbiano, Minnella bianca ed altri vitigni non aromatici a
frutto bianco fino ad un massimo del 15%.
Gradazione
alcolica minima: 11,5%. Invecchiamento:
nessuno.
Caratteristiche
organolettiche: colore giallo paglierino con leggeri riflessi dorati;
profumo delicato di Carricante; sapore secco, fresco, armonico. Qualificazioni:
nessuna.
Abbinamenti
:antipasti magri, primi piatti con sughi di pesce, fritture e gratin di
acciughe e sardine, pesci in bianco con salse delicate.
Etna
bianco superiore
Zona
di produzione: parte del territorio del comune di Milo.
Vitigni:
Carricante 80%, Cataratto bianco comune o lucido fino al 20%. Possono
concorrere Trebbiano, Minnella bianca ed altri vitigni non aromatici a
frutto bianco.
Gradazione
alcolica minima: 12%. Invecchiamento:
nessuno.
Caratteristiche
organolettiche: colore giallo paglierino molto scarico con riflessi
verdognoli; profumo delicato, di frutto; sapore secco, lievemente
fresco, armonico e morbido.
Qualificazioni:
nessuna. Abbinamenti
:frutti di mare crudi, risotti marinari, crostacei arrosto, pesci
pregiati al forno o al cartoccio, zuppe di pesce saporite.
Etna
rosato
Zona
di produzione: i colli che circondano Catania.
Vitigni:
Nerello Mascalese minimo 80%, Nerello mantellato (Nerello cappuccio)
fino al 20%. Possono concorrere altri vitigni non aromatici a frutto
bianco fino ad un massimo del 10%. Gradazione
alcolica minima: 12,5%. Invecchiamento:
nessuno.
Caratteristiche
organolettiche: colore rosso rubino che con l'invecchiamento presenta
leggeri riflessi granato o rosato tendente al rubino; profumo vinoso,
intenso e caratteristico; sapore secco, caldo, robusto, pieno, armonico. Qualificazioni:
nessuna.
Abbinamenti
:primi piatti con sughi di carne, arrosti di carni bianche, vitello e
manzo stufati, grigliate miste, formaggi vaccini stagionati.
Etna
rosso
Zona
di produzione: i colli che circondano Catania.
Vitigni:
Nerello Mascalese minimo 80%, Nerello mantellato (Nerello cappuccio)
fino al 20%. Possono concorrere altri vitigni non aromatici a frutto
bianco fino ad un massimo del 10%. Gradazione
alcolica minima: 12,5%. Invecchiamento:
nessuno.
Caratteristiche
organolettiche: colore rosso rubino che con l'invecchiamento presenta
leggeri riflessi granato o rosato tendente al rubino; profumo vinoso,
intenso e caratteristico; sapore secco, caldo, robusto, pieno, armonico. Qualificazioni:
nessuna.
Abbinamenti
:primi piatti con sughi di carne, arrosti di carni bianche, vitello e
manzo stufati, grigliate miste, formaggi vaccini stagionati.
Località
di produzione
-
Aci
S.Antonio, Nicolosi, Pedara, Zafferana, Viagrande - VINI
DEL BOSCO ETNEO
-
Adrano
(CT) - ADRANO
ROSSO
-
Bronte
(CT) - MADERA
DELL’ETNA
-
Catania
- ARABESCO
BIANCO - ARABESCO
ROSSO
-
Etna
- BOSCO
DELL’ETNA ROSSO, BIANCO
DI S. VENERINA
-
SAN
SALVADOR ROSSO - VINI
DELLA PIANA DI MASCALI - BIANCAVILLA
ROSSO
-
BOSCO
DELL’ETNA BIANCO - VINO
ETNA MAZZULLO BIANCO E ROSSO D.O.C. - TRECASTAGNI
- BELPASSO
ROSSO - ETNEI
DI MEZZA MONTAGNA - CICLOPI
ROSSO - BIANCAVILLA
BIANCO
-
Etna
(Riposto) - ANTEO
ROSATO - ANTEO
ROSSO - ANTEO
BIANCO
-
Fiumefreddo
(CT) - TERREMORTE
-
Giarre
(CT) - ETNA
ROSSO SETTETORRI
-
Linguaglossa
(CT) - ETNA
ROSSO RAGABO (ROSSO DELL’ETNA)
-
Mascalucia
(CT) - OMBRA
-
Milo
(CT) - ETNA
ROSATO VILLAGRANDE o VINO DEL GATTOPARDO, ETNA
BIANCO SUPERIORE VILLAGRANDE, ETNA
ROSSO VILLAGRANDE
-
Misterbianco
(CT) - TERREFORTI, CICLOPI
ROSE’, CICLOPI
BIANCO
-
Paternò
e Ragalna (CT) - RAGALNA
BIANCO E ROSSO
-
Randazzo
(CT) - RANDAZZO, ETNA
ROSSO CALDERARA, ETNA
BIANCO CALDERARA
-
Riposto
(CT) - ETNA
ROSSO, NERELLO QUATTROSTELLE, ETNA
BIANCO, ETNA
ROSSO - FATTORIA DI PASSO CAVALLO 1809, SILENO
-
S.Giovanni
Montebello di Giarre (CT) -ETNA
ROSSO - FATTORIA VILLA IOLANDA
-
Solicchiata
(CT) - SPARVIERO
BIANCO E ROSSO, ETNA
ROSSO SOLICCHIATA, ETNA
ROSSO TORREPALINO, ETNA
BIANCO TORREPALINO, ETNA
ROSATO MONTEDOLCE
-
Mascali
(CT) - NERELLO MASCALESE
Le fasi della vinificazione in rosso
Pigiatura e diraspatura.
Prima di effettuare le varie operazioni che portano alla formazione
del vino rosso, è sempre opportuno verificare l'integrità e la
sanità delle uve. Consigliabile è poi utilizzare uve omogenee, della
stessa varietà, magari tenendo conto dell'età del vigneto, del
portinnesto, dei lotti che rendono uve qualitativamente migliori
ecc.: in questo modo è possibile ottenere un prodotto di qualità
ottimale, partendo già dall'inizio con una buona materia prima.
Operazioni meccaniche sulle uve (ricevimento, pigiatura, diraspatura)
Sono operazioni solitamente riunite in una macchina combinata
chiamata diraspapigiatrice. Nel caso di vini rossi, non avviene la
separazione tra mosto e fase solida.
Trasferimento in vasca
Dopo diraspatura e pigiatura, il mosto è trasferito alla vasca di
fermentazione, addizionato di lieviti e di attivanti di
fermentazione. L’operazione di trasferimento può essere effettuata
con una pompa, usando il tragitto più breve possibile e con il minor
numero di gomiti.
Fermentazione alcolica e macerazione
E' consigliabile svolgere la macerazione e la contemporanea
fermentazione a temperatura controllata, in modo da evitare anomalie
nel processo (arresti di fermentazione, sviluppi microbici
indesiderati ecc.). In generale, temperature ottimali per la
fermentazione e la macerazione sono 25-30°C, in quanto permettono
una buona estrazione di sostanze coloranti e di composti tannici.
Diffuso è l'utilizzo di enzimi pectolici, che permettono una
maggiore disgregazione delle strutture cellulari dell'uva; questa
pratica, nel suo complesso, permette di aumentare le rese di
pressatura delle vinacce e di estrarre più facilmente dalle parti
solide composti fenolici e aromatici, con l’obiettivo di avere vini
più ricchi in tannini, meno astringenti e amari. Importante in
questa fase è effettuare rimontaggi e follature: l'azione di
rimescolamento che ne consegue permette una buona omogenizzazione
della massa, aumentando l'estrazione e permettendo l'introduzione
nel mosto di limitate quantità di ossigeno indispensabili per i
lieviti.
Per quello che riguarda la tipologia dei lieviti da utilizzare, si
rimanda a quanto già detto nella fermentazione dei vini bianchi.
Svinatura e pressatura
Subito dopo la fermentazione e la macerazione, viene eseguita la
svinatura, ovvero la separazione del fermentato dalle parti solide,
operazione che può essere eseguita per sgrondatura. Successivamente
si passa alla pressatura delle vinacce: ciò che si ottiene può
essere aggiunto in quantità variabile allo sgrondato, in funzione
del prodotto che si vuole ottenere. Normalmente la pressatura non
avviene con un’unica operazione, ma è il risultato di una serie di
operazioni di incremento della pressione: questo influenza la
qualità del vino di pressa che quindi va separato in diversi lotti.
In particolare si separa il vino di prima pressatura (2/3 del vino
di pressa), che è di buona qualità, dal vino di seconda pressatura
(1/3 del vino di pressa), di qualità inferiore, perché ottenuto a
pressione elevata e di conseguenza contenente sostanze dal gusto
amaro ed erbaceo (in aggiunta al gusto astringente dei tannini di
pressa).
Fermentazione malo-lattica
Al termine della fermentazione alcolica, viene effettuata la
fermentazione malo-lattica, che conferisce maggiore stabilità e
ammorbidisce il gusto del vino. La fermentazione viene operata da
batteri lattici anaerobi, che si sviluppano nella massa del vino e
decompongono l'acido malico in acido lattico e anidride carbonica.
Opportuno è l'inoculo di batteri lattici selezionati, per ovviare a
problemi relativi alla partenza e alla continuazione di questa
fermentazione.
Affinamento e maturazione
A seconda della tipologia di prodotto che si vuole ottenere, si opta
per metodi di affinamento diversi. In generale, per prodotti freschi
e di pronto consumo, ci si limita ad utilizzare contenitori di
affinamento in acciaio inox; per prodotti più evoluti, si possono
utilizzare contenitori in legno: questa pratica, certamente più
onerosa, deve però essere valutata in base alla tipologia di
prodotto che si ottiene e al possibile maggior riscontro economico.
Il legno non è un materiale inerte e per questo motivo, durante
l'affinamento, cede al vino sostanze e aromi che ne modificano le
caratteristiche (struttura, corpo, profumi ecc.), oltre a permettere
una lenta e continua ossigenazione del vino stesso. Le interazioni
fra contenitore legnoso, ambiente e vino sono ovviamente, in
funzione di numerose variabili, quali le dimensioni del recipiente
(rapporto superficie/volume), tipo di essenza legnosa, stagionatura
e tostatura del legno ecc..
Stabilizzazione e confezionamento
Anche i vini rossi, come i vini bianchi, necessitano di trattamenti
stabilizzanti, che servono a mantenerne intatte le caratteristiche
fino al consumo. Per le tipologie di trattamenti e per il
confezionamento, si rimanda a ciò che è stato detto per i vini
bianchi.
PERCHE' POLIFEMO SI
ADDORMENTO' BEATAMENTE.
Etna, "vitigni reliquie" da
riscoprire, "cugini" dimenticati di Nerello e Carricante
02/07/2018 - 17:03di Carmen Greco
Una ricerca del Dipartimento di
Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania fa
riscoprire le uve autoctone minori e apre nuove possibilità per vini
dal carattere sempre più vulcanico
Etna, "vitigni reliquie" da
riscoprire, "cugini" dimenticati di Nerello e Carricante
Chi ha detto che i vitigni di
successo sull’Etna debbano essere solo Nerello Mascalese e
Carricante? Il patrimonio di uve autoctone è molto più ricco di
quello che conosciamo.
Lo testimonia una ricerca del Di3A (il
Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente
dell’Università di Catania) che ha individuato una quindicina di
“vitigni reliquie”, analizzandone le caratteristiche, la morfologia,
le diverse varietà, il patrimonio genetico.
Lo studio, avviato da
Antonio Cicala, ricercatore del Di3A che si è occupato anche di
vecchie tecniche colturali, è firmato da Elisabetta Nicolosi,
Stefano La Malfa, Alessandra Gentile (docenti del Di3A) e da Filippo
Ferlito, ricercatore del Crea (Consiglio per la ricerca in
agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, di Acireale).
«Quando negli anni Duemila -
ricorda Elisabetta Nicolosi - il nostro dipartimento iniziò a
caratterizzare il germoplasma frutticolo del territorio etneo,
nell’andare in giro per catalogare le diverse varietà di frutta,
attraverso le interviste agli agricoltori locali, ci imbattevamo in
piante di vite “diverse” in mezzo ai vigneti delle quali i
viticoltori ci raccontavano le particolarità. Abbiamo poi
confrontato queste notizie con la letteratura esistente, che è
abbastanza vasta e testimonia i vitigni presenti nel nostro
territorio chiamati con tantissimi nomi diversi».
«Nel Vertunno Etneo (un testo
dell’Ottocento dell’abate Geremia dove sono descritte le varietà
delle uve coltivate sull’Etna ndr) vengono citati oltre 50 vitigni
“minori” - dice Filippo Ferlito - oltre quelli già conosciuti,
presenti da tempo immemore sull’Etna. Per questa ricerca ci siamo
interfacciati con una popolazione di vecchi agricoltori che oggi,
forse, non esiste più.
Dal 2001 al 2005 abbiamo “segnato” le piante,
al momento giusto siamo andati a prelevare il materiale che abbiamo
messo a dimora in un nostro campo sperimentale, poi abbiamo
replicato l’operazione su un altro campo sperimentale sull’Etna (a Nicolosi, dove sono stati piantati altri vitigni reliquie di tutta
la Regione ndr), e una volta che queste piante sono andate in
produzione abbiamo eseguito altri tre-quattro anni di rilievi
ampelografici».
Perché “reliquie”?
«Perché le piante sono davvero
poche numericamente, appartenenti a 15-20 vitigni».
Ma potrebbero avere uno futuro
importante da un punto di vista enologico?
«Intendiamoci - chiarisce la
prof. Nicolosi - da un punto di vista produttivo non potranno avere
lo sviluppo degli altri più diffusi, nel senso che non hanno delle
caratteristiche tali da essere vinificati in purezza. Utilizzati,
però, in un uvaggio, il discorso potrebbe essere interessante se non
altro per il fatto che sempre di più dalle nostre parti c’è un
ritorno al prodotto di nicchia legato strettamente all’identità del
territorio e sul vino dell’Etna, in questo momento, c’è un boom.
Questi vitigni antichi potrebbero, per la loro storia, alcuni si
pensa addirittura pre-fillossera, dare sicuramente quel qualcosa di
più attrattivo per l’enoturismo che sta andando alla grande».
Altrimenti tutto verrebbe
relegato in una sorta di studio di archeo-agricoltura...
«Non è solo un discorso da museo
anche perché la coltivazione di questi vitigni dovrebbe comunque
passare dall’iscrizione di alcuni di questi nel registro nazionale
delle varietà. Affinchè un vitigno possa essere coltivato è
necessario, infatti, che venga “autorizzato” ed è nostra intenzione
iscriverli. In maniera non ufficiale molti viticoltori, magari ex
nostri studenti, ce li hanno chiesti per impiantarli».
Però se nessuno li ha più
coltivati un motivo ci sarà?
«Perchè fino alla metà degli Anni
Novanta - risponde Ferlito - si è preferita la quantità alla
qualità. Queste varietà non erano molto produttive, non avevano lo
stesso periodo di maturazione del Nerello Mascalese, non erano molto
carichi di colore e quindi venivano man mano abbandonati. Oggi che i
gusti sono cambiati e i vini un po’ scarichi di colore hanno un
mercato, le prospettive sono diverse. Poi i motivi per cui sono
stati abbandonati possono essere vari. La Vispara, per esempio, non
ha avuto successo, perché era una varietà molto precoce, se il
contadino non interveniva raccongliendola per il consumo della
famiglia, se la mangiavano le api. Una volta le famiglie vivevano
con quello che producevano, il Nerello Mascalese serviva per il
vino, altre uve con particolari gusti e dagli acini più grossi come
la Minnella o il Barbarossa avevano una duplice attitudine anche
come uva da tavola».
A parte la produzione di vino,
quale può essere il ruolo di questi vitigni?
«Se queste varietà hanno
resistito fino ad oggi - argomenta la prof. Nicolosi - le
informazioni sul loro patrimonio genetico possono essere molto
utili. Un esempio è il Terribbile (con due “b” ndr), chiamato così
non a caso perché ha dei geni molto resistenti. Il Terribbile ha un
bel grappolo, fitto, compatto, produttivo; in un programma di
miglioramento genetico potrebbe essere utilizzato tranquillamente.
Moscatella nera e Moscatidduni li stiamo portando avanti da 8 anni
per “trasferire” alcuni caratteri trovati in queste reliquie
nell’uva da tavola. Tornando al Terribbile le analisi qualitative
hanno rivelato un bell’equilibrio acidità-zuccheri con valori
interessanti non abbiamo ancora fatto le microvinificazioni per
vedere il loro comportamento». «I colleghi delle Soat - dice Ferlito
hanno fatto delle prove vinificando tutte le varietà a bacca rossa
insieme. È venuto fuori un vino dal sapore forte assomigliante al
Nerello Mascalese».
Da parte dei vecchi coltivatori
che tipo di accoglienza avete avuto?
«Grande collaborazione - afferma
Ferlito - erano felicissimi. Purtroppo è un mondo che per motivi
anagrafici sta scomparendo, ma loro hanno in mano non solo la
cultura dei vitigni reliquia ma anche le vecchie tecniche di
coltivazione. I “munzeddi” erano dei veri capolavori (le montagnette
di terra attorno alle piante, una tecnica che si utilizzava in
inverno per favorire la raccolta dell’acqua ndr), ma stanno
scomparendo assieme ai loro inventori».
«E poi - interviene Nicolosi -
bisogna considerare che i grandi investimenti sull’Etna sono stati
anche possibili perché molti piccoli agricoltori che avevano anche
meno di un ettaro di terreno hanno venduto. Oggi che un ettaro di
terreno vitato sull’Etna costa 80mila euro, molti hanno venduto
accorpando gli appezzamenti. Il piccolo coltivatore non esiste più.
Sarebbe bello se questi grandi produttori che sono sbarcati
sull’Etna destinassero anche mezzo ettaro alla coltivazione di
questi vitigni antichi, per loro sarebbe sicuramente un valore
aggiunto. Se anche arrivassero ad imbottigliare 2.000 bottiglie di
un vino prodotto esclusivamente con i vitigni reliquia, sarebbe un
bel risultato...».
Un po’ quello che accade con i
grani antichi...
«Sì, anche se quello è un
capitolo a parte. Si parla tanto di viticoltura eroica, di
viticoltura di montagna. Oggi che sull’Etna ci sono, ed è un bene,
grandi investimenti, continuare a coltivare la vite sulle colline
terrazzate dove si può entrare solo con un piccolo ceppo (l’attrezzo
per arare ndr) significa non solo tramandare un metodo ma anche
“mantenere” un paesaggio unico. Il problema, infatti, non è solo il
reperimento e la caratterizzazione dei vitigni dimenticati, ma il
loro mantenimento perché sono varietà che necessitano di spazi e
cure particolari. Devono aver un ruolo, altrimenti restano sui
libri».
http://www.lasicilia.it/news/cibo-salute/172121/etna-vitigni-reliquie-da-riscoprire-cugini-dimenticati-di-nerello-e-carricante.html
Quando la birra e il vino
diventano nettare degli dei
La Polyphemus è un mix di birra artigianale
caratterizzata dall'aggiunta di Nerello Mascalese: il risultato è
eccezionale
La Sicilia, 9 Novembre 2014
La passione e la voglia di creare qualcosa di unico
hanno stimolato l'idea di Delfio Faraci e Leo Biasi entrambi
imprenditori, conoscitori e cultori a vario titolo del mondo della
birra; qualcosa di legato al territorio, alla Sicilia e al suo vulcano.
L'azienda sorge infatti ai piedi dell'Etna (Riposto, via Caragliano 5)
in luoghi in cui da millenni l'uomo è abituato a convivere in un
sodalizio fatto di continue sfide con la natura ribelle. Ma in questi
territori ricchi e fecondi la gente è operosa e attiva. Birrificio
dell'Etna (www. birrificiodelletna. it) è una realtà artigiana che
lavora con passione ed energia ogni suo prodotto. Un'impresa in cui la
passione per le buone cose, il buon bere e l'attaccamento al territorio
si tramutano in birre uniche ed eccellenti capaci di trasmettere a chi
le assapora le stesse emozioni di chi con dedizione e abnegazione le
produce.
W Ulysses. Birra rifermentata in bottiglia ottenuta
con metodi artigianali, non filtrata e non pastorizzata. Possiede un
carattere fruttato con sentori di agrumi e frutta tropicale. Abbinabile
con insalate di mare, insalata di arance, fritti di mare, molluschi,
crostacei, arancini, panelle, salumi e formaggi freschi o
semi-stagionati. Ottima anche per secondi piatti non molto strutturati a
base di carni bianche o pesce.
W Ephesto. Birra rifermentata in bottiglia ottenuta
con metodi artigianali, non filtrata e non pastorizzata. Possiede un
aroma complesso con sentori di nocciola, dolciumi, arancia candita e una
delicata speziatura. Da abbinare con piatti più strutturati come
caponata e parmigiana, piatti a base di frutta secca (molto affine con
mandorle e pistacchi), provola, pecorino e caciocavallo siciliano.
Ottima anche con carni rosse, brasate o alla griglia.
W Polyphemus. Birra rifermentata in bottiglia
ottenuta con metodi artigianali, non filtrata e non pastorizzata
caratterizzata dall'aggiunta di Nerello Mascalese. Con note di dolciumi,
frutta candita, miele, caramello e uva sultanina, è l'abbinamento ideale
per i dolci, cassata e cannolo siciliano su tutti. Ottima anche con
arrosti di carne e pesce che trovano perfetto equilibrio tra le note di
caramello della birra e quelle tostate del piatto. Abbinabile con
formaggi stagionati ed erborinati in particolare.
Da Ulisse a Cesare.
Quando il vino è diventato mito
In questa terra la storia delle diverse dominazioni
si è intrecciata continuamente con la presenza della vite e la
preparazione di vini.
Intorno al 1860 alle falde dell'Etna sono state
ritrovate alcune ampelidi dell'età terziaria: segno di un'antica
attitudine di una terra dove la vite cresceva spontanea.
Poi Fenici, Greci, Romani, Bizantini, hanno
contribuito nel corso dei secoli ad affermare la vite ed il vino di
Sicilia nel mondo. Ai Fenici, audaci navigatori e mercanti conosciuti,
spetta il primato della commercializzazione: furono loro infatti a
portare in tutte le coste raggiungibili dalle loro agili navi i vini
siciliani facendone uno dei prodotti più importanti degli scambi
commerciali di quell'epoca. Il più antico riferimento ai vini
commercializzati dai fenici, sicuramente vini dolci prodotti da uve
sovrammature, in ambito Mediterraneo, è proprio siciliano ed è relativo
ad una iscrizione su un frammento di orcio che risale a 1500 anni prima
di Cristo che recita: «Vino fatto con uva passa nera».
I greci, invece contribuirono a fare della vite non
una coltura spontanea - così come si presentava in diverse aree
dell'isola, e come testimoniato anche da alcune citazioni nell'Odissea
riferita all'isola dei Ciclopi, identificata nelle Egadi, che
rappresentano la prima attestazione letteraria in Europa dell'esistenza
di una protoviticoltura costituita da viti selvatiche - una
"coltivazione": grazie a loro intorno all'VIII secolo a. C. fu
introdotto, ad esempio, l'alberello egeo e i siciliani divennero esperti
conoscitori delle tecniche di coltivazione non solo della vite ma anche
dell'ulivo e del grano.
Il mito dei vini siciliani arrivò anche sulle tavole
dei condottieri e dei poeti della Roma repubblicana ed imperiale: Giulio
Cesare amava il Mamertino, prodotto in alcuni comuni della zona
tirrenica del Messinese, mentre Plinio il Vecchio, amava bere il
Taormina bianco, prodotto con le uve Catarratto bianco, Carricante,
Grillo, Inzolia e Minnella bianca.
È difficile immaginare quali fossero in passato i
profumi del vino: le scarne descrizioni che ci sono giunte sulle sue
caratteristiche organolettiche raramente riportano dei profumi
specifici, soprattutto perchè tra i sensi, quello dell'olfatto era
considerato il più vicino al fiutare degli animali e questo avvicinava
l'uomo alle bestie.
Fa eccezione una citazione di Esiodo per un vino di
Siracusa affermando che «dopo il quarto anno è profumato come fosse
appena uscito dalla pressa».
Con l'avvento del cristianesimo e quindi della
dominazione bizantina, quasi due terzi delle terre dell'isola
diventarono proprietà delle comunità religiose, le quali portarono
innovazioni e miglioramenti alla produzione vitivinicola precedentemente
abbandonata durante le invasioni barbariche.
La storia successiva con l'avvicendarsi di culture
diverse portò ad uno sviluppo a fasi alterne della viticoltura
nell'isola: dai Musulmani che, per ragioni religiose, azzerarono la
produzione di vino, ai Normanni che prima finirono col portare i
contadini all'estirpazione per l'eccessiva tassazione per giungere agli
Aragonesi e agli Spagnoli, che riportarono l'agricoltura e la coltura
della vite sulla via dello sviluppo.
Spetta comunque agli inglesi il merito di aver
favorito la produzione vinicola siciliana: i grandi movimenti delle
flotte inglesi, durante il periodo napoleonico, permisero infatti il
sorgere della grande industria enologica siciliana, incentrata intorno
al Marsala, commercializzato dall'inglese Woodhouse. Per questa via i
vini dell'Enotria sono entrati nelle tradizioni popolari diventando
espressione dell'animo e della cultura delle popolazioni che li
producevano. La storia più recente racconta di una terra che ha superato
la crisi economica causata dalla fillossera, diffusasi intorno al 1880,
ha cercato attraverso la ricerca e la sperimentazione nuovi modelli
produttivi per affermarsi come una delle principali realtà produttive
italiane, seppur legata all'esportazione di vini sfusi.
Oggi c'è invece l'impegno per affrancare la Sicilia
da un'immagine legata alle produzioni eccessivamente alcoliche, da
taglio, destinate ad altri mercati. I valori di unicità dovuti alle
particolari caratteristiche pedoclimatiche del territorio, l'incontro
fra le moderne tecniche enologiche ed antichi e nuovi vitigni, insieme
alla tenacia e alla fantasia delle aziende, hanno permesso di ottenere
in questi anni risultati tali da attirare l'attenzione di molti
imprenditori italiani ed esteri.
La Sicilia, 9.11.2014
|
CERASUOLO DI VITTORIA
D.M. 29/05/73 (G.U. n.
221 del 28/08/73)
In una zona relativamente
ristretta, comprendente l’intero territorio di cinque
comuni della provincia di Ragusa e parte di quello di
due comuni della provincia di Caltanissetta e di due
comuni della provincia di Catania, con le uve di
Frappato e Calabrese, con l’eventuale aggiunta di quelle
di Grosso nero e Nerello Mascalese, . Uso: da arrosto. |
ALCAMO
D.M. 21/07/72 (G.U. n.
249 del 22/09/72)
Sulle colline dell’intero
territorio comunale di Alcamo (da cui il nome) e di
parte di quello di altri nove comuni delle province di
Trapani e di Palermo, si ottengono pregiati vini
bianchi, rossi e rosati: Bianco, Bianco Spumante,
Classico, Vendemmia Tardiva, Rosato, Rosato Spumante,
Rosso, Novello, Riserva.
|
CONTEA DI SCLAFANI
In tutto o parte del
territorio di undici comuni della provincia di Palermo,
tra cui Sclafani Bagni, nell’intero territorio dei
comuni di Vallelunga, Pratameno e Villalba, in provincia
di Caltanissetta, e in parte di quello di Cammarata, in
provincia di Agrigento, si produce questo vino nei tipi:
Bianco, Rosso, Rosato. °. Uso: da arrosto. |
CONTESSA ENTELLINA
D.M. 02/08/93 (G.U. n.
201 del 27/08/93)
Entro i confini
territoriali del comune di Contessa Entellina, in
provincia di Palermo, si produce l’omonimo vino nelle
seguenti tipologie: Bianco, Rosso, Rosato.
|
DELIA NIVOLELLI
D.M. 10/10/95 (G.U. n.
269 del 17/11/95)
La denominazione di
origine controllata "Delia Nivolelli" è riservata ai
vini bianchi e rossi prodotti in parte del territorio
amministrativo dei comuni di Mazara del Vallo (dove
scorre il Delia), Marsala, Petrosino e Salemi, in
provincia di Trapani, nelle seguenti
tipologie: Bianco, Rosso, Spumante |
ELORO
D.M. 03/10/94 (G.U. n.
238 del 11/10/94)
In una zona che
comprende, in tutto o in parte, il territorio
amministrativo dei comuni di Noto, Pachino, Portopalo di
Capo Passero e Rosolini, in provincia di Siracusa, ed
Ispica, in provincia di Ragusa, con le uve dei vitigni
Nero d’Avola, Frappato e Pignatello e l’eventuale
aggiunta di quelle di altri vitigni (massimo 10%) si
producono due tipi di vino:Rosso,Rosato.
|
FARO
D.M. 03/12/76 (G.U. n. 61 del 04/03/77)
Prodotto esclusivamente nel territorio comunale
di Messina, con le uve di Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio e con
l’eventuale aggiunta di quelle di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese, è un vino
dal colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al rosso mattone con
l’invecchiamento. Invecchiamento obbligatorio: un anno. Uso: da pasto. |
MALVASIA
D.M. 20/09/73 (G.U. n. 28
del 30/01/74)
Fra le molte "Malvasie"
che si possono trovare nel nostro Paese vi è quella "di
Lipari" tipica dell’arcipelago delle isole Eolie
(provincia di Messina). L’isola maggiore dello stesso è
appunto quella che ha dato il nome al vitigno e al
relativo vino, che, se ottenuto da uve fresche, ha un
bel colore giallo dorato e un odore gradevolmente
aromatico. Gradazione minima: 11,5°. Uso: da
dessert. |
MAMERTINO |
MARSALA
D.M. 28/11/84 (G.U. n.
347 del 19/12/84)
La zona di produzione
comprende l’intera provincia di Trapani esclusi i
territori dei comuni di Pantelleria, Favignana ed
Alcamo. I vari tipi sono ottenuti da mosti, vini e loro
miscele prodotti con le uve di Grillo e/o Catarratto e/o
Catarratto bianco comune e/o Catarratto bianco lucido
e/o Pignatello e/o Calabrese e/o Nerello mascalese e/o
Damaschino e/o Inzolia e/o Nero d’Avola. |
MENFI
Dd 01/09/97 (G.U. n. 213
del 12/09/97)
La denominazione di
origine controllata "Menfi" è riservata ai vini bianchi
e rossi prodotti in parte del territorio comunale di
Menfi (da cui il nome), Sambuca di Sicilia e Sciacca, in
provincia di Agrigento, e di Castelvetrano, in provincia
di Trapani, nelle tipologie: Bianco, Rosso, Rosso
Riserva, Chardonnay, Grecanico, Inzolia o Ansonica,
Vendemmia Tardiva, Cabernet Sauvignon, Merlot, Nero
d’Avola, Sangiovese, Sirah |
MONREALE
Ddi 02/11/00 (G.U. n. 266
del 14/11/00)
|
PASSITO DI PANTELLERIA
L’isola di Pantelleria
(situata nella provincia di Trapani) è nota, oltre che
per gli stupendi paesaggi e le interessanti zone
archeologiche, anche per i robusti vini che si ottengono
dalle uve di Zibibbo qui prodotte. Due di questi vini
sono: Moscato Naturale , Passito. |
MOSCATO DI SIRACUSA
D.P.R. 26/06/73 (G.U. n.
315 del 06/12/73)
Dal Piemonte al Veneto
fino alla Sicilia e alla Sardegna si producono tanti
prelibati vini con le uve di Moscato bianco, che a mano
a mano che si scende dal nord al sud acquistano in
"potenza". Questo "Moscato" è prodotto nel solo
territorio comunale di Siracusa. Uso: da dessert.
|
MOSCATO DI
NOTO
D.M. 14/03/74 (G.U. n.
199 del 30/07/74)
Ancora oggi si
produce nella parte orientale della Sicilia (ma non va,
però, confuso con il "Moscato di Siracusa" la cui zona
di produzione è situata più a nord) e precisamente nei
comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola in provincia
di Siracusa. |
RIESI
|
SALAPARUTA
|
SAMBUCA DI SICILIA
Dd 14/09/95 (G.U. n. 260 del 7/11/95) In vigneti
situati ad una altitudine superiore ai 200 metri s.l.m. all’interno dei confini
territoriali del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, si
ottiene l’omonimo vino nei tipi: Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Rosato,
Chardonnay, Cabernet Sauvignon. |
SANTA M.TA BELICE
Dd 09/01/96 (G.U. n. 11 del 15/01/96)
Nel territorio amministrativo dei comuni di Santa
Margherita di Belice (da cui il nome) e Montevago, in provincia di Agrigento, si
produce questo vino nelle seguenti tipologie: Bianco, Rosso, Ansonica,
Catarratto, Grecanico, Nero d’Avola, Sangiovese. |
SCIACCA
D.M. 10/10/95 (G.U. n. 269 del 17/11/95)
Dai vigneti situati nell’intero territorio
amministrativo di Sciacca (da cui il nome) e di Caltabellotta, entrambi in
provincia di Agrigento, si ottengono numerosi tipi di vino. Bianco, Rosso, Rosso
Riserva, Rosato. |
Il
Rosso dei Simply Red in vendita on line
22 September 2005
E' stata una sorta di test, nel luogo culto del food & wine italiano
con l'apparizione – per un istante – anche della mitica Sofia Loren,
seppure solo in fortuito passaggio. Ma quest'apparizione potrebbe essere
il segno del destino, per un vino destinato a diventare famoso, come lo
è già il suo produttore. "Il Cantante" è il vino prodotto
in Sicilia da Mick Hucknall, per l'appunto il cantante dei Simply Red ed
è stato sottoposto al "giudizio" da un pool di giornalisti di
settore, in quel della Città del Gusto, a Roma, quartier generale del
Gambero Rosso. Quattro bottiglie di Etna Rosso doc, vendemmie 2001,
2002, 2003, 2004, in degustazione guidata alla presenza dell'enologo che
ne ha curato la vinificazione, Salvo Foti, già artefice dei vini per
Benanti e Gulfi.
Il responso sensoriale è stato lusinghiero, soprattutto per l'Etna
Rosso 2001, un vino che a tutti è sembrato pronto per essere
commercializzato. E Mick Hucknall ha annunciato che, «non abbiamo
ancora deciso di vendere, anche perché non sappiamo bene quale prezzo
fare, ma per questo a ottobre (forse il 17) su Internet faremo un'asta
on line delle bottiglie (la produzione ammonta a 5mila bottiglie, ndr)
del Cantante 2001».
Naturalmente questo happening – con pranzo dedicato ai "sapori
della vendemmia sul vulcano", curato dallo chef Carmelo
Chiaramente, in ottima forma - è stato anche l'occasione per celebrare
l'Etna, per parlare dei suoi vigneti, delle caratteristiche dei vitigni
della Doc, per ripercorrere anche la storia dell'incontro fra il
cantante anglo-scozzese-irlandese e l'enologo Foti. Una storia che
comincia nel 2001, quando il Simply Red decide di acquistare un vigneto
nel territorio di Sant'Alfio e produrre un vino che rispettasse
tradizioni e territorio. Quindi l'incontro con Foti e questa sorta di
"sperimentazione" che dati i risultati ottenuto adesso ha
fatto il passo di sottoporsi a un pubblico qualificato. Si cercano
conferme, mentre il progetto "Il Cantante" continua ad andare
avanti: oggi l'azienda possiede 6 ettari di vigne sui versanti est e
nord del vulcano, nel territorio di Sant'Alfio sono state acquistate
vigne ad alberello e terreni in cui impiantarne di nuove (sempre ad
alberello), si sta inoltre completando la ristrutturazione della cantina
palmento, risalente al 1760 che verrà adibita a museo vitivinicolo e
sala degustazione. Il progetto prevede che l'azienda a regime conti su
10 ettari di vigneti, su una cantina per la produzione di 100 mila
bottiglie: due Etna rosso Doc e due bianchi, uno Etna bianco doc e
"qualcosa fuori dalla Doc" (forse Pinot nero).
Un progetto ormai delineato e avviato, capace di innescare anche un
certo richiamo per il turismo enogastronomico, vista la fama - e
l'etichetta – di chi fa questo vino. Un anticipo del successo che può
avere questa operazione si può avere guardando a come è andato via –
agli sportelli del Banco di Sicilia – "Il Cantante Nero d'Avola",
venduto in 13 mila bottiglie, in doppia confezione a 49 euro. Non poco,
e a scatola chiusa. Evidentemente i fans di Mick Hucknall sono anche
intenditori.
Cantante Doc, il leader inglese dei Simply Red acquista altri vigneti
sull’Etna
Giornale di Sicilia – 21 September 2005
PALERMO.
L’innamoramento continua. Stregato dalla bellezza della Sicilia
alcuni anni fa, il leader dei Simply Red, Mick Hucknall, ha deciso di
acquistare altri vigneti sull’Etna. Piccole porzioni di terra vocata
alla vite che sul vulcano dove la proprietà è molto frammentata sono
già molto significative.
Salvo Foti, il brillante enologo catanese
che assiste Mick in questa sua avventura tra uva e bottiglie, annuncia
che gli ettari sono sei di cui quasi due già vitati e presto
diventeranno dieci. Il cantante inglese dei Simply Red ha acquistato
terreni e un palmento del ‘700 a Sant’Alfio e sta per rilevare gli
altri ettari a Randazzo. L’obiettivo è quello di produrre tra 4
anni circa 100 mila bottiglie, rossi in prevalenza, ma anche qualche
bianco, sul versante nord del vulcano, là dove la viticoltura già
estrema si fa veramente difficile, magari per provare il Riesling o
alti vitigni a bacca bianca che crescono bene col freddo. Hucknall ha
presentato a Roma le prime quattro annate del suo vino etneo che
naturalmente si chiama “Il Cantante”. Un rosso, Etna Doc, blend
tra Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio. Sono pronte le annate 2001,
il 2002, il 2003 e il 2004 sono in fase di affinamento. La metà delle
cinquemila bottiglie, millesimo 2001, sarà in vendita solo via
internet a partire dal 17 ottobre. Un rosso che coniuga struttura ed
eleganza. Musica...allo stato liquido.
Giornale
di Sicilia – 21 September 2005
Il
mito del “Cantante” - 13/10/05
Mick
Hucknall: osannato cantante, coraggioso produttore, attento manager
Mick
Hucknall – il famoso cantante rock dei Simply Red, al centro della
foto con la fidanzata e un amico – si presenta con una carnagione
bianco latte e i fiammanti capelli rossi. Ha però una voce nera e la
sua passione per la black music viene da lontano. Lo chiamano
“red” e non è un caso che Simply Red sia il marchio della band
che ha fondato nel 1984 a Manchester. Dal 2001 – o forse prima –
ha però un’altra grande passione: il vino; meglio se prodotto da
lui e in un territorio naturalmente vocato per i grandi vini: la
Sicilia. Nell'estate del 2001, affascinato dall'Etna, decide di
acquistare dei vigneti al fine di produrre, nel rispetto delle
tradizioni e del territorio, dei vini dell'Etna che siano vera
espressione dei vulcano e, come la grande musica, non abbiano a temere
l’ingiuria del tempo: inizia così, dopo la grande avventura di
Manchester, quella dell'azienda vitiivinicola IL CANTANTE. L'azienda
ha oggi circa sei ettari di superficie vitata e da vitare, in due
versanti dell'Etna: est e nord.
Dalla
vendemmia 2001, con la collaborazione di Salvo Foti, si è iniziato a
selezionare delle vecchie vigne ed a vinificarne le uve autoctone per
la produzione dell'Etna rosso a Doc.
Nel
versante est, nel territorio di S.Alfio, a circa 800 metri s.l.m. si
è proceduto ad acquisire delle antiche vigne ad alberello e ad
impiantare, sempre ad alberello, dei nuovi vigneti e la produzione
dell'Etna Doc di questo versante dell'Etna inizierà, presumibilmente,
con la vendemmia 2006. Qui è anche in fase di completamento la
ristrutturazione della cantina-palmento della metà del XVIII secolo,
dove verranno aperti un museo dedicato alle pratiche vitivinicole e
una sala di degustazione. Le uve dei vini Etna Rosso Doc fin qui
prodotti, provengono invece da vigneti di proprietà del versante
nord, in territorio di Castiglione di Sicilia, a circa 700 metri s.l.m..
Gli
impianti sono ad alberello, 8.000 viti per ettaro, terrazzati e le
varietà sono tutte rigorosamente autoctone etnee (Nerello mascalese e
Nerello cappuccio) selezionate proprio per la produzione di questi
vini tradizionali.
L’altitudine
media, compresa fra i 700 e gli 800 metri, condiziona fortemente le
escursioni termiche gionaliere – che sono state rilevate anche
superiori ai 30 C° nelle 24 h – ma anche mensili e annue,
influenzando così i processi fisiologici delle piante nelle loro fasi
di alligagione, fioritura, invasatura e maturazione dei frutti. Così,
mentre la ricercata esposizione a nord e nord-est accentua gli effetti
dell’altitudine elevata, stemperando le morbide influenze
mediterranee del vicino mare Jonio, quella a est e sud-est, si concede
a produzioni maggiormente quantitative, ma senza nulla cedere nei
confronti della qualità.
Il
progetto definitivo di Mick prevede altre acquisizioni – già
individuate – fino a un comporto totale di dieci ettari di vigne e
la realizzazione dì una cantina per la produzione di un massimo di
100mila bottiglie di vini etnei. A più lunga scadenza sono previste
due tipologie di Etna rosso a Doc e due bianchi di cui uno a Etna Doc.
Mick
Hucknall, che alle doti di cantante unisce quelle di ottimo manager,
non ha fin qui voluto proporre sui mercati tradizionali il suo
prodotto che viene per ora commercializzato solo con il sistema delle
aste private. La primissima asta fin qui indetta di sole 100 casse da
6 bottiglie l’una dell’Etna Rosso Doc 2001, sarà indetta sul sito
web www.ilcantante.com dalle ore 9.00 del 17 ottobre 2005 fino alle
ore 21.00 del 24 ottobre. Trascorso tale termine le 4.400 bottiglie
restanti verranno ritirate dal mercato e riproposte fra 12 mesi.
Ulteriori informazioni dettagliate sulla procedura d’asta, i costi
di spedizione, termini e condizioni tutte, saranno disponibili sullo
stesso sito a partire dalle ore 9.00 del 17 ottobre p.v.
Le
annate 2001/02/03/04 che abbiamo avuto il privilegio di gustare in
casa di Mick, a S.Alfio, nel corso di una piacevole degustazione
guidata dallo stesso Salvo Foti e riservata solo a giornalisti e
specialisti di settore, hanno messo in rilievo come i notevoli sbalzi
di temperatura tra giorno e notte dell’alta collina, abbiano giovato
alle uve che hanno conservato così tutta la loro gamma di profumi
varietali, cui i terreni sabbiosi vulcanici ricchi di minerali hanno
aggiunto forte acidità fissa, mentre le condizioni meteo – inverno
freddo, primavera normalmente piovosa, estate calda ventilata e
autunno fresco – hanno garantita la perfetta sanità dei prodotti. I
quattro vini derivati da una protratta macerazione in acciaio sui loro
stessi lieviti naturali, hanno dimostrato di aver gradito (o di
gradire) il prolungato soggiorno in botte piccola – dai 12 ai 18
mesi – seguito da un calibrato affinamento in bottiglia (annate
2001/02/03). Di nobile e compassata struttura il 2001, invadente nelle
sue grandi note aromatiche – secondarie e terziarie - il 2002, serio
e misurato il 2003, giovanile nel suo fresco entusiasmo il 2004.
Carlo
Ravanello
Vini:
Lucio Dalla sfida Sting con lo Stronzetto dell'Etna
di
Massimiliano Scafi
Dopo la «conversione» all'agricoltura dell'ex leader dei Police,
boom dei vip che si sono dati al vino: da Ornella Muti a Gerard
Depardieu, da Paolo Rossi e
Ottavio Missoni, da Adriano Celentano al
«Baccano» di Gianna Nannini. Intanto l'Italia ha superato la Francia
Sarà amabile e ottimo a fine pasto lo Zibibbo di Gerard Depardieu e
il Dolcetto doc di Ornella Muti corposo e rotondo. Invece, chissà che
sapore avrà lo «Stronzetto dell'Etna» imbottigliato da Lucio Dalla
alle pendici del vulcano. Buono comunque e di alta qualità come alto
è anche il numero dei vip-coltivatori che, come se si fossero passati
la parola, si sono buttati ad investire sul vino italiano. Insomma,
non è solo Sting a essersi dato all'agricoltura.
La passione dell'ex leader dei Police per la terra toscana e i suoi
prodotti non è soltanto un'infatuazione, ma un vero e proprio lavoro,
come ha raccontato lui stesso in una affollata conferenza stampa a
Figline Valdarno. Ma la rockstar è davvero in buona compagnia.
«Cantanti, attori, stilisti, sportivi. Sono sempre di più -
raccontano alla Coldiretti - i personaggi pubblici che negli ultimi
tempi hanno scelto di mettere i loro soldi nella campagna italiana».
Gerard Depardieu, noto gourmet, produce infatti infatti ottimi zibibbi
e moscati nel suo vigneto di Pantelleria. Con altri vini dolci
dell'isola, gli fa concorrenza l'attrice Carole Bouquet, non solo
bella ma dal cognome in questo settore molto promettente. Stefania
Sandrelli invece va sul classico e ha puntato sul Chianti docg, mentre
pure Ornella Muti si tiene sul sicuro e ha scelto il Dolcetto d'Ovada
doc. Folto anche il gruppo dei cantanti agricoltori, guidato da Lucio
Dalla con il suo giù citato «Stronzetto dell'Etna», bianco e rosso.
Tra i cantanti Adriano Celentano, Gianna Nannini che fa rumore con il
suo Baccano e Ron, che ha investito sulle vigne dell'Oltrepo pavese. E
al fascino morbido del vino non hanno saputo resistere nemmeno
stilisti del calibro di Roberto Cavalli, Ottavio Missoni e Roberto
Rosso. Buona pure la presenza del mondo dello sport, da Paolo Rossi,
il Pablito nazionale, fino a Francsco Moser.
La coltivazione delle uve sembra dunque attirare i vip. «Ma non è
solo moda - sostengono alla Coldiretti - . La spiegazione del fenomeno
sta nel fatto che, in un momento di grave crisi generale, il settore
vinicolo sta andando alla grande». Nel 2008, grazie a una vendemmia
record di 45 milioni di ettolitri, più cinque per cento, si è
infatti verificato lo storici sorpasso dell'Italia ai danni della
Francia, ferma a 44 milioni. «Un successo che è il frutto anche di
una crescita qualitativa, con il circa sessanta per cento dei raccolti
destinati alla produzione di vino doc, docg e igt. Il risulatto è che
oggi abbiamo 477 vini a denominazone controllata, controllata e
garantita e a indicazione geografica tipica».
|
Giovani
testimonial del bere bene Nuova cultura.
Si
moltiplicano le iniziative che affidano ai ragazzi la responsabilità di
un consumo consapevole
Venerdì 28 Maggio 2010
dovrebbero essere i giovani a promuovere il bere consapevole del vino.
Nel riquadro il presidente ... Catania. Più voce ai giovani, alla loro
cultura, alle loro idee e all'esperienza che maturano ogni giorno sul
campo. E' questo il concetto che muove molte iniziative, anche
all'interno della manifestazione Cantine aperte, per far sviluppare un
consumo consapevole del vino e dell'alcol in genere. E le idee e i
progetti che si producono in questa direzione sono tanti, anche sul
territorio. E' il caso, per esempio, del progetto varato dalla provincia
Regionale di Catania e presentato proprio nei giorni scorsi. Saranno gli
Istituti agrari, Mazzei di Giarre, Eredia di Catania ed Ipa di Paternò,
e gli Istituti alberghieri Enrico Medi di Randazzo, e Giovanni Falcone
di Giarre, infatti, ad ospitare i corsi di analisi sensoriale promossi
dalla Provincia regionale di Catania in collaborazione con l'Unione
italiana vini per educare i giovani a un consumo consapevole sano ed
equilibrato con il cibo e le bevande alcoliche.
"Wine in moderation" è un progetto pilota sperimentato per la
prima in volta in cinque scuole superiori delle Province di Catania e di
Verona che si basa su un programma educativo in grado di stimolare la
consapevolezza e la competenza dei ragazzi. "Il corso è impostato
su metodologie scientificamente provate ma offre al contempo modalità
di apprendimento interessanti e coinvolgenti - ha affermato il
presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione -. Sperimentare in
prima persona la possibilità di affinare le proprie capacità
sensoriali legate all'area enogastronomica, e la possibilità quindi di
acquisire delle competenze in quest'area - ha aggiunto - può
rappresentare per i ragazzi un'esperienza entusiasmante ed efficace di
educazione al gusto. Lo stile di vita - ha osservato Castiglione - è
ormai considerato un fattore di rischio a livello sociale: l'abuso di
cibo e bevande alcoliche non è più una questione privata. L'educazione
a un rapporto corretto rappresenta un'azione di prevenzione primaria. Il
nostro obiettivo - ha concluso il presidente - è quello di promuovere
stili di vita positivi, favorendo la cultura del consumo responsabile
come norma sociale, prevenendo i comportamenti eccessivi e i rischi ad
essi collegati".
I corsi permetteranno di acquisire crediti formativi e saranno legati a
un programma più vasto che si estenderà anche ai momenti di tempo
libero grazie a un accordo con alcuni locali alla moda che ospiteranno
serate a tema "Wine in Moderation" e premieranno i ragazzi che
avranno frequentato con profitto.
Oltre al presidente Castiglione e all'assessore alle Politiche
giovanili, Pippo Pagano, hanno partecipato alla conferenza stampa di
presentazione dell'iniziativa, Emanuela Panke, responsabile del progetto
dell'Unione Italiana Vini, Michela Cipriani, responsabile laboratorio
sensoriale Unione Italiana Vini, e i presidi e docenti delle scuole
interessate.
Intanto da una serie di analisi e studi statistici emerge che i giovani
cultori del vino aumentano. In Italia, sono sempre di più gli
intenditori ragazzi che frequentano locali ad hoc dove è possibile
assaggiare etichette di tutto il mondo, per approfondire la propria
conoscenza, orientano le proprie scelte verso la qualità ed
attribuiscono al vino valori sani e genuini. Ed è già quasi fenomeno
è il «consumo critico» lo stile sempre più diffuso tra gli
enoappassionati, per i quali lo sperimentare nuove bottiglie, è
l'occasione per incontrare gli amici o conoscerne di nuovi. E' questo,
per esempio, il risultato di un'indagine che, mercoledì 9 giugno
all'Università degli Studi di Trento, sarà al centro del talk show
«Vino, identità e relazioni sociali», con importanti personalità del
mondo del vino, dell'università, della politica e della comunicazione,
chiamate «a raccolta» da Enoteca Italiana per confrontarsi con i più
giovani.
Testimonial dell'evento, che fa parte di «Vino e Giovani», la campagna
di educazione alimentare e comunicazione per le nuove generazioni di
Enoteca Italiana e Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e
Forestali, in partnership con il progetto europeo «WineInModeration.
Art de vivre», l'attrice italiana Valentina Cervi (info:
www.vinoegiovani.it).
Oggi «bere vino si sposa con l'attenzione alla qualità, alla
naturalezza e alla bontà del prodotto», spiega il professor Omar
Calabrese, docente di Semiotica delle arti del Dipartimento di Scienze
della Comunicazione dell'Università degli Studi di Siena,
nell'introduzione al nuovo capitolo de «I Fogli di Bacco», la collana
di Enoteca Italiana, che raccoglie le indagini sociologiche e
statistiche dedicate al rapporto tra le nuove generazioni ed il vino.
«Il vino -prosegue Calabrese- viene ritenuto una componente essenziale
della comunicazione, perchè le occasioni di consumo sono per natura
collettive, e nell'incontro fra soggetti consentono la trasmissione dei
saperi (cosa si beve, distinguere i sapori, collezionare aspetti del
gusto), ma soprattutto emotivi, favorendo il contatto mediante la
conversazione, l'atmosfera di allegria, la condivisione di piaceri».
|
La
viticoltura etnea
Scritto
da salvo foti
Thursday
01 March 2001
Nella regione etnea esistono delle sostanziali differenze climatiche,
non solo rispetto al resto della Sicilia, ma anche tra una zona e
l'altra del vulcano. Ciò è dovuto al fatto che esso si sviluppa su una
superficie troncoconica e alla vicinanza del mare.
La particolare giacitura dell'Etna influenza profondamente il clima, nei
diversi versanti, mediante due fattori: l'altitudine e l'esposizione.
Questi, correlati tra di loro, danno origine a differenti microclimi e
quindi a diverse microzone più o meno vocate, per la coltivazione della
vite, anche all'interno di uno stesso versante del vulcano.
Nella zona etnea si trovano rappresentati, nel giro di alcune decine di
chilometri, paesaggi naturalistici ed agricoli che vanno dal
sub-tropicale a quelli prettamente montani. L'uomo, nella selezione che
ha svolto sui vegetali destinati alla coltivazione, ha dovuto tenere
conto oltre alle esigenze tecniche e commerciali la particolarità degli
ambienti etnei. Ed infatti i vitigni selezionati (autoctoni) dal
viticoltore nei secoli per i diversi ambienti dell'Etna, tranne nel caso
del Nerello Mascalese diffusosi nel resto della Sicilia, sono coltivati
esclusivamente nel territorio etneo o addirittura solo in alcune
contrade di esso.
Significativo è il periodo della vendemmia dei vitigni autoctoni etnei,
che sull'Etna inizia un mese dopo (ottobre) rispetto al resto della
Sicilia. Sull'Etna si possono considerare tre grandi zone elettive per
la coltivazione della vite. La prima è quella compresa tra i 400 e i
900 metri s.l.m., nel versante rivolto ad est, la seconda è quella
compresa tra i 400 e gli 800 metri nel versante rivolto a nord; e la
terza fra i 600 e i 1000 metri nel versante rivolto a sud. Al di fuori
di questi limiti altimetrici si va, quasi sempre, incontro a difetti o
eccessi di alcuni costituenti fondamentali delle uve, con conseguente
decadimento qualitativo dei vini prodotti.
CLIMA
Il clima della zona etnea, oltre ad essere diverso da quello siciliano,
cambia come si è detto anche in relazione al versante del vulcano ed
all'altitudine. Nella zona interessata alla viticoltura si registrano
temperature medie più basse rispetto a quelle dell'Isola. Le
temperature minime, specie nel versante nord, in inverno e anche nel
periodo dell'inizio germogliamento non di rado scendono sotto lo zero,
ed a volte sono persino dannose per la vite. Le temperature massime in
estate non sono quasi mai elevate. Particolarmente interessante, dal
punto di vista enologico, è l'elevata differenza di temperatura
(escursioni termiche anche di 30°) che si registra nel periodo
primaverile-estivo. Un'altra differenza sostanziale rispetto al resto
della Sicilia si ha nel caso delle precipitazioni: dipendono dal
versante e sono molto più elevate nella parte est del vulcano che in
quelle nord e sud. Le piogge, praticamente assenti in estate, sono per
lo più distribuite nel periodo autunno-inverno e non di rado in
concomitanza con il periodo vendemmiale: questo in alcune annate e per
certe zone può essere un fattore limitante della maturazione e della
sanità delle uve.
TERRENI
La natura del terreno della zona etnea è strettamente legata alla
matrice vulcanica.
Può essere formato dallo sgretolamento di uno o più tipi di lava di
diversa età e da materiali eruttivi quali lapilli, ceneri e sabbie. Lo
stato di sgretolamento e la composizione delle lave e dei materiali
eruttivi dà origine a suoli composti o da particelle molto fini
(terreni di Verzella, Caselle), o formati da abbondante scheletro di
pomice di piccole dimensioni (Monte Serra, Monte Gorna nel versante
sud-est), detto localmente "ripiddu", con capacita' drenante
molto elevata.
I terreni vulcanici etnei sono a reazione sub-acida, ricchi in
microelementi (ferro e rame) e mediamente dotati di potassio, fosforo e
magnesio, sono invece poveri in azoto e calcio.
VERSANTI
E CONTRADE
In ogni versante dell'Etna si possono ancora ammirare le migliaia e
migliaia di terrazze in pietra lavica, sovente senza più viti, che
l'uomo ha costruito per conquistare i terreni più impervi, spesso i
migliori per qualità.
Nel versante est in contrada Caselle, comune di Milo (900-920 m s.l.m.),
si producono le migliori uve di Carricante, dal cui succo si ricava
l'Etna Bianco Superiore DOC. In questa contrada, zona limite per la
viticoltura dove spesso il Nerello Mascalese non riesce a maturare bene,
il Carricante ha trovato una connaturale ambientazione. I vini ottenuti,
particolarmente ricchi d'acidità fissa, con un alto contenuto in acido
malico (3-5 g/l), hanno bisogno di svolgere la malolattica, altrimenti
sono disarmonici; è infatti uso comune in queste zone lasciare, dopo la
fermentazione, il vino sulle proprie fecce: in tal modo, in primavera ai
primi caldi, si favorisce la fermentazione malolattica (dice Sestini
nelle 'Memorie sui vini siciliani', 1774: "I vini poi che si
ottengono dalle vigne, che restano in quelle montagne più alte sulle
falde del mongibello, per il clima assai freddo si conservano
perfettamente tutto l'anno, sopra la feccia o mamma come dicesi in
Sicilia, senza essere travasati, maturandosi nella stagione più calda,
lasciando quella acerbità, che portano di natura sua, a tal segno che
si rendono atti a resistere alla navigazione").
L'Etna Bianco Superiore trova il suo naturale equilibrio
chimico-organolettico non prima di due anni dalla vendemmia ed in alcuni
casi dopo 3-4 anni, giungendo a fondere e raccogliere, come scrive Mario
Soldati, "nella sua freschezza e nella sua vena nascosta di
affumicato, le nevi perenni della vetta e il fuoco del vulcano".
Nel versante sud si trovano i vigneti più alti del vulcano, e forse
d'Europa, che in certe contrade superano i 1000 metri di altitudine. La
viticoltura di questo versante è ormai, in massima parte, svolta per la
produzione di vino ad uso familiare. Una discreta superficie vitata, che
rappresenta solo una piccola fetta della notevole estensione di una
volta, si trova ancora oggi nel territorio di Santa Maria di Licodia: in
contrada Cavaliere la vite raggiunge quota 1050 metri.
In questa parte dell'Etna si coltiva oltre al Nerello Mascalese, che è
il vitigno più diffuso, il Carricante e qualche volta il Grenache. Per
l'abitudine diffusa di moltiplicare la vite per propaggine, si sono
preservate in alcuni vigneti ricadenti in questa zona antiche varietà
autoctone etnee quali la Vesparola ed il Nerello Cappuccio, vitigni a
rischio di estinzione.
Nella parte nord del vulcano si producono i migliori vini rossi
dell'Etna. Qui il vitigno per eccellenza è il Nerello Mascalese. In
queste contrade, spesso, ai vigneti si affiancano i noccioleti,
coltivati nei fondali e nelle zone non adatte alla vite. Nel versante
nord si concentra oggi il 45% della produzione enologica, ed in soli due
comuni, Castiglione di Sicilia e Randazzo, si produce il 37% del vino
dell'Etna. Le contrade migliori per la coltivazione della vite, tra cui
citiamo Verzella, Rovittello e Valcerasa, ricadono nei comuni di
Piedimonte Etneo, Linguaglossa e Castiglione di Sicilia. Qui si trovano
i vigneti più vecchi e migliori di Nerello Mascalese, che danno dei
vini rossi di buona alcolicità, molto eleganti e dal profumo speziato.
Nel comune di Randazzo, in agro Gurrida, limitrofo all'omonimo lago,
merita una segnalazione particolare un vigneto esteso circa 40 ettari,
tutto di Grenache, ossia Alicante, vitigno d'origine spagnola. La
particolarità di questo vigneto è quella d'essere franco di piede e
con un'età media di cinquanta anni circa. Il lago ogni inverno straripa
inondando, per un certo periodo, i vigneti limitrofi. L'inondazione
invernale dei vigneti fu una delle tante tecniche tentate come lotta
antifillossera, successivamente abbandonata con l'avvento dell'innesto
su vite americana nei nuovi vigneti.
VITIGNI
AUTOCTONI DELL'ETNA
La piattaforma ampelografica della provincia di Catania, ed in
particolare della zona etnea, intorno all'800 annoverava più di 40
diverse varietà di vite da vino.
La situazione viticola post-fillosserica cambiò drasticamente per
quantità e per qualità.
Reduci del dramma fillosserico dell'Etna furono il Nerello Mascalese, il
Carricante, il Grenache (Alicante) e in percentuale minore la Minnella e
il Nerello Cappuccio. Quest'ultimo nel tempo ha molto ridimensionato,
purtroppo, la sua importanza, rischiando quasi l'estinzione.
Nerello Mascalese
Il luogo d'origine di questa cultivar a bacca nera, da sempre la più
diffusa nella zona etnea, è sicuramente la piana di Mascali, alle falde
dell'Etna, dove questo vitigno si coltiva da almeno quattro secoli. Il
Nerello Mascalese dell'Etna, oggi, è un complesso di popolazioni
clonali molto eterogenee.
E' un vitigno di grande vigoria vegetativa e produttiva condizionata,
sull'Etna, dall'annata, dalla zona in cui viene coltivato, dal sistema
d'allevamento, dalla densità d'impianto e dalle pratiche colturali
impiegate. Questo comporta una notevole variabilità qualitativa delle
uve a maturazione, specie a carico d'alcuni costituenti polifenolici.
Dal punto di vista qualitativo, l'esperienza ha ampiamente dimostrato
che il sistema d'allevamento migliore per il Nerello Mascalese è quello
tradizionale ed antichissimo ad alberello (2-3 branche per pianta con
uno sperone portante due gemme) con alte densità di viti per ettaro
(6.000/9.000 ceppi per Ha).
Purtroppo l'alberello, anche se è ancora il sistema d'allevamento più
diffuso sull'Etna, è destinato ad essere abbandonato da parte dei
viticoltori, a causa degli eccessivi costi di lavorazione e la mancanza
di manodopera. I nuovi sistemi d'allevamento, soprattutto la
controspalliera, spesso non danno per il Nerello Mascalese dei buoni
risultati qualitativi.
E' interessante osservare che il viticoltore etneo è stato sempre
cosciente dell'importanza, ai fini qualitativi, di avere basse
produzioni d'uva per ceppo, come dimostra il detto locale "Cu puta
strittu campa riccu" - chi pota corto (e quindi induce basse
produzioni per vite) vive da ricco. Allevato ad alberello, il Nerello
Mascalese difficilmente produce più di 70 q.li per Ha. Nella zona etnea
è facile trovare vecchie o vecchissime vigne di Nerello Mascalese in
cui è curioso constatare la mancanza di un sesto d'impianto geometrico
delle viti. Questo perché sull'Etna era, ed in parte lo è tuttora,
molto diffusa la pratica di propagazione della pianta per propaggine. Un
tralcio della vite è interrato a circa 80-100 cm di distanza dalla
pianta madre. Dopo qualche tempo la parte interrata svilupperà delle
radici, sarà quindi recisa e staccata dalla pianta madre, formando una
nuova vite, completa di radici proprie. Con questa pratica non avviene
l'innesto sulla vite americana e quindi la pianta così formata
potrebbe, in certi terreni, essere soggetta alla fillossera. Il Nerello
Mascalese, coltivato sino agli anni '50 quasi esclusivamente nel
catanese e nel messinese, negli ultimi 20/30 anni si è largamente
diffuso nel palermitano e nell'agrigentino, dove è allevato
principalmente a tendone ed a spalliera, tanto da diventare, dopo il
Nero d'Avola, la più importante varietà ad uva nera siciliana. Deve la
sua diffusione in queste province proprio all'alta vigoria produttiva
esaltata da sistemi d'allevamento come il tendone (350-400 q.li per Ha)
e la controspalliera.
Gli ettari di Nerello Mascalese oggi iscritti all'Albo dei vigneti Etna
a D.O.C. sono circa 220 di cui quasi la metà con oltre 30 anni d'età.
Carricante
Il Carricante, detto "Carricanti", da sempre esclusivamente
coltivato nella zona etnea, è un antichissimo vitigno selezionato dai
viticoltori di Viagrande (versante est), solitamente nelle contrade più
elevate dove il Nerello Mascalese difficilmente maturava o nei vigneti
in miscellanea con lo stesso Nerello Mascalese e con la Minnella bianca
(altra cultivar autoctona). E' un vitigno che sull'Etna dà vini
contraddistinti da un basso contenuto in potassio, da un'elevata
acidità fissa, da un pH particolarmente basso (2.9/3.0) e da un
notevole contenuto in acido malico. Gli ettari di Carricante iscritti
oggi all'Albo dei vigneti Etna a D.O.C. sono circa 50 di cui quasi la
metà con oltre 30 anni d'età.
Nerello cappuccio
In Sicilia il nome di Nerello Cappuccio, o "Mantiddatu niuru",
o "Niureddu Ammatiddatu", si attribuisce a diversi vitigni che
hanno un portamento a mantello delle foglie. Si ignora quale sia
l'origine di questo vitigno. Dal Nerello Cappuccio, coltivato sull'Etna,
si produce un vino che nella percentuale del 15-20% con il Nerello
Mascalese, dà dei vini rossi dalle spiccate caratteristiche di
tipicità e particolarmente adatti all'invecchiamento.
ANTICHI
VITIGNI E NUOVE TECNOLOGIE
Un'indagine scientifica, Indagine sulla natura e sul contenuto di alcune
classi di polifenoli in uve prodotte nella Sicilia Orientale, curata da
me con Rocco Di Stefano e Borsa, finalizzata al miglioramento
qualitativo nella produzione di vini a DOC dell'Etna, durata diversi
anni, è stata svolta dal 1988 presso l'azienda vinicola Benanti, in
collaborazione con l'Istituto Sperimentale per l'Enologia di Asti.
L'indagine ha principalmente preso in esame uve e vini delle più
importanti varietà autoctone etnee: Nerello Mascalese, Nerello
Cappuccio, Grenache a bacca rossa e Carricante, Minnella Bianca e
Vesparola (nome locale di varietà non ben identificata) a bacca bianca,
e della Sicilia Sud orientale: Nero d'Avola e Frappato di Vittoria.
La ricerca è sata svolta per comprendere le cause delle frequenti
ossidazioni a cui vanno soggetti i vini ottenuti da queste uve, e
contribuire al miglioramento delle tecniche di vinificazione e della
qualità dei vini della zona in esame. Gli studi sono stati condotti con
tecniche che tengono conto delle moderne conoscenze, opportunamente
adattate all'ambiente considerato. Lo studio chimico, in particolare, ha
preso in esame il cosiddetto "profilo polifenolico", cioè
quelle sostanze che formano il colore e la tannicità dell'uva e del
vino, e il "profilo aromatico", ossia quei costituenti
(precursori d'aroma) che evolvendosi nel vino formano il
"bouquet" detto profumo evolutivo.
L'interesse per le sostanze polifenoliche dell'uva è legato in modo
particolare al ruolo fondamentale che esse giocano nella formazione
delle caratteristiche organolettiche (colore, odore e sapore) del vino.
Ruolo che, anche se solo in parte conosciuto, appare rilevante sia per i
vini rossi sia per i bianchi. La conoscenza qualitativa e quantitativa
di questi composti nelle uve e nei vini è pertanto indispensabile al
fine di una corretta programmazione delle vinificazioni e
dell'invecchiamento. Riportiamo a seguire, in sintesi, i risultati di
questo studio.
Nerello Mascalese. I dati rilevati hanno mostrato che questa varietà è
a maturazione piuttosto tardiva rispetto ad altre coltivate in Sicilia.
Si può ipotizzare che il viticoltore etneo abbia selezionato nei secoli
una varietà di uva a maturazione tardiva, non avendo allora mezzi
tecnologici a disposizione per consentire la raccolta e la vinificazione
in un periodo, ottobre, in cui i primi freddi autunnali contenevano le
alte dannose temperature di fermentazione del mosto, che sono
condizionate dalla temperatura dell'uva al momento della pigiatura e da
quella dell'ambiente esterno. Oggi questi problemi sono superati
dall'impiego di serbatoi termocondizionati, in cui si decide la
temperatura di fermentazione indipendentemente da quella esterna.
Infatti oggi è possibile svolgere la vinificazione di uve alloctone,
selezionate in zone fredde e coltivate in climi caldi dove maturano in
piena estate. Tipico è il caso dello Chardonnay, che si è potuto
diffondere e vinificare in tutto il mondo ed in qualsiasi condizione
climatica. In Sicilia questa varietà matura già da fine luglio (fine
agosto sull'Etna), cioè più di due mesi prima del Nerello Mascalese o
del Carricante. Un aspetto interessante della ricerca è scaturito dal
confronto tra grappoli di Nerello Mascalese provenienti da vigne ad
alberello e grappoli provenienti invece da vigne allevate a
controspalliera. Gli acini delle vigne ad alberello sono mediamente più
piccoli, ed in essi vi è una più alta concentrazione di sostanze
estrattive (zuccheri, colore, aromi), e quindi una maggiore qualità
organolettica e tecnologica. Dallo studio dei dati analitici relativi ai
polifenoli, si sono riscontrate delle anomalie nelle percentuali degli
antociani (sostanze responsabili del colore dei vini) presenti nelle uve
del Nerello Mascalese. Merita una particolare segnalazione il fatto che
la composizione antocianica di questa varietà è caratterizzata dalla
mancanza di particolari antociani detti, per loro composizione chimica,
acilati, così come è segnalato per il Pinot Noir; sembra che il
Nerello Mascalese ed il Pinot Noir siano le sole uve al mondo, sino ad
oggi studiate, ad avere questa caratteristica.
Nerello Cappuccio. A differenza di quanto riscontrato nel Mascalese, il
Nerello Cappuccio presenta un alto indice di antociani totali, e più in
generale le caratteristiche di uve che danno vini abbastanza colorati ma
solitamente poco adatti all'invecchiamento. Queste differenze rendono in
qualche misura complementare sotto l'aspetto polifenolico (e come
vedremo anche aromatico) il Nerello Mascalese ed il Nerello Cappuccio,
confermando così, anche dal punto di vista scientifico, la correttezza
tecnologica del loro tradizionale taglio nelle percentuali previste dal
disciplinare di produzione dei vini rossi dell'Etna a DOC, disciplinare
tra i più antichi d'Italia (1968).
Scendendo nel dettaglio delle caratteristiche aromatiche delle due uve,
dal Nerello Mascalese ci si può aspettare un aroma varietale più
complesso, dalle note terpeniche (moscato) a quelle di tabacco e dal
Nerello Cappuccio aromi simili a quelli estratti dal legno, vanigliati,
aromi di frutta conservata, di ciliegia.
Dal canto loro, le uve della cultivar Carricante, varietà anch'essa a
maturazione tardiva, si rivelano neutre, a scarso tenore di composti
terpenici (moscato). Tuttavia, opportunamente vinificato, il Carricante
con l'invecchiamento può manifestare note complesse, tali da lasciar
prevedere la formazione di caratteri aromatici molto variegati. E'
interessante ad esempio la presenza considerevole in vini di Carricante
di quattro/cinque anni del composto 1,1,6-TRIMETIL-1,2-DIDRONAFTALENE,
responsabile del tipico aroma dei Riesling invecchiati.
La conoscenza e l'esperienza acquisita con queste ricerche scientifiche,
mai svolte in precedenza su questi vitigni autoctoni siciliani, sono
state in seguito praticamente tradotte in alcuni protocolli di
coltivazione dei vigneti e di vinificazione delle uve dall'azienda
Benanti, con risultati sino a qualche anno prima impensabili dal punto
di vista della qualità dei prodotti. E' così iniziata una nuova fase
dell'Enologia etnea che ha portato i vini dell'Etna ad una riscoperta da
parte dei consumatori più attenti ed esigenti, con conseguente maggiore
attenzione e valutazione da parte degli addetti al settore enologico e
degli opinion leader. Tale riconoscimento qualitativo generale dei vini
dell'Etna ha anche consentito una più alta remunerazione economica
nella vendita del vino imbottigliato. Tutto ciò è servito a spronare
un settore che sull'Etna, da molto tempo, attraversava un periodo di
stasi, aumentando l'impegno dei produttori esistenti e l'interesse di
altri giovani nuovi produttori ad investire in un'attività che oggi non
è solo agricola, ma che si contorna di interessi turistici, culturali,
e sociali.
|
Un belga sull'Etna. «Tra vino e natura la
perfetta felicità»
La Sicilia, Lunedì 02 Giugno 2014
Maria Ausilia Boemi
Solicchiata. L'antico gelsomino che si arrampica sul terrazzo inondato di sole
inebria l'aria con un profumo che si spande sui dolci declivi dell'Etna: è di
questo angolo di mondo ubertoso di verde ed "esploso" di fiori in primavera e in
estate, candido talvolta di neve ovattata d'inverno, baciato sempre dal sole
della «felicità perfetta» e graziato dalla munifica generosità di Bacco, che
Frank Cornelissen, un belga fiammingo 53enne di Hasselt, dopo avere girato il
mondo, ha deciso di fare la propria casa, di mettere radici con la compagna
giapponese Aki e i loro due figli "brontesi", Clara, 4 anni e mezzo e Arturo, 2
anni e mezzo. Solicchiata onfalo del mondo, rifugio al quale tornare. Casa,
appunto. «Piccolo paradiso», come lo definisce Frank, occhi azzurri e fisico
asciutto, che sottolinea che «questo è un posto dove non mi dispiacerebbe
morire: non perché io non ami la vita, tutt'altro, ma perché questo è un luogo
dove mi sento veramente bene».
A Solicchiata Frank è arrivato nel dicembre del 2000, ma solo di passaggio per
ritrovare un vino di Passopisciaro che aveva assaggiato in precedenza. Ha deciso
poi di fermarsi qui a partire dal 2001 e cominciare a produrre vino, seguendo
un'antica, quasi atavica, passione. Con metodi del tutto nuovi, anzi antichi,
che all'inizio hanno quasi scandalizzato i produttori del luogo: dalla
"scrematura" delle viti liberate dall'uva in eccesso alla vendemmia effettuata
scegliendo acino per acino fino all'utilizzo, al posto delle tradizionali botti,
di anfore sotterrate in terracotta dove il mosto si trasforma nel nettare di
Bacco. «Quando sei solo a fare cose anomale - ricorda con un sorriso Frank - ti
considerano pazzo; se si è in due, si è strani; poi, quando certe cose
cominciano a farle in quattro, allora la gente comincia a chiedere: "Ma perché
lo fai? Forse allora non avevamo capito noi qualcosa". I primi anni qui sono
stati veramente bellissimi».
Una passione, quella per l'enograstronomia, ereditata dal padre, pilota di
caccia, e dalla madre, direttrice della locale scuola alberghiera. «Sono nato a
Hasselt - racconta - in una zona povera del Belgio che oggi, grazie alla sua
posizione strategica nel cuore dell'Europa, conosce un boom industriale».
Per anni Frank ha girato il mondo lavorando per una azienda di attrezzature da
trekking e da montagna: dal Giappone agli Usa, dalla Corea a Macao, dal Nord al
Sud dell'Europa. Poi l'arrivo "casuale" sull'Etna e la decisione di mettere su
casa sul vulcano. «Penso che ciò che mi ha portato a fare il vino sia stata la
cultura della gastronomia, che ho respirato sin da bambino a casa: la mia
famiglia ha sempre coltivato una curiosità enogastronomica che ci portava spesso
a viaggiare, anche all'estero. La passione specifica per il vino, poi, l'ho
ereditata da papà. All'età di 14 anni ho cominciato a comprare bottiglie per la
mia cantina privata: allora i prezzi erano più accessibili e io d'estate andavo
a raccogliere pomodori, mele o fragole e con il ricavato compravo vini. A questo
si è aggiunta la passione per la montagna che mi ha fatto comprendere,
attraverso il legame con la natura e con ciò che ci circonda, la grande
fragilità umana». E' quindi nella «perfetta simbiosi trovata sull'Etna» tra la
grande forza della natura e quella della cultura che è data dal vino, «frutto
dell'uva, prodotto estremamente spirituale legato alla natura stessa, che l'uomo
trova la perfetta felicità: bisogna capire i due livelli per arrivare all'apogeo
di questo prodotto».
Perché nel vino è racchiusa tutta la filosofia della vita secondo Frank: «Non mi
piace parlare solo di un elemento, il vino è un insieme di cose, come la vita.
Qui a Solicchiata mi piace l'ambiente: era perfetto per il vino, ma non è
soltanto questo. Qui ho trovato il posto dove mi piacerebbe morire: penso
infatti che la morte sia l'essenza della vita, non perché la vita non mi
piaccia, anzi, ma perché senza la morte la vita non ha valore».
Dopo tanti giri per il mondo, quindi, la decisione di fermarsi «perché il senso
di "appartenenza" che mi pervade in questa vallata è molto importante». Una
decisione presa anche per la mancanza di legami sentiti con la cultura di
origine: «Ho la famiglia in Belgio, e questa è una dimensione importante. Ma non
ho tanto altro in comune con il mio Paese: anzitutto perché lì non c'è la
montagna. E la vita, peraltro, è molto altro ancora».
«Quando mi sono trasferito qua nel 2001 non avevo idea di cosa fosse un'azienda
agricola: ero un broker di vini che compravo su richiesta dei clienti».
Sull'Etna all'epoca c'era poco movimento, il vino di queste contrade non aveva
conosciuto ancora l'exploit che lo avrebbe reso successivamente - soprattutto da
5-6 di anni - un "must" nel mondo. «Ma fortunatamente, nonostante il grande
successo mondiale, la viticoltura è rimasta inalterata, la zona non è stata
devastata come è avvenuto invece nel Nord Italia. Qui in questa vallata si vive
meglio che al Settentrione, dove l'industria ha subìto colpi pesanti. E anche
dal punto di vista agricolo siamo messi meglio perché il vino si vende molto di
più all'estero rispetto ad altri prodotti agricoli più deperibili. Il vino dà
visibilità internazionale e mi sento di fare parte di questa rinascita
dell'Etna: questa vallata è riconosciuta oggi come uno dei migliori posti
d'Italia per la produzione di un vino di grande definizione e precisione, citato
accanto al Barolo e al Brunello. E siamo solo all'inizio di quella che non credo
sia solo una moda. Il problema sarà però per la prossima generazione: il
benessere economico porta infatti anche tensioni, invidie, danneggia la cultura
locale».
E' già accaduto in Piemonte, dove «si è persa la semplicità del buon
mangiare e del buon bere nell'osteria, col vino alla spina: lì ormai sono tutti
ristoranti stellati, da guida Michelin».
Felice, quindi, a Solicchiata: ma rimpianti ne ha Frank, il belga trapiantato
sull'Etna? «No, se ne avessi sarei già andato via. Potrei andare in Giappone,
Paese che amo molto (non per nulla, ma per «destino», anche la prima compagna
era giapponese e con lei Frank ha un figlio di 8 anni, Kazan), Paese che, come
l'Italia, ha una cultura architettonica e artistica finissima, alla quale, però,
a differenza dell'Italia, si aggiunge un grandissimo rispetto della natura. Ma
qui ho tanto da fare: ho 53 anni e davanti a me posso pensare di avere 25
vendemmie al massimo. Ho infatti scelto un mestiere arcaico che fa produrre
soltanto una volta ogni 12 mesi. Considerando che nel mondo del vino ogni 5-10
anni c'è una grande annata, tecnicamente posso produrre al massimo 5 grandi
vini, non di più: non ho quindi tempo da perdere, ho sempre più da fare. La più
grande sfida è comunque portare l'azienda verso la prossima generazione: i miei
figli potranno aumentare o ridurre i quantitativi, l'importante però è la linea,
la filosofia che riesco a trasmettere loro». Una filosofia che dovranno
apprendere - se vorranno seguire le orme del padre - nel corso di un
apprendistato che da una base umile li porterà man mano ai vertici aziendali,
perché per sapere gestire bisogna conoscere il lavoro in tutte le sue
sfaccettature. Saggezza antica. Per produrre comunque sempre non vino di massa,
ma necessariamente di qualità. «Utilizziamo i sistemi antichi di coltivazione ad
alberello, nelle terrazze non possono passare i trattori e quindi la
coltivazione è tutta manuale. Ovviamente i costi sono più alti, ma è meglio
puntare sullo specifico che sul generico: gireranno meno volumi di affari, ma
genereranno una visibilità impressionante che altre zone non hanno». La tendenza
è quella di esaltare le microzone dell'Etna: «Una volta si diceva vino
siciliano, oggi vino dell'Etna, che è un'isola nell'isola, tra qualche anno si
dirà vino della vallata dell'Etna nord, e alla fine si dirà vino di Solicchiata».
Ma in sintesi, con quali occhi vede i siciliani un belga innamorato dell'Etna?
«La Sicilia è un'isola e i siciliani, come tutti gli isolani, sono molto legati
alla loro terra, al loro territorio e hanno difficoltà a spostarsi e ad
"aprirsi": invece è importante viaggiare nel mondo e fare esperienze in altre
culture. In Belgio, dove non abbiamo una grande cultura che ci unifica e siamo
un piccolo Paese nel cuore d'Europa, abbiamo al contrario la necessità
imprescindibile, per fare affari, di aprirci agli altri. E' importante questa
apertura soprattutto oggi che Internet ha reso il vasto mondo degli affari una
piazza».
Il profumo dell'antico gelsomino inebria ancora l'aria primaverile.
L'inarrestabile energia del vulcano e la bucolica pace della plaga - in «questa
Etna terra di contrasti, dinamiche e tensioni», ma che sa essere anche casa
accogliente - nutrono le viti e scorrono nelle vene di questo belga
multiculturale e multietnico che ha eletto Solicchiata a dimora: perché quando
cuore e cervello, passione e razionalità trovano la loro sintesi e apogeo,
allora lì è la «felicità perfetta».
Tante le etichette apprezzate anche all' estero
(Benanti, Cottanera, Murgo): «Qui le terre possono godere di una eccezionale
esposizione al sole mentre la vite si coltiva anche oltre i mille metri.
Ciò dà ai vini dell' Etna corpo e freschezza». Alfio Sciacca.
Le bottiglie della frontiera In questi ultimi
anni l' Etna si sta rivelando come la più promettente frontiera del
vino siciliano di alta qualità. Il terreno vulcanico e il clima creano
un habitat ideale per la vite. I migliori interpreti del genius loci
sono i fratelli Cambria dell' azienda Cottanera (Castiglione di Sicilia,
tel. 0942.963601) che grazie agli agronomi Vecchio e Biondo, con la
supervisione di Leonardo Valenti, hanno messo in bottiglia, vini davvero
esplosivi. Prorompente il Sole di Sesta, un esuberante Syrah, l'
opulento e immenso Grammonte (merlot) e l' originalissimo, ma sempre
ricchissimo Ardenza (con vitigno mondeuse). Valido anche il Fatagione,
rivisitazione in chiave moderna del nerello mascalese.
Altro
protagonista della rivoluzione enologica etnea è Giuseppe Benanti
(nella foto il figlio Salvino, Viagrande, via Garibaldi 75, tel.
095.7893533) che punta a valorizzare i vitigni autoctoni. Di grande
valore il Rovittello, profondo e mediterraneo, il Serra della Contesa è
speziato e corposo, e il Rosso di Verzella, più morbido e suadente,
tutti e tre sono vini Etna Doc a base di Nerello Mascalese. Molto
promettente la linea dei monovitigni, nella quale spicca il Nerello
Cappuccio. Infine a Catania va menzionato il Terra delle Sirene,
grintoso Nero d' Avola, di Hans Zenner (via Mascagni, tel. 095.530560).
prodotti tipici La lattante è di mandorle
I
CAMPIONI
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|
I
vini a D.O.C. dell'Etna
Caratteristiche
|
ETNA
ROSSO
|
ETNA
ROSATO
|
ETNA
BIANCO SUPERIORE
|
ETNA
BIANCO
|
Colore
|
rubino con riflessi
granato con l'invecchiamento
|
rosato al rubino
|
giallo paglierino con
leggeri riflessi dorati
|
giallo paglierino con
leggeri riflessi dorati
|
Odore
|
vinoso intenso tipico
|
intenso tipico
|
profumo delicato di
carricante
|
profumo delicato di
carricante
|
Sapore
|
caldo robusto pieno
armonico asciutto
|
caldo robusto pieno
armonico asciutto
|
fresco armonico asciutto
|
fresco armonico asciutto
|
Min. grad.
alcolica
|
12,5
|
12,5
|
12
|
11,5
|
Affinamento
|
fino a 6 anni
|
fino a 3 anni
|
fino a 3 anni
|
fino a 2 anni
|
Abbinamento consigliato
|
arrosti selvaggina
|
tutto pasto
|
frutti di mare crostacei
|
frutti di mare crostacei
|
Vitigni
|
nerello mascalese (min
80%) nerello mantellato (max 20%)
|
nerello mascalese (min
80%) nerello mantel-lato (max 20%)
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carricante (min 60%)
catar-ratto bianco comune e/o lucido (max 40%) trebbiano e/o
minnella bianca (5%-10%)
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carricante
(min 60%) catar-ratto bianco comune e/o lucido (max 40%) trebbiano
e/o minnella bianca (5%-10%)
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STRADE
DEL VINO DELL'ETNA
Alcune
enoteche:
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"la
Nuova Cantina" - 95126 Catania (CT) - Via Grasso Finocchiaro, 120
Tel.095.493860
-
Osteria
Uno" - Catania (CT) Tel.095.438936 Cell.388.0417910
-
sud
Est" Vini & Co. - 95131 Catania (CT) - Via A. Di Sangiuliano,
171 Tel.095.315583
-
voglia
Di Vino" - 95131 Catania (CT) - Via F. Crispi, 236 Tel.095.537178
-
Florio
- 95127 Catania (CT) - Via Vittorio Emanuele Orlando, 129/131
Tel.095.505262
-
Tocco
Di Vino - 95024 Acireale (CT) - Via Galatea, 18/20 Tel.095.7634215
-
Regionale
Di Sicilia - 95129 Catania (CT) - Viale Africa, 31 Tel.095.7462210
-
Tarallucci
E Vino - 95126 Catania (CT) - Via Duca Degli Abruzzi, 185 Tel.095.372187
-
Il
Grappolo D'uva - Enoteca (ristoranti) - 95131 Catania (CT) - Via
Vittorio Emanuele, 83 Tel.095.7150291
-
L'enoteca
Di Sicilia D.o.c. Di Tracin Agata E C. S.a.s. - 95127 Catania (CT) - Via
Leopardi Giacomo, 5 Tel.095.7110081
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