Parco
regionale dei Nebrodi, istituito il 4 agosto 1993,
con i suoi 86.000 ha di superficie è la più grande
area naturale protetta della Sicilia.
I
Nebrodi, assieme alle Madonie ad ovest e ai
Peloritani ad est, costituiscono l’Appennino siculo.
Essi s’affacciano, a nord, direttamente sul Mar
Tirreno, mentre il loro limite meridionale è segnato
dall’Etna, in particolare dal fiume Alcantara e
dall’alto corso del Simeto.
Notevole è la escursione altimetrica, che da poche
decine di metri sul livello del mare raggiunge la
quota massima di 1847 metri di Monte Soro. Altri
rilievi da segnalare sono la Serra del Re (1754
metri), Pizzo Fau (1686 metri) e Serra Pignataro
(1661 metri).
Gli elementi principali che più fortemente
caratterizzano il paesaggio naturale dei Nebrodi
sono l’asimmetria dei vari versanti, la diversità di
modellazione dei rilievi, la ricchissima vegetazione
e gli ambienti umidi.
Connotazione essenziale dell’andamento
orografico è la dolcezza dei rilievi, dovuta alla
presenza di estesi banchi di rocce argillose ed
arenarie: le cime, che raggiungono con Monte Soro la
quota massima di 1847 s. l. m., hanno fianchi
arrotondati e s’aprono in ampie vallate solcate da
numerose fiumare che sfociano nel Mar Tirreno. Ove
però predominano i calcari, il paesaggio assume
aspetti dolomitici, con profili irregolari e forme
aspre e fessurate. È questo il caso del Monte San
Fratello e, soprattutto, delle Rocche del Crasto
(1315 m s.l.m.). I comuni ricadenti nell’area del
parco sono 23: 18 in provincia di Messina (Acquedolci,
Alcara Li Fusi, Capizzi, Caronia, Cesarò, Floresta,
Galati Mamertino, Longi, Militello Rosmarino,
Mistretta, Sant'Agata di Militello, Santa Domenica
Vittoria, San Fratello, San Marco d'Alunzio, Santo
Stefano di Camastra, San Teodoro, Tortorici, Ucria),
3 in provincia di Catania (Bronte, Maniace, Randazzo),
2 in provincia di Enna (Cerami, Troina).
ACCESSI
Da
Randazzo: dal versante nord percorrendo la
autostrada Messina-Palermo A20 dalla quale si
diramano varie importanti arterie stradali come la
S.S.116 da Capo d'Orlando a Randazzo, la S.S. 289 da
Sant'Agata di Militello a Cesarò, e la S.S.117 da
Santo Stefano di Camastra a Nicosia, oltre a varie
strade provinciali e comunali. Il parco è
accessibile tutto l'anno con le comuni precauzioni
nei periodi di innevamento.
Il parco
è suddiviso in quattro zone nelle quali operano, a
seconda dell’interesse naturalistico, particolari
divieti e limitazioni, funzionali alla conservazione
e, quindi, alla valorizzazione delle risorse che
costituiscono il patrimonio dell’area protetta.
La zona
A (di
riserva integrale), estesa per 24.546, comprende i
sistemi boschivi alle quote più elevate, le uniche
stazioni siciliane di tasso (Taxus baccata) ed
alcuni affioramenti rocciosi. Oltre i 1200 metri sul
livello del mare, sono localizzate varie faggete
(circa 10.000 ettari), mentre a quote comprese fra
gli 800 e i 1200 metri, sui versanti esposti a nord,
e tra i 1000 e i 1400 metri, sui versanti
meridionali, è dominante il cerro. Ampie aree per il
pascolo s’aprono, inoltre fra faggete e cerrete. È
importante evidenziare che il faggio trova nel parco
l’estremo limite meridionale della sua area di
diffusione. A quote meno elevate (600-800 metri sul
livello del mare) si trova la sughera che, in
particolare nel territorio di Caronia, forma
associazioni di grande pregio ecologico. Sono,
infine, comprese nella zona A le stazioni delle
specie endemiche più importanti e le zone umide
d’alta quota, nonché tratti d’interessanti corsi
d’acqua.
La zona
B (di
riserva generale), estesa per 46.879 ettari, include
le rimanenti formazioni boschive ed ampie aree
destinate al pascolo, localizzate ai margini dei
boschi. Sono, inoltre, presenti limitate zone
agricole ricadenti in aree caratterizzate da elevato
pregio naturalistico e paesaggistico.
La zona
C (di
protezione), estesa per 569 ettari, comprende nove
aree, strategicamente distribuite sul territorio, in
cui sono ammesse le attività rivolte al
raggiungimento d’importanti finalità del parco
quale, ad esempio, la realizzazione di strutture
turistico-ricettive e culturali.
La zona
D (di
controllo) è l’area di preparco estesa per 13.593
ettari. Essa costituisce la fascia esterna dell’area
protetta consente il passaggio graduale nelle aree a
più alta valenza naturalistica.
I
complessi boschivi incidono notevolmente sul clima
del territorio nebrodense, che si caratterizza per
avere, diversamente dalla costa e dal resto della
Sicilia, inverni lunghi e rigidi ed estati calde ma
non afose.
Le temperature delle zone interne, pur variando da
un’area all’altra, generalmente si mantengono fra 10
e 12 °C nella media e alta montagna, mentre la
piovosità, fortemente correlata all’altitudine e
soprattutto all’esposizione dei versanti, varia da
un minimo di 600 mm ad un massimo di 1400 mm.
Fenomeni come la neve e la nebbia sono assai
frequenti e fanno sì che si crei quel giusto grado
d’umidità necessaria per l’esistenza di alcuni tipi
di bosco. Il lento deflusso delle acque meteoriche
verso valle, la condensazione e le piogge occulte
favoriscono, infatti, la permanenza del faggio che,
grazie alle sue foglie ovali provviste di peluria, è
in grado di trattenere l’acqua di condensazione
riuscendo a superare i lunghi periodi siccitosi.
Paesaggio del parco. La
vegetazione del parco dei Nebrodi è caratterizzata
da differenti tipi di vegetazione sia in funzione
della fascia di altezza sul livello del mare che da
altri fattori fisici e ambientali.
Nella fascia litoranea e nelle colline retrostanti,
fino ai 700-800 metri s.l.m., cosiddetta fascia
termomediterranea la vegetazione è rappresentata da
boschi sempreverdi di sughera (Quercus suber)
alternata a zone di macchia mediterranea che
comprende specie quali l'Erica arborea, la ginestra
spinosa (Calycotome spinosa), il corbezzolo (Arbutus
unedo), il mirto (Myrtus communis), l'euforbia (Euphorbia
dendroides), il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il
leccio (Quercus ilex).
La fascia vegetativa al di sopra, fino alla quota di
1000-1200 m s.l.m.(cosiddetta fascia
mesomediterranea), è costituita da formazioni di
boschi caducifogli in cui dominano le quercete di
Quercus gussonei, specie affine al cerro ma da
questo ben distinta morfologicamente, e, sul
versante meridionale, da un particolare tipo di
roverella, Quercus congesta. In alcune aree, come
nel territorio di San Fratello si rinvengono inoltre
lembi di lecceta mentre le aree non forestate sono
occupate da arbusteti in cui si annoverano il
prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus
monogyna), la Rosa canina, la Rosa sempervirens, il
melo selvatico (Malus sylvestris), Pyrus
amygdaliformis e Rubus ulmifolius.
Oltre i 1200 entriamo nella zona propriamente
montana (cosiddetta fascia supramediterranea) dove
sono insediate estese formazioni boschive a cerreta
e a faggeta. È questo il limite meridionale
dell'areale di diffusione del faggio (Fagus
sylvatica). Un altro elemento peculiare è
rappresentato dalla presenza dell'acero montano
(Acer pseudoplatanus), di cui è segnalato un
esemplare alto 22 m e con una chioma di 6 m di
circonferenza, annoverato tra gli alberi monumentali
d'Italia. Il sottobosco rigoglioso presenta svariate
specie di piante tra le quali vi sono l'agrifoglio
(Ilex aquifolium), il pungitopo (Ruscus aculeatus),
il biancospino (Crataegus monogyna) e il tasso
(Taxus baccata). Quest'ultima specie è presente,
all'interno del bosco della Tassita, con esemplari
maestosi che raggiungono i 25 m di altezza.
Numeroso il contingente delle specie endemiche tra
cui si annoverano la Genista aristata, che popola la
fascia termomediterranea, la Vicia elegans, una
leguminosa rinvenibile nel sottobosco della fascia
mesomediterranea, la Petagnaea gussonei, rarissima
umbellifera, localizzata esclusivamente nel vallone
Calagna (Tortorici) e in pochissime altre stazioni
in prossimità di torrenti.
Mandria di bovini Un
tempo regno di cerbiatti (così come di daini, orsi e
caprioli), i Nebrodi (il cui significato deriva dal
greco Nebros, che vuol dire appunto cerbiatto)
costituiscono ancora la parte della Sicilia più
ricca di fauna, nonostante il progressivo
impoverimento ambientale. Il Parco ospita comunità
faunistiche ricche e complesse: numerosi i piccoli
mammiferi, i rettili e gli anfibi, ingenti le specie
d’uccelli nidificanti e di passo, eccezionale il
numero d’invertebrati.
Tra i mammiferi si segnala la presenza del suino
nero dei Nebrodi, del cinghiale (Sus
scrofa), della volpe
(Vulpes vulpes), dell'istrice (Hystrix
cristata), del riccio (Erinaceus
europaeus), del gatto
selvatico (Felis
silvestris), della martora
(Martes martes), della donnola (Mustela
nivalis), della lepre (Lepus corsicanus), del
coniglio (Oryctolagus cuniculus) e, anche se molto
rarefatta, del ghiro (Glis glis), dell'arvicola di
Savi (Microtus savii), del topo selvatico (Apodemus
sylvaticus), del moscardino (Muscardinus
avellanarius), del toporagno di Sicilia (Crocidura
sicula), del mustiolo (Suncus etruscus) e del
quercino (Eliomys quercinus).
Tra i rettili la testuggine
comune (Testudo
hermanni) e la testuggine palustre siciliana (Emys
trinacris), il ramarro occidentale (Lacerta
bilineata), la luscengola (Chalcides chalcides) e il
gongilo (Chalcides ocellatus), e numerose specie di
serpenti tra cui il biacco (Hierophis viridiflavus)
e la natrice dal collare (Natrix natrix).
Tra gli
anfibi sono presenti il discoglosso (Discoglossus
pictus), il rospo smeraldino siciliano (Bufo siculus)
e la rana verde minore (Rana esculenta).
Sono state classificate circa centocinquanta specie
d’uccelli, fra i quali alcuni endemici di grande
interesse come la Cincia bigia di Sicilia ed il
Codibugnolo di Sicilia. Le zone aperte ai margini
dei boschi offrono ospitalità a
molti
rapaci come lo Sparviero,
la Poiana, il Gheppio, il Falco pellegrino, e
l'Allocco mentre
le aree rocciose aspre e fessurate delle Rocche del
Crasto sono il regno dell'Aquila reale. Il
Tuffetto, la Folaga, la Ballerina gialla, il Merlo
acquaiolo ed il Martin pescatore preferiscono le
zone umide, mentre nelle aree da pascolo non è
difficile avvistare la ormai rara Coturnice di
Sicilia, la Beccaccia, l’inconfondibile ciuffo
erettile dell’Upupa ed il volo potente del Corvo
imperiale. Tra l’avifauna di passo meritano d’essere
citati il Cavaliere d’Italia e l’Airone cinerino (Ardea
cinerea).
Ricchissima è infine la fauna d'invertebrati.
Ricerche scientifiche recenti hanno portato a
risultati sorprendenti: su seicento specie censite
riguardanti una piccola parte della fauna esistente,
cento sono nuove per la Sicilia, venticinque nuove
per l’Italia e ventidue nuove per la scienza. Tra le
forme più rilevanti sotto l’aspetto paesaggistico,
si citano le farfalle (oltre settanta specie) ed i
Carabidi (oltre centoventi specie).
Specie estinte
Nel corso del XIX secolo un progressivo
impoverimento della fauna dovuto a massicce opere di
bracconaggio ha causato l'estinzione di alcune
specie importanti quale il cervo (Cervus elaphus),
il daino (Dama dama), il capriolo (Capreolus
capreolus), il lupo (Canis lupus) e il gufo reale
(Bubo bubo). Gli ultimi esemplari dei grifoni (Gyps
fulvus) invece si estinsero intorno agli anni
sessanta.
Gli ultimi lupi furono abbattuti alla fine degli
anni Ventied i grifoni, volteggianti sulle
Rocche del Crasto, sono scomparsi agli inizi degli
anni Sessanta, a causa dei bocconi avvelenati
disseminati e destinati alle volpi. Negli ultimi
anni è in atto un progetto di reintroduzione del
Grifone. Sono stati inseriti alcuni esemplari
importati dalla Spagna che nel 2005 hanno dato alla
luce anche alcuni pulcini.
Un monte dal profilo rassicurante,
ricoperto di faggi, che si riflettono sulle rive di uno
specchio d’acqua a 1400 metri di quota, l’Appennino è
servito. Siamo ancora in Sicilia, nel cuore del Parco
Regionale “Monti Nebrodi”, altrimenti detti Caronie, ed
esattamente dalle parti di Monte Soro.
Poco più di 1800 metri di altezza, la
vetta della catena montuosa è riconoscibile da molto lontano
anche perché sovrastata da numerosi ripetitori
radiotelevisivi. Il lago in questione è il Maulazzo o
Maullazzo, adagiato sulle pendici nordoccidentali di Monte
Soro, nel territorio di Alcara Li Fusi, uno dei borghi più
caratteristici del parco, da dove è raggiungibile grazie ad
una sterrata di circa 15chilometri.
Ma la strada migliore per arrivare è
la SS 289 che collega, sui due opposti versanti della catena
montuosa, Cesarò e San Fratello. A Portella Femmina Morta
uno slargo invita a parcheggiare e la segnaletica dell’Ente
gestore, ben evidente, permette di addentrarsi nei boschi e
scegliere il proprio itinerario: a ovest i boschi di Troina,
a est la strada dei laghi.
Sono sentieri molto frequentati per
passeggiate a cavallo, trekking e mountain bike, tre diversi
modi di entrare in sintonia con le foreste circostanti. Il
percorso per il Maulazzo si sovrappone con un tratto della
terza tappa della Dorsale dei Nebrodi, un lungo itinerario
che si conclude (o inizia, a seconda dei punti di vista) a
Floresta.
Dal parcheggio fino al lago sono circa
quaranta minuti di cammino, all’inizio su asfalto, in
salita, che diventa sterrato, a tratti lastricato, in
discesa, senza pendenze impegnative eccetto l’ultimo
strappo. I camminatori avvezzi optano per un percorso più
lungo con una deviazione a Monte Soro per perdersi tra
esemplari secolari di faggio e di verdissimi agrifogli alla
ricerca dell’Acerone, l’appellativo dato ad un vero e
proprio monumento vivente.
Un acero montano vecchio di 500 anni,
con misure da record, censito tra gli aceri più grandi
d’Italia. È alto 24 metri ed ha una circonferenza alla base
di oltre 9 metri.
Una recinzione in legno
custodiscequesto nodoso patriarca dei boschi ricoperto di
muschi e licheni. I bikers amano scalare questi pendii per
poi concludere il percorso toccando anche il lago Biviere,
altro bacino sfiorato dalla Dorsale, prima di chiudere
l’anello tornando sul Maulazzo. I toponimi del circondario
sono davvero curiosi, a volte sembrano voler scoraggiare il
viandantealla loro frequentazione, la già citata Femmina
Morta, il Malo Passo, il torrente Inganno, evocanoun passato
in cui la montagna era soprattutto sacrificio.
Altre volte preludono ad atmosfere
bucoliche, come Sollazzo verde, il nome della immensa
faggeta che ammanta Monte Soro. Infine i toponimi più
curiosi, come Portella Calacudera, contrada Spilisana, e lo
stesso Maulazzo nomi che solo pochi anziani sono ormai
capaci di decifrare e di cui si rischia di perdere il
significato.Si giunge al lago dopo avere attraversato
l’ultimo tratto di boscaglia, il colpo d’occhio è di quelli
che rimane impresso nella memoria per lungo tempo. Davvero è
il paesaggio che non ti aspetti, bisogna fermarsi un attimo
per realizzare dove ci troviamo. Una escursione per boschi è
sempreun’esperienza appagante, i colori, le fioriture, i
suoni, l’atmosfera, rimangono impressi nel tempo.
Ma la presenza di corsi o specchi
d’acqua da raggiungere sono indubbiamente la felice
conclusione di qualsiasi camminata. Per dirla tutta il
Maulazzo è un bacino artificiale, il frutto di un intervento
recente, risale infatti agli anni 80. Ma la Sicilia non è
una terra di laghi, sono veramente pochi quelli di origine
naturale.
Nelle vecchie carte IGM si può trovare
il Pizzo Maulazzo, separato da Monte Soro da un vallone che
oggi è occupato daquesto placido specchio d’acqua, nato
grazie alla costruzione di una digada parte della Forestale.
Non è un’opera fortemente impattante, si scorge appena, e
nasce per allentare la pressione dei pascoli sulle faggete e
favorirli più a valle. Ma per la sua bellezza, per il
contesto pregevole in cui si trova, per la facilità con cui
lo si può raggiungere, è diventato una delle principali
attrazioni del Parco Regionale più vasto dell’Isola, un vero
richiamo in tutte le stagioni.
L’autunno è il tempo del foliage e i
boschi di caducifoglie offrono spettacoli dai colori le cui
sfumature cambiano nel volgere di una giornata. I più
pragmatici non disdegnano di imbattersi in funghi
commestibili. Con l’inverno arriva frequentemente la neve, è
il momento delle ciaspolate.
Alcuni giorni l’anno, quando le
temperature scendono sotto lo zero, lo specchio d’acqua si
può trovare totalmente ghiacciato. È forse la cartolina più
atipica di una Sicilia che esiste realmente. La bella
stagione naturalmente è quella delle fioriture, delle lunghe
giornate tiepide in cui si viene alla ricerca di una radura
ombrosa anche solo per un picnic.
Gli amanti del bivacco, e se ne
incontrano numerosi, anche stranieri, si fermano qui per
piazzare la tenda sotto un cielo luminoso di miliardi di
stelle. La presenza di un fontanile, generoso di acqua
freschissima, permette di cucinare, rinfrescarsi e
approvvigionarsi prima di ripartire per un’altra tappa tra
le montagne del nostro Appennino siciliano. Carmelo
Sgandurra .
https://www.balarm.it/.../un-lago-a-1400-metri-di-quota-e...
MONTE SORO
Il monte Soro è la cima più alta dei Nebrodi, catena
montuosa del messinese, in Sicilia. Esso fa parte
del "Parco dei Nebrodi" e si eleva per 1847 metri
sul livello del mare. Lungo i suoi versanti sono
presenti numerosi animali tipici locali (come il
cavallo "sanfratellano") e anche 2 piccoli laghi: il
lago Maulazzo e il lago Biviere.
E’ la terza cima siciliana. Esso è raggiungibile sia
dal versante tirrenico che dal versante sud per
mezzo di una strada statale, la SS289 che attraversa
la catena montuosa da nord a sud proprio in
corrispondenza di tale vetta. E' facilmente
riconoscibile dalle basse quote grazie alla presenza
delle enormi antenne sulla sua vetta.
Arrivando da Messina, imboccare l'autostrada A20 e
prendere l'uscita "Sant'Agata Militello". Una volta
usciti dall'autostrada e superato il casello si
giungerà all'incrocio con la SS113 "tirrenica";
seguire le indicazioni per San Fratello e Cesarò.
Dopo pochi chilometri svoltare a sinistra ed
immettersi nella SS289 continuando a seguire le
indicazioni per San Fratello e Cesarò.
Arrivando da Catania, imboccare la SS121 e seguire
le indicazioni per Paternò. Giunti in corrispondenza
di Paternò continuare a seguire le indicazioni per
Randazzo lungo la statale 284. Una volta raggiunto
il paese di Bronte seguire le indicazioni per Cesarò.
Giunti all'ingresso di Cesarò svoltare a destra
SS289 e continuare a seguire tale statale fino alla
"Portella Femmina Morta" dove occorrerà svoltare a
destra seguendo il cartello "Monte Soro 7".
A
questo punto, sia da Catania che da Messina,
lasciata la statale 289 proseguire lungo la nuova
strada per poco meno di 2 chilometri dove,dopo un
grande prato con vista dalle Isole Eolie all'Etna,
si incontrerà un bivio: seguire la strada di destra
in quanto quella di sinistra conduce ai laghi
Maulazzo e Biviere di Cesarò. Da questo punto in poi
la strada diventa percorribile solo dai mezzi
fuoristrada e giungerà fino destinazione dopo pochi
chilometri di salita.
LAGO BIVIERE
All’interno del Parco dei Nebrodi, tra una fitta
vegetazione nei pressi del comune di Cesarò (ME), è
ubicato il lago Biviere.
Il lago ricade una zona montuosa e ha un’estensione
di 18 ettari.
L’altitudine (1278 m.s.l.m) del lago, consente una
rigogliosa vegetazione costituita da una distesa di
faggeta, quella di Scavioli. L’escursione termica,
l’umidità, la quota, l’alternarsi delle stagioni
creano condizioni particolari per la flora e la
fauna presente.
Ricadente nel territorio del comune di Cesarò, il
lago ha una superficie di circa 18 ettari e
costituisce la zona umida d'alta quota di maggior
valore naturalistico della Sicilia, anche per la
particolità del suo popolamento vegetale ed animale.
La ricchissima flora è condizionata dalle variazioni
periodiche del livello dell'acqua, che determinano
una zonizzazione orizzontale della vegetazione in
sei fasce, distinte in base alle varie specie
dominanti. La presenza di acqua in una zona montana
coperta da foreste di faggio rappresenta, inoltre,
un punto di riferimento privileggiato per la vita di
numerose specie di uccelli acquatici e per la sosta
degli uccelli di passo durante le grandi trasvolate
migratorie. Da segnalare un fenomeno naturale che si
verifica nei mesi estivi, quando le acque del lago
si colorano di rosso per la fioritura di una
microalga chiamata scientificamente Euglena
sanguinea.
All'interesse naturalistico, il biviere unisce
indubbi pregi panoramici, circondato com'è da
impenetrabili popolamenti di piante idrofile,
dominati da maestosi faggi ed aperto a nord verso
grandiosi paesaggi.
La Flora Nei mesi estivi le acque del lago
cambiano colore, si colorano di rosso.
Questo cambiamento è dovuto all’azione della
microalga Euglena sanguinea. Intorno al lago si
sviluppa una vegetazione che varia per colori ed
essenze: dalle graminacee alle leguminose, passando
per le composite.
La Fauna Gli anfibi sono tra le specie
faunistiche più numerose.
Nelle giornate caratterizzate da alte temperature e
sole inteso è facile avvistare la testuggine
palustre siciliana (l’Emys Trinacris) riscaldarsi a
pieno sole.
La presenza di disegni ondulatori nell’acqua
testimoniano il moto caratteristico della Biscia
d’acqua (Natrix natrix) presente nel lago con una
discreta popolazione.
Sono presenti, inoltre, Poiane (Buteo buteo), Gheppi
(Falco tinnunculus), Falchi Pellegrini (Falco
peregrinus), lo Sparviero (Accipiter nisuss) e la
rarissima Cincia bigia di Sicilia (Parus palustris
siculus), che costituiscono avifauna stanziale,
proveniente dai vicini boschi.
Come arrivare: vedi Monte Soro.
LAGO MAULAZZO
Dorsale
di Monte Soro - (le foto sono di Francesco Raciti)
Questo
invaso artificiale di circa 5 ettari regala uno
spettacolo davvero affascinante ed insolito
richiamando alla mente paesaggi alpini. Sulle sponde
del lago, in cui non è raro scorgere bovini e
cavalli abbeverarsi e trovare frescura, è possibile
allestire pic-nic immersi nel verde e nel silenzio
(soprattutto nei giorni feriali). Sulla sponda
costeggiata dal sentiero è presente, come in molti
altri punti strategici, una grossa cartina molto
utile per capire il punto in cui ci si trova e
decidere il percorso da "imboccare". In prossimità
del lago vi è infatti il primo bivio con le
opportune indicazioni del caso. Lasciando la
stradella in cui ci troviamo è possibile dirigersi
verso Sant'Agata Militello (16Km) località sul
Tirreno. Noi proseguiamo dritto in direzione lago
Biviere.
|
Abbiamo lasciato il
lago Maulazzo per dirigerci alla seconda tappa del nostro tour.
Questo tragitto (circa 6 Km) è contraddistinto da gradevoli
distese di prato, che si alternano a macchie di faggi e a
ruscelli.
A circa 500 metri dal Lago Maulazzo, una caratteristica fontana
di pietra permette un piacevole ristoro con la freschissima
acqua di fonte che sgorga copiosa anche nei giorni più caldi.
Riempite le borracce possiamo proseguire senza sosta fino alla
tappa successiva. Nelle giornate più limpide, oltre i monti che
sovrastano Alcara li Fusi, è possibile ammirare anche il mar
Tirreno e le Isole Eolie (Vulcano e Lipari). Purtroppo la foto è
poco nitida a causa di una leggera foschia. Durante il nostro
cammino abbiamo avuto incontri con numerosi animali. Mucche,
Cavalli, maialini selvatici ed uccelli vari. Nella nostra
fotogallery siamo riusciti ad immortalare un bellissimo ramarro
per nulla spaventato alla nostra presenza.
http://www.etnasci.it/territorio-e-ambiente/itinerari-e-luoghi-sicilia/parchi-e-riserve/390-il-qpercorso-dei-laghiq-lago-maulazzo-e-lago-biviere-monte-soro
PHOTOGALLERY
L’invaso è stato
realizzato negli anni Ottanta dall’amministrazione forestale
regionale.
E’ incastonato nella
centenaria faggeta (Fagus sylvatica) di Sollazzo Verde, alle
spalle di Monte Soro. Rappresenta uno dei principali punti di
visita del Parco dei Nebrodi, lungo il percorso della dorsale
costantemente battutto dai turisti.
La Flora Oltre
alla tipica vegetazione xerofila è possibile apprezzare numerose
graminacee (covetta, loglio, erba mazzolina e la fienarola),
leguminose (trifoglio e cicerchia) e composite (pratolina,
costolina levigata). Tra le specie endemiche anche il Cardo di
Valdemone.
La Fauna Il
lago è il ritrovo ideale dell’avifauna migratoria e stanziale.
Infatti, proprio in questi luoghi non è difficile avvistare la
Folaga (Fulica atra), la Ballerina gialla (Motacilla cinerea),
il Cavaliere d'Italia (Himantopus himantopus), Il Tuffetto
(Podiceps ruficollis), l'Airone cinerino (Ardea cinerea) o il
Germano reale (Anas plathyrhynchos).
Le zone umide
costituiscono habitat naturale per alcune specie stanziali di
uccelli come il Martin pescatore (Alcedo atthis) ed in
particolare il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus). Quest’ultimo,
scomparso da buona parte dell’isola, è presente ancora nei
Nebrodi con una discreta popolazione.
LAGHI MAULAZZO E BIVIERE (2022)
Operatori
selezionati guideranno i visitatori lungo gli itinerari
prescelti, fornendo indicazioni sul territorio, la fauna, la
flora, la storia e le leggende. L'escursione guidata rappresenta
per il visitatore quell'opportunità eccezionale di compenetrare
aspetti del territorio di rara e celata bellezza. Questo
servizio è reso disponibile solo su prenotazone effettuata da un
gruppo minimo di 6 persone. A destra sono riportati gli
itinerari delle escursioni guidate.
Escursioni
guidate. Per informazioni e prenotazioni
Antonio Cell.
348 9580802 / 393 9462506
LA CASA DEL SOLE (Longi
- ME) Monti Nebrodi
A Longi(Me), borgo
incastonato tra i Monti Nebrodi, abbiamo
avuto il piacere di incontrare Angelo
Pidalà: una persona dall’animo gentile
con una storia da raccontare e da
ascoltare(nel prossimo video che
pubblicheremo potrete vedere ed
ascoltare il racconto integrale della
sua storia). Siamo stati alla Casa del
Sole, spazio da lui ideato, dove è
possibile gustare piatti semplici e
genuini cucinati dalle sue sapienti mani
e dormire in tende a cinque stelle
dotate di tutti i comfort. Poi abbiamo
raggiunto il pianoro di Miglino a quota
1220 mt. sulle Rocche del Crasto; qui
c’è un piccolo casolare, il Rifugio del
Sole, “ciliegina sulla torta”, come
orgogliosamente definita da Angelo. Un
luogo magico, uno scenario incantevole,
dove il tempo sembra essersi fermato. E’
un’escursione adatta a tutti, grandi e
piccini; per una sola giornata, ma anche
per tutto il fine settimana. E’ un luogo
da visitare e da vivere, per chi ama la
natura, il relax, lontano dal caos e
dallo stress cittadino.
Cesarò
Il
sentiero delle sorgenti. Benvenuti nella “porta” dei
Nebrodi.
di GAETANO
GUIDOTTO
Qui la leggenda
popolare narra che le sue acque abbiano addirittura
proprietà terapeutiche.
Scendo per la
strada del ritorno, le fonti d’acqua continuano ad
accompagnarci, come la “Sorgente Sperone” e
quella della “Valle dell’Uomo Morto”, fino a
riportarci al punto di partenza nella contrada
Petrosino di Maniace.
Forse saremo
stanchi, ma soddisfatti per quanto di bello abbiamo
visto e certamente non avremo patito la sete. E’
grazie alla tradizione e alla cultura di un popolo,
che ha incarnato nel proprio essere il rispetto per
la natura, che sono giunti fino a noi i rigogliosi
boschi di Maniace, vera porta del Parco dei Nebrodi.
Chi intende
trascorrere un weekend fra verdi pascoli
incontaminati, un ambiente meraviglioso e prodotti
tipici gustosi e genuini, può già impostare i propri
navigatori satellitari in direzione di Maniace. Qui
troverà una terra foriera di buoni prodotti e un
sentiero invitante, fresco e, perché no, anche
dissetante.
Ci riferiamo al
“Sentiero delle sorgenti” che si è guadagnato
l’appellativo di “più bello dell’intero Parco dei
Nebrodi”. Si tratta di un sentiero da percorrere a
piedi che raggiunge sorgenti già famose agli esperti
escursionisti.
Si parte da
piazza San Gabriele di Maniace, in contrada
Petrosino, a quota 750 metri sul livello del mare,
dovesi trova il punto base per l’escursionismo,
ovvero la restaurata ex casermetta forestale. Ci
incamminiamo su una strada asfaltata che subito dopo
torna a fondo naturale.
Bastano
pochi passi per addentrarsi in un bosco di roverella
e superare il cancello della forestale. La
passeggiata si fa dura perché siamo in salita, ma
già incontriamo le prime sorgenti, ovvero la “Sorgente
Farina” e la “Sorgente Fanusa” che ci
hanno aiutato a raggiungere quota 1.300 dove si
trova il rifugio forestale “Donnavida”, con,
ovviamente, l’omonima sorgente.
Qui possiamo fare
la prima sosta, ma riempire le borracce di acqua è
inutile perché subito dopo vediamo la “Sorgente
Virgilio”. Arriviamo
alla vecchia Trazzera Regia, utilizzata dagli
allevatori per la transumanza e raggiungiamo
contrada Serra Spina a quota 1558 metri sul livello
del mare.
Finalmente la
salita finisce e ci incamminiamo lungo un altopiano
che ci conduce all’obelisco Nelson in contrada Serra
del Mergo, a quota 1553. Si tratta di un monumento
storico in piena campagna, perché è stato fatto
erigere dal Duca Nelson nel 1905 per delimitare la
sua ducea.
Qui si può
ammirare una delle più spettacolari vedute che i
Nebrodi offrono. La visuale spazia da “Lago Tre
Arie” a “Serra del Re” ed a “Monte Soro”. Si vede la
maestosa mole dell’Etna e i paesi pedemontani. Lungo
il percorso si possono ammirare un’esplosione di
vegetazione e di colori, oltre ai boschi di
roverella incontreremo dei maestosi cerri e delle
macchie di pioppi. Non mancano alcune macchie di
agrifogli e freschi boschi di faggio arricchito da
un sottobosco multicolore dove non è raro incontrare
animali che vivono in questi ambienti.
A questo punto
riscendiamo passando dal Rifugio Arcarolo, manco a
dirlo con la sua sorgente, fino ad arrivare alla
fonte più famosa: la “Sorgente del Medico” a
quota 1553 metri.
ALTRI
PUNTI DI INTERESSE
Lago Ancipa (944
m.) Piccolo invaso artificiale, ha una estensione di
17 ettari ed è situato ai confini del parco tra
Cerami, Troina e Cesarò. Nato per fornire energia
elettrica alla Sicilia, con lo sbarramento del fiume
Troina, la sua costruzione risale agli anni 50 ed
oggi è utilizzato per fornire acqua alle zone
limitrofe.
Il lago, con i suoi 944 m di quota è il più alto
bacino artificiale della Sicilia ed è inserito in
uno splendido scenario naturale. E’ circondato da
magnifici boschi, prevalentemente costituiti da
aghifoglie, nati da opere di forestazione, che
proseguono e si integrano con i boschi naturali di
Faggio e Quercia tipici dei Nebrodi. Tra la fauna
troviamo numerose presenze di uccelli acquatici, tra
cui folaghe e germani reali, mentre nei terreni
circostanti è facile incontrare conigli selvatici e
lepri.
Il lago è facilmente raggiungibile dalla strada che
collega San Teodoro a Troina e Cerami.
Rocche del Crasto (1315
m s.l.m.) È un massiccio roccioso di natura calcarea
dell'era mesozoica ricadente nel territorio dei
comuni di Alcara Li Fusi e San Marco d'Alunzio.
Rappresenta un raro esempio di rocce dolomitiche
nell'Italia meridionale. Sui suoi fianchi scoscesi
ed inaccessibili nidificano l'aquila reale ed il
grifone.
Lago Cartolari (1.390
m. s.l.m.) Piccolo invaso artificiale il Lago
Cartolari è compreso nel territorio del Comune di
Tortorici, nella contrada omonima, ai piedi del
Piano di Palma, non distante dal Lago Trearie.
Ospita fauna acquatica sia stanziale che di passo,
come la Gallinella d'acqua, il Germano reale e
l'Airone. Il laghetto è circondato da pascoli e da
magnifici boschi di Faggio e Querce, luogo ideale
per la crescita di funghi. Nei suoi pressi troviamo
infatti magnifici prataioli (Agaricus campestris,
Agaricus arvensis, Agaricus macrosporus) e nei
boschi abbondanti porcini (Boletus aestivalis,
Boletus aereus, Boletus edulis) e molte specie di
funghi non commestibili come l'Amanita muscaria ed i
Cortinarius. Il
lago Cartolari è raggiungibile a piedi da Portella
Dàgara.
Lago Trearie (1435
m. s.l.m.) Il lago di Trearie, un grande specchio
d'acqua formatosi in seguito a una frana, detiene un
record: con i suoi 1500 m. s.l.m. è lo specchio
d'acqua più alto della Sicilia. L’attuale bacino,
frutto dell’ampliamento del piccolo invaso naturale,
è racchiuso al confine fra i territori dei comuni di
Randazzo (CT) e Tortorici (ME), in località
Cartolari-Faranda, ha una superficie che varia, col
mutare delle stagioni, da un minimo di 7 ettari ad
un massimo di 11, un contorno bagnato di quasi 2
chilometri ed una portata di circa 200 mila metri
cubi. Per il posto di rilievo che occupa dal punto
di vista ambientale, costituisce riserva naturale
integrale ed è meta di parecchi uccelli migratori. E'
raggiungibile, con buoni fuoristrada, da Randazzo
dalla contrada Flascio oppure dalla dorsale dei
Nebrodi da Portella Dàgara.
Lago
Pisciotto (1230
m. s.l.m.) E' un piccolo specchio d'acqua nel
territorio dei comune di Tortorici, in un'area di
pascoli d'alta quota, ai piedi del monte del Moro o
Pojummoru (1433 m.s.l.m.). Noto anche con il nome di
Lago Batessa, è ricco di variegata vegetazione
igrofila, nella quale trovano rifugio uccelli
acquatici, anfibi e svariate specie di artropodi. Facile
da raggiungere per la strada asfaltata che arriva
nei pressi, proveniente da Floresta con inizio da
Portella Mitta e attraverso Portella Castagnera e
Portella Batessa.
Cascata del Catafurco (668
m s.l.m.) È una cascata che si forma in
corrispondenza di un dislivello di circa 30 m lungo
il corso del torrente S. Basilio, nel territorio del
comune di Galati Mamertino. Alla base della cascata
le acque si raccolgono in una cavità naturale,
scavata nella roccia, chiamata Marmitta dei Giganti,
dove, nella bella stagione, è possibile bagnarsi.
Monte
San Fratello - Bosco di Mangalaviti - Serra del Re
ENTROTERRA ENNESE
LAGO (O DIGA)
DI POZZILLO
Siamo al centro
della Sicilia, in quella parte dell'isola che i
Romani chiamarono "umbilicus Siciliae" e che gli
Arabi segnarono nelle carte geografiche come ideale
spartiacque tra la Val Demone e la Val di Noto. Una
piana sconfinata dove un incredibile silenzio si
accompagna a una natura quieta e delicata ma che
allo studioso ricorda le mille battaglie legate alle
storiche mire di conquista dell'uomo: l'era dei
Siculi, il processo di ellenizzazione degli abitanti
a opera dei Greci, l'epoca romana, l'avvento degli
Arabi e poi di Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli
sino alla dominazione borbonica, travolta, alla
fine, dai moti garibaldini e dall'unità d'Italia.
Per queste terre transitò intorno alla fine del
Settecento Wolfgang Goethe provando grandi emozioni
dinanzi a natura e paesaggi incantati. Un'immensa
radura che fu per lunghi decenni un fertilissimo
granaio sino all'operosa trasformazione che del
luogo fu avviata poco dopo il 1950. Essa offre brani
di pace silente e visioni d'incanto. Il tutto
arricchito a distanza dalla massiccia mole dell'Etna
ammantato di neve che sembra suggellare un panorama
di rara bellezza. Per assicurare l'irrigazione degli
agrumeti di parte dell'Ennese e della piana di
Catania, oltre che per alimentare una centrale
idroelettrica, Regione e Stato decisero di
realizzare un bacino che ancora oggi è fra i più
estesi d'Europa.
Ci sono voluti
quasi dieci anni per completare la costruzione di
questo vero e proprio lago denominato Pozzillo la
cui lunga striscia argentea somiglia curiosamente a
una elegante cravatta e la cui vista quasi nobilita
i caratteri di un pezzo di Sicilia probabilmente
sconosciuta ancora a molti. Dalla fusione delle
contrade Cangemi, Prato e Buterno è stata come
ricavata un'area che si estende per circa quindici chilometri
in cui è sorto un bacino imbrifero di rimarchevole
portata. E ciò quasi a voler incentivare la
caratteristica vocazione della provincia di Enna
definita la "provincia dei laghi" per via del
progressivo sorgere di ben cinque potenti serbatoi
mirati a irrigare le arse campagne isolane.
La diga di
Pozzillo o lago Orcel, ottenuta dallo sbarramento
del fiume Salso è stata ultimata nel 1959, costruita
per conto dell'Ente di Sviluppo Agricolo ed
attualmente gestita dall'Enel. La stessa ha
destinazione idroelettrica ed irrigua. Tecnicamente
il muro è a gravità realizzata con blocchi di
calcestruzzo con interposti giunti di scorrimento.
Con un'altezza massima di 59 m ed uno sviluppo di
319 m, sottende un bacino imbrifero di 580 Kmq con
una capacità totale di 150.000.000 di mc di acqua.
Allo stato attuale solo le aree adiacenti al lago
Pozzillo, al fiume Salso e alla parte montana a nord
del territorio comunale garantiscono per la fauna
migratoria in transito un buon habitat di ristoro,
pastura ed anche valide condizioni per la
riproduzione.
https://www.comune.regalbuto.en.it/index.php?action=city&idp=34
GAGLIANO
CASTELFERRATO
La Rocca
Il monumento che maggiormente
caratterizza il panorama è indubbiamente la "rocca".
Si tratta di un castello scavato nella roccia. Vito
Amico lo descriveva così: "Antico paese sotto
dirupata e scoscesa rupe, sovrapposto a declive
altura, rivolta a Scirocco, da ogni dove ricinto da
colline; le viscere poi della rupe da ferro incavate
presentansi in forma di fortezza che sebbene
attualmente sia involta in ruine conserva non oscure
vestigia di antica magnificenza, e decentissime
abitazioni appresta pel Barone con oratorio, da poco
tempo formate. Derivasi come appare dai ruderi, aver
compreso un tempo la medesima rocca cinque torri,
dodici fosse e cisterne, diciassette spelonche da
congresso, trenta aule e più, nella maggior parte
nel vivo sasso incavate." Per accedere alla rocca si
passa vicino alla "porta falsa".
Chiesa Madre San Cataldo
La chiesa, posta proprio sotto
l'antico e imponente castello rupestre, sembra
risalire ai primi anni del XIV secolo ed è dedicata
a San Cataldo vescovo, patrono del paese. Il
prospetto in pietra calcarea, è ornato con un
portale con colonne che sorreggono una nicchia che
custodisce la statua del Santo. L'interno, ad aula
unica con ampie cappelle laterali, in alto si scorge
il seicentesco tetto ligneo a cassettoni.
Etna dic 2018 da Centuripe (EN)
Montalbano Elicona (ME) . Il borgo più bello
d'Italia 2016
Gli
Arabi definirono i Nebrodi "un'isola nell'isola"
Paste di
mandorle, rametti, buccellati Base
comune a molti dei dolci tradizionali dei Nebrodi,
che presentano una sorprendente varietà, è la pasta
di mandorle: la si usa, con aggiunta di cioccolato o
di frutta o di fichi secchi, anche nel ripieno della
pasta reale "coperta", una sorta di raviolone
rotondo. Farciti di fichi, noci, pinoli, scorze di
arancia e cannella sono i buccellati.
Alla categoria dei piccoli dolci secchi appartengono
i rametti o ramette, biscotti di mandorle o nocciole
bianchi, ricoperti con granella colorata. Le
giammelle o giammellotte sono di pasta più morbida,
all'uovo, mentre con la pasta del pane si fanno le
ciambelle (cuddura) pasquali.
Canestrato - E'
un formaggio di latte misto vaccino-caprino, che
viene riscaldato a 37 gradi, collocato in una tina
di legno, addizionato di caglio in pasta e versato
in canestri di giunco che danno una particolare
modellatura alle forme. Queste sono pressate a mano,
aggiungendo a volte grani di pepe o fiocchi di
peperoncino.
Quindi si procede alla scottatura a 80 gradi della
cagliata, che andrà ad asciugare su tavolieri di
legno. Il giorno dopo si sala a secco con sale
marino, fino a quando il formaggio non ne assorbe
più e si crea sulla forma uno strato di sale. I
canestrati vanno poi in stagionatura in cantine o
grotte naturali, dove restano per un periodo
variabile a seconda del grado di affinamento che si
vuole raggiungere.
Maiorchino E'
un blocco di formaggio dalla forma cilindrica e un
peso che va dai 10 ai 18 chili. E' uno dei più
grandi pecorini d'Italia, pare che risalga al
Seicento, sia per la struttura che per la qualità ed
è notevole anche la sua attitudine alle stagionature
prolungate. Si produce da febbraio fino alla seconda
decade di giugno in piccolissime quantità, lavorando
latte crudo di pecora, con un'aggiunta del 30% circa
di latte di capra, unendo caglio in pasta di
capretto o agnello. La tecnica di realizzazione
molto complessa e la lunga stagionatura rendono i
costi di produzione alti rispetto al mercato. Il
(Maiorchino) pecorino, quindi, sta rischiando di
scomparire.
Curiosità: Ancora oggi, il martedì a Carnevale, a
Novara di Sicilia in alcuni comuni che lo producono,
si effettua con le forme stagionate la tradizionale
"ruzzola": i pastori gareggiano facendole rotolare
lungo il pendio della via principale del paese.
Zona di produzione: Comuni di Santa Lucia del Mela,
Novara di Sicilia, Basicò, Tripi, Mazzarà
Sant'Andrea, Fondachelli Fantina, Montalbano Elicona
ed altre zone dei nebrodi (provincia di Messina)
L'antichissimo
gioco del "maiorchino" risalente ai primi decenni
del 600 e molto diffuso in passato in provincia di
Messina, sopratutto nelle zone dei Nebrodi e dei
Peloritani, esso sopravvive unicamente a Novara di
Sicilia, un paese ove il tempo sembra essersi
fermato ed i cui abitanti molto legati alle
tradizioni lo praticano abitualmente nei mesi
invernali.
La curiosa gara consiste nel far rotolare una forma
di pecorino stagionato del peso di circa 10
chilogrammi lungo un percorso, ormai consueto da
secoli, che si snoda per oltre due chilometri lungo
le antiche e caratteristiche strade del centro
storico. Il lancio deve essere un misto di forza,
precisione ed interpretazione delle pendenze della
strada , visto che vince la squadra (composta da tre
giocatori) che taglia per prima il traguardo "a
serva" impiegando il minor numero di lanci.
Come abbiamo detto la forma di cacio, di un
caratteristico colore giallo, ha il peso di dieci
chilogrammi con spessore di 12 cm e diametro di
circa 35 e per imprimerle maggiore velocità viene
attorcigliata con un robusto laccio - " a lazzada "
- che serve anche a determinare la direzione voluta.
Generalmente le squadre impiegate nel torneo sono
circa 15, provenienti anche da altri paesi limitrofi
e per determinare le formazioni finaliste si rende
necessario effettuare prove eliminatorie che durano
quasi tre settimane. Nelle ultime edizioni ( Quella
di quest' anno è la XII° ) hanno partecipato anche
formazioni femminili, che non hanno assolutamente
sfigurato al cospetto dei loro più esperti colleghi.
Per tradizione il giorno della finalissima coincide
con il "Martedì grasso", che si tramuta a tutti gli
effetti in una grande festa per l' intero paese e
per i numerosi spettatori che vi convengono da
Messina e da diversi centri della provincia.
Nell'occasione, infatti, nella piazza principale
"MicheleBertolami" viene allestito un vero e proprio
ovile dove i pastori, che indossano i caratteristici
indumenti di un tempo, preparano con i metodi
tradizionali, al cospetto del pubblico, la ricotta
ed il formaggio "a tumma" che vengono poi
distribuiti ai presenti. La festa si completa poi
con la degustazione dei maccheroni casalinghi
conditi con sugo di salsiccia e ricoperti da una
vera e propria cascata di maiorchino grattugiato e
con il contorno di altri prodotti tipici locali
accompagnati dal buon vino genuino della zona. A ciò
fa seguito il conclusivo ballo in piazza.
Uno spaccato dunque di folclore e di popolaresca
semplicità che si associano alla valorizzazione
dell'antico patrimonio pastorale ed a quella genuina
civiltà contadina del quale la popolazione di questo
centro collinare è depositaria.
http://www.agrigirasole.it/0000/maiorchino.htm
Provola
dei Nebrodi - E'
un tradizionale caciocavallo siciliano prodotto
artigianalmente dai casari dei Monti Nebrodi, che si
tramandano la tecnica di caseificazione di padre in
figlio. Normalmente è di piccole dimensioni (da 1 a
1,5 chili), anche se alcuni produttori scelgono
pezzature superiori, più idonee per stagionature
prolungate. La forma è ovoidale, con la classica
testina dei caciocavalli (utilizzata per legare le
forme e appenderle).
Si produce con latte vaccino coagulato con caglio di
agnello o di capretto e poi filato gettando acqua
calda sulla massa. Prima della filatura la pasta è
manipolata a lungo: una tecnica simile a quella
usata per impastare il pane, grazie alla quale il
formaggio tende a sfogliarsi in bocca. Le forme
hanno buccia liscia, lucida, di colore paglierino
ambrato. Il sapore varia dal dolce al piccantino,
con il progredire della stagionatura. è un ottimo
formaggio da tavola, ma è anche utilizzato come
ingrediente in alcuni piatti tipici. Particolari
forme artistiche-artigianali sono espresse nei
cosiddetti "caci figurati" buoni da mangiare ma
anche belli da vedere.
La Ricotta -
La ricotta è un latticino diffuso in tutta la
Sicilia, dove viene utilizzata in infinite
preparazioni gastronomiche. Ma sui Nebrodi vive una
sorta di tripudio di biodiversità. Qui infatti è
prodotta ancora come ai tempi di Omero, utilizzando
come innesto il lattice di fico. Il casaro ha i suoi
alberi di riferimento da cui stacca i rametti che
immerge direttamente nel siero o che diluisce in un
decotto di acqua bollente che poi travaserà nella
caldaia. La tecnica è piuttosto complicata, in
quanto l'efficacia del lattice è condizionata dal
clima, dalla stagione, dal vigore vegetativo
dell'albero: per cui il casaro ogni giorno deve
decidere quantità di lattice e tempo di reazione. è
certo però che con questa tecnica si ottengono
ricotte assolutamente pure, molto personali (variano
a seconda della mano del casaro) e che non hanno
retrogusto di limone o acido o minerale.
Tutto al
più un piacevolissimo aroma erbaceo. Ma la
variabilità non dipende solo dal lattice di fico: si
fanno ricotte vaccine, pecorine e miste. Inoltre si
fanno senza sale, da consumarsi fresche soprattutto
in cucina o in pasticceria, oppure salate fresche e
ancora salate destinate alla stagionatura, che
diventeranno dure, quasi granitiche, buone da
grattugiare sulla pasta. Sui Nebrodi si produce
anche ricotta infornata - la particolare tecnica di
cottura della ricotta - sia tenera e dolce, sia
salata e destinata a un prolungato affinamento.
Fragole
e piccoli frutti dei Nebrodi Fragole,
Fragoline di bosco, Mirtilli, Lamponi, More e Ribes
bianchi e rossi, vengono coltivati sui monti Nebrodi
nel periodo primaverile - estivo.
Si tratta di frutti ricchissimi di vitamine e di
proprietà salutistiche che da sempre crescono,
spontaneamente nei boschi e che da un decennio
vengono coltivati in pien'aria.
I Frutti di bosco, le Fragole e le Fragoline
rappresentano, per l'aspetto, i colori, il profumo
inconfondibile e le innumerevoli qualità
intrinseche, un prodotto di nicchia di sicura
eccellenza.
Storia del prodotto: Gli Arabi definirono i Nebrodi
"un'isola nell'isola" perché essendo caratterizzati
da un paesaggio ricco di boschi, pascoli d'alta
quota, laghi e torrenti, contrastano con l'immagine
più comune di una Sicilia arida ed arsa dal sole.
Lamponi, Mirtilli, Ribes e Fragoline trovano in
questi luoghi le condizioni di sviluppo ideale e
rappresentano una prospettiva per l'agricoltura di
montagna che, necessariamente ed in modo
consapevole, si accosta a modelli produttivi
integrati col territorio, il paesaggio ed il tessuto
socio-economico.
Nocciola
dei Nebrodi Intorno
al 1890, in conseguenza del perdurare della crisi
della gelsicoltura, sulle pendici della media e alta
collina si assistette alla diffusione di un altro
protagonista del paesaggio agrario nebroideo, ossia
il nocciolo; questa coltura, già presente in passato
nel territorio tortoriciano, grazie alla sua
facilità di adattamento, al suo apparato radicale
molto fitto e quindi atto a prevenire l'erosione del
suolo, e ovviamente alla sua produttività, riuscì a
sostituire degnamente la coltura del gelso.
I noccioleti, estesi circa 12 mila ettari e con un
vastissimo patrimonio genetico, forniscono
produzioni pregiate soprattutto dal punto di vista
qualitativo. Tra le cultivar principali si ricorda
la Curcia, la Carrello, la Ghirara, le diverse
Minnulare. Largamente impiegate nella pasticceria
locale, per la preparazione di ottimi gelati,
semifreddi e dolci caratteristici quali: la pasta
reale, i croccantini, il torrone e i rametti.
Miele dei Nebrodi Sui
Nebrodi vi è un'eccezionale ed unica varietà di
piante ed alberi, basta pensare che in soli 30
minuti si passa dal livello del mare a 1.500 metri
d'altezza. Praticando un'apicoltura di tipo nomade,
oltre che stanziale, si ha la possibilità di
approfittare di continue e diversificate fioriture
durante il corso di tutte le stagioni con la
possibilità di produrre miele di altissima qualità
utilizzando "pascoli" quanto mai diversificati che
vanno dall'agrumeto, al castagno, all'acacia,
all'eucalipto, agli alberi da frutta in genere e ad
un eccezionale mille fiori di montagna.
Il
miele che se ne ricava è un prodotto genuino e
gustosissimo che si assaggia al naturale o
accompagnato e legato ad altri prodotti tipici quali
frutta secca (pistacchio, nocciole, noci, mandorle),
formaggi, o altrimenti costituisce la base per dolci
e pietanze.
Olio extravergine
d'oliva Valdemone DOP Il
Valdemone è ottenuto da oli delle tre cultivar
principali: Ogliarola Messinese, Santagatese e
Minuta. L'olio si presenta limpido o leggermente
velato, dal colore verde con sfumature dorate. Il
profumo ricorda le olive appena raccolte
accompagnato da sentori di erbe, foglie e fiori di
piante spontanee presenti nel territorio. Il gusto
delle olive fresche di raccolta è contornato da un
contrasto amaro e le sensazioni retro-olfattive
sanno di mandorla, frutta fresca, pomodoro e cardo.
Zona di coltivazione/produzione: Comuni in provincia
di Messina
Storia del prodotto: Anticamente il termine
Valdèmone era identificato come "Vallis Nemorum"
("Valle dei Boschi"), a giustificazione della
ricchezza forestale del territorio. Inoltre è stato
da sempre legato alla Sicilia Nord Orientale perchè
dal medioevo fino al 1812 questa parte della Sicilia
veniva indicata appunto con il nome Valdemone.
Pane di
grano duro ed altri prodotti tipici Sui
Nebrodi, come sulle Madonie e in buona parte del
resto della Sicilia, il pane tradizionale è fatto
almeno in parte con semola rimacinata di grano duro
impastata con acqua, sale e - spesso - lievito
madre. La forma è rotonda o oblunga e la pezzatura
medio-grande, da un minimo di 1 chilo a 1,8, 2
chili.
Nei paesi del
parco i fornai usano ancora la legna per cuocere il
pane, che ha crosta consistente, profumo fragrante e
si conserva bene per parecchi giorni.
L'Etna visto dai Nebrodi
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