Da qualsiasi lato ti giri lo vedi sempre, il curiosone. E' lì, ti guarda. Onnipresente, immobile e sempre con lo stesso sorriso senza  mai fare una smorfia diversa (per fortuna). Giochi a tennis ed è lì, baci la tua donna e fa il guardone, sei incazzato e ti consola col suo manto bianco, atterri all'aeroporto e ti dà il benvenuto.

Al maschile, perchè l'Etna è un vulcano. Anche se qui da noi è .... a Muntagna!

 

 

foto di Antonio Treccarichi

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Gravina di Catania (C.A.P. 95030) dista 202 Km. da Agrigento, 136 Km. da Caltanissetta, 10 Km. da Catania, alla cui provincia appartiene, 100 Km. da Enna, 103 Km. da Messina, 255 Km. da Palermo, 151 Km. da Ragusa, 68 Km. da Siracusa, 354 Km. da Trapani.

Foto © Comune di Gravina di Catania

Il comune conta 28.293 abitanti e ha una superficie di 504 ettari per una densità abitativa di 5613 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona pianeggiante, posta a 340 metri sopra il livello del mare.

Grosso centro agricolo, Gravina di Catania si distingue per la cospicua produzione di agrumi, olive, uva e mandorle. Spiccato è l'artigianato locale che produce caratteristici oggeti in legno e pietra che vengono esposti nell'annuale Fiera-Mercato dell'artigianato della pietra lavica, del legno e del cotto che si tiene nel mese di ottobre.

 

 

L'antico nome del paese deriva dal siciliano Prachi che significa "plaghe, campagne" poichè esso era un casale contadino circondato di vaste aree agricole. In origine il borgo appartenne alla giurisdizione del Principato dei principi di Valguarnera.

Nel 1664 fu acquisito dalla regia Curia. Nel 1669 il feudo fu ceduto al signore Girolamo Gravina che lo ribattezzò col nome di Gravina. Solo nel 1862 venne aggiunto l'appositivo "di Catania" per differenziarlo dal comune di Gravina di Puglia in provincia di Bari.

Nel settore monumentale di notevole interesse architettonico è la Chiesa Madre eretta nel XVIII° secolo di tipico stile barocco che è arricchita da un maestoso campanile a cuspidi e che custodisce all'interno splendide tele risalenti al XVII secolo.

Su tutto il territorio sono numerose le aziende di lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, le aziende enologiche e le industrie tessili che rappresentano le principali fonti di reddito del paese.
http://sicilia.indettaglio.it/ita/comuni/ct/gravinadicatania/gravinadicatania.html

 

 

Anfiteatro Turi Ferro. Via Roma, 38 - Gravina

 

 

Mascalucia (C.A.P. 95030) dista 204 Km. da Agrigento, 138 Km. da Caltanissetta, 10 Km. da Catania, alla cui provincia appartiene, 102 Km. da Enna, 105 Km. da Messina, 257 Km. da Palermo, 153 Km. da Ragusa, 70 Km. da Siracusa, 356 Km. da Trapani.

Foto © A.p.t. Catania

Il comune conta 23.459 abitanti e ha una superficie di 1.624 ettari per una densità abitativa di 1445 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona collinare litoranea, posta a 420 metri sopra il livello del mare.

Il municipio è sito in piazza Leonardo da Vinci, tel. 095-7272112 fax. 095-7273816.

Grosso centro agricolo, Mascalucia vanta una ricca produzione di uva da tavola e da mosto, agrumi e cereali.

Nel settore dell'artigianato caratteristici sono i ricami, i tappeti tessuti con telai a mano, detti "carpiti", gli oggetti in ferro battuto e in pietra lavica.

Il nome Masca deriva dal greco bizantino Màscale che significa "ascelle" e si riferisce ai numerosi anfratti presenti sul territorio che in certi punti si trasformano in profondi torrenti. L'appositivo Lucia venne aggiunto in onore della santa omonima e protettrice della città.

Foto © A.p.t. Catania

Il primo borgo appartenne al demanio Regio e nel 1645 fu acquisito dal signore Michele Placido Branciforte, principe di Leonforte.

Nel 1669 il paese venne in parte devastato da una eruzione vulcanica e i suoi resti rimasero in possesso della famiglia Branciforte che ebbero il titolo di duchi. Nel 1818 venne colpito da un disastroso terremoto e solo successivamente fu avviata una lenta ricrescita.

Nel settore dei monumenti sono rilevanti la Chiesa di S. Antonio Abate eretta nel XIV secolo, la Chiesa Madre che presenta un portale in pietra lavica locale e la Chiesa di S. Vito che conserva una splendida tela opera di Gaetano Rapisardi (XIX secolo).

Di notevole interesse architettonico sono pure il Palazzo Cirelli in stile liberty e la cosiddetta "Torre del Grifo", di epoca medioevale.

 

 

Cesare Prandelli a Torre del Grifo: «Ho visto tanti centri, ma questo è il top»
PALERMO – «Il calcio siciliano con Palermo e Catania ha due importanti realtà calcistiche». Parola di Cesare Prandelli, commissario tecnico della nazionale italiana, al termine di una giornata trascorsa nell’Isola. In mattinata Prandelli è stato al centro sportivo di Torre del Grifo, il quartiere generale del club etneo nei pressi di Mascalucia che l’ha lasciato a bocca aperta per l’imponenza e per l’avanguardia di strutture e macchinari. 

«Mi ha colpito molto lo splendido centro sportivo del Catania. Ho visto tanti centri, ma questo rappresenta il top, anche a livello europeo. 

"Il mio giudizio è straordinario. Molti mi avevano detto che si trattava di centro modernissimo, ma non pensavo che fosse così. E' davvero il meglio, anche a livello europeo e poi con l'Etna e il mare rende tutto davvero bello. Con questo complesso si possono raggiungere tanti risultati e può diventare un punto di riferimento in futuro per opere analoghe". 

 

 

Santa Maria della Pietà

Anche nota come Chiesa di Santa Maria in Sabato, sorge all'ingresso della cittadina al confine con Gravina, costruito nella prima metà del XVII secolo la sua struttura è molto semplice.

La chiesetta all'interno è ben decorata in oro, l'altare centrale in legno con bellissimi disegni dorati è inserito in una nicchia affrescata su tutti i lati: al centro Gesù deposto dalla Croce tra le braccia di Sua Madre, a sinistra della nicchia vi è raffigurata Sant'Agata con l'Etna sullo sfondo, a destra Santa Sofia.

 

 

Adagiata sulle colline meridionali dell'Etna, a metà strada tra il mare ed il vulcano, Pedara offre a tutti la bellezza dei suoi paesaggi e la salubrità del suo clima. Il paese, infatti, è adatto per percorrere un interessante itinerario culturale e naturalistico che, partendo dal centro storico, può giungere con facilità fino ai punti più panoramici del proprio territorio, là dove l'urbanizzazione si dirada e lascia spazio ad una ricca vegetazione.Delle antiche origini sono rimaste ben poche testimonianze perché sconvolgenti eventi naturali hanno cancellato ogni traccia del passato.La Comunità, infatti, è stata chiamata a risorgere più volte, e con tenacia è stata sempre pronta a ricominciare e a sfidare la natura ostile ma generosa, "ripiantandosi attorno attorno o sullo stesso sito".

 

Così, nel Settecento, uno storiografo locale esaltava l'attaccamento della popolazione a questa terra e soprattutto al vulcano, la "montagna" che da sempre affascina ed intimorisce, distrugge e crea, dal cui fuoco i Pedaresi hanno sempre tratto nuova vita.
Un tempo l'abitato era situato più a nord dell'attuale; reperti molto antichi testimonierebbero l'origine greca del luogo con tracce che si riferiscono anche al periodo romano e ad epoche successive.

 

La storia di Pedara, intesa come comunità più omogenea, comincia a delinearsi dopo l'arrivo del Normanni. Successivamente, nel 1388, il vescovo della diocesi autorizzò gli abitanti a costruire la prima chiesa parrocchiale, dedicata alla Vergine Maria. L'evento costituì la nascita di una delle prime comunità cristiane della zona.
Durante il '400, però, a seguito di due catastrofiche eruzioni che avevano sommerso i loro campi, i Pedaresi cominciarono a trasferirsi gradualmente più a valle e nell'attuale sito diedero vita alla nuova Pedara.
Nel 1641, il casale, che era amministrato dal Senato di Catania, fu venduto alla famiglia messinese Di Giovanni. Per circa 50 anni il paese visse il periodo più florido della propria storia: diventando baronia, in breve tempo fu un rilevante centro di attività economica e sociale e, di conseguenza, il più ricco ed organizzato dell'Etna.

Risollevatasi con enormi sacrifici dopo i danni della terrificante eruzione del 1669, qualche anno più tardi la popolazione fu di nuovo colpita duramente.
L' 11 gennaio 1693, il più violento terremoto che la storia locale ricordi, in pochi secondi, distrusse molti paesi della Sicilia orientale, frenando irrimediabilmente lo sviluppo di questa laboriosa terra. Anche a Pedara, ovunque, fu un cumulo di macerie. Ed ecco, allora, comparire un grande personaggio, da tempo l'uomo di fiducia dei Di Giovanni: don Diego Pappalardo, sacerdote pedarese e cappellano conventuale dell'Ordine Gerosolimitano di Malta. Spirito geniale ed organizzativo, ricostruì in meno di vent'anni e ben due volte la Chiesa Madre di Santa Caterina, oggi Basilica Pontificia, ed incoraggiò gli abitanti per una rapida riedificazione del paese che poté concludersi solo dopo oltre 10 anni.

Carestia e miseria segnarono l'ultima parte del '700 che vide l'affermarsi della borghesia terriera.
L'abolizione della giurisdizione feudale siciliana del 1812 e la successiva riforma amministrativa borbonica significarono per Pedara l'inizio di una nuova trasformazione. Nel 1817, grazie al decreto emanato a Napoli dal re Ferdinando IV, il paese divenne comune autonomo e la nuova realtà politica ed amministrativa permise alla Comunità di emergere dall'oblio in cui si era trovata a seguito del grande terremoto.

L'Ottocento ed il Novecento furono caratterizzati soprattutto da un notevole sviluppo urbano ed edilizio che, nel tempo, ha determinato la perdita di ampie aree agricole e boschive e la conseguente creazione di nuove zone abitate.

©Salvo De Luca

http://www.comune.pedara.ct.it/sto_ped.htm

 

 

Intitolato "Pomeriggio in Sicilia", vi si legge questa descrizione di Pedara:

"Si attraversa Pedara, silenziosissima; due uomini sono seduti in una striscia di ombra, accanto alla bottega del barbiere sulla piazza. Fumano e guardano il campanile incrostato di ciottolini colorati disposti come un mosaico. L'aria delle vigne che circondano il paese da tutte le parti arriva, passando per i vicoletti, sulla strada principale, scorre leggera lungo le poste accostate, si incanala fresca nel buio portone di qualche cantina aperta..."

Ercole Patti

 

foto di Nino Gemmellaro

 

Sul Corso Ara di Giove si trova il Palazzo Baronale residenza dei Principi Di Giovanni.

Monumenti minori e dintorni - Altri monumenti da ricordare sono la Chiesa di Sant'Antonio, di San Biagio, di San Vito, della Madonna della Stella, Madonna delle Grazie e posta su una collinetta a nord del paese, la chiesa dell'Annunziata. Inoltre, nell'ottocentesco palazzo di Corso Ara di giove 126, ha sede la biblioteca comunale, la quale conta un patrimonio librario di circa 18.000 volumi con dotazione di opere enciclopediche, filosofiche, letterarie, scientifiche, storiche, specialistiche, per ragazzini e bambini. La biblioteca possiede un laboratorio linguistico e di recente è dotata di un'opera multimediale in CD-ROM.

L'ipotesi principale è che il nome di Pedara derivi de "Epidauro", città greca con le stesse caratteristiche ambientali, ma esistono altre ipotesi, una delle quali lo farebbe risalire alla posizione geografica "ad Pedes arae" o "Apud aram" (ai piedi dell'ara). L'ara sarebbe un altare dedicato a Giove sulle pendici del Vulcano, forse la torre del Filosofo o l'Etna stesso.

 

 

Dai reperti archeologici rinvenuti in parecchie contrade, si deduce che le origini del centro risalgono al periodo greco.

Dal tempo della conquista normanna (sec. XII) fino al secolo XVI il nucleo abitato venne amministrato dalla Curia Arcivescovile di Catania. Nel 1641 Domenico Di Giovanni, Principe di Trecastagni, ottenne dagli spagnoli il titolo di Barone di Pedara, che affidò la gestione del territorio e dei possedimenti alla famiglia Pappalardo. Si deve a Don Diego Pappalardo (1636 - 1710), membro dell'Ordine di Malta, lo sviluppo economico ed artistico del paese ed, in particolare, il completamento dell'attuale basilica che dedicò a Santa Caterina d'Alessandria. Fino alla soppressione del feudalesimo, Pedara rimase feudo dei Di Giovanni e dei loro eredi, gli Alliata di Villafranca. Nel 1818 venne eretto a Comune del Regno delle Due Sicilie.

LA BASILICA DI SANTA CATERINA La basilica di santa Caterina Alessandrina è un edificio religioso italiano ubicato a Pedara, di cui costituisce anche la chiesa madre. Essa è sede dell'omonima parrocchia eretta canonicamente nel 1926, facente parte dell'Arcidiocesi Metropolitana di Catania e dell'XI Vicariato Paesi della Zona Bosco. Dal 1996 è basilica minore.

Situata nella piazza principale del paese dedicata a don Diego Pappalardo, la basilica, intitolata alla patrona locale, è il monumento più importante della città. Molte immagini della chiesa sono state raccolte dal prestigioso archivio fotografico dei Fratelli Alinari di Firenze e dalla Fototeca della Bibliotheca Hertziana di Roma, uno dei più importanti centri di documentazione fotografica dell'arte italiana nel mondo.

 

 

L'esterno

La chiesa si erge imponente sull'ampio sagrato antistante e sulla breve scalinata che le fa da zoccolo. Il prospetto principale, scomposto in quattro campate corrispondenti alle tre navate interne ed al campanile, presenta un gioco cromatico ottenuto dalla combinazione del grigio scuro della pietra lavica e del grigio chiaro dell'intonaco, elementi che caratterizzano la tipicità del luogo. Vi si affacciano tre portali in pietra lavica dei quali, quello centrale, è costituito da doppie colonne rese eleganti dai bassorilievi rappresentanti putti ed ornamenti floreali nella parte inferiore, scanalature nella parte superiore. Le colonne, sormontate da capitelli corinzi, sono decorate con foglie d'acanto e facce alate di putti e sorreggono un architrave rettilineo, con il fregio scolpito e decorato. Su di esso vi è un timpano spezzato ad arco che raccorda la base della grande finestra con stipiti ed architrave lavorato a bassorilievo. Al di sopra troviamo lo stemma dei baroni Di Giovanni (antichi proprietari del casale) realizzato in pietra bianca; la trabeazione che delimita la facciata è sormontata da una balaustra con colonnine in pietra bianca. Il campanile, alto circa 50m, è diviso in tre parti: nella prima, che raggiunge la trabeazione e che reca la data 1684, si apre il rosone cinquecentesco in pietra bianca, appartenuto alla costruzione del 1547; nella seconda, delimitata dalle paraste, è la cella campanaria, sui cui lati si apre una finestra arcuata con il parapetto a colonnine e un rosone settecentesco in alto; la terza parte è a forma di torre, con una balaustra sorretta da mensole ad archetti in pietra lavica con merli ghibellini nella parte sovrastante ed al centro è posizionato l'orologio. Infine, la parte cuspidale a forma di cono, è sorretta da un tamburo che la raccorda alla struttura principale. Una particolarità è l'uso di tessere policrome in ceramica che rivestono la copertura della cuspide.

La navata centrale

L'impianto della chiesa è di tipo basilicale, senza transetto, a tre navate con volte a crociera e scandite tra loro da due file di pilastri. L'intera aula basilicale è ornata dalla pittura ad affresco, opera dell'acese Giovanni Lo Coco, detto 'u surdu di Aci, e della sua scuola. Il corpo centrale della chiesa raffigura scene della vita e del martirio dei santi Giovanni Battista e Caterina. Alla santa titolare è dedicata la decorazione dell'area absidale; sulle pareti presbiteriali e sulla conca absidale sono raffigurati quattro episodi precedenti il martirio della santa: la disputa con i filosofi, la rottura della ruota, la bastonatura, il rifiuto di adorare gli idoli. Sulla volta del presbiterio l'artista crea quattro riquadri raffiguranti altrettandi episodi della vita della martire: lo sposalizio mistico, il battesimo, un sacrificio pagano, il trasporto del suo corpo sul monte Sinai; al centro della volta, in un grande riquadro, è raffigurato l'Eterno Padre. Il catino absidale raffigura l'apoteosi di santa Caterina sorretta dalla Vergine Maria e incoronata da Cristo; il pittore concepisce l'evento in maniera corale: folti gruppi di angeli e personaggi, tra i quali santi e prelati, disposti su diversi piani di nuvole, vi assistono.

 

Al santo titolare dell'Ordine di Malta, invece, è dedicata la volta della navata centrale che in sei cornici raffigura: la nascita, la predicazione, il santo indica il Cristo, il battesimo di Gesù, la decapitazione e la carcerazione. Accanto alle cornici sono collocati finti medaglioni in cui sono rappresentati in monocromo, alcuni episodi dell'Antico Testamento; nei pennacchi sui pilastri, tra arco ed arco, sono affrescati gli apostoli.

 

La navata destra

L'altare principale è dedicato a santa Caterina e, sotto l'affresco raffigurante la Trinità, custodisce il pregevole quadro de Il martirio di santa Caterina, opera di Mattia Preti; sulla volta sono affrescate l'apparizione della Madonna alla santa e la santa in carcere. Sulla sinistra è collocato il monumento funebre a don Diego Pappalardo, costruttore e benefattore della chiesa. Lungo la parete destra della navata si aprono quattro cappelle: • Sacro Cuore, decorato con stucchi all'inizio del '900, conserva un simulacro ligneo dello scultore messinese Antonino Saccà; • San Giovanni Battista, olio su tela di Giuseppe Zacco del 1812; • Madonna del Rosario, olio su tela di un autore anonimo della fine del '700; • Sant'Agata e Santa Lucia, olio su tela di autore anonimo della fine del '700.

Sulla volta della navata sono raffigurati: santa Cecilia, santa Rosalia, santa Lucia, sant'Agata, san Ludovico e san Francesco di Paola.

La navata sinistra

L'altare principale è dedicato al Santissimo Sacramento e al suo interno, sino al 1811, si trovavano gli affreschi del Lo Coco ricoperti in quell'anno da rivestimenti di marmo. Sulle pareti laterali vennero posti due quadri attribuiti allo Zacco: il sacrificio di Melchisedek e il miracolo della manna; la preziosa tela ornamentale che vela l'ingresso della cappella risale ai primi decenni del '900, realizzata da esperte ricamatrici locali. Lungo la parete sinistra della navata si aprono tre cappelle: • Crocifisso, simulacro ligneo della metà del '700 con, in basso, un quadro ovale dell'Addolorata. Il simulacro, sostituito a quello cinquecentesco, è attorniato da teche di vetro ad incastro nella parete, contenenti le reliquie di numerosi martiri; • San Michele Arcangelo, olio su tela attribuito allo Zacco con, in basso, un quadro ovale di sant'Antonio di Padova anch'esso attribuito al pittore catanese; • Sacra Famiglia, olio su tela di Giuseppe Zacco del 1825. Sulla volta della navata sono raffigurati: santa Veronica, sant'Elena, santa Chiara, santa Teresa d'Avila, santa Oliva e sant'Apollonia.

 

L'altare maggiore

Ripartito su tre livelli, è interamente ricoperto di marmi policromi con ornamenti, motivi floreali e figurativi tratti dai repertori aviformi che danno colore e luce soprattutto alla mensa, il cui paliotto, al centro, reca lo stemma di don Diego. Sono poche nella zona etnea le chiese che presentano altari di questo tipo, ma è noto che raffinate botteghe artigiane operavano a Messina, Palermo e Malta. Potremmo ritenerlo vicino alla produzione messinese per diversi motivi: la conoscenza delle maestranze da parte del committente (don Diego), la vicinanza geografica rispetto alle botteghe di Palermo o di Malta, la forte affinità compositiva con le piatte tarsie di quella città, la gamma cromatica e la presenza di minuziosi e dettagliati uccellini su base azzurra, gli stessi motivi ornamentali in voga a Messina nel XVII secolo ma, soprattutto, la dominante di colore blu che differenziava la stessa Messina da Palermo, dove, invece, prevalevano i toni del grigio. È sormontato da un pregevole organo del 1874, opera 719 della famosa casa organaria Serassi di Bergamo.

 

 

La Chiesa di San Nicola

 

 

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foto di Nino Gemmellaro

 

San Pietro Clarenza (C.A.P. 95030) dista 208 Km. da Agrigento, 142 Km. da Caltanissetta, 13 Km. da Catania, alla cui provincia appartiene, 142 Km. da Enna, 92 Km. da Messina, 254 Km. da Palermo, 120 Km. da Ragusa, 74 Km. da Siracusa, 253 Km. da Trapani.

Il comune conta 5.347 abitanti e ha una superficie di 641 ettari per una densità abitativa di 834 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona litoranea collinare, posta a 463 metri sopra il livello del mare.

L'attività locale è prevalentemente agricola, con una ricca produzione di agrumi, uva, fichidindia.

Nel settore dell'artigianato sono significativi i ricami fatti a mano.

Sul territorio sono numerose anche le aziende enologiche e olearie.

Il nome deriva dal culto che gli abitanti avevano per San Pietro e dal nome della famiglia dei Clarenza.

Il primo nucleo abitato fu proprietà del signore Giovanni Andrea Massa e in seguito del signore Antonio Reitano che ne diventò Principe nel 1648.

Il paese subì due grandi calamità naturali: l'eruzione del 1669 e il terremoto del 1693, che lo distrussero totalmente.

Foto © A.p.t. Catania

Rinacque successivamente col solo nome di San Pietro, modificato poi in San Pietro Clarenza coll'acquisto del paese, nel 1779, da parte del nobile Giuseppe Marino Clarenza.

Nel settore dei monumenti rilevanti sono i caratteristici Palazzi Signorili, edificati nel XVIII secolo, la Chiesa Santa Maria delle Grazie e le costruzioni urbane, che presentano degli aspetti architettonici di stile tardo-barocco.

Originaria del luogo è la famiglia dei Comes, tra cui ricordiamo il famoso naturalista Salvatore (1880-1954) che insegnò Zoologia all'Università di Palermo e il letterato Salvatore (1912-1973) che fu Direttore Generale dell'Istruzione Universitaria in Italia e autore di saggi critici su Ada Negri, su Enrico Onufrio e sulla "Letteratura Garibaldina".

 

sulle strade dell'Etna

 

 

Ragalna (C.A.P. 95030) dista 195 Km. da Agrigento, 123 Km. da Caltanissetta, 24 Km. da Catania, alla cui provincia appartiene, 91 Km. da Enna, 104 Km. da Messina, 242 Km. da Palermo, 128 Km. da Ragusa, 105 Km. da Siracusa, 377 Km. da Trapani.

 

Il comune conta 2.805 abitanti e ha una superficie di 3.923 ettari per una densità abitativa di 71 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona collinare interna, posta a 830 metri sopra il livello del mare.

Il municipio è sito in via Paternò n. 32, tel. 095-7985111 fax. 095-849248. L'indirizzo di posta elettronica è il seguente: ragalna@daisynet.it.

Grazioso centro agricolo, Ragalna vanta una cospicua produzione di agrumi, uva, mele, pere e ottimo olio d'oliva che si può gustare nell'annuale Sagra dell'olio d'oliva che si tiene nel mese di dicembre.

Interessanti ogni anno sono pure l'Estemporanea di Pittura locale che si svolge nel mese di marzo, il Concorso Nazionale Fotografico e il Premio Giornalistico che si svolgono nei mesi di agosto e settembre. Tipici sono gli oggetti dell'artigianato locale lavorati in legno.

Il nome Ragalnà deriva dall'arabo Rahal Ann che significa "Casale di Anna".

Il primo nucleo abitato sorse nel XVIII secolo. Tuttavia solo nel 1868 si costituì attorno alla Chiesa Madre di Maria SS. del Carmelo il primo vero conglomerato urbano che inizialmente appartenne al vicino comune di Paternò. Il 25 aprile 1985 la città divenne comune autonomo.

Foto © A.p.t. Catania

Spiccano fra i monumenti la Chiesa Madre di Maria SS. del Carmelo, la Chiesa di S. Barbara, la Chiesa di Santa Rita, la Chiesa di S. Giovanni Bosco e la Chiesa di Canfarella entrambe di stile rurale e sistemate in grotte naturali presenti sul luogo.

Rilevanti sono pure le numerose ville signorili, le cisterne tra le quali spicca quella detta "cisterna della regina" (secondo la tradizione fu fatta edificare dalla regina Eleonora d'Aragona) e alcune splendide edicole votive.

È interessante ricordare che nel paese di Ragalnà è sito l'importante Osservatorio Astrofisico di Serra La Nave.

Diverse e bellissime sono pure le grotte scavate dalla lava come quelle di Santa Barbara, di Rocca, della Tallarita e della Madonna.

http://sicilia.indettaglio.it/ita/comuni/ct/ragalna/ragalna.html

 

 

 

Tra le diverse ipotesi formulate per spiegare il toponimo TRECASTAGNI la più attendibile e documentata storicamente è quella che lo fa risalire all' esistenza in loco di tre grossi castagni, del cui sito oggi si è perduta la memoria: Tres castaneae, come recitano i testi latini, curiali e non, del XIV secolo per indicare il luogo; Trecastagni o Trecastagne nei testi in lingua dal XVII secolo in avanti.

Altre letture più o meno accreditate spaziano da Tria castra con la variante Tria castra ognia, di difficile comprensione e giustificazione linguistica, a Tres Casti Agni, con riferimento ai tre fratelli martiri, Alfio, Filadelfo e Cirino, compatroni del paese, che ha sì l'assonanza fonica con Trecastagni, ma sembra nata in ambito religioso a partire dal XVII secolo avente come perno portante la sosta nel luogo del tre fratelli durante il viaggio da Messina a Lentini, sede del martirio, e il palliotto in velluto rosso ricamato in oro, oggi nella sala consiliare del Comune, con lo stemma dei Di Giovanni e il cartiglio Civitas Tres Casti Agni.

Trecastagni si sviluppa a 586 metri sul livello del mare e ospita 7.200 abitanti.

 

 

Dal punto di vista artistico e culturale la citta' si ricorda per la Chiesa Madre che si fa notare soprattutto per il particolare gioco delle colonne realizzate utilizzando la pietra nera che contrasta con il bianco delle pareti e per le interessanti incorniciature degli archi e delle finestre.

Il Santuario dedicato ai tre fratelli martiri S. Alfio, S. Filadelfio e San Cirino che, secondo la tradizione, hanno sostato in citta' nel 253 D.C. durante il loro viaggio verso Lentini si ricorda principalmente per il ricco arredo che comprende anche un seicentesco calice argenteo.

Tra le Chiese minori cittadine occorre citare quella dedicata alle Anime del Purgatorio.

Trecastagni vanta una coinvilgente festa patronale dedicata ai tre fratelli martiri gia' citati, evento religioso che ricorre ogni anno il nove e dieci maggio e che richiamo numerosi fedeli. Durante la festa si ha la gara dei cavalli che trascinano dei carri decorati e la "Svilata", cioe' l'apertura della cappella che ospita i simulacri dei tre Santi.

 

http://www.santuariotrecastagni.it/home.asp

 

 

 

 

LA MATRICE

Chiesa parrocchiale del titolo di S. Nicolò da Bari, una delle più antiche del cosiddetto Bosco di Catania o Etneo, sorse sopra l'area dell'antica chiesa di S. Maria della Misericordia e risale al 1400. Ne abbiamo la prima memoria storica della Bolla di Papa Eugenio IV che nel 1446 ordinava che concorresse alle rendite della Collegiata di Catania sotto il titolo di S. Maria dell'Elemosina. Il Vescovo Bonadies dietro istanza del Principe Scipione II di Giovanni, del Capitano, dei Giurati e del popolo le decretava il privilegio dell'Arcipretura e Parrocchia il 15 novembre 1667.
Le fabbriche della chiesa erano già finite nel 1690, come si rileva dalla iscrizione du tavoletta di marmo, murata sul portale maggiore lavorato in pietra lava insieme alla finestra che lo sovrasta.
 D.O.M. NICOLAUS COLITUR PELLENS INCENDIA DIRA AC MENTEM DITANS CORPUS ET IPSE TUUM MDCLXXXX

 

A ponente sulla porta piccola, pure in pietra lava, era lo stemma.

Nel 1825, Mons. Orlando, Cavaliere del S. Gennaro consacrava la Chiesa, dichiarando altresì S. Nicola da Bari Patrono del Comune.

Tale avvenimento è ricordato nell'unica lapide di marmo posta nell'interno della porta maggiore:

D.O.M. LEONE XII P.M. E FRANCESCO I° REGE TEMPLUM HOC COLLEGIALE ILLMUS ERMUS DOMINUS FRATER DOMINICUS
ORLANDO PERISIORUM ORD. M.C. EPISCOPUS CATINENSIS SUB DIVI NICOLAI MYRENSISI AUSPICIIS TOTIUS COMMUNIS PATRONI AN. DNI MDCCCXXV DICAVIT

Nel 1866 tutte le disposizioni istitutive di ordini e titoli, venivano soppressi per la legge che aboliva, nello stesso anno, le comunità religiose. La Collegiata di Trecastagni fu soppressa ed i suoi beni incamerati dallo stato. Grandi erano le ricchezze di questa chiesa, ma poco o nulla ne resta; essa si innalza magnifica sopra una collina a cavaliere del paese.

L'esterno è adorno di caratteristici lavori di lava, l'interno si compone di tre navate a croce latina sostenute da 12 pilastri della stessa pietra nera; notevoli per proporzioni e bellezza gli archi dei pilastri pure in pietra, compresi i due archi trionfali che separano la navata centrale dll'Abside e quelli più piccoli delle navatelle. Vi si notano alcuni altari con intersi di marmi pregevoli ed un eccellente organo costruito nel 1824 da Giovanni Patanè da Acireale.

Fra i quadri si notano:
S. Nicola da Bari dello Zacco, Madonna del Carmelo di Alessandro Vasta e S. Giuseppe di Scuola Napoletana
(Caracci?).
Statua di S. Giuseppe in legno intagliato Statua di S. Giuseppe in legno intagliato, entrambe opera di un ignoto scultore del 1700.
La fonte battesimale è in marmo di Taormina e non reca alcuna data.

L'attuale campanile di epoca posteriore, che sostituì l'antico a cupola è fuori stile, ma ben proporzionato e svettante per circa 63 metri sull'asse della sottostante piazzetta Abate Ferrara. Esso alberga sei campane di cui la maggiore dedicata a S. Nicola da Bari ed alla Madonna della Misericordia fu fusa nel 1631 dal celebre Domenico San Filippo da Tortorici, La mezzana detta campana di Nuova, rifusa nel 1860 con il materiale di un'altra campana del 1623 opera dei fratelli Aran; vi sono ancora una campanella senza data detta del Capitolo e le due campane dell'orologio una di epoca antica e l'altra fatta nel 1856.

Come in tutte le vetuste parrocchie, anche qui esistono vasti sotterranei, oggi murati, che erano adibiti al seppellimento dei defunti.

Accanto alla chiesa vi è la canonica con annesso un Piccolo Seminario.

http://www.trecastagni.it/it/mappa_19.html

 

 

 

Tradizionale Festa del Castagno 

a Trecastagni (CT), tutti i fine settimana. Degustazione di prodotti tipici, mostra permanente e sfilata di carretti siciliani.

Il territorio è famoso per i castagneti, che attualmente permettono a molte imprese la lavorazione del legno per uso abitativo e che forniscono un frutto prelibato dal quale si ricava anche la farina di castagne, utile per confezionare numerosi manicaretti. Svago con momenti culturali, possibilità di acquistare merci di qualità delle migliori produzioni locali.

La manifestazione enogastronomica, nella quale troverà spazio anche l’artigianato locale, si svolge nella cittadina etnea, tutti i sabato e le domeniche.

il Golfo di Catania visto da Trecastagni

Il viaggio di tortura e morte dei tre fratelli nati in Puglia

 

«Con l'aiuto di Dio venne a fine il libro di Alfio, Filadelfo e Cirino, scritto per mano del monaco Basilio». Vita e martirio dei tre fratelli, il cui culto è molto diffuso in quasi tutta la Sicilia Orientale fin dall'alto Medioevo, sono presenti in questo documento che gli studiosi delle vite dei Santi fanno risalire alla seconda metà del secolo X, proveniente dal monastero di Grottaferrata e conservato nella Biblioteca Vaticana.

Nati nella leccese Vasteda Vitale, appartenente a una famiglia patrizia e da Benedetta, che affrontò il martirio per manifestare la propria fede. Il prefetto Nigellione, giunto nella cittadina pugliese per indagare sulla presenza di altri cristiani, li invia a Roma con il cugino Erasmo, il maestro Onesimo, ed altre quindici persone. Da Roma, dopo i primi supplizi, muovono verso Pozzuoli dal prefetto Diomede, il quale sottopone alla pena di morte i loro amici, e poi a Taormina dal preside Tertullo; saranno dirottati a Lentini, sede del prefetto, con l'ordine che il viaggio sia compiuto con una grossa trave sulle spalle.

 

 

Una forte tempesta di vento, però, libererà i tre giovanetti dall'insopportabile peso; attraverseranno Catania, e qui posti in prigione, nella cripta sotto la chiesa dei Minoritelli che ancora oggi reca l'epigrafe: "Sanctorum Martyrum Alphii Philadelphi et Cyrini carcer".

In questo tormentato viaggio, secondo un'antica e diffusa tradizione, confortata da un culto mai interrotto, ma anzi nei secoli crescente, sono passati per Trecastagni, perché, riportano le cronache tramandate, la strada della costa era impraticabile per una copiosa eruzione dell'Etna. Nel frattempo, durante il cammino da Catania a Lentini avvengono nuovi prodigi: si convertiranno pure i venti soldati di scorta con il loro capo Mercurio, e che Tertullo farà uccidere.

 

 

Giunti a Lentini i fratelli salvano un bambino ebreo indemoniato ed ammalato, avvicinano alla fede molti ebrei che vivono in quella città e che saranno poi condannati alla lapidazione. Tertullo, a questo punto, dapprima blandirà i tre fratelli e poi infliggerà loro ogni genere di supplizi: pece bollente sul corpo, frustate e chiodi acuminati nei calzari; prodigiosamente guariti dall'apostolo Andrea, operano ancora miracoli e guarigioni fino a quando il preside non ne ordina il martirio: per Alfio lo strappo della lingua, per Filadelfo una griglia infuocata mentre Cirino sarà immerso in una caldaia di pece bollente. Nell'anno domini 253. I loro corpi, gettati in un pozzo dello Strobilio, nei pressi delle case di Tecla e Giustina, saranno pietosamente sepolti dalle due pie donne in una grotta, sulla quale nascerà una grande chiesa, ancora oggi luogo di fervente devozione.

O. P. _a Sicilia 9.5.2013

 

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COME ARRIVARCI: Se arriviamo a Catania in aereo (+ o meno in ritardo…ed accaldati), per raggiungere Nicolosi possiamo o servirci di un’auto a noleggio e seguire le indicazioni per l’ETNA oppure utilizzare un autobus locale denominato Alibus (N° 536) che ci porta dritti dritti alla Stazione Ferroviaria centrale da dove è possibile prendere un autobus della linea AST (http://www.aziendasicilianatrasporti.it?/) che porta a Nicolosi (durata del viaggio: circa 50 minuti).
Se, invece, stiamo viaggiando con la nostra macchina e proveniamo da un’altra città siciliana, bisogna seguire questi possibili itinerari:
Da Messina: Si prende l’A18 (Messina-Catania); la si percorre tutta fino al casello di Catania (S. Gregorio). Si prosegue in direzione PALERMO (ci si trova nella cosiddetta tangenziale ovest) e si arriva fino all’uscita “GRAVINA”. Qui si seguono le indicazioni ETNA. Dopo l’attraversamento di due paesi (Gravina e Mascalucia), percorrendo solo 8 Km a partire dell’uscita, si arriverà a Nicolosi.
Da Palermo o Enna: Si percorre la A19 (Palermo-Catania), la si percorre fino all’uscita denominata Tangenziale Ovest-Messina, quindi si percorre la tangenziale fino all’uscita GRAVINA e si seguono le informazioni precedentemente riportate.

 Da Siracusa o Ragusa: Si percorre la strada statale SS 114 (Orientale sicula) in direzione Catania fino al bivio che conduce all’ingresso della Tangenziale Ovest. Una volta imboccata la tangenziale (direzione Messina), dopo circa 10 Km, si esce all’uscita GRAVINA e si seguono le indicazioni sopradette.

 

 

Nicolosi, denominata la Porta dell’Etna, è situata alle pendici dell’Etna e si trova a 702 metri sopra il livello del mare come recita il cartello che si trova arrivando da Catania attraverso la provinciale SP 92. Storicamente Nicolosi ha preso denominazione perché nel lontano XII secolo a qualche Km a nord dell’attuale paese è stato costruito un monastero benedettino (S. Nicolò l’Arena) che fu eretto sopra una cappella già esistente. A causa delle eruzioni del 1536 e 37 e del terremoto del 1542, che distrusse il paese, esso fu abbandonato. Oggi è sede del Parco dell’Etna, parco del quale fa parte anche Nicolosi.


Circa 5000 sono gli abitanti effettivi di Nicolosi, ma d’estate questo numero varia in modo esponenziale perché sono tantissimi i miei concittadini catanesi a trasferirsi qui a Nicolosi. L’ingresso al paese è molto carino perché si tratta di un lungo viale alberato molto lungo e “romantico”. Dopo circa 500 m dall’ingresso del paese, si arriva nel cuore del paese. Nella piazza del paese è possibile ammirare sulla sinistra la Chiesa Madre. Essa è intitolata al Santo Spirito. Fu distrutta dall’eruzione del 1669 e fu ricostruita subito dopo. Al suo interno si devono andare a vedere sia l’organo che un bel Crocefisso ligneo. Vi sono, poi altre chiesette carine (niente di trascendentale) nelle vicinanze da potere andare a visitare: S. Marita delle Grazie, situata proprio all’ingresso del paese; S. Giuseppe, in Via Roma, la chiesetta delle Anime del Purgatorio, nella strada per Pedara e la Chiesa della Madonna del Carmine, caratterizzata da una lunga scalinata.

E’ una delle più antiche. La strada principale, su cui si sviluppa la piazza principale, denominata Via Etnea che è la strada che poi vi porterà dritti dritti al vulcano, è caratterizzata da una illuminazione molto anticheggiante che è stata inaugurata appena due anni or sono. Molto carina. Se venite in Luglio e/o Agosto, sicuramente, avrete la possibilità di seguire la festa religioso-folkloristica dedicata a S. Antonio (patrono di Nicolosi, che coincidenza fortunata). Non specifico se si tratta di S. Antonio Abate o S.Antonio di Padova perché ancora il paese è diviso ed ogni parrocchia parteggia per l’uno o per l’altro. Durante il piccolo tour tra le varie chiese, vi consiglio di fermarvi in un bar del Paese per gustarvi una fresca e dissetante granita. Due sono i bar che vi consiglio (io li ho provati tutti). Uno si chiama Bar Fratelli Vitale. Si trova in Piazza S. Francesco, a circa 500 metri ad ovest dalla piazza Vittorio Emanuele (la piazza principale), lungo Via Garibaldi che è poi la via “commerciale” di Nicolosi. 

 

Chiesetta delle Anime del Purgatorio

 

Il secondo Bar (non vi fate impressionare dal fatto che è vicino ad una pompa di benzina) si trova poche decine di metri prima della piazza principale del paese ma fa granite davvero buone. Consiglio: accompagnate sempre la granita con una brioche o un maritozzo o un panzarotto o una krapfen. Tra i diversi gusti di granita che vi consiglio, provatene almeno uno tra gelsi neri, mandorla, limone, pesca o un loro mix. Di notevole interesse è il Museo Vulcanologico (vi troverete oltre a reperti lavici e minerali, anche diversi oggetti ottenuti lavorando la lava (aperto dalle 9 alle 13, via Della Quercia 5, tel. 095-914206)).

Bene, dopo questa breve pausa calorica ma non troppo, si può cominciare la nostra scalata verso il vulcano. Dopo circa 600 m a partire dalla piazza principale, sulla destra, si trova un altarino che fu eretto per ricordare il punto in cui una volta si fermò la lava. Dinnanzi l’altarino si trova l’indicazione per arrivare ai cosiddetti Tre altarelli. Si tratta di tre affreschi interessanti. Ad 1 Km e mezzo dalla piazza principale, si incontrano sul nostro percorso i Monti Rossi, cioè due conetti vulcanici di antichissima genesi caratterizzati da una ampia vegetazione. Seguendo le indicazioni, è possibile raggiungere il nuovo monastero di S. Nicola, costruito una decina di anni fa. Si tratta di una costruzione moderna ma molto carina. Se passate da lì in agosto e fosse un sabato o una domenica, consiglio una breve sosta per ascoltare la S. Messa celebrata solitamente dall’Abate Ildebrando Scicolone (forse qualcuno di voi l’ha sentito parlare a Radio Maria).

Dopo questo breve excursus, si riprende la strada provinciale SP 92 e ci si inerpica verso la sommità dell’Etna. Il percorso Nicolosi-Etna Nord è di circa 20 Km. La strada è molto affascinante dal punto vista visivo-panoramico, essendo caratterizzata sia da una parte che dall’altra di paesaggi sempre diversi ora solo lavici ora pieni di verde. In alcuni punti ci si deve assolutamente fermare perché è possibile ammirare il vulcano nella quasi sua totalità ed è uno spettacolo unico. Prima di arrivare al punto finale della strada, sulla sinistra, c’è un bivio che porta all’osservatorio astrofisica di Serra la Nave. E’ possibile effettuare delle visite serali all’osservatorio durante il mese di Agosto previa telefonata. Da ammirare anche i boschi presenti nelle vicinanze dell’osservatorio. Dopo circa 5 km, ritornati sulla SP 92, si arriva a Nicolosi Nord che è il punto di arrivo più alto che è possibile raggiungere con l’auto.

 

 

 In questo periodo, qui si sta lavorando tantissimo per ricostruire strade, parcheggi ed infrastrutture che come molti sanno l’ultima eruzione aveva quasi del tutto distrutti. Alla stazione di Nicolosi Nord, si trovano il famosissimo Rifugio G. Sapienza, ogni anno lambito dalla lava ma mai distrutto, la stazione di partenza della funivia (la funivia è stata distrutta in più punti, soprattutto è andata distrutta la stazione d’arrivo; si sta, comunque, lavorando per ricostruire ciò che non c’è più ed il tutto sarà pronto per il 2005) e le famose “baracchette”, cioè dei negozietti di souvenir da non perdere (vi si possono comprare videocassette sulle varie eruzioni). Sempre nel piazzale si può raggiungere il ristorante la Capannina che fu accerchiato dall’eruzione del 2002. Meritano di essere visitati i crateri Silvestri, due conetti vulcanici molto caratteristici. Il più basso è più facile da visitare mentre quello più alto è sicuramente più impegnativo e va affrontato con scarpe adeguate.
Dalla Stazione della Funivia, è possibile prendere, un pulmino che in sostituzione della funivia effettua una bellissima inerpicata verso la parte sommatale dell’Etna. Non vi sono orari determinati. Secondo me un giro con pulmino è d’obbligo oltre che particolarmente affascinante. Si potrà così anche ammirare un panorama incredibile e soprattutto vedere la mitica valle del bove dall’alto. (spettacolare)

 

 

Dopo esserci stancati per benino, cominciamo la discesa per Nicolosi. Vi consiglio di farla al tramonto. E’ uno spettacolo di luci davvero particolare. Di particolare interesse dal punto vista naturalistico, all’interno del Parco dell’Etna in territorio di Nicolosi, è il sentiero natura denomina “Monte nero degli Zappini”. Avendolo percorso diverse volte vi consiglio di percorrerlo. Troverete informazioni molto dettagliate nel sito: http://www.prg.it/parcodelletna/sentnat/?sentnat04.html. Ci sono altri sentieri natura molto belli e spettacolari ma che non ricadono nel territorio di Nicolosi. Fra questi vi consiglio quello che si inerpica sul monte Zoccolaro. Si trova sulla strada che conduce a Zafferana Etnea a partire dalla stazione di Nicolosi nord. (http://www.prg.it/parcodelletna/sentnat?/sentnat05.html). E’ impegnativo ed occorre un po’ di fiato. Arrivati in cima si potrà osservare la valle del Bove ed un panorama molto particolare. (continua)
 

 

 

DOVE DORMIRE A NICOLOSI:
Il mio consiglio è di andare all'Hotel Biancaneve (http://www.esperia.it/biancaneve.htm). E’ un albergo a tre stelle che è stato ristrutturato di recente. Si trova a circa 1 km dal centro del paese. E’ dotato di tutti i confort e tra le sue caratteristiche vi sono l’architettura molto su generis ed una funzionale e rinfrescante piscina. E’ dotata di parcheggio interno. Di fronte a questo Hotel, ne è presente un altro: l’Hotel Gemmellaro, anch’esso a tre stelle ma non all’altezza del primo. Sono presenti anche un bed and breakfast di qualità non male che si trova in centro (http://www.hotelsearch.it/alberghi/2010?6433-ithome.asp) ed anche un ostello della gioventù (http://www.siciliano.it/citta-hotels.cf?m?citta=Nicolosi).

Per chi, invece, cerca un camping, l’unico camping presente a Nicolosi, si trova nella pineta dei monti Rossi, accanto agli impianti sportivi. E’ dotato di diversi confort ed attrezzature sportive come la piscina. (http://www.abccampeggi.it/sicilia/ct_en?g/nicolosi.htm).
DOVE FARE SPORT A NICOLOSI:
Esistono diverse strutture sportive a Nicolosi. Di sicuro interesse c’è il palazzetto del pattinaggio. Non è grandissimo ma è divertente ed è solitamente aperto tutte le sere d’estate. (purtroppo non vi posso dare delle informazioni certe perché orari e periodi d’apertura dipendono dalla disponibilità economica della provincia; la scorsa estate vi posso, comunque, assicurare che era aperto). Si trova a circa 500 metri dal centro del paese, all’incrocio tra la Via Etnea ed il Viale della Regione. Accanto al palazzetto del ghiaccio, sono presenti i campi da tennis comunali. Sono due campi in cemento particolarmente economici (per prenotare si può telefonare al numero: 095-914299). Sono aperti dalle 9 alle 23. Nella pineta dei Monti rossi, si trova lo stadio comunale, dotato di pista di atletica e campetti di calcetto, volley e basket. Per quanto riguarda gli sport invernali, purtroppo la situazione non è delle migliori. Si spera che gli impianti di risalita vengano ripristinati entro il prossimo inverno, ma ancora non vi è alcuna certezza.

SHOPPING ED ALTRO:
Per quanto riguarda lo shopping, vi consiglio di fare una piccola puntatine a due negozi di artigianato locale. Il primo si trova lungo la via Etnea e l’altro in via Garibaldi. Entrambi hanno un bell’assortimento di artigianato siciliano a prezzi non eccessivi. Io, comunque, uno sconticino lo chiederei in ogni caso..vedrete che non ve lo negheranno. 
Dopo tutte queste informazioni che vi ho dato, spero che prima o poi verrete a stare a Nicolosi e mi passerete a trovare. Se non lo farete, mi dispiacerà tanto…
per ulteriori informazioni:
Pro Loco e Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, via Etnea n. 73-75, tel. 095-914206 fax 095-914575.
Parco dell'Etna, viale della Regione, tel. 095-914858.
A.G.A.I. Associazione Guide Alpine Italiane, via C. Battisti 4, tel. 095-911452.
S.I.T.A.S, Funivia dell'Etna, piazza V. Emanuele 45, tel. 095-911158;

da http://viaggi.ciao.it/Nicolosi__Opinione_506629

 

IL BISCOTTO SCIATORE

Setacciate la farina e fate la solita fontana. Versateci 1 dl acqua e/o latte tiepidi con un pizzico di sale e strutto. Amalgamate con cura. Aggiungete all’impasto il lievito madre e lo zucchero. Riamalgamate fino ad ottenere il nuovo impasto omogeneo. Fate dei bastoncini lunghi 10 cm e adagiateli in una teglia unta. Coprite con un lino e lasciateli in luogo non freddo a lievitare fino a quando non raggiungono il doppio in volume. Mettere in forno a 2oo gradi per 10 minuti, togliere ed abbassare il forno a 150°. Rinfornare per 20+ minuti. Sciogliete intanto il cioccolato a bagnomaria con il fondente* da pasticceria e profumatelo con la vaniglia. Glassate e lasciateli raffreddare. Variante glassa bianca (zucchero acqua e limone)

 

 

 

 

ADESSO VIENI CON ME

 

 

 

 

Franco Barberi, l’uomo che ha “domato” la lava

04/08/2018 di Francesco Vasta

Dalle eruzioni ai terremoti: il racconto di un’epopea: «Ma l’Etna non è una belva»

Alla soglia degli ottant’anni, Franco Barberi ritorna sull’Etna. Ma stavolta non c’è nessuna colata di lava da far saltare in aria. L’ex capo della Protezione civile riceve, domenica a Linguaglossa, il “Premio Etna” assegnato alle personalità che più spiccano nel rapporto con il vulcano. Un modo per riscoprire, allora, quello che lui stesso definisce «uno dei capitoli più importanti della mia vita di studioso». Durante l’eruzione del 1983, quando per la prima volta il vulcanologo di Pietrasanta lanciò l’idea di deviare la lava con l’esplosivo, la politica, le copertine erano ancora lontane. Anche le disavventure giudiziarie, come la condanna per omicidio colposo - poi, in appello, l’assoluzione - per il terremoto dell’Aquila, in quanto componente della Commissione Grandi rischi.

La fama più che nazionale arriva quando il tentativo di opporsi al vulcano, nel 1992, va a segno. «Esperienze che rimangono uniche al mondo», ricorda l’ex ministro del governo Dini. A Zafferana il fiume di fuoco stava per raggiungere le abitazioni, eppure l’uomo riuscì ad ingannare la montagna, di fatto riportando indietro, in Valle del Bove, le lancette dell’eruzione. Con il tritolo erano stati azzerati i canali di alimentazione della colata. A muovere quel circo, tra le prime calamità mediatiche nazionali, c’era la cieca fiducia nella forza della ragione di questo professore toscano, disaster manager ante litteram.

Professore, quanto le piace la definizione di “domatore di lava” che si rinviene nelle ricostruzioni giornalistiche del tempo?

«Non mi piace per nulla. Non considero l’Etna una belva, ma un fenomeno naturale. Ho sempre avuto rispetto e una sorta di innamoramento per la bellezza, la forza, il colore di una colata, tutte cose capaci di farti restare incantato per ore. Rimanendo settimane a contatto con la lava dell’Etna, interrogandosi sul sistema migliore per fermarla, si sviluppano anche quasi dei dialoghi».

Oggi farebbe lo stesso?

«Sì, senza dubbio. Andando direttamente all’intervento finale avendo acquisito l’esperienza necessaria. La farei perché la lava aveva già distrutto le prime case, sarebbe sicuramente arrivata al paese. La colata andava fermata e si dimostrò, in quella circostanza, che avevamo la capacità di fermarla».

Salvare le costruzioni, i paesi, per lei è un imperativo. Oppure talvolta va bene che la natura faccia il suo corso?

«Un grande professore palermitano, Marcello Carapezza (vulcanologo, scomparso nel 1987, ndr), ha dato la migliore risposta alle polemiche del tempo. Coniò addirittura un nuovo termine, anandroecologia, cioè l’ecologia senza l’uomo. C’è chi sostiene che, sebbene sia possibile, bisogna non salvare ciò che è costruito dall’uomo per un rispetto assurdo, antiumano, della natura. Credo che un’affermazione più retriva non possa essere fatta. Non ci si deve difendere, allora, dalle frane, dai terremoti, perché sono tutti fenomeni naturali? Sono tutte idee prive di cultura, prive di rispetto per il progresso umano».

 

 

 

Rispetto a quel tempo, il potenziale rischio Etna è diminuito?

«Forse è un po’ aumentato, perché i paesi a rischio nei decenni si sono sviluppati, si sono realizzate molte più case. Certamente non è diminuito, le eruzioni dell’Etna possono riprodurre le colate negli stessi luoghi del passato».

Nel caso dei terremoti ci viene spiegato che l’unica prevenzione possibile è costruire edifici antisismici. Ai piedi dell’Etna, c’è una grande città come Catania fatta per circa l’80 per cento di palazzi e case non antisismiche. Come mai si è rimasti così indietro?

«Perché la normativa antisismica è stata adottata con grandissimo ritardo. In Italia fino al 1980 la classificazione sismica si faceva soltanto aggiungendo all’elenco delle zone sismiche via via quelle colpite da nuovi terremoti. La prima mappatura risale al terremoto di Messina, dunque solo i luoghi colpiti nell’arco del Novecento era considerati sismici. Ricordare il caso Catania è giusto: i grossi terremoti di quella città risalgono al Seicento e dunque Catania non era considerata a rischio sismico. Per demenza, direi, di chi ha governato il nostro Paese: era infatti una precisa scelta politica. Ci volle il Progetto Geodinamica del Cnr che io diressi per imporre, dal 1984, la classificazione sismica di tutta Italia solo sulla base della pericolosità. Le case costruite prima sono sismicamente insicure e ciò significa che i prossimi terremoti, anche a Catania, potrebbero essere una tragedia».

Ancora oggi la sensazione è che chi ha responsabilità di governo abbia difficoltà a imporre il tema della prevenzione. Difficile qualcuno possa dire: Catania è un’emergenza nazionale, vanno buttati giù e ricostruiti i palazzi. Perché?

 

Catania da Monte Nero degli Zappini

 

«Quando sono stato sottosegretario (dal 1996 al 2000, ndr), malgrado gli scarsi fondi, ho provato a fare qualcosa soprattutto richiamando l’attenzione sul tema. Per esempio con gli studi sulla vulnerabilità sismica degli edifici pubblici: in tutte le regioni del Sud è emerso quello che si temeva, cioè un rischio altissimo. Temo che i politici si aspettino un ritorno d’immagine immediato, e la prevenzione questo non può darlo. E poi, se lei hai cento case da risanare e ne risana ottanta, quando cadranno le venti restanti sarà stati comunque un disastro: nessuno si renderà conto che ne sarebbero crollate cento».

Dopo una catastrofe scatta, quasi come una catarsi collettiva, la ricerca del colpevole di cui lei, più volte, è finito nel mirino. Forse è questo il primo sintomo delle carenze nella cultura della prevenzione italiana?

«Credo ci sia la necessità di trovare un capro espiatorio, il caso dell’Aquila è emblematico. La condanna della Commissione Grandi rischi è stata deleteria: oggi nessuno scienziato si prende la responsabilità di esprimere un giudizio, qualunque esso sia, per il timore di conseguenze giudiziarie. Così il timore di cadere in un’altra trappola tipo l’Aquila fa sì che di fatto la Commissione possa essere eliminata. Deleteria è stata anche la negazione del principio della prevenzione di un rischio e la ricerca di un colpevole, di chi non aveva detto “allontanatevi da casa”. Ma i terremoti non si possono prevedere. Dunque, da stanotte, nessuno dovrebbe dormire in tutte le case sismicamente insicure d’Italia perché nessuno può escludere che la scossa arrivi. Quella sentenza è stata, culturalmente, una tragedia e temo che se ne sconteranno ancora le conseguenze».

A giugno a Catania si è insediato il nuovo sindaco, Salvo Pogliese. Tra le sue priorità c’è un nuovo Piano regolatore. Quello attualmente in vigore è del 1969. Cosa si sente di suggerire a chi lavorerà sul nuovo strumento?

«Mi compiaccio che un nuovo Prg sia tra le prime preoccupazioni dell’amministrazione, era ora. Il consiglio è che si considerino i rischi naturali della città, primo fra tutti certamente quello sismico. Il Prg dovrà essere molto severo in due cose: rigore estremo nel pretendere che le nuove costruzioni rispettino la normativa antisismica. Secondo, e questa è la parte più difficile, promuovere la mitigazione del rischio sulle costruzioni esistenti. Sono convinto che serva un’azione culturale. Nella vita di una famiglia, ad esempio, viene un momento in cui si decide di migliorare l’edificio nel quale si vive. Se invece di dedicarsi alle rifiniture, si investissero i risparmi nel consolidamento strutturale, forse si salverebbero molte vite. Serve che tutti i catanesi sappiano che, mettendo un po’ di soldi nelle proprie case, aumentano le probabilità di sopravvivere a un terremoto».

 

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A capo del Dipartimento della Protezione Civile nel quadriennio 1997/2001, dopo averla coordinata e seguita da ministro e da sottosegretario, Franco Barberi, 80 anni, è un geologo, docente di Vulcanologia. Ha coordinato (1999) il Censimento di vulnerabilità degli edifici pubblici, strategici e speciali in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia, le regioni considerate a più alto rischio sismico. Ha fondato e diretto il Gruppo Nazionale per la Vulcanologia del Cnr.

La Sicilia – 4 ago 2018-

 

 

 

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scene girate al Rifugio Sapienza

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"I signori turisti sono pregati di allacciare bene le scarpe da trekking, di mettere in spalla una sacca con macchina fotografica, binocolo, cinepresa, bussola e di seguire la rotta da noi tracciata per compiere uno splendido viaggio alla scoperta del vulcano attivo più stupefacente del vecchio continente e dei paesi che, coraggiosi e orgogliosi, giacciono ai suoi piedi. Vi attendono paesaggi lussureggiati, scenari incredibili, notti illuminate dai bagliori infuocati dell'Etna, albe in cui l'azzurro del cielo è screziato dai fiumi e dalla cenere del vulcano. 

Ed alle falde di questa straordinaria montagna, una corolla bellissima di rocche arabe, castelli normanni, vie ed archi medievali, chiese barocche. Il tutto sapientemente condito con folclore, feste religiose, appuntamenti culturali e sportivi, sagre, gastronomia, artigianato. Vi garantiamo un viaggio da fantascienza e da fiaba e, senza tema di poter sbagliare, vaticiniamo che vorrete tornare ancora in questa magica terra siciliana."

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Uscite da Catania per Via Etnea e Piazza Gioeni, svoltate a sinistra, per arrivare a Barriera del Bosco, dove girerete di nuovo a sinistra, passando tra due obelischi. Km. 8: Gravina di Catania. Km. 10: Mascalucia, paesetto di 3.000 abitanti rinomato per il suo vino. Km. 11: sulla sinistra, convento di S. Maria delle Grazie. Km. 13: Massannunziata (547 m. di altezza); la strada attraversa una zona di antica attività vulcanica. Km. 16: Nicolosi (698 m. di altitudine), grosso paese e centro di escursioni. Da Nicolosi, potrete effettuare un'escursione ai Monti Rossi, a 948 m., in un'ora e mezzo circa, andata e ritorno. Vi vedrete uno dei più grandi crateri secondari dell'Etna, con un perimetro di 3 km. Uscendo da Nicolosi, la strada passa ai piedi dei Monti Rossi, poi fra i Monti 5. Leo (1.021 m.), a sinistra, e i MontiAlbano (1.241 m.), a destra. Essa fiancheggia il bosco della Fernandina e arriva in prossimità del cratere del Monte Manfrè (1.460 m.). Al km. 32,4, deviazione a sinistra per Serra La nave (1.715 m.); piste di sci, pinete. Hotel Grande Albergo Etna (39 c.; tf. 911500). Km. 34: Casa Cantoniera (1.882 m.) da dove si gode di una splendida veduta su tutta la costa. Ristorante Corsaro. Un po' più in alto, a sinistra, Rifugio Sapienza. Parcheggio. Stazione di partenza della funivia a 1.915 m.

È una delle escursioni più antiche del mondo, già rinomata nell'antichità poiché "l'imperatore Adriano salì sulla vetta dell'Etna per vedere da li' il sole levarsi con i diversi colori dell'arcobaleno" (Storia Augustea, Vita di Adriano). L'ascensione non presenta difficoltà e può essere praticamente effettuata da tutti da Luglio a ottobre. Durante l'inverno è talvolta faticosa. Ma quale che sia la stagione, sono necessarie sempre alcune precauzioni. In vetta soffiano spesso venti violenti, che vengono principalmente da Qvest. La temperatura scende talvolta sotto lo zero durante le notti estive. È dunque necessario provvedere ad un equipaggiamento adatto: abiti caldi, buone scarpe da marcia in mancanza delle scarpe da montagna, occhiali per proteggersi dal sole e dalle ceneri vulcaniche. Tra Catania e la vetta, si registra generalmente una differenza di temperatura di 20 C. La neve comincia a cadere in novembre e continua fino in primavera. Comunque, una guida è indispensabile. Rivolgetevi al CAI (in Via Musumeci, 122 a Catania o direttamente al Rifugio Sapienza.. Una guida non può accompagnare più di quattro persone per volta, durante l'estate, e tre durante l'inverno. Escursioni notturne in jeep sono organizzate dal Rifugio Sapienza (partenza verso le due del mattino). Sono le più interessanti poiché permettono di assistere allo spettacolo del "sorgere del sole". Partendo dal Rifugio Sapienza (1.881 m.) salite con la teleferica (partenza ogni 10 mn. circa) al Piccolo Rifugio (2.507). Da lì, veicoli cingolati possono portarvi fino al Rifugio Torre del Filosofo (attualmente in ricostruzione), così chiamato perché la tradizione vuole che Empedocle abbia abitato nei pressi per osservare da vicino i fenomeni vulcanici. D'altronde egli si sarebbe ucciso gettandosi nel cratere. 

 

 

 

 

MONTI SILVESTRI

Situati a pochi passi dal Piazzale Rifugio Sapienza, a Nicolosi Nord a circa 1900 m sul livello del mare, prendono il nome dal Prof. Orazio Silvestri. Fra il Monte Silvestri superiore e quello inferiore, passa la stradaCrateri Silvestri Etna Sud, Nicolosi Nord che sia da Zafferana sia da Nicolosi porta al piazzale del Rifugio Sapienza (Nicolosi Nord) meta di tutti i visitatori che si recano sul versante sud del vulcano Etna. Essi costituiscono un ambiente di straordinario valore paesaggistico e naturalistico.

 

 

Il cratere inferiore, che si trova poco sotto la Strada Provinciale 92, è facilmente accessibile e può essere interamente visitato sia circumnavigandolo sia entrando al suo interno.

 

 

L'escursione al cratere superiore risulta invece più difficoltosa perché richiede una scalata a piedi lungo una ripida salita. Una volta arrivati in cima, si può ammirare uno spettacolo impressionante: verso il sud si ammira il cratere inferiore, con i suoi colori rossastri e, in lontananza, il panorama del Golfo di Catania. Volgendo lo sguardo verso l'Etna, invece, ci si affaccia all'interno del grande cratere che però non può essere visitato e, tempo permettendo, è possibile intravedere la cima Cratere Silvestri superioredella vetta.

 

 

Inoltre è perfettamente visibile il fronte della colata del 2001 più scura rispetto a quelle circostanti, colata che passa alla base occidentale dei Monti Silvestri.

 

 

Raggiungere i crateri silvestri è molto facile. Essi si trovano a pochi passi dal Rifugio Sapienza in località Nicolosi Nord, Etna Sud.

 https://www.nicolosietna.it/it/stazione-turistica-etna-sud-nicolosi-nord/i-monti-silvestri.html

 

 

 

 

 

https://www.mimmorapisarda.it/2023/MASTRO1.GIF

scene girate sull'Etna

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VIDEO YOUTUBE

POMERIGGIO SULL'ETNA - NOV 2019 - FOTO DI FRANCESCO RACITI

(fotografie di Francesco Raciti) SU YOUTUBE SI CONSIGLIA DI PREMERE L TASTO "F" E IMPOSTARE A 1080P

 

 

 

 

«L'Etna adesso è di tutta l'umanità»

Una "cartolina" dalla Cambogia fa entrare il vulcano siciliano nel patrimonio dell'Unesco

 

La Sicilia, 22 Giugno 2013

alberto cicero

 

Il grande giorno è arrivato. E, come era stato ampiamente annunciato, dalla capitale cambogiana, Phonm Penh, è giunto il "sì" definitivo. L'Etna è patrimonio mondiale dell'Unesco. Ma, più che altro, è patrimonio dell'umanità intera. Si chiama - tecnicamente - "World heritage list" ma non è solo un elenco di bei posti sparsi su questo scassatissimo pianeta sperduto nell'universo. E' qualcosa di ben altro. Sono quei luoghi che, per l'Unesco, meritano più attenzione e, soprattutto, maggiore tutela. Perché - fermo restando che il pianeta intero appartiene alla razza umana - sono luoghi il cui valore va ben al di là della percezione che le stesse popolazioni locali ne hanno.

Quello scienziato tedesco con il viso simpatico alla "Harry Potter", Bastian Bertzky, che guidò a ottobre la delegazione dell'Unesco che doveva dare una valutazione di massima su un lungo percorso che è stato cominciato e incanalato anni fa (quando al Parco era ancora commissario straordinario Ettore Foti, a cui va dato il merito di averci creduto, assieme a tutti gli uffici, senza remore), ripartì lasciandoci una promessa elargita più sugli sguardi che sulle parole. Così, ci siamo detti tutti «Sì, l'Etna ce la farà». Ma soprattutto una raccomandazione, questa sì, forte, chiarissima, inequivocabile: «Amate l'Etna, custoditelo, trattatelo come qualcosa di prezioso».

Ieri, dall'altra parte del mondo, è rimbalzato questo stesso messaggio scritto su una "cartolina" che ha un timbro chiaro e autorevolissimo: Unesco, giugno 2013. Il messaggio è questo: «Da oggi, ufficialmente, l'Etna non è più soltanto vostro. Ma di tutta l'umanità».

 

 

Ed è qualcosa con cui i siciliani dovranno confrontarsi e di cui ancora oggi è difficile percepire la grandissima valenza. Di certo c'è che da oggi non potremo più guardare all'Etna con lo stesso occhio sbadato, distratto, ironico, con cui l'abbiamo guardato sinora. L'inserimento nell'elenco dei siti Unesco non cambia proprio niente, infatti, da un punto di vista meramente burocratico. Non ci saranno maggiori o minori vincoli sul territorio preso in considerazione dall'Unesco (che non corrisponde, va detto, pedissequamente, con quello del parco). Ci sarà, questo sì, ed è l'unico valore aggiunto che si potrà quantificare, un enorme interesse per l'Etna, un interesse globale, che farà ricadere sul nostro vulcano tanta attenzione e, sicuramente, nuovi e cospicui flussi turistici e commerciali in genere. L'Etna sarà da oggi un marchio, un brand, molto più forte e conosciuto in tutto il mondo e tutto ciò che verrà dall'Etna avrà come un autorevolissimo marchio di garanzia.

 

foto di Antonio Treccarichi

 

Guarda i muscoli del mio vulcano, tutti di plastica e di metano. Guardalo nella notte che viene, quanto magma ha nelle vene.
(libera modifica da I muscoli del Capitano di  Francesco De Gregori)

 

 

«Ce l'abbiamo fatta. La nostra gioia è enorme. È un risultato storico non solo per la Sicilia, ma per tutta l'Italia - ha commentato la presidente del Parco dell'Etna, Marisa Mazzaglia -. L'iscrizione dell'Etna nel Patrimonio Unesco è un marchio di valore planetario per il nostro territorio e una fantastica opportunità per le comunità locali. Una volta tanto un successo ottenuto nella periferia può fare gioire l'intero Paese. È un premio al grandissimo, serio e silenzioso lavoro svolto dallo staff del Parco e dai preziosi collaboratori esterni, che non mi stancherò mai di ringraziare per quello che hanno fatto».

Ieri, a Phnom Penh, c'era una giovane ricercatrice dell'università di Stanford (California): non è nata oltreoceano ma nella sicilianissima Agrigento. Era in Cambogia in missione studio. Al momento della consacrazione dell'Etna si è precipitata dal rappresentante del ministero dell'Ambiente per dire che era orgogliosa di essere siciliana. Adesso, consapevoli di ciò che comporterà, dobbiamo esserlo tutti.

 

 

 

 

Efesto, Vulcano per i latini, dio del fuoco e fabbro divino, nacque da Era e Zeus.

Nell' Iliade, Omero ci racconta di come Efesto fosse brutto e di cattivo carattere, ma con una grande forza nei muscoli delle braccia e delle spalle, per cui tutto ciÚ che faceva era di un'impareggiabile perfezione.

Essendo accorso in aiuto della madre Era durante un litigio con Zeus, Efesto dovette subire le ire del padre che, infuriato, lo scaraventÚ gi˜ dall'Olimpo. Nella caduta si fratturò le gambe per cui da quel giorno camminò zoppicando.

Efesto aveva le sue fucine nelle viscere dell' Etna e nelle isole Eolie, a Vulcano e Lipari . I suoi aiutanti erano i Ciclopi monocoli.

Efesto era un fabbro, un artista eccellente,un orafo inimitabile. Tutti gli dei e gli eroi ricorrevano a lui per avere armi invincibili e preziose. La sua fucina però non era sull’Olimpo ma dentro i vulcani e sai perché?….

Quando Efesto nacque era così brutto che la bellissima mamma, Era, lanciò un grido di orrore e non seppe resistere all’impulso di gettarlo via. Lo buttò, dunque, giù dall’Olimpo. Il piccino cadde, continuò a rotolare per un intero giorno ed una notte fino a quando atterrò su un’isola. Era Lemno, l’attuale Sicilia, terra vulcanica, dove abitavano le "ninfe". Il bimbo fu amorevolmente raccolto ed accudito da loro. Amava giocare sull’Etna, era attratto dall’eruzione del monte; gli piacevano il colore delle fiamme, i lapilli che schizzavano via come saette, la lava che, colando giù, creava delle lingue rosse in movimento….Efesto ammirava emozionato ed entusiasta…!

Il grande Zeus, suo padre, commosso dal fatto che era un figlio ripudiato, lo nominò "dio del fuoco" e gli fece costruire la sua officina nel "cratere" dell’Etna dove Efesto lavorava allegramente in compagnia dei Ciclopi.

Il dio del fuoco, qualche volta, quando era più triste e stanco del solito, era tormentato dal fatto che a ridurlo così fosse stata sua madre, quando lo aveva buttato via come un giocattolo rotto. Giorno dopo giorno ideò la sua vendetta.

Preparò per la madre Era un regalo che sembrava bellissimo: era un trono elegante, luccicante, tutto d’oro, tempestato di brillanti e smeraldi scolpito con l’abilità del migliore maestro.

In verità, quando Era vi si sedette, quel trono regale si trasformò in una trappola: era legata da fili invisibili, tenaci, potenti, comandati da un meccanismo infernale che nemmeno il capo degli dei sapeva disinnescare. Tutti gli dei, compreso Zeus, lo supplicarono di slegare la madre. Efesto lo fece ma chiese in cambio di poter abitare anche lui sull’Olimpo come tutti i suoi fratelli. Era sì brutto, ma pur sempre un dio! Zeus accettò, Era fu liberata ed Efesto soddisfatto. Nell’Olimpo però vi rimase per poco tempo perché si trovava meglio tra i suoi Ciclopi.

Ha ispirato scrittori e poeti come Virgilio,Dante,Esiodo.E' di Virgilio il terzo libro dell'Eneide,la magistrale descrizione dell'Etna,così come la Mitologia lega miti al vulcano:Tifeo,il gigante che volle sfidare il Dio Giove nella scalata del cielo,li venne rinchiuso il quale ancora oggi con la sua collera erutta lapilli e lingue di fuoco .... 

Gli antichi guardavano il monte con paura e rispetto, poiché " li " vi era la dimora di Vulcano, Dio del fuoco e dei Ciclopi. Gli antichi navigatori del Mediterraneo lo conoscevano bene, perché molte volte faceva loro da faro, ed il suo breve nome esiste dagli albori della civiltà.Il suo significato perciò si perde nella notte dei tempi e degli antichi idiomi. Gli Arabi ne rimasero tanto colpiti da definirlo "il monte dei monti"("Mongibello"), la montagna per antonomasia. L'Etna ha circa 500.000 di anni, nata da un fenomeno legato alla divisione dei continenti e allo scontro che avvenne tra la piattaforma tettonica Afro-Asiatica,causò l'espulsione di magma dai fondali marini violentemente dando vita al vulcano cosi come alla catena delle Alpi in Europa e dell' Himalaya in Asia. Nel corso delle ere geologiche L'Etna ha modificato la sua "veste" con le sue notevoli eruzioni, le conosciute sono molte , ma certamente inferiori a quelle realmente avvenute.Dalla storia, già secoli prima della nascita di Cristo si descrive delle attività vulcaniche , negli anni 575 e 396 a.C. Una delle più grandi attività del vulcano, anticipate da terremoti si manifestò nel 1669 dando vita a nuove bocche eruttive che in meno di venti giorni distrusse la cittadina di Nicolosi e parte della città di Catania.Nel 1881, devastante eruzione ebbe luogo nella valle del Bove formando nuovi crateri.

 

 

 

Se ci assicurasse lo stesso spettacolo quotidiano,  garantendo nessun pericolo per la popolazione, meriterebbe l'assessorato al turismo della Regione Sicilia. Verrebbero qui da tutto il mondo, in massa, per vedere il titolato Patrimonio UNESCO.

Ma non è cosi, è pur sempre un vulcano ed è pericoloso come tutti i suoi fratelli, anche se i catanesi gli vogliono bene e si fidano; gli chiedono di smetterla consapevoli che a volte prende e a volte dà e, come rivolgendosi a una sorella, lo fanno etichettandolo al femminile: a Muntagna. E allora, essendo anch'esso siculo che tiene all'onore, si offende e (come da foto) ..... ogni tantu ci pigghiunu i "cincu minuti!"

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S. Teodoro (ME) il 12.3.2021.  Dal grande Fernando Famiani e dal soggetto, che non era da meno.

 

 

 

 

 

 

 

In questa mia foto, una Bomba dell’Etna proveniente dai depositi piroclastici del suo condotto lavico. Tranquillizzo subito perché di queste dimensioni si trovano solo quelle espulse in alta quota. Quelle piccole o i cosiddetti lapilli che stanno cadendo in questi giorni sui  paesi etnei sono al massimo di 6 cm di diametro e sono molto leggeri essendo pieni di pomice come quella in foto che, nonostante il suo basso peso, se arriva in testa ti uccide comunque, immediatamente.

 

Questi proiettili si formano a causa di un'intensa e violenta eruzione e possono essere scagliati  a grandi altezze e a parecchi chilometri rispetto al teatro piroclastico, come accadde  con quelle (alcune grandi quanto un’automobile) arrivate a Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.

Le loro forme sono sferiche, a mandorla, a “escremento di vacca”,  a "crosta di pane" e la forma aerodinamica che assumono è dovuta al raffreddamento esterno quando si solidificano in volo, a grande velocità.

Eccole in azione:

https://www.youtube.com/embed/Qgih2TL-9As?t=1s

 

 

 

 

 

 

 

CARATTERISTICHE

 

Vulcano Etna - 3350 mt - Sicilia - Europa - Italia

Coordinate: Latitudine:37°.7N, Longitudine:15°.0E

Tipo: Struttura di base a scudo evoluta, in seguito, in uno stratovulcano.

Nome: Il nome Etna viene dall'antico greco romano Aetna. Nel medioevo il vulcano ha acquisito un secondo nome: Mongibello che deriva dall'italiano "monte" e dall'arabo "djebel" che ha lo stesso significato.

Geografia: La base del vulcano è delimitata ad Est, dalla costa del mar Ionio, a Nord, dai fiumi Simeto ed Alcantara, a Sud dalla Piana di Catania che separa il basamento etneo dai più antichi monti Iblei di origine vulcanica.

Dimensioni

Struttura conica a base ovale superficie di base circa 1600 kmq, perimetro di base 150Km, asse maggiore di base Nord-Sud lungo 60Km, asse minore Est-Ovest lungo 40Km. L'edificio sino a 1800mt di quota si innalza con pendenza inferiore al 10%, la parte terminale si innalza rapidamente con 32% di pendenza. Il cono vulcanico ha una figura tozza sormontata a quota 1800 mt da un cono piccolo di brusca pendenza: il Mongibello.

Geologia

 

Al margine delle zolle di Europa ed Africa che convergono, si trova su una zona di estensione del blocco continentale Maltese Siciliano.

Altezza

Attualmente 3350 metri s.l.m; la cima varia con l'attività del vulcano, cambia continuamente forma ed altezza per cedimenti ed eruzioni. Il Cratere NE è il punto più alto del monte Etna con 3350 metri, il Cratere Centrale con i suoi 3318 metri risulta più in basso. Attualmente il Cratere SE è in crescita e misura 3300 metri, potrebbe divenire molto presto la cima più alta dell'Etna.

Cratere centrale

Il Cratere Centrale è formato da Voragine (1778) e Bocca Nuova (1968). Complessivamente il diametro è di 500mt ed perimetro d'orlo 1700mt.

Crateri

Nomi e data di formazione dei principali crateri: Monti Rossi (1669); Montagnola (1763); Monte Nuovo (1763); Monte Luna (1763); Monti Calcarazzi (1766); Voragine del Cratere Centrale (1778); Monte Simone (1812); Monti Centenari (1853); monti Sartorius (1865); Monte Leone (1883); Monti Silvestri (1892); Monti Recupero (1910); Cratere Nord Est (1911); Bocca Nuova (1968); Crateri Ponte (1971); Cratere Sud Est (1971); Monti de Fiore (1974); Monte Cumin (1976); Sudestino (2000).

Tipologia eruttiva

A predominanza effusiva (colate laviche), anticamente erano prevalentemente esplosive.

Rocce

Magmi alcalini, basalti, hawaiiti, mugeariti e trachiti.

 

Età

Iniziano 700mila anni fà le prime eruzioni sottomarine in un golfo marino ora inesistente, poiché è stato totalmente riempito o dall'attuale area di base dell'Etna. Da 500a 200mila anni fà emerge e si forma il monte Calanna antenato dell'Etna; 80mila anni fà si forma il Trifoglietto, altro antenato, 64.mila anni fà il Trifoglietto sprofonda creando una grande caldera; 34mila anni fà affianco alla caldera si forma l'Etna. L'attuale struttura di vetta si forma 14.000 anni fà. Il Cratere Nord-Est, punto più alto del l'Etna , si forma nel 1911 a quota 3100 metri raggiungendo oggi nell'anno 2000 i 3350 metri.

 

Storia eruttiva

Non è facile quantificare ed elencare le innumerevoli eruzioni dell'Etna, storicamente se ne segnalano almeno 150 di una certa entità. Ecco un parziale elenco di date: 693aC, 475aC, 425aC, 396aC, 140aC, 135aC,126aC, 122aC, 49aC, 44aC, 36aC, 32aC, 252dC; 812, 1122, 1169, 1194, 1197,1250, 1285, 1329, 1381, 1408, 1537, 1556, 1610, 1614, 1634, 1646, 1651, 1669, 1755, 1763, 1766, 1778, 1788, 1792-93, 1811-12, 1819, 1822, 1842-43, 1852-53, 1865, 1879, 1883, 1886, 1892, 1910, 1911, 1923, 1928, 1947, 1949, 1950-51, 1955, 1957-58, 1960-61, 1961-64, 1966-67, 1968, 1971, 1972, 1974, 1975-76, 1977, 1978, 1979, 1981, 1983, 1984, 1985, 1986-87, 1991-93, 1995, 1997, 1999, 2000.

 

 

 

 

Città danneggiate

Catania (693aC, 252 dC, 1381, 1669); Treccastagni (1408); Adrano (1610); Randazzo (1614, 1981); Nicolosi (1634,1669); Belpasso (1669); Mompilieri (1669); Mascalucia (1669); Camporotondo (1669); San Giovanni Galermo (1669); San Pietro Clarenza (1669); Misterbianco (1669); Zafferana Etnea (1792); Bronte (1843); Linguaglossa (1923); Mascali (1928); Milo (1950); Fornazzo (1950, 1972, 1979); Sant'Alfio (1972); Ragalna (1983)

Le vittime

1843: 50 persone restano uccise per lo scoppio di una cisterna d'acqua investita dalla lava. 1979: 9 persone uccise da un evento esplosivo sul bordo della Voragine (parte del Cratere Centrale).

Popolazione

Circa un milione di persone vivono nella provincia di Catania, che comprende il territorio del vulcano.

Città vicine

Catania con 340.000 abitanti. Grossi centri etnei: Acireale, Giarre, Andrano, Paternò, Randazzo. Tra i più vicini: Nicolosi, Zafferana Etnea, Linguaglossa.

 

 

 

Le principali eruzioni dopo il 1669

 

Si è relativamente meglio informati sugli eventi eruttivi verificatisi nei secoli successivi al XVII. Fra i principali ricordiamo:

l’eruzione del 1755, con lave nella Valle del Bove (e con una singolare colata di fango -"lahar"- originata dallo scioglimento dell'abbondante neve al contatto con le masse laviche);

l’eruzione del 1763 (febbraio-marzo e giugno-settembre). Durante questa eruzione si formarono i Monti Nuovo e Mezza Luna, sul versante Ovest, e la Montagnola, su quello Sud;

l’eruzione del 1766, responsabile della formazione dell'apparato eruttivo dei Monti Calcarazzi (versante Sud);

l’eruzione del 1792-1793, con lave che, sgorgate da bocche apertesi tanto dentro quanto fuori della Valle del Bove, minacciarono da vicino l'abitato di Zafferana (si formò per crollo la Cisternazza nel Piano del Lago); vi furono anche efflussi lavici sommitali che si spinsero verso l'alto territorio di Adrano;

l’eruzione del 1811-1812, che diede luogo alla formazione di Monte Simone nel settore N-NW della Valle del Bove;

l’eruzione del 1819, che formò un interessante apparato esplosivo-effusivo nell'alta Valle del Bove, da dove le lave si spinsero fino al Salto della Giumenta ed alla sottostante Valle Calanna;

l’eruzione del 1832, che diede luogo, fra l'altro, alla formazione di Monte Nunziata (in territorio di Bronte);

l’eruzione del 1843, la cui colata, in territorio di Bronte, invase e provocò, per lo scoppio di una cisterna, appena investita dalla massa lavica, la morte di una cinquantina di persone;

 

 

 

l’eruzione del 1852-1853, che formò l'apparato eruttivo dei Monti Centenari in Valle del Bove, da dove le lave giunsero a minacciare da vicino Zafferana;

l’eruzione del 1865, responsabile della formazione dei Monti Sartorius (versante E-NE);

l’eruzione del 1879, che squarciò diametralmente la parte alta del vulcano (le lave del versante Nord, sgorgate dai monti detti Umberto e Margherita raggiunsero quasi l'alveo del fiume Alcantara);

l’eruzione del 1883, che interessò il territorio di Nicolosi e che diede luogo alla formazione di Monte Leone;

l’eruzione del 1886, le cui lave, sgorgate dal Monte Gemmellaro, minacciarono il centro abitato di Nicolosi;

l’eruzione del 1892, evento piuttosto lungo (oltre sei mesi) che diede luogo alla formazione dell'apparato dei Monti Silvestri;

l’eruzione del 1910, le cui lave minacciarono da vicino Borrello-Belpasso (si formarono i Monti Riccò - indicati anche come Monti Recupero);

 

 

 

 

l’eruzione del 1911 con imponenti manifestazioni esplosivo-effusive che portarono, fra l'altro, alla formazione del cratere subterminale di Nord-Est;

l’eruzione del 1928, nota, oltre tutto, per essere stato l'unico evento eruttivo dell'attuale secolo responsabile della distruzione di un centro abitato: Mascali;

l’eruzione del 1947, con lave nei territori di Castiglione e di Randazzo;

l’eruzione del 1949, che diede luogo nell'area sommitale del vulcano ad una "frattura diametrale" analoga a quella del 1879;

l’eruzione del 1950-1951, con prolungata manifestazione, specialmente effusiva, e con minaccia per i centri abitati di Milo, Fornazzo e Zafferana, allo sbocco della Valle del Bove;

l’eruzione del 1955 che segnò il risveglio del cratere subterminale di Nord-Est;

 

l'Etna vista da Bronte

 

 

La storia di Tifone

Quando l'Etna si risveglia ad uscire dal sonno è in realtà il gigante Tifeo (o Tifone), costretto in eterno a sostenere su di sé il peso della Sicilia, in una sorta di crocefissione voluta dal re degli Dei. Viene spiegato così il motivo delle continue eruzioni del vulcano e delle scosse di terremoto nell'Isola.

Il mito di Tifeo è la storia di una lotta che si conclude con la sconfitta del gigante e che, fuggendo in Sicilia, viene inseguito e imprigionato per sempre sotto l'Etna. La tradizione popolare vuole, infatti, che Tifone sostenga la Sicilia in posizione supina con la testa verso est, i piedi verso ovest e le due braccia tese lungo il corpo nell'asse nord-sud. Ecco quindi Tifone sorreggere Messina con la mano destra, Pachino con la sinistra, Trapani è poggiata sulle sue gambe e il cono dell’Etna sta proprio sulla sua bocca, rivolta verso l’alto. Ogni volta che si infuria, Tifeo fa uscire fuoco e lava dall’Etna e ogni suo tentativo di liberarsi dalla prigionia eterna corrisponde ai movimenti tellurici dell'Isola.

Tifeo è figlio di Tartaro, personificazione degli Inferi, e di Gea, la Madre Terra. Dal giorno della sua nascita, il gigante mostruoso con centinaia di teste di drago, è stato destinato dalla madre a una lotta senza quartiere contro Zeus, colpevole di aver sconfitto i Titani, anch’essi figli di Gea.

Nel corso di una delle tante lotte, Tifeo fugge verso oriente per riordinare la sua strategia e si ferma in attesa. Ma la lotta con Zeus ricomincia e questa volta il gigante riesce a strappare l'arma dalle mani del Re degli Dei. Taglia i tendini dei piedi e delle mani di Zeus e lo scaraventa dentro una grotta in dell’Asia Minore. Zeus riceve però l’aiuto di Hermes e Pan che ritrovano i suoi tendini e lo riportano sull’Olimpo, pronto a ricominciare il confronto.

Forse Tifeo avrebbe vinto ancora una volta, ma il fato ci mette lo zampino. Sul monte Nisa le Moire, lo rifocillano con frutti destinati ai mortali. Lui, creatura divina, al contatto diretto con quel cibo, inizia a perdere le forze. Zeus approfitta dell’occasione e ferisce profondamente il gigante che inizia a perdere sangue. Tifone fugge in Sicilia, ma il Re degli dei lo insegue e lo imprigiona per sempre sotto l’Etna.

 

 

 

 

 

l’eruzione del 1957-1958, con prevalenti analoghe manifestazioni presso lo stesso cratere e con effusione lavica anche nella Valle del Leone;

l’eruzione del 1960-1961, con prolungati e talvolta violenti fenomeni tanto al cratere di NE quanto al centrale;

l’attività del 1961-1964, con manifestazioni esplosive ed effusive sia al cratere centrale sia al cratere di NE;

l’attività del 1966-1967, avente all'incirca gli stessi caratteri del periodo precedente;

l’eruzione del 1968, attività esplosivo-effusiva subterminale con colata scaturita sulla parete Ovest della Valle del Bove;

l’eruzione del 1971, le cui lave sul versante Est minacciarono da vicino i centri abitati di Fornazzo e Sant'Alfio e, su quello Sud, distrussero l'Osservatorio Vulcanologico e parte dell'impianto della funivia (per i nuovi piccoli edifici eruttivi formatisi quasi alla base Sud del cono terminale fu proposto il toponimo Crateri Ponte);

 

l’eruzione del 1974, i cui due nuovi conetti esplosivo-effusivi sul medio versante Ovest furono subito detti Monti De Fiore;

l’eruzione del 1975-1976, che diede luogo, fra l'altro, alla formazione di un conetto sull'alto versante Nord, per il quale venne proposto il toponimo Monte Cumin;

l’attività del 1977, con fenomeni esplosivo-effusivi localizzati al cratere di NE;

l’eruzione del 1978, con saltuaria attività al cratere di NE (con lave anche oltre la base di Punta Lucia) e con altre effusioni nella Valle del Bove, le cui colate più basse di spinsero in Val Calanna;

 

l’eruzione del 1979, con notevoli fenomeni esplosivo-effusivi al cratere subterminale di Sud-Est e con lave che dalla Valle del Bove giunsero a minacciare Fornazzo (un evento esplosivo provocò la morte di nove persone, presso la voragine Ovest del cratere centrale);

l’eruzione del 1981 (marzo), le cui fluide lave minacciarono da vicino la città di Randazzo;

l’eruzione del 1983 (marzo-agosto), che provocò gravi danni sul versante Sud. (Va ricordato che in occasione di questo evento venne effettuato il primo tentativo di deviazione della colata lavica con cariche esplosive);

l’eruzione del 1984 (marzo-agosto), con notevoli attività esplosivo-effusive subterminali;

l’eruzione del 1985 (marzo-luglio), le cui lave interessarono in gran parte il settore alto della zona invasa dalle colate del 1983;

l’eruzione del 1985 (dicembre), con colate che interessarono essenzialmente l'alto versante Ovest della Valle del Bove;

l’eruzione del 1986-1987, con attività subterminali (al cratere di Nord-Est e al cratere di Sud-Est) e laterale ancora in Valle del Leone (al nuovo conetto qui formatosi fu dato il toponimo M.te Rittmann);

l’eruzione del 1989 (settembre-ottobre), con forte attività esplosivo-effusiva presso il cratere di Sud-Est e con lave che dall'alta Valle del Bove giunsero a quota 1.100 s.l.m., in territorio di Milo (va ricordato che nello stesso anno notevole allarme destò, fra l'altro, una lunga frattura, non eruttiva, che interessò il versante Sud/Sud-Est fino a quota 1.500 s.l.m.);

l’eruzione del 1991-1993, le cui lave sgorgate nell'alta Valle del Bove minacciarono da vicino la cittadina di Zafferana Etnea (anche in questa occasione furono effettuati vari tentativi di deviazione delle colate con cariche esplosive).

 

 

 

ETNA - MONTAGNOLA mt. 2.900 quota

by Nino Gemmellaro

 

 

 

 

SCIARE SULL'ETNA

 

https://www.mimmorapisarda.it/2023/etna.gif

Sciare su un vulcano attivo, l'Etna, è senza dubbio un'esperienza affascinante e unica. I comprensori dell' Etna sono due, quello di Nicolosi a sud tra i 1910-2700 metri e quello di Piani di Provenzana - Linguaglossa sul versante nord dell'Etna tra i 1800-2317 metri.

Il primo comprensorio, di maggiori dimensioni, si estende da Nicolosi sino ai 2700 metri in località Montagnola comprendendo una telecabina a sei posti, una seggiovia biposto e 3 skilift su 3 piste rosse ed una blu, per lo sci alpino.

La seconda skiarea Conserva Etna Nord Linguaglossa Piano Provenzana è dotata di una seggiovia quadriposto e 3 skilift che servono 4 piste rosse e 2 blu per la discesa.

http://www.etnasci.it/  

 

 

Mentre a Nicolosi il versante è privo di vegetazione, le pinete ricoprono Provenzana da cui si ammira il mare Ionio. Coloro che preferiscono lo sci nordico trovano percorsi naturali designati dall'ente parco e dalla forestale a Piano Vetore (vicino a Nicolosi), a Piano Provenzana e nell'anello nel territorio di Maletto.

L' Etna è alto 3343 metri, ha un raggio di 20 km e presenta una forma conica che offre su tutti i versanti numerose possibilità sci-alpinistiche come l'area dei quattro crateri sommitali raggiungibili sia da Etna Sud sia da Etna Nord fino alla quota di oltre 3300 metri. Si può praticare anche il fuoripista, favorito dall'assenza di crepacci o slavine o farsi condurre sul versante nord con il gatto delle nevi e scendere con gli sci.

Ai piedi dell'Etna, nel parco Monteserra, è aperto tutto l'anno lo Skistadium, una pista artificiale in materiale plastico.

L'altra stazione siciliana è Piano Battaglia.

 fonte: www.dovesciare.it

 

 

 

 

 

 

L'Etna è il vulcano più alto e più attivo d'Europa. L'Etna e' il più imponente vulcano italiano, le sue basi si ergono dalla costa ionica e sorreggono un cono isolato, é la cima più alta d'Italia se si escludono le Alpi. Situato nella parte Est della Sicilia, ha tutto il perimetro di base e parte dei pendii popolati ed urbanizzati da piccoli e medi centri. A soli 30 Km dal vulcano, vi é Catania, grossa città, centro commerciale e marinaro, di 500.000 abitanti. Il vulcano é uno dei più attivi del mondo, a memoria d'uomo lo si ricorda sempre molto attivo, almeno 150 le eruzioni rilevanti registrate. Quelle memorabilmente disastrose sono una decina, la storia ricorda le eruzioni del 475aC, del 396aC, del 36aC, del 1183, del 1329. Una delle peggiori si ebbe nel 1693 in quell'occasione la lava raggiunse e distrusse parte di Catania e moltissimi centri nei dintorni del vulcano. Tra le recenti, quella del 1928, che giunse sino al litorale ionico di Mascali e tra le ultimissime, quella del 1971 distrusse l'Osservatorio Etneo. Tra le più recenti e spettacolari si ricorda quella del 1983. Il monte Etna e' composto da moltissimi crateri, i più attivi sono situati nell'area sommitale : il Cratere N.E., il Cratere S.E., il Cratere Occidentale, la Voragine, Bocca Nuova.

Quest'ultimo cratere é sul fondo perforato da due grandi pozzi, uno, più grande, a NO e l'altro ad Est denominato dalle guide Bocca del 1964. Le eruzioni Etnee si manifestano con esplosioni dai crateri o da bocche che periodicamente si aprono nelle vicinanze della cima, sono prevalentemente effusive e molto spettacolari, i flussi lavici spesso si interessano solo le parti alte del vulcano. Negli ultimi 5 anni l'attività vulcanica è stata solo sommitale e pressoché continua, questo comportamento può protrarsi per diversi anni ancora, culminando nel medio termine in una meno frequente e più pericolosa eruzione laterale. Per il rilevante significato naturalistico geologico e paesaggistico, l'Etna è stato dichiarato: Parco Naturale. Nella mitologia greca l'Etna era considerato come la cucina del Dio Vulcano, ed anche la casa dei Ciclopi, enormi giganti con un solo occhio, Ulisse ne sa qualcosa.

Punto culminante della Sicilia, incappucciato dalla neve nel periodo invernale, l'Etna, ancora attivo, è uno dei più famosi vulcani d'Europa. La sua altezza, continuamente modificata dalle eruzioni, è oggi circa 3350 m s.l.m. L'altro nome dell'Etna, Mongibello, deriva da una errata interpretazione dell'arabo Gebel, monte, cui è stato aggiunto una seconda volta l'appellativo. Etna sarebbe così un suggestivo "due volte monte".

L'Etna nasce da eruzioni sottomarine nella zona di Acitrezza che, in epoca quaternaria (circa 500.000 anni fa), formano anche la Piana di Catania, prima occupata da un golfo. Le eruzioni dell'Etna nell'antichità sono assai numerose, almeno 135. Nel Medioevo il vulcano erutta nel 1329 e nel 1381, seminando il terrore nella gente che vive nella zona. Ma è nel 1669 che ha luogo il cataclisma più terribile: il torrente di lava scende fino al mare devastando in parte Catania al suo passaggio. In epoca più recente le eruzioni più rilevanti sono quelle del 1910 con la formazione di ventitrè nuovi crateri, quella del 1917 quando una fontana di lava zampilla fino ad 800 m al di sopra della sua base, quella del 1923 dopo la quale la lava eruttata resta calda per oltre diciotto mesi.

Le ultime esplosioni di "collera" del vulcano hanno luogo nel 1928 quando una colata, di lava distrugge Mascali, nel 1954, 1964, 1971, 1974, 1978, 1979, 1981, 1983, 1985, 1991, fino a quelle del 2001 e del 2002 ………...

L'Etna mantiene sempre il suo pennacchio di fumo e può in qualsiasi momento entrare in attività.

Tutt'intorno ai crateri, le colate di lava nere se sono recenti, grigie quando invece risalgono a tempi più lontani e cominciano a ricoprirsi di licheni, testimoniano con la loro presenza e, qua e là, con i loro funesti effetti (strade interrotte, edifici distrutti) l'incessante attività del vulcano.

A quasi 3000 m di altitudine, sul versante del cratere centrale, nella zona Torre del Filosofo il cui rifugio è stato distrutto dalla lava nel 1971, appaiono quattro crateri: quello di sud-est, nato nel 1978, l'immenso cratere centrale, quello di nord-est, la cima più alta, la cui attività non si è più manifestata dopo il 1971, e la Bocca Nuova, ultimamente la più attiva.

 

PARCO DELL'ETNA

Istituito nel 1987, il parco copre un'estensione di 59000 ha.

La montagna appare come un enorme cono nero, visibile in un raggio di 250 km. Alla sua base, estremamente fertile, prosperano numerose colture di aranci, mandarini, limoni, olivi, agavi, fichi d'india, nonchè banani, eucalipti, palme, pini marittimi e viti da cui si produce eccellente vino Etna. Tra la vegetazione spontanea, invece, particolarmente presente è l'euforbia arborea. Sopra i 500 m crescono noccioli, mandorli, pistacchi, castagni che più in alto lasciano il posto alle querce, ai faggi, alle betulle ed ai pini, soprattutto nella zona di Linguaglossa (si veda oltre). Il paesaggio a queste quote è inoltre caratterizzato dalla ginestra dell'Etna.

 

 

 

 

Superati i 2100 m di quota ha inizio la zona desertica dove si trova lo spinosanto (Astragalus siculus), piccolo cespuglio spinoso, a cui spesso si trovano associate variopinte varietà endemiche di viole, seneci e altri fiori che popolano le pendici dei crateri secondari. Verso le punte più elevate, la neve e la lava calda per lungo tempo, impediscono la crescita di qualsiasi tipo di vegetazione macroscopica. E' il cosiddetto deserto vulcanico.

 https://flic.kr/p/omoxnt

 

 

 

Il parco dell'Etna ospita anche una fauna variata di piccoli mammiferi (istrici, volpi, gatti selvatici, donnole, martore, ghiri), volatili (gheppi, poiane, fringuelli, picchi, upupe), alcuni rettili, tra cui la vipera, e moltissime farfalle tra le quali spicca l'Aurora deIl'Etna (Anthocharis damone)

Equipaggiamento - Sia per le escursioni a quota più bassa che per quelle che invece raggiungono le altitudini più elevate (si veda oltre) è necessario tener presente che, sebbene ci si trovi in Sicilia, qui la temperatura può raggiungere minime molto basse. E' quindi consigliabile essere equipaggiati con un maglione ed una giacca a vento e calzare scarpe adatte (meglio se scarponcini da trekking, perchè spesso in alto si trova la neve). Chi dovesse arrivare sprovvisto del giusto abbigliamento, può comunque noleggiare giacche a vento e scarpe adatte. Inoltre, dato che il riverbero del sole può essere molto intenso, è meglio essere sempre provvisti di occhiali da sole.

 

 

 

LA FAUNA

All’interno del Parco dell’Etna è possibile incontrare numerose specie di animali, qui ne indichiamo solo alcuni tra i più comuni.

I conigli sono diffusissimi all’interno del parco e se ne possono incontrare in tutte le zone del Parco anche a basse quote e nelle campagne paesi etnei. Le lepri, con le loro orecchie lunghe, invece sono un po’ meno diffuse dei conigli, ma non è difficile incontrale soprattutto nelle zone più distanti dalle auto.

Sono presenti anche le volpi e le donnole. Più rari invece sono gli istrici, i ricci ed il ghiro.

Quasi impossibile da vedere invece il gatto selvatico. Numerosi i rettili con i quali non è improbabile imbattersi: dalla temibile vipera aspis, alle biscie agli “scursuni” (biscioni neri). A medie quote sono presenti anche grossi rospi e ramarri.

Molti anche gli uccelli con la presenza di cincemore, coturnici e colombacci.

Tra i rapaci diurni troviamo lo sparviero, il gheppio, il falco pellegrino, la poiana e l’aquila reale (da segnalare però che un esemplare, forse l’unico, è stato abbattuto da un cacciatore di frodo qualche tempo fa). Tra i notturni il barbagianni, l’assiolo, l’allocco, il gufo comune.

Nel lago Gurrida, unica distesa d’acqua dell’area montana etnea, si possono osservare aironi, anatre ed altri uccelli acquatici.

Numerose specie di farfalle popolano le pendici dell’Etna durante i mesi più caldi. Una menzione particolare va all’aurora dell’Etna (Anthocaris damone). Una farfalla presente in Sicilia e in pochissime altre zone del mediterraneo. Infine non va dimenticato anche un animale domestico caratteristico del vulcano: il cirneco dell’Etna. Simpatico cane da caccia con le sproporzionate orecchie lunghe e larghe.

fonte www.etnasci.it

 

CIRNECO DELL'ETNA

 

Storia

II Cirneco esiste in Sicilia dalle epoche più remote. Dallo studio delle razze mediterranee si deduce che il Cirneco debba trarre le sue origini da antichi cani da caccia allevati in età faraonica nella valle del Nilo e diffusi, in Sicilia dai fenici. Si può anche supporre sulla base di ricerche molto recenti che il Cirneco sia razza autoctona della Sicilia e precisamente della regione Etnea poiché i documentari di monete ed incisioni rivelano come il Cirneco colà esistesse sin da molti secoli prima della venuta di Cristo.

 

Aspetto Generale

Le forme eleganti e slanciate del cirneco non devono intendersi in contrasto con una costruzione comunque robusta, che deve far trasparire quella sana vigoria e forza fisica tipica del cane da lavoro . La testa asciutta e ben cesellata con orecchie perfettamente dritte ( emblema del cirneco ), la canna nasale rettilinea con assi cranio –facciali paralleli o quasi e tartufo allineato. Muso a punta e preferibilmente di lunghezza pari a quella del cranio, occhi in posizione semilaterale con rime ovali. La costruzione quadrata, il garrese alto con linea dorsale dritta in leggera pendenza e la groppa scoscesa. La coda grossa all'attaccatura ed uniforme per quasi l'intera lunghezza, il pelo corto e ben fitto sulle orecchie, sulla testa e sugli arti, semi lungo ma ben liscio ed aderente alla cute sul tronco ed alla coda, di tessitura vitrea. Il piede compatto e di forma rotondeggiante. La conformazione generale è quella di un sub-dolicomorfo con indice toracico di valore ideale 57%. L’altezza del torace (47.5% dell’altezza al garrese) leggermente inferiore all’altezza dal gomito a terra (52.5%) è dovuta alla costruzione del cirneco che deve essere alto sugli arti; tale peculiarità è dovuta essenzialmente alla brevità del braccio rispetto alla spalla e all’avambraccio. Il cirneco deve essere un cane monocromatico: pelo, pelle, mucose, suole, unghie, tartufo e iride più presentano lo stesso tono cromatico più il cane è pregiato. Il colore è fulvo in tutte le sue gradazioni, è ammessa la presenza di bianco nelle zone di elezione ( lista bianca in testa, nel petto, nel ventre, nei piedi e nella punta della coda ). I colori frumentino o mielato-dorato sono quelli più pregiati, il fulvo intenso, tendente quasi al mogano, è tollerato. Il cirneco non deve mostrare paura ingiustificata verso persone o cose che viceversa deve essere imputabile a tare ereditarie, mancanza di riferimenti sociali ed a una non corretta socializzazione. L’andatura è assai caratteristica: il trotto è di tipo ordinario saltellante e rapido, è da penalizzare un movimento radente o allungato. A caccia, ove il terreno lo consente, alterna un trotto rapido a tempi di galoppo non spinto. Particolarmente indicato per la caccia al coniglio selvatico, che cerca e scova in qualsiasi ambiente. Essenzialmente è un cane da cerca e può essere utilizzato anche per la caccia ad altri tipi di selvaggina.

http://www.enci.it/libro-genealogico/razze/cirneco-dell-etna

LE ESCURSIONI

 

Molti sono gli itinerari possibili all'interno del parco, sia percorsi brevi che escursioni più lunghe, più complesse tra cui La Grande Traversata Etnea -GTE- (5 giorni di trekking con tappe dai 12 ai 15 km), sentieri natura e, per i più pigri, la circumetnea sia in auto (si veda oltre) che in treno.

Quest'ultima utilizza il tratto ferroviario che "circumnavigando" l'Etna, parte da Catania ed arriva a Riposto. Da qui, per rientrare a Catania è possibile prendere un autobus.

Per informazioni, rivolgersi allla Ferrovia Circumetnea 095/541246.

Per informazioni dettagliate sui percorsi ci si può rivolgere all'Azienda Provinciale

 

 

 

di Catania tel. 095/317722, all'Azienda di Soggiorno e Turismo di Nicolosi tel 095/911505 o alle Pro Loco dei comuni etnei tra cui Linguaglossa (tel. 095/643094), Zafferana Etnea (tel. 095/70 82825) ed al Gruppo Guide Alpine Etna Sud a Nicolosi tel. 095/7914755).

Questo vulcano, uno dei più attivi del nostro pianeta e il più grande d'Europa, costituisce la principale attrazione della Sicilia. Di facile accesso partendo da Catania e da Taormina, potrete farne il giro, sia in treno, sia in macchina, o meglio, imboccando le strade che ne solcano i fianchi e che permettono poi di effettuare l'ascensione fino alla vetta.

Molto prima dell'arrivo dei Greci. i Siculi onoravano già Adranos "Maestro delle viscere tumultuose della terra" (il cui culto era soprattutto localizzato ad Adrano). I Greci, colpiti dalla violenza dei fenomeni vulcanici, fecero dell'Etna la dimora dei giganti Tifone e Encedade. La loro mitologia fa spesso allusione al vulcano, soggiorno dei ciclopi e di Vulcano,e si contano più di 35 eruzioni disastrose.. La più antica fra le conosciute, è quella del 47 a.c., descritta da Pindaro e da Eschilo nel suo "Prometeo cantenato". 

 

 

Quella del 396 a.c. impedì alla flotta cartaginese di costeggiare la riva tra Naxos e Catania. Durante il medioevo, si registrarono tutta una serie di eruzioni tra cui quella del 1381 che distrusse interamente Catania. La più tragica descritta dal fisico Borelli, ebbe luogo nell 669 e provocò la formazione dei Monti Rossi: il vulcano si squarciò dal cratere fino a Nicolosi, versando un fiume di lava che si spinse fino ad 1 km. nel mare, distruggendo tutto al suo passaggio e uccidendo 20.000 persone. Quello del 1693 fece 60.000 vittime. Il XVIII secolo conobbe 16 eruzioni e il XIX secolo 19. Dall'inizio di questo secolo, l'attività non si è affievolita. Il 27 Maggio 1911, la lava arrivò vicino al fiume Alcantara. Nella notte del 24 Giugno 1917, si osservò un fenomeno unico: dal cratere sgorgava una fontana di lava di circa 800 m. di altezza, e, in pochi minuti, vomitò più di tre milioni di mc di lava. Nel Maggio del 1923, il vulcano si aprì per circa 3 km. tra i 2.000 e i 2.500 m. di altitudine. Il 2 Novembre 1928, da una profonda apertura sgorgarono due cascate di fuoco che distrussero la città di Mascali, e che costituisce l'eruzione più micidiale di questo secolo. Nel 1950-1951 si registrò l'eruzione più lunga. Nel cratere centrale si formarono tre coni esplosivi il più alto dei quali raggiunse i 3.326 m., altezza attuale del vulcano. 

 

 

 

 

 

 

Durante questa eruzione si è valutata in ottocento milioni di mc la quantità di lava emessa. Quella del 1971 distrusse il secondo troncone della teleferica e l'osservatorio vulcanologico. L'attività del vulcano prosegue ogni giorno sotto i nostri occhi. L'immensa Piana di Catania era occupata, un tempo, da un golfo e sono state delle eruzioni sottomarine che hanno provocato l'apparizione dell'Etna. Esso occupa una superficie di 1570 kmq e il suo perimetro è di 65 km. La sua altezza varia secondo le attività eruttive. Essa era di 3.274 m. nel 1900, di 3.269 m. nel 1942 e di 3.326 m. nel 1950. Sui fianchi dell'Etna si distinguono tre zone disposte a ripiani: coltivata, boscosa e desertica. Nella zona coltivata, particolarmente fertile, si trovano vigneti, che producono un vino rinomato, e numerosi alberi di frutta: aranci, limoni e mandarini, che crescono fino a 1.200 m. di altezza; si trovano anche peri e ciliegi fino a 1.500 m. La zona boscosa è coperta da castagni, da faggi e betulle. La zona desertica, che inizia a 2.000 m. presenta un aspetto insolito con i suoi immensi campi di lava e le sue colate di scorie da crateri secondari. Non tutta la vegetazione tuttavia è assente poiché si trovano piante erbacee fino a 3.000 m.

 

IL GIRO DELL'ETNA IN MACCHINA

Circuito di 140km. dalla strada statale n. 114 da Catania a Fiumefreddo, poi la n.120 fino a Randazzo, la n.284 da Randazzo ad Adrano e la n.121 per ritornare a Catania.

Da Catania a Fiumefreddo, seguite la litoranea. A Fiumefreddo imboccate a sinistra la n. 120 che sale sinuosamente offrendo belle vedute sulla costa. A 44 km. Piedimonte Etneo (348 m.) punto di partenza per l'escursione sui Monti Arsi (880 m.). Al km. 50, Linguaglossa (550 m.), centro dell'industria del legno, punto di partenza per le escursioni e ascensioni del vulcano. Le ascensioni verso il cratere, dal versante nord hanno luogo da giugno a ottobre e sono organizzate dalla società STAR , Via Roma, 334. Vi consigliamo vivamente di prendere dalla strada molto pittoresca di Mareneve che conduce alla pineta di Linguaglossa (17 km.) e allo Chalet delle Ginestre, (1.425 m. di altezza, ristorante).

 

 

 Dopo lo chalet, una strada permette di arrivare in 7 km. al Rifugio Pouchoz a 1.800 m. di altezza (scuola italiana di sci, bar). Se avrete seguito questa variante, potrete raggiungere direttamente Randazzo, senza ritornare a Linguaglossa, da una nuova strada sulla sinistra, recentemente aperta e che non figura ancora sulle carte. Da Linguaglossa a Randazzo, 20 km. dalla statale n. 120. Randazzo (13.000 abitanti), situata a 754 m. di altezza, sui versante settentrionale dell'Etna ha perduto molto del  suo carattere durante l'ultima guerra. Un'ora è sufficiente per visitare le tre chiese che sono sfuggite ai bombardamenti del 1943. Arrivando per Via Regina Margherita troverete, sulla destra, Via Umberto che attraversa tutta la città e conduce alla chiesa di S. Maria. Questo edificio, costruito tra il 1217 e il 1239 nello stile normanno, e stato sfigurato nel XIX secolo da una ricostruzione parziale (facciata e campanile). Bisogna farne il giro per scoprirne la parte posteriore e le maestose absidi in pietra di lava. Restano ancora, sui fianchi, i portali del XV secolo. L'interno a tre navate sostenute dalle colonne monolitiche di pietra di lava con capitelli, ospita alcune opere: Fonte battesimale in marmo della scuola del Gagini; nella terza cappella di destra bellissima Crocifissione del XVII secolo (scuola di Messina) e a sinistra, sopra la porta laterale un affresco del XII secolo raffigurante la Vergine. Le altre pitture sono firmate da Velasquez, ma si tratta di un omonimo del celebre pittore spagnolo, Giuseppe Velasquez (1750-1827), originario di Palermo. La sacrestia contiene begli armadi in noce scolpiti, dei secoli XVII e XVIII. Seguendo Via Duca degll Abruzzi, si arriva alla Chiesa di S. Nicolò, dovuto ai Gagini. Davanti al sagrato, statua detta di Randazzo vecchia (1757). Nella stessa strada, al n. 57, subito sulla vostra destra, facciata del Palazzo Finocchiaro (1509) di stile gotico-rinascimentale. Proseguite per questa strada che giunge in Via Umberto e sbocca nei pressi della Chiesa di S. Martino del XIII e XIV secolo (restaurata nel 1966). 

 

 

Essa ha tuttavia conservato il suo bel campanile merlato del XIII secolo, costruito in lava e in calcare bianco. Nell'interno, sulla destra, fonte battesimale, di forma ottagonale in marmo rosso, sostenuto da otto colonne scolpite da A. Riccio da Messina (1447). Nell'ultima cappella di destra, bella statua della Vergine col Bambino di Gagini e, nell'abside di sinistra, grande tabernacolo gotico in marmo molto elaborato. La chiesa conserva anche un tesoro. Da Randazzo potrete fare una escursione nell'interno dell'isola recandovi a Nicosia, a 81 km. per la statale n. 120 molto accidentata. AI km. 13: a destra a 1,6km., ex-abbazia benedettina di S. Maria di Maniace, fondata da Margherita, madre di Guglielmo Il, oggi sontuosa dimora privata. Nella chiesa, soffitto in legno dell'epoca normanna. km. 49: Troina (1120 m. di altezza), località pittoresca.

 

 

La Chiesa Madre di origine normanna è stata trasformata nel XVIII secolo e conserva nel tesoro un anello che sarebbe stato donato dal Conte Ruggero. A fianco, si erge una torre normanna, completata nel XVI secolo con arcate e finestre ogivali. Km. 61: Cerami (970 m.), dominata dalle rovine di un castello. La strada scende verso la Serra di Falco. AI km. 81: Nicosia. Uscendo da Randazzo, lasciate a destra la statale n. 120, per seguire a sinistra la SS 284, che attraversa una regione boscosa e sale verso un bellissimo paesaggio vulcanico, fino a 1.040 m. Splendida discesa verso Maletto (959 m.). Al km. 87: Bronte, centro agricolo di 20.000 abitanti, conosciuto per la sua produzione di pistacchi e pittorescamente disposto a ripiani a 793 m. di altitudine. La città fu devastata a più riprese da colate di lava. Al km. 104: Adrano. Centro agricolo di 32.000 abitanti, situato su un altopiano fertile, sull'area del celebre santuario del Dio Adranos dove si allevavano mute di cani. Dionigi il vecchio scelse questo luogo per stabilirvi una colonia militare incaricata di sorvegliare i paesi siculi. Gli scavi intrapresi nella regione hanno permesso di riportare alla luce numerosi oggetti tra cui una statuetta di bronzo esposta al museo di Siracusa, raffigurante un efebo che offre del vino.

 Feste: Volata dell'angelo il 3 agosto. Nel corso di questa cerimonia si fa volare un bambino travestito da angelo sulla tomba del santo patrono. Diavolata di Pasqua, rappresentazione sacra che si svolge il giorno di Pasqua sulla Piazza Umberto I e che rappresenta la Redenzione dell'Umanità. L'arcangelo Michele, simbolo solare, libera un angelo incatenato, cioé l'Umanità. La Morte si sottomette a lui spezzando il suo arco. Questa "diavoleria di Pasqua" deriva dagli antichi riti propiziatori in onore di Adonis. La visita inizia in Via Roma, lungo il Giardino pubblico della Vittoria. Sulla destra, si erge l'ex monastero di S. Lucia, fondato nel 1158 da Adelasia, nipote del Conte Ruggero. La sua facciata monumentale rifatta nell 596, è interrotta da una chiesa sormontata da due campanili a cupole quadrangolari. L'interno ovale è coperto da una vera vegetazione di stucchi color celeste e dorati. Dall'alto del coro scende un sapiente drappeggio di velluti e di seta ricamata d'oro. Le casse d'organo sono di stile rococò. Non rappresenta più una cappella di convento, ma una vera sala da ballo dove le religiose assistevano alle funzioni dalle loro logge chiuse da un recinto di legno e di metallo, lavorato come un merletto. Un po' più lontano, sulla Piazza Umberto I si innalza il Castello normanno costruito nel XI secolo sotto il regno di Ruggero I, rimaneggiato nel XIV secolo e recentemente restaurato. Questa massiccia costruzione è circondata da un bastione con torrette agli angoli. Essa accoglie il museo archeologico (aperto dalle 9.00 alle 16.00; chiuso il Lunedì) che raduna un importante materiale preistorico, scoperto nella regione. A sinistra del castello si trova la Chiesa Madre, chiesa normanna più volte rimaneggiata e attualmente sfigurata da una orribile facciata moderna incompleta. Uscendo dalla chiesa, imboccate a destra Via Buglio che conduce ai resti della cinta dell'antica città greca (IV secolo a.c.). Uscendo da Adrano, imboccate la statale n. 121 in direzione di Paternò, ma si potrebbe anche raggiungere questa città effettuando un giro più largo per visitare Centuripe a 18 km. Strada da Adrano ad Enna, 70 km. dalla statale n. 121. Questa strada passa da Regalbuto, Agira, Leonforte e permette di visitare anche Centuripe. AI km. 10: strada a sinistra di 8 km. per Centuripe. È una antica cittadina sicula, situata su una collina a 730 m. di distanza tra le vallate del Simeto e del Dittaino, da dove si gode di uno splendido panorama sull'Etna. Essa acquistò soprattutto importanza durante il periodo greco-romano ma fu distrutta da Federico Il e ricostruita nel XVI secolo. 

 

 

Il Municipio racchiude un piccolo museo, in corso di sistemazione (aperto al mattino nelle ore d'ufficio), contenente oggetti trovati nel corso degli scavi. Interessanti sono i vasi a rilievo con decorazione "a tempera". Da Via Umberto I e da Viale Corradino, si perviene ai resti di un mausoleo romano, di epoca imperiale, detto Castello Corradino, da dove si gode di una magnifica veduta sulla Piana di Catania e suIl'Etna. Si possono anche vedere resti di case romane, nel vallone Difesa e nella contrada Panneria, oltre ai resti di un edificio termale nel vallone dei Bagni. Da Centuripe, è possibile raggiungere la statale n. 192 e l'autostrada Catania-Palermo a Catenanuova, 13 km. Ritornate sulla statale n. 121 e proseguite in direzione di Regalbuto (km. 23), grosso paese a 525 m. di altitudine e a 5 km. dal lago artificiale di Pozzillo, creato sul Salso per alimentare una centrale elettrica. AI km. 37: Agira (670 m. di altitudine), città dii 5.000 abitanti, situata sulle pendici di una collina e dominata da un castello medievale. L'antica città sicana d'Agyron, colonia greca dal 339 a.c., ha avuto l'onore di vedere nascere Diodoro Siculo, il primo storico che abbia tentato di scrivere una storia universale, nel I secolo a.c. La Chiesa di 5. Salvatore, in Piazza Roma, con la facciata del XVI secolo e un campanile parzialmente gotico, racchiude un inestimabile tesoro composto da paramenti sacri e da pergamene del XII secolo. Nella Chiesa di 5. Antonio, in Piazza Garibaldi, statua di 5. Silvestro (XVI secolo) e, nel tesoro, pitture su marmo raffigurante l'Adorazione dei Magi. Nelle vicinanze, nella Chiesa di Santa Maria del Gesù, Crocifisso dipinto da Fra Umile da Petralia (1580-1639). AI km. 44: Nissoria. Al km. 50: Leonforte, cittadina fondata all'inizio del XVII secolo dal Principe Branciforte e conosciuta soprattutto per la sua grande fontana (Granfonte) ad arcate, sormontata da un frontone, con 24 zampilli che versano I'acqua in una bella vasca. AI km. 70: Enna. Uscendo da Enna, imboccate la strada statale n. 121 che contorna Biancavilla fondata nel 1480 da famiglie albanesi. Nella Chiesa Madre sono conservate la Madonna dell'Elemosina e una statuetta-reliquario di 5. Zenone, portate dai primi abitanti. La strada attraversa in seguito belle distese di aranceti e passa per S. Maria di Licodia, il cui nome proviene dall'antica abbazia benedettina, attuale sede del municipio. La Chiesa di 5. Maria ha conservato il suo campanile, tardo medioevo, in pietra di lava. km. 120: Paternò. Città di 40.000 abitanti, a 279 m. di altitudine, sopra la vallata del Sineto e dominata da una roccia sulla quale si erge un castello d'origine normanna. Vi si accede salendo per Via Matrice. In cima si trova la Chiesa Madre (5. Maria dell'Alto); a sinistra, altre due chiese in rovina con le rovine dei conventi; a destra, il castello, costruito da Ruggero il Normanno nel 1073, trasformato nel XVI secolo e restaurato nel 1958. Bellissimo panorama sull'Etna. La strada attraversa in seguito la linea ferrata dell'Etna e una colata di lava del 1669. km. 132: Misterbianco città di 5.000 abitanti, che sorge su due colline, dominata da alcune chiese. Km. 140: Arrivo a Catania.

IL GIRO DELL'ETNA IN TRENO

Per le prenotazioni, rivolgetevi alla stazione di Catania o alle agenzie di viaggio. Questa escursione permette di girare intorno all'Etna in treno partendo da Giarre Riposto. Percorso di 114 km. in 4 ore circa. Da Catania potrete arrivare alla stazione di Giarre Riposto sia con treni diretti (35 mn.), sia in autobus. La Ferrovia Circumetnea, passa per Linguaglossa, Randazzo, Maletto, Bronte e Paternò, attraversando zone di vegetazione lussureggiante che si alternano con paesaggi brulli, invase da colate di lava. Avrete costantemente una bella veduta dell'Etna.

 

 

 

LE STRADE DELL'ETNA

Una eccellente rete stradale permette di percorrere il fianco est delI'Etna. Vi diamo due itinerari partendo da Catania. Da Catania a Linguaglossa per Zafferana Etnea, strada di 44 km. Uscite da Catania da Via Etnea e da Piazza Gioieni, svoltate a sinistra per raggiungere Barriera del Bosco, poi a destra per S. Agata Li Battiati. Attraversate il paese e svoltate a destra in direzione di Viagrande. La strada di sinistra conduce a Trecastagni (586 m. di altitudine); al bivio di una strada per Acireale e Nicolosi. La strada passa ai piedi dei crateri secondari dell'Etna e attraversa FIeri, Malpasso e Sarro prima di arrivare a Zafferana Etnea (al km. 23, 595 m. di altitudine). Luogo di villeggiatura sulle pendici del vulcano e centro di escursioni. Da Zafferana, avete la possibilità di arrivare al Rifugio Sapienza, a 1881 m. di altezza, per mezzo di una strada di 22 km. Escursione molto raccomandata, che permette di raggiungere Catania passando da Nicolosi. Se continuate in direzione di Linguaglossa, la strada attraversa la vallata del Bove, da dove si possono andare a vedere, con una guida, le fantastiche muraglie di lava e di tufo che raggiungono talvolta circa 1.000 m. di altezza. Al km. 28: Milo, da dove si scorgono le colate di lava dell'eruzione del 950 che si sono arrestate a soli 300 m. dal centro abitato. Km. 30: Fornazzo (840 m. di altitudine) centro di escursioni da dove una strada, sulla sinistra, permette di salire al Rifugio Citem a 1.741 m. (piste di sci) e di raggiungere Linguaglossa a 30 km. Una strada più breve (14 km.) scende da Fornazzo verso Linguaglossa.

L'ascesa al vulcano può essere effettuata sia dal versante nord che dal versante sud. I due percorsi offrono panorami e caratteristiche diverse.

Più brullo, nero e desertico il percorso che da Nicolosi porta al Rifugio Sapienza, immerso nel verde il tratto che conduce a Piano Provenzana.

Dalla costa al versante sud

Percorso di 45 km con partenza da Acireale - 1/2 giornata ca Diversi sono gli approcci per raggiungere il versante sud del vulcano, quello più brullo, nero di lava frantumata a formare un paesaggio dall'aspetto lunare. Molti sono i paesini da cui si può passare per raggiungerlo e tutti hanno in comune una caratteristica: la pietra lavica a pavimentare le strade, ad ornare portali e finestre delle case, a creare mascheroni resi più minacciosi dal colore scuro, a sottolineare le linee delle chiese.

Nicolosi è considerata la porta dell'Etna. Qui hanno sede le guide Alpine Etna Sud (tel. 095/7914755) e da qui si snoda la bella strada che conduce fino al Rifugio Sapienza, luogo di partenza per le escursioni al cratere.

Verso la cima dell'Etna - Il percorso permette di scoprire un volto inusuale e proietta il visitatore in unta dimensione quasi fantastica, ove le note dominanti sono il nero della lava e l'azzurro del cielo con, qua e la, qualche spruzzo bianco di neve.

Prima di giungere al rifugio, un'indicazione segnala i Crateri Silvestri, una brevissima passeggiata a quota 1886 m. ma che ci catapulta sulla luna, con i suoi crateri.

 

Ascesa al versante sud - L'escursione si svolge parte in funivia (dal Rifugio Sapienza) fino a 1923 m, parte in fuoristrada (fino a 2608 m).

L'ultimo tratto a piedi. Per ragioni di sicurezza non è più possibile avvicinarsi alla bocca centrale. Si giunge però, dopo un breve cammino, ad una zona "calda", in cui la terra fuma.

La gita prevede anche una sosta in fuoristrada nei pressi della Valle del Bove, vasta zona depressa (da qui l'appellativo valle) delineata da muraglie di lava alte fino a 1000 m in cui si aprono crepacci e voragini. La zona è stata spesso teatro di eruzioni di cui alcune particolarmente pericolose, in cui la lava è riuscita a raggiungere i centri abitati (1852, 1950, 1979 e 1991).

Il versante nord-orientale. Percorso di 62 km con partenza da Linguaglossa - 1 giornata.

Linguaglossa - Il paese, letteramente due volte lingua (Glossa in greco) testimonia, nell'ipotesi più intrigante, la sua posizione "calda" proprio sulle pendici

dell'Etna che spesso furono invase da sciare di lava incandescente. La piazza centrale è caratterizzata dalla presenza della Chiesa Madre, in pietra lavica e arenaria. All'interno, si può ammirare un bel coro ligneo del 1728 con scene della vita di Cristo.

La Pro Loco di Linguaglossa, lungo la via principale del paese, funge da principale punto di riferimento per le escursioni sull'Etna. Materiale e pannelli esplicativi all'interno della sede aiutano a conoscere il parco ed il vulcano, a programmare le gite.

Lungo la strada Mareneve, fiancheggiata da una bella pineta di pini lanci, si giunge fino a Piano Provenzana dove si può lasciare la vettura per effettuare l'escursione ai crateri sommitali.

 

 

 

Ascesa al versante nord - In un bellissimo percorso, il pulmino fuoristrada raggiunge i 3000 m ca di altitudine. Su questo versante è stato installato il nuovo osservatorio che ha sostituito quello distrutto dalla lava durante l'eruzione del 1971 (durata 69 giorni) che ha interessato sia il versante sud (ove oltre all'osservatorio viene "cancellata" la vecchia funivia), che il versante orientale ove la colata lavica arriva a minacciare alcuni centri abitati (Fornazzo, Milo) per fermarsi a circa 7 km dal mare. Dalle vicinanze dell'osservatorio, a 2750 m ca, si gode di una magnifica vista. Si prosegue poi fino a quota 3000. Qui si abbandona il fuoristrada per procedere a piedi e vedere da vicino quelle terribili sbuffanti bocche che a seconda del loro umore decidono di risparmiare le terre attorno o di mondane di una sciara, o di fuoco vivo. Il percorso varia a seconda dei capricci del vulcano. Lungo il ritorno, viene effettuata una sosta a 2400 m d'altitudine, per vedere i crateri protagonisti dell'eruzione del 1809.

La strada orientale - Una volta ritornati a Piano Provenzana si può proseguire lungo la strada panoramica Mareneve che costeggia la zona sommitale dal lato est. Sulle basse pendici del versante orientale dell'Etna, si trovano numerosi paesini agricoli che sfruttano la fertilità del suolo vulcanico per coltivare vite ed agrumi. In località Fornazzo, appena prima di immettersi sulla strada che collega Linguaglossa con Zafferana Etnea, si giunge fino all'incredibile colata lavica che, nel 1979, ha "rispettato" la piccola Cappella del Sacro Cuore (sulla sinistra) sebbene addossandosi ad uno dei muri e riuscendo a penetrare un poco all'interno: Oggi è meta dei numerosi fedeli che vedono in questo un evento miracoloso e vi portano numerosi ex-voto. Da Fornazzo una breve deviazione sulla sinistra permette di raggiungere Sant'Alfio. Ritornare in direzione Fornazzo e proseguire a sinistra verso Milo. Proseguire in direzione di Zafferana Etnea e raggiungere Trecastagni e poi Nicolosi per poi proseguire sul versante sud o verso Catania.

 

eruzione 18.1.2021

 

 

L'Eruzione del 1669

 

Quella del 1669 è la più grande eruzione laterale avvenuta in epoca storica. Dalla fenditura prodottasi in quei giorni sgorgò una delle più disastrose colate laviche che la storia etnea ricordi; la colata che stravolse il versante sud-orientale del vulcano distrusse non solo numerosi centri abitati ma gran parte della stessa città di Catania. Una enorme tragedia vissuta dalle genti dell'Etna e che segnò inesorabilmente la vita di decine di migliaia di persone.

A partire dal giorno 8 marzo sino alle ore 06.00 dell'11 marzo 1669 una sequenza impressionante di terremoti interessò l'area compresa tra gli abitati di Nicolosi, Pedara, Trecastagni, Mascalucia e Gravina causando notevolissimi danni alle abitazioni. L'11 marzo accompagnata da sinistri rimbombi si aprì una fenditura profondissima e larga circa 2 m. che si estendeva da Piano S. Leo (circa 6 km. dall'abitato di Nicolosi) sino alla sommità dell'Etna. Quella stessa mattina nel pianoro sottostante il monte Nocilla (2 km a Nord-Ovest di Nicolosi) si aprì un'enorme voragine da cui proruppero globi di cenere e blocchi accompagnati da …grandi tuoni, fragori, e tremuoti….durante lo stesso giorno si aprirono altre voragini allineate lungo la medesima direzione dalle quali si …cacciava con urli, e strepiti spaventosissimi un denso fumo nero. Dopo il tramonto, si aprì un'enorme voragine che nella notte cominciò a vomitare un gran profluvio di liquidi sassi, che all'aspetto dell'aria acquistando durezza, e tetro rosseggiante colore di schiumoso ferro, formavano quel vario misto che la lava si appella….

Nel frattempo, alle bocche (attuali Monti Rossi) l'accumulo dei brandelli lavici lanciati in aria dalle esplosioni aveva formato un monte bicorne alto 50 piedi. L'attività esplosiva di questo monte fu talmente violenta che le ceneri vulcaniche spinte dai venti raggiunsero non solo le contrade meridionali della Sicilia ma anche molte zone della Calabria. Questo cratere bicorne, che crebbe come un malefico bubbone in corrispondenza delle bocche effusive del 1669, fu per tanto tempo denominato Monti della Ruina. Il tempo ha steso un velo di oblio su di esso rendendolo parte integrante del paesaggio geografico e su di esso é stata impiantata una verde pineta. Ai suoi piedi oggi si gioca e si passeggia, si recita e si amoreggia. Pochi ricordano però che esso è una sorta di santuario, un posto dove Madre Natura ha scritto con lettere di fuoco, una delle pagine più drammatiche della storia etnea.

Giorno 25 marzo, un fortissimo terremoto distrusse parzialmente il cratere centrale che, sollevando un'altissima colonna di ceneri, crollò al suo interno.

Nel frattempo le colate laviche scaturite andarono espandendosi in diverse direzioni divorando Malpasso, Mascalucia, S. Pietro Clarenza, Camporotondo, San Giovanni Galermo e Valcorrente.

Il 29 marzo 1669, 2 bracci circondarono Misterbianco e la sera del 30 la lava distrusse quasi tutte le abitazioni.

Il giorno 1 aprile 1669 le lave si trovavano a 2 miglia ad occidente della cinta muraria di Catania; avvicinandosi la colata investì dapprima la borgata di Cibali e ricoprì il pianoro del lago di Nicito nei pressi del Bastione degli infetti. La lava abbatté un antico acquedotto e molti altri monumenti per scavalcare poi le mura di cinta della città; dopo aver distrutto la parte sud-occidentale di Catania, le lave raggiunsero il mare alle due di notte del 23 aprile 1669.

 

 

Il suo pauroso fronte, largo ben 2 miglia ed alto più di dodici metri, fece avanzare la costa di oltre un miglio.

Giorno 9 giugno 1669 nella zona di Nesima si aprì una bocca effimera dalla quale sgorgò una copiosa colata lavica che circondò il Castello Ursino (che allora dominava la costa) per riversarsi poi in mare a formare una sorta di promontorio.

L'eruzione cessò del tutto verso la metà di luglio dopo che lava, scaturita dalle bocche eruttive poste a circa 820 m. s.l.m. aveva raggiunto il mare e aver emesso quasi un miliardo di metri cubi di lava.

Nell'immaginario collettivo delle popolazioni del versante meridionale dell'Etna e degli abitanti di Belpasso e Paternò, anche se per motivi diversi, è ancora presente il triste ricordo della grande eruzione iniziata l'11 marzo 1669 e conclusasi dopo 122 giorni. Un fiume di fuoco lungo 16 km rese sterile oltre 38 kmq di territorio, distrusse migliaia di costruzioni e con oltre 970 milioni di metri cubi di lave seppellì 16 centri abitati minori e parzialmente distrusse la città di Catania.

 

 

 

Il 20 marzo 1669 come descrittoci dal Canonico Alessi, "…l'infocato profluvio giunse a Malpasso, abitato da 8000 persone e nell'arco di 20 ore fu tutto ricolmo da quel fiume di fuoco e dagli ammassati sassi…". Ricostruito più in basso con il nome di Fenicia Moncada venne distrutto dal terremoto del 1693. Riedificato nello stesso luogo, dal 1695 prende il nome di Belpasso.

Quest'eruzione è nota anche per il primo tentativo documentato di deviazione di una colata. La lava che aveva scavalcato le mura di Catania fu infatti deviata tramite barriere di terra, sassi e macerie delle case crollate.

Ma ancora più sorprendente per quel tempo, fu il tentativo effettuato da un manipolo di temerari guidati dal sacerdote Don Diego Pappalardo, effettuato nei pressi di Malpasso; con incredibile audacia, tentarono infatti di praticare una breccia nell'argine della colata. Coperti con velli di bue bagnate d'acqua, attraverso delle aste di ferro, riuscirono ad arrivare al cuore del canale, tanto che il liquido fuoco si riversò lateralmente iniziando a scorrere nella campagna circostante per notabile spazio. Avrebbero potuto continuare nella loro opera se non fossero stati bloccati dagli inferociti abitanti di Paternò, preoccupati della possibile invasione del loro paese a causa dell'intervento operato.

Che si lasci correre il fuoco laddove la Provvidenza l'ha destinato.

 

 

 

 

I Rifugi dell'Etna

di Pietro Nicosia - In Viaggio - supplemento a La Sicilia

Un viaggio tra i sentieri meno battuti del Vulcano siciliano, alla ricerca di un riparo dove trascorrere una vacanza nel segno della natura. Poche regole comuni e un'attrezzatura adeguata per una villeggiatura in economia, ospiti dell'Azienda Foreste Demaniali, del CAI o di qualche privato intraprendente
 

 

Rifugi aperti e gratuiti.
Gli escursionisti che frequentano l'Etna conoscono la Pista Altomontana, la strada che unisce i due versanti del vulcano (sud e nord) da Serra la Nave alla Mareneve. Si tratta di una via montana, lunga 36 chilometri, in cui sono presenti diversi rifugi aperti in ogni periodo dell'anno, curati dal Demanio Forestale e destinati alla fruizione libera.
Per raggiungerli si può compiere la direttiva da Sud a Nord (o viceversa) o utilizzare altri sentieri che prendono il via dai centri dei versanti ovest e nord dell'Etna (Adrano, Bronte, Maletto, Randazzo). Per soggiornarvi bisogna portare con sé il sacco a pelo e tutto il materiale necessario: provviste, pentolino, acqua, fiammiferi e un sistema per accendere il camino. La legnaia si trova accanto al locale principale (opportuno informarsi preventivamente con il Demanio Forestale sulla presenza di legna). I rifugi non sono dotati d'acqua potabile, anche se alcuni all'esterno hanno una fontanella da cui scorre acqua di montagna; tutti hanno il pozzo.
 
L'Altomontana si raggiunge dalla Provinciale 92 nel tratto Nicolosi - Rifugio Sapienza, svoltando per Piano Vetore (Grande Albergo del Parco o Chiesa Santa Maria della Neve); il cancello d'ingresso, in Contrada Serra la Nave, si trova dopo meno di due chilometri ed è contrassegnato da un obelisco in pietra lavica. Dall'altro versante si accede dalla Strada Mareneve (Linguaglossa - Piano Provenzana) all'altezza del rifugio Brunek.
Più vicini all'ingresso di Serra la Nave sono il rifugio della Galvarina (km. 6 dall'inizio, 1850 metri s.l.m.) ed il rifugio di Poggio la Caccia (km. 7.5, 1900 metri d'altitudine), raggiungibili anche da Adrano Monte Intraleo. Più distante la baita di Monte Scavo (11 chilometri dall'inizio, 1700 metri d'altezza) che può essere traguardata anche da Piano delle Ginestre (Bronte). Per il rifugio di Monte Maletto (15 chilometri da Serra la Nave, metri 1650 s.l.m.), dall'Altomontana si segue una pista che conduce sino alla vetta del monte; il rifugio si trova dopo circa un chilometro.
Può essere raggiunto anche da Maletto tramite la strada Bosco Chiuso Case Pappalardo (dalla statale 284 per Randazzo in Contrada Fontana Murata). A ridosso dell'Altomontana (km. 16 dall'inizio, 1450 metri d'altezza) è il rifugio la Nave, raggiungibile anche da Maletto tramite la Ss 284 (da Contrada Fontana Murata). A Monte Spagnolo (m. 1400 s.l.m., 20 chilometri da Serra la Nave, raggiungibile anche da Randazzo Rocca Mandorla) vi sono due locali vicini: il primo è di pertinenza forestale, l'altro, più piccolo, è fruibile. Da qui in poi, almeno in inverno, consigliamo di accedere dal cancello forestale di Contrada Pirao, al quale si arriva dalla panoramica Randazzo Linguaglossa.
Non distante è il Saletti (m. 1400 s.l.m. a circa 7 chilometri); a circa sette chilometri si trova la baita di Monte Santa Maria (1600 metri d'altitudine). Da qui la Mareneve, all'altezza del Brunek, dista circa 10 chilometri.
Fra gli altri rifugi fruibili gratuitamente segnaliamo quello di Monte Baracca (rivolgersi al CAI di Linguaglossa), raggiungibile tramite un sentiero dai due Monti; e la Capanna CAI di Linguaglossa a Monte Nero delle Concazze, obiettivo di chi pratica sci alpinismo.
Rifugi con canone.
L'Azienda Foreste Demaniali mette a disposizione alcuni locali che vengono ceduti versando un piccolo canone giornaliero complessivo (non a persona), previa richiesta di concessione all'Azienda. Sull'Etna ve ne sono tre, nei quali si pernotta con il sacco a pelo.
Nel versante sud, a 1700 metri in territorio di Ragalna, si trova il rifugio Carpinteri (ad un chilometro dal cancello forestale di Serra la Nave descritto in precedenza). Il costo del canone è di 7 Euro al giorno. Può ospitare 7 persone e non è dotato di servizi igienici. Nel versante est, a 1773 metri d'altitudine, si trova il rifugio S.E.S. (Società Escursionistica Siciliana), che viene concesso con un canone di 8 euro. Si raggiunge dalla Mareneve tramite un sentiero che attraversa la Pineta della Cubania.
Nell'area nord, a 1219 metri in territorio di Maletto, si trova il rifugio di Bosco Chiuso (euro 6.97), raggiungibile comodamente in auto dalla Ss 284 Maletto Randazzo svoltando verso monte in Contrada Fontana Murata. È dotato di servizi igienici, punto cottura e può ospitare 10 persone.
Rifugi come alberghi.
Nel versante nord, sulla Mareneve, a 13 chilometri da Linguaglossa e a 1450 metri d'altezza, nel punto in cui inizia la Pista Altomontana e poco distanti dalle piste da sci, si trovano due strutture: il rifugio Ragabo (camere doppie e quadruple con bagno e tv), ed il rifugio Brunek, di proprietà del Comune di Linguaglossa e affidato in gestione ad una società, che ha 5 camere con 12 letti e 2 bagni in comune.
Nel versante nord-est a 1700 metri dal 1935 il rifugio Citelli (di proprietà del Club Alpino di Catania) è un
punto di riferimento nell'escursionismo e nello sci. Nato per sferrare l'attacco finale alla cima del vulcano, è raggiungibile dalla Mareneve. Il Citelli è stato appena ristrutturato e offre 6 camere e 10 posti letto con bagni in comune. A Serra la Nave si trova il rifugio Ariel (m. 1700 s.l.m., nei pressi della Pista Altomontana e delle piste da fondo), con 20 posti letto divisi in camere doppie e camerate.
Infine il rifugio dei rifugi: il Sapienza, anch'esso di proprietà del CAI di Catania. Completato nel 1947, è il simbolo della tenacia degli etnei dinanzi alla forza della "Muntagna". Ubicato nel sito turistico Etna-Sud, a pochi metri dalle piste da sci, oggi è un hotel in piena regola con stanze, arredate in stile alpino, singole, doppie e triple dotate di bagno e tv in camera. Incommensurabile il panorama che si ammira dalle sue finestre poste a 1900 metri che spazia, con un unico colpo d'occhio, dal Mar d'Africa alle coste della Calabria.

 

 

numeri utili
AZIENDA FORESTE DEMANIALI Via Etnea 353  - Catania  www.regione.sicilia.it/Agricolturaeforeste/Azforeste/
  Tel. 095.7282211 329.0036136 (numero di servizio)
CAI CATANIA Via Messina 593/A Catania www.caicatania.it  Tel. 095.7153515
CAI LINGUAGLOSSA Piazza Municipio - Linguaglossa (CT) info@cailinguaglossa.com tel. 3495354987 www.cailinguaglossa.com

RIFUGIO RAGABO strada Mareneve - Linguaglossa (CT) www.ragabo.it Tel. 095.647841 - 339.6150989
BRUNEK strada Mareneve - Linguaglossa (CT) www.rifugio-brunek.it
 Tel. 095.643015 349.8895578
RIFUGIO ARIEL Contrada Serra La Nave Ragalna (CT) www.rifugioariel.it
 Tel. 393.8478621 

RIFUGIO CITELLI Contrada Citelli - Sant’Alfio (CT) www.rifugiocitelli.net Tel. 095.930000 - 348.9546409
RIFUGIO SAPIENZA Piazzale Rifugio Sapienza Etna Sud Nicolosi (CT) www.rifugiosapienza.com Tel. 095915321


 

Percorsi trekking e mountain bike sui sentieri natura

Il tempo scorre lento e scandito da piccoli e semplici gesti quotidiani nel piccolo centro di Roccella Valdemone, arroccato a 825 metri d’altezza sul livello del mare, ai piedi della rocca, chiamata Rocca granni, denominato anche la terrazza dell’Alcantara, dominando la Valle sottostante e con la maestosa Etna che si erge di fronte.

L’abitato è diviso in quattro quartieri che assumono nomi diversi, a seconda della loro allocazione, quali: a cruci, u quartieri ra chiazza, u baglittu ed il quartiere di Santa Maria.

La strada principale è la via Umberto I in cui sorge il Municipio, l’ufficio postale ed alcuni bar, punto di ritrovo e di incontro per i roccellesi, che arriva fino al cuore del paese, la principale piazza Duomo su cui si affacciano la Chiesa Matrice e il palazzo Spadafora, del quale non si conosce l’esatta data di costruzione, ma che fu sicuramente dimora dei principi Spadafora, primi feudatari di Roccella, sul quale, al centro della porta, si nota lo stemma di famiglia datato 1810.

Oltre la Chiesa Matrice, dedicata a San roccellesi che proprio lo scorso 1 agosto ha festeggiato i 60 anni di sacerdozio.

A fare gli onori di casa è il sindaco, Nino Pillera, eletto nel 2012, che invita a visitare Roccella Valdemone ed a soggiornarvi per potervi trascorrere giorni tranquilli e sereni tra la quiete del luogo, garantendo accoglienza e ospitalità, godendo della singolarità del paesaggio e degustando i prodotti tipici quali il formaggio, la ricotta e la carne di castrato e le caratteristiche pesche, non trattate con prodotti chimici. Nella parte più alta del paese si sviluppano estesi noccioleti, mente scendendo più a valle si coltivano peschi, ulivi, peri, meli ed ortaggi. Variegata l’offerta che arriva dalla terra come asparagi, origano, funghi, more, carciofi selvatici e sparacogni, una varietà di erba

selvatica dal sapore particolare che crescono spontaneamente nei boschi.

Roccella Valdemone, che conta circa 750 abitanti, fa delle risorse della terra fonte di guadagno e di investimento, puntando sull’agricoltura e sulla pastorizia da cui si ricavano esclusivi prodotti caseari. Un paese a misura d’uomo, in cui vengono garantiti i servizi essenziali come la refezione scolastica, il trasporto degli alunni, l’assistenza domiciliare agli anziani e viene inoltre praticata la raccolta differenziata.

Tra i progetti di prossima attuazione da parte dell’Amministrazione Pillera vi è il recupero della sorgente di Palazzolo, situata a circa 1.100 metri, per far scorrere dai rubinetti delle civili abitazioni

acqua potabile pura ed incontaminata.

Il Comune di Roccella, dispone inoltre di alcune case-albergo, gestite direttamente dall’Ente ed offre la possibilità di effettuare percorsi di trekking e mountainbike tra i sentieri naturalistici ed è meta ambita per gli appassionati che compiono battute di caccia e per numerosi gruppi di scout che scelgono il parco sub urbano per i loro campi. Ma per Roccella sono allo studio nuove strade per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale come il riconoscimento del marchio Dop per la ricotta ‘nfurnata (al forno) e l’incentivazione di attività ricettive. Recente l’apertura di un nuovo agriturismo, “La Valle dell’Etna”, che offre la degustazione di prodotti e vini tipici e pizza cotta in forno a legna.

FRANCESCA GULLOTTA

 

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da Centuripe

 

 

 

 

 

 

 

 

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