fonte video: https://www.youtube.com/c/IamSolocosebuone/featured

 

 

 

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Il grande attore catanese Angelo Musco era ancora celibe e viveva presso la sorella Anna, sposata con Giuseppe Pandolfini. La coppia aveva due figli, il celebre attore Turi Pandolfini e Janu, titolare del negozio di articoli di lusso sul lato sinistro dei Quattro Canti a Palazzo San Demetrio, in Via Etnea. Ianu, che non ha mai recitato, era personaggio estroverso e disposto a regalare almeno una cravatta a chi non acquistava nulla. Sull’altro lato dei Quattro Canti, l’analogo negozio dell’altro fratello Turi, raramente presente per i suoi impegni cinematografici.

In un giorno del 1920 in Catania, a casa Pandolfini in via Etnea, si svolse un pranzo che in futuro divenne famoso. Quel giorno il grande Musco fu invitato a casa del nipote Iano, sposato con la signora Rosaria D’Urso. Oltre al celebre zio, fra i commensali c’erano il fratello Turi e i noti commediografi e giornalisti Nino Martoglio, Pippo Marchese e Peppino Fazio.

Arrivò il momento in cui Donna Saridda portò a tavola i fumanti spaghetti con la salsa di pomodoro, basilico, melanzane fritte e ricotta salata grattugiata. Era un piatto già da tempo gustato sulle tavole catanesi, dalle classi meno abbienti a quelle borghesi, preparato da sempre e rigorosamente con costoluto “Rizzo” catanese, quello enorme che impieghi una mattinata a renderlo una crema rossa più salutare di una medicina, la ricotta salata di Vizzini, la melanzana turca tagliata per lungo, olio Nocellara dell’Etna, pasta di grano siciliano al 100 %, aglio e basilico. Nient’altro.

 

 

Dopo le prime forchettate, Nino Martoglio si complimento' con la padrona di casa: "Signora Saridda, chista è ‘na vera Norma!". Naturalmente, considerata la presenza di accreditati e qualificati "gazzettini", il complimento scese immediatamente al pianoterra e si spalmò in un baleno in tutta la via Etnea, da sempre salotto e "curtigghiu" dei catanesi. Dunque Nino Martoglio venne definitivamente accreditato come l'artefice dello pseudonimo "alla Norma" la popolare pasta catanese, anche se non fece altro che ripetere una felice espressione del popolo per un rispettoso e sentito omaggio a Vincenzo Bellini, perché "Norma" a Catania non significa solo musica, ma anche il "non plus ultra" di ogni cosa: infatti la riverenza al Cigno catanese, autore di Norma, è stata, è ancora adesso e sarà sempre esclusiva. "Pari ‘na Norma", sembra una Norma, era ed è l'attuale paragone per la mania all’esagerazione di cui sono sempre stati affetti i catanesi.

Alcuni hanno scritto "Pasta ca norma" termine che sarebbe stato pronunciato nel Settecento da un nobile di passaggio a Catania ma sotto questo aspetto, “pasta ca Norma” non significa niente. "Ca" o "cca" varrebbe come "pasta con la ricotta" o con la salsa. Quindi, scrivere pasta ca Norma è errato, perché la Norma diventerebbe un ingrediente. Qualcuno ha scritto pure che il piatto era dedicato a una bella maestrina.

Su youtube ero iscritto a un canale di gastronomia. A questo cuoco gli ho visto preparare la Norma. Dunque: preferiva la melanzana Violetta detta Seta (che si sfalda alla frittura) a pezzetti anzichè la Turca, quella tagliata religiosamente a fette lunghe con le quali un tempo si faceva pure cena oppure merenda dentro le mafaldine bollenti, mentre l’olio di quelle fette sublimi scolava sulle mani.

 

Catania nel 1920.

Si vanta poi di lasciare la buccia nera. Dai, chi sarebbe quel pazzo che penserebbe di eliminare quel po' di amaro che si sposa a meraviglia col dolce del nostro pomodoro? Poi la sua salsa, preparata con pomodoro Piccadilly (che ci potrebbe anche stare) ma frullato e fatto diventare una cremina dal color biochetasi. Questo no! Per finire lo scellerato scempio, ha buttato giù la pasta e ha detto: “ecco le busiate, tipica pasta catanese!”. Errato! Le busiate sono di Trapani. A Catania la Norma la facciamo con gli spaghetti, i rigatoni o le penne. Quello che poi mi ha fatto cancellare dal suo canale è stato quando, dopo averci elogiato per questo piatto straordinario, ha detto che la sua migliore pasta alla Norma l’ha assaggiata a Roma. Ovviamente, CANC. Un'onta per un catanese !

Oltre a questo signore, su internet ho visto ricette di Pasta alla Norma scandalose: dal cacioricotta spacciato per ricotta salata alle melanzane a pezzetti, dal pomodoro San Marzano agli gnocchi! Sarebbe come dire che per fare la pizza Margherita originale occorrono le sottilette Kraft al posto della mozzarella fior di latte.

I testimonial della pizza napoletana sono Pulcinella e una regina di casa Savoia. Noi non siamo così titolati, abbiamo solo un musicista. Ma si chiamava Bellini, e di nome Vincenzo!

M.R.

 

 

 

 

 

 

 

 

ALTRE (FANTASIOSE) VERSIONI SULLA DENOMINAZIONE

 

1) Nel 1832 alla Scala di Milano ci fu la presentazione dell'opera di Bellini,« La Norma », il pubblico applaudiva con grande entusiasmo, ma i milananesi non gradirono l'Opera. Dal palco dei coniugi Turina, ironicamente Bellini disse: e milanisi cià duppau u risottu (ai milanesi gli è rimasto il risotto nello stomaco). Questa frase venne ripetuta con ironia in tutta la Sicilia e per sgarbo al risotto milanese si volle dare il nome ad un piatto tipico catanese.

 

2) Altre fonti poco la attribuiscono a una maestrina;

 

3) Altre che fu dedicata all'amore che Bellini nutriva per il soprano Giuditta "Pasta", Callas dell'Ottocento e amata da molti compositori, modellando la sua Norma sulla personalità e il timbro musicale della Pasta per l'aria di "Casta Diva",

 

4) Per altri ancora, il nome sarebbe merito di un cuoco catanese che, per omaggiare il celebre concittadino Vincenzo Bellini, pensò di perfezionare una ricetta di pasta con le melanzane per dedicargliela, dandole appunto il nome.

 

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FIPE Confcommercio: la Pasta alla Norma patrimonio dell'Unesco per rilanciare il settore della ristorazione

Questa è la nuova mission della FIPE Confcommercio, un progetto che, in realtà, l’associazione dei ristoratori accarezza da tempo e che adesso, più che mai, può contribuire al rilancio del settore nel post pandemia - 08 febbraio 2021

 Sostenere il riconoscimento della pasta alla Norma come patrimonio culturale gastronomico dell’Unesco. Questa è la nuova mission della FIPE Confcommercio, un progetto che, in realtà, l’associazione dei ristoratori accarezza da tempo e che adesso, più che mai, può contribuire al rilancio del settore nel post pandemia. “Grazie all'interesse sempre più diffuso per la gastronomia siciliana da parte della clientela straniera - afferma il presidente regionale della Fipe - Confcommercio Dario Pistorio -, la pasta alla Norma è diventato il piatto più apprezzato del nostra terra e ha fatto si che la Sicilia diventasse una delle mete più visitate nell’area del mediterraneo, dove il legame fra cibo e luogo è forte, dove le tradizioni culturali e gastronomiche tramandate da generazioni sono rimaste legate al territorio in maniera indelebile.

 E il visitatore scopre la nostra terra anche attraverso i gusti e i sapori della sua cucina, scopre le contaminazioni che i popoli hanno lasciato nel tempo e che ora caratterizzano la nostra isola baciata dal sole e accarezzata dal mare rendendola unica e lasciando ai turisti un ricordo che si porteranno dietro per sempre.

Per questo - conclude Pistorio - abbiamo il dovere di dare il giusto riconoscimento a ciò che di bello e di buono ci rappresenta”. Anche Giovanni Trimboli, presidente dei ristoratori della FIPE (federazione italiana pubblici esercizi) di Catania è convinto che la promozione del piatto tipico per eccellenza della cucina mediterranea e i cinque elementi che la compongono siano un richiamo importante ed utile per il nostro territorio. “Abbiamo bisogno di fare sistema attorno ad un marchio di qualità che alzi il livello della conoscenza della nostra ristorazione anche all’estero – dice Trimboli - e dia valore all’impegno degli imprenditori e soprattutto alle tante maestranze, chef e cuochi che operano nelle nostre cucine. Tutto questo potrebbe essere un buon veicolo per dare più visibilità alle tipicità della nostra filiera gastronomica in città. Per questo i ristoratori di FIPE Confcommercio, sostenuti da un contesto socio politico e culturale con consensi anche trasversali tra loro ma d’accordo nel remare nella stessa direzione, stanno facendo sistema attorno all’iniziativa per valorizzare il piatto della Norma come simbolo della tradizione, al fine che venga riconosciuto dall’Unesco come patrimonio gastronomico della cucina siciliana da preservare”.

Tanti gli aneddoti tra storia e legenda che narrano di questo piatto: uno dei tanti racconta la nascita dovuta ad una esclamazione dell’attore e poeta Nino Martoglio; un altro l’addebita direttamente a Vincenzo Bellini che insieme ad un suo amico cuoco siciliano a Milano hanno dato vita a questo piatto di pasta, pomodoro, melanzane fritte e basilico, condito con generosa abbondante ricotta salata. Impossibile risalire alla genealogia reale di questo piatto, come spesso accade nella storia della gastronomia, ma è certo che la città di Catania l’ha battezzato con il richiamo diretto all’opera di Bellini. “Il piatto - continua il presidente Giovanni Trimboli - è così radicato nella cultura siciliana che da anni è stata istituita la Giornata Nazionale della Pasta alla Norma che si festeggia il 23 settembre.

Quest’anno, pandemia permettendo, insieme ai cuochi etnei della FIC (federazione italiana cuochi) stiamo programmando una giornata celebrativa itinerante presso i ristoranti e per le vie della città e provincia, una festa di tutti dove la cultura, l’enogastronomia, l’arte, possano coinvolgere tutto il tessuto produttivo dell’accoglienza e della ricettività. Il progetto è già pronto e nelle prossime settimane sarà presentato alla città e al sindaco di Catania Salvo Pogliese e a tutta la giunta cittadina. Miriamo a trasformare il nostro progetto in un appuntamento fisso da riproporre negli anni e magari spalmarlo in più giorni con appuntamenti di alto spessore”.

https://www.cataniatoday.it/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' n'capolavoru ccò micciu, fattu di semplici ngredienti ginuini, e propriu ppi chissu necessita ca ognunu di iddi a essiri  ....... cca' nocca!     A pasta è megghiu nustrali, provenienti da una terra ca na vota chiamavunu il Granaio di Roma: Catania! Semu quattru, centu grammi a testa abbastanu, no? U furmatu di chiddu ca vuliti, ma megghiu si calati spaghetti, maccaruni o pinni rigati. Ddu mulinciani, megghiu a"Tucca" da zona di Aci, niura niura ca a pariri "Petru u tuccu" quannu iucava 'o palluni. Casumai, na mulunciana Sita bedda ponchiolotta comu na cuttigghiara da Civita e viola comu i'mmiriusi. Appoi ci voluni tri chilati di pumarroru, ma no chiddi di San Mazzanu o u Cilieginu di Pachinu ca addivintau cchiu peggiu ddo puddisino.... a quali! Cca ci voli u Rizzu Catanisi di Adernò: u sapiti ddi belli pumarori tunni tunni ca parunu u pupazzu da Miscilen, tutti scasciati ma duci duci ca parunu fatti di pasta reali? Sì, avaia, chiddi russi n'da faccia ca parunu affruntati dopu na carizza ca ci fici u suli da Chiana di Catania! A ricotta salata chidda di Vizzini, ca si poi vi pari ancora modda ammugghiatila intra a catta do pani e mittitila n'do frigideri a sira prima. Da na testa d'agghiu russu da Nubbia scippatini ddu spicchi e ppoi na cipudda nica, ogghiu bonu extraveggini di Malupassu e anticchia di balicicò di Bedduviddi. 

 

Ingredienti per 4 persone. E' un capolavoro splendente, fatto con semplici ingredienti genuini e per questo motivo è necessario che ognuno di loro debba esserlo con tutti i requisiti! . E' quindi fondamentale, per ottenere un risultato D.O.C., esaltare la materia base di questo famoso piatto siciliano cercando di cucinarlo con prodotti esclusivamente territoriali con marchi di origine protetti.

 

- la pasta è meglio quella di grando duro siciliano, proveniente da una zona che anni fa (2.000) chiamavano il Granaio di Roma: Catania! Siamo in quattro e credo che  400 grammi a testa dovrebbero bastare. Preferibilmente fra spaghetti, maccheroni rigati e penne rigate 

 

- due melanzane "turca" di Acireale, nere da sembrare Anastasi nel suo periodo migliore; in alternativa della varietà "Sita"  tonde come una popolana catanese in un cortile della città vecchia e viola come gli invidiosi

 

- ricotta salata non troppo stagionata di Vizzini (alcuni dicono che secondo tradizione debba essere quella infornata. In verità, da quando sono nato questa l'ho vista all'opera in altre provincie, ma mai sulle tavole catanesi) 

 

- due chili e mezzo di pomodori, ma che non siano i soliti San Marzano o il Ciliegino di Pachino: occorre la varietà Beef costoluto ovvero il "Riccio Catanese", preferibilmente della zona di Adrano, dall'aspetto deformato ma dolce e rosso di vergogna per le carezze ricevute dal sole nella Piana di Catania;

 

- due spicchi di aglio rosso di Nubia

 

- un mazzo di basilico fresco di Valverde;

 

- olio extra vergine di oliva di Belpasso

 

- sale grosso q.b.

 

 

 

 

 

LA PASTA

Circa 8.000 anni or sono, ancora in era neolitica, l’uomo iniziò a coltivare cereali, apprese ben presto come macinarli, lavorarli, e servirsene per la sua alimentazione.
I cereali macinati potevano essere poi essiccati, lavorati con acqua, farina con salsa, sembra essere il significato associato alla parola pasta.
Negli scritti di Cicerone, Orazio prima di Cristo, in quelli di Apicio un paio di secoli d.C. fu possibile trovare le prime valide documentazioni a proposito della pasta e dei metodi di lavorazione impiegati per ottenerla.
Il De re coquinaria libri proprio di Apicio descrive infatti di un timballo racchiuso in una schiacciata di farina, citata come làgana.
La farina in forma di fili sembra sia originaria della Sicilia, ed il nome che veniva attribuito a questi primordiali spaghetti era itriyah, un nome di origine araba.
Qui sorge un dubbio: chi ha inventato gli spaghetti?!
Personalmente sono contento che siano stati inventati, frutto comunque di lavoro dell’uomo, non necessariamente chi arriva primo dona un contributo migliore di chi arriva dopo.
Senza togliere meriti a nessuno, sia chiaro, comunque sia i Vermicelli di Tria in Sicilia, e non solo, sono ben noti anche ai giorni nostri.
I maccheroni sono quelli divenuti forse più famosi, soprattutto perchè dal 1200 in poi il loro consumo aumentò notevolmente: diversi trafilati di pasta che vennero classificati proprio sotto il nome di maccheroni.
Risulta curioso comunque anche come i Cinesi, circa 4.000 anni fa, fossero anch’essi a conoscenza delgli spaghetti, sebbene da loro il frumento non fosse ancora conosciuto.
Del resto, anche loro hanno dato il loro contributo alla storia della pasta con cereali differenti dal grano: il miglio, o la soia, i cui spaghetti sono apprezzabili e ben conosciuti, in Occidente hanno riscosso un successo che forse non ci si immaginava.
Nel Medioevo, la cottura, importantissima per la pasta, venne contemplata anche con la bollitura, prima era molto in uso la cottura in forno.
L’evoluzione dell’uomo nella coltivazione dei cereali, quella relativa alla loro lavorazione, ha contribuito nel corso degli anni nel far arrivare a noi un prodotto al quale, ben difficilmente, potremmo rinunciare.

http://www.guida-acquisti.com/alimentari/pasta.html

 

 

E' vero, cuocere la pasta in modo corretto non è poi così difficile, è necessario però rispettare alcune indicazioni fondamentali.
Incominciamo col scegliere la pentola giusta. Dovrebbe essere grande abbastanza e più alta del suo diametro per contenere una sufficiente quantità d'acqua. Come regola si consiglia 1 Litro d'acqua per 100g di pasta. E' comunque opportuno usare una quantità d'acqua superiore rispetto a questa indicazione, perchè durante i tempi di cottura relativamente brevi la pasta necessita di una temperatura costante e questa rimane più facilmente costante con una grande quantità d'acqua. All'acqua deve essere aggiunto il sale, circa 10 g. (un cucchiaino quasi colmo) per 1 litro d'acqua. Non si possono stabilire i tempi esatti di cottura della pasta, in quanto dipendono dal tipo di formato e dal suo spessore. La pasta fresca è pronta molto prima della pasta secca industriale. Per la pasta fresca il tempo di cottura dipenda da quanto si è già asciugata. Quindi c'è una notevole differenza se la pasta viene cotta subito dopo essere stata tagliata o se verrà cotta dopo ore. Spesso non è possibile stabilire il tempo esatto di cottura in minuti. Il punto giusto di cottura è raggiunto quando la pasta diventa tenera all'esterno, mentre la sua parte interna è ancora dura. Questo punto di cottur
a è definito dai cuochi italiani con il termine "al dente". Durante la cottura è necessario assaggiare di tanto in tanto una piccola quantità di pasta per controllare il punto di cottura. Ricordate anche che la pasta non è da passare sotto l'acqua fredda, altrimenti perde il suo strato di amido colloso necessario per legarsi bene con i sughi e i ragù, unica eccezione viene fatta per la pasta che deve essere servita fredda.
http://www.pasta.it/segreti.htm

 

 

ALCUNE REGOLE FONDAMENTALI PER LA COTTURA

1 Occorre molta acqua. Come regola almeno 1 litro d'acqua per 100g. di pasta. Per le lasagne ne serve di più.
2 Aggiungere l'olio solo nei casi eccezionali. Solo per le sfoglie di pasta più grandi come le lasagne o per la pasta fresca che potrebbe incollarsi.
3 Buttare la pasta: la pasta lunga viene buttata tutta insieme, la pasta corta invece versata nell'acqua un poco alla volta. Portare l'acqua in ebollizione.
4 Mescolare con la forchetta di legno in modo che tutta la pasta venga rigirata nell'acqua e non si incolli nella fase iniziale.
5 Appoggiare il coperchio e coprire la pentola per 2/3; il vapore può fuoriuscire e la pasta cuoce in modo uniforme.
6 Prova di cottura per vedere se la pasta è "al dente". E' necessario fare un assaggio ogni tanto.
7 Non appena è stato raggiunto il giusto grado di cottura scolare la pasta tutta insieme. Far sgocciolare l'acqua e procedere con la lavorazione.
8 La pasta si passa sotto l'acqua fredda solo quando la pasta viene servita come contorno o per le insalate fredde. Raffreddare con l'acqua significa fermare il processo di cottura.

 

 

TAGLI CONSIGLIATI

Tortiglioni Spaghetti Cataneselle (casarecce) Fusilli corti Penne lisce

 

 

 

La pasta ideale per realizzare la “pasta alla norma”, al netto del formato scelto, dovrebbe essere stata prodotta a bassa temperatura (40°-45°C), con un tempo di essiccazione di 24/48 ore, in modo tale da non inficiare le caratteristiche organolettiche della semola utilizzata.

 Nella zona della provincia di Catania, il grano che veniva coltivato per produrre la semola apparteneva alla varietà Margherito, che era il frumento più coltivato nella Piana di Catania.

Il Margherito, insieme al "Senatore Cappelli" ed al "Bidì", derivano da popolazioni nordafricane e furono selezionati rispettivamente dal dr. Santagati, dal Prof. Tucci e dal Prof. Strampelli. Le tre varietà sono quasi indistinguibili botanicamente, ma in ordine alla lunghezza del ciclo possiamo affermare che il catanese "Margherito" è più precoce del "Bidì", che si adatta meglio alle zone collinari. Le tre varietà hanno anche qualità tecnologiche simili.

 Il Margherito risulta molto adatto alla pastificazione.  Attualmente esistono ancora alcuni pastifici nella zona del Catanese che producono questo tipo di pasta,

 

 

 

 

 

 

 

 

GLI ACCESSORI

 

In una "Natura Morta" catanese, di Norma gli ingredienti sono questi.

 

 

 

 

IL POMODORO

Sebbene proveniente dalla regione francese che gli dà il nome, anche il Marmande può essere considerato un ecotipo locale. Il frutto è di pezzatura medio-grossa, schiacciato, con le tipiche costolature molto evidenti e una collettatura verde molto marcata. La polpa è spessa, poco acquosa e dolce. Vista la scarsa consistenza e la limitata resistenza post-raccolta, i frutti vengono raccolti e venduti a inizio invaiatura.Il Marmande è uno dei pomodori più gustosi in assoluto. Ne esistono moltissime varietà, che vengono commercializzate con nomi come Merinda, Marmandino e perfino RAF. Le differenze fra le varietà sono poche nell’aspetto, ma rilevantissime nel gusto. In tutto il mondo si cerca di migliorare, ma il più saporito Marmande è tuttora quello prodotto nel sud della Sicilia, in una stretta lingua di terra fra Pachino, Marzameni, Portopalo. Qui la speciale composizione del terreno vulcanico, ricco di sali minerali, il regime dei venti, tipico di quella zona, permettono la produzione, da febbraio fino all’inizio di maggio, di una vera prelibatezza. Ma non è da  meno la varietà Beef, assonanza per la sua grandezza simile alla bistecca americana ovvero il Rizzo (Rizzu) Catanese, che si coltiva in quasi tutta la Piana di Catania soprattutto fra Adrano, Belpasso, Biancavilla e Bronte. Nei mercati popolari catanesi abbonda in estate e questo prodotto orticolo è riconoscibile dall'aspetto corpulento e rosso, con strane costolature da farlo sembrare un rospo. Si fa perdonare per l'eccellente sapore,  così dolce da non farci pentire per averlo scottato per quasi un'ora nella pentola.

Il Piccadilly è un pomodorino di piccole dimensioni che trae origine dall’antico pomodoro “Vesuviano”, coltivato nel sud Italia. I suoi grappoli contengono dai 15 ai 20 frutti di forma ovale e dal peso di 30-50 grammi ciascuno.È un pomodoro ottimo per preparare salse perché durante la cottura la buccia entra in amalgama con la polpa, ma è ottimo anche in insalata per il suo gusto saporito e dolce. Il colore è un bellissimo rosso vivo.

Il grappolo può essere conservato appeso in luogo asciutto ed aerato per diverse settimane mantenendo inalterato il gusto e il profumo.

Edicarpo liscio, di colore rosso molto acceso - Forma sferica a grappoli a forma di lisca di pesce - Calibro Calibro   piccolo (20-25 gr) - Tenore zuccherino molto elevato - Durezza media - Sapore dolcissimo - Proteine 0.8 - Grassi 0.3 - Carboidrati 3.5 - Calorie 19

 

 

 

 

 

LA RICOTTA SALATA

 

Prodotta con metodi tradizionali ed utensili storici, dopo la produzione, rimane nella fiscella per circa 24 ore, in modo da permettere il necessario drenaggio del siero e, nello stesso tempo, di farle assumere la giusta consistenza.

Resta per 48 ore fuori dalla fiscella, per consentire un ulteriore asciugatura.

La salatura viene effettuata tenendo ogni forma in mano e cospargendo accuratamente tutta la superficie di sale; completata tale operazione, si procede, sempre in maniera manuale, all’eliminazione del sale in eccesso.

Per la salatura di ogni forma, occorrono circa 40/50 g di sale.

La stagionatura avviene su scaffali di legno in ambienti ben areati; durante tale fase, ogni 2/3 giorni le forme vengono capovolte e sottoposte ad un’attenta pulizia della superficie esterna, al fine di eliminare sia le muffe, sia il sale residuo.

La ricotta Salata entra a far parte di diritto tra gli ingredienti piu’ importanti della cucina Siciliana, utilizzata soprattutto nel periodo estivo, la troviamo nelle ricette di alcuni piatti simbolo della cucina tipica Isolana.

http://andreagraziano.com/2009/04/22/la-ricotta-salata/

 

La ricotta salata, è ottenuta in seguito a salatura a secco e stagionatura per circa due mesi. Deliziosa e gustosissima se grattugiata sui maccheroni o altre pietanze.

Tipologia latticino caseoso fresco, prodotto dal siero del latte di pecora, di capra e di vacca (o misto).

Origine del Nome il termine "ricotta" conduce alla specifica tecnica di produzione, che consiste nel ricuocere il siero di latte con aggiunta di altro latte fresco e di sale: la ricotta si ottiene per affioramento.

Caratteristiche del prodotto
La forma, 
generalmente tronco - conica, dipende da quella della fiscella dove è posta la ricotta; la consistenza è morbida e cremosa, il colore è bianco. - Al naso risalta l'odore delicato del siero di latte. - Al gusto è dolce e soave.

Storia. La ricotta salata è un prodotto di antica tradizione, conosciuta notoriamente come indispensabile ingrediente di alcune rinomate pietanze siciliane.
Tecniche e ambienti di produzione. Prodotta con metodi tradizionali e utensili storici; dopo la produzione rimane nella fiscella per circa 24 ore in modo da permettere il drenaggio del siero e, nello stesso tempo, assumere la giusta consistenza. Resta per 48 ore fuori dalla fiscella per consentire un’ulteriore asciugatura. La salatura viene effettuata a mano cospargendo accuratamente tutta la superficie di sale; completata tale operazione si procede all’eliminazione del sale superfluo. La stagionatura avviene su scaffali di legno in ambienti ben aerati.
Caratteristiche. Prodotto cremoso, compatto, di colore giallo-paglierino. Peso. Circa 1 Kg. Gusto. Sapore forte, gusto marcato, odore di grasso. Origine. Tutto il territorio siciliano.

http://www.terramadre.it/

 

 

Carmelo Trasselli nel "Calmiere dei viveri al minuto a Palermo" riporta la ricotta come uno dei generi alimentari siciliani di più largo consumo.
E nel 1800 il sacerdote Gaetano Salamone scrive un trattato destinato agli agricoltori e casari dove spiega con minuzia di particolari la tecnica di fabbricazione della ricotta di pecora.

Ma la ricotta può essere sia di vacca che di pecora che di capra.
Quest'ultima è la più buona in assoluto, mentre quella di pecora batte per sapore la vaccina.

In Sicilia vi è anche la tradizione della ricotta salata, senza la quale non si potrebbero preparare piatti tipici come la pasta alla Norma.

Ma come viene realizzata la ricotta salata?

La ricotta si produce a partire dal siero del latte al quale va addizionato il sale (la cui quantità varia a seconda della tecnologia di produzione) ed il latte (proveniente sempre dallo stesso genere di animale). Il tutto va riscaldato a circa 90 gradi fino a quando non avviene l'affioramento della ricotta.

Quando è affiorata, si elimina la schiuma di superficie e la si raccoglie in delle fiscelle, che vanno poste su di un tavolo inclinato contenente dell'acqua fredda.

Attrezzature storiche: caldaia di rame stagnato "quarara", bastone di legno "zubbu", contenitore di legno "tinieddu di l'agru" o "serratizzu", fiscelle di giunco o di canne, fascere in legno (per la ricotta salata), cucchiaio in legno "scumaricotta", mestolo, tavolo spersore. Fuoco diretto legna-gas.

http://www.siciliafan.it/ricotta-salata-siciliana-come-si-prepara/

 

 

Le ricotte ancora fresche, meglio portare in tavola con la grattugia a mulinello, in modo da evitare la forchetta per “grattare” la ricotta. Se avete soltanto la classica grattugia in metallo e non volete che la ricotta resti incollata a causa della morbidezza, scaldate la grattugia sul fornello pochi attimi prima, facendo attenzione alle scottature.

 

 

 

LE MELANZANE

consigliata vivamente la TURCA (tonda nera) Il periodo della semina è assai dipendente dalla zona in cui si opera. Nel nord si semina sotto tunnel o in cassone ai primi di Marzo. Bisogna insomma tener presente che, per svilupparsi, la piantina di melanzana necessita di una temperatura piuttosto costante che si aggiri intorno ai 15° centigradi. Si semina a spaglio, piuttosto rado per non dovere poi diradare troppo, e su un substrato composto da terriccio fine mescolato con pari quantità di torba concimata. Seminate preferibilmente sul bagnato con uno strato di mezzo cm circa di sabbia. Tracciate dei solchetti nell’appezzamento adibito allo scopo ed appoggiate i soggetti a distanza di 50 cm l’uno dall’altro sulla fila. La distanza tra i solchi si aggirerà fra i 60-70 cm. Una volta che sono poste tutte le piante in un solo solco colmatelo di terra premendo bene intorno alle piantine stesse. La melanzana per ben produrre, necessita di potatura: si devono asportare cioè i getti secondari che si sviluppano all’ascella dei getti primari: su ogni pianta non ne devono restare più di 8-10. Il raccolto è scalare ed il consumo deve essere immediato.

in alternativa, SITA (Tonda violetta) - PIANTA DI ORIGINE Pianta erbacea annuale della famiglia delle Solanacee con radice fittonante e fusto eretto, rigido e ramificato, un po’ spinoso che raggiunge circa 70-80 cm, foglie lobate, fiori solitari ascellari, violetti, anch’essi un po’ spinosi. I frutti sono bacche, violacee, o bianche, di forma tonda, oblunga od ovoidale, con la parte superiore avvolta in un calice. La superficie è lucente, liscia o a costole. Grandezza, forma e colore si differenziano a seconda della varietà.

UTILIZZAZIONE ALIMENTARE La parte edibile è costituita dai frutti dotati di buccia spessa e polpa carnosa di colore biancastro. Fra le varietà più diffuse ricordiamo la Gigante bianca di New York, la Precoce di Barbentane, la Violetta lunga di Napoli, la Violetta tonda. Le melanzane vengono consumate sia tagliate a fette che a dadi, cotte, sia grigliate che fritte, impanate o lessate. Spesso questo ortaggio entra in ricette elaborate come ad esempio melanzane alla parmigiana, o melanzane ripiene.

COLTIVAZIONE Predilige climi temperati o caldi, e soffre il gelo. Viene coltivata, in semenzaio riscaldato, nel sud Italia in gennaio-febbraio, al centro-nord in marzo. Quando le piantine hanno raggiunto 6-7 cm di altezza ed hanno emesso la quinta foglia, si trapiantano in vivaio, in terreni poco profondi, di medio impasto o sabbiosi, ricchi di sostanze organiche e dopo 2 mesi si piantano nell'orto alla distanza di 50 cm sulle file e 70 cm tra le file. L’irrigazione del terreno deve essere costante. La raccolta si effettua da giugno in quando i frutti non sono del tutto maturi e si protrae fino a Settembre.

 

 

L'aglio siciliano è tutto ottimo, particolare quello selvatico dell'Etna presso Randazzo o Trecastagni e soprattutto quello dei Nebrodi.  Ma l'aglio siciliano per eccellenza è a Nubia, piccola frazione di Paceco (Trapani). Da sempre fonda la sua economia sulle saline e sulla coltivazione dell’aglio rosso, tanto da far acquisire a Nubia la denominazione dialettale di “u paisi di l’agghi” cioè il paese dell’aglio. Tale coltivazione viene ancora oggi praticata con metodi tradizionali che si sono perpetuati nel tempo che vanno dall’attenta selezione dei bulbilli, alla tecnica di coltivazione rispettosa dell’ambiente, all’impianto e raccolta manuale fino alla fase di asciugatura e intrecciatura, sempre rigorosamente manuale. Un tempo le trizze di aglio erano composte anche di centinaia di teste, erano lunghissime, e si tenevano appese nelle abitazioni per attingerne l’aglio necessario alla preparazione dei cibi.

 

Il Basilico (Ocymum basilicum) è una erbacea annuale che raggiunge anche i 60 cm d’altezza. Le foglie sono differenziate a seconda della varietà. E’ un arbusto profumato assai utilizzato come aroma in cucina, per sughi al pomodoro, insalate fresche ovvero per il classico pesto.
La semina può essere effettuata direttamente in vaso o nell’orto, avendo cura di proteggere la zona di semina con del tessuto non tessuto, quando la temperatura non è ancora stabile. Il terreno deve essere di medio impasto e ben drenato e per quanto riguarda il terriccio il basilico non presenta particolari esigenze. Ottimo quello coltivato a Valverde.

L'olio "Monte Etna" DOP è ottenuto dalla varietà Nocellara etnea per almeno il 65% e da altre varietà presenti nella zona (Moresca, Brandofino, Biancolilla, etc.). Al consumo ha un colore giallo con riflessi verdi, odore fruttato leggero, sapore fruttato con leggera sensazione di amaro e piccante.
L'olio extra vergine si ottiene da olive sane, raccolte entro il periodo compreso tra l'invaiatura delle drupe fino alla seconda decade di gennaio, variazione dettata dalla diversa altitudine dei territori di produzione. Dopo la raccolta le olive vengono conservate in recipienti areati fino alla molitura per la quale sono ammessi solo processi meccanici e fisici, al fine di ottenere un olio che sia il più possibile fedele alle caratteristiche peculiari del frutto.

La zona di produzione delle olive destinate alla produzione dell'olio extravergine di oliva a denominazione di origine protetta comprende, nell'ambito del territorio amministrativo della regione Siciliana, i territori olivati dei comuni (atti a conseguire le produzioni con le caratteristiche qualitative previste nel disciplinare di produzione) che elenchiamo di seguito:

Provincia di Catania: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Camporotondo Etneo, Castiglione di Sicilia, Maletto, Maniace, Motta S. Anastasia, Paterno', Ragalna, Randazzo, Santa Maria di Licodia, San Pietro Clarenza.

Provincia di Enna: Centuripe.

Provincia di Messina: Malvagna, Mojo Alcantara, Roccella Valdemone, Santa Domenica Vittoria.

 

 

Che vino abbiniamo? Il territorio dell’Etna si caratterizza per la presenza dei vini “Doc Etna” nelle tipologie «Etna Bianco”, “Etna Bianco Superiore” , Etna Rosso” e “Etna Rosato”.
L’ Etna Doc Bianco è un vino che si ottiene dalle varietà Carricante (= 60%) e Catarratto bianco comune o lucido (40%=); il disciplinare di produzione per i vini Doc “Etna Bianco” prevede la possibilità di utilizzare le varietà Trebbiano, Minella bianca ed altre a bacca bianca dal sapore non aromatico, nella misura massima del 15% del totale.
L’ Etna Doc Bianco Superiore è un vino che si ottiene dalle stesse varietà dell’Etna bianco ma solo con uve provenienti dal territorio del comune di Milo” a condizione che nei vigneti, da cui provengono le uve, il vitigno Carricante, a modifica dell'art. 2, sia presente in misura non inferiore all'80% ed il prodotto abbia una gradazione minima naturale complessiva non inferiore a gradi 11,5”.
L’Etna rosso o rosato è un vino che si ottiene dalle varietà Nerello Mascalese (= 80%) e Nerello Mantellato (Nerello Cappuccio) (20%=); anche per questo vino, il disciplinare di produzione per i vini Doc “Etna” rosso o rosato prevede l’utilizzo di altre varietà dal sapore non aromatico, nella misura massima del 10% del totale.
La produzione massima consentita per ettaro deve essere inferiore a 90 q.li per la produzione dei vini « Doc Etna ». La forma di allevamento più diffusa nell’area della “Doc Etna” è quella ad alberello, seguita dalla spalliera e in piccolissima percentuale dal tendone.
I comuni coinvolti nella Etna Doc sono 20:
Biancavilla, S. Maria di Licodia, Paternò, Belpasso, Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Viagrande, Aci S. Antonio, Acireale, S. Venerina, Giarre, Mascali, Zafferana, Milo, Sant’Alfio, Piedimonte, Linguaglossa, Castiglione e Randazzo.
Il disciplinare prevede che le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno dei comuni delle zone di produzione.

suggerisco 

ERSE '08, Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, un inno alla gioia Siciliano.

Eccezionale la sua finezza gia dal colore, un rubino brillante, fantastico. Un naso speziato identifica già il calore delle terre che danno questo vino.
In bocca è caldo, pieno ed equilibrato, una persistenza lugna con un finale di bocca identificato da una punta amarognola

Prodotto nella contrada di Rovettello in pieno Etna racchiude in se i due uvaggi popolari di queste zone. Un vino del popolo potremmo definirlo, che porta dentro di se tutto il peso di questo territorio così magico e capace di rapire gli occhi ed il cuore di Silvia Maestrelli e Federico Curtaz che da qualche anno portano avanti questa splendida realtà ai piedi del vulcano siciliano

http://www.federicocurtaz.it/blog/?tag=tenuta-di-fessina

 

 

 

 

 

 

 

Pigghia a mulinciana e levici u piripicchiu. Tagghiala a feddi larghi e iauti n'centimitru; cucchili assemi co sali rossu, una sutta all'autra. Stannu scomodi? Mettici na petra pisanti, pi n'ura. Accussì stanno ancora cchiu scomodi!

Prendere la melanzana ed eliminare la parte erbacea. Tagliarla longitudinalmente a fette larghe e spesse lasciando un centimetro di bordo nero, quindi metterle a spurgare a strati alternati con sale grosso, e con un peso sopra, per circa 60'. 

Appoi mettili a friiri, alleggiu alleggiu, falli sciddicari manu manu n'da fogghiu di cattuni, ca troppu ogghiu poi ci fa mali!

 Friggere le grandi fette e adagiarle, man mano che si dorano, su fogli di carta assorbente.

Su pronti i pummaroru da Chiana? Russi russi e ancora affruntati do suli..... e dacci na lavata, prima d'ammazzalli! Ca cipudda e u sali rossu facci fari a fini ddo puppu, finu a quannu ti riciunu "pietà!" Ma tu non t'arrimuddari! N'do sculapasta, a sti cosi fitusa levici tuttu: ossa, peddi, ugnia e baratteddi!

Mettere in pentola i pomodori  tipici della Piana di Catania, privi della parte erbacea e ben lavati. Aggiungere mezza cipolla rossa (*) tagliata in due, ma solo per questa fase. Aggiungere acqua e poco sale grosso; bollirli fino a quando i pomodori si disfano; quindi privarli dei semi e spellarli, con l'aiuto di un coltello, direttamente dentro un colapasta.....  (*) per i puristi: mezza cipollina rossa è necessaria solo quando si sbollentano i pomodori, solo due minuti, dopo si getta via. Chi ha lavorato in cucina lo sa, chi legge solo facebook no.

Mizzica quantu sangu ca cula, nuzzunteddi! Ma u calvariu pi iddi nun finiu: prestu, intra a n'focu ca pari u Mungibeddu, cu tutta a culatura do sangu e l'agghiu. Appoi (ma non ti fannu pena?) dacci coppa co vastuni di ligno mentri stanno ugghiennu, fino a squagghiarisi! Facci ittari sangu. Mischini, chi brutta e amara morti! Ci volissi almenu n'pocu i zuccuru pi sta mala sorti!

..... da cui si verserà il liquido in eccesso da riporre in un mestolino. Sul fuoco aggiungere il pomodoro tagliato a pezzi, 2 spicchi d'aglio imbionditi, allungare col liquido in eccesso e un cucchiaio di zucchero (*) a fine cottura. Cuocere a fuoco moderato per 30 minuti pestando col cucchiaio di legno fino a quando si raggiungerà la consistenza di salsa. (*) per i puristi: da via Palermo a Via Messina, a Catania da sempre si aggiunge un cucchiaino di zucchero nel caso in cui il pomodoro risulti aspro o il sugo viene preparato (hai!, succede!) con passate veraci, notoriamente acide.

Intra a pignata mettici tantu balicicò, comu si fussi u mari. Quanno su cotti, pigghia sti sventurati, ca non sannu mancu natari, e falli anniari. Cummogghia! Prima ca si potissiru salvari. Affugati falli moriri!

Al contempo, in una ciotola in ceramica preparate un letto di basilico crudo sul fondo. Appena la salsa è quasi cotta aggiungere olio d'oliva,  amalgamare il tutto e trasferirla nella ciotola; coprire per alcuni minuti e spegnere, sempre coperto. Dopo aver preparato il piatto di portata finale, preparare la ricotta salata a piccoli pezzettini.

Cchi fa, nivica a Catania? A quali, è a ricotta tappinara ca si sta n'cipriannu pi stasira! Ora è ura di calarici u spaghettu e dopu deci minuti fallu scinniri n'da piazza. E chi fa stu cosu longu, ca pari n'a cimedda, fisteggia sulu sulu? Ma no, ci fannu cumpagnia ddi poviri disgraziati intra a pignata, ca appena visturu a ricotta tutti a vulevunu ppi zita! 

 Grattugiare abbondante ricotta salata e tenerla pronta, a portata di mano, in un piattino. Portare ad ebollizione gli spaghetti, preferibilmente al dente, per 10 minuti circa. Scolate la pasta e versatela nel piatto di portata finale. 

A ricotta, buttanella, sta taliannu a scena e ‘nsutta, ma tu dicci di starisi muta e si continua, tagghiala a pizzuddi sta lingguta! Poi vai o Chianu di sant'Aita e jetta vuci, vannìa a tutti ca a festa sta p'accuminciari! N'facci a Sant'Aituzza abballunu tutti assemi, i cunnannati s'arriminunu e a ricotta s'annàca e s'arricrìa.

Sveggognati, stu buddellu faciti davanti a Santa? O chianu pareva Carnevali! Tutti l'invitati vosuru assaggiari i mischineddi misi n'fila sutta a fungia do Liotru, e cchi ssu beddi! C'è cu pigghia nenti, c'è cu mangia tantu ni sta festa ca Martoglio fici addivintari u nostru vantu! 

  Di fronte alla patrona della città di questo piatto, senza vergogna si riuniscono tutti gli ingredienti una festa, compresa la spudorata ricotta salata. In piazza sembrava Carnevale, tutti gli invitati volevano assaggiare i condannati tutti riuniti sotto la statua dell'elefante (il Liotru) . C'era chi prendeva niente, chi troppo, in questo vanto che ci ha regalato Nino Martoglio.

 

Ah, mi tuppulianu n'da carina: "bedda matri, cu je?".

Era u maestru Bellini in persona, ca mi dissi: "Babbu di l'ova,  chi cumpassa facisti? Ti scuddasti u balicicò, te cca! Ora sì ca è na vera "Norma!...."

                                                                     

Grazie Cigno!

 

 

5 ERRORI DA NON FARE

varianti

Le varianti di Carmelo Corona Involtini di melenzane  alla Norma Maccheroni alla Norma al forno
Pasta alla Norma in bianco Timballo di pasta alla Norma Risotto alla Norma

 

 

 

L’omaggio di Cibo Nostrum alla Città di Catania: la Pasta alla Norma nel cuore della Villa Bellini

Scritto da Redazione di Hashtag Sicilia - 16 marzo 2019

 

CATANIA – Un omaggio grandioso e sincero alla Città di Catania e ai Catanesi. Una dichiarazione d’amore vera, spontanea attraverso il piatto che è il simbolo stesso del capoluogo etneo, ricetta conosciuta in tutto il mondo, ambasciatrice della cultura gastronomica catanese, del suo territorio, e che richiama il suo Cigno, Vincenzo Bellini: la Pasta alla Norma! Sarà questa una delle piacevoli novità dell’edizione 2019 di Cibo Nostrum, la Grande Festa della Cucina Italiana, evento nazionale della Federazione Italiana Cuochi che il prossimo 31 marzo, dalle ore 18,00 alle 23,00, conquisterà e coinvolgerà i giardini storici della Villa Bellini nel capoluogo etneo. A realizzare questo omaggio gastronomico e sentimentale, nel cuore stesso della Villa, sarà l’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, capitanata dal suo nuovo presidente, lo chef Angelo Scuderi. Quattro batterie con almeno una ventina di cuochi nel cuore della Villa per cucinare questo piatto storico e omaggiarlo alla città.

 “Tutta l’Associazione è in pieno fermento e non vediamo l’ora di trasmettere a Catania e alla sua gente tutto il nostro amore per questa città e per la nostra professione – dice Angelo Scuderi, neopresidente dei Cuochi Etnei da appena lo scorso gennaio –. Il nostro gesto, oltre che un omaggio, vuole sottolineare come un piatto realizzato con prodotti tanto eccellenti quanto semplici, possa rappresentare in realtà un gusto unico e sia uno dei simboli della nostra terra nel mondo. Il progetto è grandioso e omaggeremo la Pasta alla Norma a quanti, avendo acquistato il ticket di degustazioni, avrà dimostrato di contribuire allo spirito benefico della manifestazione”.

 

 Proprio così, come sottolineato dal presidente Scuderi. La Pasta alla Norma sarà l’omaggio dei Cuochi Etnei per tutti coloro che avranno comunque scelto di contribuire alla beneficenza di Cibo Nostrum. Anche quest’anno, infatti, il ricavato dell’evento sarà devoluto in opere di solidarietà. Per l’edizione catanese sono state individuate, oltre alDipartimento Solidarietà Emergenze della Federazione Italiana Cuochi, le AssociazioniComunità di Sant’Egidio e Locanda del Samaritano.

 “Prevediamo di preparare almeno cinquemila porzioni – conclude Angelo Scuderi – e vorrei ringraziare sin d’ora per il supporto, oltre naturalmente a tutta la mia Associazione, il presidente nazionale FIC, Rocco Pozzulo, il presidente dell’Unione Regionale Cuochi Siciliani, Domenico Privitera, ed il presidente FIC Promotion, Seby Sorbello, che negli ultimi otto anni ed oltre ha guidato con successo i Cuochi Etnei, raggiungendo ottimi traguardi. L’amico e collega Seby Sorbello ha raggiunto grandi risultati e questo è uno stimolo ulteriore per fare bene nel mio mandato di presidente, che inauguro con un evento davvero grandioso e con tanta gioia e adrenalina”.

 

 

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 Il grazie dell’Associazione, infine, va anche ai partner FIC, le aziende Barilla, Cirio, e Zappalà che contribuiranno con i loro prodotti di altissima qualità alla realizzazione della Pasta alla Norma. La Grande Festa della Cucina Italiana, come ormai la stampa specializzata e il grande pubblico hanno imparato a conoscere CIBO NOSTRUM, torna dunque con una 8^ edizione ricca di novità.

 Quest’anno le 300 postazioni di cuochi, pasticceri, cantine e aziende agroalimentari saranno ospitate alla Villa Bellini, mentre saranno, come da tradizione, migliaia le berrette bianche provenienti da tutta Italia e dall’estero che prenderanno parte alla Festa gastronomica, proponendo ciascuno, singolarmente o in team, le proprie ricette. Centinaia anche i giornalisti nazionali e internazionali che si sono accreditati per raccontare l’evento.

 La Federazione Italiana Cuochi è il grande organizzatore della manifestazione, con il suo Dipartimento Solidarietà Emergenze e con il supporto dell’Unione Regionale Cuochi Siciliani.

“È un graditissimo ritorno in Sicilia per tutti quanti noi e con importanti novità, a cominciare dallo scenario meraviglioso della città di Catania – dichiara il presidente nazionale FIC, Rocco Pozzulo. – Non ci si abitua mai alla grande e calorosa accoglienza del popolo siciliano e in particolare del territorio etneo. Siamo lieti che CIBO NOSTRUM sia entrato nei cuori di migliaia di partecipanti, siciliani ma anche turisti”.

 Cibo Nostrum 2019, come già sottolineato, racconterà il tema del “prendersi cura” degli altri e del piacere di farlo, così come è intrinseco nella filosofia stessa del cucinare. Quest’anno l’obiettivo sarà raccogliere fondi da devolvere al DSE – Dipartimento Solidarietà Emergenze FIC, alla Comunità di Sant’Egidio e alla Locanda del Samaritano.

 

23 SETTEMBRE - IL GIORNO DEDICATO ALLA PASTA ALLA NORMA

 

 Tanti i partner istituzionali e le aziende che sostengono l’evento. Come per le passate edizioni, gli eleganti allestimenti alla Villa Bellini saranno affidati al buon gusto e alla classe di Enzo Mosca, che ci ha abituati ad ambienti sublimi e accoglienti, mentre sul palco montato sempre all’interno dei Giardini si svolgeranno momenti di musica, spettacolo e intrattenimento.

 Il “grazie” della Federazione Italiana Cuochi va naturalmente al Comune di Catania, alla sua Giunta ed in particolare al sindaco metropolitano, Salvo Pogliese, e all’assessore alla Cultura e Grandi eventi, Barbara Mirabella, che si sono prodigati perché la città risponda al meglio, anche dal punto di vista logistico, nei giorni della Festa e del Congresso.

 Questa, infine, la squadra che affianca la Federazione, con in prima linea la Città di Catania, Con.Pa.It. (Confederazione Pasticceri Italiani), AIC Sicilia, Blu Lab, La Cook Agency, La Valigia di Bacco, ciascuno con il proprio fondamentale ruolo con cui contribuirà a rendere indimenticabile anche questa edizione 2019!

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 foto di Fabrizio Villa

 

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Casta Diva - Norma  - by Vincenzino Bellini