La
storia dei Beatles inizia in un giorno di novembre del 1961. Il Cavern
Club, locale di Londra dove John Lennon, Paul McCarteney, Gorge Harrison
e Pete Best si esibivano tutte le sere, fu il luogo dell’incontro con
Brian Epstein colui che diventò il loro menager. Non era un ambiente
idilliaco. Epstein rimase folgorato dai quattro, i quali, reduci da una
tournee ad Amburgo, cominciavano a far parlare di loro. All’inizio del
mese di dicembre del 1961 i Beatles firmarono il loro primo contratto. I
primi provini, però, non furono un granchè. Fortunatamente l’anno
seguente tornarono in germania, ad Amburgo, in quello che era
considerato il locale più prestigioso: lo Star Club. La tournee fu
trionfale e il sei giugno i quattro si ritrovarono negli studi della EMI
per un ennesimo provino. Il produttore Gorge Martin, dopo averli
ascoltati, propose loro la pubblicazione del primo singolo con un unico
"inconveniente". Pete Best, batterista del gruppo, non fu
ritenuto all’altezza e fu sostituito da Ringo Starr (vero nome Richard
Starkey). Ancora oggi è questo uno dei tanti misteri che aleggiano all’ombra
del gruppo.
Il
primo 45 giri fu "Love me do"/"P.s. I love you". Fu
pubblicato nel mese di ottobre e nel giro di un mese, incredibilmente,
arrivò ai vertici delle classifiche di vendita britanniche. Dopo
qualche mese, all’inizio del 1963, fu pubblicato il secondo singolo
"Please, please me"/"Ask me why". Ci volle solo un
mese e il disco raggiunse la vetta delle chart britanniche. Ad aprile
uscì il loro terzo singolo "From me to you"/"Thank you
girl" e fu un nuovo primo posto nella classifica. Ed ecco, alla
fine del mese di aprile, il primo 33 giri del gruppo.
Aprile
1963 PLEASE PLEASE ME
I
saw her standing there/ Misery/ Anna (Go to him)/ Chains/ Boys/ Ask me
why/ Please please me/ Love me do/ Ps I love you/ Baby it’s you/ Do
you want to know a secret/ A taste of honey/ There’s a place/ Twist
and shout
Con
l’uscita dell’ album scattò la prima operazione commerciale della
loro casa discografica. Da fenomeno prettamente londinese i quattro
cominciarono a farsi conoscere in tutto il Regno Unito.
Ad
agosto uscì , attesissimo, il nuovo singolo: "She loves you"/"I’ll
get you" anche questo primo nelle chart con la conseguente prima
vera tournee che toccò anche altre nazioni europee. Non eravamo ancora
alla Beatlesmania ma il loro nome cominciava a girare sempre più
velocemente in tutto il vecchio continente.
Alla
fine di novembre uscì il secondo 33 giri. Con le bellissime "All
my loving" e "Till there was you"
Novembre
1963 WITH THE BEATLES
It
won’t be long/ All I’ve got to do/ All my loving/ Don’t brother
me/ Little child/ Till there was you/ Please mr. Postman/ Roll over
Beethoven/ Hold me tight/ You really got a old on me/ I wanna be your
man/ Devil in her heart/ Not a second time/ Money (That’s what I want)
WITH
THE BEATLES vendette oltre un milione di copie nella sola Gran Bretagna.
Ma la vera sorpresa fu, dopo solo una settimana dalla pubblicazione dell’album,
l’uscita di un altro singolo inedito: "I want to hold your hand"/"This
boy" con il quale si chiude questo anno fondamentale per la
crescita artistica del gruppo.
Il
1964 cominciò in tono minore. Del resto i Beatles in pochi mesi avevano
prodotto singoli e un album di successo. Nel mese di febbraio i Beatles
sbarcarono in America e furono 73milioni i telespettatori che li
guardarono all’Ed Sullivan Show. Oramai la beatlesmania cominciava a
dilagare e puntualmente nel mese di marzo uscì il loro nuovo singolo
"Can’t buy me love"/"You can’t do that".
Il
momento era l’ideale per tentare altre strade per pubblicizzarli
ulteriormente. Qualche mese dopo il gruppo cominciale riprese di A hard
day’s night (in Italia ribattezzato Tutti per uno), un film dove i
Beatles si autointerpretavano. E venne anche il primo tour mondiale. I
beatles toccarono anche Asia, Nuova Zelanda e Australia. Nel mese di
luglio uscì la loro fatica discografica e, qualche settimana dopo, il
nuovo 33giri intitolato, per l’appunto:
Agosto
1964 A HARD DAY’S NIGHT
A
hard days night/ I should have known better/ If I feel/ I’m happy just
to dance with you/ And I love her/ Tell me why/ Can’t buy me love me/
Anytime at all/ I’ll cry instead/ Things we said today/ When I get
home/ You can’t do that/ I’ll be back
con
le bellissime "I feel fine" e "And I love her". Un
nuovo tour negli Stati Uniti consacrò ulteriormente la loro
popolarità. Per il gruppo non c’era un solo attimo di tregua. In
novembre era già pronto un nuovo singolo: "I feel
fine"/"She’s a woman" e, il giorno dopo, un nuovo 33
giri a solo cinque mesi dal precedente!
Novembre
1964 BEATLES FOR SALE
No
reply/ I’m loser/ Baby’s in black/ Rock and roll music/ I’ll
follow the sun/ Mr. Moonlight/ Kansas City/ Eight days a week/ Words of
love/ Honey don’t/ Every little thing/ I don’t want to spoil the
party/ What you’re doing/ Everybody’s trying to be my baby
Si
chiudeva così il 1964, ennesimo anno trionfale per il quartetto di
Londra.
Come
per gli altri anni, l’inizio del 1965 è all’insegna della
tranquillità. Tranquillità che dura, però, soltanto pochi mesi. Esce
il nuovo singolo: "Ticket to ride"/"Yes it is"; ma
soprattutto i Beatles furono al centro del più grande scandalo di
quegli anni. Vennero insigniti, infatti, dell’onoreficenza dell’
Ordine dell’Impero in omaggio alla grossa pubblicità resa, alla
nazione, in tutto il mondo. La cosa non andò giù al mondo
aristocratico inglese e ai tanti cittadini che avevano conquistato
quella onorificenza per meriti di guerra. Furono tanti coloro che la
restituirono per protesta. Nello stesso periodo i quattro furono di
nuovo sul set e cominciarono le riprese del loro secondo film Help! (in
Italia, Aiuto!). il film usci alla fine di luglio unitamente al nuovo 33
giri dal titolo omonimo.
Luglio
1965 HELP!
Help!/
The night before/ You’ve got to hide your love away/ I need you/
Another girl/ You’re gonna lose that girl/ Ticket to ride/ Act
naturally/ It’s only love/ You like me too much/ Tell me what you see/
I’ve just seen a face/ Yesterday/ Dizzy miss Lizzie
Tante
le chicche. Ma una spanna sopra tutte la celeberrima "Yesterday".
Cominciò
una nuova tournee e, finalmente, i quattro sbarcarono in Italia.
Concerti a Milano, Genova e Roma e tutto esaurito.
Il
nuovo album fu posto in vendita alla fine del 1965 e, in contemporanea,
usci anche il singolo anticipatore: "Day Tripper"/"We can
work it out".
Dicembre
1965 RUBBER SOUL
Drive
my car/ Norwegian wood (This bird has flown)/ You won’t see me/
Nowhere man/ Think for yourself/ The word/ Michelle/ What goes on?/
Girl/ I’m looking through you/ In my life/ Wait/ if I needed someone/
Run for your life
La
chicca è Michelle. Senza però dimenticare successi come Girl e Nowhere
man.
Il
1966 fu l’anno dei primi cambiamenti. Gorge si sposa con Patty Boyd,
modella e attrice nota per aver partecipato come comparsa nel loro primo
film. I Beatles nel frattempo cominciarono una tournee in Gran Bretagna
con una serie di concerti memorabili che terminarono a Londra, a Wembley,
il 1° maggio. Fu il loro ultimo concerto, live, in Inghilterra! Il mese
successivo registrarono il loro ennesimo 45 giri. "Paperback writer/"Rain".
Il lato B fu il primo esperimento di psichedelia dei Quattro. La tournee
continuò toccando altri posti sconosciuti come il Giappone e, alla fine
dell’estate, uscì il loro nuovo, attesissimo, 33giri.
Agosto
1966 REVOLVER
Taxman/
Eleanor rigby/ I’m only sleeping/ Love you too/ Here, there and
everywhere/ Yellow submarine/ She said she said/ Good day sunshine/ And
your bird can sing/ For no one/ Dr. Robert/ I want to tell you/ Got to
get you into my life/ Tomorrow never knows
"Here,
there and everywhere" fu uno dei cavalli di battaglia unitamente a
"For no one". Dopo l’estate tutti sentirono il bisogno di
staccare un po’ la spina e si dedicarono ad alcuni progetti personali.
La casa discografica ne approfittò per regalare, a Natale, una raccolta
dei loro più grandi successi:
Dicembre
1996 A COLLECTION OF BEATLES OLDIES (OLDIES… BUT GOLDIES)
She
loves you/ From me to you/ we can work it out/ Help!/ Michelle/
Yesterday/ I feel fine/ Yellow submarine/ Can’t buy me love/ Bad boy/
Day tripper/ A hard day’s night/ Ticket to ride/ Paperback writer/
Eleanor Rigby/ I want to hold your hand
Nel
mese di febbraio del 1967 uscì il loro nuovo 45 giri. "Penny
lane"/"Strawberry field forever" e cominciarono la
lavorazione di quello che comunemente viene definito non solo il loro
capolavoro ma IL CAPOLAVORO della storia della musica pop/rock.
Giugno
1967 SGT. PEPPER’S LONELY HEART CLUB BAND
Sgt.
Pepper’s lonely heart club band/ With a little help from my friends/
Lucy in the sky with diamonds/ Getting better/ Fixing a hole/ She’s
leaving home/ Being for the benefit of mr. Kite/ Within you without you/
When I’m sixty-four/ Lovely Rita/ Good morning good morning/ sgt.
Pepper’s lonely heart club band (reprise)/ A day in the life
L’album
resterà in vetta alle classifiche di vendita americane e inglesi per
più di un anno. Venne anche pubblicato un 45 giri: "All you need
is love"/"Baby, you’re a rich man". Durante l’estate
avvenne anche l’incontro con lo Yogi Maharishi. Un week end insieme ad
altri esponenti della musica rock per rilassare corpo e spirito dai
disturbi causati dallo stress. Non si parlava d’altro, in Inghilterra.
Una notizia tragica, però, li costrinse a tornare a Londra. Il loro
manager e amico di tante battaglie, Brian Epstein, era stato trovato
morto. Non fu mai chiarita la causa del suo decesso ma per i quattro fu
un duro colpo. Quel contratto stipulato nel 1962 non era stato mai
rinnovato in quanto non ce n’era bisogno. Era considerato uno di loro
e mai si sarebbero separati.
Verso
la metà di novembre uscirono, contemporaneamente, il nuovo film (Magical
mistery tour) e il 45 giri ("Hello goodbye"/"I am the
walrus"). Un mese dopo il nuovo 33 giri che portava lo stesso
titolo del cortometraggio.
Dicembre
1967 MAGICAL MISTERY TOUR
Magical
mistery tour/ The fool on the hill/ Flying/ Blue jay way/ Your mother
should know/ I am the walrus/ Hello goodbye/ strawberry fields forever/
Penny Lane/ Baby you’re a rich man/ All you need is love
Finì
l’anno e anche se altri successi dovevano ancora avvenire cominciò la
loro parabola discendente.
All’inizio
del 1968 uscì l’ennesimo 45 giri. "Lady Madonna"/"The
inner light". Il lato B fu registrato a Bombay con l’ausilio di
musicisti indiani. Seguì una tournee proprio in India dove alternarono
concerti con momenti di meditazione con il Maharishi. Nei mesi
successivi arrivò la vera svolta, in senso negativo. Quella che segnò
l’inizio della fine. John Lennon lasciò Chintya Powell e nella sua
vita entrò Yoko Ono. Dopo una notte di sesso & droga i due
registrarono Two virgins, un disco davvero indefinibile.. Fu il caos per
i fan e per gli altri componenti del gruppo.
A
novembre, dopo che anche Gorge Harrison, fortemente influenzato dalle
atmosfere indiane, ebbe pubblicato il suo primo album da solista (Wonderwall
music) uscì il nuovo lavoro del gruppo. Un disco doppio, senza titolo,
comunemente chiamato THE WHITE ALBUM.
Novembre
1968 THE WHITE ALBUM
Back
in the USSR/ Dear prudence/ Glass onion / Obladì obladà/ Wild honey
pie/ The continuoing story of Bungalow Bill/ While my guitar gently
weeps/ Happiness is a warm gun/ Martha my dear/ I’m so tired/
Blackbird/ Piggies/ Rocky raccoon/ Don’t pass me by/ Why don’t we do
in the road/ I will/ Julia/ Birthday/ Yer blues/ Mother nature’s son/
Everybody’s got something to hide except me and my monkey/ Sexy Sadie/
Helter skelter/ Long, long, long/ Revolution 1/ Honey pie/ Savoy truffle/
Cry baby cry/ Revolution 9/ Good night
Malgrado
l’abum fosse uscito alla fine dell’anno, nel mese di dicembre una
nuova sorpresa attendeva i fan dei Beatles. Uscì un altro album
Dicembre
1968 YELLOW SUBMARINE
Yellow
submarine/ Only a northern son/ All together now/ Hey bulldog/ It’s
all too much/ All you need is love
dove
i Beatles erano presenti nella sola facciata A riservando il retro alla
colonna sonora del cartone animato (Yellow submarine) uscito qualche
mese prima a cura di George Martin e della sua orchestra.
Nonostante
il buon successo di questa annata era sempre più evidente il dissidio
all’interno del gruppo.
Il
1969 si aprì con l’avvento di Allen Klein. Doveva in qualche modo
prendere il posto di Brian Epstein ma fu la causa di tanti litigi. Nel
frattempo Paul aveva conosciuto Linda Eastman, bella fotografa, alla
quale si era sempre più legato. Nel mese di marzo John sposò Yoko e
Paul, Linda. Il mese successivo videro la luce due nuovi 45 giri.
"The ballad of John and Yoko"/"Old brown shoe" e
"Get back"/"Don’t let me down".
Uscirono
lavori solisti di George e, soprattutto, di Lennon. Infatti, dopo una
delle tante notti "battagliere" con Yoko, in una camera d’albergo
di Montreal fu partorita Give peace a chance.
Verso
la fine di giugno cominciarono i lavori del nuovo album dei Beatles che
uscì in settembre.
Settembre
1969 ABBEY ROAD
Come
together/ Something/ Maxwell’s silver hammer/ Oh! Darling/ Octopu’s
garden/ I want you (She’s so heavy)/ Here comes the sun/ Because/ You
never give me your money/ Sun king/ Mean mr. Mustard/ Polythene pam/ She
came in through the bathroom window/ Golden slumbers/ Carry the weight/
The end/ Her majesty
Nel
mese di ottobre si diffuse la notizia, ovviamente fasulla, della morte
di Paul. Lennon, intanto, continuava sempre più a far parlare di sé.
Usci un suo nuovo lavoro da solista, un altro album solista dal vivo e
alla fine dell’anno restituì l’onoreficenza ricevuta qualche anno
prima e che tanto discutere aveva fatto. Ormai John era di fatto un
ex-beatle.
All’inizio
del 1970 per tentare di risanare le sorti della APPLE, Klein decise di
pubblicare un disco utilizzando il vasto materiale giacente in studio e
mai utilizzato in quanto considerato scarto. Chiamò a produrre il disco
Phil Spector con la conseguente detronizzazione, dopo tanti anni, del
fido George Martin. Durante la lavorazione una lite furibonda tra Paul
(molto legato a Martin) e Spector segnò l’allontanamento dal gruppo
dello stesso Paul. Nella confusione più totale, uscirono: un 45 dei
Beatles ("Let it be"/"You know my name"), un album
solista (il primo) di Ringo e un album solista di Paul. Un mese dopo
usci il 33 giri.
Maggio
1970 LET IT BE
Two
of us/ Dia a pony/ Across the universe/ I me mine/ Dig it/ Let it be/
Maggie mae/ I’ve got a feeling/ One after 909/ The long and winding
road/ For you blue/ Get back
Da
quel momento in poi la loro storia continuo individualmente. L’ultimo
"atto" fu la formale richiesta al tribunale, da parte di Paul,
di sciogliere la società THE BEATLES and Co.
La
storia di questo leggendario gruppo della musica leggera ebbe inizio a
Liverpool,dove un teen-ager di nome John Lennon,un ragazzo dal carattere
difficile che mostrava molto più interesse per la musica che non ad
acquisire un'istruzione. Formò con alcuni compagni di scuola un gruppo
di musica skiffle chiamato The Quarry Men. Fu in occasione di una
festività religiosa, che John incontra Paul McCartney, invitandolo ad
unirsi al suo gruppo. Nel 1957 suonarono per la prima volta al Cavern,
un jazz club di Liverpool, dove venne loro raccomandato di eseguire solo
musica skiffle, piuttosto che suonare del rock'n'roll, genere
considerato più o meno indegno dai cultori di jazz.Nei primi mesi del
1958 Paul introdusse nel gruppo un altro chitarrista, George Harrison,
suo compagno di scuola. Verso la fine del 1959 il gruppo partecipò ad
una manifestazione musicale per la scoperta di nuovi talenti a
Manchester: in quell'occasione si fecero chiamare "Jhonny and the
Moondogs" classificandosi in uno degli ultimi posti. All'inizio del
1960 si unì loro il bassista Stewart Sutcliffe che era il miglior amico
di John al liceo artistico. Allan Williams, primo imprenditore del
gruppo, fece loro presente che sarebbe stato meglio cambiare il nome del
gruppo. Dopo aver preso in considerazione e quindi scartato i nomi di
insetti, qualcuno suggerì The Beatles e prontamente, John, ne corresse
la grafia in Beatles. Ingaggiarono un batterista, tale Pete Best,
incontrato durante una loro esibizione in un club conosciuto come The
Casbah. Poco meno di una settimana dopo il gruppo attraversò la Manica,
diretti ad Amburgo. Il viaggio durò tre mesi e i Beatles fecero più di
100 spettatori,e verso la fine del soggiorno,John, Paul e George
incontrarono l'uomo che sarebbe diventato il tassello mancante del
gruppo: Richard Starkey (soprannominato Ringo Starr). I Beatles incisero
il loro primo disco che li portò all'incontro con colui che divenne il
loro impresario: Brian Epstein e che ebbe una grande parte nella storia
del loro successo. Epstein li convinse a cambiare batterista scegliendo
Ringo Starr e trovò loro una casa discografica: Parlophone. Il primo
singolo dei Beatles diffuso con il nome del gruppo fu Love me do, una
composizione di John e Paul, mentre l'album d'esordio fu Please Please
me. Seguirono le pubblicazioni di From me to you e She loves you. Nei
primi mesi del 1964 scalarono le vette delle classifiche americane con I
want to hold your hand, Twist and shout e Do you want to know a secret.
Trascorse pochissimo tempo prima che si cominciasse a parlare di una
pellicola con i Beatles e, al ritorno dal primo viaggio in America, il
gruppo iniziò a lavorare al suo primo film: A hard day's night. Dopo la
pubblicazione dell' LP Beatles for sale, seguì un nuovo film: Help! che
raggiunse le vette delle classifiche inglesi ed americane sia come
singolo che come album. Poco prima dell'uscita di Help! venne annunciato
pubblicamente che ai Beatles era stato riconosciuto il titolo di MBE (Members
of the British Empire), In un ulteriore viaggio in America incontrarono
Elvis Presley nella sua casa di Bel Air. Nel 1965 viene pubblicato un
nuovo grande successo, Yesterday, In coincidenza con l'inizio
dell'ultima tournee americana vennero pubblicati l'album, Revolver, ed i
singoli Eleanor Rigby, e Yellow Submarine. Nel Giugno del 1967 il mondo
accolse attonito l'album inciso contemporaneamente al singolo Sergent
Pepper's Lonely Heart Club Band, ancora oggi considerato il migliore LP,
seguito dalla presentazione di un film animato: Yellow Submarine. Quello
che viene considerato l'ultimo album "felice" dei Beatles fu
Abbey Road, un album non del tutto omogeneo perché ognuno scriveva il
proprio materiale e lavorava sulle proprie canzoni. L'abbandono del
gruppo da parte di McCartney fu causa di grande costernazione sia tra i
fans che tra gli stessi Beatles, dal momento che egli insistette nel
voler pubblicare il suo album d'esordio come solista proprio a pochi
giorni dall'uscita dell'atteso Let it be. In effetti gli altri membri
del gruppo ebbero poco da argomentare sul fatto che i Beatles non
esistevano più, anche se l'annuncio di Paul lo portò ad essere
considerato, a torto, l'unico responsabile della morte del gruppo. Nel
1970 ognuno dei quattro Beatles produsse un nuovo album da solista ed il
1971 li vede seguire ognuno le proprie tendenze musicali. Paul McCartney
fu il più prolifico e prese in considerazione l'idea di formare un
proprio gruppo, mentre John Lennon continuò a lavorare con sua moglie
Yoko Ono. L'ultima tragedia si consumò con l'assassinio di John Lennon
da parte di Mark Chapman, un sedicente fan che aveva chiesto a Lennon un
autografo poco prima, e così davanti al Dakota Building, Chapman sparò
cinque colpi senza un chiaro motivo. Fu la fine di un'era. I Beatles
sono considerati, giustamente, il più grande gruppo rock del mondo; il
loro fascino, il loro carisma ed il loro impatto sul pubblico devono
ancora essere uguagliati.

UNO
SPIRITO RIBELLE
di
Mauro Pavani
Sono
all'incirca le 23 dell'8 Dicembre 1980.
John
e Yoko stanno tornando alla loro residenza dopo una lunga giornata in
studio di registrazione. Raggiungono
il portone del Dakota Building, stanno per varcare la soglia quando una
voce chiama per nome l'ex Beatles. Sono
5 i colpi esplosi dall'arma che toglierà la vita a Lennon, a nulla
servirà la corsa all'ospedale Roosevelt.
Il
mondo della musica rock perde tragicamente uno dei suoi protagonisti
principali, la morte consegna John Lennon alla leggenda. Rimangono
le sue canzoni, le sue parole e le sue note, ma chissà cos'altro
avrebbe potuto comporre
con il suo talento, se solo il destino che ha armato la mano di quel
folle fosse stato attento
quanto bastava per evitare la tragedia.
L'8
Dicembre 2000 sarà il ventesimo anniversario della scomparsa di questo
grande artista, ho
voluto ricordarlo in questo articolo, perché amo la musica dei Beatles
e di John da sempre.
John
Winston Lennon nasce il 9 ottobre 1940 a Liverpool.
John
è un ragazzo dallo spirito già di indole ribelle, avido di libertà e
di nuove esperienze. Crescendo
John comincia a seguire con una certa attenzione i fenomeni musicali
dell'epoca: Elvis Presley, il rock and roll in genere e lo skiffle. Nel marzo
del 1957 fonda il proprio gruppo skiffle, chiamandolo in un primo
momento The Black Jacks. Nella
loro prima apparizione in pubblico, avvenuta il 9 giugno 1957, il nome
è già cambiato in Quarry Men.
L'incontro
con Paul McCartney avviene al termine di un concerto della band di John.
Paul
chiede a John di essere "sentito" per alcuni minuti
accompagnandosi con la chitarra. John
viene colpito dalla mini esibizione di McCartney, è il primo passo
verso quell'avventura musicale chiamata Beatles, che ancora oggi non ha
avuto uguali.
Nel
novembre del 1966 John incontra per la prima volta Yoko Ono, avvenimento
questo che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita.
Un'altra
tappa fondamentale della purtroppo breve vita di John è costituita
dalla nascita del suo secondo figlio. Infatti, in concomitanza del suo
trentaciquesimo compleanno, il 9 ottobre 1975, Yoko Ono dà alla luce
Sean Taro Ono Lennon.
Nell'ultima
intervista rilasciata la mattina dell'8 dicembre 1980, John dichiara
che, avendo compiuto da poco quarant'anni, è sua ferma intenzione
ricominciare a "vivere" e dedicarsi nuovamente alla musica a
tempo pieno.
Infatti,
ha già preso in affitto uno studio di registrazione a New York presso
la "Hit Factory".
Sin
dal momento in cui ha ottenuto dal governo federale il riconoscimento
ufficiale di cittadinanza americana, si trova in uno stato d'animo più
sereno e rilassato.
Aveva
registrato molto materiale sin da quando nel 1975 si era dedicato
esclusivamente alla sua famiglia.
Molti
di questi lavori, dopo la sua tragica morte, si trovavano ancora nella
fase embrionale, sebbene alcuni brani fossero già nella versione
definitiva, in quanto materiale destinato all'album "Double Fantasy".
Il
gesto di uno sconsiderato ha stroncato ogni illusione di poter rivedere
i Beatles insieme oltre a causare la perdita di un uomo e un personaggio
unico e irripetibile nella storia della musica rock.
SE
GLI ATEI PREGASSERO, 29 ANNI DOPO.
(Gianfranco
Manfredi) - Diario della settimana, 27 novembre 2000
È
il 1971. I Beatles si sono già sciolti da un anno, di comune accordo,
su proposta di John Lennon che dal ‘67-’68 ha imboccato un nuovo
cammino di ricerca espressiva con Yoko Ono, dagli esiti spesso
sconcertanti. Malinconicamente, molti hanno giudicato lo scioglimento
dei Beatles come una confessione di "abbiamo già dato",
qualcuno si illude che abbiano solo esposto il cartello di "chiuso
per ferie" e che presto torneranno insieme, e poi naturalmente c’è
la massa dei misogini e delle ragazzine piangenti che riversa ogni colpa
sulle supposte dark ladies Linda e Yoko.
Ed
ecco che, inatteso, giunge l’album Imagine, con il quale Lennon non
solo dimostra di aver ritrovato se stesso, ma si "marchia" con
una canzone simbolo, destinata a diventare il suo My Way. Desta sorpresa
che dopo aver proclamato di voler battere le strade dell’avanguardia e
della sperimentazione, Lennon abbia partorito una canzone costruita su
un semplicissimo giro di Do, che è nella storia della musica pop l’antagonista
strutturale del giro di blues. Il singolo arriva subito al terzo posto
nelle classifiche americane, in Inghilterra, causa censura, viene
pubblicato solo quattro anni dopo, e conquista il primo posto. Nel
frattempo, Imagine si è rivelata una canzone-manifesto, capace di
riassumere con mirabile nitore l’utopia di un’intera generazione per
consegnarla eternamente vergine ai posteri. Vergine... questo forse era
nelle intenzioni (dopotutto lo scandaloso album
"programmatico" di John e Yoko che li ritraeva completamente
nudi in copertina, si intitolava Due Vergini) in realtà nella storia
del rock non c’è stata canzone più stuprata di Imagine. Il tempo
sembra aver dissolto il suo intento provocatorio. Non c’è entertainer
al mondo che non l’abbia messa in repertorio ed eseguita alla stregua
di un qualsiasi evergreen sentimentale, e non c’è programma
televisivo per famigliole che non l’abbia ammannita come zuccheroso
dessert, dissimulando in puro flatus vocis i versi più chiaramente
anti-religiosi, quando non tagliandoli del tutto. La stessa Yoko Ono,
del resto, proponendola alla fine del 1999 come canzone Inno del Nuovo
Millennio, l’ha definita al tabloid londinese Sun come "una
preghiera, scritta per un mondo migliore", aggiungendo questo
auspicio-appello: "Spero che questo Natale il disco arrivi in testa
alle classifiche. Servirà a diffondere l’idea della pace e John ne
sarà toccato".
QUALCUNO
CREDE AL PARADISO? Non guasterà, a quasi trent’anni di distanza, una
piccola esegesi del testo di Imagine che ne richiami il senso originale
e ne misuri (scherzosamente, ma non troppo) qualche distanza dall’oggi.
L’attacco
non potrebbe essere più diretto: Immagina che non esista il paradiso.
È facile, basta che ci provi. Tipica ironia demistificatoria di Lennon:
chi crede al Paradiso? Nessuno. Nessun inferno sotto di noi (anche la
teologia ufficiale ormai ammette che l’Inferno è solo una metafora).
Sopra di noi soltanto il cielo (questo è un concetto più ostico per i
credenti, ma tutto è possibile dopo che il Papa ha detto che Dio non ha
la barba e che il Paradiso con gli angeli che suonano l’arpa tra le
nuvolette non va preso alla lettera). Immagina che tutte le persone
vivano solo per l’oggi (godi la vita adesso, cogli l’attimo
fuggente, eterno imperativo libertino sempre scandaloso agli occhi dei
cantori dell’etica del lavoro, del sacrificio, e della competizione).
Immagina che non ci siano nazioni, non è poi così difficile da fare
(puro cosmopolitismo anarchico, ma, dio mio, non sarà invece stato
scambiato con l’odiata
globalizzazione? In ogni caso pare
difficilissimo abolire gli Stati Nazionali, e tra chi lo chiede c’è
chi pretende le Regioni Blindate e le Città Stato. Immaginare va bene,
ma illudersi è nefasto). Niente per cui uccidere o morire (nonviolenza
sacrosanta, ma con i guerrafondai come la mettiamo?) e anche nessuna
religione (ahi! Ecco il punto dolente. Come si fa a vincere la battaglia
della pace senza l’appoggio delle principali organizzazioni religiose?
Qualche anima bella forse suggerirà di limitare la proposta abrogativa
al fondamentalismo islamico e alle sette terroristiche giapponesi).
Immagina che tutta la gente viva la propria esistenza in pace (questo,
certo, apre il cuore. In una canzone funziona, in una riunione di
condominio già meno). Risposta di Lennon alle obiezioni: Puoi dire che
sono un sognatore, ma non sono il solo, spero che un giorno tu sarai con
noi, e il mondo sarà come un’unica persona.
L’Utopia,
la forza del Sogno, l’immaginazione che non ha bisogno di andare al
Potere perché è più forte senza il Potere... non si è ancora capito?
Si passi alla seconda strofa. Immagina nessuna proprietà. Se ce la fai,
mi meraviglio anch’io. Grande Lennon! Sferra il colpo e aggiunge
ironia, prima di riassumere "politicamente" i punti cardine
della visione: liberazione dal bisogno, dall’avidità e dalla fame,
fratellanza universale, condivisione del mondo.
Questo
messaggio viene ripetuto con diverse sfumature in altre canzoni dell’album.
In Crippled Inside Lennon canta: Puoi anche andare in chiesa a cantare
gli inni, puoi giudicarmi in base al colore della mia pelle, puoi vivere
nella menzogna finché muori, ma una cosa non puoi nasconderti: che sei
menomato dentro.
In
I Don’t Wanna be a Soldier enuncia una serie di ruoli che rifiuta:
quello di soldato, perché non voglio morire, quello di avvocato,
perché non voglio mentire, quello di emigrante, di povero e di ladro,
perché non voglio scappare, quelli di "fallito", di ricco e
di uomo di chiesa, perché non voglio piangere. Quest’ultima
associazione è significativa: arricchire coincide per Lennon con un
drammatico fallimento, e appartenere a una chiesa per lui conduce allo
stesso esito. L’apparente ricchezza materiale e quella spirituale,
incarnate in ruoli, sono per Lennon le maschere sociali che celano un
senso profondo di deprivazione e di smarrimento.
Conclusione:
il sognatore di Imagine non è affatto un ingenuo. È amaramente
consapevole di dover vivere appeso a una speranza molto esile di
riscatto universale, ma non si limita ad aspettare che si realizzi.
Cerca felicità per sé, nell’oggi, e sintonia con lo stato d’animo
di tutti. E canta, chiaro e sommesso, senza bisogno di rafforzare il
messaggio con scansioni ritmiche e clangori elettrici, che non esiste
lotta per la pace senza denuncia dell’ordine sociale e dell’ipocrisia
religiosa in particolare.
TRA
PROPAGANDA E VERITÀ. Domanda: Lennon era anarchico? Verrebbe ovvio
rispondere di sì, ma la cosa non è così semplice come appare. In un’intervista
politica concessa nel 1966 al giornalista Ray Coleman del Disc Weekly
Lennon dichiara: "Io non sono un anarchico e non voglio sembrare
uno di loro. Ma penso che sarebbe un bene se sempre più gente si
rendesse conto della differenza tra la propaganda politica e la verità.
C’è una sola ragione che spieghi la quantità di programmi televisivi
elettorali: i politici vogliono
forzare il pubblico a guardarli.
Altrimenti, alla gente non potrebbe fregare di meno di loro... perché
sotto sotto la maggior parte delle persone sa che c’è qualcosa di
sbagliato nell’attuale forma di governo... questi politici a me
sembrano tutti uguali. Parlano solo di economia, non delle persone e
della fame di libertà. Le cose che contano di più per noi, per loro
sono irrilevanti".
Al
momento in cui rilasciava questa intervista, John non aveva ancora
conosciuto Yoko Ono, e lo scioglimento dei Beatles non era all’ordine
del giorno. I Beatles però avevano maturato la decisione di non
apparire più in pubblico, turbati dall’evidenza: i loro concerti
erano diventati puri riti spettacolari e l’isterismo per il quartetto
svuotava di significato ogni tentativo di comunicare.
PIÙ
POPOLARI DI GESÙ. Fu allora che Lennon cominciò a mostrarsi
provocatorio anche nei confronti del pubblico e a dare scandalo fuori
dalla cornice abituale del palcoscenico. Nello stesso anno 1966
rilasciò una famosa (e per molti malfamata) intervista alla giornalista
Maureen Cleave dell’Evening Standard, in cui proclamava che i Beatles
erano più popolari di Gesù Cristo. Seguirono parziali ritrattazioni,
in cui Lennon spiegò che aveva voluto essere ironico, ma è bene
rileggere il testo integrale della sua dichiarazione alla Cleave:
"Il cristianesimo è destinato a scomparire, raccoglierà sempre
meno fedeli fino a svanire del tutto. Non c’è nulla da discutere su
questo punto: ho ragione e i fatti mi daranno ragione. In questo momento
siamo più popolari noi di Gesù. Gesù era in gamba, ma i suoi seguaci
erano gentaglia rozza e ottusa". Pur nella frettolosità della
"sparata" non deve sfuggire l’acuta associazione tra il
cristianesimo e l’idolatria suscitata dal rock. Questa resterà una
costante per Lennon, che non a caso canterà: Io non credo in Dio, io
non credo ai Beatles.
E
neppure si può dire che fosse meno smitizzante nei confronti della già
affiorante spiritualità new age. Del guru Maharishi che tutti davano
per guida spirituale dei Beatles, disse che le sue tecniche di
meditazione erano "bolle di sapone". Un giudizio più gentile
, se vogliamo, di quello dato da Mick Jagger ("un ciarlatano")
ma anche più sarcastico. Era il tempo in cui un altro celebre cantante,
Donovan, dichiarava: "La musica pop è il veicolo perfetto per la
religione". Se guardiamo alla riabilitazione del rock voluta da
Giovanni Paolo II, non possiamo non riconoscere un carattere profetico
alle parole di Donovan. La sbandierata sicurezza con la quale Lennon
annunciava la fine del cristianesimo può invece apparire patetica, e il
suo disagio nel vivere da protagonista il trionfo del rock idolatrico
può essere giudicato contraddittorio e tragico.
Quando
Lennon venne ucciso, nel 1980, aveva abbandonato le scene da cinque
anni, cercando di vivere come un normale cittadino di New York, uscendo
per strada senza guardia del corpo, chiacchierando con le persone del
quartiere, non più costretto a fuggire dall’assedio dei fans, tanto
da fermarsi in mezzo alla strada per firmare un autografo a Mark Chapman,
l’uomo che gli avrebbe poi sparato.
La
morte violenta consegnò John Lennon all’icona che credeva d’essere
riuscito a spezzare. Ma oggi che è diventato un santino buono per tutti
gli usi, si cerchi almeno di rispettarlo per ciò che era: non un leader
politico, non un modello di comportamento, ma un ateo militante, questo
sì.

Imagine
Imagine
there's no heaven
It's
easy if you try
No
hell below us
Above
us only sky
Imagine
all the people
Living
for today...
Imagine
there's no countries
It
isn't hard to do
Nothing
to kill or die for
And
no religion too
Imagine
all the people
Living
life in peace...
You
may say I'm a dreamer
But
I'm not the only one
I
hope someday you'll join us
And
the world will be as one
Imagine
no possessions
I
wonder if you can
No
need for greed or hunger
A
brotherhood of man
Imagine
all the people
Sharing
all the world...
You
may say I'm a dreamer
But
I'm not the only one
I
hope someday you'll join us
And
the world will live as one
|
Immagina
Immagina
che il paradiso non esista
è
facile se ci provi
non
c’è l’inferno sotto di noi
sopra
di noi soltanto il cielo
immagina
tutta la gente
che
vive solo per il presente
immagina
che non ci siano nazioni
non
è difficile farlo
niente
per cui uccidere o per cui morire
e
neppure nessuna religione
immagina
tutta la gente
che
vive la propria vita in pace…
tu
dirai che io sono un sognatore
ma
non sono l’unico
spero
che un giorno ti unirai a noi
e
il mondo diventerà unito
immagina
che non esista la proprietà (privata)
immagino
che tu ci riesca
nessuna
necessità di avidità o di fame
una
comunità di uomini
immagina
tutta la gente
che
si divide tutto il mondo
tu
dirai che io sono un sognatore
ma
non sono l’unico
spero
che un giorno ti unirai a noi
e
il mondo diventerà unito
|
VI
RACCONTO PERCHE' HO UCCISO LENNON
Erano
le 22:50 dell'8 dicembre 1980, quando John Lennon fu ucciso con cinque
colpi di pistola di fronte al palazzo dove abitava con Yoko Ono.
Scompariva, in quella fredda serata newyorkese, il mito di un'intera
generazione. Adesso, nel decimo anniversario della morete, Mark David
Chapman si decide a parlare, a spiegare il perchè, a raccontare come
sono andate veramente le cose, ad abbandonarsi al rimorso e a implorare
perdono. Chapman è l'assassino del più famoso dei Beatles. Ha concesso
la sua prima intervista dal carcere di Attica, nello stato di New York,
dove rimarrà fino al 2000 (è stato condannato a vent'anni).
"Da
quando avevo dieci anni- dice Chapman al giornalista Jack Jones, del 'Democrat
and Chronicle'- ero stato colpito dall'idealismo e dalle parole di
verità delle canzoni di John Lennon". Ma, col tempo, il suo amore
per i Beatles si è trasformato in un odio satanico. Nel 1980 Chapman si
era appena sposato e viveva con la moglie alle Hawaii. Non aveva lavoro.
L'immagine di un Lennon, sprofondato nei lussi newyokesi gli faceva
rabbia.
Così,
in una sorta di crescente follia, Chapman metteva a terra il disco dei
Beatles, si inginocchiava e pregava Satana di dargli la forza di
uccidere John Lennon. "Sentivo dentro di me una voce che diceva
'devi farlo', 'devi farlo', 'devi farlo'".
Comprata
una pistola calibro 38 in un'armeria delle Hawaii, è andato a New York
per portare a term,ine il suo piano. In una stanza d'hotel, Chapman
canticchiava: "Lennon deve morire, Lennon è un pallone
gonfiato"
Il
primo viaggio a New York è stato inutile. Chapman non ce l'ha fatta ed
è tornato dalla moglie. Alcuni giorni più tardi, il diavolo l'ha
riportato a New York. Abitava in un piccolo hotel vicino ai Dakota
Apartments, il palazzo di Lennon e di grandi altri nomi del jet set di
Manhattan (è un complesso sulla West Side costruito nel 1884). L'8
dicembre 1980 si è convinto che la "storia e il tempo" erano
dalla sua parte. Era il momento di agire. Alle 16:30 ear davanti alla
casa di Lennon, lo aspettava con in mano una copia del suo ultimo disco.
Appena l'ha visto, gli ha chiesto un autografo. Lui è stato gentile, lo
ha accontentato, gli ha chiesto se poteva fare qualcos'altro. Chapman è
rimasto di ghiaccio, non aveva la forza di estrarre la pistola. Ma ha
aspettato, con pazienza, il rotorno di Lennon. Allle 22:50 l'auto che
trasoportava John e Yoko si è fermata di nuovo davanti ai Dakota.
Chapman gli è andato incontro e ha sparato i colpi mortali.
(da
"la Repubblica", 4 dicembre 1990)
DA
JOHN LENNON CON PASSIONE E DISINCANTO
Gianfranco
Bettin - 1.3.1991
Ancora
di recente, poco prima dello scoppio della Guerra del Golfo, nel corso
di una manifestazione pacifista tenutasi a Roma lo scorso gennaio Master
of War venne letta da un attore sul palco e non fu eseguita da nessuno
dei molti gruppi che suonarono nè fu cantata in coro. We Shall Overcome,
efficacissima coralmente, e invece un po' abusata ormai, e in qualche
modo legata a una fase fin troppo "candida" del pacifismo,
inno di una gioventu' esageratamente ingenua figlia legittima degli anni
'60 e dei loro inganni. Quegli anni che proprio John Lennon si incaricò
di smitizzare in una famosa e dissacrante intervista, che rappresenta
uno del testi piu criticamente consapevoli mai prodotti da un artista
rock. John Lennon dichiarò in una lunga intervista in due puntate
rilasciata a "Rolling Stones" (21 gennaio e 4 febbraio 1971 )
che non se la sentiva piu di assecondare una visione idilliaca degli
anni Sessanta. Se la prese con i Beatles, dei quali si stava allora
definendo la rottura e con tanti altri "eroi" (lo fece anche
in God, una canzone contenuta nell'album che forse rappresenta il suo
capolavoro, The Primal Scream). Ma soprattutto se la prese, appunto, con
tutto il decennio appena c onclusosi:
"Non
è successo niente tranne per il fatto che ci siamo vestiti a festa. Gli
stessi stronzi sono al potere... Stanno facendo le stesse cose di
sempre, vendono armi in Sudafrica, uccidono i neri per le strade, la
gente vive in uno stato di povertà schifoso, circondata da topi... è
tutto uguale, solo che adesso ho trent'anni e molta gente porta i
capelli lunghi".
Era
inquieto, John, e lucido, mentre considerava il decennio trascorso e
quello che si apriva. Non avrebbe potuto scrivere dawero una specie di
We Shall Overcome. Ed era ancora lontano dal sogno, dalla visione
composta e fiduciosa di Imagine ("You may say I'm dreamer /But I'm
not the only one / I hope someday you'll join us / And the world will be
as one"). Era il Lennon che progettava di fondare un partito
pacifista internazionale capace di concorrere alle elezioni e di
vincerle ovunque.
L'impatto
inaudito che aveva avuto come musicista e come "fenomeno di
costume", come promotore e simbolo di una vera rivoluzione nel
campo della cultura popolare e giovanile, doveva averlo convinto della
ripetibilita dell'impresa in un altro campo, più determinante per la
vita del mondo. Non ci riuscì, naturalmente. Era dura. Forse non ci
provò neppure fino in fondo, oltre i bed-in, i tentativi di organizzare
i festival pacifisti più giganteschi e l'affissione ovunque di enormi
manifesti con su scritto: "La guerra e finita! Se lo volete. Buon
Natale da John e Yoko". Il legame tra pace e Natale ricorre, com'e
noto, anche in Happy Xmas. War Is Over, altra canzone destinata sempre
piu a sostituire molte canzoni di Natale tradizionali. A volte, anzi,
decisamente l'unica canzone di Natale ascoltabile... . John non poteva
fondare un partito, insomma. Era fatto di una pasta diversa. E in quello
stesso periodo la sua inquietudine cresceva soprattutto interiormente.
La pace che cercava in politica, nel mondo, e per cui si impegnava, gli
stava sempre piu mancando dentro. Give Peace a Chance nasce in questo
clima contrastato e ne è un frutto singolare. La distingue - lo si
avverte proprio cantandola in coro - un tono beffardo, spavaldo, di
scherzo, ma anche un tono piu grave, quasi solenne - "All we are
saying..." - mitigate e rallegrato pero da giochi di parole e da
giri armonici tipicamente beatlesiani (dove piu si avverte la mano di
Paul McCartney). II ritmo elementare, scandito, per poi tornare a
scandirsi in un timbro che gioca su allitterazioni e assonanze e che
infine produce l'effetto di un inno nuovo, non retorico, cantabile sia
con allegria che con rabbia come accade in molte delle canzoni dei
Beatles (anche del tutto estranee a temi di questo genere: si pensi ad
esempio a Can't Buy My Love o a It's Only Love della prima produzione, e
per non dire di Help!). E questo, credo, che rende attuale Give Peace a
Chance, piu attuale di ogni altra canzone pacifista "storica".
Quanto ad eventuali altre, nuove, nessuna e assurta veramente a inno,
nemmeno la Pride (In the Name of Love) degli U2 che forse lo
meriterebbe. Per questo, dunque, la canzone di John Lennon è risuonata
ovunque in questi mesi di guerra. Bella e semplice, tutt'altro che
arrendevole nel timbro, trascinante e contagiosa nell'apertura melodica,
conteneva infine quel messaggio minimo ma irrinunciabile attorno al
quale si sono attestate le coscienze e le intelligenze nell'imminenza
del conflitto: date almeno una possibilita, almeno una, alia pace.
Non
e stato cosi, purtroppo. Ma è una ragione di più per tenerci dentro,
ricanticchiandola ancora una volta, la canzone che John Lennon ha tratto
dal proprio disincanto non meno che dalla propria passione.
ALCUNE
SUE CELEBRI FRASI
-
Il tempo che ti piace buttare non è buttato
-
La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti
-
Sopra di noi c'è solo cielo!
-
Di solito c’è una gran donna dietro ogni idiota
-
Siamo più popolari di Gesù Cristo adesso. Non so chi arriverà primo.
Il Rock and Roll o il Cristianesimo.
-
Lavoro è vita, lo sai, e senza quello esiste solo paura e insicurezza.
-
La realtà toglie molto all'immaginazione.
-
Anche tu dovresti stancarti combattendo per la pace, oppure morire.
|

GEORGE
HARRISON, IL PIÙ GIOVANE DEI BEATLES
Nasce
il 25 Febbraio 1943 a Liverpool. La famiglia, suo padre Harold, autista
di autobus, e sua madre casalinga, intuendo l'amore che George nutriva
per la musica non ostacolarono in alcun modo la passione del figlio,
contribuendo all'acquisto della prima "vera" chitarra
elettrica rigorosamente usata. George frequentò prima la Dovedale
Primary School, nella quale studiò anche John Lennon, successivamente
al Liverpool Institute, dove conobbe Paul McCartney.
Mostrò
la sua natura indipendente già da giovane, presentandosi a scuola con
capelli lunghi e indossando jeans. George e Paul prendevano lo stesso
autobus per andare a scuola e ben presto scoprirono la stessa passione
per la musica e la chitarra.
Ogni
giorno spendevano parecchie ore a suonare insieme fino a quando, nel
1956, Paul presentò il quattordicenne George ai Quarry Men. Troppo
giovane per far parte del gruppo, sedeva in un angolo della sala ad
ascoltarli abbracciando la sua chitarra e partecipando di tanto in tanto
quando il chitarrista titolare non era disponibile. Gradatamente George
divenne componente fisso del gruppo, che da allora prese il nome di
"Johnny and the Moondogs".
Fin
dall'inizio la popolarità dei Beatles era dovuta principalmente alle
canzoni di John e Paul, cosìcchè anche George concentrò la sua
attenzione nello scrivere brani musicali, anche se molte delle sue prime
opere non furono mai registrate dai Beatles.
La
prima canzone scritta da George e che appariva in un album dei Beatles
fu Don't bother me. George perse la più grande apparizione dei Beatles
in America all'"Ed Sullivan Show" il 9 Febbraio 1964, a causa
di una malattia alla gola.
Nei
mesi successivi, durante la registrazione del film A hard day's night,
si innamorò della modella Patty Boyd che sposò il 21 Gennaio 1966.
George comincia a trascorrere molto del suo tempo a leggere e studiare
sanscriti ed i trattati religiosi indiani. La sua trasformazione
musicale ed il suo nuovo modo di pensare, oltre a contagiare in parte
John Lennon e Paul McCartney, influenzarono anche altri artisti.
Le
composizioni che più rappresentano il cambiamento di George in quel
periodo furono cronologicamente Love you to, Within you without you e
The inner light la cui base musicale fu registrattta interamente a
Bombay con musicisti del posto. I
continui
viaggi in India, ben presto interrotti dagli altri tre Beatles e le
sempre più frequenti difficoltà ed incomprensioni caratteriali,
specialmente nei confronti di Paul McCartney, determinarono, intanto,
una prima preoccupante crepa nell'assetto interno del gruppo. La sua
ormai forte personalità ed il suo talento sin troppo sacrificato
provocarono in lui forti frustrazioni ma, allo stesso tempo, gli davano
nuovi stimoli competitivi.
Se
mai doveva darne ancora la prova, è con Abbey Road, l'ultimo album
"felice" composto dai Beatles, che George dimostra ancora una
volta tutta la sua bravura e genialità in brani come Something, il
brano più coverizzato dei Beatles insieme a Yesterday e Here comes the
sun in cui viene utilizzato per la prima volta dal quartetto il "Moog".
Significativa
per George è stata la sua attrazione per la musica e la cultura
indiana; organizzò a New York un concerto di beneficenza con molte star
della musica per raccogliere fondi per il Bangladesh, dove molte persone
stavano morendo di fame a causa della guerra civile.
Nonostante
il fatto che il 1972 fosse iniziato bene per George, con la
pubblicazione di un secondo triplo album in cofanetto (la registrazione
del suo Concert for Bangladesh), le sue buone intenzioni vennero
fiaccate quando il fisco statunitense pose delle tasse sui ricavi del
disco, causando un ritardo nella destinazione dei fondi alla popolazione
per la quale il concerto era stato organizzato.
Nonostante
tutto, il cofanetto raggiunse il primo posto nella classifica britannica
e vinse un "Grammy Award", e il Karma di George rimase
integro, dal momento che aveva agito in buona fede. George e Ravi
Shankar (il suo insegnante di sitar) ebbero anche un riconoscimento
dall'UNICEF per la raccolta di fondi a favore del Bangladesh.
Nel
1974 George occupò il primo posto delle classifiche sia con il singolo
Give me love, che con l'album dal quale era stato tratto il 45 giri
Living in a material world, ma era chiaro che fosse più interessato
alla spiritualità che non all'aspetto musicale.
Oltre
a lavorare con Ringo, lanciò la sua nuova etichetta discografica, la
"Dark Horse", e si imbarcò anche in un disastroso tour
statunitense che venne distrutto dai critici. Di lì a poco avrebbe
perso la moglie, Patty Boyd, innamorata dell'amico Eric Clapton.
Nel
1976 un tribunale americano stabilì che il brano My sweet Lord era un
plagio di He's so fine, una canzone portata al successo nel 1963 da un
gruppo femminile statunitense, "The Chiffons".
Musicalmente
parlando George attraversò un periodo di stallo, ma sviluppò un nuovo
interesse per il cinema attraverso la "Hand Made Films".
Trascorse gli ultimi anni del decennio seguendo una nuova passione, le
gare del Gran Premio di F1 e pubblicando un suo nuovo album tra il 1976
ed il 1981.
Si
sposò nuovamente e quando la seconda moglie, Olivia Arias, nell'Ottobre
del 1978 gli diede un figlio, Dhani, sembrò che George fosse finalmente
felice, sicuro e realizzato.
UN
MUSICISTA DA LEGGENDA CHE NON VOLEVA ESSERE STAR
(di
Ernesto Assante)
George
Harrison, l'ex chitarrista dei Beatles, l'autore di canzoni memorabili
come "Here comes the sun" e "My sweet Lord", è
morto ieri, alle 13,30, a Los Angeles, nella casa di un amico dove si
era ritirato da qualche giorno. Termina così la lunga battaglia che il
musicista inglese aveva iniziato, nel 1997, contro il cancro, che lo
aveva colpito prima alla gola, quindi ai polmoni e al cervello.
Con
Harrison scompare un grande pezzo di storia della musica popolare, un
altro dei componenti della band più leggendaria della storia del pop,
un musicista che, pur non avendo riscosso il successo personale che
hanno avuto John Lennon e Paul McCartney, è stato senza alcun dubbio
uno dei personaggi centrali della cultura giovanile degli anni Sessanta,
con il suo interesse per le religioni orientali e per la musica indiana.
E
con lui scompare un altro pezzo di quel grande sogno di "pace,
amore e musica" che ha animato il pianeta trenta anni fa, un sogno
costellato di canzoni meravigliose, di viaggi interiori e fisici, di
possibili e pacifiche rivoluzioni, un sogno che in parte, per qualche
tempo, è riuscito davvero a cambiare il mondo.
Il
suo soprannome, The Quiet One, "quello tranquillo" è servito
per anni a definire con semplicità il suo ruolo nei Beatles. Ma
"tranquillo" Harrison nella sua vita non lo è stato mai,
davvero. Anzi, rispetto agli altri Beatles è quello che ha accumulato
nella sua carriera solista il maggior numero di progetti, di
collaborazioni, di iniziative, in una instancabile ricerca di novità,
di risposte esistenziali, di musica, che ha segnato in maniera
determinante tutta la sua storia. A suo modo, in maniera completamente
diversa da quella del suo amico John Lennon, George era un ribelle, un
ragazzo che cercava di uscire dagli schemi, di trovare nuove strade, di
sfuggire all'ovvio. La sua infanzia era stata indubbiamente più
tranquilla di quella dei suoi due amici, John e Paul, non aveva sofferto
la separazione o la morte dei genitori come era accaduto a loro, ed era
cresciuto in una grande famiglia di modeste possibilità economiche (la
madre, Louise, era casalinga e il padre, Harold, autista) che lo aveva
portato ad avere una natura buona e compassionevole che stemperava la
sua propensione alla ribellione.
George
era nato il 25 febbraio del 1943, ed aveva due fratelli, Harold Jr. e
Peter, e una sorella minore, Louise, con i quali è rimasto sempre in
ottimi rapporti. Ed anche se era "buono e tranquillo" e non
dava dispiaceri ai genitori il suo sogno era quello di diventare famoso,
di essere un artista. George vestiva come un rocker, tendeva a dormire
in classe piuttosto che a studiare e soprattutto voleva suonare la
chitarra. Una passione sostenuta da sua madre, che acquistò, per far
contento il figlio, una chitarra usata da un suo compagno di classe alla
Dovendale Primary School, pagandola tre sterline. A scuola, comunque,
George non se la cavava male, e finite le primarie si iscrisse al
Liverpool Institute, dove erano già sia John Lennon, di due anni più
grande, che Paul McCartney, più grande di un anno. Paul e George
prendevano lo stesso autobus per andare a scuola, in breve tempo fecero
amicizia e iniziarono a condividere la loro grande passione per la
musica. George non iniziò subito a suonare con Paul e John, ma con suo
fratello Peter, con il quale mise in piedi una piccola skiffle band che
suonava alle feste, perché Paul presentò il quattordicenne George agli
altri Quarrymen ma gli altri componenti del gruppo pensarono che George
fosse troppo piccolo per suonare con loro. Harrison restò molto colpito
da Lennon e iniziò a imitarlo in tutto e a seguire i Quarrymen in ogni
loro esibizione, riuscendo a suonare anche un paio di volte al posto del
loro chitarrista. Nel 1958, alla fine, Harrison entrò a far parte della
formazione, diventando nel 1962, alla nascita dei Beatles, il
chitarrista solista del gruppo.
Il
suo ruolo nel quartetto fu di crescente importanza: se all'inizio la
coppia Lennon & McCartney scriveva la totalità delle canzoni dei
Beatles, pian piano George prese sicurezza e iniziò a sottoporre
all'attenzione degli altri le sue canzoni, fino ad arrivare, dal 1966,
ad avere una regola interna al gruppo che prevedeva che in ogni album
inciso dalla formazione ci fossero almeno uno o due brani scritti da
George. E' alla penna di Harrison, quindi, che si devono alcuni dei
grandi capolavori dei Beatles, da "Taxman" a "Something",
da "While my guitar gently weeps" a "Here comes the sun";
è alla voglia di ricerca spirituale e intellettuale di Harrison che si
deve la svolta mistica della band, il viaggio in India, l'incontro con
il guru Maharishi Mahesh Yogi, l'uso del sitar e l'amicizia con il
musicista indiano Ravi Shankar; è al suono della sua chitarra che si
deve molta della particolarità del sound dei Beatles.
E
fu proprio lui, con la realizzazione della colonna sonora del film
"Wonderwall", nel 1968, ad essere il primo dei Beatles a
lavorare da solo, in un periodo in cui le tensioni con Lennon e
McCartney si erano fatte più forti e in cui anche la sua vita privata
era piuttosto complicata: Harrison era sposato da diversi anni a Patti
Boyd ma la moglie aveva iniziato ad intrecciare una relazione con Eric
Clapton, che portò qualche anno dopo alla fine del matrimonio tra i
due. I tre rimasero comunque in ottimi rapporti, al punto che un anno
dopo, nel 1969, Harrison andò per la prima volta in tour senza i
Beatles, affiancando Clapton in molte date del tour dei Delaney and
Bonnie.
Pochi
mesi dopo i Beatles si sciolsero.
La
fine dell'avventura dei Fab Four segnò una rinascita artistica per
Harrison, il momento nel quale avrebbe potuto finalmente mettere a
frutto tutta la strada compiuta fino ad allora. Il risultato fu
eccellente, sia in termini di successo che di qualità: "All things
must pass", un album triplo, pubblicato alla fine del 1970, che
raccoglieva moltissimi dei migliori musicisti dell'epoca e un singolo
"My sweet lord" che raggiunse rapidamente i vertici delle
classifiche in tutto il mondo. Sfortunatamente il brano assomigliava
pericolosamente ad un'altra canzone, "He's so fine", un brano
inciso nel 1962 dalle Chiffons, che fecero causa a Harrison e la
vinsero: la corte, decise che Harrison aveva "inconsciamente"
copiato la canzone e stabilì un rimborso di un milione e seicentomila
dollari.
L'anno
seguente, il 1971, fu ancora più ricco di attività per Harrison, che
collaborò alla realizzazione di "Imagine" con il suo amico
John Lennon, produsse un album dei Badfinger (la prima band messa sotto
contratto dalla Apple, la casa discografica dei Beatles), e soprattutto
realizzò quello che fu destinato a passare alla storia come il primo
dei grandi concerti di beneficenza della storia del rock, il concerto
per il Bangladesh, per raccogliere fondi a favore della popolazione del
paese asiatico colpita da un alluvione, con la partecipazione, tra gli
altri, di tre carissimi amici di Harrison, Eric Clapton e Bob Dylan e
Ringo Starr. Dal concerto fu tratto un triplo album nel quale Harrison
proponeva per la prima volta in un disco le sue canzoni scritte per i
Beatles.
Nel
1973 Harrison trovò ancora il successo con l'album "Living in the
material world", che conteneva un singolo di grande impatto come
"Give me love" che lo portò ancora una volta al primo posto
delle classifiche sia in Europa che in America. Non fu così negli anni
seguenti, e album come "Dark Horse" del 1974 e "Extra
Texture" del 1975 segnarono un deciso declino della sua carriera
come musicista e autore. Il successo non tornò dalle parti di Harrison
fino alla fine degli anni Settanta, anzi il declino fu continuo,
nonostante qualche buona recensione per l'album 33 & 1/3, fino al
punto di arrivare al rifiuto della Warner Bros, nel 1979, di pubblicare
un album giudicato al di sotto di standard accettabili e al disastro
commerciale di "Gone Troppo" del 1982. Solo nel 1980,
all'indomani della morte di John Lennon, ci fu un ritorno in classifica,
ma fu tutto sotto il segno dei Beatles, con l'album "Somewhere in
England" che conteneva il singolo "All those years ago",
un brano di pura nostalgia che segnava la prima collaborazione tra
McCartney, Starr e Harrison dallo scioglimento del gruppo.
In
quegli anni Harrison aveva iniziato a concentrare i suoi interessi sul
cinema, aprendo, nel 1978, la "Hand Made Films", una casa di
produzione indipendente con la quale produsse diversi film, alcuni anche
di successo, come "Life of Brian" dei Monty Phyton, "Time
Bandits" e "Shangai Surprise", con Madonna e Sean Penn.
Il
ritorno al successo nel mondo della musica avvenne alla fine degli anni
Ottanta, prima con "Cloud Nine", album che portò nuovamente
Harrison ai vertici delle classifiche con "I got my mind set on you",
una cover di un brano di Rudy Clarke, e poi con il supergruppo dei
Traveling Wilburys, con Tom Petty, Bob Dylan, Roy Orbison e Jeff Lynne,
che pubblicarono due album di grandissimo successo, nel 1987 e nel 1990.
Per
tutto il decennio Novanta Harrison non lavorò ad album di materiale
nuovo, si limitò a publicare soltanto un disco dal vivo nel 1992 e si
concentrò con McCartney e Starr alla realizzazione della colossale
Anthology dei Beatles, in video e in disco.
Una
vita tranquilla, quella di "the quiet one", che non rilascia
molte interviste, non rilancia la sua carriera come McCartney, non cerca
insomma le luci della ribalta. E se non fosse per la cronaca nera
nessuno parlerebbe molto di lui: nel 1999 Harrison e sua moglie furono
vittime di una violenta aggressione da parte di un folle che entrò
nella loro casa e accoltellò il chitarrista. Le ferite riportate da
Harrison non furono gravi, ma lo shock per il musicista inglese fu
fortissimo. Il recupero avvenne tornando alla musica, ristampando prima
il disco del concerto per il Bangladesh e poi, per celebrare il
trentennale della sua carriera solista, con la riedzione di "All
things must pass", con una nuova versione di "My sweet
lord". Nonostante le notizie sulla sua salute e sul male incurabile
che lo aveva colpito, Harrison tornò al lavoro all'inizio del 2001, sia
per iniziare le registrazioni di un nuovo album che per produrre un
disco dell'amico Ravi Shankar. L'ultima canzone l'ha incisa il 1[b0]
ottobre assieme al figlio Dhani per il disco di Jools Holland,
intitolata "Horse to the water".
.
E'
MORTO GEORGE HARRISON
George
Harrison è morto il 2911.2001 alle
13.30 ora di Los Angeles: lo ha detto l'amico Gavin De Becker all'Associated
Press. "È morto con un pensiero in testa" ha detto De Becker,
"amiamoci l'un l'altro". Con
l'ex Beatle c'erano la moglie Olivia e il figlio Dhani, 24 anni.
George
Harrison è il primo dei Beatles a morire di morte naturale. Con la sua
morte della rock band di Liverpool restano soltanto Paul McCartney e
Ringo Starr. John Lennon venne ucciso nel 1980, colpito da un fan
davanti al Dakota Palace, la sua residenza neyorkese davanti al Central
Park.
Nel
1988, quando seppe di essere malato di cancro alla gola, Harrison disse:
"è una cosa che serve a ricordarmi che può accaderci di
tutto". Non sapeva neppure quanto avesse ragione. L'anno dopo venne
assalito da un uomo e accoltellato diverse volte ma riuscì a
sopravvivere. Uno
dei suoi primi dischi da solista si intitolava "All Things must
Pass"
Nato
il 25 febbraio del '43, George era il più giovane dei Beatles. Proveniva
da una famiglia della working class di Liverpool: suo padre era stato
caposteward sulle vecchie navi di linea inglesi, poi autista e infine
sindacalista. Fu la madre ad aiutare George a inseguire la sua
aspirazione artistica: era il più piccolo e il più timido dei quattro
figli e la mamma gli diede tutto il sostegno di cui era capace perchè
imparasse a suonare bene la chitarra.Al Liverpool Institute conobbe Paul
McCartney, più grande di lui di un anno: tutti e due suonavano la
chitarra a scuola, tenevano concerti improvvisati di rock'n'roll
americano. Fu proprio grazie a Paul che George entrò nei Quarry Men, il
gruppo da cui nacquero i Beatles: Paul suscitò la curiosità di Lennon
dicendogli che George era più bravo di lui come chitarrista. Come prova
della sua abilità eseguì al cospetto di Lennon un brano rockabilly di
Bill Justis, 'Raunchy'. George non fu però invitato inizialmente a
unirsi al gruppo perchè considerato troppo giovane per essere preso sul
serio ma seguì passo passo John per un anno intero, come un allievo
segue il maestro, alle prove ma anche al cinema. Aspirava ad essere un
dandy e solo all'inizio del 1960 riuscì ad entrare ufficialmente nei
Beatles, proprio quando stava per lasciare la scuola e lavorare come
aiuto elettricista in un grande magazzino.
RED
RONNIE INTERVISTA GEORGE HARRISON
Con
la morte di George Harrison sono definitivamente morti anche Beatles. La
scomparsa di John Lennon, avvenuta in modo improvviso e violento, aveva
lasciato "vivo" John. E’ diventato un’icona, e per questo
immortale. Quindi pareva che, da un momento all’altro, ricomparisse
per riformare un gruppo che tutti vorrebbero rivedere insieme. Adesso
no, ora la favola del complesso più popolare al mondo è
definitivamente chiusa.
Geroge
era il timido dei quattro, quindi anche quello più sensibile. Fu lui a
provocare la svolta musicale dei Beatles, quella che portò al
capolavoro "Sgt. Pepper". George si lasciò convincere da
Donovan e portò i Beatles nel famoso viaggio in India, che trasformò
la musica del gruppo. George non solo fu affascinato dal sitar, ma anche
dalle filosofie orientali, che in futuro verranno abbracciate anche
dagli altri due più famosi Beatrles: John Lennon "sposerà"
il pacifismo e McCartney il vegetarianesimo.
Ho
incontrato George Harrison a Londra, all’83 di Baker Street. Era l’8
dicembre 1990, esattamente dieci anni dopo l’uccisione di John Lennon.
Era appena uscito "Nobody’s child", il secondo album dei
Traveling Wilburys, il supergruppo che George aveva costituito con Bob
Dylan, Roy Orbison, Tom Petty e Jeff Lynne.. Abbiamo iniziato parlando
di Formula 1, di cui Harrison era fan scatenato. Mi aveva chiesto il
perché del nome "Red Ronnie" e gli avevo raccontato che era
un omaggio al pilota Ronnie Peterson, scomparso a Monza nel 1978, in un
incidente "quasi voluto" da Colin Chapman, il patron della sua
scuderia, la Lotus. Peterson avrebbe meritato di vincere almeno due
mondiali, uno in cui ha dovuto lasciar passare il compagno Emerson
Fittipaldi e l’altro in cui ha fatto lo stesso con Mario Andretti…
-
Era il mio eroe perché era contrarissimo alla politica nelle corse.
Voleva solo correre e lui era il più veloce.
"Effettivamente
era il più veloce. Ha spinto Andretti tutto l'anno e l'ha superato
nelle qualifiche. E’ rimasto indietro soltanto per via del suo
contratto. E la cosa più terribile è che a Monza gli hanno dato la
macchina vecchia, altrimenti avrebbe potuto.."
-
So tutto perché ero in Austria due settimane prima che vincesse la
corsa. L'ho incontranto per fargli un intervista, e gli ho detto:
"Sarai costretto ad arrivare secondo". Lui mi rispose:
"Aspetta domani e vedremo se vincerò oppure se arriverò secondo
nel campionato mondiale". Il giorno dopo, nel Grand Prix d'Austria,
ha sorpassato subito nella prima curva e ha vinto. Quindi a Monza gli
hanno dato la macchina sbagliata..
"Sì,
gli hanno dato la macchina vecchia, ma la cosa peggiore è stato, quando
ha lasciato il pit per fare il giro di riscaldamento prima della corsa,
che Colin Chapman disse con qualcuno (perché un mio amico ha sentito
quello che diceva): "Ecco Ronnie nella Mclaren dell'anno
prossimo"; perché doveva unirsi alla Mclaren l'anno
seguente".
-
La Lotus lo ha boicottato.
"Sì,
è stato un gran peccato".
-
Io avevo un amico dentro l'ospedale e per telefono mi teneva al corrente
di tutto quello che succedeva. Barbara non voleva che Colin Chapman e
Andretti visitassero Ronnie all'ospedale.
"E’
stata una cosa terribile".
-
Tu hai fatto un disco per la lotta contro il cancro, dopo la morte per
tumore del pilota Gunnar Nillson.
"Esatto.
Con Gunnar Nillson. Ed era dedicato a Ronnie Peterson. S'intitolava
"Faster" (più veloce). Avrebbe potuto facilmente vincere
quell'anno. Era molto più veloce di Andretti. Una volta venne a casa
mia con Mario; erano buoni amici. Lui era un vero gentleman: l'accordo
era che stesse dietro ad Andretti per lasciarlo vincere e ha mantenuto
la parola".
-
George, perché suoni ancora, soltanto perché ti piace?
"Adesso
sì, bisogna far pur qualcosa della propria vita ed è una cosa che io
so fare. Se non facessi musica..non ne faccio troppa, però mi piace
fare un disco ogni anno o due. Mi dà qualcosa da fare".
-
Per me i Travelling Wilburys sembrano 4 ragazzi molto famosi senza
problemi che si ritrovano come vecchi amici e suonano senza essere in
competizione soltanto per divertirsi.
"Esatto.
E’ proprio questa la sensazione. Quando scriviamo i pezzi, vengono
fuori molto rapidamente da tutti e 4. Inoltre è musica soltanto per
divertimento ma che sembri vero rock'n' roll, in contrasto alla musica
di oggi che è tutta computerizzata. Quindi fondamentalmente per farla
sembrare vera e per divertirci".
-
Adesso sei in rapporti amichevoli con Bob Dylan e mi sembra di capire
che fra i Beatles eri quello più vicino a Bob Dylan. Dico bene?
"Si.
Tutti noi abbiamo conosciuto Bob nel lontano 1964, ma negli anni l'ho
rivisto qualche volta. John lo conosceva un po’, ma io lo vedevo una
volta ogni 2 anni e ormai è un bel pezzo che lo conosco. Naturalmente
ha fatto il concerto per il Bangladesh con me e inoltre ho scritto un
paio di motivi insieme a lui negli anni '60".
-
Il concerto per il Bangladesh, che tu hai organizzato, è stato il primo
grosso concerto per beneficenza. E’ stato molti anni prima del Live
Aid che oggi è così conosciuto. Perché hai fatto questo concerto del
Bangladesh? So che c'erano problemi di soldi. Dico bene? Nelle cose che
tu e tua moglie fate adesso curi tutti gli aspetti.
"Bisogna
ricordarsi che nel lontano 1971 nessuno aveva mai fatto qualcosa del
genere ed era difficile sapere come gestirla. Quello che si dovrebbe
fare è di istituire un fondo di beneficenza prima della manifestazione.
Così tutto filerebbe liscio. Però è successo che, facendo le cose
così di fretta, il fondo di beneficenza è divenuto effettivo soltanto
dopo il concerto. E tutto sarebbe andato per il meglio se non fosse
stato per un funzionario della finanza americana che insisteva sulle
nostre intenzioni di farlo per guadagno. Tutto quello che voleva lui era
il 50% dei profitti. Di conseguenza abbiamo nominato degli avvocati che
hanno combattutto con l'ufficio delle imposte americane per 12/13 anni.
Alla fine abbiamo dovuto lo stesso dargli una percentuale dei soldi che
abbiamo raccolto, giusto per chiudere il discorso. Però abbiamo
raccolto parecchi soldi, qualcosa come 14 milioni di dollari, che non
era male per quell'epoca, ma niente in confronto a quello che si può
raccogliere oggigiorno. Se non fosse stato per quell'esperienza forse
sarebbe stato più facile anche per altri".
-
Se John Lennon fosse stato ancora vivo magari i Beatles potevano
rimettersi insieme per il Live Aid?
"Non
lo so. Chi può saperlo? Se John fosse vivo le possibilità sarebbero
maggiori. Ma avevamo deciso di non fare più concerti dei Beatles. Anche
quando John era ancora vivo ci offrivano delle cifre pazzesche, l'ultima
offerta è stata di 84 milioni di dollari (180 miliardi di lire) per
rifare lo spettacolo dei Beatles. Ma però non non volevamo farlo".
-
Perché?
"Perché
eravamo già stati i Beatles e il gruppo era stato sciolto. A
quell'epoca poteva sembrare che si facesse soltanto per il clichè o per
i soldi. Adesso, che è passato tanto tempo, forse sarebbe bello farlo
soltanto per divertimento ma è impossibile perché lui comunque non
c'è più".
-
Avevate deciso di non fare più concerti dal vivo ancora prima di
sciogliere il gruppo, come mai?
"Perché
negli anni '60 andare in tournée era diventata una cosa troppo
difficile. Era semplicemente troppo faticoso. Non riuscivamo a sentirci
mentre suonavamo e la musica è peggiorata parecchio. Oltre a questo,
eravamo ad un punto in cui i nostri dischi erano troppo elaborati, molto
più dei primi, da poterli riprodurre in 4 sul palcoscenico. Ma
principalmente è stato perché dovunque andavamo c'erano disordini.
Oppure perché ci trovavamo in mezzo a disordini studenteschi in
America, disordini razziali nel sud. Quando andammo in Canada c'erano
disordini tra la gente di lingua francese ed inglese. Lo stesso in
Giappone. Dovunque si andava ci si imbatteva sempre nei problemi
politici del luogo parallelamente alla Beatle-mania ed era terribile,
era pericoloso".
-
Adesso tu e naturalmente tua moglie siete coinvolti in un progetto per
aiutare i bambini rumeni, ma tu ti accerti personalmente che tutto
quello che fate arrivi a destinazione, dico bene?
"Ancora
una volta, prima di tutto bisogna ottenere l'autorizzazione appropriata
dal governo, cosa che hanno fatto prima di poter agire. L'altra cosa è
che attraverso un giornale inglese, il Daily Mail, il paese ha
contribuito con più di un milione di sterline, quindi parecchi soldi.
Dunque, i soldi non vengono spediti in Romania. I rumeni se ne
interessano molto poco. In questo momento, quello che lei cerca di fare
è di riuscire a convincere il governo e il popolo rumeno di riconoscere
i propri problemi. Il resto del mondo sta cercando di aiutare, ma il
popolo rumeno non se ne interessa. Però con i soldi raccolti in
Inghilterra comperano i camion principalmente per fornire quei beni che
servono ai bambini e agli orfanotrofi. Cose semplici, come sistemare le
cucine, i bagni, i gabinetti. Prima c'erano 2 bambini per ogni lettino,
quindi fornire più lettini, più vestiti, cose del genere sai, migliori
comodita'. Così comprano il materiale in Inghilterra e i nostri
collaboratori vanno là con i camion, passano dal primo orfanotrofio,
rifanno l'impianto elettrico, l'impianto idraulico per i bagni, montano
piastrelle nuove nei bagni, sai, tutte quelle cose che si danno per
scontate. Per certi versi vivono ancora in condizioni da inzio secolo.
In questo modo i soldi vengono spesi bene".
-
Oggi ho comprato questo libro: "The Quiet One (quello tranquillo),
la vita di George Harrison".
"Io
non ne so niente. Non ha niente a che fare con me. Infatti non dovresti
neppure pubblicizzarlo. Non l'ho letto, non conosco l'uomo che l'ha
scritto, non so cosa racconta, non ne so se è bello o brutto".
-
Ma non sei curioso di leggere un libro che parla di te?
"Solo
perché me l'hai fatto vedere. Ci sono già stati tanti libri sui
Beatles e anche un paio su di me. Diventerei matto se leggessi tutta
questa roba, essendo per la maggior parte cose che hanno sentito dire o
preso dai giornali, oppure cose che ti hanno visto fare nelle
interviste. La maggior parte dei libri vengono compilati dalle
interviste che hanno visto o raccolto negli anni dai giornali e riviste.
Non mi dirà niente che io non sappia già di me stesso. Dipende anche
dall'atteggiamento che decide di assumere l'autore. Di solito, per
spillare i soldi agli editori, ci vogliono delle porcherie. E’ questo
che succede di solito quindi non ha senso leggerlo per me. Mi farebbe
solo arrabbiare e non ne vale la pena".
-
Hai letto il libro di Albert Goldman su John Lennon?
"No.
Hanno riportato un pezzo sul giornale e ne ho letto qualche pagina, ma
non mi piace quell'uomo. E’ un villano. E’ lo stesso che ha scritto
il libro su Elvis. L'unica cosa che gli interessa è dare scandalo per
guadagnare molti soldi. Perché c'è gente che ama leggere le porcherie,
non importa se sono vere o false. Piace anche perché lo possono
riportare a puntate nei giornali per vendere più copie".
-
Secondo te una figura pubblica come te, John Lennon, Eric Clapton, Jimi
Hendrix, deve essere giudicata soltanto per la sua musica e per quello
che produce o anche in base alla vita privata?
"Forse
per entrambe, ma non è giusto giudicare una persona fino alla fine. Sai
com'è, un giorno potremmo fare qualcosa di grandioso e il giorno dopo
un grossissimo errore. La vita ha degli alti e bassi ed è una ruota che
gira e credo che la fine della vita di una persona è forse un momento
migliore per giudicare come funzionava. Io la penso così ma, a volte,
specialmente coi Beatles, fanno film, serie Tv e scrivono libri come se
fossimo gia' morti. Una volta aspettavano che la gente morisse prima di
scrivere certi racconti. Adesso lo fanno in qualsiasi momento".
-
Oggi ad esempio, io compro cose del genere perché mi piace veder le
foto. Quando vedi cose del passato ti danno fastidio?
"Le
cose caratteristiche di questo sono le foto, purtroppo copie delle copie
delle copie delle copie. Diciamo che potrei prendere questo,
fotografarlo e fare altre copie. Vedi, sono tutte vecchie fotografie
copiate e rubate. Io non riesco più a rapportarmi ai Beatles. Quello
per me è come vedere i Monkees o i Bay City Rollers. Non significa
niente per me".

-
Ma voi eravate i primi.
"Veramente
no. Noi non siamo stati i primi. All'inizio facevamo soltanto la musica
degli artisti che piacevano a noi come Chuck Berry, Bo Didley, ecc..
Tutti devono partire da qualcun'altro. Nessuno è completamente
originale. E i Beatles divennero molto originali grazie alle loro
canzoni, ma abbiamo iniziato semplicemente tentando di copiare Buddy
Holly, Little Richard e altri come loro".
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-
Avevate un po’ di controllo o eravate come in un sogno?
"Si,
è successo tutto così in fretta che..".
-
Ad esempio, ti ricordi quando facesti questa foto?
"No,
lo posso indovinare in base ai vestiti e alla pettinatura. Sarebbe lo
stesso per te. Se io avessi delle foto di te a 18 anni nel mio album non
sarebbe diverso, è soltanto che io ero più esposto al pubblico di te,
ma di fatto siamo tutti uguali".
-
Perché tua moglie Patti non ha cercato di distruggere i Beatles come
fecero Linda e Yoko?
"Non
l'ho mica detto io. Perché non l'ha fatto? Non lo so. Ti do il suo
numero di telefono così glielo chiedi tu. Io non lo so".
-
No, no. Credo che tutti ce l'abbiano con Yoko Ono. Questo lo dico io non
tu. Tu non stai dicendo niente.
"Sì,
ma non credo che questo sia molto giusto. Molti fattori contribuivano a
come eravamo messi a quell'epoca e non era soltanto per colpa di Yoko.
19.11 Noi ci stavamo dividendo comunque. Eravamo arrivati ad un punto in
cui nei Beatles ci si stava stretti in 4. Poi oltre ad altre cose è
morto anche il nostro manager e noi siamo molto cambiati e penso che
forse Yoko abbia aiutato a sollecitare la decisione di John, ma non
credo che sia giusto dare la colpa a lei per la totale distruzione dei
Beatles".
-
D'accordo, ma quando oggi vedi quello che ha fatto Yoko Ono nel senso
che da un concerto dei Beatles ne ha fatto un concerto di John Lennon e
vedi solo Yoko con lui.
"Non
lo so, io faccio parte dei Travelling Wilburys".
-
Non potrai mai fare una tournée; è soltanto una cosa che fai per
divertimento. Potresti fare una tournée con i Travelling Wilburys? No,
siete delle personalità troppo importanti...
"Anche
i Rolling Stones sono personalità troppo importanti ma loro hanno fatto
una tournée. Se volessimo potremmo farla..".
-
La state organizzando?
"No,
il problema più grosso è che né a Jeff Lynne né a me piace essere
guardati".
-
Cosa?!?
"Sai
a me non piace essere su un palco con tanta gente che mi guarda.
Semplicemente non mi piace. Preferisco la mia intimità. Mi piace l'idea
di suonare in un gruppo ma non mi piace l'idea di un mucchio di gente
che mi guarda. Secondo me, per essere così in uno spettacolo, in fondo
bisogna essere un esibizionista per essere una star o quello che la
gente definisce una star".
-
Strano sentire questa notizia da te. Fin dall'inizio hai intrapreso la
carriera sbagliata.
"Forse
ne ho avuto fin troppo negli anni '60. Mi piace l'idea di suonare in un
gruppo che si prospetta divertente. Ma ci sono troppi altri problemi. Il
più importante è che per fare una tourneè ci vuole molto tempo per la
preparazione. Poi, già che la fai, tanto vale farla grande. Finisci per
fare il giro del mondo che t'impegna per 9 mesi all'anno. Ma cosa
succede al resto della tua vita? Io ho una mia vita, come ce l'hai tu.
Sarebbe come se ti mettessero in televisione per un anno intero senza
poter ritornare a casa, a vedere la tua famiglia e fare tutte le altre
cose che ti piacciono. A me non piace particolarmente questa idea. Ma
chissà, forse un giorno mi sveglierò con la pazza idea di decidere di
fare una tournée".
-
Sei profondamente legato alla tua casa?
"Alla
mia casa? Soltanto perché ci abito".
-
Ti piace perché ovviamente vivrai in mezzo agli alberi e alla natura?
"Si,
mi piace essere a casa anche se qualsiasi casa mi andrebbe bene purchè
abbia dello spazio, la mia intimità e dell'aria buona. Mi piace vivere
fuori città; la città non mi piace. Alberi e cose del genere mi
piacciono".
-
Mi dai l'impressione di essere un uomo a cui piace camminare, pensare
molto e che ama la solitudine.
"Mi
piace la tranquillità e i momenti di calma. A volte mi piace stare
solo, ma quasi sempre mi piace stare con amici. Sono un gregario".
-
In questo periodo è tornato di moda anche il simbolo della pace.
"Quello
rimane sempre un ottimo simbolo".
-
Credi che i simboli possono aiutare ad ottenere la pace? Pensi che i
padroni della guerra o del potere stavano attenti quando i Beatles o
John Lennon parlavano di pace. O quando se ne parla adesso. Pensi che
possa aiutare o che loro se ne interessano?
"Credo
ci sia stato un tempo in cui la gente l'ha recepito. Sì, credo che ci
siano molte brave persone al mondo che amano la pace. Chiunque però
potrebbe prendere quel simbolo e trasformarlo in qualcosa di negativo se
volesse. E’ come il simbolo usato da Hitler, la svastica, che oggi
tutti vedono come una cosa negativa. Ma Hitler aveva rubato la svastica
dall'India e ancora oggi, se ci vai, vedi le svastiche all'interno dei
templi. E’ un simbolo antico, buono e positivo. A Hitler piaceva come
marchio. Come si usa, ad esempio, sui dischi, logo Travelling Wilburys.
E’ qualcosa che cattura l'attenzione. Hitler avrà pensato:
"Quello è un bel marchio da usare". Adesso per colpa sua è
visto come un simbolo del male. Quindi potresti anche prendere il
simbolo della pace e darlo a un tizio come Hitler. Non è il simbolo di
per sé, ma le azioni che lo accompagnano che sono importanti".
-
Avete lanciato "She’s my baby", una bella canzone d’amore.
"Siamo
passati tutti dalla fase complicata e anche i Beatles hanno scritto dei
testi molto complicati, anche Bob Dylan. E’ bello sedersi a scrivere
qualcosa di semplice, è ingenuo".
-
Ma i Beatles scrivevano delle canzoni molto complicate.
"Si,
alcune erano complicate".
-
Avete scritto "Revolution". E oggi "Revolution" è
usato come sigla di una pubblicità
"Si,
questo è successo per un po’, poi l'abbiamo fatta interrompere".
-
Come mai questo è possibile?
"E’
possibile perché le edizioni del disco sono state prese quando eravamo
tutti molto giovani, noi abbiamo firmato le edizioni ma nessuno ci ha
detto: "Adesso vi rubiamo i diritti d'autore". All'epoca le
edizioni furono vendute a qualcun altro che di conseguenza le ha
rivendute e così via. Quindi la gente che ora ne ha il possesso dice
che può fare quello che vuole con le canzoni, pur di fare i
soldi".
-
Ma adesso il proprietario è Michael Jackson. E perché Michael Jackson
fa questo? E’ un'artista pure lui.
"Gli
piacciono anche i soldi. Ma comunque noi l'abbiamo interrotta perché
l'editore può usare la musica come vuole, però non può usare il
disco. Adesso questo è tutto a posto e non dovrebbe più succedere,
almeno non possono usare i nostri dischi per fare delle pubblicità. Ma
se io voglio dare una delle mie canzoni a qualcuno per fare una
pubblicità televisiva quello va bene. Ma quello che è successo, di
usare la musica dei Beatles, non è stato corretto".
-
Per esempio, tu hai scritto "Something", hai diritto su
questa, hai il potere di decisione su queste?
"Sì,
ce l'ho, per esempio, se tu volessi fare una pubblicità. Infatti la mia
canzone più richiesta per questo scopo è "Here comes the sun".
Per esempio, ogni anno riceverò almeno 5 richieste per usarla negli
spot pubblicitari. Io sono restio a fare questo perché quando vedo alla
Tv uno spot, una canzone per esempio come "California girls"
dei Beach Boys, fa sì che la canzone sia meno importante e si
svalorizzi. Se volessi potrei dire a qualcuno di usare una mia canzone,
gli posso dare i diritti d'autore e loro la reincidono ma non gli darei
il disco dei Beatles per fare ciò".
-
Di tutte le canzoni che tu hai scritto qual'è quella di cui sei più
orgoglioso?
"Penso
nessuna. Mi piacciono canzoni diverse per motivi diversi, non mi viene
in mente niente in questo momento. Di solito mi piace l'ultima, quella
che ho scritto di più recente. Le ultime canzoni sono sempre le
migliori. Allora direi, adesso come adesso... Ci sono delle canzoni su
"Cloud Nine" che mi piacciono... "The devil
radio"... Ma è ovvio che le due canzoni che ho scritto io, per
quanto riguarda il successo di paroliere, che hanno fatto più impatto
sono "Here comes the sun" e "Something". Ma quelle
canzoni... Il successo di una canzone non dipende da quante copie ne
vendi, ma da quanta gente la canta, dev'essere una canzone che tutti
vogliono cantare. Per esempio, di "Something" ci saranno 150 o
200 o forse 300 versioni. Questo è indice di quanto è popolare una
canzone. Quando questa canzone è usata in uno spettacolo da gente come
James Brown e Smokey Robinson and the Miracles o anche Liberace e Frank
Sinatra. Se viene cantata da tutti questi diversi artisti vuol dire che
questa è una canzone di successo".
-
Ma se la tua canzone viene usata da un'artista che non ti piace oppure
da un'artista di cui l'ultimo lavoro non ti piace..?
"Ma
non importa, questo non importa. E’ sempre bello se un'artista incide
una versione della tua canzone, anche se non ti piace è sempre un
complimento".
-
Certo. Adesso cosa fai a parte riposarti? I Travelling Wilburys sono
finiti e non ci sono tourneè in vista.
"Ma
no, i Travelling Wilburys non sono finiti altrimenti non sarei su questa
sedia".
-
Ma per te è finita, adesso inizia per noi. Noi l'ascoltiamo ma per te
è finita. Non c'è una tournée in vista quindi a parte il riposo cosa
fai?
"Ho
molte cose da fare".
-
Cosa?
"Ho
una casa cinematografica. M'impegna molto. Poi un sacco di cose. Tu hai
detto che gli Wilburys... Il disco è finito ma dobbiamo fare dei video,
pantaloni Travelling Wilbury's che dobbiamo far fare, dei tavoli
Travelling Wilburys insomma il commercio dei Travelling Wilburys."
-
Quando sei a casa suoni la chitarra, scrivi testi?
"Quando
sono a casa suono la ukulele perché è piccola ed è facile da portare
in giro. Mi piace la ukulele. Suono un po’ la chitarra ma di solito la
suono soltanto quando sto scrivendo una canzone oppure quando sto
facendo un disco".
-
Come produttore di film hai prodotto "Shangai surprise" con
Madonna. Allora hai conosciuto Madonna, anzi conosci Madonna molto bene?
"No,
io non l'ho conosciuta molto bene. L'ho conosciuta per un po’, 6
settimane all'incirca. Mi è bastato".
-
E’ difficile avere a che fare con una diva dei nostri giorni?
"Allora
lo era. Si era appena sposata con Sean Penn e litigavano sempre. Questo
ha reso difficile il lavoro che dovevamo fare in quel momento".
-
Tu facevi da mediatore tra di loro?
"Un
po’."
-
Oggi è l'8 dicembre 1990 e sono 10 anni che è stato ucciso John Lennon.
Quando hai ricevuto la notizia che è stato ucciso?
"Saranno
state un paio di ore dopo che è stato ucciso. Qualcuno mi ha chiamato
durante la notte, anzi di prima mattina perché per me saranno state le
4 o 5 di mattina. Quando tutti hanno sentito la notizia".

-
Cos'hai fatto, ti sei rimesso a dormire? Non lo so, hai pianto?
"Mi
sono rimesso a dormire, pensando che fosse solo ferito. Ma...".
-
Eri ancora in buoni rapporti con John, con Paul e Ringo allora?
"Non
l'avevo visto da tanto, l'ultima volta sarà stato un anno o due prima
della sua uccisione. Sì, c'era un rapporto. Lui abitava a New York ed
io in Inghilterra quindi non ci vedevamo molto."
-
Faccia a faccia con la morte di un amico cosa senti? Cosa senti verso la
morte?
"E’
lo shock la cosa più brutta. In un certo senso la morte è quella che
succede a tutti, è il modo in cui la morte arriva.. Per John non è
stato un modo molto bello per morire. Ma la morte in sè è come la
vita, è l'altra faccia della moneta, è l'altra meta'. E’ come il
giorno e la notte, la vita e la morte, è tutto la stessa cosa".
-
Ma dopo la notte c'è un altro giorno. Quindi dopo la morte c'è
un'altra vita?
"Sì.
E’ un pezzo che non leggi la Bibbia eh!".
-
La reincarnazione?
"Sì.
Veramente l'hanno tolto quel pezzo dalla Bibbia per assecondare la
politica del Cristianesimo. Ma Cristo ne ha parlato, della
reincarnazione".
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-
Immagino che ti chiederanno tutti sulla morte di John Lennon, appunto è
la mia ultima domanda: John era veramente un bravo ragazzo e tutte le
cose che ha fatto per la pace sono state utili? Hanno veramente aiutato
la causa per la pace?
"Si,
credo che abbia aiutato certe persone, ma è ovvio che non ha aiutato
tutti, ma è stato un esempio. Come uno qualsiasi..Ma lui era molto
onesto sulle cose che pensava, e una di queste era la pace. Come l'ha
fatto o almeno come ha cercato di farlo coi bed-in, proteste pacifiste a
letto, era una specie di presa in giro. Era sincero a proposito della
pace e questa sincerità si è comunicata a molta gente, ma non
tutti".
-
Senz'altro sai che si dice che c'era un complotto della Cia per
ucciderlo?
"Non
penso, ma chissà. Per capire, sai troppo presto che è inutile provare.
Bob Dylan l'ha detto. Chissà forse, non si sa. Sapere quello che è o
quello che non è".
-
Spero di vederti dal vivo così potrai soffrire di nuovo davanti a un
pubblico.
"Metterò
un sacchetto in testa".
-
Potresti essere il tipo timido che sta sempre nel retroscena.
"Allora,
il Wilbury tranquillo".
-
Tu chiedi a chi fa le luci di non puntarle addosso a te.
"Sì,
luci nere".
-
Sì, così stai nell'ombra. Ti sentono suonare l'ukulele.. Perché è
facile da portare in tourneè.
"Forse
si. Ciao"
Ciao
George…. |

Quale
miglior modo di iniziare un viaggio così affascinante se non quello di
affrontare subito di petto una leggenda.... anzi due.
I
Beatles e Paul Mc Cartney. Anzi dei Beatles e di William Campbell.....ehm
ma chi diavolo è William Campbell?
Semplice,
è uno scozzese che prese il posto di Mc Cartney nella line up dei
Beatles dopo che il mitico bassista perse la vita in un incidente la
notte del 9 novembre del 1966 alle 5 del mattino schiantandosi con la
sua Aston Martin e finendo completamente sfigurato.
Possibile?
Probabile?... mah..
I
Beatles anticipavano, sempre. E diventavano una sorta di
"magico" paradigma. I Beatles, per qualche strano incantesimo,
vivevano in una dimensione parallela alla nostra, ma che, per qualche
errore (o scelta divina?) di sincronizzazione, scorreva qualche minuto
prima. E fu quando, nel 1969, apparve sulla scena la cupa leggenda della
supposta morte di Paul McCartney (un insolito e indubbiamente risibile
fatto di cronaca ingigantito dai media dell'epoca, perché tutto ciò
che riguardava i Beatles faceva notizia, era copie vendute, e programmi
televisivi divorati dal pubblico) che il mondo avrebbe dovuto intuire
l'inevitabile. Dietro l'angolo, al giro di boa del decennio
dell'Ottimismo, c'era la Fine del Sogno. Non più l'irruenza
"salvifica" delle novità, superficiali ma stimolanti, del
recente passato: la minigonna, la musica pop, la macchina e il motorino
a portata di portafoglio, il pacifismo un po' inebetito dai fumi della
marijuana dei "figli dei fiori".
Le
voci della morte di Paul Mc Cartney cominciano a rincorrersi nel mondo
dopo che nella notte del 12 settembre del 1969 Russ Gibbs, disc-Jockey
della radio WKNR di Detroit, ricevette una chiamata telefonica da un
ascoltatore, tale H. Tom Alfred, che si dice certo del decesso e della
conseguente sostituzione di McCartney all'interno del gruppo. Il tizio
suggerì al dj e al pubblico che stava ascoltando in diretta di provare
a "seguire" alcune canzoni dei Beatles con accuratezza.
All'interno di esse - questa era la tesi eccentrica che il supposto fan
avanzava - erano sepolti indizi che portavano ad un'inquietante
conclusione: Paul McCartney, uno dei leader del celebre gruppo musicale,
era morto. Gibbs decide di stare al gioco e gli chiede ulteriori
informazioni mandando tutta la telefonata in diretta. Un resoconto di
indizi ricavati dalle copertine di Sgt. Peppers, Magical Mystery Tour e
altri strani indizi musicali contenuti nei succitati LP e nel White
Album sembrano confermare la testi di Alfred.
Non
passò molto tempo prima che la stampa riprendesse un motivo che,
sebbene a tutti gli effetti assurdo, poteva contare su alcune
"pezze di appoggio". La spiegazione dell'arcano mistero stava
non solo in alcune canzoni, ma in alcune fotografie e copertine dei
dischi dei Beatles, dal contemporaneo "Abbey Road", a ritroso
fino a "Revolver" risalente a tre anni prima.
Fu
così che anche la stampa (il Chicago Sun-Times, con l'articolo "Is
Paul Dead?" - Paul è morto?), del 21 ottobre 1969 cominciò ad
interessarsi del problema. Quando anche il leggendario legale F. Lee
Bailey - dopo il prestigioso magazine Life - affrontò il caso, in un
noto programma televisivo nel quale interrogò personaggi vicini al
Beatle, fu chiaro quanto la storia avesse fatto presa sull'opinione
pubblica.
Oggi
può sembrare assurdo pensare che i media abbiano potuto abbeverarsi ad
una storia del genere, ma tale era la popolarità dei Beatles e così
tanto intrigante l'aneddotica che generò il "caso", che una
vera e propria isteria collettiva si sviluppò alla ricerca della
conferma: uno dei Beatles era morto. Quando? E come? Paul McCartney - il
"romantico", il bello dei Beatles, come la stampa amava
presentarlo - aveva perso la vita in un giorno di novembre del 1966,
presumibilmente nella notte tra un martedì e un mercoledì, più
precisamente il giorno 9, alle 5 del mattino.
Il
bassista dei Beatles aveva lasciato gli studi di registrazione di Abbey
Road e si era allontanato a bordo della sua Aston Martin, molto
probabilmente eccitato da uno scontro avuto con gli altri tre membri
della band. Una versione narra del fatto che Paul avesse caricato una
ragazza autostoppista la quale, riconosciuto chi era alla guida
dell'auto e lasciatasi prendere da un eccessivo entusiasmo, avrebbe
causato l'incidente, nel quale McCartney avrebbe riportato danni mortali
alla testa. I Beatles avrebbero cominciato la narrazione ad indizi
dell'accaduto pochi mesi dopo, durante la registrazione dell'album
"Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band", uscito nel 1967,
ad esempio rivelando il nome della ragazza coinvolta: Rita. In "Lovely
Rita", infatti, Paul (o, secondo la "teoria", quello che
avrebbe dovuto esserlo, un sosia sostituito dai Beatles) canta "I
took her home, I nearly made it" (la portavo a casa, ce l'avevo
quasi fatta). Ovviamente, una base di verità, e cioè dell'effettivo
avvenimento dell'incidente, c'era. In quei giorni Paul aveva realmente
avuto un incidente mentre era in auto con un'amica, in conseguenza del
quale aveva riportato una ferita sul labbro. La cicatrice rimase, e
questa è una delle spiegazioni per cui i Beatles, nei primi mesi del
1967, cambiarono look, adottando tutti i baffi. E non fu solo il look a
cambiare, ma anche la musica, le sonorità, le invenzioni dei Beatles.
In
più, nell'agosto del 1966, i Beatles compivano a San Francisco l'ultima
esibizione dal vivo della loro carriera, annunciando di volersi dedicare
esclusivamente alla composizione e alle incisioni negli studi di
registrazione. I Beatles cambiavano, i Beatles non volevano più
apparire in pubblico. Perché? Poteva essere, ad esempio, che uno di
loro non era più lo stesso, che un sosia simile ma non identico ne
avesse preso il posto, e avesse un talento musicale affine ma non
esattamente uguale all'originale? La teoria della morte di Paul
McCartney e della sua "sostituzione" prese il via, come detto,
nell'ottobre 1969.
Si
scatena il putiferio e tutti cominciarono a cercare indizi dal 1966 al
1970.
Gli
indizi sembravano non pochi, e i fans cominciarono a cercare il
"messaggio" nei dischi precedenti. All'inizio del 1967 i
Beatles si presentarono ai loro fans in una veste decisamente nuova. Non
solo per l'aspetto: le tipiche zazzere a caschetto avevano lasciato il
posto a pettinature più "casuali", i quattro si erano dotati
di baffi e cominciavano a vestirsi in modo disarmonico tra loro (le
uniformi con giacchettine senza bavero e gli innocenti "yeh-yeh"
erano ormai un ricordo). I Beatles se ne uscivano con un 45 giri che
avrebbe dovuto anticipare l'uscita di "Sgt. Pepper".
Un
45 giri per alcuni aspetti ardito. In fondo, si trattava di due lati A,
ovviamente equamente divisi tra i due leader Lennon e McCartney. Il
secondo era l'autore di un rassicurante e nostalgico brano melodico,
"Penny Lane", ricordo degli anni passati a Liverpool. A Lennon
si doveva la psichedelica "Strawberry Fields Forever", un
gioiello che ancora oggi è in grado di stupire per le ardite ricerche
sonore e concettuali, ma che al tempo scioccò letteralmente il
pubblico. Nel finale di questa canzone "sognante" accadeva
qualcosa di strano: il brano sembrava sfumare, ma dal silenzio
riemergeva una sequenza dissonante, "colorata" da flauti
ossessivi e da inserti ritmici "barocchi", sotto la quale la
voce di Lennon, confusa in questo caos, scandiva una frase.
Ascoltandola
e riascoltandola, è indubbio che la frase sembri "I buried Paul"
("Ho seppellito Paul"). In molte interviste, lo stesso Lennon
non ha mai mancato di esprimere forti ironie su questa interpretazione:
le parole che avrebbe detto sarebbero invece "Cranberry sauce"
("salsa di mirtilli"), uno dei tipici non-sense cui Lennon -
grande estimatore di Lewis Carroll e di James Joyce - amava ricorrere. A
cavallo tra il 1966 e il 1967, nel periodo natalizio, era anche uscito
una raccolta di vecchi successi dal titolo "A Collection of Beatles
Oldies", la cui copertina sembrava suggerire indizi inquietanti. Al
centro di un disegno ricco di colori giganteggia una figura acconciata
"alla Beatles", introno alla quale si sviluppano alcuni
"fumetti". Uno di essi raffigura un'auto con le luci accese
(è quindi notte, la famosa notte dell'incidente, tra martedì e
mercoledì?) che da un percorso lineare raggiunge la testa della figura
beatlesiana: un indizio che poteva ricordare l'incidente nel quale Paul
avrebbe ricevuto mortali ferite alla testa. Sempre su questa copertina,
la figura è seduta su una grancassa
sulla quale spicca la parola "oldies" (vecchie, intese come
canzoni), tratta dal titolo. I fans ci videro un messaggio in codice:
sezionando la parola come "ol-dies" e considerando le lettere
della prima sillaba si poteva notare che esse precedevano esattamente,
nell'ordine, le lettere "p" e "m", cioè le iniziali
di Paul McCartney. Già con "Revolver" (1966) il quartetto di
Liverpool aveva cominciato ad inserire nelle proprie canzoni nuove
suggestioni e in copertina Paul è disegnato come un estraneo rispetto
altri altri tre.
ABBEY
ROAD
Alla
luce di questi fatti allarmanti l’attesa per l’uscita del nuovo LP
diventa ancor più spasmodica. Quando finalmente viene pubblicato Abbey
Road gli studiosi si scatenano. Già dalla prima occhiata ci si accorge
che qualcosa non va. I quattro in fila attraversano le strisce pedonali.
Da
poche settimane, sugli scaffali dei negozi di musica c'era "Abbey
Road", l'ultimo album della storia dei Beatles, un "canto del
cigno" di sorprendente bellezza contenente autentici capolavori come
"Something" (canzone dei Beatles più eseguita da altri artisti
dopo la celeberrima "Yesterday", considerata da Frank Sinatra
come "la canzone più bella della storia musicale degli ultimi
cinquant'anni"), "Come Together", "Here Comes The Sun"
e un lungo medley sul lato B, un sequenza musicale con la quale i Beatles,
inconsciamente, salutavano il proprio pubblico (basti pensare che l'ultimo
titolo si chiamava "The End", la fine). Per la cronaca, l'anno
seguente sarebbe uscito l'album "Let
It Be", che però era stato registrato precedentemente ad "Abbey
Road", e che quindi non testimoniava l'ultimo rendez vous dei Beatles
in uno studio di registrazione. "Abbey Road" raggiunse in
America il primo posto in classifica nel giro di una settimana, vi si
arroccò per undici settimane, rimase tra i primi trenta dischi venduti
per quasi un anno e continua oggi a vendere moltissimo: nel 1980 le
vendite di questo album si contavano nel numero di 10
milioni di copie.
I
messaggi in codice del decesso di Paul si potevano leggere nella
leggendaria copertina del disco, raffigurante i quattro musicisti che
attraversano le strisce pedonali di Abbey Road, a pochi passi dagli
omonimi studi di registrazione. La foto fu scatta l'8 agosto 1969 alle 10
del mattino: l'8 agosto del 1994, esattamente venticinque anni dopo, il
telegiornale della BBC avrebbe ripreso orde di fans che continuavano ad
attraversare le strisce bloccando il traffico e cantando le canzoni dei
loro eroi. Sulla copertina del disco, quindi, si potevano leggere molti
indizi. Innanzitutto i quattro personaggi, uno dietro l'altro, sembravano
inscenare una processione da funerale. Il primo della fila, John Lennon,
appariva vestito
completamente di bianco, con i suoi lunghi capelli alla Gesù Cristo: in
un certo senso poteva assumere il ruolo simbolico dell'officiante, o
comunque di un "profeta". Dietro di lui, Ringo Starr,
completamente in nero, venne visto come il becchino. L'ultimo della fila,
George Harrison, vestito in modo trasandato, a questo punto non poteva che
essere l'uomo deputato a scavare la fossa. Davanti a lui, la
"vittima".
Paul
McCartney cammina con lo sguardo più assente rispetto agli altri, tiene
una sigaretta nella mano destra (e tutti i fans sapevano che Paul era
mancino e suonava il basso e la chitarra dalla parte opposta, invertendo
l'ordine delle corde) e, inspiegabilmente, cammina a piedi nudi. Molti
studiosi di religioni spiegarono che in alcune civiltà il piede nudo era
simbolo di morte, e i morti venivano seppelliti senza scarpe. Paul
McCartney, in un'intervista, si giustificò dicendo che, quel giorno, a
Londra faceva un caldo opprimente, e che per questo non sopportò nemmeno
di tenere ai piedi un paio di scarpe. Ma non bisogna essere dei geni per
comprendere che, quando il sole batte sull'asfalto, questo diventa
bollente, e una passeggiata a piedi nudi si rivelerebbe quanto meno
masochistica. Sulla sinistra della copertina, parcheggiata a cavallo del
marciapiede, una Wolkswagen "Maggiolino"
(in Inghilterra, bisogna notare, è chiamata "beetle") sfoggiava
la targa "LMW 28IF": gli ultimi caratteri erano rivelatori: 28
IF. "Se" (in inglese, "If") Paul McCartney fosse stato
vivo nel 1969 avrebbe avuto 28 anni. Sul retro della copertina un vecchio
muro di mattoni riportava la scritta Beatles: una crepa attraversava la
lettera finale, la "s", suggerendo una frattura relativa al
numero dei componenti della band. Immediatamente a destra, un gioco di
ombre, se capovolto di 90 gradi, rivelava le fattezze di un teschio. A
quel punto, il mondo della musica impazzì.
Ma
altri e più inquietanti indizi sono sparsi sulla copertina. A destra si
può vedere un furgone della polizia, dello stesso tipo di quelli che
intervengono in gravi incidenti stradali; il suo numero corrisponde al
veicolo in servizio la sera del tragico 9 novembre 1966!
GLI
ALTRI INDIZI
In
Sgt. Peppers compaiono indizi e allusioni riguardanti la presunta morte di
Paul. La seconda sillaba, "dies", in inglese significa
"muore". Il messaggio era quindi, riassumendo, "PM
Muore". L'1 giugno 1967
usciva "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band", considerato
l'album più importante della storia del rock. Negli Stati Uniti ebbe,
solo di prenotazioni prima dell'uscita, un milione di copie vendute. Dopo
tre mesi le vendite, solo in America, avevano superato i due milioni e
mezzo di copie, a metà degli anni ottanta l'album era attestato sui 15
milioni di copie vendute nel mondo. Sulla copertina di "Sgt. Pepper"
gli indizi della morte di Paul si sprecavano. Per ragioni di spazio, e
volendo escludere i riferimenti più complicati, citeremo solo i
principali. La copertina - un'icona della cultura rock - è un'orgia di
colori, personaggi, e oggetti.
Appare
chiaro al primo sguardo come l'immagine sia una rappresentazione. I fans
vollero vederci una commemorazione funerea. Al centro, in uniformi
bandistiche coloratissime stanno i Beatles, collocati dietro una grancassa
con il titolo dell'album. Attorno a loro i visi di personaggi noti, come
Fred Astaire, Edgar Allan Poe, Oscar Wilde, Bob Dylan, Marilyn Monroe,
Marlon Brando, Shirley Temple. Alla destra dei Beatles, quasi a
suggerire una sorta di "estraniamento", stanno altri quattro
Beatles, non perfettamente uguali nei tratti somatici, nella versione
"a caschetto" degli esordi. Proprio loro sembrano guardare,
mestamente, la composizione floreale sottostante, che sembra alludere ad
una tomba. Su di essa appare nitidamente la scritta "Beatles"
(per la cronaca, attorniata anche da piantine di… canapa indiana!). Si
celebra un funerale, quindi? Sotto la scritta un'altra composizione
floreale gialla sembra riprodurre la forma di un basso (lo strumento
suonato da Paul), dotato però di sole tre corde, al posto delle
tradizionali quattro (i tre Beatles sopravvissuti?). A fianco, una
statuetta della dea Kali riporterebbe il concetto della morte.
Sulla
destra della copertina, una bambola con una maglietta a righe con la
scritta "Welcome The Rolling Stones" ("Benvenuti i Rolling
Stones", un omaggio alla band "rivale", ndr) tiene nella
mano destra una macchinina giocattolo Aston Martin (l'auto
dell'incidente?). Sopra la testa di Paul McCartney, al centro della
copertina, dalla folla si alza una mano tesa. Di chi è? Non si riesce a
capire, ma quello che i fans (e gli "studiosi" arruolati per
l'occasione) si sentirono di interpretare era che, in alcune civiltà
dell'Estremo oriente, questo veniva considerato un gesto di morte. Il
messaggio più difficile da scoprire (ma la fantasia dei fans non ebbe
limite in quegli anni!) fu quello nascosto all'interno della grancassa con
il titolo dell'album. Prendendo un specchietto e ponendolo orizzontalmente
in mezzo alla scritta centrale "Lonely Hearts", si poteva
leggere, sfruttando il riflesso della parte superiore delle lettere, un
codice: il messaggio era "I One IX He Die" (Uno-Uno-Nove-Lui-Muore),
tra "He" e "Die" appariva un diamante che… indicava
verticalmente Paul McCartney! La formula fu spiegata così: Undici
(uno-uno), nove (IX, in romano), lui è morto. Il 9 novembre Paul sarebbe
morto. A che ora? Lo indicava George Harrison sul retro della copertina,
dove per la prima volta nella storia del rock apparivano i testi delle
canzoni. I Beatles erano sovrapposti alle parole e Harrison (il primo a
sinistra) con il dito indice segnala esattamente un verso della canzone
"She's Leaving Home": "Wednesday at five o'clock" e
cioè: mercoledì alle cinque del mattino. La
teoria dell'incidente tra martedi e mercoledì notte del 9 novembre
sembrava confermata. Nella stessa foto sul retro della copertina i Beatles
appaiono in una strana posizione: tutti, meno Paul, sono rivolti verso lo
"spettatore". Paul McCartney, invece, dà inspiegabilmente le
spalle. Perché? Per nascondere (o suggerire) che in realtà lui non è
Paul? Aprendo l'album (uno dei primi confezionato "a libro")
apparivano in primo piano i quattro Beatles. Paul, in divisa blu, sfoggia
sul braccio sinistro uno stemma, su cui c'è la sigla "O.P.D.":
una formula che, in Inghilterra, si usa quando una vittima di un incidente
arriva morta in ospedale, un acronimo che significa "Officially
Pronounced Dead" ("dichiarato ufficialmente morto").
L'ultimo
indizio stava nella canzone che chiudeva l'album, la splendida e
visionaria "A Day In The Life", nella quale Lennon cantava:
"Ho letto i giornali
oggi, di un uomo fortunato che ce l'aveva fatta,
e benché la notizia fosse piuttosto triste, non ho potuto fare a meno di
sorridere. Ho visto la fotografia. Ha perso la testa su un auto, non si
era accorto che le luci erano cambiate, una folla di gente stava lì e
guardava, avevano visto la sua faccia prima: nessuno poteva dirlo con
sicurezza, ma sembrava uno della Camera dei Lords". La morte di una
celebrità, quindi, di un uomo che aveva ottenuto il successo e che poteva
essere un "Sir". Cioè, un baronetto. Come Paul McCartney e gli
altri Beatles, nominati baronetti dalla regina Elisabetta nel 1965. Il
disco, tra l'altro, veniva stampato per la prima volta sotto l'etichetta
(di cui gli stessi Beatles erano proprietari) di nome "Apple"
("mela", che ne costituiva anche il logo), che sembrò
l'ennesimo suggerimento. Foneticamente la parola è identica anche se la
si scrivesse "A-Paul", cioè (ricorrendo all'alfa privativa
greca), "senza Paul"!
YELLOW
BUSMARINE
Sempre
nel 1967 esce l'album "Yellow Submarine", colonna sonora
dell'omonimo film a cartoni animati dedicato ai Beatles.
Sulla
copertina del disco, un disegno raffigurante i quattro Beatles mostra un
John Lennon intento a stendere la propria mano (ancora una volta!) sulla
testa di Paul McCartney, facendo il simbolo delle corna. Sotto il titolo
dell'album un verso che commentava: "Nothing Is Real"
("nulla è reale", nulla è come sembra, quindi).
MAGICAL
MYSTERY TOUR
Nella
seconda fotografia dell'album Paul appare in uniforme dietro la scritta
"I Was" ("Io ero") e sotto due bandiere britanniche
incrociate (simbolo militare luttuoso). Nella foto centrale, in cui i
Beatles suonano in abiti floreali, Paul è ancora scalzo (come nella già
citata copertina di "Abbey Road"), suggerendo l'allegoria
funerea.
Non
solo: accanto a sé, vicino alla batteria di Ringo Starr, le sue scarpe
appaiono macchiate di rosso. Nella penultima foto dell'album i Beatles
appaiono in frac bianco, protagonisti di una scena pseudo-hollywoodiana.
Ognuno di loro ha un fiore all'occhiello, solo che Paul, a differenza
degli altri tre che ce l'hanno rosso, ne sfoggia uno nero, ovviamente
simbolo di lutto. Ma siccome i fans cercavano indizi non solo nelle
immagini ma anche nelle parole dei propri idoli, eccone un altro. In
"I am the Walrus" (trad. "Sono il tricheco", e il
tricheco nella mitologia nordica è simbolo di morte), Lennon cantava di
uno "stupid bloody tuesday", di uno "stupido e sanguinoso
martedì": il martedì notte dell'incidente? Nel finale della canzone
- un'orgia di voci e suoni - emergeva la registrazione di un brano tratto
dal "Re Lear" di Shakespeare (4.6.250-60) dove si parlava di una
"morte imprevista" e l'ultimo verso recitava "Sit You Down,
Father, rest you" ("siediti padre, riposa").
Alcuni
fans arrivarono a sostenere che, se si ascoltavano al contrario i primi
versi della canzone di George
Harrison "Blue Jay Way", la voce solista recitava la frase
"Paul is bloody, Paul is very bloody" ("Paul sanguina,
sanguina veramente"). Ovviamente, migliaia di fans furono disposti a
rovinare irreparabilmente i meccanismi dei propri piatti stereo per
riuscire a sentire il messaggio. Come furono disposti a passare ore
davanti allo specchio, mettendo la copertina di "Magical Mystery
Tour" davanti a sé, per tentare di trovare un fantomatico numero
telefonico che sarebbe dovuto apparire, e che li avrebbe collegati a
qualcuno in grado di rivelare, finalmente, la verità. Un numero sembrava
apparire, in realtà, ma era quello di un giornalista americano che
rischiò, in quei mesi, l'esaurimento nervoso.
WHITE
ALBUM
L'anno
seguente, siamo nel 1968, esce quello che passerà alla storia con il nome
di "White Album" ("Album Bianco") la cui copertina è
completamente bianca. Il bianco, come si sa, in alcune civiltà è colore
luttuoso, e richiamava, tra l'altro, l'abito bianco di Lennon sulla
copertina di "Abbey Road".
Molti
versi delle canzoni di questo album (soprattutto il brano "Helter
Skelter") convinsero, come lui stesso dichiarò in tribunale, Charles
Manson (fanatico affiliato ad una setta satanica) ad assassinare Sharon
Tate, moglie del regista Roman Polanski. Questa è però un'altra storia,
ma che fa comprendere come, evidentemente, non solo i fans cercavano la
"verità" dai Beatles, e non solo per gioco. Tornando
all'"Album Bianco", in una canzone tratta da esso - "Glass
Onion" - Lennon canta: "Ora c'è un altro indizio per tutti voi:
il tricheco era Paul". Tutti avevano creduto, guardando le foto
dall'album "Magical Mystery Tour" che chi indossava la maschera
del tricheco, seduto al piano, fosse Lennon. Ora lo stesso Lennon rivelava
che invece si trattava di Paul. Il tricheco, come detto, è un simbolo di
morte in alcune culture nordiche.
Nel
finale della canzone di Harrison "While My Guitar Gently Weeps",
mentre sfuma l'assolo di chitarra della guest-star Eric Clapton, sembra
che il Beatle invochi, ripetendo in un lamento, il nome di Paul. Nel
poster allegato all'album (foto su un lato, testi di canzoni sull'altro)
appare una fotografia, in basso a destra, dove Paul è in piedi vicino ad
un palo e dei rivoli di fumo dietro di lui sembrano assumere le fattezze
di due mani scheletriche che lo seguono e cercano di afferrarlo. In
un'altra foto Paul è raffigurato mentre immerge la testa in una vasca per
lavarsi i capelli. Nella canzone "Dont' Pass Me By", Ringo canta
"scusami se ho dubitato di te, non sono stato leale. Tu hai subito un
incidente d'auto e h ai perso i capelli". Nel brano "Revolution
9", composto da Lennon, in un turbinio di suoni e registrazioni al
contrario, si sentirebbero i rumori di un incidente d'auto. Il numero 9,
poi riprenderebbe il giorno della data dell'incidente e, guarda caso, il
numero delle lettere del cognome della "vittima": McCartney.
Dopo
la pubblicazione dell'album bianco (titolo originale The Beatles), i
ragazzi di Liverpool erano totalmente spariti dalla circolazione, solo il
cartone animato di Yellow Submarine aveva riportato l'attenzione sul
complesso. Poi per circa un anno il silenzio (cosa strana per un gruppo
che era abituato a sfornare un disco ogni dieci mesi circa). Si diffuse
così la voce che il gruppo non si faceva più vedere perché Paul era
gravemente ammalato.
I
Beatles è vero avevano sempre tentato di usare le copertine per lanciare
dei messaggi.
LET
IT BE
L'ultimo
indizio i fans pensarono di identificarlo nell'album che chiuse la
carriera dei Beatles, "Let It Be". Nelle quattro foto distinte
di John, George, Ringo e Paul, quest'ultimo era l'unico che appariva su
sfondo scuro, per la precisione rossastro, mentre gli altri apparivano su
sfondo chiaro.
La
leggenda della morte di Paul Mc Cartney ha ispirato addirittura un film.
"Paul is dead" opera prima del tedesco Hendrik Handloegten,
presentato lo scorso anno al film festival di Torino.
Nell'estate
del 1980, in una piccola città della Germania Ovest, Tobias, un ragazzino
di dodici anni, sogna di formare una band ispirata al suo gruppo
preferito, i Beatles, ma a questo punto nella città appare un uomo
misterioso che si aggira per le strade alla guida di un Maggiolino bianco
la cui targa è LMW28IF. Quella è proprio la macchina della copertina di
Abbey Road.
E'
stato Paul Mc Cartney stesso a porre fine alla leggenda riguardante la sua
morte.
Sempre in maniera criptata naturalmente. Nell'album "Off The Ground"
del 1993 la copertina sfoggia i piedi nudi penzolanti dal cielo di tutti i
musicisti coinvolti nel disco. Un po’ come dire tutti morti tutti vivi.
Lo stesso anno, Mc Cartney presentò l'album dal vivo dall'emblematico
titolo "Paul Is Live", un gioco di parole per dire "Paul
suona dal vivo" o, contorcendo il più corretto "Paul is Alive",
"Paul è vivo". Sulla copertina del live Paul appare fotografato
sulle stesse mitiche strisce pedonali di Abbey Road sorridente e con un
cagnolino al guinzaglio, come a dire sono un distinto signore di 55 anni
ricco e felice, il gioco è finito.
Un'
abile beffa, un equivoco, una mattana dei Beatles?
L'enigmatica
storia della morte del vivissimo McCartney
Oggi
Paul McCartney è un iper-miliardario che guadagna all'anno più della
British Airways. Solo grazie ai diritti d'autore, qualche anno fa si
parlava di un ricavo di più di 200 milioni al giorno. Dopo lo
scioglimento dei Beatles, nel 1970, McCartney ha intrapreso una carriera
solista di successo, tra alti e bassi, guadagnandosi il posto nel celebre
"Guinness dei Primati" come musicista pop di maggior successo
(maggior numero di copie di dischi venduti nel mondo, sommando la propria
carriera a quella dei Beatles).
Dopo
anni a cercare, comprensibilmente, di guadagnarsi una propria dimensione
come artista solista, si può dire che "ha fatto la pace" con il
proprio illustre, incredibile passato. Addirittura, di quella vicenda
assurda che riguardò la sua supposta morte, Paul ha dimostrato di voler
riprendere le fila in modo giocoso. Nell'album "Off The Ground"
del 1993 la copertina sfoggia i piedi nudi penzolanti dal cielo di tutti i
musicisti coinvolti nel disco. Lo stesso anno, McCartney sfornò l'album
dal vivo dall'emblematico titolo "Paul Is Live", un gioco di
parole per dire "Paul suona dal vivo" o, distorcendo il più
corretto "Paul is Alive", "Paul è vivo". In questa
copertina, McCartney si faceva ritrarre su quelle stesse strisce pedonali
di Abbey Road tenendo un cagnolino al guinzaglio. L'espressione questa
volta era sorridente. Il gioco era finito.
Ma
era questa la copertina originale di Abbey Road?
No,
... era quella sotto!
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