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Rispetto alle altre pagine di questo sito, in questa non occorrono molti commenti. Risulterebbero superflui. Guardate, ascoltate e, se riuscite a viaggiare con la fantasia, potrete annusare gli innumerevoli odori della “Piscaria” bagnandovi le scarpe su un selciato che ha più sale marino che malta, oppure immergervi in via Pardo tra le “vanniate” dei pescivendoli e ascoltarne l'anima fino all'ultima masculina "da magghia" rimasta nella cesta. (Mimmo Rapisarda)
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Prima dell’attuale ubicazione, il mercato si trovava a Piazza Mazzini. Dopo il violento terremoto del 1693, la città necessitava di nuovi impulsi. Come modello di rinascita per gli scambi commerciali venne designata piazza Mazzini. Il mercato divenne presto molto affollato e quando lo spazio si rivelò insufficiente ad accogliere tutti i venditori, venne trasferito alla attuale Pescheria.
UN PO' DI STORIA 'A piscaria è uno dei due mercati storici della città di Catania. Situata sul lato sud-ovest di piazza Duomo, vi si accede superando la splendida realizzazione scultorea dell'artista napoletano Tito Angelini, la fontana dell'Amenano detta acqua o linzolu, superata la quale ci si immerge in un mondo fantastico pieno di odori, colori, personaggi quasi surreali che animano, come in un grande formicaio la piazza da piscaria o toponomasticamente piazza Alonzo Di Benedetto, per poi fluire come un fiume in piena attraverso il loggiato del Seminario dei Chierici e la porta di Carlo V, fuori dalle mura della città su piazza Pardo lambendo villa Pacini. La nascita della pescheria come mercato vero e proprio, nel luogo ove esiste, risale molto probabilmente alla seconda metà del 1800 ed è legata strettamente alla presenza del fiume Amenano ed alla sua adiacenza con la costa marinara proprio attraverso la porta delli Canali oggi detta Porta di Carlo V. Occorre evidenziare come proprio questa parte di costa sia stata profondamente modificata dagli eventi naturali che hanno interessato Catania, l'eruzione del 1669 prima ed il terremoto del 1693 dopo. Precedentemente all'eruzione del 1669 le mura della città, in tale sito, erano prospicienti il mare e Catania era priva di un porto idoneo per il riparo delle navi di certa dimensione, l'unica insenatura portuale era situata nell'adiacente porto di Longina.
L'eruzione del 1669 fa arrivare la lava sino al mare distruggendo, fra l'altro, quasi interamente la cinta muraria sul lato ovest della città, lambendo il Castello Ursino e riversandosi in mare, facendo avanzare notevolmente la linea di costa, creando una ampia insenatura davanti alla Porta delli Canali che rimase intatta. L'11 gennaio 1693, alle due del pomeriggio, un terrificante terremoto devasta la Sicilia orientale, distruggendo la città di Catania, due mesi dopo Giuseppe Lanza, duca di Camastra, viene nominato commissario generale per la ricostruzione, il quale richiede la collaborazione tecnica dell'ingegnere militare Carlos de Grunenbergh, ad egli si deve la innovativa proposta pianificatoria, approvata nel Consiglio per la ricostruzione presieduto dallo stesso Camastra in data 28 giugno 1694, che prevede che le strade da edificarsi dovranno essere larghe e rette intersecate da altre di eguali caratteristiche. La città viene ridisegnata con un tracciato stradale totalmente nuovo, nascono le arterie principali della città oggi denominate via Garibaldi, via Vittorio Emanuele, via Stesicorea l'odierna Etnea e la piazza del mercato denominata San Filippo, oggi piazza Mazzini, l'unica in Sicilia porticata. Viene mantenuta la piazza principale (piazza Duomo) con le rappresentatività religiose e civili con al centro la fontana dell'elefante, u liotru simbolo della città.
Per volontà del Vescovo Andrea Riggio, si realizza direttamente sulla Fontana dei Sette Canali e sulla Porta delli Canali, ambedue scampate agli eventi disastrosi dell'eruzione e del terremoto, il Seminario dei Chierici per opera dell'architetto Alonzo Di Benedetto, al quale verrà intitolata la piazza dà piscaria, piazza sulla quale si affaccia il Seminario. Dopo l'ennesima inondazione del fiume Amenano, nel 1708 il Senato decide di avviare delle opere necessarie a bonificare la zona, prevedendo la reggimentazione di una parte delle acque con canali sotterranei. Nello stesso periodo viene costruito Palazzo Pardo, palazzo nobiliare posto su piazza Duomo lungo via Garibaldi, il cui retro costituisce l'altra quinta muraria della piazza della pescheria, ma ancora la zona era in "preda agli umori del fiume".
A seguito della definitiva bonifica del fiume, avviata nel 1861, con la realizzazione di un canale che convogliando le acque, dall'angolo sud-ovest della piazza Duomo, le faceva defluire direttamente a mare passando da un lavatoio e attraversando la marina all'interno di argini. Tale sistemazione permise di risanare interamente la zona permettendo al Senatore Giacomo Gravina (1794-1880), primo Sindaco post unitario, dal 31 gennaio 1862 di realizzare la pescheria sotto il Seminario dei Chierici, nel contempo si creò nell'area ormai sanata della marina un giardino pubblico, chiamato dal 1862 villa della Marina. Conseguentemente i bassi del Palazzo del Seminario dei Chierici, sino ad allora utilizzati come dei depositi divennero botteghe, i pescatori che tirate le barche a secco vendevano il pesce lungo la marina iniziarono a spostarsi all'interno della piazza e fu così che iniziò a crearsi il mercato della Piscaria, che si sviluppò anche nelle vie limitrofe alla piazza quando vi si trasferirono i mercanti della piazza San Filippo. _________________________ Francesco Neri - da DOCUMENTI E IMMAGINI DELLA PESCHERIA DI CATANIA - di N.F. Neri e M.L. Giangrande Soprintendenza beni culturali e ambientali di Catania - Regione Siciliana - Assessorato Beni culturali - 2012
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Nel Real Decreto di Napoli del 22 giugno 1852 Ferdinando Il approva il Regolamento sulle attribuzioni del Consiglio Edilizio di Catania istituito con Real Decreto del 9 settembre 1851, che stabilisce tra l'altro la formazione di nuove piazze e mercati, la formazione delle novelle passeggiate, il prosciugamento di taluni terreni paludosi, il completamento del molo di Catania. É abolita per sempre la tariffa sul pesce fresco.
A la piscaria
- Chi fazzu vegnu?...Ah... don Pippineddu? - Cca sugnu, cavalieri!...Unn'amu a jri? - Leviti, ca 'u canusciu, o' Baruneddu! - A comu 'sti palamiti? -Adu' Uri. - Chi sunu, trigghi d'alica? - Chiù beddu d'a' trigghia e 'u palamitu!... Ci arri ri?... Chi ci pari, sangusu? Vah, ci 'u feddu? - A vinticincu. - Mai, si nni po' jri. L'urti ma, siddu 'u vóli, 'ossia fa a trenta. 'U tagghiu?...Quantu?... - Fanni un chilu e menzu. - Ccu 'ammarinatu, l'agghiu, acitu e menta, mangia un piattu propria arrialiì... - A mia, marchisi!...- E leviti d' 'u menzu! - N' 'o vidi ca s' 'u metti 'nt' 'o giurnali? Nino Martoglio (Centona)
La pescheria di Catania diario di viaggio di Monica Laurentini
Chi volesse rivolgere lo sguardo a uno dei tanti mercati del pesce del nostro paese, non può non rimanere incantato dalla pescheria di Catania, dove un nugolo di gente si addensa ogni giorno con avidità e voglia di pesce fresco. Perdersi nel cuore dei mercati è in parte dire di conoscere la realtà di una città; in essi si manifestano in tutta la loro veracità usi, costumi, consuetudini e sincerità di un popolo. Si rimane ammaliati, come si rimarrebbe guardando gli occhi di un volto interessante, dai modi di dire, dai profumi, dai colori del luogo e dai suoni che emanano le voci dei pescivendoli. Sono le cinque del mattino: la mia mission inizia all'alba di un giorno qualunque allo "sgabello" il mercato del pesce all'ingrosso nel quartiere fuori le mura della città. Qui non troverò mai il pesce che voglio comprare ma quello che si può comprare. Si, perché "l'altro" è riservato solo alla pescheria. "L'oro", i venditori, sono ammassati l'uno sull'altro per acquistare il pesce, dietro ognuno di essi cartelli con scritto "totani", "pesce spada", "orate", del mercato ittico più antico della città! Si sceglie, si scarta, si tocca ogni tipo si pesce, e si parte per la piazza. Chi prima, chi dopo.
Mi sposto in Piazza Alonzo di Benedetto e in Piazza Pardo, una sorta di suk arabo che profuma di mare, spezie e odore di sale; ogni mercato è diverso da un altro e ogni volta che ci si è dentro è come fosse la prima volta, è imprevedibile, a tratti buffo, spesso snervante ma pur sempre folckoristico, è l'anima di una città. E' ancora l'alba e, sullo sfondo del Duomo e dell'acqua ‘o linzolo che fanno da cornice, mi addentro tra le viscere del mercato, rapita dalle immagini seducenti e contemporaneamente sofferenti dei pesci ancora vivi, l'occhio mi guarda e grida vendetta, ma non posso far nulla. La sindrome di Sthendal mi assale, ma il vocìo dei pescivendoli mi riporta velocemente alla realtà. "U pisci cchiu friscu l'avemu cca, na stu mircatu", grida a squarciagola un ragazzo robusto dall'aria scanzonata, che ripete parossisticamente le parole che gli hanno insegnato: la sua mimica ricorda il Principe della risata, il suo volto racconta chi è. "Su lei u voli tuttu, cci fazzu u scuntu", afferma con aria convincente e io sorrido. Annota gli incassi su un pezzo di carta, il computer è il suo cervello, una lista infinita, 5, 20, 30, 50 euro, una fortuna questa giornata, già, perché qui si vive alla giornata.
Da ognuno dei freddi banchi di marmo, striati di rosso e bagnati dall'acqua, esce fuori un quadro d'autore, in cui i profumi e i colori prendono forma e vengono composti da ciascun venditore trasformandosi da immagine di morte a piacere del gusto: sagome identiche poste in fila perfetta, lucide e nuove emergono dalle cassette di legno quadrate poggiate a terra, e giacciono ormai senza vita. Nessuno è esente dall'essere ammaliato dal fascino della pescheria. La caccia continua, mi faccio largo tra la gente che sbuca da ogni lato, anziani in pensione, guardo, scruto, adocchio. La vista di polpi violacei, di gamberi appena sgusciati, di scivolose orate grigie mi confonde e paralizza ogni mio movimento, ma infine compro i MIEI pesci e mi lascio convincere da L'ORO: " U pisci beddu, u megghiu pisci do munnu" stasera sarà nel mio forno e delizierà il mio palato.
L'odore forte mi inebria fino a stordirmi, scivolo, barcollo e non mi reggo in piedi, sballottata da un'orda di gente che non curante della mia presenza sgomita per vedere cosa acquistare. È la gente del luogo che si confonde con i turisti che arrivano per assistere a questo spettacolo "orientale", arabeggiante, e tipico del sud. Il mio udito si affina per ascoltare i venditori, le cui grida sono poesia per le mie orecchie, forza e magnificenza: è il Sud, verace, opportunista ma passionale, sono al Sud, sono del Sud. "Do you want to taste nu pocu di trigghi? - esclama un vecchio lupo di mare con fare invitante, rivolgendosi a un australian guy dai modi quasi raffinati! Che forza, che mimica, che teatro questo mercato! Si recita a soggetto! Ognuno fa quello che sa fare, ognuno è un attore unico. Lungo il tunnel di Carlo V alcuni di loro trascinano veri e propri trolley di legno vecchio retti da due ruote sconocchiate, da cui si intravedono monconi di pesce senza testa e mitili di ogni sorta.
Proseguo il giro dentro la casbah, muri scrostati e pavimenti corrosi dal tempo, grondaie rotte, acqua ovunque, ghiaccio che si scioglie e cola dai tavolacci di legno formando delle pozze che gradatamente assumono un colore rosato, piedi che affondano nelle umide basole di pietra lavica – sta per finire il mio tour – non ho gli stivali di gomma e inzuppo le caviglie. Il mio sguardo viene distratto da una antica bilancia ingiallita dal tempo che segna 1000 gr, su cui è poggiata la testa di un pesce spada la cui punta trafigge come lama di un coltello, l'occhio è ancora vivo e ancora una volta non posso far nulla. Qui il tempo sembra essersi fermato. Un uomo pulisce e affetta con cura il corpo del povero pesce, di cui ormai rimane solo il ricordo, e tutt'attorno ancora gente che tratta e contratta, persino sul prezzemolo! Fisso a guardare le mani dei venditori, sono rugose e sporche ma cariche di tenace volontà, la volontà di un popolo legato alla sua terra e al lavoro, un popolo marcato da un passato doloroso, dominato e nello stesso tempo dominante. Alcuni di essi, stanchi, si fermano per un istante e si riposano, fumando una sigaretta e sorridendo ai clienti.
La pescheria ha una sua storia, la storia del mare e dei suoi pericoli, storia di fatica e rassegnazione ma anche di una forza e dignità unica: Vittorio, con un grembiule bianco che gli cinge i fianchi e i capelli grigi coperti da un berretto blu mi narra di quando era carusu e andava a pescare alle 3 del mattino col padre: Mi suseva e tri e con qualsiasi tempu ieva ppi mari". Chiedo, mi soffermo a pensare, sono curiosa.."Ognuno di noi qui ha una sua storia, un suo vissuto", dice. E sa che il suo mondo è diverso dal mio, ma è felice ed appagato."Il pesce vivo si riconosce dall'occhio lucido e dalle branchie rosse" , mi insegna, e io imparo e imparo e imparo. È giunta l'ora di rientrare, si chiude bottega e "L'ORO" dopo aver venduto gli ultimi pesci per pochi soldi, quasi gratis, smontano e puliscono bene i loro banchi uno per uno, con l'amore che ha un padre per un figlio: sapone, spugna e volontà. Poi, si spengono i riflettori sulla parte "araba" della città. "A Piscaria" regno del caos, dell'improvvisazione, della contraddittorietà, cede il passo alla movida catanese. Domani si replica, stessa ora, stesso luogo.
© Monica Laurentini https://www.nikonschool.it/sguardi/67/monica-laurentini.php
Piazza Alonzo di Benedetto
L'ho incontrato stamattina in una salumeria nella piazza di Ognina. Affamato e appena rientrato dal mercato ittico all'ingrosso, si è fatto preparare la colazione: un filoncino di semola di 600 gr. contenente 5 fettone spesse di mortadella, 3 di pepato fresco e una manciata di olive nere. Nel frattempo ci siamo messi un po' a parlare della sua notorietà in rete, mentre raccomandava al salumiere "mbare, a metà: uno per lo spuntino delle undici e il resto per adesso, strada facendo...."
Mentre mi chiede “voli favoriri?" con uno sguardo del tipo "speramo ca non mi dici di sì", gli chiedo se a pranzo riuscirà poi a ...... Lui: "A pranzo? Uo mà (mia mamma) sta priparannu na muntagna di pasta che sicci!" (n.d.r. - per gli amici oltre Stretto: spaghetti con nero di seppie, che è il periodo). Davide Molino me lo sarei abbracciato dentro un selfie. Molto meglio lui che Di Battista, indimenticabile cantante italiano. 12 nov 2017 (M.R.)
Mercato storico-Tunnel Pescheria - Ore 6,15. Pescheria di Catania, ore 06.15 BUONGIORNOOO, BUONGIORNOOO, au Tuore ma comu finiu? Lorenzo e Gaetanu? ju e 6,31 minnivaju a pigghiarimi u cafè naspettu a nuddu tustajuricennu ah. BUONGIORNOOOO...mentre il rumore delle vasche si sentono che strisciano per terra. Auuuu auuu CCa' è Lorenzo, Gaetano, Tuore ammuninni. Lorenzo acumingiasti rri capu matina? CCA lassulu iri anNicolò, statti ndocu e basta. 6,30: Bar Duomo: tra na minghiata e l'altra uno di noi quattro paga... Au au c'è magari Saveriu u figghiu di Paulu , Fozza Tuore pava! CCA tu non pavi mai...( una battuta fatta anche se pagasse ogni giorno lui)...fozza anche per Severiu u cafè. All'uscita del bar ancora si continua a chiacchierare e a volte le minghiate tra una risata e l'altra arrivano sul campanile della cattedrale di Sant'Agata. Ma nell'ora esatta tutti al posto di lavoro, ma il dialogo è sempre più continuo, come se non si lavorasse, miiii arrivau Paulu, ora si potta a testa, da lontano si sente: BUONGIORNO BUONGIORNO, buongiorno JEttore, Su non ti piaci u buongiorno accussì, chissaccuu?
Ti salutu cco cartelloni e ci scrivu: BUONGIORNO? E poi si sente una piccola voce: Ciafinisci ccu stu SPACCHIU di friscu fiiiuuu♪♪♪♪♪ ti puttasti a testa, tutta a junnata CCA frischi? BASTAAA BASTAAA risponde Saveriu. Stefano o pigghia u ghiacciu, auuu nooo chiddu ruru fattillu rari fruscu, come se il ghiaccio venisse sfornato, ma solo chi ci sta dentro potrà capire...UAAA UAAA OOOOH. Risponde MME MME. Pippu u mutu e nel frattempo Turi bomb.: Jachinu chi fici a Juve? Ofattiammazzari. La giornata passa come se tutto si svolgesse in un teatro, tra battute e doppi sensi: appena veni Stefano minnivaju, si sente una piccola voce che dice: e orumpiti i iammi basta CCA non frischi cchiù. Fiiuu♪♪♪♪♪. In fondo nessuno vuole il male di nessuno sono semplimente modi, battute ironie,umorismi propri senza nessun male verso il prossimo, solo chi non ci vive dentro non può mai capire. sbagghiai?NOOOOOO! Jaiu tottu o raggiuni?.. drin drin suona il cellulare: pronto? F.d.S...Auuu me cumpari Melo dimmi, fammi favuri..ok Staju vinennu! Pippo Costanzo, detto Pippo Cancilleri
Il mercato, genericamente parlando, ha fatto pensare ad un luogo decisamente popolare, spesso nella sua accezione negativa del termine. Ma osservando con attenzione tutto può ricondurre ad antiche tradizioni, ad usi antichi e a ricordi letterari e storici, come la stessa presenza di verdure ed ortaggi, che anche se originari di altri paesi, grazie all'arte irrigua trasmessa dagli Arabi ne ha permesso la produzione.
A seguito dell'incendio verificatosi nel 1944, i documenti dell'archivio del Comune di Catania andarono distrutti, ma presso l'Archivio di Stato i documenti del fondo delle Corporazioni religiose soppresse, ci tramandano utili notizie sul mercato del pesce di Catania dal 1700 al 1800 e gli elenchi per la spesa del monastero dei Benedettini di San Nicolò l'Arena, ci forniscono i diversi generi alimentari, pesce compreso, destinati al refettorio del monastero, riportando anche pesi e costi.
Via Gisira, dal termine islamico jizia, luogo che ricorda dove era riscossa la tassa ad esclusivo carico della comunità ebraica a Catania.
il vecchio "Sgabellu" - mercato ittico all'ingrosso
E' abitudine dei catanesi comprare il pesce appena sbarcato al porto di Ognina, la domenica mattina.
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