Proseguendo la
navigazione verso nord, si incontra la bella baia di Capo
Mulini (peccato per qualche complesso alberghiero di
troppo), la Torre del faro o di S. Anna, a pianta quadrata e
sempre in materiale lavico, e il settecentesco Torriglione
(Torre Alessandrano): su questo tratto di costa sono
fittissime le coltivazioni di agrumi (la costa è detta anche
“dei Limoni”), fino al balzo improvviso della Timpa, una
scogliera vulcanica un tempo difesa dai pirati, oggi Riserva
naturale.
Se
Catania è la regina del Barocco della costa ionica, allora
Acireale, giusto a 15 km a nord, deve essere riconosciuta
come la Principessa, giacendo regalmente guardando al mare,
posizionata in una grande terrazza di lava.
Vista dal mare,
questa terrazza spunta come un monte verde, un molo roccioso
riflesso nelle cristalline acque dello Jonio, un muro di
antica lava che riposa in un piedistallo acquatico, un
insieme della verdura del Mediterraneo immersa nel mare per
essere tenuta sempre fresca.
L'alto monte con
un altezza di oltre 140 metri corre parallelamente verso il
mare per 7 chilometri, cominciando a Capomulini e
continuando con i monti di Don Masi, Santa Caterina e Santa
Maria la Scala, finendo di fronte Santa Tecla. Il monte è
composto di sedimenti almeno le ultime due maggiori
eruzioni, e la sua vegetazione include alberi di ortica,
oleandri e carrube. La lava è colorata di arancione
dall'acqua piena di metallo, formando una fonte che corre in
una piccola baia, un punto di frequente ancoraggio per gli
yatch.
Una cattedrale
di lava lungo il mare si fonde con i bastioni delle fortezze
del 17° secolo di Tocco, che possono essere difficilmente
distinguibili tra le terrazze di lava vulcanica.
La leggenda
narra che l'insistenza del nome Aci, caratterizzante ben
sette località, derivi dall'ampia eco avuta dalle sfortunate
vicende amorose del bel pastore Aci e della neride Galatea
che di lui s'innamorò suscitando l'ira del ciclope Polifemo.
Questi, folle di gelosia e di dispetto, si liberò del rivale
scagliandogli contro, dalle vertiginose altezze del
Mongibello (oggi Etna), sua infernale dimora, un enorme
macigno che sommerse l'amante sfortunato.
Il sommo Giove,
impietosito dal dolore di Galatea, volle tramutare l'amore
dei due giovani in un gaio e imperituro fiumicello. Ma il
fiume non ebbe miglior sorte del pastore, se è vero - come
vuole un'altra credenza - che il nome deriva invece alle
località dal fatto d'essere state, un tempo, tutte lambite
dalle acque del fiume Aci, sommerso dalle tante eruzioni
dell'Etna che si sono succedute nei secoli.
Per gli storici,
il toponimo comune risale alla migrazione cui il terremoto
del 1169 costrinse gli abitanti della località fondata dai
Greci e successivamente detta Akis dai Romani. Questi
lasciarono l'originario insediamento e diedero luogo a
diverse borgate che conservarono nella loro denominazione
l'eponimo di Aci.
La storia del
comune di Acireale è discontinua, segnata dai terremoti e
dalle eruzioni dell'Etna che più volte hanno sconvolto
l'assetto del territorio, l'ultimo dei quali fu il
catastrofico sisma del 1693. Alla fervida attività di
ricostruzione post terremoto si deve la sua attuale veste
barocca.
Nel 1873 furono
costruiti, per iniziativa del barone Agostino Pennisi di
Floristella, gli edifici delle Terme di S.Venera (consulta
il sito http://www.terme-acireale.com ), di pregevole
fattura neoclassicheggiante e del Grand Hotel des Bains, che
divennero presto un punto di attrazione di rilievo europeo.
Le acque di
Acireale, classificate come sulfuree salsobromoiodiche
radioattive e ricche di idrogeno solforato presentano delle
eccellenti virtù terapeutiche. Allo stabilimento fu
affiancato nel 1987 quello di S. Caterina. Lo stabilimento
attuale ospita un centro medico idrologico dove, attraverso
bagni, fanghi e inalazioni, vengono curate malattie
reumatiche e osteoarticolari, otorinolaringoiatriche
dell'apparato respiratorio, angiologiche e dermatologiche;
inoltre, vi è un reparto di fisiokinesiterapia per i
trattamenti riabilitativi.
Ad Acireale si
celebrano solennemente i Santi Venera e Sebastiano.
Alla prima,
Patrona della città, vissuta nel II sec, gli acesi dedicano
i festeggiamenti per ragioni climatiche il 26 luglio anziché
il 14 novembre. Il seicentesco fercolo d'argento della Santa
viene portato in processione per le vie cittadine,
accompagnato dalle Cannalore, alti legni intagliati e
decorati portati a spalla dai rappresentanti delle antiche
corporazioni di arti e mestieri.
Ma il principale
evento religioso della città è la Festa di San Sebastiano
(20 gennaio), il guerriero romano reso martire da
Diocleziano cui si attribuisce il potere di proteggere le
popolazioni dall'epidemia della peste. Infatti, gli antichi
credevano che Dio scagliasse dal Cielo i dardi della peste
per punire gli uomini e, poiché Sebastiano riuscì a
sopravvivere al supplizio delle frecce, si riteneva ch'egli
sapesse sconfiggere con le sue preghiere la terribile
malattia.
Acireale,
inoltre, è famosa per il Teatro dell'Opera dei Pupi.
Attualmente, la tradizione è continuata da due compagnie,
entrambe presenti da lunga data nel panorama artistico della
città.
La tradizione
marionettistica siciliana, di cui dà testimonianza già il
greco Senofonte, ha radici molto antiche, che si intrecciano
con più tarde forme di letteratura popolare orale, quali 'u
cuntu e 'a vastasata. Il repertorio maggiore trae, com'è
noto, spunto dal ciclo carolingio della Chancons de geste,
rivisitato però con spirito e motivi tutti siciliani.
Ad Acireale
quest'arte popolare conobbe, grazie al puparo Mariano
Pennisi, e poi soprattutto al figlio adottivo di questi,
Emanuele Macrì, una stagione di successi e fama
internazionale. Si davano addirittura 360 spettacoli l'anno,
in una sorta di serial costruito intorno alle vicende di
Carlo Magno, Orlando, Rinaldo, Brandimarte, etc, che veniva
seguito quotidianamente dal pubblico.
Il Teatro dei
Pupi piace moltissimo ai bambini che assistono agli
spettacoli con una partecipazione ed un calore straordinari,
affascinati dalle sete fruscianti dei costumi dei Pupi e
delle loro corazze scintillanti e catturati dall'abilità
dell'attore che dà la "voce" agli eroi.
Chi viene ad
Acireale deve, inoltre visitare il Presepe settecentesco.
Nel primissimo tratto della Provinciale Acireale-Riposto,
sulla sinistra, è sita la Chiesa di Santa Maria della Neve,
cui è annesso il bellissimo Presepe, realizzato in un antro
di origine lavica per volontà del canonico Mariano Valerio.
Questi nel 1741, fu sorpreso dal maltempo mentre era per via
in compagnia di quattro sacerdoti coi quali si rifugiò
nell'ampia caverna, solitamente frequentata da ladroni e
malviventi che vi si nascondevano. Il canonico rimase
affascinato dalla bellezza del luogo, che gli rievocava la
grotta di Betlemme, e decise di farvi allestire un presepe.
L'esecuzione delle statue, a grandezza naturale, fu affidata
all'acese Mariano Cormaci e poi ultimata dal romano Santi
Gagliani.
Si tratta di manichini in legno, minuziosamente
abbigliati e con il volto e le mani in cera lavorata con
risultati stupefacenti per la bellezza dell'incarnato e
l'espressività dei visi.L'atmosfera mistica del presepe
contribuisce alla creazione di uno scenario suggestivo, e
tuttavia scrupolosamente realistico, animato da pastori e
contadine, ma anche da graziosi animali, posti intorno alla
Sacra Famiglia, e completato da ricche ceste di frutta,
arnesi tipici della civiltà contadina ed artigiana e altri
oggetti dell'epoca. Durante le festività natalizie, il
presepe è meta di un vero e proprio pellegrinaggio.
Per chi volesse
soggiornare ad Acireale, quindi, il periodo più favorevole
è… tutto l'anno! Il clima, il mare, le Terme, la cultura, il
Carnevale e la vicinanza con l'Etna e Taormina, permettono
un sicuro divertimento in tutte le stagioni.
Il più
bel Carnevale di Sicilia
Il Carnevale e'
il lungo periodo festivo che precede il digiuno quaresimale
nei paesi a tradizione cattolica. Si e' creduto per molto
tempo che l'origine del termine "carnevale" fosse derivato
da "carne levare". L'opinione piu' diffusa e' invece che il
carnevale rappresenti un adattamento cristiano di antiche
cerimonie purificatrici pagane.
La ricostruzione
storica del carnevale, in una citta' come Acireale, e'
alquanto complessa. Da alcuni documenti, quali mandati di
pagamento, si ha certezza che tale ricorrenza venisse già
festeggiata alla fine del XVI secolo. E' del 1594 il
documento piu' antico sul carnevale acese (mandati di
pagamento, vol. II, 1586-1595, libro 6 foglio 72v).
Un documento
risalente al 1612 prova addirittura che durante il carnevale
acese vi era l'abitudine di giocare tirando arance e limoni.
Infatti in tale documento è bandita questa possibilità, ma
la popolazione acese continuo' in tale pratica ancora per
molti anni, così come risulta da altri documenti. Questa
abitudine e' ancora presente ad Ivrea, dove durante il
carnevale si svolge la conosciutissima "battaglia delle
arance".
Nel XVII secolo
in Sicilia si ha la comparsa di una maschera con
caratteristiche ben definite: l'Abbatazzu, chiamato anche
Pueta Minutizzu. La persona mimava nobili o ecclesiastici,
portando un grosso libro, da cui facendo finta di leggere,
sentenziava battute satiriche e sfottenti.
Nel 1693 a
seguito del terremoto venne proibita ogni pratica
carnascialesca e cio' segna la linea di frattura fra il
carnevale acese del '600 e quello che sorgera' nel '700
(Cherubino Aliotta, Le tre corone, Catania 1693).
Nel XVIII secolo
la tradizione venne ripresa. Spuntano altre maschere, ed
all'Abbatazzu si affiancano i Baruni con l'intento di
prendere in giro l'aristocrazia: difatti la maschera era
costruita da un costume rassomigliante ad un abito nobiliare
ma chiaramente irridente. Altra maschera erano i Manti,
costume con molti fronzoli che aveva il solo scopo di far
mantenere l'anonimato a chi l'indossava.
Il XXI secolo e'
il secolo della cassariata, cioe' la sfilata delle carrozze
(landaus) dei nobili che lanciavano alla gente dei confetti
multicolori. Successivamente tali landaus con i nobili
proprietari vennero "scalzati" dalla cartapesta.
Nel 1880 ad
Acireale si costruiscono i primi carri di cartapesta. Da
allora fino ai nostri giorni Acireale ha mantenuto questa
tradizione avvalendosi di vari cantieri portati avanti da
volenterosi artigiani che hanno realizzato carri sempre piu'
curati.
Nel 1929 il
carattere di spontaneita' e di iniziativa privata lascia il
posto all'organizzazione istituzionalizzata: infatti l'onere
di organizzare il carnevale e' sostenuto da quest'anno
dall'Azienda autonoma della Stazione di cura di Acireale.
Nel 1930 per la
prima volta si vedono delle vetture adornate da fiori.
Questo e' il primo passo verso la realizzazione dei "carri
infiorati" che acquisiscono una fisionomia ben definita nel
dopoguerra.
Negli anni '50 -
'60 ai carri allegorici ed alle macchine infiorate, si
affiancano dei mini-carri, detti "lilliput", a bordo dei
quali trova posto un bambino. In questi anni fanno storia a
se' alcuni personaggi che con il loro spirito e con
stupefacenti mascherate hanno lasciato un segno indelebile
nella storia del carnevale acese, cioe': Cola Taddazza e
Quadaredda, dei quali il successore piu' degno, in epoca
posteriore, fu Ciccitto.
Dal 1970 al 1995
"il piu' bel Carnevale di Sicilia", si perfeziona e si
assesta, diventando sempre piu' imponente e soprattutto
affinandosi nella costruzione di Carri allegorici (sempre
piu' sofisticati e colorati) e Carri infiorati (sempre piu'
mastodontici), che raggiungono un livello d'importanza pari
ai primi.
Nel 1996
Acireale, per la prima volta, ha la lotteria nazionale
assieme a Viareggio e Putignano. Questa e' l'occasione
affinche' "Il piu' bel Carnevale di Sicilia" acquisti una
dimensione nazionale.
http://www.carnevaleacireale.com/
http://www.carnevalediacireale.it/index.aspx |
scene girate a
Catania ed Acireale
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Acireale, la città
dei cento campanili
Realizzata con un
disegno più ampio ed arricchita di edifici pubblici e religiosi nei
secoli successivi, nel 1642 prese il nome di Acireale per
decreto del Re
di Spagna Filippo IV, che l'affrancò da ogni vincolo o ipoteca feudale
assoggettandola direttamente alla corona. Il terremoto del 1693
danneggiò gravemente la città, ma non al punto, come invece era accaduto
in passato, di dover essere abbandonata dalla popolazione.
Si riprese
rapidamente divenendo un importante centro commerciale, si sviluppò sul
piano edilizio e fu dotata di monumenti e di nuovi edifici e nel 1844 fu
eretta a sede vescovile.Vi nacque il pittore Pietro Paolo Vasta
(1697-1760) che tra il 1720 e il 1750 dipinse affreschi tra i più belli
mai realizzati in Sicilia.
Nessun monumento cittadino
risale al di là del periodo barocco, ma importanti testimonianze
archeologiche, tra cui un famoso busto di Giulio Cesare, sono raccolte
nell'edificio della biblioteca e pinacoteca Zelantea, mentre una
preziosissima collezione di monete antiche è custodita nel palazzo
Pennisi di Fioristella.
Le chiese barocche si dividono in due gruppi, uno risalente al '600, in
cui si fondono varie tendenze stilistiche, ed uno al '700. Al primo
gruppo appartengono, oltre alla prima costruzione del Duomo (poi
successivamente rimaneggiato) col bel portale barocco, l'armoniosa
Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, la grande Basilica di San Sebastiano,
con vasta e bella facciata di struttura ancora tardo rinascimentale a
tre piani e stupendi affreschi di A. d'Anna. Al '600 appartiene anche il
Palazzo Comunale (1659) con belle decorazioni scultoree di fastoso gusto
spagnolesco. Numerose le Chiese del '700 (spesso decorate dagli
affreschi di P.P.Vasta): San Camillo dei Crociferi, dall'accordo assai
armonioso tra architettura e decorazione, S.Maria del Suffragio,
S.Antonio, la Maddalena, il Carmine, S.Domenico ed altre, non di rado
rimaneggiate. Altre opere da ricordare sono: il Palazzo del Fiorentino,
il Santuario Madonna di Loreto, le Terme di S.Venera, la Chiesa dei
Filippini.
LA BASILICA DI SAN
SEBASTIANO
La Basilica di San Sebastiano sorge
nell'antico centro storico di Acireale a poca distanza dalla piazza del
Duomo. Fu costruita in sostituzione di un antico oratorio dedicato allo
stesso santo e ormai ritenuto insufficiente ad accogliere le folle
sempre più crescente di devoti.
Nel 1609, le confraternite della
chiesa comprarono l'area necessaria, acquistandone il diritto di
patronato laico. I lavori si protrassero fino al 1652 quando “il coro si
finiu e si misero la chiave”. L'11 gennaio 1693 il violento terremoto
scosse e portò rovina in tutta la Sicilia orientale, sconvolse pure Aci
e nell'immane rovina venne coinvolta la chiesa di San Sebastiano di cui
crollò il coro con la conseguente scomparsa degli affreschi eseguiti
alcuni anni prima da Baldassarre Grasso.
La ricostruzione della Basilica
avvenne nei primi anni del XVIII secolo e per le spese si attinse ai
frutti delle rendite esistenti e ai generosi lasciti di facoltosi
cittadini. Il fastoso prospetto venne disegnato da Angelo Bellofiore
“capomastro” muratore e buon disegnatore che ne diresse i lavori. La
facciata è affollata da statue di santi, testine di angioletti,
mascheroni apotropaici e altri numerosi fregi uniti da vari motivi
floreali sulle superfici delle 18 lesene e sugli stipiti delle porte.
Un coro sereno e gioioso di 14
puttini reggenti ghirlande di frutta e di fiori è schierato sul frontone
che separa il primo ordine architettonico dal secondo e in alto a
coronamento della costruzione domina la bellissima trifora della loggia
campanaria. Il ciclo ricostruttivo si concluse nel 1765. Il 24 giugno
del 1825 il tempio venne consacrato con solenne cerimonia dal vescovo di
Catania mons. Domenico Orlando. Il 25 febbraio 1902 il primo vescovo di
Acireale mons. Gerlando Maria Genuardi vi istituì una communia di
beneficiali e infine, per interessamento di mons. Fernando Cento, il
Papa Pio IX con la costituzione apostolica “Ad Divinam Gloriam” del 20
novembre 1924 stabiliva l' erezione del Capitolo Canonicale. Per
costante e antica tradizione, nominata “basilica” , la chiesa ottenne
ufficialmente questo titolo da Papa Giovanni Paolo II con il Breve
Apostolico “In Siciliae Vetustissima” del 4 dicembre 1990. Un
riconoscimento molto ambito si è ottenuto recentemente dall'UNESCO, che
ha designato la nostra basilica come “monumento messaggero di una
cultura di pace”. Prima di entrare in chiesa si attraversa un
monumentale sagrato ( 1742 – 44 ) circondato da una balaustrata, sulla
quale sono poste dieci statue scolpite da Gianbattista Marini su disegno
di Pietro Paolo Vasta. Si accede alla chiesa attraverso una grande porta
costruita nel 1893 in ferro fuso e lavorato a mantice e arricchita da
formelle di bronzo con scene evangeliche su disegno di Gustave Dorè.
PHOTOGALLERY
SAN SEBASTIANO (by Raciti)
L'interno è a pianta basilicale a
croce latina con tre navate e pavimento marmoreo costruito nel 1860 da
Carlo Calì da Catania. Sugli altari sono esposte tele interessanti quali
la “Pietà” del Vasta, l “incoronazione della Vergine e tutti i Santi”
di Matteo Ragonisi e il “San Giovanni Battista” di Antonino
Bonaccorsi. Nel transetto le grandi pareti laterali sono occupate dagli
enormi affreschi ad encausto di Francesco Mancini (1900) che ha
rappresentato la salita di Gesù al Calvario e la deposizione del corpo
di San Sebastiano nelle catacombe. I pilastri che sostengono la cupola
sono stati mirabilmente decorati da Pietro Paolo Vasta. Lo stesso ha
realizzato nelle pareti del coro le scene del martirio a cui fu
sottoposto San Sebastiano, mentre nella volta in un cielo affollato di
angeli e di Santi vi è l'apoteosi del Santo bimartire (sec.XVIII)
CONTINUA QUI:...
http://www.sansebastianoacireale.com/documenti.asp?cat=3
Il Palazzo di Citta' con il suo prospetto tardo
barocco fa di piazza Duomo un unicum estremamente suggestivo.
Iniziata nella seconda meta' del Seicento, la
"Loggia Giuratoria" venne ben presto "miseramente fracassata" dal
terremoto del 1693: la ricostruzione su disegno di Costantino
Larcidiacono si protrasse per tutto il Settecento. Ancora danneggiato
dai terremoti del 1783 e del 1818, fu nuovamente restaurato e
completato, subendo profonde modifiche nel corso di questi ultimi
decenni che hanno visto l'ala sinistra al suo interno completamente
ristrutturata.
Da tanti cambiamenti si e' salvato fortunatamente
il prospetto che ha mantenuto la sua originaria nota tardo barocca. La
facciata, scandita da eleganti paraste bugnate, e' animata dal sobrio
aggetto scultoreo delle mostre delle aperture. Una balaustra in pietra
bianca nella parte inferiore, interrotta dall'aprirsi dell'ampio
portale, da' all'insieme quel senso di movimento che nella parte
superiore e' ripreso dall'incurvarsi dei balconi. A siffatto gusto
scenografico rispondono infine, pienamente i mascheroni, mensole a forma
di volto, il cui vario e doloroso atteggiarsi esprime la condizione di
chi subisce il peso del sovrastante balcone (le opere in pietra bianca
sono frutto del magistrale artigianato dell'intagliatore Diego Flavetta).
Insieme ai mascheroni della cappella di S. Venera che si affaccia di
fronte, costituiscono una pagina d'arte intensa e drammatica,
squisitamente popolare come poche altre.
Ancora da citare nel Palazzo di Citta' sono lo
stemma comunale, posto al di sopra del portale (simile a quello della
Cattedrale), le epigrafi dell'atrio che costituiscono una sorta di
marmoreo secolare giornale di cronaca cittadina, e l'affresco Italia,
eseguito da Primo Panciroli nel 1942 nella volta del salone del
Consiglio.
Al pianterreno a sinistra e' il Gabinetto di
Lettura, dal 1833 sede ufficiale dell'Accademia di Scienze, Lettere e
Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici. La Zelantea, fondata il 3
ottobre 1671, e' la più antica delle accademia di Sicilia; nel 1934 si
e' fusa con la Dafnica costituendo l'attuale sodalizio. L'accademia da
tre secoli continua a svolgere un ruolo di primo piano nel promuovere la
cultura in Acireale: sono sue creature la Biblioteca e la Pinacoteca
Zelantea; la rivista scientifico-letteraria "Memorie e Rendiconti" e le
altre sue pubblicazioni hanno diffusione internazionale per i cambi con
le accademie di tutto il mondo.
http://www.comune.acireale.ct.it/PercorsoFotografico.aspx?ID=3
Capolavoro del BAROCCO,
la CATTEDRALE di ACI REALE in provincia di CATANIA, domina la piazza con
la sua bellezza
In
piazza Duomo, centro culturale e monumentale di Acireale, è collocata la
Cattedrale dedicata a Maria Santissima Annunziata, ma comunemente legata
al culto di Santa Venera, protettrice della città, le cui reliquie sono
custodite all’interno.
L’impianto originale della chiesa risale al XV secolo ed ha subito
numerosi rimaneggiamenti nel corso degli anni fino al 1872, l’anno nel
quale fu insignita del titolo di “Cattedrale”, poiché Acireale divenne
diocesi autonoma. Sono percepibili alla vista le aggiunte alla struttura
originale che sono state apportate nel corso dei secoli. Il risultato è
un impianto architettonico con più stili.
Nel
XV secolo la Cattedrale era composta di una sola cappella, ma in seguito
grazie alle ricche donazioni economiche delle corporazioni e delle
famiglie nobili residenti in città il Duomo fu ampliato. La Meridiana e
il prospetto risalgono al XVII secolo, mentre il portale marmoreo che è
stato realizzato da Placido Blandamonte risale al 1668. I due campanili
a base ottagonale, invece, sono in stile gotico ma sono stati costruiti
in tempi diversi. Il campanile a sud risale al 1544, il secondo (pur
mantenendo lo stesso stile costruttivo) invece è della fine
dell’ottocento ad opera di Stefano Ittar e Giovan Battista Filippo
Basile.
La
struttura interna, a croce latina, è in stile barocco ed è stata
realizzata nel periodo compreso dalla fine del Seicento fino alla prima
metà del Settecento. Molte le opere custodite all’interno come la
Cappella di Santa Venera, all’interno della quale sono custodite le
reliquie della Santa, la statua che la raffigura scolpita da Mario
D’Angelo nel 1651 e il fercolo argenteo risalente al 1658-1670.
Gli
affreschi nella Cappella sono stati dipinti da Antonio Filocamo, mentre
gli altri nel transetto e nella cupola sono ad opera di Pietro Paolo
Vasta, tra il 1738-1739. La volta invece è stata affrescata da Giuseppe
Sciuti alla fine del XIX secolo. Molto bella è la meridiana ornata con i
segni dello zodiaco custodita nel transetto e realizzata da C.F. Peters
nel 1844 e decorata da G. F. Boccaccini poco dopo.
Fonte: Sicilia Segreta
LA PIAZZA E IL SUO DUOMO
Ampliata nel XVII secolo, è un ambiente di rara
bellezza. Il Duomo, dedicato all'Annunziata e a S. Vénera, fu innalzato
tra il 1597 e il 1618 e rimaneggiato all'inizio del'700; i due
campanili, con cuspide conica rivestita di ceramiche policrome,
incorniciano una facciata in stile pseudogotico, realizzata agli inizi
del XX secolo da Giovarmi Battista Filippo Basile.
Di notevole pregio il rosone e il grande portale
barocco con statue seicentesche dell'Annunciazione e delle Ss. Vénera e
Tecla. All'interno, opere di Pietro Paolo Vasta e, all'incrocio delle
navate con i bracci del transetto, una meridiana del 1843. Completano la
scenografia della piazza la basilica dei Ss. Pietro e Paolo (1642), con
prospetto settecentesco e facciata a due ordini e con il solo campanile
di destra a cuspide e pinnacoli, e il Palazzo comunale, edificato nel
1659 nel tipico barocco fiorito catanese, con balconate rette da mensole
intagliate in bizzarre figure e coronate da esuberanti ringhiere in
ferro battuto.
https://www.touringclub.it/destinazione/137163/piazza-del-duomo
Guardia Mangano
LO SPORT AD ACIREALE
La Pozzillo
nasce come Polisportiva Acese nel 1949, poi nel 1965 per motivi
commerciali, cambia denominazione sociale in Polisportiva Pozzillo.
L'Ing. Nicolosi, grande artefice dei successi pallanuotistici, assume la
Presidenza nel 1965, ma fondamentale per la Società è il compianto
Gianni Pistarà, uno dei padri della pallanuoto siciliana. Da subito
affiliata alla Federazione Italiana Nuoto, ha avviato allo sport della
Pallanuoto generazioni di ragazzi partecipando per decenni al campionato
nazionale di serie B. Nel giugno del 2000, dopo un tragico incidente
stradale in cui hanno perso la vita 4 atleti della società, la Pozzillo
sospese le attività sportive a tutti i livelli.
scene girate alle
Terme S. Venera di Acireale
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IL CALCIO - Associazione
Sportiva Acireale
o più semplicemente Acireale, è una società calcistica italiana che,
fondata nel 1946 e costituitasi in società a responsabilità limitata nel
1989, ha sede nella città di Acireale.
A luglio del 2006, a causa di difficoltà finanziarie, non riuscì ad
iscriversi al campionato di Serie C2, nella quale era retrocessa dopo i
play-out di Serie C1 Girone B disputati contro la Juve Stabia. Nello
stesso mese, l'imprenditore Santo Massimino fondò una nuova società con
denominazione sociale molto simile alla precedente: la Società Sportiva
Dilettantistica Acireale Calcio, iscritta al campionato di Promozione
nell'annata 2006-2007 e promossa nel campionato di Eccellenza al termine
della stagione. L' Associazione Sportiva Acireale S.r.l. fu dichiarata
fallita nel dicembre del 2006. La S.S.D. Acireale Calcio può essere
considerata la naturale continuazione dell' Associazione Sportiva
Acireale. I colori sociali della squadra sono il granata ed il bianco. I
migliori risultati della sua
storia calcistica sono la promozione e la
permanenza per due anni in Serie B nelle stagioni 1993-1994 e 1994-1995.
Dal 1993 disputa le proprie gare interne allo Stadio Tupparello il quale
può ospitare fino a 8.000 spettatori.
Gli
albori
L'Associazione Sportiva
Acireale venne fondata nel 1946 sulle ceneri di un più antico progetto,
anch'esso denominato Acireale, una squadra che partecipò a vari
campionati agonistici fra il 1928 ed il 1934 per poi sciogliersi
definitivamente. Il campo di gioco era allora il "Comunale" della
centrale piazza dei Padri Cappuccini, in terra battuta e capace di
ospitare fino a 3.500 spettatori. La prima formazione della stagione
1946-1947 fu: Core, Maccarrone, Cantarella, Dereani, Barattucci, Conti,
Signorelli, Raciti, Grasso, Creziato, Cusumano. Allenatore è Luigi
Bertolini.
La prima Serie C
Il primo traguardo di un
certo rilievo, dopo la Quarta serie conquistata nell'annata 1957-1958,
fu la promozione in Serie C ottenuta nella stagione 1968-1969, categoria
nella quale l'Acireale aveva già militato nell'immediato dopoguerra.
L'Acireale ritornò in Serie D nella stagione 1975-1976, partecipò quindi
a varie edizioni del campionato Interregionale, istituito nella stagione
1981-1982. Nella seconda metà degli anni ottanta si ebbe una nuova
rinascita, con una serie di promozioni che porterà in alcune stagioni la
squadrà dal campionato Interregionale alla Serie B, nella stagione
1992-93.
La Serie B
Il raggiungimento della
seconda divisione nazionale è il massimo risultato ottenuto dalla
società granata e si ebbe grazie alla revoca della promozione del
Perugia, che aveva battuto l'Acireale in uno spareggio, a causa di un
illecito sportivo con la presunta corruzione dell'arbitro Senzacqua di
Fermo, prima dell'incontro Perugia-Siracusa. L'Acireale militò in Serie
B per due stagioni (1993-1994 e 1994-1995). In occasione della
promozione nella serie cadetta si inaugurò il nuovo Stadio Tupparello,
che sostituì il vecchio Comunale, inidoneo per la disputa delle partite
della Serie B. Nel primo campionato ottenne la salvezza con uno
spareggio con il Pisa disputato nel neutro
di
Salerno davanti a circa 6.500 tifosi acesi e vinto ai calci di
rigore[1]; nella seconda stagione, invece, retrocesse per un solo punto
(classifica finale).
Il declino e la
rifondazione
Scudetto prima del
fallimento dell' A.S. Acireale
La retrocessione determinò per la società acese un periodo di forte
crisi e dopo quattro anni di Serie C1 retrocedette in Serie C2,
nell'anno in cui venne acquistata dall'imprenditore catanese Antonino
Pulvirenti che ne evitò la cancellazione dal panorama professionistico.
Dopo quattro stagioni in C2 l'Acireale venne di nuovo promossa in Serie
C1 e sfiorò il ritorno in Serie B partecipando ai play-off nella
stagione 2003-04, venendo eliminata in semifinale dalla Viterbese[2].
L'anno successivo Pulvirenti, dopo aver assunto la proprietà del Calcio
Catania, cedette la società. L'Acireale per le due stagioni seguenti si
trovò ad affrontare problemi finanziari, che culminarono, nel giugno del
2006 con la retrocessione in Serie C2 e nel mese di luglio con la
mancata iscrizione al campionato. La situazione di quell'estate
travagliata sembrò più volte in procinto di trovare una soluzione che
permettesse il mantenimento almeno della categoria, con un progetto
presentato da alcuni imprenditori che, tuttavia, ritirarono la propria
disponibilità in prossimità della scadenza dei termini per l'iscrizione
decretando il fallimento dell'Acireale. Cancellata la società
originaria, l'imprenditore locale Santo Massimino, avviò nella stessa
estate un nuovo progetto calcistico denominandolo «Società Sportiva
Dilettantistica Acireale Calcio». La nuova società venne ammessa dal
comitato regionale della Lega Nazionale Dilettanti al campionato di
Promozione girone C (settima divisione). Nella sua prima stagione nel
calcio dilettantistico conquistò la promozione in Eccellenza per la
stagione 2007-08, mentre nella seconda stagione tra i dilettanti, in
Eccellenza, si è classificata quarta e ha perso i playoff contro il
Palazzolo Calcio. L'8 luglio 2008 è stato ufficializzato il cambio di
proprietà, il nuovo patron è Ralf Schwarz, proprietario del gruppo
Softecno, il presidente è Rosario Pennisi.
La Biblioteca e la
pinacoteca Zelantea
Fondata nel 1671, è stata
curata fino al 1866 dall'accademia degli Zelanti. Oggi è di proprietà
del Comune ma per una convenzione risalente al 1960 è gestita da una
Commissione di sorveglianza a maggioranza del'Accademia. Ha un direttore
dipendente comunale subordinato alla suddetta commissione. Da oltre un
anno il Comune non nomina i suoi membri all'interno della Commissione
(due su cinque).
Nel 1850 l'acese Paolo Leonardi Pennisi dispose per testamento la
donazione di una cospicua collezione di opere d'arte all'accademia degli
Zelanti[1], che costituì il primo nucleo della pinacoteca zelantea. A
questa donazione se ne aggiunsero altre nel corso degli anni, fra cui
una cospicua dell'artista locale Rosario Spina negli anni trenta. Una
prima catalogazione dei dipinti fu eseguita dal canonico Vincenzo Raciti
Romeo e la collezione venne aperta al pubblico dal 1915. Dal 1919 è
ospitata presso le sale dell'attuale sede. Nel 1963 fu effettuata una
nuova catalogazione delle opere ed alcuni restauri, a cura degli
studiosi Stefano Bottari e Raffaele De Logu e del pittore acese
Francesco Patané.
Il Passaggio della flotta di don Martino De Redin, gran maestro
dell'ordine gerosolimitano, al largo della città (Giacinto Platania,
1657)
Nella parte destinata a museo è ospitata una settecentesca carrozza del
Senato acese, il Busto di Cesare (reperto archeologico romano di epoca
repubblicana, di alto livello scultorio, cui si attribuiscono le
fattezze di Giulio Cesare e rinvenuto nel 1675 nella frazione marinara
di Capomulini), una collezione di armi ed una bandiera tricolore d'epoca
risorgimentale, una spada argentea detta di Santa Venera, una collezione
di reperti greco-romani proveniente dall'area degli scavi di Santa
Venera al Pozzo, alcune raccolte di minerali, monete e fossili.
La biblioteca custodisce oltre sessantamila volumi, senza contare le
miscellanee, i periodici, le stampe e altre raccolte speciali, datati a
partire dal 1461, fra cui alcuni incunaboli del XV secolo ed un Libro
dei privilegi della città di Aci (Antiquus Liber Privilegiorum Civitatis
Acis, detto anche Liber Rubeus), redatto nel XVI secolo e recante
l'autografo Yo el Rey di Carlo V.
La pinacoteca raccoglie quadri del XVII-XIX secolo, stampe di Guido
Reni, acqueforti di Van Dyck, opere del Domenichino, del Guercino, della
scuola di Pietro Novelli, di Matteo Ragonisi, Antonino Bonaccorsi, Vito
D'Anna, Alessandro D'Anna, Giovanni Tuccari, Alessandro Vasta, Pietro
Paolo Vasta, Giacinto Platania, Albrecht Dürer, Luca Giordano, Giuseppe
Sciuti, Rosario Spina, Michele La Spina, Rosario Anastasi, Giuseppe
Patania, Antonio Filocamo, Mattia Preti, Pieter Paul Rubens (per
attribuzione).
http://it.wikipedia.org/wiki/Biblioteca_e_pinacoteca_Zelantea
Orario invernale
Apertura Biblioteca: dal
martedì al venerdì h. 10.00/13.00 - 15.30/18.30 Lunedì chiuso sabato
10.00/13.00 pomeriggio chiuso Pinacoteca 9.30/12.30 16.30/18.30
Orario Estivo Lunedì
chiuso, Il Martedì dalle h. 10.00/13.00 - 15.30/18.30 dal mercoledì al
sabato dalle h. 10.00/13.00 Chiedere sempre informazioni allo
095/7634516
MERIDIANA DEL DUOMO DI ACIREALE
Ricopre meravigliosamente il
transetto della Cattedrale di Acireale la meridiana opera
dell'astronomo Frederick Christian Peters da Flensburg nato in
Danimarca nel 1813 e morto in America nel 1890.Peters è anche autore
insieme a Sartorius della meridiana della Basilica di San Nicola La
Rena di Catania.
L'opera fu eseguita dallo
scultore catanese Carlo Cali ,mentre i disegni zodiacali sono di
Giovan Francesco Boccaccini.La meridiana costo più di 300 onze ed è
lunga 16,452 metri ,partendo proprio dinanzi la Real Cappella di
Santa Venera.
Al lato opposto conclude la
meridiana un'epigrafe con data e nome dell'astronomo e le coordinate
per la lettura
La ricchezza di sorgenti
d’acqua dolce nella zona etnea, venne dai Greci spiegata con il mito di
Aci e Galatea.
Aci, era un pastorello che
viveva, pascolando il suo gregge, lungo i pendii dell’Etna. Di lui era
innamorata la bella Galatea che aveva respinto le proposte amorose di
Polifemo.
Galatea era una splendida
ninfa del mar Ionio, che, durante le belle aurore, era solita sedersi su
uno scoglio e aspettare che il sole la rivestisse di perle.
Una mattina la leggiadra
fanciulla fu notata dal ciclope Polifemo, che abitava in una grotta sui
fianchi dell’Etna e, spaventata, si tuffò subito nell’azzurro mare.
Un pomeriggio, il pastorello
Aci avanzò con il suo gregge fino alla spiaggia, suonando dolcemente la
zampogna.
Galatea, dal profondo del
mare lo udì e corse ad ascoltare quelli che a lei sembravano i sospiri
di un sereno tramonto.
La ninfa, incantata da
quella musica, pregò il giovanetto di andare ogni giorno per farle
sentire la zampogna. Così tutti i giorni Galatea, adagiata sulla sabbia,
ascoltava silenziosamente il canto del pastorello.
Un triste giorno furono
scoperti dal ciclope. Il gigante non riusciva a dimenticare quella
fanciulla vestita di rosea luce e tutti i giorni, mentre il suo gregge
brucava l’erba, si sedeva di fronte al mare, sperando di rivedere la
ninfa per chiederle di sposarlo. Quindi cercò subito un pretesto per
litigare: accusò Aci di essere il ladro dei suoi pascoli e,
scagliandogli un macigno, lo colpì a morte.
Galatea, disperata e
sconsolata chiese ed ottenne dal padre Oceano che Aci venisse
trasformato in un fiume.
La bianca Nereide,
sconsolata, con l’aiuto degli dèi, trasforma il corpo morto di Aci in
sorgive di acqua dolce, che scivolano giù, lungo i pendii dell’Etna,
mormorando suoni melanconici di struggente nostalgia. Ancora oggi il
fiume Aci scaturisce da sotto una rupe di lava e spinge il suo corso
fino a mescolarsi, nel mar Ionio, con la spuma dell’infelice Galatea.
Non lontani dalla costa,
vicino la località chiamata oggi "Capo Molini", in un luogo poco
accessibile da terra e più facilmente dal mare, esiste una piccola
sorgiva ferruginosa chiamata dalla gente locale "il sangue di Aci" per
il suo colore rossastro. Notare quale soave spiritualità
pervade questa storia che
non spiega nient’altro che un fenomeno geologico. Nella località
chiamata oggi "Capo Molini" esistette un modesto villaggio chiamato, in
memoria del pastorello del mito greco, Aci. Nell’XI° sec. d.c.d.C.D.C.
un terremoto distrusse il villaggio, provocando l’esodo dei
sopravvissuti, i quali fondarono altri centri nei dintorni.In memoria
del nome della loro città d’origine, i profughi vollero chiamare i nuovi
centri col nome di Aci, al quale fu aggiunto in seguito un appellativo
per distinguere un villaggio dall’altro: così Aci Castello (per un
castello costruito su di un faraglione prodotto da un’eruzione
sottomarina che poi fu raggiunto da una colata lavica nell’XI sec.,
trasformandolo in un promontorio); Acitrezza (per la presenza di tre
faraglioni antistanti il Paese); Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci S.
Antonimo, Aci Platani, Aci Sanfilippo.
LE NOVE ACI
Narra una leggenda
popolare che il corpo del pastorello ucciso da Polifemo si sia smembrato
in nove parti cadute dove poi sono state fondate
Aci Bonaccorsi, Aci
Castello, Aci Catena, Aci Platani, Acireale, Aci S. Filippo, Aci S.
Antonio, Aci S. Lucia ed Aci Trezza.
La costa viene anche
chiamata Riviera dei Ciclopi.
Percorso nella memoria
verghiana, si snoda attraverso i luoghi suggeriti dall'Autore. Parte dal
Castello, con la drammatizzazione della novella "Le storie del Castello
di Trezza", e prosegue per Acitrezza, dove si rivisitano i luoghi de "I
Malavoglia": la casa del nespolo, le viuzze, la piazza, la fontana, la
chiesa.
" Un tempo i Malavoglia
erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza […],
tutti buona e brava gente di mare, proprio all'opposto di quel che
sembrava dal nomignolo.
Alla domenica, quando
entravano in chiesa, l'uno dietro l'altro pareva una processione"
La Reitana è un luogo che
trasuda vita e storia, oltre che acqua. Qui infatti da ben 238 anni resiste e
lavora la famiglia Chiarenza con Pippo, vera memoria storica vivente
Salvina Elisa Cutuli
Nella valle delle Aci, nella
zona della Reitana, si producono i lupini da centinaia di anni grazie alla
presenza di numerose sorgenti di acque dolci.
La famiglia Chiarenza tramanda
questa attività da circa 230 anni. A Reitana, una frazione di Aci Catena, nella
valle delle Aci sembra che il tempo sia rimasto sospeso tra usanze e sapori di
un tempo.
Qui, infatti, grazie ad una
tradizione che dura da oltre 200 anni, è ancora possibile trovare i lupini e i
luppinara. La domenica mattina sono in tanti a fermarsi dal signor Chiarenza,
proprio di fronte alla piazza della Reitana, per comprare i gustosi legumi.
Un rituale che non conosce
età. La Reitana è un luogo che trasuda vita e storia, oltre che acqua.
Qui, infatti, com’è tipico
dell’area etnea, si contano ancora molte sorgenti di acqua dolce che, grazie
alle numerose fratture del terreno, riescono ad insinuarsi e sgorgare
all’esterno.
Proprio alla Reitana,
l’abbondanza di acqua ha contribuito, a partire dal XVI secolo, alla formazione
di una "via dei mulini" che ha poi dato origine a varie attività tra le quali la
produzione di lupini.
L’acqua, quindi, è l’elemento
imprescindibile per la presenza dei lupini.
Come racconta Lucio Cutuli,
nativo della zona, «l’attività dei luppinara fino agli anni ‘60 era molto
sviluppata nella zona, c’erano quattro famiglie adibite alla vendita di questi
legumi. Oggi è rimasta solo la famiglia Chiarenza e, come i lupini, anche loro
sono lì da secoli».
Pippo Chiarenza, storico
proprietario del maceratoio, è ormai la memoria storica vivente di molti
avvenimenti e cambiamenti.
L’attuale vasca presente
all’interno del suo stabilimento faceva parte di un gruppo di cinque vasche
appartenenti a proprietari diversi della sua stessa famiglia ed è la più antica.
La costruzione risale al 1415
e appartiene alla sua famiglia da ben 238 anni. Le storie legate ai lupini, in
questa piccola frazione nel comune di Aci Catena, sono davvero tante.
«I ragazzi che non andavano a
scuola compravano, con pochi soldi, una cesta di lupini che poi andavano a
vendere nei paesi limitrofi, contribuendo al fabbisogno delle proprie famiglie.
Spesso prima di acquistare i
legumi, i luppinara si raccoglievano davanti i rivenditori per giocare a
ciapelle - il gioco che prendeva il nome dai questi pezzi di pietra levigata
dalla forma simile a quella di un piatto, usati per sfidarsi – giocandosi i
pochi soldi che sarebbero dovuti servire al loro acquisto dei lupini.
Quando qualcuno perdeva il
poco che aveva e non poteva più comprare nulla, era lo stesso proprietario che
glieli dava a credito per poi ricompensare il giorno dopo il debito» continua
Lucio. I lupini erano il cibo di chi non disponeva molti soldi. Faceva da
antipasto, primo e secondo.
Oggi le proprietà di questi
legumi sono molto note, vengono infatti consigliati per le qualità
organolettiche, proteiche, antiglicemiche e per ridurre il colesterolo nel
sangue. I lupini possono essere consumati anche dai celiaci perché privi di
glutine.
Inoltre per la quantità di
azoto che le piante riescono a condensare, in passato venivano spesso utilizzate
come fertilizzanti naturali: quando arrivavano al punto della fioritura infatti,
venivano tagliate e tranciate, si passava sopra con l’aratro per trasformarle in
concime azotato per il terreno. I ricordi di Lucio sono ancora molto vivi, «in
genere u luppinaru preferiva mangiare i lupini più molli che stavano in acqua
per più tempo.
Una volta raccolti venivano
posti dentro enormi ceste intrecciate di canne, oggi di alluminio, all’interno
di una vasca in acqua corrente per un periodo che andava dai cinque ai venti
giorni. Così l’amaro dei semi diminuiva progressivamente. I lupini ammollati
venivano poi fatti bollire in un’enorme caldaia, raffreddati e nuovamente
lasciati in immersione».
Il procedimento è rimasto
sempre quello nonostante siano passati secoli.
Al momento della vendita
vengono mescolati con il sale. Una volta a casa, per renderli ancora più
sfiziosi, basta seguire il suggerimento di Lucio e aggiungere una cipolla
tagliata sottile, olio, un po’ di limone spremuto e un pizzico di peperoncino.
Il piacere sarà assicurato.
Provare per credere! Non resta che recarsi una delle prossime domeniche dal Sig.
Chiarenza per comprare i lupini e continuare la tradizione.
Ditegli che vi manda Lucio!
https://www.balarm.it/
Oltre Acireale, è una
variopinta tavola sul mare di borghi marinari.
Le Chiazzette
di Acireale: un
idillio campagnolo tra mare e città
Dal borghetto marinaro di Santa Maria la Scala guardiamo in su, verso la
lussureggiante collina che lo sovrasta: una timida stradina che
serpeggia per tutta l’altura, si mostra e al contempo si nasconde ai
nostri sguardi curiosi.
È la stradina pedonale delle
“chiazzette” che, attraverso la riviera naturale della Timpa acese,
porta da Santa Maria la Scala, su, fino ad Acireale: eh sì, è un’ardua
passeggiata quella che ci aspetta, ma qualcosa ci dice che ne varrà la
pena…
Salutiamo quindi la vista delle barche multicolore dei pescatori e del
traffico di una domenica di quasi estate, e ci incamminiamo. Sin dalle
prime rampe ci si presentano dei ritagli di scenari naturali che
sembrano quasi strappati al tempo che tutt’attorno, invece, ha
continuato a scorrere: il silenzio è quasi surreale, non sentiamo
nemmeno lo scalpiccio dei nostri passi che sono attutiti dal tappeto di
foglie sotto di noi, solo qualche uccellino che cinguetta e ci
accompagna nella nostra marcia e qualche suono in lontananza sparso dal
vento.
Sono esattamente sette, le rampe della stradina che percorriamo e che
compongono le chiazzette, così chiamate perché a brevi intervalli tra le
rampe sono disposte degli slarghi, delle piccole “piazzette” appunto,
con tanto di panchine in pietra lavica riparate dal sole grazie alle
lunghe braccia degli alberi di fichidindia, dei rami di edera e dei
vecchi platani che gentilmente offrono ristoro e rifugio per riposarsi
dopo i tratti più difficoltosi della camminata. La costruzione di queste
strutture risale al 1687, quando le chiazzette erano ancora solo un
semplice viottolo che collegava Acireale alla costa, e se n’era resa
necessaria la riqualificazione.
Negli ultimi tempi il
percorso delle chiazzette è stato reso ancora più fruibile grazie al
ponte che dal centro di Acireale (l’ingresso è a ridosso della vecchia
stazione) porta direttamente al percorso naturalistico senza dover
attraversare la statale 114. Le chiazzette hanno nel loro passato un
glorioso e importante ruolo di “vedetta”: a metà del percorso troviamo,
infatti, ancora la storica fortezza “del Tocco” dove nel XVI secolo era
stato collocato a protezione dei cittadini acesi, un grosso cannone che
aveva il compito di mettere in allarme i cittadini in caso di pericolose
incursioni di navi pirata. Non riusciamo a farci aprire le sue porte
perché non troviamo nessun impiegato del comune al suo ingresso, ma
forse altri viaggiatori saranno più fortunati di noi.
CLICCA QUI PER LO SLIDESHOW "TIMPA E CHIAZZETTE" DI F. RACITI
Per arrivare in cima dobbiamo salire tutte le sette le rampe di questa
bellissima camminata ma in realtà, basta solo percorrerne qualcuna per
gustare già la bellezza senza fiato del panorama di cui si può godere
dagli splendidi affacci delle chiazzette: un mare di blu, azzurro e
verde acqua e tutta l’intera costa da Taormina a Capomulini, e, se si è
fortunati con le condizioni atmosferiche, anche di parte della Calabria.
È per questo motivo, infatti, che a tutt’oggi, le chiazzette sono
considerate una delle posizioni più panoramiche di tutto il territorio
acese.
Lungo i due chilometri di percorso troviamo molta gente venuta a godere
della calma trasognata di questo intenso e profumato percorso
naturalistico: turisti tedeschi e del nord Europa che dagli alberghi
della vicina Acireale utilizzano le chiazzette per giungere a mare,
ciclisti e (ahinoi) motociclisti, che le utilizzano come pista
ciclabile, bambini che giocano a rincorrersi tra un affaccio e l’altro e
tutti coloro che si rifugiano in quest’oasi di tranquillità così lontana
dal caotico centro cittadino e allo stesso tempo così vicina. Eppure
come percorso paesaggistico le chiazzette non sono conosciutissime dagli
abitanti del territorio di questa parte di Sicilia: ma forse, in fondo,
è anche per questo che conservano intatto quel nonsochè di magico che ti
fa dimenticare la fatica della salita.
Laura Fassari
http://www.siciliacreativa.it/it/passaggi-obbligati/passaggi-obbligati-news/ambientazioni-suggestive/556-le-chiazzette-di-acireale-un-idillio-campagnolo-tra-mare-e-citta
LE TERME DI ACIREALE
Un’aura mitica circonda le
Terme di Acireale, che nel Medioevo si credeva fossero generate dal
sangue della patrona della cittadina siciliana, la martire Santa Venera,
che le aveva dotate di poteri ultraterreni. In realtà, le proprietà
terapeutiche delle sorgenti di acqua sulfurea proveniente dall’Etna
erano conosciute fin dall’antichità e furono sfruttate già dai Greci. La
loro popolarità, da allora, non è mai venuta meno, trovando nel tempo
illustri estimatori tra i quali il compositore tedesco Richard Wagner,
il Re Umberto I e la Regina Margherita fino al clinico napoletano
Antonio Cardarelli.
http://www.terme-acireale.com/
l primo teatro
dei Pupi ad Acireale risale al 1870 quando Giovanni Grasso,
figlio di Angelo, grande puparo catanese, venne ad Acireale
per farsi conoscere. Ma colui che ha lasciato un'impronta
molto più profonda nella tradizione dei Pupi di Acireale, fu
don Mariano Pennisi (1867 - 1934) detto "Nasca", il quale
creò un teatro stabile prima in via Tono e poi in via
Alessi, dove ancora oggi si trova. La passione per i Pupi,
questo grande puparo la trasmise al figlio adottivo Emanuele
Macrì.Attivo sulla scena, geniale nell'improvvisazione,
Macrì riusciva a trasformare ogni rappresentazione in un
avvenimento scenico degno della più completa ammirazione.
Il
teatro-museo dei pupi dell'Opera di Acireale, realizzato
interamente dal puparo Turi Grasso e dalla sua famiglia, ha
rappresentato in questi decenni un grande patrimonio
storico-culturale per la città di Acireale.
Unico nel suo genere, il
teatro-museo raccoglie in esso le migliori opere realizzate
da Turi nei suoi cinquant'anni di attività, insieme a
preziosi pupi e cimeli di fine ottocento, di fondali stile
catanese, teste e scenografia teatrale del teatro dei pupi
di Acireale.
Visitato da migliaia di
turisti, studenti, ed appassionati delle tradizioni
siciliane, il teatro dei pupi del maestro Turi Grasso è
certamente da considerare un angolo di storia e di vera
arte, nonché una finestra sulla nostra sicilianità.
Le grandi scene teatrali,
i cartelloni di presentazione degli episodi della Storia dei
Paladini, i pupi, il sipario del palcoscenico, il palco con
il suo banco di manovra, tipico della tradizione di
Acireale, il grande affresco di San Michele Arcangelo,
rendono pienamente e viva l'opera ed il lavoro che l'unico
puparo operante in Acireale, ha voluto realizzare per sè,
per la sua famiglia e per la sua Acireale.
il Teatro-Museo resta aperto
al
pubblico tutto l'anno
nei giorni di
Mercoledì, Sabato, Domenica. Nel periodo estivo
ore 9/12
- 18/21, nel periodo invernale 9/12 - 15/18.
Ingresso Libero
http://www.operadeipupi.com/
Solo
un paese resiste ancora all´impeto rinnovatore del gusto:
Acireale. Ed il merito di aver salvato una tradizione
antichissima spetta alla popolazione del luogo, capace di
balzare irritata sul palcoscenico per afferrare alla gola il
traditore Gano di Maganza (in genere dipinto con colori
forti, torvi, dominati dal nero), ma soprattutto alla
pressione dei due pupari (si chiamano così), rispettivamente
Mariano Pennisi ed Emanuele Macrì
Il nostro Teatro dei Pupi
Siciliani Macrì è stato fondato nel 1887 da Mariano Pennisi,
ultimo discendente d´una famiglia di pupari vaganti, che pur
essendo analfabeta, sapeva recitare a memoria tutto
l´Orlando furioso e tutta la Gerusalemme liberata.
Sotto le sue mani
abilissime, lo stanzone che accoglieva ogni sera centinaia
di spettatori urlanti, divenne un teatro vero e proprio, ed
il numero dei pupi passò dalla trentina al centinaio. Ma
Pennisi, oltre al teatro ed ai Pupi, ha regalato al folklore
siciliano anche il suo successore, Emanuele Macrì. Nel 1908,
infatti, non appena seppe del disastro di Messina, partì con
una squadra di operai che l´aiutarono per due giorni e per
due notti sotto una pioggia battente, a disseppellire la sua
famiglia del suo vecchio amico Macrì.
continua...
VEDI ANCHE:
|
Un
Piccolo paesello peciale su una borgata marina piena di
suggestiva bellezza storica e ambientale. Capomulini offre
anche un mistero: i ruderi di un piccolo tempio romano
dedicato a Giulio Cesare o a Ottaviano Augusto. Dal
porticciolo del piccolo borgo si può, inoltre, godere una
rara visuale di Acitrezza, dei suoi faraglioni e dell'isola
Lachea.
|
Parlando di
sapori di sicilia non posso afare a meno di pensare alle mie
serate a cpomulini..un paesello a paoca distanza da catania
sul mare..praticamente è un paese pienno e zeppo di
ristoranti di tutti i tipi e per tutti i gust. un paesello
vecchio stile con le barchette di legno dei pescatori del
posto attraccate nel lungomare e tanti ristoranti che come
palafitte danno diretamente sulla scogliera..localini
inboscati e piccole taverne in un susseguirsi di locali
caratteristici dove mangiare di tutto. io ne ho provati
molti...in fondo alla via non ricordo il nome l'ultimo in
assoluto da direttamente sul mare e vi riempiranno il tavolo
di assaggini. polpettine di lattarini pesciolini, gameretti
crudi con limone cozze vongole e un tripudio di crudi di
tutti i genere..
se capitate in
zona..in qulasiasi posto chiedete i tagliolini con la
zoccola...:) no non ridete ..io ho riso la prima volta ..ma
è un crostaceo gigante che fa parte della famiglia
aragoste...più economico ma ugualmente
gustoso....divinooooooooooo!!!
Gianni Morandi a Capomulini (2014)
questo paese è
una favola...caratteristico e intatto e conosciuto
soprattutto dalla gente di catania che qui si sposta nel
weekend per mangiare buon pesce....
http://viaggi.ciao.it/Sapori_di_Sicilia__Opinione_1298770
|
|
Sono
tanti i ristoranti a terrazza sul mare esistenti
sul Lungomare Martinez di Capomulini. Sui loro
menù non esiste la parola "carne" |
Come arrivare:
Autostrada A18
Messina/Catania uscita Acireale - Strada Statale 114 Messina/Catania in
treno: Stazione di Acireale proseguire per il centro con autobus di
linea o taxi. in autobus: Zda Catania: 15 Km Aeroporto Fontanarossa di
Catania collegato con una comoda tangenziale dista 20 minuti di auto
(tel. 095/7306266-095/7306277-095/7306288) Acireale è sede di stazione
ferroviaria tel. 095/601505 Viabilità e collegamenti: Strada Statale 114
Catania Messina; Altezza s.l.m.: 161 metri Abitanti: 51.560 Numeri di
telefono utili: Azienda di Cura e Soggiorno e Turismo: 095/604521
Ufficio Passaporti e Ufficio Stranieri: 095/7647883/4 Ufficio Oggetti
Smarriti c/o V.V.U.U.: 095/607829 Autolinee Sais/Etna:
095/536168-095/532716 Ospedale: 095/891922 Biblioteca Zelantea:
095/604480
Le pareti della Timpa - un laboratorio a
cielo aperto
La Sicilia, 30 Aprile 2013
Ai piedi di Acireale, lungo un costone lavico che scende a
strapiombo sul mare turchino, si trova la Timpa di Acireale.
Il territorio, compreso lungo la
costa che da Acque Grandi (a nord di Capomulini) conduce a
Santa Maria degli Ammalati (frazione di Acireale), è
caratterizzato da un promontorio di circa 80 metri di
altezza a ridosso della costa di Acireale, ricoperto da una
lussureggiante vegetazione costituita da edera, euforbia e
carrubbi. L'area per il suo elevato valore naturalistico,
geologico, faunistico e vegetativo è stata dichiarata
Riserva naturale orientata nel 1999 e affidata alla gestione
dell'Azienda foreste demaniali.
Si tratta di un altopiano roccioso che ha un'estensione
totale di 225,34 ettari, distinti in zona A di riserva e
zona B di pre-riserva. Insieme all'isola Lachea, la zona
costituisce un laboratorio naturale a cielo aperto in cui è
custodita la storia geo-vulcanica della Sicilia. La Riserva
è caratterizzata da un massiccio formato a gradinate e
faglie che sembra emergere dal mare, ma che in realtà ha
avuto origine da una sovrapproduzione di strati avvenuti
nelle varie epoche.
Le pareti della Timpa sono molto ripide, con falesie che si
stagliano contro il cielo raggiungendo altezze che vanno da
poche decine di metri nella zona di Acque Grandi sino ai 120
metri, dalle cui sommità si godono scorci panoramici di
grande suggestione.
Di particolare rilevanza alcuni tratti a ridosso della
fascia costiera, dove alti colonnati basaltici, che
ricordano quelli presenti nelle Gole dell'Alcantara, si sono
formati attraverso un processo di cristallizzazione delle
lave a contatto con l'acqua. L'aspetto delle pareti
colonnari è spettacolare e viene a nudo solo con frane ed
erosioni che mettono allo scoperto grossi banchi lavici
costituiti da rocce compatte. La forma colonnare delle rocce
si ritrova anche nei fondali marini circostanti.
La Timpa esibisce al suo pubblico di visitatori antiche
grotte o caverne naturali, coste a strapiombo sul mare
(Capomulini), coste a scarpata (Santa Maria la Scala)
scogliera con insenature (Stazzo) e infine una pianura
agrumicola (Santa Tecla).
Pur essendo inserita in un contesto fortemente antropizzato,
come la costa orientale a nord di Catania, l'area è quasi
incontaminata per via del percorso impervio che ne rende
difficile la fruizione e l'accesso.
Tuttavia chi volesse
esplorare la Riserva potrebbe imboccare un sentiero
seicentesco che parte dal borgo marinaro pittoresco e Santa
Maria La Scale e che salendo attraversa a zig zag la parte
centrale della Timpa. Il sentiero chiamato ‘le chiazzette'
porta ad un belvedere che si apre ad un panorama di
incomparabile bellezza, caratterizzato da forti contrasti
fra la scura vegetazione di macchia ed i cromatismi delle
lave. Lungo il sentiero ci si imbatte nella Fortezza del
Tocco (o del ‘tocco di cannone') progettata dall'ingegnere
Camillo Camilliani e realizzata dall'ingegnere acese
Vincenzo Geremia nel 1624. Nel XVII sec., durante la
dominazione spagnola, la fortezza veniva utilizzata per
avvertire del pericolo di incursioni piratesche gli abitanti
di Acireale, facendo esplodere un colpo di cannone. Da qui,
è possibile scendere fino al mare per immergersi nelle scure
e fredde acque dello Jonio.
A nord-est di Acireale, adagiata
ai piedi della Timpa, si sviluppa invece, il borgo di Santa
Tecla, un piccolo borgo di pescatori, oggi centro balneare e
residenziale, rinomato per la gastronomia a base di pesce.
Di fronte ad esso la Timpa digrada in una bassa costa che si
conclude in una splendida spiaggia con ciottoli di pietra
lavica. Da non perdere una visita alle nuove terme di Santa
Venera, costruite nel 1873 con annessi parco e Grand Hotel
des Bains. Aperte tutto l'anno, curano, attraverso le acque,
sulfureo-salso-bromo-iodiche, affezioni dell'apparato
respiratorio, genitale e dell'orecchio. Secondo la
tradizione, nel luogo dove sorgono le terme, nel II sec. d.
C., fu martirizzata la patrona di Acireale Santa Venera. I
primi a sfruttare le acque termali provenienti dall'Etna
furono i greci, poi i romani costruirono una struttura
tuttora visibile in contrada Santa.
La Timpa ospita alcune
tipiche piante pioniere mediterranee. Fra gli arbusti si può
osservare l'euforbia arborea, caratterizzata da arbusti di
color rossiccio e dalla fioritura di mazzolini di colore
giallo-verde. Alcune zone, come quella di Santa Caterina,
sono caratterizzate da una fitta vegetazione per la presenza
di numerose sorgenti d'acqua che poi sfociano nello Jonio. I
dirupi più impervi sono tappezzati da cuscini di edera e di
vitalba, cespugli di capperi o piante di ficodindia.
SENTIERO CHIAZZETTE (livello difficoltà medio). Partendo dal
quartiere Suffragio, imboccando l'antica ‘Scala d'Aci' oggi
chiamata le ‘chiazzette' ci si imbatte nella fortezza del
Tocco, posta all'inizio della discesa. Da qui si raggiunge
facilmente S. M. La Scala. Svoltando a destra si arriva alla
spiaggia del Mulino, caratterizzata dalla presenza di vene
d'acqua dolce sotto gli scogli e dalla sorgente del Miuccio.
ACQUEGRANDI (livello difficoltà alto). Dalla Strada
nazionale per Catania, di fronte alla Chiesa di Santa Maria
delle Grazie, si prosegue verso sud dove si incontra la
chiesetta di Nostra Signora dell'Aiuto e si imbocca un
sentiero che la fiancheggia. Lungo il sentiero è possibile
ammirare un'antica opera muraria che funge da canale di
irrigazione, poi si giunge ad uno spiazzo dal quale si
possono ammirare in tutta la loro bellezza la Timpa di Don
Masi e la spiaggia di Acquegrandi. Poi è possibile scendere
a mare seguendo una mulattiera che attraversa la scarpata
sino a raggiungere una lunga spiaggia di ciottoli di pietra
lavica.
ACQUE DEL FERRO: SANTA CATERINA (livello difficoltà medio).
Partendo dalle Terme nuove di Santa Caterina, vicino
l'antica rupe di San Guglielmo, si imbocca la stradella via
Acqua del Ferro e poi un sentiero a zig zag che attraversa
la Timpa e che conduce ad una spiaggetta di scogli, dove
sgorga la sorgente di acqua dolce denominata Acqua del
Ferro, per la colorazione rossastra. A circa 100 metri a sud
dalla sorgente, al livello del mare si osservano dei tufi
rossastri di grande interesse scientifico..
PIETRA MONACA (livello di difficoltà medio-basso). Partendo
da via Gangi o Pennisi si raggiunge la Statale 114, si
scende per via Pietra Monaca, che fiancheggia i giardini
coltivati a limoni e si raggiunge un piccolo abitato dal
quale si può accedere ai rudimentali terrazzamenti. Sotto
‘Villa Lina' iniziano due sentieri: uno in direzione nord,
senza sbocco ma con vista panoramica e l'altro, ‘passo di
jusu', che consente di raggiungere la spiaggia dove in mare
è adagiato uno scoglio somigliante ad una monaca distesa, da
cui il luogo ha preso il nome.
Estensione
totale: 225,34 Ha;
Riferimenti geografici: I.G.M.I. 1:25.000 (V); FFgg.: 270 II
N.E.;
Dichiarata
Riserva nel 1999 ed affidata all'Azienda Regionale Foreste
Demaniali, la Timpa si trova ai piedi di Acireale, in
provincia di Catania, un lungo costone lavico che per quasi
sette km scende giù a strapiombo sul mare, alto anche più di
un centinaio di metri, rivestito di edera, euforbia e
carrubbi. Insieme all'isola Lachea, costituisce un
laboratorio naturale a cielo aperto in cui è scritta la
storia geovulcanica della Sicilia. Di particolare rilevanza
alcuni tratti a ridosso della fascia costiera, dove alti
colonnati basaltici, simili a quelli resenti nelle Gole
dell'Alcantara, rappresentano il percorso di
cristallizzazione delle lave a contatto con l'acqua. E' il
caso della grotta delle Colonne, raggiungibile solo via
mare.
Nell'area della
riserva nidificano diversi rapaci, ed indisturbata una fitta
vegetazione si sviluppa rigogliosa grazie alle sorgenti che
si riversano nello Jonio. Come a Santa Caterina,
caratterizzata da un belvedere dalla splendida veduta. Il
sentiero delle Chiazzette, camminamento in pietra
raggiungibile (facendo massima attenzione) dalla statale 114
ad Acireale, è un percorso secentesco che si snoda giù fino
a Santa Maria La Scala, borgo marinaro pittoresco e
tranquillo.
Lungo il
sentiero a zig zag, incontreremo la fortezza del Tocco,
fortilizio a difesa di Acireale nel XVII secolo, durante la
dominazione spagnola, da cui si sparava un colpo di cannone
per avvertire del pericolo. Carrubbi, ginestri, olivastro,
lentisco e limonio saranno una nota caratterizzante di
questa passeggiata.
Come
raggiungerla:
Partendo da Catania, imboccare la SS 114 (CT-ME): la riserva
è compresa tra Capomulini (dopo aver superato Aci Trezza) e
Santa Maria degli Ammalati, che si trova presso l’ingresso
sud di Acireale. I pullman possono parcheggiare sulla
piazzetta di S. Maria degli Ammalati. In automobile si può
invece imboccare la stradina che porta verso le Chiazzette e
parcheggiare all’imbocco della trazzera che rappresenta
l’inizio del sentiero.
Visite: Azienda
Foreste, ufficio provinciale di Catania 095 447084
http://www.siciliaparchi.com/_riserveNaturali.asp?order=prov&voce=Catania&enteId=&risId=9
http://riservalatimpa.blogspot.com/
|
Il Sentiero Acque Grandi
(Acquaranni)
Il sentiero ha
inizio presso l’abitato di Santa Maria delle Grazie, imboccando la
stradina che costeggia la chiesetta di Nostra Signora dell’Aiuto. Dopo
circa 200 m si giunge sino ad un belvedere in cui è posta una lapide in
ricordo del “Compagno Matteo”. Qui si può ammirare a sinistra la “Timpa
di don Masi”, e a destra la spiaggia di Acque Grandi. Il percorso
prosegue scendendo al mare attraverso un tracciato delimitato da antichi
muretti a secco. Si giunge così nel panoramico paesaggio, ricco di punti
di osservazione di notevole interesse naturalistico, faunistico e
geologico. In particolare si possono osservare le antiche lave e tufiti
basali, prodotti da centri eruttivi primordiali. Il sentiero si conclude
dinnanzi la spiaggia ampia ed estesa per un centinaio di metri
caratterizzata da grosse “cocole”, massi tondeggianti di modeste
dimensioni.
Per gli escursionisti più
esperti è possibile inoltrarsi nella costa tra i massi ciclopici frutto
dell’erosione marina, mentre proseguendo verso nord si possono ammirare
i tufi giallastri e le rossastre brecce vulcaniche.
Solitamente il tempo di
percorrenza è di circa due ore, andata e ritorno.
Il livello di difficoltà
dell’itinerario può considerarsi medio.
http://www.aciinfo.it/percorsi/itinerari-naturalistici-2
Maria Cristina Migliaccio
-
http://www.comune.acicastello.ct-egov.it/La_Citt%C3%A0/La_Natura/La_Timpa/index.asp
Parallelamente alla costa,
per un certo tratto, per poi addentrarsi tra gli agrumeti della campagna
di Acireale, corre, alzandosi progressivamente di quota, il suggestivo
costone roccioso della Timpa. Su di essa é ubicata Acireale; sulla
costa, a volte a ridosso, sorgono le frazioni di Santa Tecla, Santa
Maria La Scala, Santa Caterina.
Essa costituisce una unità di grande importanza geo-vulcanologica,
perché vi sono rappresentati eventi vulcanici dai più remoti ai più
recenti legati al nostro vulcano.
Rappresenta, pertanto, un
gradino della più complessa struttura vulcanica che giunge fino a mare.
Gli enormi basalti e le varie strutture geologiche dalle diverse forme
architettoniche, atte a creare un magnifico paesaggio naturale,
contribuiscono con un elevato interesse scientifico alla storia
dell'Etna.
La Timpa durante il suo
percorso (da Capo Mulini a Santa Maria la Scala), con i suoi 100 e più
metri d'altezza, costituisce una possente rupe a strapiombo sul mare. In
altre zone, invece, ha davanti a sé una costa ciottolata, che
costituisce l'estrema propaggine delle correnti laviche. In alcuni
grossi massi che si sono staccati dal roccione della Timpa é possibile
trovare preziosi minerali a ciuffetti: l'aragonite raggiata, che sembra
esplodere bianca come piccoli cristalli di ghiaccio dalle nere fenditure
della lava.
La vegetazione della Timpa é
il risultato di un insieme di fattori: la natura del substrato, la
morfologia, i fattori climatici, l'intervento antropico. Oltre al
finocchio di mare e al cappero, é possibile vedere una certa estensione
di roverella (quercus pubescens), terebinto, bagolaro, carrubo e una
vegetazione arbustiva sempreverde, tipica della macchia mediterranea:
euphorbia dendroides, la ginestra, l'olivastro, il fico d'India,
l'artemisia e formazioni vegetali caratterizzate da graminacee; tra le
altre piante é diffuso l'asfodelo, usato dagli antichi Greci quale fiore
dei morti.
È possibile ammirare la
Timpa, sia costeggiandola via mare, sia attraverso i numerosi sentieri
che la percorrono.
Attorno ad Acireale vi sono molti villaggi sul mare: Santa Caterina (con
una suggestiva terrazza sulla Timpa, un'area naturalistica con una
vegetazione originale, unica al mondo); Pozzillo (caratteristico
villaggio di pescatori che sorge sulla pietra lavica, circondato dal
verde dei limoneti); Santa Tecla (un paesino sul mare alle pendici di un
costone ricoperto dalla vegetazione della Timpa, di limoneti e di
oliveti); Santa Maria La Scala (un pittoresco villaggio di pescatori,
che mantiene intatta la sua architettura originale); Stazzo (un
paesinoaffascinante sulla costa); Capomulini (un aggregato situato sul
golfo che abbraccia l'isola Lachea ed i mitici Faraglioni).
Santa Caterina
Attraverso una stradina
che si snoda tra fitti limoneti, case rurali e chiesette del XVI secolo.
A strapiombo sul mare, tracchiusa tra le sue rocce. E' inaccessibile S.
Caterina Non puoi passarci, devi proprio volerci andare. La frazione,
raggiungibile dall'omonima strada è una sorpresa inaspettata con il suo
incantevole "Belvedere" meta di amori romantici e di spiriti inquieti.
Situata in uno dei punti più alti della Timpa (176 metri), la piazzetta
di S. Caterina offre una prospettiva privilegiata del costone lavico,
abbellito qua e là da una rigogliosa macchia rnediterranea e della
riviera acese. L'occhio può spingersi da Taormina a Siracusa. Si può
imboccare la strada accanto alla chiesetta, per un po' scendere lungo la
scalinata che lì s'avvia e raggiungere in una decina.di minuti una
spiaggia incontaminata e solitaria. Un viaggio dell'anima. 0 meglio: un
viaggio in una delle mille anime di Acireale.
Pennisi Fraz.Acireale (CT) Chiesa
Santa Maria del Carmelo e Sant'Emidio
Pennisi è località italiana
frazione del comune di Acireale.
Si trova ad ovest del capoluogo
comunale, a circa 6 chilometri, nel territorio un tempo occupato dal
bosco d'Aci, lungo la strada per Pisano, ed è un borgo formatosi negli
ultimi anni del XIX secolo.
La chiesa, costruita alla fine del
XIX secolo grazie ai contributi personali dei fratelli sacerdoti
Salvatore e Mario D'Agata, fu aperta al culto nell'anno 1900 ed è
dedicata a Santa Maria del Carmelo e a Sant'Emidio. All'interno si
trovano pregevoli affreschi raffiguranti la vita di Sant'Emidio,
l'apparizione della Vergine sul Monte Carmelo e del giudizio universale.
È stata elevata a parrocchiale nel 1922.
Poco più a valle di Pennisi, in
località Fiandaca, sorge la chiesa di Santa Maria delle Grazie, della
prima metà del XIX secolo, costruita dalla famiglia Fiandaca (da cui la
contrada prende il nome) sul proprio fondo ad uso dei villani dei
vigneti circostanti.
Negli ultimi decenni la frazione è
cresciuta quale zona residenziale. L'economia è basata sull'agricoltura
e sul commercio.
Santa Maria della Scala, raccolto attorno al suo porticciolo, Santa
Tecla arroccato su una penisoletta, Scillichenti, Stazzo
riconoscibile dalla chiesa bianca e Pozzillo, nota per le acque
minerali.
Santa Maria la
Scala, un piccolo
villaggio di pescatori che sta intorno ad una chiesa costruita intorno
al 17° secolo ai piedi del monte. Un tempo usata com porto da numerose
nave mercanti da Trapani, Malta e Lipari, tracce del porto originale e
del vecchio castello posso ancora essere scorte. Piccoli come possono
essere questi posti, il piacere che danno è immenso. Santa Tecla, non
come potrebbe essere pensato come nome di origine cristiana, proviene
invece dall'Aravo "sciant tagla", la quale significa un posto di
ancoraggio, che ha i resti di una torre.
Poi in vicina successione
viene Scillichenti, Stazzo con le rovine del suo vecchio
porto di scambio, dove la pietra lavica era caricata per l'esportazione,
e Pozzillo, con un porto e una sorgente ricca di minerali.
I piccoli villaggi di
pescatori seguono la costa, costellati di hotels della massima qualità,
un preludio alle spiagge a nord di Riposto e Torre Archirafi,
sparse di scogliere levigate, crostacei sono pescati in prevalenza qui,
come possono essere visti dalle boe che segnano i punti in cui vivono i
crostacei.
Santa Maria la Scala -
di Teresa Grasso (La
Sicilia, 14.7.2007)
Dalla Gazzena a Santa Tecla.
Da Santa Caterina al vecchio tracciato della Timpa Falconiera. Terrazze,
strapiombi sul mare, passi, rasole, saie e canalizzazioni. Una visione
immersa negli odori di terra arsa e limoni. Bisogna procedere cauti.
Privilegiata la visione da mare: risulta proiettata una natura da mille
facce a tratti mitigata dall'uomo, a tratti esplodente nella sua
incontrollabile forza.
La Riserva naturale
orientata è stata istituita da quasi otto anni e racchiude 265 ettari di
paesaggio costiero etneo rimasto sostanzialmente integro. Boscaglie,
arbusteti, tipica macchia mediterranea a
comporre la vegetazione. La riserva è punto di passaggio e rifugio per
numerose specie animali (dalla volpe al cardellino). Ma è il fondo
marino dei suo specchio antistante la Timpa ad offrire degli scenari di
grande bellezza. Una vera gioia per i fotografi subacquei. Anche qui la
varietà di scenari la fa da padrone. Fondali vulcanici, alghe rosse,
verdi, brune.
Corgonie, conchiglie, spugne molluschi
apprezzati come gli occhi i bue e i "rizzi da 'Timpa".
Il litorale nella storia era
luogo di avvistamento e di incursioni. Lo testimoniano alle Chiazzette i
resti della Fortezza del Tocco detta anche il "Tocco del Cannone" e la
torretta di Santa Tecla detta Garitta dell'Apa. A terra, dopo una
visione a mare, scarpe buone e fiato, è irrinunciabile percorrere almeno
un sentiero fruibile e rappresenta una buona sintesi la stradella delle
Chiazzette. Un luogo simbolo della Timpa e di Acireale: un panorama
impareggiabile. Natura immobile e qua e là, segnali dell'azione
dell'uomo con le sue cappelle votive. L'antica "Scala d'Aci" era la più
importante via di collegamento tra la città e il mare. Ingresso dal
quartiere Suffragio, Statale 114. Superata la Fortezza del Tocco è una
passeggiata non difficoltosa che offre scorci paesaggistici sug gestivi.
Immersi nella luce e nelle ombre della vegetazione e dei tornelli della
Timpa, si arriva nel Borgo di Santa Maria La Scala. Svoltando a destra
una ripida disce sa a ziz zag e si è sulla Spiaggia del mulino. Qui lo
storico Mulino Vasta e la Sorgente dei Miuccio. Chiare fresche e dolci
acque delle cascatelle per rinfrescarsi prima di un tuffo nella
spiaggetta che diventa collante indissolubile con l'eterno mare.
Il centro si ricorda
soprattutto per la Chiesetta seicentesca, per il suo piccolo porto e per
la sua spiaggia sassosa.
Affascinante borgo di
pescatori intatto nella sua originaria architettura marinara,
raggiungibile attraverso una iconografica mulattiera, detta delle
chiazzette, perché sette rampe ne scandiscono il sinuoso correre verso
il mare, su ognuna delle quali si possono ammirare straordinarie vedute
sull'incantevole tratto di costa che da Taormina va a Capomulini.
Baganato da un mare
turchese, incastonato tra nere rocce laviche e giardini d'aranci, come
una cartolina illustrata di altri tempi, Santa Maria La Scala è
sicuramente uno dei più graziosi e caratteristici borghi marinari della
costa orientale etnea.
Le storie dei suoi uomini di
mare, le favole, la mitologia hanno plasmato racconti e leggende ancora
oggi affidate alla sola memoria degli anziani pescatori.
Vi si venera la Madonna
della Scala la cui chiesa settencentesca ne custodisce una statua lignea
di pregevole valore storico ed artistico. In occasione della festa ad
Essa dedicata si svolge, tutti gli anni ad Agosto, la tradizionale "gara
fra barche" utilizzando due imbarcazioni storiche tradizionali catanesi
"palummedde cù speruni" di proprietà dell'Arcipretura del paese.
Se passate da queste
parti non dimenticate di assaggiare la favolosa granita del bar La
Timpa, sul molo, locale a conduzione familiare che produce una granita
di mandorle favolose. Chiedete delle "n'grasciate" (M.R.)
U PISCI A MARI A
POZZILLO
"U Sghezzu dû
pisci a mmari (Scherzo del pesce a mare)".
Dopo aver tagliato il paese in
due, il corteo per S. Sebastiano giunge sulla battigia dove una
barca, già allestita per l'occasione, attende l'equipaggio ed è
pronta a salpare. Inizia la seconda parte della pantomima che si
svolge nelle acque antistante la riva tra i tanti curiosi che
diventano spettatori e attori allo stesso tempo, come nel momento in
cui il nonno sulla barca sfiora le mani della nipotina sugli scogli.
Anche in questo caso si notano delle somiglianze con "u pisci a
mari" di Acitrezza, come ad esempio il pesce riesce a sfuggire per
ben tre volte prima di scomparire definitivamente in fondo al mare.
Nel post precedente è stato già detto che la caratteristica di
questa pesca è che è fatta con la lenza, quindi diventa particolare
il momento in cui " a cimedda" si incurva per il peso del pesce e
l'emozione si coglie nel volto degli attori. Infine, da sottolineare
la presenza del parroco che, nell'ultima battuta di pesca, sale a
bordo pure lui e sarà coinvolto anch'egli nel momento in cui la
barca viene capovolta. Il tutto si conclude con tuffi di gruppo e
gli echi delle "brogne" che segnano la fine della pantomima. Ancora
una volta il mio grazie alla comunità di Pozzillo per la generosa
accoglienza e spero di aver saputo raccontare, sperando di non
essere mai stato invadente, la loro storia e la loro tradizione.
Massimo Vittorio.
Quando sparì dissero che erano
stati i fascisti! Dissero che avessero utilizzato della dinamite per
abbattere quel simbolo del proletariato che la natura, non l’uomo,
aveva generato. Si trovava nel mare, poco a nord del paesino di
Santa Maria la Scala, proprio là dove un tempo c’era la Grotta delle
Palombe.
a le idee politiche in questo
caso non c’entravano, né la dinamite. In una notte di tempesta del
1972 fu semplicemente la forza spaventosa del mare ad abbattere il
Pugno, così tutti chiamavano quell’enorme masso basaltico che dal
mare emergeva e che sembrava dovesse restare lì in eterno.
LEGGI IL RESTO.... QUI
SANTA TECLA
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