UN
REMOTO E UN RECENTE PRESEPE
Ecce
Dominus veniet, et erit in die illa lux magna ...
- Prope est iam dominus ...
- Veni Domine, et noli tardare...Voci
bianche di fanciulli e voci scure d'adolescenti, sopra le note dell'organo, là
dalla cantoria come dall'alto del cielo, precipitavano tra le navate, cadevano
sopra i fedeli. I cherichetti, in tunica rossa e cotta bianca, si muovevano sul
presbiterio a passo di danza, facevano oscillare il turibolo, spandevano fumi
azzurri d'incenso. Tuonava con voce grave l'officiante là all'altare, sotto il
drappo che nascondeva il presepe, sotto la faccia di saraceno del santo eremita
che troneggiava dentro il catino dell'abside: "Praecursor pro nobis
ingreditur ... Ipse est Rex iustitiae, cuius generatio non habet finem ...
"
Sera
dopo sera la cerimonia in chiesa, il rito affollato di suoni, luci, odori,
figure, colori. Si snodava in questo modo la novena, si procedeva atto dopo
atto, verso la conclusione del gioioso dramma, verso il Natale, l'apertura del
sipario, l'apparizione del Bambino, il fulgore d'ogni luce, il dispiegamento
d'ogni canto, il concerto delle campane.
Diciamo
d'un remoto Natale in un paese ai piedi dei Nebrodi, nella piana fitta d'ulivi e
d'aranci, il mare di fronte con le Eolie fantasmatiche all'orizzonte e le
boscose colline alle spalle, l'immenso Etna in fondo di nevi e caligini.
C'era
stata, già prima, tutta l'ansia, c'era stato il travaglio per preparare in casa
il presepe. La ricerca di sugheri, legni, pietre, vetri, stagnola, cartoni,
tutta l'ossatura del favoloso teatro, l'apparato di monti, valli, anfratti,
fiumare, gole, grotte, la primigenia, la nuda creazione di un ritaglio del
mondo.
E
quindi, sopra il deserto, i segni dell'uomo, recinti d'ovili, casupole sparse,
villaggi, masseria, casali, mulini, e la città sullo sfondo, alta incombente,
la fortezza con mura merlate di un potere nefasto, di un re spietato
che avrebbe
introdotto nel quadro serafico la lama del male, la tragedia d'una Strage. La
pelle poi sullo scabro apparato, il tenero muschio, smeraldo, raccolto lungo gli
argini dei torrenti, sopra gli orli di gèbbie e lo spino pungente che diveniva
nimbo sopra la Grotta, su cui si sarebbe adagiata, a fiocchi, la neve, avrebbero
volteggiato in Gloria gli angeli. E prati, siepi, alberi - ginestre,
fichidindia, corbezzoli, ulivi, palme -, cascate d'acqua, laghi d'argento.
Nel
notturno cielo di carta, stelle infinite, vie lattee, tenebrosi sprofondi e
vividi sprazzi, l'arco della cometa che sovrasta e attraversa tutto il teatro.
Il mondo animato infine, animali, uomini, divine presenze.
I
pastori. Giungevano da santo Stefano di Camastra, il paese vicino dei
"cretari", sortivano dalle fornaci dei Gerbino, dei Frantatonio, in
cui si cuocevano giare alte e panciute come badesse (la giara di don Lolò
dell'omonima commedia di Pirandello), scifi, brocche, piatti, mafarate, càntari,
lucerne ... Tutto vasellame d'uso, ma il solo oggetto di "delizia",
d'ornamento che gli "stazzonari" si concedevano era la mastrangela, la
madre degli angeli, un'ottocentesca damina bianca con sulle spalle le ali
spiegate. Ed erano di delizia anche i pastori a Natale, per cui erano delegati i
"carusi", gli apprendisti. Che modellavano con mano grande, maldestra,
come quella del ragazzo "aspro e vorace" di Saba, ma che spalmavano i
pastori con colori soavi, rosa, pistacchio, celeste, giallo, i colori dei
"pupi" di zucchero, del marzapane, dei gelati.
Si
disponevano sul presepe prima i pastori dei margini, delle baide ignare, quiete,
non ancora investite e sconvolte dell'improvvisa Novella: la vecchia che fila,
il contadino che zappa, il garzone tra le pecore al pascolo, il mugnaio, il
maniscalco, il pescatore, il dormiente, l'infreddolito davanti al braciere ...
Al
centro poi la luce e il moto, la danza degli angeli sospesi, il procedere in
terra verso il luogo del prodigio, del richiamo, il convergere all Grotta del
miracolo: gli zampognari, gli offerenti, lo "spaventato", i Magi e,
sulla soglia dell'antro, in piena luce, come sorti dal profondo, dal buio,
l'asino, il bue, i due attori supremi, Giuseppe e Maria, chini, adoranti accanto
alla mangiatoia ancora vacante. Un tempo lungo, di nove giorni, doveva
trascorrere perché si concludesse il trionfo, con l'apparizione del bambino
rosato, questo spettacolo.
In
questo tempo, dopo il rito liturgico, c'era la notte l'attesa di un'altra
Novena, quella cantata sotto il balcone dai ciaramiddari, cantata dal cieco:
Quannu
Cesari jittavu lu gran
bannu 'mpiriusu.
'nta la piazza si truvava San
Giuseppi gluriusu.
questo
il Natale di un paese ai piedi dei Nebrodi, il favoloso presepe della remota
innocenza.
Tanti
altri presepi poi vedemmo, con occhi ormai di disincanto, dai più preziosi del
museo di Trapani ai popolari della Casa di Uccello. Ma ritrovammo per caso
l'incanto, già carichi d'anni e malizia, grazie a un presepe di Angela Tripi,
questa erede incantata di Giovanni Matera.
Avvenne
a Parigi, sulla piazza del Municipio, in un padiglione dove ogni anno s'appronta
il presepe d'un paese diverso.
La
crèche de Sicile era un fantastico assemblaggio dei monumenti, dei
luoghi più suggestivi dell'Isola. C'erano le chiese e i mercati di Palermo, i
mosaici di Monreale, i templi greci di Segesta e di Agrigento, l'Etna fumante e
il mare di Aci Trezza ... E i pastori, loro d'argilla e di stoffa, in umili
panni o sfarzosi, ripetevano fisionomie, gesti, azioni, mobile com'era il
presepe sonoro, di quel crogiolo di razze e di voci che è ancora la Sicilia.
"Ma
dove siamo, in Oriente o in Occidente, siamo in Arabia o in terra cristiana?
Cos'è questa confusione di monumenti, questa babele di epoche, lingue?"
declamava la voce narrante. Eravamo in Sicilia, e la Natività era posta sotto
le vele dell'abside, tra le colonne di una chiesa barocca diruta.
Concludeva
la voce narrante: "Ecco il prodigio: è il riso del Bambino di Betlemme,
dei bambini di Palermo e d'ogni luogo del mondo. E' l'amore, la pace, il
messaggio antico e sempre nuovo del Natale".
Vincenzo
Consolo
PRESEPI DALL'8
DICEMBRE AL 6 GENNAIO
Basilica Cattedrale, Piazza Duomo
Presepe artistico orario di apertura tutti i
giorni dal lunedì al sabato dalle ore 7,30 alle ore 12,00 e dalle
16,00 alle ore 19,00
Domenica dalle ore 8,00 alle ore 12,30 e dalle
16,30 alle 19,30
Basilica Santuario Parrocchia Maria SS.
Annunziata al Carmine, Piazza Carlo Alberto (fera o luni).
Presepe artistico orario di apertura tutti i
giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 7,30 alle ore 12,00 e dalle
16,00 alle ore 19,00
Sabato
e Domenica dalle ore 8,00 alle ore 12,30 e dalle 17,00 alle 19,00.
Dalla notte di giorno 24 Dicembre 2017 al 6
gennaio 2018 sarà possibile ammirare l'artistica scenografia della
rappresentazione della Natività di Gesù Bambino che verrà allestita
sull'altare maggiore.
Sabato 6 Gennaio ore 18,00 presepe vivente,
ingresso dei Re Magi, processione e bacio del bambinello,
seguirà nel salone recita Natalizia curata dal
gruppo giovani, al termine arrivo della Befana.
Chiesa S. Francesco all'Immacolata, Piazza S.
Francesco D'Assisi
presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 8,30 alle 12,00 e dalle 17,30 alle 19,00
Basilica Collegiata S. Maria dell’Elemosina, via
Etnea 23 A
presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 8,00 alle 12,00 e dalle 17,00 alle 19,00
Chiesa di S. Benedetto, via Crociferi
presepe artistico siciliano orario di apertura il
giovedì, dalle ore 7,00 alle 12,00 e dalle 15,30 alle 18,00 con
ingresso da via S. Bene-detto e la domenica dalle ore 9,00 alle ore
11,00
Chiesa di S. Michele Arcangelo ai Minoriti, via
Etnea 85
presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 8,30 alle 12,00 e dalle 16,30 alle 20,00
Chiesa di S. Biagio, Piazza Stesicoro
presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 7,15 alle 12,00 e dalle 17,00 alle 19,00
Parrocchia S. Euplio martire, Piazza Montessori
8/A
presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 8,00 alle 10,30 e dalle 16,00 alle 19,00,
la domenica dalle ore 8,00 alle 12,30 e dalle 16,00 alle 19,00
Chiesa monumentale di S. Gaetano alle Grotte,
Piazza Carlo Alberto
presepe artistico siciliano orario di apertura da
lunedì a venerdì dalle ore 9,30 alle 12,00 e dalle 17,00 alle 19,00.
Chiesa di S. Sebastiano, piazza Federico II di
Svevia
Presepe artistico siciliano orario di apertura da
domenica 9 dicembre sarà possibile visitare nei seguenti giorni:
Martedì – Giovedì – Sabato dalle 17,00 alle ore 19,30, Domenica
dalle 9,30 alle ore 12,00 e dalle 17,00 alle 19,30
Chiesa di S. Camillo dei Mercedari, via Crociferi
71
Presepe artistico siciliano orario di apertura
Sabato dalle 15,00 alle 18,00, Domenica dalle 9,30 alle ore 12,30.
In questi giorni sarà possibile ammirare la tradizionale “cona”.
Parrocchia SS. Sacramento Ritrovato, Via VI
Aprile
presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 7,15 alle 10,00 e dalle 17,00 alle 20,00,
la domenica dalle ore 8,00 alle 12,00 e dalle 17,30 alle 20,00
Oratorio S. Filippo Neri, via Teatro Greco 32
Presepe artistico siciliano orario di apertura
tutti i giorni dalle 9,30 alle ore 12,30 e dalle 16,00 alle ore
20,00
Chiesa Badia S. Agata via Vittorio Emanuele
Presepi artistici realizzati: all’interno della
chiesa e nella scalinata di accesso. Orari: Mattina: dal martedì
alla domenica ore 9,30-12,30; pomeriggio: dal mercoledì al sabato
ore 15,30-17,30; serale: domenica ore 19,00-20,30. Ingresso libero.
Nelle terrazze delle monache allestimento di una
mostra di presepi di provenienza da tutto il mondo, ingresso con
contributo di € 1,00 il cui ricavato verrà devoluto in beneficenza,
stessi orari di apertura di cui sopra.
Museo Diocesano (Piazza Duomo)
Da lunedì 11 dicembre 2017 a venerdì 5 gennaio
2018:
Esposizione al Museo dei presepi realizzati dai
bambini delle Scuole dell’Infanzia, Primarie e Secondarie di 1°
grado di Catania e provincia partecipanti all’iniziativa “Il tuo
presepe al Museo”.
II Circoscrizione Ognina – Barriera .-
Canalicchio, via P. G. Frassati 2
Mostra di Presepi Artistici, Realizzati dagli
Artigiani e dagli alunni di Istituti Scolastici ricadenti nella 2ª
Circoscrizione, dal 6 dicembre 2017 al 05 gennaio 2018, ore
9,00-13,00 da lunedì a venerdì // ore 15,30 – 17,00 giovedì sabato 9
e sabato 17 dicembre, ore 9,00 – 12,00,
II Circoscrizione Ognina – Barriera .-
Canalicchio, Biblioteca C.C. “R. Livatino”, via Leucatia 68
Mostra di Presepi Artistici , Realizzati dal
Laboratorio di falegnameria del C.T.A. – Villa S. Antonio di Aci S.
Antonio, dal 6 dicembre 2017 al 05 gennaio 2018, ore 8,30 – 13,00 da
lunedì a venerdì // ore 15,30 – 17,00 giovedì,.
IL PRESEPE DELLA CATTEDRALE DI CATANIA
Milo
Il presepe realizzato dalla Pro Loco di Milo in omaggio a due grandi
artisti come Lucio Dalla e
Franco Battiato potrà essere
ammirato ancora per pochi giorni.
IL
TEATRO DEL MONDO (Caltagirone)
Del
Natale il presepe è la prima immagine, iconografia esemplare della tradizione,
paesaggi e architettura di un luogo che appartiene all'infanzia di ciascuno ed
è per questo parafrasi delle memorie familiari.
Al
di là del suo apparato di simboli religiosi e cristiani, il presepe è teatro
antico e ingenuo, spazio di affettuosa composizione e di domestica
rappresentazione del mondo, orizzonte di segni e di figure partecipato in
qualche modo da tutti, anche dai non credenti, perché allegoria del paese,
microcosmo di una realtà sognata più che vissuta, dove i conflitti si
stemperano e vince l'armonia.
Quanto
viene messo in scena attorno al tema della Natività evoca, da un lato,
l'irruzione del Divino nella storia e, dall'altro, la dimensione quotidiana del
vivere all'interno di un'ideale comunità umana.
Collocato
tra le pareti di una stanza semibuia, quasi sospesa nel gioco misterioso delle
luci intermittenti, ovvero custodito in piccole ed eleganti bacheche o sotto
campane di vetro, il presepe, sia esso colto o popolare, esteso o
miniaturizzato, è essenzialmente racconto, plastica narrazione di un evento
centrale che si fonda sulla costruzione di un "recinto" o spazio sacro
entro il quale il tempo declinato nella ciclicità delle sue sequenze si rinnova
eguale e presente. Fulcro della rappresentazione sembra essere la grotta, ove
convergono i raggi delle stelle di cartone, gli scoscesi e tortuosi sentieri del
villaggio, i passi e gli sguardi dei pastori carichi di offerte. Ma, a guardar
bene, l'ordine cosmogonico disegnato dal presepe è dato dalla fitta trama delle
relazioni spaziali, dal tessuto connettivo degli elementi topografici, dalla
tridimensionalità dell'impianto scenografico, dalla rete di reciprocità
descritta tra architetture e fondali, tra percorsi e statuette. Il groviglio di
umanità, che anima la vita di questo teatro del mondo reinventato tra le
mura domestiche, si dispiega attraverso l'illustrazione dei vari mestieri e la
presentazione in forma di processione dei numerosi doni che pur nella loro
sostanziale povertà valgono ad arricchire l'ordito dei legami e dei vincoli di
riconoscimento della comunità.
Pur
nello scomporre e ricomporre ogni anno la scenografia, variando o aggiungendo
particolari, introducendo nuove figure o adoperando nuovi materiali, immutato
resta tuttavia l'impianto complessivo della rappresentazione, l'idea della
comunità, la sostanza narrativa del viaggio inteso come percorso simbolico
verso la grotta ma anche come ricerca attraverso la memoria delle origini e
dell'identità. Il paesaggio agropastorale del villaggio ricostruito si
accompagna a scorci di un improbabile Oriente, frammenti di una Palestina
immaginaria, con minareti in lontananza e sporadiche palme in mezzo al deserto
di sabbia. Francesco Faeta ha osservato che "alcune volte, turrite mura di
una Gerusalemme che sembra uscita da un fondale dell'opera dei pupi campeggiano
sullo sfondo, in altri casi palazzi fortificati o loro ruderi si inscrivono
nell'ambiente, altre volte ancora i resti di un tempio classico ospitano
direttamente la Natività".
Al di là della loro verosimiglianza, ciascuno
dei segni costitutivi della scena presepiale è carico di evidenti funzioni
simbolico-rituali: così il ponte che sormonta un breve ruscello scintillante di
carta stagnola; così il piccolo lago con le acque sospese su cocci di vetro o
di specchi; così le montagne di sughero, le fronde d'arancio, i candidi fiocchi
di neve sfilacciati dall'ovatta e infine le stelle con al centro la cometa
d'argento che brilla alta nel cielo blu di cartapesta. Nessuno di questi
elementi paesagglstici trova riscontro in sicure fonti documentarie e tutti, pur
ispirandosi con libertà ai testi della storia sacra, si richiamano ad una
radicata tradizione orale e popolare, formatasi essenzialmente su una felice
commistione di idealità artistiche e bisogni devozionali.
Dalla
letteratura dei miti alla costruzione tridimensionale del presepe i passaggi, le
migrazioni e i percorsi di segni e di simboli non sono né lineari né
unidirezionali. Come accade per tutti i fatti culturali, la genesi delle prime
rappresentazioni plastiche della scena della Natività è riconducibile a
vicende e fenomeni diversi, la cui influenza è stata reciproca e sincronica.
Come ha rilevato Gennaro Borrelli, "Presepe ha significato di
greppia che per l'occasione fu adoperata quale culla: la più antica chiesa che
porta questo nome è quella di Santa Maria ad Praesepe, ora S.Maria
Maggiore in Roma. Il luogo dove sin dal tempo di Papa Liborio (fondatore della
basilica) si adoperava un simulacro simboleggiante il divino evento è ora
ubicato nella cappella Sistina della chiesa stessa, e rappresenta un piccolo
ambiente, a forma di cripta, ove sin dal 354, anno in cui fu istituita la festa
della Natività, si celebravano messe nel giorno di Natale, davanti ad un
simbolo della sacra mangiatoia, sostituito, secondo la tradizione, tra il 642 ed
il 649, dalle vere reliquie della sacra culla di Betlemme".
Se
gli studiosi hanno accertato che gran parte dell'iconografia del Natale è
mutuata dai Vangeli apocrifi non meno che da descrizioni e narrazioni
antecedenti alla diffusione del cristianesimo, di provenienza dal mondo
orientale e in particolare da quello siriaco, la tradizione presepiale è stata
probabilmente modellata sulle forme e le strutture teatrali dei drammi sacri ma
ancora più decisamente promossa e favorita dallo sviluppo che il tema della
Natività ha conosciuto nelle arti plastiche e figurative. In questo senso, è
ormai chiaramente riconosciuto il notevole influsso esercitato dal presepe
napoletano su quello siciliano, considerati gli stretti rapporti sociali e
culturali tra i due centri del Meridione e il ruolo politico ed economico
preminente della città partenopea.
Apparso
come oggetto di culto soprattutto all'interno delle chiese e diffuso in Sicilia
a partire dal secolo XV, il costume di rappresentare la nascita di Gesù con
statuine tridimensionali mobili riprende moduli spaziali e schemi formali della
cultura figurativa già espressa su questo soggetto attraverso i codici miniati,
i mosaici, le immagini a stampa, le pitture su pareti e su vetro, e soprattutto
i bassorilievi in marmo. Basterà ricordare i nomi del Laurana e dei Gagini, i
primi veri giganti della scultura presepiale siciliana, per identificare i
modelli espressivi più compiutamente rappresentativi e risalire alle origini
dell'illustre tradizione artistica. Il passaggio dalla esecuzione delle figure
in pietra a quelle in legno a tutto tondo può essere storicamente considerato
l'atto di nascita del presepe vero e proprio, che si caratterizza subito per la
teatralizzazione delle composizioni plastiche e la forte impronta naturalistica
affidata alla modellazione dei personaggi.
"Teatralità
e naturalismo, ha scritto Antonino Buttitta, riflettono naturalmente un chiaro
spostamento di interesse dall'evento della Natività in quanto tale alle
composite scenografie e alle situazioni d'ambiente". Fra più antichi
presepi siciliani è quello che si conserva nella chiesa di San Bartolomeo a
Scicli, opera di fattura napoletana che si fa risalire al 1576 anche se ha subìto
nel tempo reiterati interventi di restauro, con pesanti rimaneggiamenti e
consistenti integrazioni.
A
dare impulso alla pratica di disporre i gruppi di statue, realizzati anche a
grandezza naturale, secondo una precisa e articolata ambientazione scenografica
contribuirono senza alcun dubbio i Gesuiti, impegnati a divulgare anche
attraverso questo nuovo strumento di comunicazione visiva la potenza della
Chiesa post-tridentina unitamente al prestigio del proprio ordine religioso.
Presepi monumentali erano allestiti davanti all'altare o nei chiostri e
restavano esposti durante tutto il periodo natalizio: rituali novene eseguite da
pastori con le tradizionali "ciaramelle" accompagnavano le visite dei
devoti.
Già
nella prima metà del XVII secolo è attestato l'impiego di figure mobili,
scolpite in legno in piccola o in grande scala, all'interno di presepi montati
nelle cappelle private dei nobili. Uscite dalle chiese ed entrate nelle case
delle famiglie aristocratiche, le statuine crescono di numero e si arricchiscono
sempre più di elementi decorativi che ne accentuano eleganza formale e vivacità
realistica. Nell'assumere funzioni di arredo con ambizioni estetiche, i presepi
che occupavano interi salotti erano destinati a diventare oggetti d'arte, motivo
di vanto, di orgoglio e perfino di competizione.
Quando si cominciarono ad usare
materiali preziosi come l'oro, l'argento, la madreperla, l'avorio e il corallo,
l'evoluzione del presepe in soprammobile in stile raggiunse il suo culmine.
Chiusa dentro bacheche di vetro, la piccola composizione della Natività
s'imponeva su antichi cassettoni o davanti a raffinate specchiere, rimanendo
stabilmente esposta per essere a lungo ammirata. In epoca barocca, tra Seicento
e Settecento, sicura perizia tecnica e accurata perfezione formale si
coniugavano nella creazione di presepi artistici, a formato ridotto, di
produzione prevalentemente trapanese. Mentre a Napoli si introducevano i
manichini lignei rivestiti con le più ricche e sfarzose stoffe degli abiti
della moda del tempo, in Sicilia la ricchezza e la ricercatezza nei gusti e
nello stile erano date soprattutto dalla lavorazione a bulino delle pietre più
pregiate, con le quali erano eseguite le piccole e splendide Sacre Famiglie,
oggi in gran parte conservate presso il Museo Pepoli di Trapani. Nella stagione
in cui le arti decorative conoscevano in tutta l'Isola uno straordinario e
originale sviluppo, le maestranze trapanesi seppero interpretare con esiti di
altissima qualità e creatività le esigenze di rappresentanza simbolica della
ricca borghesia emergente locale. Argentieri e corallari diedero vita a un
capitolo tutto nuovo e tutto siciliano della storia del presepe, attraverso la
manifattura di piccoli gruppi scultorei raffiguranti la Natività inserita fra i
ruderi di un edificio classico o nel folto di una rigogliosa vegetazione.
La
sapiente commistione cromatica dei diversi materiali preziosi: il bianco intenso
dell'avorio, il rame dorato, il rosso vivo del corallo, i contrastanti riflessi
delle lamine d'argento sbalzate e delle gemme e degli smalti applicati, ha
contribuito a fare, di queste minute ed elaborate composizioni, singolari opere
d'arte la cui fama ha percorso tutta l'Europa. Fra gli autori di questi presepi
si ricorda il maestro Giuseppe Tipa che con i figli Andrea e Alberto fu titolare
di una prestigiosa bottega attiva a Trapani almeno fino alla fine del XVIII
secolo.
Alla
stessa città di Trapani e al nome di Giovanni Matera si legano le fortune di
un'altra fondamentale pagina nella storia della cultura figurativa siciliana:
l'arte della scultura modellata secondo le tecniche della "tela e
colla". In legno di tiglio erano costruiti la testa e lo scheletro delle
figure, su cui erano organicamente sovrapposte e morbidamente drappeggiate tele
imbevute di colla e gesso a simulare i costumi dei personaggi. Matera fu
insuperato caposcuola di queste particolari tecniche di scultura presepiale che
troveranno in seguito applicazione nella realizzazione dei famosi gruppi dei Misteri
della processione del Venerdì Santo. Le sue opere più significative si possono
ammirare nel Museo Pitrè di Palermo e nel Museo Nazionale di Monaco di Baviera.
Per il soggetto rappresentato e per la teatralità dispiegata nella forte carica
gestuale e nell'audace torsione dei corpi, sono di straordinario interesse le
figure che compongono le scene della Strage degli Innocenti. La brutale
efferatezza dell'eccidio è riprodotta con sequenze plastiche ed
espressionistiche che possiedono movimento e ritmo narrativo.
Tecniche
e stile adoperati dal Matera furono a lungo modelli di riferimento per i
costruttori di pastori dei presepi siciliani, grazie anche all'economicità dei
materiali d'uso che favori una larga diffusione popolare di questa tradizione
artigianale. Ciò non impedì nella lavorazione la sperimentazione di collanti a
base animale, di nuove misture di argilla, stucco e pastiglia nella manifattura
di composizioni scenografiche.
Un
discorso a parte merita la produzione dei presepi in cera, particolarmente ricca
nella regione iblea, che può vantare una storica e ancora fiorente apicoltura.
La ceroplastica, attività praticata fin dal medioevo all'interno dei monasteri
e dei conventi, diventò a partire dal secolo XVIII specializzazione dei cirari,
che sfruttarono la versatilità e la duttilità della materia per eseguire ex
voto, modellare santi e bambinelli e plasmare piccole Natività destinate ad una
committenza non solo ecclesiastica. Dentro eleganti scaffarate le cere
scolpite erano oggetto di culto ma anche di ammirazione artistica, per la varietà
e la preziosità degli addobbi che spesso guarnivano i soggetti. Di notevole
fattura sono le opere del siracusano Gaetano Zummo, tra i primi e il più
celebre ceroplasta siciliano.
Nel
Victoria and Albert Museum di Londra si trovano suoi gruppi statuari di grande
pregio.
Attraverso
documentate ricerche gli studiosi hanno accertato la paternità di non pochi
presepi in cera. Sono, tra gli altri, noti i nomi di Anna Lo Fortino e di
Rosalia Novelli di Palermo, di Giovanni Rosselli di Messina e di Ignazio Macca
di Noto. Nel Museo Bellomo di Siracusa è possibile osservare parecchi esemplari
della loro produzione ceroplastica, che ha attraversato tutto il Settecento fino
a giungere ai primi decenni del secolo scorso. I temi della Sacra Famiglia,
della Natività e dell'Adorazione dei Magi trovano negli effetti del bulino
sulla docile cera un'accurata rappresentazione realistica animata da particolari
espressivi e decorativi.
Alle
soglie dell'Ottocento il presepe, definitivamente uscito dagli ambienti
meramente ecclesiastici e aristocratici, comincia ad assumere connotati e
caratteri popolari, diventa oggetto domestico rituale, entra anche nelle case
delle famiglie meno abbienti, sia in città che nelle campagne. La svolta si può
ricondurre all'evoluzione delle tecniche di lavorazione delle figure e, più in
generale, ai mutamenti economici e culturali che investono la società
siciliana. Sono gli anni durante i quali prende forma quella straordinaria
tessitura di esperienze artistico-figurative che ha caratterizzato la vita e la
cultura delle classi popolari dell'Isola nel cuore dell'800. Pitture su vetro e
su carro, tavolette votive e cartelli dei cantastorie e dell'opera dei pupi sono
alcuni dei prodotti e dei generi della tradizione iconografica siciliana che
hanno conosciuto in quel periodo una fortunata stagione creativa. Ebbe
particolare sviluppo anche in quegli anni la ceramica popolare e con essa l'arte
dei flgurinai, ovvero degli artigiani che dall'argilla modellata ricavavano le
statuine da presepe. L'introduzione degli stampi di gesso nel ciclo di
lavorazione fu poi determinante per abbassare i costi e incrementare la
produzione in serie delle figurine in terracotta. Da questo fatto tecnico e da
questo preciso momento può farsi cominciare la storia del presepe popolare con
le sue alterne vicende che continuano fino ai nostri giorni.
Antonino Cusumano
il presepe di Acitrezza
Se
è vero che l'arte popolare pur muovendo da modelli culti non è di questi
semplice o passiva ripetizione né imitazione più o meno fedele o sbiadita, la
rappresentazione plastica della Natività a livello popolare, per le funzioni
sociali radicalmente diverse a cui si richiama, si lascia riconoscere per
determinati tratti distintivi, assunti in corrispondenza dei particolari
significati e valori simbolici attribuiti alle opere. Così, le statuine
d'argilla dipinte a forti tinte non sono più filologicamente riconducibili alla
realtà storica dell'Evento rappresentato quanto piuttosto a quella metastorica
del mito rievocato. Nella semplice forma di "pastori", i personaggi
che partecipano al rito nterpretano ruoli e vestono costumi che sono di un
tempo diverso da quello narrato: sono contadini, artigiani, pellegrini,
venditori, cacciatori e pescatori che hanno facce, fogge e posture appartenenti
al mondo popolare e alla dimensione quotidiana delle comunità siciliane del
secolo scorso. I possibili anacronismi, certe incongruenze geografiche e
temporali, alcune vistose discrasie tecniche, la mescolanza di stili
architettonici, sono motivati dal bisogno di attualizzare, dall'urgenza di
avvicinare alla realtà umana e sociale del vissuto lo spazio sacro del presepe
e i suoi abitanti. In questo orizzonte culturale più della stesssa Natività,
illustrata dalle figure fisse e canoniche della Sacra Famiglia, sembra essere
privilegiato lo scenario della vita materiale tradizionale, il mercato, le
botteghe, i mestieri, il complesso sistema di relazioni tra i luoghi
dell'abitare e quelli del lavorare.
Antonino
Buttitta ha osservato che "mentre nei presepi d'arte la ricerca dei tipi è
suggerita vuoi da compiacimenti arcadici, vuoi da una volontà di realismo
esasperato letterariamente motivato, nei presepi popolari molto più
semplicemente si tratta della rappresentazione del mondo in cui l'artigiano
organicamente appartiene. E' significativo che in un presepe del Museo
Etnografico di Palermo, proveniente da Caltanissetta, è compreso uno zolfataio,
figura altrove insolita, ma nota nell'area nissena dove un tempo l'estrazione
dello zolfo costituiva la principale attività economica".
adorazione dei Magi a San Gregorio
Giuseppe
Pitrè e Carmelina Naselli ci hanno consegnato veri e propri cataloghi delle
tipologie dei personaggi e degli elementi del paesaggio rilevati, tra la fine
del'800 e i primi decenni del nostro secolo, nei presepi apparecchiati di anno
in anno nelle case dei siciliani. Nello spoglio di questi elenchi dettagliati
spiccano la quantità e la varietà degli offerenti attraverso i quali si
dispiega l'amplissimo repertorio delle offerte, una sorta di inventario di tutto
quello che si può mangiare e desiderare, un'abbondanza di beni alimentari che
sembra voler riscattare la precarietà esistenziale della tradizionale
condizione contadina. Anche se nelle rappresentazioni siciliane non c'è quell'immagine
pantagruelica del mondo che viene evocata nelle scene al mercato dei presepi
napoletani, tuttavia resta visibile nella ricchezza dei poveri frutti della
terra portati in dono dai pastori l'idea del paese sognato più che vissuto,
immaginato più che realmente abitato. Nelle repliche degli stessi soggetti che
variano per piccoli particolari si esprime la volontà narrativa delle
composizioni, il gusto per il racconto popolare, la tendenza a scandire in
sequenze il movimento delle azioni compiute dai personaggi.
Così, modellando la
posizione delle braccia atteggiate in modo tale da caratterizzare i tipi
desiderati, l'artigiano può ottenere dallo stesso stampo statuine differenti
per funzioni e ruoli: il pastore che prepara la ricotta, quello che la sistema
nelle fiscelle, colui che si mette in cammino per donarla, ovvero la lavandaia
che deterge il bucato, quella che strizza i panni, quella che li batte e li
strofina contro la pietra del fiume. Si aggiunga che allo scopo di dare
movimento e gioco prospettico all'ambientazione le figure sono solitamente
foggiate a diversa grandezza, in corrispondenza della loro importanza e
soprattutto in rapporto alla collocazione a cui sono destinate nella spazio
della rappresentazione.
Con
l'introduzione sul mercato dei materiali sintetici prodotti dall'industria, il
presepe sembra aver perso gran parte del suo fascino originario, minacciato se
non soppiantato dalla moda imperversante dell'Albero o come questo adottato con
funzione di semplice addobbo di luci e di arredo da salotto.
Nonostante
ciò, la parabola storica di questo "piccolo teatro della memoria" non
può ritenersi definitivamente conclusa. Nuove stagioni e nuove fortune possono
dischiudersi sull'orizzonte del presepe, con il recente recupero e il rilancio
già avviato di antiche e prestigiose botteghe, ma anche attraverso
l'affermazione di moderni orientamenti stilistici e formali che in direzione
della scultura d'autore tentano di battere nuove strade sperimentali. Tra gli
artigiani più illustri oggi attivamente impegnati, tra tradizione e
innovazione, a dare un futuro all'arte di foggiare statuine di terracotta vanno
ricordati almeno i nomi di Mario Lucerna di Messina, Angela Tripi di Palermo,
Mario Iudici, Enzo Forgia, Francesco Scarlatella e Enzo Venniro di Caltagirone.
Con
la semplicità di un tempo o con nuovo estro inventivo essi tornano a dare vita
e forma agli umili e antichi pastori, estratti dall' argilla degli stampi come
lo furono gli uomini nel gesto primordiale del mito della creazione.
Se
il presepe non è destinato ad essere confuso con le altre rutilanti e
suggestive suppellettili del nostro Natale, se non è un'effimera cornice al
nostro nevrotico desiderio di immagini coreografiche, è perché nel piccolo
spazio di quella vita rappresentata c'è probabilmente un frammento della vita
vissuta, e di questa quella costituisce, a livello delle strutture profonde, una
forma di riscatto, una metafora della nostra identità.
Nell'apologo
di Edoardo De Filippo il presepe, piantato dal protagonista come una bandiera
nel cuore di una casa lacerata da contrasti insanabili, sembra avere il valore
di un accanimento anacronistico, di un irriducibile ammutinamento.
Quella
"cosa commovente", di cui parla Luca Cupiello, quel presepe così
inutile e per ciò stesso così necessario, diventa strumento di resistenza
ideologica e culturale, luogo simbolico entro il quale è possibile dare
soluzione alle insopportabili contraddizioni del nostro tempo.
Il
presepe, dunque, come argine alla cancellazione della memoria, come segno di
rifondazione della vita. Ecco perché "fare il presepe" ogni anno non
è soltanto un rito, domestico e familiare. E'un pò come "rifare il
mondo" o provare a fare, come scrive Vincenzo Consolo, "la nuda
creazione di un ritaglio del mondo".
Antonino
Cusumano
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