|
|
Non
v’è studioso o cultore di musica popolare siciliana che non si sia
imbattuto nelle melodie provenienti dal “saloni”, nei ritornelli
delle fisarmoniche, dei mandolini e dei violini – quest’ultimi
spesso irrimediabilmente calanti – nonché negli accordi di chitarre
risuonanti nelle vecchie sale da barba dei paesi, luoghi di ritrovo e di
incontro per naturale antichissima elezione. Musiche
raccolte e rielaborate da Giuseppe Calabrese e Domenico Pontillo
25
maggio2009
I BARBIERI DI SICILIA (da Nadir Magazine)
Amarcord Catania: cinquant’anni tra barba, capelli e tante storie. Intervista a Mario La Causa di Alberto Bucchieri | 03/03/2014
Seduto sulla poltrona del salone del mio barbiere… pardon, acconciatore, si parla di musica, e penso ai suoi clienti che, seduti su una medesima poltrona che ha cambiato colore e forma nel corso degli ultimi cinquant’anni, hanno con lui discusso proprio di musica e anche di politica, di sport, di donne e via a seguire. Rifletto su come Mario La Causa sia una preziosa memoria storico-sociale, e dal comodo posto davanti lo specchio che oggi è anche anatomico, muove l’idea di intervistarlo e di ripercorrere mezzo secolo di vicende catanesi. Signor La Causa – ma io lo chiamo signor Mario – facciamo un viaggio nel tempo, 1964-2014. Com’era un salone negli anni Sessanta? ‘C’era la figura del barbiere, e non dell’acconciatore, come adesso. Il “principale” suonava quasi sempre la chitarra, il violino o la fisarmonica; il salone era un luogo dove ci si riuniva e si cantava e si suonava, e nel frattempo ai clienti veniva fatta la barba. Il clima era sempre allegro.’ Che canzoni si suonavano e si cantavano? ‘Quelle di Aurelio Fierro, di Sergio Bruni, di Modugno, di Celentano, di Morandi, per citarne alcuni. I clienti erano persone di una certa età e preferivano le canzoni classiche italiane e napoletane, quelle dei dischi a 78 e 45 giri.’ Quali erano i servizi offerti al cliente? ‘All’epoca esistevano gli abbonamenti: una tessera di dieci servizi che era nominativa ma poteva essere utilizzata anche dai parenti. Per la barba veniva tolto un tagliando, per i capelli due tagliandi, per entrambi tre tagliandi. C’erano abbonamenti di due barbe alla settimana, di martedì e sabato oppure la domenica, e c’era anche chi voleva tre servizi alla settimana. Quelli che facevano due servizi alla settimana avevano diritto, ogni quindici giorni, alla pulizia del collo e ogni mese a un taglio dei capelli. C’erano anche clienti che facevano tre barbe alla settimana, martedi, giovedi e sabato, e altri solo la domenica, perché la domenica si lavorava mezza giornata, anche se in realtà non era mai mezza giornata perché prima delle 16 e 30 non arrivavo mai a casa.’ Agli inizi degli anni Sessanta la squadra di calcio del Catania militava in serie A. Era un argomento da salone, immagino. ‘Si parlava sempre del Catania, di quella splendida stagione che va dal ’61 al ’66. Presidente era Marcoccio mentre l’allenatore era Di Bella. Il Cibali era stracolmo di tifosi che seguivano le imprese dei nostri calciatori.’ Qualche nome? ‘Mi ricordo perfettamente una formazione di quegli anni: Gasperi, Michelotti, Giavarra, Corti, Grani, Ferretti, Castellazzi, Biagini, Calvanese, Prenna e Morelli.’ Per quanto riguarda la musica, di chi le parlavano i clienti? ‘A meta degli anni Sessanta si parlava dei Beans, che si erano formati da poco, e di Cesare Bruno, che non era catanese ma della provincia di Siracusa. A livello locale c’erano piccoli gruppi che però si scioglievano presto. Ricordo che un mio cliente seguiva molto un gruppo di Catania chiamato Coos Berryes che faceva musica dei Beatles e dei Beach Boys.’ Politicamente era l’epoca di Nino Drago e della Democrazia Cristiana. Come si viveva in quel periodo? ‘Era l’epoca del boom economico e Catania era detta la Milano del Sud. In via Etnea aprivano tanti negozi nuovi e passeggiando ci si fermava da Savia o da Caviezel. Molti miei clienti erano in politica, vicini a nomi quali Macrì e Drago.’ Arriviamo agli anni Settanta. Come cambiava l’acconciatura dei suoi clienti? ‘I capelli corti a caschetto alla Beatles lasciavano il posto alla moda dei capelli lunghi e dei basettoni,e molti volevano seguire le tendenze hippy americane. I ragazzi portavano i pantaloni a zampa d’elefante e le magliette colorate con le immagini di Bob Dylan e del festival di Woodstock. La musica era molto sentita e vissuta in quegli anni. Qui da noi la gente andava a vedere i gruppi che suonavano dal vivo nei ristoranti, nelle pizzerie. Tante erano le band che si esibivano e tutte avevano nomi strani. Era il periodo di Vincenzo Spampinato, di Gianni e Marcella Bella: chi non ricorda “Montagne Verdi” e “Non si può morire dentro”? E non dimentichiamo che Franco Battiato, che agli inizi faceva musica sperimentale, cominciò ad avere successo negli anni Settanta. Ma la musica era anche da discoteca, e in quel periodo il Charlie Brown, il Gammon e il Mclntosh la facevano da padrone. Conoscevo molti clienti che lavoravano nelle discoteche e anche nelle radio.’ Già, perché tra la metà e la fine degli anni Settanta nascono a Catania le radio libere e le televisioni private. ‘C’erano Radio Catania International, Radio Sole, Radio Etnea, e Pippo Baudo conduceva il festival della Canzone Siciliana su Antenna Sicilia, mentre Gianni Creati si inventò il Pomofiore su Telecolor, la rete dove trasmettevano anche uno show nel quale una ragazza si spogliava a poco a poco, e per questo era detta margherita: i suoi abiti erano come i petali ma, per il meccanismo della trasmissione, non sempre riusciva a rimanere senza veli e allora si rimandava tutto alla settimana successiva. Tra i personaggi simpatici delle Tv locali mi piace r1cordare l’attore Vito Meli nel ruolo di Agatino Provvidenza, il “tifoso di sostanza”, che parlava dei “puppetti” che il Catania rifilava alle squadre avversarie.’ Fu quindi la fine dei barbieri suonatori e cantanti? Nel salone era meglio avere una radio in diffusione musicale? ‘Non c’erano più i barbieri musicisti. l tempi erano cambiati e la gente preferiva ascoltare musica in sottofondo. Anche la figura del barbiere stava scomparendo, trasformandosi in acconciatore. Era il periodo del taglio scolpito dal rasoio che arrivo da Milano e che i clienti richiedevano per essere alla moda. E finalmente anche l’igiene diventava più curata: mentre negli anni Sessanta i barbieri rischiavano di prendere i pidocchi dai clienti, negli anni Settanta si andava al salone anche a fare lo shampoo e scompaiono per sempre le sputacchiere.’ Anni Ottanta: come si viveva a Catania? Di cosa parlavano i clienti? ‘Gli anni Ottanta sono stati un periodo buio per la città: omicidi per strada, rapine e bombe nei negozi. La gente aveva paura, rimaneva a casa la sera e rientrava presto. Alle otto di sera sembrava che ci fosse il coprifuoco. Si parlava del delitto del giornalista Pippo Fava e di come si preferiva andare al cinema di sabato 0 domenica pomeriggio e allo stadio la domenica.’ Il Catania saliva in serie A nel 1983 ‘E ci rimaneva solo una stagione. Ma il presidente Massimino si prendeva questa bella soddisfazione, dopo tanto sale scaramantico sparso dietro le porte avversarie. Di Marzio guidava al traguardo una squadra in cui spiccavano Sorrentino, Cantarutti, Crialesi, Mastalli, Mastropasqua e Ranieri, che divenne poi un famoso allenatore. Gli spareggi per la serie A ci vedevano protagonisti vittoriosi all’Olimpico di Roma, in una splendida cornice di colori rossazzurri sugli spalti.’ In politica si costituisce il triumvirato Drago, Nicolosi e Andò e la città tenta una rinascita. Una rinascita che cominciava a fine anni Ottanta ma che prendeva forma negli anni Novanta, quando si ricominciava a uscire e a riappropriarsi del centro storico, dando vita alla cosiddetta movida catanese. Con Bianco e Musumeci Catania viveva un periodo di ripresa economica e sociale, ma fu un sogno che durò poco.’ Come mai? ‘La crisi economica si faceva sentire anche su grandi colossi come Rendo, Costanzo e Parasiliti, i tre cavalieri del lavoro che davano migliaia di posti di lavoro. Ricordo diversi clienti che furono licenziati, padri di famiglia con figli. Una situazione drammatica.’ La Seattle d’Italia. Cosi era soprannominata Catania in quegli anni, per il fermento musicale che la caratterizzava e per la ricchezza di band che si affermavano, motivi per i quali veniva paragonata alla città americana. ‘Il discografico Francesco Virlinzi lanciava i Denovo, Brando, Carmen Consoli, che si affermavano a livello nazionale. La sua morte è stata una grossa perdita, se avesse vissuto ancora chissà quanti altri nomi avrebbe scoperto.’ Virlinzi portava a Catania il famoso gruppo americano dei Rem, un evento indimenticabile allo stadio Cibali, lo stesso stadio che, con la denominazione Angelo Massimino, vedeva la promozione del Catania nel 2006. ‘Un grande Catania, del quale si parlava ogni giorno e ogni ora con i clienti del mio salone. Eravamo tutti coinvolti dalle imprese della squadra allenata da Marino, che aveva come presidente un giovane Pulvirenti, che conosco e stimo personalmente come uomo e come appassionato tifoso. Grandi partite e grandi soddisfazioni grazie a Baiocco, Spinesi, Sottil, Del Core, Caserta.’ Catania ai nostri giorni vive la crisi economica nazionale ma con un peso maggiore, una città alle prese con vertenze e licenziamenti. C’è ancora voglia per assecondare le tendenze e per seguire le mode? ‘Le mode e le tendenze esistono a prescindere dalle difflcoltà economiche. E’ vero che alcuni clienti che prima venivano più spesso ora aumentano l’intervallo tra un taglio e l’altro o non fanno più la barba, ma all’acconciatura alla moda non si rinuncia e la gente è molto esigente in questo periodo dove l’immagine è importantissima. Adesso ci sono i tagli con la macchinetta elettrica per i giovani e le forbici si usano sempre meno.’ Tornando al passato, nel suo salone troviamo in bella mostra alcuni attrezzi del mestiere, oggetti d’epoca. Può dirci cosa sono e a quale periodo appartengono? ‘Sono attrezzi degli anni Quaranta, come un asciugacapelli e degli occhiali da barbiere, altri degli anni Cinquanta come un rasoio tedesco Puma, le macchinette meccaniche anch’esse tedesche e una strap, che è una cinghia per affilare il rasoio. Degli anni Sessanta sono la Brillantina Linetti e le lame Bolzano.’
Ti mossi u vavveri? (ti è morto il barbiere?). E’ una frase che si usa a Catania quando un conoscente ti incontra e si permette, in confidenza, di chiedertelo per via dei tuoi capelli lunghi. Al sottoscritto ci mossi APPIDDAVERU. Da una vita andavo da Luciano, parrucchiere molto in voga negli anni Settanta e collezionista di opere d’arte. In passato occorreva l’appuntamento. Era un vero barbiere, un artista. Per niente titolare di boutique del capello, artista del pelo o consulente d'immagine come le comiche denominazioni che si usano oggi. Vavveri, dalla testa ai piedi! Era una brava persona, di quelle che mentre ti conciano ti fanno sentire a tuo agio parlando di donne, del Catania, delle mie battute lisce, della politica, dei personaggi del quartiere, degli acciacchi. Io lo chiamavo Kociss perché a volte, parlando parlando, si dimenticava del mio scalpo, esagerava e mi presentava allo specchio con una capigliatura da deportato a Dachau. L’ultimo anno è peggiorato tanto in termini di pulizia e di servizio. Era vecchio, apriva tardi, a volte per niente per dedicarsi ai suoi Dobberman nella casa di Massa Annunziata, ma non voleva chiudere l’esercizio perché diceva che per lui era la vita, anche a costo di non guadagnare un centesimo. L’altro giorno ci sono andato, ma la saracinesca era chiusa e per terra c'era un cestino di fiori “gli amici di via Principe Nicola”. Il palo da barbiere bianco e blu era stato rimosso e non girerà più come ai bei tempi. Adesso, considerato che è domenica, domani il riposo settimanale, qualche giorno per valutare ……e la mia condizione al momento (vedasi foto), vi chiedo qualche consiglio sui Barber Shop in zona Guardia Ognina. Grazie.
(fonte post Facebook – Mimmo Rapisarda)
|