PLEASE PLEASE ME COMPIE CINQUANT'ANNI

Please Please Me è il primo album del gruppo musicale britannico The Beatles, pubblicato all'inizio della primavera del 1963 dalla Parlophone, grazie al lavoro del produttore George Martin.


Prima di questo album, i quattro di Liverpool avevano pubblicato solamente due singoli: Love Me Do nell'ottobre 1962 e Please Please Me nel gennaio 1963. Il primo riscosse un discreto successo, mentre il secondo fu la prima canzone dei Beatles a raggiungere la prima posizione nelle classifiche di vendita del Regno Unito, come lo stesso Martin aveva previsto.
Una cosa sorprendente è il fatto che l'album venne registrato in sole quindici ore di lavoro l’11 febbraio 1963, ad eccezione dei singoli che erano stati incisi nell’autunno precedente.
Originariamente, il produttore aveva pensato di intitolare l’album Off The Beatle Track, ma quest’idea tramontò a favore di Please Please Me.
Quanto alla copertina, dopo aver scartato altre ipotesi, alcune originali e altre “dozzinali” e “atroci”, Martin si rivolse al fotografo Angus McBean che convocò i membri del gruppo presso la EMI in Manchester Square e chiese loro di sporgersi dalla ringhiera delle tromba delle scale dell’edificio.
In Italia l'album uscì nel novembre 1963, ma con titolo e copertina diversi: era infatti chiamato semplicemente The Beatles, pur se le canzoni contenute erano le stesse della versione britannica, mentre la casa discografica era la Parlophon (etichetta distribuita dalla Carisch) e il numero di catalogo era PMCQ 31502.
Il disco uscì con tre etichette di colore diverso, corrispondenti alle diverse ristampe, la prima (oggi molto preziosa) in mono in rosso indaco, poi rossa, quindi nera.
Nel 1970, (dopo il confluire della Parlophon nel gruppo EMI Italiana), il disco fu ristampato ma con etichetta Parlophone nera.
Solo a fine 1976 anche in Italia l’album è stato stampato con titolo e copertina uguali all'edizione britannica, con etichetta EMI-Parlophone celeste.
L’album rappresenta una innovazione nel panorama della musica britannica di quel periodo. All'epoca i 33 giri avevano in genere 12 canzoni, 6 per parte. I Beatles, per la delizia dei loro fans di tutto il mondo, pubblicarono un disco con ben 14 canzoni, sette per parte. Il disco contiene sia canzoni già pubblicate su 45 giri che canzoni pubblicate qui per la prima volta, e questa fu una novità per i tempi, quando i 33 giri non erano altro che raccolte di canzoni già pubblicate su 45 giri. Inoltre i gruppi inglesi si limitavano in genere a eseguire cover di canzoni d’oltreoceano, perciò Please Please Me, con gli otto pezzi originali firmati dal duo Lennon McCartney, aprì la strada al futuro, prolifico rock inglese.
Non tutte le canzoni hanno come autori John Lennon e Paul McCartney, ma sono cover di altri autori: Anna (Go to Him) è una canzone scritta da Arthur Alexander e cantata, nella versione originale, dallo stesso autore; Chains è un brano scritto da Goffin e King; Boys, scritta da Luter Dixon e da Farrell, e Baby It's You, scritta da Burt Bacharach, sono due canzoni delle Shirelles, un quartetto vocale femminile americano che piaceva molto a John Lennon e che ha inciso numerosi pezzi davvero notevoli; A Taste of Honey è stata scritta da Scott e Marlow; Twist and Shout è una canzone scritta da Medley e Russell e portata al successo dagli Isley Brothers.
I Saw Her Standing There
«17» era un pezzo vigoroso costituito da progressioni blues che il gruppo suonava già nel periodo di Amburgo[2] e che, grazie alla struttura armonica, nei concerti live era prolungato con l’innesto di più assolo di chitarre. I versi iniziali di Paul erano originariamente “She was just seventeen/never been a beauty queen” (“Aveva solo diciassette anni/non era mai stata una reginetta di bellezza”), ed erano stati così concepiti in modo che le teenagers, che costituivano parte rilevante del pubblico, si potessero immedesimare nelle parole del testo. Ma quasi subito Paul e John si accorsero che la seconda strofa era banale e non adatta allo scopo. In sostituzione, per non cadere nei luoghi comuni zuccherosi allora in voga, Lennon tirò fuori l’ammiccante allusione sessuale
You know what I mean (“sai che cosa intendo dire”)

Era una creazione targata Beatles nelle sonorità, nel ritmo graffiante e nella grinta con cui veniva eseguita, anche se Paul ammise in seguito di avere copiato il giro di basso da I’m Talking About You di Chuck Berry.
Per rendere l’atmosfera calda “da palco” dei concerti dal vivo fu deciso di premettere alla introduzione di chitarra il conteggio iniziale, e questo contribuì a fare di I Saw Her Standing There il pezzo di rock’n’roll energico e incalzante che apre l’album[5]. Inoltre l'assolo di Harrison è il primo assolo in una canzone originale dei Beatles .
Misery
Questo assaggio di romantico vittimismo (“The world is treating me bad, misery” è il significativo verso d’apertura) è per gran parte opera di John Lennon e, come ricorda Tony Bramwell (che al tempo lavorava per Brian Epstein), al resto contribuirono – oltre a Paul – Allan Clarke e Graham Nash, componenti degli Hollies.
Una volta composta, la canzone venne proposta alla sedicenne Helen Shapiro – detta “Vocione” per via della profondità della voce –, che già due anni prima con Please Don’t Treat Me Like a Child era entrata nella Top Ten e con cui i Beatles avrebbero suonato dal vivo come gruppo di spalla nel febbraio successivo. Ma a causa di un equivoco, l’offerta di Misery fu respinta e se ne appropriò il cantante Kenny Lynch che la registrò, pur senza ottenere grande successo. Lynch sarà ricordato come il primo artista fuori dalla cerchia dei Beatles a incidere una canzone scritta dal duo Lennon-McCartney.
Registrata dal quartetto su undici nastri l’11 febbraio, fu ultimata con una sovraincisione effettuata il 20 dello stesso mese. In quella sessione George Martin eseguì e registrò una parte – chiamata dal produttore “wind-up piano” – consistente nel suonare la sezione di pianoforte a velocità dimezzata e in un’ottava più bassa rispetto all’altezza del brano, per poi inserirla velocizzata e all’altezza normale, tecnica a cui Martin avrebbe fatto ricorso in Rubber Soul col suo assolo di sapore baroccheggiante di In My Life.
Anna
Era impensabile che a quell’epoca un gruppo musicale riuscisse a riempire un album con materiale interamente prodotto in proprio. Effettivamente i Beatles fecero ricorso a composizioni di altri autori, collaudate nella propria carriera di concerti dal vivo e che per questo essi erano in grado di riprodurre senza problemi. La sicurezza nell’esibizione era richiesta anche dal fatto che al gruppo era stato concesso di occupare gli studi di registrazione di Abbey Road per non più di un giorno, diviso nella seduta antimeridiana e in quella pomeridiana – mentre quella serale fu una concessione non programmata – e così i quattro sostanzialmente fecero ricorso al rodato repertorio che faceva parte delle loro esibizioni live.
La prima cover ad apparire sul nuovo LP fu Anna, che era già stata portata al successo dall’affermato cantante statunitense Arthur Alexander, noto agli estimatori inglesi di rhythm and blues. Questo motivo ballabile, in cui John canta la propria arrendevolezza in un contrastato rapporto sentimentale, venne registrata in tre take nella sessione serale.
Chains
Quarta traccia e seconda cover, era una composizione di Gerry Goffin e Carole King e aveva già raggiunto il successo in un’incisione dei Cookies.
Già dall’inizio della carriera, Lennon e McCartney tenevano in grande considerazione i due compositori americani. Come ebbe a dire John, «Paul e io volevamo essere i Goffing e King d’Inghilterr. Perché Gerry Goffin e Carole King all’epoca scrivevano materiale eccellente».
Gradevole ballabile, vede l’introduzione di John all’armonica e un buon lavoro corale delle voci di John, Paul e George.
Boys
Si trattava di un rock’n'roll in dodici battute composto da Luther Dixon e Wes Farrell ed eseguito dal gruppo delle Shirelles. Nel periodo di Amburgo il quartetto suonava nei concerti dal vivo altri tre pezzi delle Shirelles: Will You Love Me Tomorrow?, Mama Said e Baby It’s You; e Boys era stato introdotto in scaletta in quanto ritenuto idoneo per fare posto al batterista Pete Best.
Per rispettare la tradizione, il ruolo della linea vocalica principale fu perciò assegnato a Ringo Starr, che canta in primo piano con i cori degli altri tre sullo sfondo a sostenerlo, e che a circa metà del pezzo introduce un assolo di chitarra secondo l’impronta di Chet Atkins eseguito da George Harrison. E d'altra parte, per Ringo questo brano non costituiva una novità: Starr lo cantava infatti quando militava nel gruppo di Rory Storm and the Hurricanes.
Ask Me Why
Considerando la giovane età e la relativa inesperienza, i Beatles degli esordi, nel loro stile strumentale e compositivo, non potevano non subire l’influenza di musicisti contemporanei di successo. Nel caso di Ask Me Why, composta in gran parte da John Lennon nella primavera del 1962, il pezzo risente dell’influsso del sound Motown e in particolare di Smokey Robinson and The Miracles.
La prima registrazione di Ask Me Why risale al 6 giugno 1962. Si trattava allora di grezze incisioni di prova che aspettavano ancora il beneplacito di George Martin. Fu proprio il produttore che, al termine di quella seduta, volle riunire i quattro musicisti e spiegare loro i dettagli tecnici per migliorare le esecuzioni.
Successivamente il motivo fu ripreso ed eseguito in studio il 26 novembre 1962, e vennero incisi sei nastri di quello che sarebbe diventato il lato B di Please Please Me.
Please Please Me
Il pezzo che dà il nome all'album era stato scritto da John quando ancora abitava a Liverpool nella casa della zia Mimi. La composizione, fiacca e lamentosa, si ispirava al Roy Orbison di Only the Lonely, e nella seduta dell’11 settembre 1962 la versione del pezzo non soddisfece Martin che, confidando nelle potenzialità del brano, intuiva che fosse però necessario velocizzarlo e infondere maggiore brillantezza e dinamismo nell’interpretazione.
Pertanto, dopo due settimane il pezzo venne eseguito su diciotto nastri col tempo accelerato rispetto all’originale – secondo le istruzioni del produttore –, con la sovraincisione dell’armonica di John, con un Ringo rinfrancato e determinato rispetto all’umiliazione di quindici giorni prima e complessivamente con un’esecuzione energica e aggressiva. Come ricorda Paul a proposito dell’incisione, «improvvisamente ecco che nacque il ritmo veloce alla Beatles».
È rimasta celebre la frase con cui George Martin, al compimento dell’incisione del pezzo, si rivolse ai quattro attraverso l’interfono: «Signori, avete appena finito di incidere il vostro Numero Uno!» Come previsto da Martin, il brano ebbe grande successo, Radio Luxembourg trasmise la canzone decretandola un trionfo e perfino la BBC mandò in onda il pezzo dietro le richieste incessanti dei fans.
Love Me Do
Love Me Do ha avuto due versioni: quella su LP vede come batterista Andy White, in quanto il produttore dei Beatles, George Martin, nel 1962 non aveva ancora piena fiducia in Ringo Starr, mentre la prima versione del 45 giri britannico ha come batterista proprio Ringo Starr. Quest'ultima versione è stata poi inclusa nei recenti CD antologici pubblicati.
Armonica a bocca, suonata da Lennon nell’introduzione del brano. La canzone era stata composta nel 1958[22] da Paul McCartney con l’aiuto di Lennon. C’è chi ritiene che, assieme ad altri pezzi scritti da Paul e John, Love Me Do non facesse parte del repertorio di composizioni che il quartetto suonava dal vivo ad Amburgo, dato che (al pari di P.S. I Love You e Please Please Me) avrebbe frenato i ritmi martellanti che quelle esibizioni richiedevano. E lo stesso Lennon ammise in seguito che non fu mai un successo, pur decantando le qualità del brano.
George Martin voleva arricchire il brano per fargli assumere un sound distinguibile e caratterizzante; perciò, rifacendosi alle sonorità del duo blues composto da Sonny Terry e Brownie McGhee, suggerì di inserire fra gli strumenti anche l’armonica a bocca. Il compito spettò di diritto a John, che aveva imparato i rudimenti dello strumento e ne aveva perfezionato e raffinato la tecnica sotto la guida di Delbert McClinton, armonicista americano che era in tournée in Gran Bretagna nella primavera del 1962. Nei concerti dal vivo era di John la voce principale del pezzo; ma in sala di incisione, al fine di permettere che la voce si amalgamasse con il suono dell’armonica, Martin chiese che fosse Paul a eseguire la linea vocalica principale e che l’armonica di John fungesse da controcanto.
Senza considerare la registrazione di prova del 6 giugno, la canzone venne incisa per la prima volta il 4 settembre. George Martin, però, preferiva piuttosto How Do You Do It? considerandola più adatta al gruppo e candidata al successo, perciò in quella seduta i Beatles dovettero insistere a voler registrare anche il loro materiale e così Love Me Do finì su 15 nastri. Quella sera Ringo non era in forma, e risentendo il nastro Martin concluse che il batterista era il punto debole del gruppo e che sarebbe stato necessario rifare la registrazione sostituendo Starr con un sessionman. Così, dopo una settimana, il quartetto si ritrovò in studio e lì Ringo scoprì con delusione che si sarebbe limitato a suonare il tamburello, rimpiazzato da Andy White alla batteria; e con questa formazione furono registrati 18 nastri del pezzo. Tuttavia la versione della seduta del 4 settembre non venne scartata, fu anzi pubblicata come il lato A del primo 45 giri del gruppo; la variante dell’11 costituisce invece il pezzo d’apertura del lato B dell’album. Pertanto la presenza o meno del tamburello permette a chi ascolta di comprendere quale delle due versioni si stia riproducendo.
P.S. I Love You
Questa è la prima canzone dei Beatles impiegata come “messaggio” dedicato alle proprie fidanzate – ve ne saranno ben tre in Rubber Soul.
Nel 1961, Paul conduceva una relazione sentimentale con una ragazza di Liverpool, Dorothy (Dot) Rhone. Lontano perché impegnato nella estenuante trasferta di Amburgo, Paul compose questa canzone-lettera con l’intenzione di confermare a Dot il proprio amore e di prometterle un veloce ritorno in Inghilterra.
Anch’essa eseguita nel provino del 6 giugno, P.S. I Love You venne rifatta e completata in dieci nastri nella seduta dell’11 settembre. Quella circostanza vide Andy White alla batteria, mentre a Ringo fu chiesto di suonare le maracas. La canzone risultò convincente e divenne il lato B del 45 giri Love Me Do.
Baby It’s You
È (oltre a Boys) l’altro pezzo dell’album precedentemente portato al successo dalle Shirelles.
Composto da Mack David, Barney Williams e Burt Bacharach, Baby It’s You dal 1961 faceva parte del repertorio dei Beatles in scaletta nelle esibizioni live ed è una melodia lenta e ballabile in cui Lennon esegue la parte vocale solista. In studio, oltre a quello dei quattro musicisti, il pezzo vide il contributo di George Martin alla celesta.
Harrison, vocalist del pezzo
Do You Want to Know a Secret
È la voce di George Harrison a condurre la linea vocale principale, sebbene la canzone sia stata composta da John Lennon che, a suo dire, prese spunto da una filastrocca che la madre gli cantava quando era molto piccolo. Con una certa altezzosità, l’autore la offrì a George in quanto «sarebbe stata adatta alle sue capacità perché aveva solo tre note e lui non era certo il miglior cantante al mondo».
Dopo che l’11 febbraio 1963 la canzone venne incisa, l’autore la cedette a un altro gruppo della scuderia di Epstein, Billy J. Kramer and The Dakotas, che nell’estate dello stesso anno con quel motivo inaspettatamente scalò le vette della classifica inglese.
A Taste of Honey
La canzone si ispirava direttamente all’omonimo film del 1961. Paul era rimasto colpito in special modo dal tema musicale, composto da Ric Marlow e Bobby Scott che nel 1962 erano stati premiati in qualità di compositori con un Grammy Award per il miglior tema strumentale[33]. L’impressione fu talmente viva che dopo più di quattro anni dall’incisione da parte dei Beatles, Paul si sarebbe richiamato di nuovo al film – in particolare a un frammento di dialogo – per comporre Your Mother Should Know.
Appartenente al repertorio dei motivi ballabili del gruppo, A Taste of Honey venne inciso su sette nastri l’11 febbraio e, primo caso di una lunga e fortunata serie di espedienti tecnici, la voce solista di McCartney dei nastri 5 e 7 fu oggetto di doubletracking[35].
There’s a Place
È un pezzo che per la prima volta cerca di discostarsi dal soggetto ricorrente dell’amore per affrontare i temi della solitudine, delle angustie quotidiane e della malinconia, e del rifugio in cui ripararsi in queste circostanze[36]; e in questo senso anticipa motivi ben più celebri ed elaborati, da In My Life a Strawberry Fields Forever.
Fu la prima canzone a essere registrata nella sessione dell’11 febbraio; venne incisa su 10 nastri, e le due voci che procedono parallelamente sono quelle di Paul, al registro più alto, mentre a quello basso è la voce di John – che esegue anche le parti da solista.
Twist and Shout
Conclusione speculare a un’apertura altrettanto energica[38], Twist and Shout – composta da Phil Medley e Bert Russell ed eseguita dagli Isley Brothers – era il brano che più degli altri mandava in visibilio il pubblico dei Beatles negli spettacoli dal vivo[39] e quello con cui il gruppo era solito chiudere i concerti al Cavern.
Dopo la registrazione di tutti gli altri pezzi, il quartetto si trovò a serata avanzata con ancora una canzone da eseguire per completare l’album e poco tempo a disposizione da poter sfruttare in sala di incisione. Perciò, radunate le forze residue, i Beatles – consapevoli di non poter sbagliare – si lanciarono in una scatenata esecuzione del pezzo, in particolare John, con la responsabilità della linea vocale solista e con le corde vocali in fiamme a causa di dodici ore di registrazione quasi continuate.
Ma nonostante la fatica accumulata, il primo nastro ci consegna un rock’n’roll possente, aggressivo e aspro che suscitò perfino l’entusiasmo dell’abitualmente controllato staff tecnico. Richard Langham, secondo ingegnere del suono, affermò: «Mi sarei messo a saltare su e giù, sentendoli cantare a quel modo. Fu un pezzo di bravura stupefacente». E George Martin disse a conferma: «Non so come ce l’hanno fatta. È tutto il giorno che registriamo, ma più vanno avanti e meglio suonano!».
Dagli archivi della Emi risulta che fu fatto il tentativo di una seconda incisione completa di Twist and Shout; ma ormai le ugole sforzate avevano arrochito le voci, e comunque rimaneva il primo take di qualità eccellente.
 

Formazione
John Lennon - voce, chitarra ritmica, armonica a bocca
Paul McCartney - voce, basso
George Harrison - chitarra solista, cori; voce in Chains e Do You Want to Know a Secret
Ringo Starr - batteria, tamburello, maracas; voce in Boys
Altri musicisti
George Martin - pianoforte in Misery, celesta in Baby It's You
Andy White - batteria in Love Me Do e P.S. I Love You

http://it.wikipedia.org/wiki/Please_Please_Me_%28album%29


 

Aprile 1963 

 

PLEASE PLEASE ME

 

Parlophone PMC 1202; PCS 3042 - March 22, 1963 - (CD) Parlophone CDP 7 46435 2 - February 26, 1987 - Capitol CLJ 46435 - July 21, 1987

I saw her standing there/ Misery Anna (Go to him) Chains Boys Ask me why Please please me Love me do Ps I love you Baby it's you Do you want to know a secret A taste of honey There's a place Twist and shout

 

Con l’uscita dell’ album scattò la prima operazione commerciale della loro casa discografica. Da fenomeno prettamente londinese i quattro cominciarono a farsi conoscere in tutto il Regno Unito.

Ad agosto uscì , attesissimo, il nuovo singolo: "She loves you"/"I’ll get you" anche questo primo nelle chart con la conseguente prima vera tournee che toccò anche altre nazioni europee. Non eravamo ancora alla Beatlesmania ma il loro nome cominciava a girare sempre più velocemente in tutto il vecchio continente.

Alla fine di novembre uscì il secondo 33 giri. Con le bellissime "All my loving" e "Till there was you"

Nella musica devi stupire, devi essere innovativo: tanto vale rischiare:la nascita dei Beatles. Questo avrebbe comportato l'introduzione di un nuovo target del pubblico discografico, i giovani. Quelli che finalmente non dovevano aspettare di diventare grandi. Basta i vecchi vinili polverosi di papa e mammà di musica da camera, jazz e be-bop: questa è musica leggera, quella vera, quella allo stato primordiale.

Musica, ma anche crociata : lo intuisce bene John Lennon che crea il suo ideale di successo leggendo le pagine di On The Road di Jack Kerouac: ' perché aspettare di essere grandi per darsi alla scrittura e alla musica? Un adolescente ha un cervello così come lo può avere un uomo'

Liverpool 1960. John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Stuart Sutcliffe e Pete Best erano i componenti dei Silver Beatles.
Nell'estate di quell'anno si trasferiscono ad Amburgo suonando in un pub a luci rosse e nel 1961 incidono il primo 45 giri come gruppo spalla del cantante Tony Sheridan.
Ma l'incontro con Brian Epstein sarà una scintilla cruciale: da piccolo venditore di dischi, Epstein si trasformerà nel loro manager storico portandoli al successo dopo 9 mesi con la storica etichetta EMI Music dopo aver subito varie audizioni negative, tra cui quella per La Decca….

Cambiato il nome del gruppo da Silver Beatles a The Beatles ed eliminati Pete Best e Stuart Sutcliffe, John, Paul e George sono pronti a partire nella loro stratosferica avventura insieme al batterista acquisito Ringo Starr.

E basteranno i colpi del singolo di Love Me Do per scatenare le follie di una vera e propria mania musicale da teen agers.

Rispetto a come la mente richiama i Beatles ' versione prima maniera' sul modello di A Hard Days Night (1964)
Quella dell'esordio di Please Please Me (1962) presenta un'impostazione molto diversa e più incline al rock'n roll da ballad e in questo contesto il disco si divide tra Beatles cantautori e in maniera minore, in Bealtles cover band sul sentiero del grande Elvis.

One, two, three, for, five! Sono queste le prime parole pronunciate dai Beatles sull'onda di uno dei primi pezzi firmati Lennon e McCartney che inaugurano un album di 14 tracce (tra cui 5 cover) per circa mezz'ora di musica: ecco l'inizio: I Saw Her Standing There: c'è la grinta, l'orecchiabilità di un motivo semplice che rimane subito in testa tra deliri e assoli di chitarra davvero ineccepibili per l'epoca.

Caschetto, camicia, giacca e cravattino: l'evoluzione ha la faccia acqua e sapone, un impegno immenso nel cuore e la dolcezza in superficie così come si rispecchia nella tranquillità un po' da spiaggia di Misery che va sfumando nella delicata Anna ( Go To Him) per poi ripartire pian piano con il ritmo di Chains fino a cadere nel rock'n'roll più acuto di Boys, si tratta però di canzoni scritte da altri paroliere, ma finalmente la vera nota creativa dei testi dei Beatles si fa risentire con la canzone d'amore Ask Me Why che ben si accorda con la successiva Please Please Me al suono di un' armonica.

Tutto scorre in un'atmosfera senza sbalzi e quasi acquerellata, ma basta prepararsi ad un'esplosione da vulcano per far nascere il ritmo di Love Me Do: il primo singolo estratto, secondo per efficacia solo alla selvaggità della successiva hit Twist And Shout che ha l'incarico di chiudere questa prima pagina beatlesiana che nella seconda parte regala una piccola perla come Do You Want To Know A Secret e una cover di Baby It's You di Bacharach.

Senz'altro un album ancora giovane, ma con i signori Beatles, la musica deve essere analizzata pian piano: bisogna tenere conto che tutto nasce dal nulla, prima non esisteva assolutamente niente o quasi dell'intero genere musicale che in pratica i Beatles si stanno inventando.

Quanti album avranno potuto avere negli scaffali delle loro stanze per farsi un'idea sulla musica da seguire? Qualche esempio ci sarà pure ma tolto Elvis, la quantità è inconsistente , questo è il fatto. E allora, lode e gloria ad un foglio bianco che tenta con successo di riempirsi.

La strada è ancora lunga però i quattro scarafaggi dal pop-rock hanno già un identitatà sonora caratteristica.

In generale, Please Please Me dunque, non può che essere un album essenziale non fosse altro per il simbolismo che conserva al giorno d'oggi a cui la musica tanto deve.

Nella fattispecie dei Beatles, pure si tratta di qualcosa da tenere a mente, si tratta della loro prima tappa musicale, delle loro radici primordiali che tanto saranno modellate ma che tanta rimarranno un po' nell'essenza di tutti i loro lavori antecedenti a Rubber Soul (1965)

Groudy.Blue

 

PLEASE PLEASE ME

di Luca Biagini
L'11 febbraio del 1963, nessuno dei presenti nello studio 2 di Abbey Road, Beatles compresi, poteva immaginare che ciò che stava facendo sarebbe passato alla storia. Nel corso di quella giornata, i Beatles registrarono tutti i brani di Please Please Me, esclusi i quattro che erano già usciti come singolo: Love Me Do/P.S. I Love You e Please Please Me/Ask Me Why. Considerando un costo stimato di circa 400 sterline, quella seduta di registrazione rappresenta anche uno degli investimenti più fortunati della storia.
Oggi l'album è ricordato soprattutto per le varie leggende - in gran parte vere - che lo circondano, come appunto il costo di realizzazione, la registrazione di Twist And Shout in un solo nastro, le tonnellate di caramelle e i litri di latte con cui Lennon cercava di fronteggiare il suo raffreddore - davvero assai evidente in alcuni brani.
Il suo peso storico, tuttavia, non è soltanto quello di essere il primo disco del gruppo che vanta la più grande discografia della storia della musica pop, quanto quello di aver rivoluzionato il concetto stesso di album. Nel 1963, era frequente che un artista reduce da un singolo di successo si affrettasse a pubblicare un album dallo stesso titolo; ma era un'operazione puramente commerciale, senza fini artistici, che consisteva quasi sempre in una sequenza di cover e/o di standard del genere.
I Beatles invece, che avevano già sfidato le regole dell'epoca con la loro scelta di registrare materiale scritto da loro (vincendo l'opposizione di George Martin, che avrebbe voluto utilizzare brani scritti da autori professionisti) ora si apprestavano a stravolgere anche tutti i preconcetti relativi agli LP. Questo percorso, iniziato quasi inconsciamente, li porterà, quattro anni più tardi a consacrare definitivamente il 33 giri come formato d'elezione, con la pubblicazione di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.
L'album è, almeno nelle intenzioni, la riproduzione su disco di un concerto dei Beatles; addirittura Martin si era recato a Liverpool nel dicembre '62, per valutare la possibilità di registrarlo dal vivo al Cavern. Volendo capitalizzare più rapidamente possibile il successo del singolo Please Please Me - tanto da non aspettare nemmeno che Lennon guarisse - la Parlophone pose il veto, e il disco fu inciso ad Abbey Road.
Valutato come disco e non come episodio fondamentale della musica del XX secolo, Please Please Me ha i suoi momenti migliori agli estremi: all'inizio, l'esplosiva apertura di I Saw Her Standing There, un pezzo che non era stato preso in considerazione come singolo solo perchè non era ancora stato scritto. Alla fine invece, la strepitosa interpretazione di Twist And Shout: entrambi i brani rimangono tra le più dirompenti esecuzioni dei Beatles in chiave rock and roll, in mezzo ai quali si susseguono pezzi di alterna qualità, ma che ben di rado tradiscono la fretta con cui furono registrati, il che è un evidente segnale della professionalità di una band i cui membri non sommavano 90 anni in quattro.
Come accadrà anche nei successivi LP del gruppo, non si può però fare a meno di notare che la qualità complessiva di Please Please Me è nettamente superiore alla qualità dei brani presi singolarmente. In questo caso, il valore aggiunto è evidente: come osservò Erlewine, decenni dopo la sua uscita, l'album suona ancora freschissimo. Se i meriti dei due singoli fin qui pubblicati dal gruppo possono in un certo qual modo essere messi in discussione, la superiorità di questo 33 giri rispetto alla concorrenza dell'epoca era lampante: il pubblico inglese gli tributò una sensazionale accoglienza, mantenendolo al numero uno delle classifiche per 30 settimane, prima che venisse scavalcato dal nuovo LP del gruppo, With The Beatles.
http://www.pepperland.it/the-beatles/discografia/album/please-please-me

 

 

 

 

 

 

Novembre 1963 

 

WITH THE BEATLES

 

Parlophone PMC 1206; PCS 3045 - November 22, 1963 - (CD) Parlophone CDP 7 46436 2 - February 26, 1987 - Capitol CLJ 46436 - July 21, 1987

It won't be long All I've got to do All my loving Don't brother me Little child Till there was you Please mr. Postman Roll over Beethoven Hold me tight You really got a old on me I wanna be your man Devil in her heart Not a second time Money (That's what I want)

 

WITH THE BEATLES vendette oltre un milione di copie nella sola Gran Bretagna. Ma la vera sorpresa fu, dopo solo una settimana dalla pubblicazione dell’album, l’uscita di un altro singolo inedito: "I want to hold your hand"/"This boy" con il quale si chiude questo anno fondamentale per la crescita artistica del gruppo.

Il 1964 cominciò in tono minore. Del resto i Beatles in pochi mesi avevano prodotto singoli e un album di successo. Nel mese di febbraio i Beatles sbarcarono in America e furono 73milioni i telespettatori che li guardarono all’Ed Sullivan Show. Oramai la beatlesmania cominciava a dilagare e puntualmente nel mese di marzo uscì il loro nuovo singolo "Can’t buy me love"/"You can’t do that".

Il momento era l’ideale per tentare altre strade per pubblicizzarli ulteriormente. Qualche mese dopo il gruppo cominciale riprese di A hard day’s night (in Italia ribattezzato Tutti per uno), un film dove i Beatles si autointerpretavano. E venne anche il primo tour mondiale. I beatles toccarono anche Asia, Nuova Zelanda e Australia. 

Dopo Please Please Me i Beatles pubblicano il loro secondo LP nel secondo semestre 1963, inaugurando quella che fu un'abitudine dei primi anni della loro attività, e cioè pubblicare un LP ogni sei mesi. Nel Regno Unito fu pubblicato sia in edizione mono che stereo.
In Italia uscì nel febbraio del 1964, ma con titolo e copertina diversi, anche se con le stesse canzoni: il disco era I favolosi Beatles. L'etichetta era allora sempre la Parlohpon, e in abse alla ristampa si può distinguere una etichetta di colore rosso indaco, rosso oppure nero.
Solo a fine 1976 anche da noi uscì con il titolo originale.
Ci sono 14 canzoni, alcune delle quali pubblicate su 45 altre no. Non tutte sono ancora tutta farina del sacco del nostro quartetto, anche se la loro particolare interpretazione si fa notare. C'è da aggiungere che qui si trova anche qualche classico rock and roll, con cui i Beatles iniziarono a farsi conoscere nei concerti dal vivo sia a Liverpool che ad Amburgo.
Il disco si apre con It Won't Be Long scritta da Lennon e McCartney. Stupendo è un assolo di chitarra di George Harrison.
C'è quindi All I've Go To Do scritta sempre dal nostro duo in cui prevale la voce di John, e poi la classica e famosa All My Loving che, con il suo ritmo travolgente, si fece amare anche nelle esecuzioni dal vivo, di cui abbiamo un esempio nella loro prima apparizione all'Ed Sullivan Show nel febbraio 2964, appena arrivati negli USA; anche qui un mitico assolo di chitarra del grande George.
Poi la prima canzone scritta da George Harrison, Don't Bother Me
Successivamente possiamo ascoltare Little Child, in cui Paul suona anche il pianoforte.
Poi una canzone già nota, anche se non in Italia, Till There Was you, scritta da Willson, e sigla dello show The Music Man. Si ricorda anche la interpretazione datane da Chet Atkins, chitarrista che hanno sempre detto di ammirare George Harrison e Paul McCartney, tanto che era noto come Mr Guitar.
Poi un hit del quartetto femminile The Marvelettes, Please Mister Postman, scritta da Dobbin-Garrett-Garman-Brianbert. Qualcuno ricorda la canzone originale usata nei titoli di testa del film C'è posta per te (You've Got A Mail).
E finalmente un classico rock and roll del mitico CHuck Berry, Roll Over Beethoven, suonato spesso dal vivo soprattutto agli esordi dei Beatles.
Poi una canzone del nostro duo, Hold Me Tight, cantata da Paul, che invita appunto a "tenerlo stretto".
Poi una canzone del complesso americano The Miracles, You Really Got A Hold On me di Robinson.
I Wanna Be Your Man è cantata qui dai Beatles, e scritta da Lennon e McCartney, ma fu da loro concessa nientemeno che ai Rolling Stones, allora ai loro inizi; possiamo sentire in questa canzone anche John all'organo Hammond e la speciale voce di RIngo Starr.
Poi un altro classico, Devil In Her Heart di Drapkin, cantata in origine da The Donays, altro gruppo femminile.
Il disco termina con una composizione del nostro duo, Not A Second Time e con Money di Bradford-Gordy, quest'ultima da loro spesso eseguita dal vivo al Cavern Club di Liverpool, ancora sconosciuti al mondo.
Se si guarda la copertina, si vedrà la qualità notevole della foto in bianco e nero, opera di Robert Freeman.

 

Agosto 1964

 

 A HARD DAY’S NIGHT

 

Parlophone PMC 1230; PCS 3058 - July 10, 1964 - (CD) Parlophone CDP 7 46437 2 - February 26, 1987 - Capitol CLJ 46437 - July 21, 1987

A hard days night/ I should have known better/ If I feel/ I’m happy just to dance with you/ And I love her/ Tell me why/ Can’t buy me love me/ Anytime at all/ I’ll cry instead/ Things we said today/ When I get home/ You can’t do that/ I’ll be back

 

con le bellissime "I feel fine" e "And I love her". Un nuovo tour negli Stati Uniti consacrò ulteriormente la loro popolarità. Per il gruppo non c’era un solo attimo di tregua. In novembre era già pronto un nuovo singolo: "I feel fine"/"She’s a woman" e, il giorno dopo, un nuovo 33 giri a solo cinque mesi dal precedente!

Edito dalla parlophone nel 1964, il disco esce come colonna sonora per l'omonimo film di Richard Lester, ormai John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison godono di una fama mondiale e sfornano successi su successi. Troviamo ancora una manciata di belle ballads firmate tutte da Lennon e McCartney questa volta, tra le quali vale la pena di ricordare And I love her, Can't buy me love e la title track A Hard day's night.
Non e' un disco da avere a tutti i costi, a meno che non si sia un collezionista del genere, ma comunque uno dei migliori tra quelli del primo periodo, sempre che si possa parlare di dischi non buoni riguardo ai beatles. 4 stelle.

Mentre i Beatles erano in una fase di grande crescita si prospetta loro la possibilità di fare un film, in cui glorificare la Beatlemania che diventava sempre più un fenomeno inarrestabile.

E il risultato fu davvero eloquente. Sia il disco che il film A HARD DAY’S NIGHT possono considerarsi emblemi della Beatlemania stessa.
Il film fu girato dai Beatles affrontandolo con facilità e divertimento, proprio ciò che generò nel pubblico quando usci nelle sale.
Durante le riprese, poi, George Harrison conobbe la donna che in seguito diventò sua moglie, Patty Boyd.
La produzione musicale dell’album, uscito nel Luglio del 1964, è la più romantica innocente e naif dell’intera carriera dei Beatles.
I primi due pezzi “A hard day’s night” e “I should have known better” sono due brani gemelli, il secondo la prosecuzione del primo in relazione alla tonalità in sol maggiore, il tempo e la sensazione che generano.

Tutti i brani, però, subiscono piacevolmente l’influenza del nuovo strumento di George Harrison, una chitarra eletrica Rickenbacker a 12 corde, strumento rivoluzionario per il periodo che usavano davvero in pochi (uno tra i più famosi era Roger McGuinn dei Byrds).
La vena romantica prosegue con “If I fell” in cui Lennon e McCartney accarezzano la melodia del brano con profonda attenzione.
Harrison, che non aveva nessun pezzo di sua produzione da inserire nell’album, canta “Tell me why” mentre McCartney , oltre alla famosa “Can’t buy me love”, offre uno dei numerosi pezzi che non si scordano, “And I love her” che come 45 giri superò il milione di copie vendute negli Usa.
L’album A HARD DAY’S NIGHT creò un precedente importante nella discografia : fu il primo album ad essere scritto durante una tournèe.
Questo perché, ormai affermatisi, i Beatles avevano bisogno di un repertorio proprio, senza più affidarsi a brani di altri autori. E per produrre il nuovo album i tempi erano davvero risicati, così che ci si dovette lavorare durante la tournèe.
Tra questi brani, di cui sei appaiono sulla facciata B dell’album, ricordiamo in particolare “Things we said today” e “I’ll be back”, brani dalle melodie eccellenti.
“I’ll cry instead” invece anticipava il sapore leggermente country che il gruppo avrebbe sviluppato nell’album successivo.
Un tono di distacco dalla vena romantico-melodica della produzione la offre John Lennon con due brani, “Any time at all” e “When I get home”.
Da sottolineare un’ultima cosa. L’intero LP è stato prodotto con pezzi dei soli Lennon e McCartney e i giudizi della critica sul lavoro furono davvero eccellenti. Si disse che i due geni musicali di Lennon e McCartney erano i migliori in assoluto dal tempo di Schubert.

Novembre 1964

 

BEATLES FOR SALE

 

Parlophone PMC 1240; PCS 3062 - December 4, 1964 - (CD) Parlophone CDP 7 46438 2 - February 26, 1987 - Capitol CLJ 46438 - July 21, 1987

No reply/ I’m loser/ Baby’s in black/ Rock and roll music/ I’ll follow the sun/ Mr. Moonlight/ Kansas City/ Eight days a week/ Words of love/ Honey don’t/ Every little thing/ I don’t want to spoil the party/ What you’re doing/ Everybody’s trying to be my baby

 

Si chiudeva così il 1964, ennesimo anno trionfale per il quartetto di Londra.

Come per gli altri anni, l’inizio del 1965 è all’insegna della tranquillità. Tranquillità che dura, però, soltanto pochi mesi. Esce il nuovo singolo: "Ticket to ride"/"Yes it is"; ma soprattutto i Beatles furono al centro del più grande scandalo di quegli anni. Vennero insigniti, infatti, dell’onoreficenza dell’ Ordine dell’Impero in omaggio alla grossa pubblicità resa, alla nazione, in tutto il mondo. La cosa non andò giù al mondo aristocratico inglese e ai tanti cittadini che avevano conquistato quella onorificenza per meriti di guerra. Furono tanti coloro che la restituirono per protesta. Nello stesso periodo i quattro furono di nuovo sul set e cominciarono le riprese del loro secondo film Help! (in Italia, Aiuto!). il film usci alla fine di luglio unitamente al nuovo 33 giri dal titolo omonimo.

Un disco da sentire in autunno, quando l'estate lascia il posto ad una piacevole pace malinconica autunnale.
L'atmosfera la si respira già guardandone la copertina, e la foto all'interno, con le foglie secche che fungono da fondale. Una magnifica immagine di Freeman che nobiliterà diverse copertine dei Beatles. Malgrado qualche affossamento il disco è molto piacevole e pervaso di una atmosfera tutta sua, diversa da ogni altro disco dei Beatles.

"No Reply" - con la sorprendente potenza del suo middle sixteen in progressione che parte a 1 minuto dopo l'inizio della canzone (non a caso ma voluto e studiato con una professionalità compositiva adulta), unico e volutamente non ripetuto, seguendo la filosofia del "meno c'è meglio è". Trenta secondi di magia, una delle vette più alte della espressività dei Beatles.
"I'm A Loser" - il primo frutto del "periodo Dylan" di Lennon. "Baby's In Black" - scritta in una stanza d'albergo, la registrazione non soddisfò i Beatles ma rimase a lungo negli spettacoli dal vivo in quanto piaceva e piace tutt'ora ai fans. "Rock And Roll Music" - una cover, incisa in una sola registrazione in presa diretta (Martin aggiunse il piano in seguito) dopo otto ore di studio dedicato ad altre canzoni, dimostra quanto enorme fosse la professionalità dei Beatles e la loro bravura come musicisti, impetuosa l'interpretazione di Lennon. "I'll Follow The Sun" - composta nel 1960 ma ripescata ed usata un po' come riempimento risulta deliziosa.
"Mr. Moonlight", il Medley seguente - "Honey Don't" ed "Everybody's Trying To Be My Baby", non tengono il passo dell'altissimo livello di tutta la produzione della band, anche se gli innamorati dei Beatles li perdonano volentieri.
"Eight Days a Week" - trasmette tutto l'ottimismo solare della metà degli anni sessanta, un capolavoro assoluto.
"Words Of Love" - una magnifica canzone di Holly, che i Beatles interpretano con personalità e professionalità; da ascoltare scambiandosi i regali accanto alle lucine dell'albero di Natale. "Every Little Thing" - uno dei brani più emotivamente ricchi del disco.
"I Don't Want To Spoil The Party" - "What Are You Doing" - sebbene nella media altissima dei Beatles, sanno un po' di "lavoro da fare".

Non dimentichiamoci che: è il 1964, Paul ha 22 anni, John 24; sono due ragazzi, questo è il quarto LP in ventun mesi, senza contare i 45 giri. Non come ora che un artista fa un disco ogni due anni dal quale estrae i 45 giri. Il disco fu assemblato per esigenze di mercato e messo su in fretta e furia e le canzoni furono composte durante un massacrante tour di concerti all'estero.
Nessuno può considerarlo scarso, come nessun album dei Beatles lo è, ma tutti lo considerano il pezzo meno pregiato della loro collezione. E così, come una mamma ama e difende maggiormente il suo figlio più debole, così i fans ne sono inteneriti e lo ascoltano con affetto.
Fortunato chi si bagna nelle acque del fantastico mare musicale creato dai Beatles. Un sentito rincrescimento per chi non riesce a sentirne e capirne la magia.

http://debaser.it/recensionidb/ID_6533/Beatles_Beatles_For_Sale.htm

Luglio 1965

 

HELP!

 

Parlophone PMC 1255; PCS 3071 - August 6, 1965 - (CD) Parlophone CDP 7 46439 2 - April 30, 1987 - Capitol CLJ 46439 - July 21, 1987

Help!/ The night before/ You’ve got to hide your love away/ I need you/ Another girl/ You’re gonna lose that girl/ Ticket to ride/ Act naturally/ It’s only love/ You like me too much/ Tell me what you see/ I’ve just seen a face/ Yesterday/ Dizzy miss Lizzie

 

Tante le chicche. Ma una spanna sopra tutte la celeberrima "Yesterday".

Cominciò una nuova tournee e, finalmente, i quattro sbarcarono in Italia. Concerti a Milano, Genova e Roma e tutto esaurito.

Il nuovo album fu posto in vendita alla fine del 1965 e, in contemporanea, usci anche il singolo anticipatore: "Day Tripper"/"We can work it out".

Il 1965 sembra ripercorre le tappe dell'anno precedente: tournée - dischi - film - successo - beatlemania che negli USA toccò livelli d'isteria del tutto esagerati.
Sono i Beatles a sentirsi diversi. Dopo due anni passati a cavalcare l'onda ora si sentono soffocati. Così Help! acquista un significato che va ben al di là del titolo del film/disco in programmazione.
Il film non poteva che essere diverso da A hard day's night: i quattro ci avevano mostrato di preferire un processo creativo che li portasse a sperimentare novità più che affrancare modelli (questo modo di fare diventerà, col tempo, maniacale tanto che John pretendeva dai tecnici di sala che la sua voce "suonasse" diversa ad ogni canzone). Si passa dal genere documentario alla fiction di pura e semplice fantasia. A parte qualche memorabile sequenza, vedi quella sulla neve in Austria, il film, girato a colori, è pervaso di sincera ironia e di giochi surreali (Harpo dei fratelli Marx) ma è debole, tende a perdersi a livello narrativo tant'è che il finale alle Bahamas è più una scelta dettata dal desiderio di una vacanza che da vere necessità di copione. Sono i Beatles, chi poteva dire di no! L'esperienza non piacque, infatti non girarono più film.
Il LP è costituito da 12 pezzi originali, due dei quali di Harrison (I need you, una bellissima ballata acustica e You like me to much) e due cover. Una di queste, Act naturally, un pezzo country, fu scelta da Ringo poiché non aveva una canzone da cantare. Negli USA ebbe un successo che va ben al di là del suo reale valore. L'altra, Dizzy Missy Lizzy, un'esecuzione di maniera.
Le prime 7 canzoni costituirono la colonna sonora del film Help!
Secondo alcuni critici non tutto il materiale è di livello eccelso (R.Carr). Forse è vero a posteriori se poniamo di fronte a noi tutta la produzione della coppia Lennon-McCartney. Storicamente no. La fase è interlocutoria ma si vede già la strada che porta alla futura ricerca in sala di registrazione: evidente nell'uso sempre più frequente delle sovraincisioni e nella ricerca timbrica, attraverso l'uso di strumenti inusuali per la musica beat/pop (si pensi al quartetto d'archi usato per Yesterday). Il sound è meno rock'n roll è più intimo. Frequente è l'uso di strumenti acustici, inudibili durante un concerto!, in particolare useranno una chitarra folk della Gibson che, in seguito, verrà chiamata da tutti Beatles. Sette sono le ballate più o meno acustiche del disco, da You've got to hide your love away, che con il suo 12/8 fa il verso ad Another Side di Bob Dylan, a I've just seen a face che Paul scrisse basandosi su una semplice progressione armonica. Sembra un LP folk-rock lo stile avviato da Dylan e proseguito dai Byrds che rappresentava la risposta USA alla "Britisch Invasion", questo la dice lunga su come i quattro fossero attenti al panorama musicale internazionale. Il disco uscì preceduto a febbraio dal singolo Ticket ti ride cui seguì il 45 Help! Forse la prima canzone autobiografica di John: si sentiva/vano soffocati dalla beatlemania, il loro desiderio di fare musica veniva ignorato da un pubblico urlante che assisteva ai loro concerti solo per vederli come se fossero animali da esibire in pubblico e il loro grido fu HELP!. http://digilander.libero.it/massimoxsempre/Help!.htm

 

Dicembre 1965

 

RUBBER SOUL

 

Parlophone PMC 1267; PCS 3075 - December 3, 1965 - (CD) Parlophone CDP 7 46440 2 - April 30, 1987 - Capitol CLJ 46440 - July 21, 1987

Drive my car/ Norwegian wood (This bird has flown)/ You won’t see me/ Nowhere man/ Think for yourself/ The word/ Michelle/ What goes on?/ Girl/ I’m looking through you/ In my life/ Wait/ if I needed someone/ Run for your life

 

La chicca è Michelle. Senza però dimenticare successi come Girl e Nowhere man.

Il 1966 fu l’anno dei primi cambiamenti. Gorge si sposa con Patty Boyd, modella e attrice nota per aver partecipato come comparsa nel loro primo film. I Beatles nel frattempo cominciarono una tournee in Gran Bretagna con una serie di concerti memorabili che terminarono a Londra, a Wembley, il 1° maggio. Fu il loro ultimo concerto, live, in Inghilterra! Il mese successivo registrarono il loro ennesimo 45 giri. "Paperback writer/"Rain". Il lato B fu il primo esperimento di psichedelia dei Quattro. La tournee continuò toccando altri posti sconosciuti come il Giappone.

È tale la sostanza del lavoro, che entriamo ormai in un territorio in cui le note critiche hanno un valore quasi esclusivamente soggettivo. - [Roy Carr / Tony Tyler]
Sedotti dal soul, affascinati dal folk americano, incuriositi (è improprio parlare di “influenza”) da artisti come Dylan, Byrds e Beach Boys, in realtà i Beatles stavano spiccando il volo verso vette inaccessibili per chiunque altro. I vertiginosi saliscendi armonici, la capricciosa pulsazione ritmica, i provocanti doppi sensi erotici scanditi dal mitico “beep beep yeah” fanno di Drive My Car l’inno della liberazione sessuale con tre anni di anticipo sul '68. Solo un poeta come Lennon poteva usare titoli impegnativi come Love, Woman, Girl senza inciampare nella retorica: incorniciato da un sobrio arrangiamento acustico, il suo ritratto di “ragazza” è un ambiguo miscuglio di misoginia e trasporto emotivo. Con Norwegian Wood (This Bird Has Flown) John esorcizza il senso di colpa per un’avventura extra-coniugale, sostenuto dal magico controcanto di Paul e dal sitar di George, che proprio allora iniziava ad armeggiare con lo strumento indiano. L’incontenibile ispirazione di Lennon trova sfogo nell’apatia esistenziale di un cinico Nowhere Man, simbolo avvilente dell’uomo moderno, senza ideali, senza sogni, senza progetti: 40 anni dopo, quel vuoto pneumatico è diventato il tragico epitaffio dell’Occidente. La sfida di bravura tra Paul e John culmina in classici come Michelle, sublime melodia carezzata dall’etereo soffio del coro, e In My Life, con le sue toccanti riflessioni sulla vita e il “finto” assolo di clavicembalo ottenuto da George Martin raddoppiando la velocità del pianoforte. Oltre a rifinire tutto l’album con superlativi interventi alla chitarra, Harrison propone la sua migliore canzone fino a quel momento - If I Needed Someone - il cui ingegnoso tema a tre voci è sorretto dallo squillante arpeggio della Rickenbacker. Anche i brani meno noti come Think For Yourself di George, Wait di John, You Won’t See Me e I’m Looking Through You di Paul, evidenziano uno straordinario talento musicale e uno spessore lirico sorprendente per ragazzi allora poco più che ventenni. Proprio quel sereno distacco nei confronti di fama e ricchezza consentirà ai Beatles di superare indenni gli eccessi degli anni Sessanta. Come usava all’epoca, il singolo venne pubblicato separatamente dal Long Playing, pur facendo parte a tutti gli effetti delle session di Rubber Soul. “Sua Altezza” Otis Redding interpretò Day Tripper sostituendo l’epico riff elettrico con una deflagrante sezione fiati. Condotta dal suggestivo suono dell’armonium, We Can Work It Out accostava la fiduciosa strofa di Paul a uno scettico ritornello in ¾ di John, creando così un coinvolgente effetto drammatico (Chaka Khan ne renderà una splendida versione nel suo What’cha Gonna Do For Me). Giustamente etichettato con due lati “A”, Day Tripper / We Can Work It Out rimane uno dei più grandi 45 giri della storia. [P.S. - Sotto la guida di Todd Rundgren, gli Utopia hanno ricreato in vitro cloni “geneticamente modificati” di Michelle e Day Tripper (Deface The Music).] - B.A .http://www.peninsula.eu/beatles.htm

 

Agosto 1966

 

REVOLVER

 

Parlophone PMC 7009; PCS 7009 - August 5, 1966 - (CD) Parlophone CDP 7 46441 2 - April 30, 1987 - Capitol CLJ 46441 - July 21, 1987

Taxman/ Eleanor rigby/ I’m only sleeping/ Love you too/ Here, there and everywhere/ Yellow submarine/ She said she said/ Good day sunshine/ And your bird can sing/ For no one/ Dr. Robert/ I want to tell you/ Got to get you into my life/ Tomorrow never knows

 

"Here, there and everywhere" fu uno dei cavalli di battaglia unitamente a "For no one". Dopo l’estate tutti sentirono il bisogno di staccare un po’ la spina e si dedicarono ad alcuni progetti personali. La casa discografica ne approfittò per regalare, a Natale, una raccolta dei loro più grandi successi.

Dopo aver ampliato i propri confini artistici con "Rubber Soul" (1965) i Beatles conquistano la vetta del Rock.
"Revolver" è tinto di psichedelia, di ballate, di rhythm & blues, di filastrocche... concorre un pò di tutto alla creazione di questo capolavoro senza tempo.
I testi si fanno più incisivi, le tematiche adolescenziali del primo periodo sono ormai sorpassate. Morte, droga e quant'altro delineano le prospettive dell'album. La musica, grazie ad una ricerca sonora estenuante, si muta in arte.
I Beatles si portano avanti anni luce rispetto ai loro concorrenti. Nello stesso anno i Rolling Stones sono ancora alle prese con il loro primo album di composizioni originali, "Aftermath". Gli Who sono ben lontani dal successo futuro di "Tommy" e i Beach Boys dopo aver pubblicato il magnifico "Pet Sounds" sprofonderanno in una crisi creativa senza ritorno.

L'album prende il via con una composizione di George Harrison, "Taxman". Un pezzo di rock serrato dove il riff del basso è l'elemento di maggior attrattiva del brano fino all'esplosione chitarristica di Paul McCartney.
Segue "Eleanor Rigby", prevalentemente di McCartney, pezzo funebre orchestrato solamente da strumenti classici. Uno dei massimi vertici dell'album.
"I'm Only Sleeping" è la prima avvisaglia psichedelica del disco, con chitarre al contrario e la voce di John Lennon deformata. "Love You To" è l'essenza orientale di George Harrison. Cascate di suoni provengono dal sitar, suonato da un musicista esterno al gruppo.
Ecco immancabilmente la dolce ballata di McCartney, "Here, There and Everywhere", considerata dall'autore la sua miglior canzone in assoluto.
Sempre dalla penna di Paul esce fuori "Yellow Submarine", una filastrocca memorabile cantata da Ringo Starr con tanto di effetti sonori.
"She Said She Said", di John, è l'ideale incontro tra rock e psichedelia dove regna sovrana la chitarra di George Harrison.
"Good Day Sunshine" apre la seconda facciata dell'album con la solare gioia di Sir. McCartney supportato al pianoforte dal produttore del gruppo, George Martin. Ancora la chitarra di George la fa da padrona in "And Your Bird Can Sing" di John Lennon... un pezzo usa&getta come lo definirà, piu in là col tempo, lo stesso autore.
McCartney torna al suo massimo splendore con "For No One", una ballata dai sapori antichi sull'amor perduto. Una delle più belle canzoni dell'intero catalogo beatlesiano. "Doctor Robert" ci riporta ad un rock senza fronzoli che tanto piace a Lennon.
"I Want To Tell You" è il brano minore tra i tre di Harrison. Ritorno alle radici ryhthm & blues tra i strumenti a fiato di "Got To Get You Into My Life" di Paul.
A calar il sipario ci pensa la gemma psichedelica di John Lennon. "Tomorrow Never Knows" è il capolavoro nel capolavoro. Suoni che sembrano provenire da chissà quali altre dimensioni per poi svanire improvvisamente nel nulla. Un giro di batteria che ipnotizza il subconscio. "Tomorrow Never Knows" precederà l'intera esplosione psichedelica del 1967 capitanta da Velvet Underground, Doors e Pink Floyd.

Dicembre 1966 A COLLECTION OF BEATLES OLDIES (OLDIES… BUT GOLDIES)

She loves you/ From me to you/ we can work it out/ Help!/ Michelle/ Yesterday/ I feel fine/ Yellow submarine/ Can’t buy me love/ Bad boy/ Day tripper/ A hard day’s night/ Ticket to ride/ Paperback writer/ Eleanor Rigby/ I want to hold your hand

Nel mese di febbraio del 1967 uscì il loro nuovo 45 giri. "Penny lane"/"Strawberry field forever" e cominciarono la lavorazione di quello che comunemente viene definito non solo il loro capolavoro ma IL CAPOLAVORO della storia della musica pop/rock.

Giugno 1967

 

SGT. PEPPER’S LONELY HEART CLUB BAND

 

Parlophone PMC 7027; PCS 7027 - June 1, 1967 (traditional date; actually rush released May 26, 1967) - Capitol (S)MAS 2635 - June 2, 1967

(CD) Parlophone CDP 7 46442 2 - June 1, 1987

Sgt. Pepper’s lonely heart club band/ With a little help from my friends/ Lucy in the sky with diamonds/ Getting better/ Fixing a hole/ She’s leaving home/ Being for the benefit of mr. Kite/ Within you without you/ When I’m sixty-four/ Lovely Rita/ Good morning good morning/ sgt. Pepper’s lonely heart club band (reprise)/ A day in the life

 

Nell'estate del 1967, la "Summer of Love", i Beatles si sciolgono virtualmente per lasciare spazio ai loro alter ego artistici: La Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band.
La band esordisce con quest'album omonimo che esce in giugno , dopo oltre 700 ore di lavorazione in studio.
Da molti considerato, a torto, un concept album, Sergeant Pepper e', tuttavia, un disco di enorme portata per il valore dei pezzi, la cura maniacale di ogni particolare in studio, per la copertina (un collage di personaggi famosi realizzata da Peter Blake: un capolavoro nel capolavoro) che testimonia la maturita' raggiunta dai beatles al loro ottavo disco e la loro totale attenzione al lavoro in studio, dopo aver abbandonato l'attivita live.
A dire il vero il primo e ultimo album della Banda del Sergente Pepe sarebbe dovuto essere molto diverso nei contenuti: Dopo i primi tre album (Please Please Me, With The Beatles e A Hard Day's Night) di beat e R'n'R, l'evoluzione folk-rock di Beatles For Sale, Help e Rubber Soul, e i primi approcci con il sitar e le manipolazioni in studio di Rubber Soul e Revolver, i beatles avevano pensato ad un CONCEPT composto da pezzi interamente dedicati a Liverpool e avevano cominciato a lavorare in quella direzione incidendo Strawberry Fileds Forever (Lennon) e Penny Lane (McCartney).
Poi, pressato dalla EMI che chiedeva un singolo, il gruppo fu costretto a pubblicare i due pezzi in un incredibile 45 giri (forse il migliore della storia del rock) a doppio lato A che paradossalmente si fermo' al secondo posto in classifica; e siccome il "protocollo" inglese dell'epoca non permetteva di inserire in un album canzoni pubblicate come 45 gri nello stesso anno, i beatles ricominciarono daccapo e abbandonarono il progetto iniziale.
Niente liverpool ne campi di fragole e spazio alla Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band che apre il disco con la title track, iperprodotta e spinta da una strofa serratissima cantata da McCartney con un riff di chitarra hendrixiano che spinge il pezzo tra applausi, grida e contrappunti di corno francese verso un ritornello bandistico che annuncia da subito quale sara' lo stile di tutto il disco e che sfuma per lasciare spazio a With A Little Help From My Friends, filastrocca psichedelica interpretata in maniera commovente da Ringo Starr affiancato dalle armonie vocali, come sempre perfette, di Lennon. Il pezzo sara', in seguito elevato a capolavoro da Joe Cocker con una cover che fa sfigurare la pur splendida versione originale (con tanti complimenti da parte degli stessi Beatles).
Il Disco prosegue senza interruzioni con Lucy In The Sky With Diamonds, una delle canzoni piu chiacchierate della storia del rock per i presunti riferimenti all'lsd confermati nelle iniziali del pezzo.
Lennon smentira' piu volte ma lo stesso testo, lisergico, anche se artificioso, conferma il fatto che i Beatles facessero da tempo uso dell'LSD. Con una strofa ipnotica, liquida, cantata da un Lennon assonnato, quasi indifferente e lontano, il pezzo va...fino a quando ringo starr, con 3 colpi "al posto giusto e al momento giusto", annuncia un ritornello pessimo, approssimativo, che rappresenta perfettamente i difetti (pochi) del Sgt. Pepper e rovina una canzone partita con grandi ambizioni e salvata dalla sua splendida strofa.
Terminati i primi tre pezzi tutti di un fiato, senza soste (forse e' solo per questo che buona parte dei critici e' caduta nel tranello del concept?) si arriva a Getting Better, sicuramente non uno dei picchi del disco: un pezzo che ricorda molto i primi beatles e a cui e'stata aggiunta una produzione pesantissima, caratteristica del gruppo da Revolver in poi. L'esecuzione e' ottima, energica ma manca veramente il pezzo. Con Fixing A Hole si torna ad alti livelli.
Anche su questo pezzo si insinuo' molto, parlando di riferimenti all'eroina. "nei nostri pezzi i critici hanno trovato piu cose di quante noi stessi sapessimo" dissero gli stessi Beatles riferendosi, forse, a certa critica concentrata piu' a cercare prove sull'uso di droghe che ad ascoltare i pezzi. In seguito i Beatles inserirono spesso frasi ambigue per divertirsi con le interpretazioni che gli sarebbero state date.
Comunque, eroina o no, il pezzo va, cantato in maniera esemplare dalla voce effettata di McCartney che sale e scende su una delle tante filastrocche lisergiche, spesso infantili, che costituiscono il vero marchio di fabbrica della psichededelia inglese del periodo "il cui vero argomento non fu ne la droga ne l'amore, ma la nostalgia per la visione innocente che e'propria del bambino"(Ian McDonald). Fixing A Hole lascia spazio a She's Leaving Home. Cantata sempre da Macca con le armonie vocali di Lennon, She's Leaving Home e' uno dei capolavori di Sgt. Pepper. Suonato in pratica solo con strumenti classici, il pezzo vanta un arrangiamento d'archi che, nella discografia dei Beatles, ha qualcosa da invidiare solamente a Eleanor Rigby e che e'arricchito dalle splendide armonie vocali di Lennon e da un testo che affronta un tema tipico del periodo: quello del gap generazionale del dopoguerra e che per gli standard dei Beatles, e'di altissimo livello.
Dopo la parentesi semiseria di She's Leaving Home il lato A si chiude con Being For The Benefit Of Mr. Kyte, il pezzo piu' lennoniano del disco, strampalato e irregolare. Non e' un capolavoro ma e' uno di quei pezzi che rimane in mente e che si canticchia in testa per un intera giornata. Costruito da Lennon al piano con il testo composto da frasi prese a caso da un poster di un circo di fine '800 che Lennon aveva appeso nel suo studio casalingo, Being For The Benefit Of Mr. Kyte e' l'emblema del modo di comporre dei Beatles, e di Lennon in particolar modo, in questo periodo. E questo sistema produrra' ottimi risultati almeno fino a quando i Beatles si faranno prendere la mano dall'importanza della spontaneita' e della casualita' e cominceranno a considerare arte qualsiasi idiozia venga loro in mente pubblicando materiale che non valeva neanche i soldi spesi per il nastro. Comunque non e' il caso di questo pezzo che scivola via stupendamente, cantato da Lennon in maniera secca, "tra i denti", e arricchito (o appesantito: dipende dai gusti) da mille strumenti come tamburini, organo, nastri effettati: tutti artifici che in Sgt. Pepper potete trovare in ogni angolo. Girato il disco sembra cambiare tutto: Il lato B e' aperto da Within You Without You, unico contributo di George Harrison in questo disco. E si sente. Praticamente un pezzo di musica indiana, con un testo didascalico e retorico, che in questo disco ha solo il pregio di essere estremamente diverso da qualsiasi altra cosa scritta dai Beatles nella loro carriera. Non un pezzo mediocre, intendiamoci, ma abbastanza noioso e meritevole di non piu di un paio di ascolti.
Harrison ha fatto di meglio nel momento in cui e' riuscito a proporre, con successo, un perfetto crossover di musica indiana e pop/folk/rock e non a limitarsi ad eseguire semplicemente musica classica indiana che, per il pubblico rock, era quasi del tutto nuova e considerata "sperimentale" ma che, per un pubblico piu colto, era poco piu di una cover. Dopo la tediosa Within You Without You arriva When I'm 64, il pezzo piu leggero e disimpegnato del disco ma anche il piu piacevole, insieme a Being For The Benefit Of Mr Kyte. E, come Being For The Benefit Of Mr Kyte poteva essere cantata solo da Lennon, When I'm 64 la poteva cantare solo McCartney. Ne viene fuori un pezzo che richiama la musica popolare inglese degli anni '30 e che McCartney esegue in maniera esemplare, in tono scherzoso, compassato, tirando fuori una delle sue migliori performances, con le armonie vocali di Lennon che entrano sempre quando devono entrare e che sono, insieme alla voce di Macca, il picco di questo pezzo, arrangiato in modo molto approssimativo (per essere dei Beatles, si intende) e che, insieme alla successiva Lovely Rita, funge da interludio scanzonato tra la seriosa Within You Without You e il trittico finale del disco. Di Lovely Rita non vale la pena dire molto. E' sicuramente il pezzo minore del disco, canzonetta divertente scritta e cantata da McCartney, mai amata da Lennon che rimproverava a Macca di scrivere "storie inutili di persone inutili che fanno cose inutili". Sgt Pepper e' un disco in cui si vede, nel suo complesso, piu la mano di McCartney, al massimo delle sua fantasia e delle sue capacita' creative, che di Lennon, intrappolato in una fase critica della sua vita, con gli eccessi dell'lsd che, probabilmente, amplificavano i bruschi cambi di umore tipici della sua personalita'. I due avevano sicuramente un background familiare molto diverso che sarebbe difficile spiegare in poche righe ma che senza dubbio aveva portato McCartney ad essere una persona piu equilibrata e Lennon ad essere spesso intrattabile e volubile. E, sebbene il loro rapporto in questo periodo fosse sicuramente ottimo, almeno in base alle testimonianze di chi era vicino al gruppo, Lennon accusava, talvolta, McCartney di scrivere pezzi insulsi come Lovely Rita appunto. Canzoni scritte in terza persona, che avevano come protagonisti personaggi di fantasia o "inutili", quando, al contrario, Lennon riteneva che si dovesse parlare di se stessi, in prima persona perche "io conosco me stesso". Da qui la poca simpatia che Lennon aveva nei confronti di questo pezzo e che, senza dubbio, non possiamo non condividere. Da qui in poi pero si fa sul serio. Apre Good Gorning Good Morning di Lennon, forse l'unico pezzo "rock" di tutto il disco. Lennon canta distaccato, lontano, noncurante, un testo molto tagliente e ironico, con il ritmo serratissimo dettato da un Ringo Starr in forma smagliante che mena colpi sulla batteria e dagli ottoni che accompagnano tutto il pezzo fino alla fine quando il canto del gallo, dei cani che abbaiano, e mille altri rumori, lasciano il posto a Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band Reprise, simile, ovviamente, alla precedente, ancora piu serrata che di per se non aggiunge nulla ma che, senza interruzioni, apre la strada al capolavoro del disco e di tutta la carriera dei Beatles: A Day In The Life.
Il pezzo parte piano, acustico, con la chitarra che viene presto raggiunta dal piano fino all'entrata della voce di Lennon lontana miglia, rassegnata e malinconica che canta le prime due strofe...poi entrano gli archi e gli ottoni che lentamente si impadroniscono del pezzo, diventano assordanti e infine... si fermano del tutto per lasciar spazio ad una sveglia e alla voce di McCartney, accelerata, nervosa, appena sveglia, accompagnata da un grande Starr e da un piano perfetto, in totale contrapposizione con la parte lennoniana con la quale ne condivide, tuttavia, la sorte quando l'orchestra la copre, sale a "prendersi" tutto per fermarsi ancora e cedere il testimone di nuovo a Lennon che riprende il tema iniziale fino al momento in cui una voce inizia a contare, entra tutta l'orchestra che, come voluto da McCartney, glissa dalla nota piu bassa a quella piu alta di ogni singolo strumento (in maniera casuale e non sincronizzata) fino ad ottenere un frasatuono che viene interrotto dall accordo finale di tre pianoforti che chiudono in pompa magna quello che e', da molti punti di vista, il vero testamento dei Beatles. Dopo poco tempo dall'uscita del disco morira' Brian Epstein, manager, inventore, padre e fac-totum dei Beatles che, senza di lui, lentamente perderanno la strada, tornando ad essere 4 persone disitnte e non una sola come era stato fino a quel momento. Questo e' l'ultimo disco in cui tutti e quattro hanno partecipato alla creazione di tutti i pezzi, insieme. Gia dal Doppio Bianco le cose saranno diverse. Sgt. Pepper e' stato allo stesso tempo il manifesto di un epoca, il disco che ha fatto prendere coscienza della nobilta' e delle immense possibilita' della musica pop/rock e last but not least il testamento artistico del gruppo piu importante della storia del rock.
Gli si possono trovare tutti i difetti che volete ma nessun disco e' stato capace di cambiare la storia della Popular Music come il Sergeant Pepper dei Beatles.

L’album resterà in vetta alle classifiche di vendita americane e inglesi per più di un anno. Venne anche pubblicato un 45 giri: "All you need is love"/"Baby, you’re a rich man". Durante l’estate avvenne anche l’incontro con lo Yogi Maharishi. Un week end insieme ad altri esponenti della musica rock per rilassare corpo e spirito dai disturbi causati dallo stress. Non si parlava d’altro, in Inghilterra. Una notizia tragica, però, li costrinse a tornare a Londra. Il loro manager e amico di tante battaglie, Brian Epstein, era stato trovato morto. Non fu mai chiarita la causa del suo decesso ma per i quattro fu un duro colpo. Quel contratto stipulato nel 1962 non era stato mai rinnovato in quanto non ce n’era bisogno. Era considerato uno di loro e mai si sarebbero separati.

Verso la metà di novembre uscirono, contemporaneamente, il nuovo film (Magical mistery tour) e il 45 giri ("Hello goodbye"/"I am the walrus"). Un mese dopo il nuovo 33 giri che portava lo stesso titolo del cortometraggio.

 

IL QUARANTENNALE DI SGT. PEPPER'S LONELY HEART CLUB BAND
di Massimiliano Leva
http://www.kwmusica.kataweb.it/kwmusica/index.jsp
Quarant'anni fa, il primo giugno 1967, i Beatles pubblicavano Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Un disco epocale, un capolavoro del rock che con le sue tredici canzoni gettò nel vento idee e innovazioni che avrebbero influenzato tutta la musica a venire. Non per niente, a Roma, venerdì 1, è prevista una festa in grande stile per celebrare proprio il quarantennale del disco. Con una maratona musicale in vari luoghi della città e, presso l'Auditorium Parco della Musica, con la consulenza di Ernesto Assante e Gino Castaldo, con Mauro Pagani a dirigere una vera e propria tribute band nel nome dei Beatles.
Ironia della sorte, Sgt. Pepper's, nacque in un momento di crisi e sbandamento per i Fab Four. Verso la fine del 1966, stanchi del ruolo di idoli pop usa e getta, i quattro di Liverpool erano in cerca di nuove strade, non solo musicali ma anche d'immagine. Così, dopo aver deciso di evitare i tour e di dedicarsi solo alla musica di studio, con il vento in poppa della nascente psichedelica, ciascuno di loro si impegnò in nuovi progetti. George Harrison approfondì la sua passione per l'India e la cultura orientale. John Lennon si improvvisò attore per Richard Lester. Paul McCartney si appassionò alle musica di Berio e Stockhausen, e dopo un viaggio in America, pensò a un nome fittizio simile a quello di alcune nuove band californiane, come Quicksilver Messenger Service o Strawberry Allarm Clock. Tra tanta ispirazione e oro colato, nacque il Sergente Pepe, che con la sua Banda di Cuori Solitari, si prestava bene a fornire un alter ego ai quattro.
L'album, inizialmente, venne pensato come un omaggio, con canzoni a tema, all'infanzia dei Beatles. Ma il bisogno di pubblicare come 45 le due canzoni che più si prestavano a questo progetto (Strawberry Fields Forever e Penny Lane) accantonò l'idea. "Non fu nemmeno un vero concept album - ha spiegato una volta George Martin, il loro produttore -. Io feci giusto il possibile per legare senza stacchi un brano all'altro". Le canzoni che però ne vennero fuori, dalla title track a Lucy in the Sky with Diamonds, da She's leaving home a A day in the life, rimangono gemme della musica rock. Per ispirazione, per i testi scritti, per i suoni inventati usando e ingegnandosi con semplici tecnologie di studio, sono tuttora uno dei migliori esempi per creatività. Con Sgt. Pepper's il rock divenne adulto e la musica pop arte. Per questo, vi proponiamo un analisi di tutte le canzoni di quel disco imperdibile.
SGT. PEPPER'S LONELY HEARTS CLUB BAND
Fu a Paul che venne in mente che i Beatles avrebbero potuto simulare di essere la banda del Sergente Pepe. Pare che l'origine del nome Pepper sia da attribuire a Mal Evans, road manager del gruppo, che suggerì l'idea come scherzoso sostituto di salt'n'pepper. Alcuni sostengono però che il nome sia stato ispirato da una bevanda americana, il Dr Pepper. Il brano venne iniziato il primo febbario '67, negli studi di Abbey Road, dalle 19:30 fino alle 2 di notte, e proseguito il giorno seguente. Il potente suono di basso venne ottenuto inserendo il suono dello strumento direttamente nella consolle dello studio. Il 6 marzo, invece, venne l'idea di inserire i rumori inziali con una band che prova gli strumenti e i rumori di una sala concerti. Gli effetti vennero presi dalle prove dell'orchestra per A day in the Life.
WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIENDS
Hunter Davies, giornalista e autore della prima biografia autorizzata del gruppo, ebbe l'onore di presenziare a casa di John per la scrittura di questo brano. Lennon e McCartney volevano scrivere un brano semplice che fosse adatto allo stile di Ringo. "Si misero alla chitarra. John ebbe l'idea di scrivere ogni verso come se si trattasse di una domanda e risposta - spiega Davies -. Cominciarono perciò con parole semplici per trovare le rime. Quando erano privi di idee, si fermavano e strimpellavano qualche vecchio brano rock. Poi, ricominciavano subito a lavorare". Cynthia, la moglie di John, suggerì la frase "I'm fine" (Sto bene). Ma a Lennon non piacque e provò invece con "I know it's mine" (So che è mio), costruendo così la rima "I can't tell you, but I know It's mine". Nell'intro al brano, Ringo viene presentato come Billy Shears.
LUCY IN THE SKY WITH DIAMONDS
Forse uno dei brani più famosi dei Beatles che, come ormai quasi tutti sanno, venne ispirato da un disegno che Julian, il figlio di Lennon, fece vedere al padre. Il ritratto mostrava Lucy, una compagna di scuola di Julian, in un cielo di diamanti. Lennon, che in quel periodo faceva uso di Lsd, trovò così la chiave per un nuovo brano. Per questo, in molti, vuoi anche per il testo molto surreale, videro nelle iniziali del titolo proprio l'acronimo LSD. Lennon peraltro ha sempre smentito. Piuttosto, John asserì che le immagini del testo gli furono ispirate da un capitolo di Alice nel Paese delle Meraviglie. Il brano venne inziato il 28 febbraio. Una parte delle prove, si può ascoltare sul volume 2 delle Antohology.
GETTING BETTER
Questa fu una canzone di Paul, scritta con il suo solito ottimismo tipico della working class. E' ancora Hunter Davies a raccontare la genesi del brano: "Stavo passeggiando con Paul e il suo cane a Primerose Hill. Era una bella giornata, una delle prime di primavera. -Sta migliorando', disse Paul, che si mise a ridere, perché la cosa gli aveva suggerito un'idea". Si tratta anche di un brano con spunti e idee suggerite in parte anche da John. Venne iniziata il 9 marzo e il piano di Martin venne suonato colpendo direttamente le corde anziché i tasti.
FIXING A HOLE
Un'altro brano di Paul e un'altra canzone con riferimenti all'uso di droga. Almeno, così sostengono alcuni critici. In realtà, la traduzione del titolo, "Tappando un buco", non si riferisce all'uso di eroina, bensì alle riparazioni che Paul dovette fare nel 1966 alla fattoria che aveva acquistato in Scozia. La canzone venne iniziata il 9 febbraio, ma non a Abbey Road, bensì ai Regent Studios: degli studi indipendenti in cui facevano spesso prove anche i Rolling Stones. Il resto venne comunque terminato ad Abbey Road. Lo strumento particolare di questo brano è il clavicembalo.
SHE'S LEAVING HOME
Con John sempre più attratto dalle droghe e pigramente chiuso nella sua casa fuori Londra, in un certo senso fu Paul a prendere le redini del gruppo per Sgt. Pepper's. Anche questa canzone, splendida, è frutto della sua immaginazione. McCartney, leggendo un articolo nel febbraio '67 che parlava di una studentessa 17enne scappata di casa, prese spunto da un'affermazione del padre: "Aveva tutto ciò di cui poteva aver bisogno". Creò quindi una storia d'amore romantica, partendo dalla realtà (la ragazza di cui aveva letto si chiamava Melanie Coe) e aggiungendoci di suo la fuga con un uomo più maturo. John aiutò alla scrittura dei cori del ritornello, che cantò con George. Per l'arrangiamento venne usata una sezione d'archi. Da questi spunti, come già fatto per Yesterday, il rock avrebbe via via preso ispirazione per i futuri lavori del cosiddetto progressive.
BEING FOR THE BENEFIT OF MR KYTE!
Incredibile canzone di Lennon, con un'atmosfera psichedelica. L'ispirazione gli venne comprando, nel Kent, il giorno in cui con gli altri girò il clip di Strawberry Fields Forever, un manifesto vittoriano di un circo. Il poster, del 1843, recitava appunto che lo show sarebbe stato tenuto per gentile concessione di Mr Kyte. Con la sua tipica fantasia, si presentò così da Martin con la canzone, dicendo che voleva ottenere un suono che ricordasse quello della segatura usata per i cavalli da circo. Martin, che era abituato a simili uscite, lavorò sodo. L'orgia di suoni nell'assolo e nel finale, venne costruita tagliando il nastro usato per la registrazione in piccole parti, lanciandole per aria, raccogliendole a caso e montando i frammenti. Anche di questo brano è interessante ascoltare la parti rintracciabili sulle Anthology
WITHIN YOU WITHOUT YOU
L'unico brano di Gorge, al sitar, e influenzato dalla sua ormai recondita passione per l'India. Il testo della canzone esprime il proprio disappunto per l'individualismo tipico della cultura occidentale, secondo cui ognuno, seguendo il proprio ego, incoraggia le divisioni e la separazione. Rivalutata nel tempo, si può definire uno dei primi pezzi di musica etno. Secondo la leggenda, le risa nel finale sarebbero opera di scherno da parte degli altri Beatles.
WHEN I'M 64
Paul scrisse questo brano nel 1957, a quindici anni, sul pianoforte del padre nella sua casa di Liverpool. Tenne il brano nel cassetto e lo rispolverò quando, nell'ottobre 1966, i Beatles iniziarono a registrare Strawberry Fields Forever e Penny Lane. Nonostante il curioso arrangiamento in stile vaudeville, venne considerato troppo debole per diventare la facciata B di Strawberry Fields Forever, e così entrò in Sgt. Pepper's. Anni dopo, un Lennon al vetriolo avrebbe indicato questo e altri brani di Paul come "canzoni da nonnina". Il riferimento era all'uso di ottoni, alla melodia semplice e al racconto di un ottimismo quasi scontato.
LOVELY RITA
Uscendo dagli studi Abbey Road, un giorno McCartney scoprì che la sua Mini era stata multata per divieto di sosta. Si precipitò dal vigile e chiese se si chiamava davvero Meta Davies come scritto sulla contravvenzione. "Un nome davvero strano. Le dispiace se lo uso per una canzone?", chiese Paul. Detto, fatto. Si mise a scrivere il brano e, pensando anche al fatto che in America le addette ai parchimetri venivano chiamate in slang "meter maid", arrivò alla conclusione per il testo. Durante le registrazioni delle voci del brano, per la prima volta i Beatles incontrarono i Pink Floyd, anche loro a Abbey Road per registrare il primo disco del gruppo.
GOOD MORNING GOOD MORNING
Un brano di Lennon, ispirato da una pubblicità di cornflakes che recitava, appunto, "buon giorno, buon giorno". In seguito, Lennon disse di non amare molto questo brano. In realtà, fu registrato con un'idea clamorosa per il finale: una serie di voci animali, presi dall'archivio di nastri sonori della Emi, e montati in sequenza, con la regola che il seguente doveva essere più grosso o in grado di mangiare il precedente.
SGT. PEPPER'S LONELY HEART CLUB BAND (REPRISE)
Vulcanici per creatività, i Beatles pensarono di riprendere il brano iniziale verso la fine, come commiato della banda del Sergente Pepe. Martin riuscì a far combaciare l'ultimo verso di animale della canzone precedente con la prima nota di chitarra. Mai, prima dei Beatles, un gruppo aveva pensato di riprendere un tema come invece facevano alcuni compositori classici.
A DAY IN THE LIFE
Un brano fantastico, che meriterebbe un articolo a sé, più volte segnalato come una delle registrazioni più avveniristiche del rock. E in effetti fu davvero così. Iniziato il 19 gennaio, con il titolo provvisorio di In the life of..., da un piccolo germoglio nacque un brano composto da varie idee. La prima, di Lennon, era la parte iniziale e finale della canzone. Lennon la scrisse facendo riferimenti criptici ad avvenimenti e fatti della sua vita privata di quei mesi. E la registrò con un forte eco e una voce che pareva provenire dall'alto di una montagna. Poi, Paul portò, con cambi di tempo e melodia, la parte centrale. Si trattava di una canzone che aveva incominciato ma non finito, e che parlava di una giornata tipica ai tempi della scuola. Rimaneva il dubbio su come legare le due parti, che per qualche giorno vennero lasciate staccate, con una pausa di trentadue battute contate da una sveglia. Venerdì 10 febbraio, arrivò l'idea. Nello studio 1 di Abbey Road, dalle 19:30 alle 2:30, i Beatles radunarono vari amici (tra cui i Rolling Stones) e quaranta musicisti d'orchestra per riempire la parte vuota, con quello che definirono "un'orgia di suoni". Dopo aver obbligato i musicisti a indossare nasi finti, maschere e zampe di gorilla, registrarono tutti gli strumenti, con un glissato che doveva partire dalla nota più bassa per arrivare a quella più alta. Malcom Davies, manager degli Hollies, uscì dagli studi e, piangendo, confidò: "ora che cosa potremmo fare di più avveniristico dei Baetles?". Il finale del brano, fu l'ultima idea. I quattro lo registrarono colpendo all'unisono gli stessi tasti di due
pianoforti e lasciando che il suono venisse catturato sino all'ultima nota percepibile. In quel modo, chiusero un album. E cambiarono la storia.

 

 

 

Dicembre 1967

 

MAGICAL MISTERY TOUR

 

 

Capitol (S)MAL 2835 - November 27, 1967 - PCTC 255 - November 19, 1976 - Parlophone PCTC 255 (Yellow Vinyl) - May 1979

Magical Mystery Tour was originally released in the UK as an Extended EP, (S)MMT 1

(CD) Parlophone CDP 7 48062 2 - September 21, 1987

Magical mistery tour/ The fool on the hill/ Flying/ Blue jay way/ Your mother should know/ I am the walrus/ Hello goodbye/ strawberry fields forever/ Penny Lane/ Baby you’re a rich man/ All you need is love

 

Finì l’anno e anche se altri successi dovevano ancora avvenire cominciò la loro parabola discendente.

All’inizio del 1968 uscì l’ennesimo 45 giri. "Lady Madonna"/"The inner light". Il lato B fu registrato a Bombay con l’ausilio di musicisti indiani. Seguì una tournee proprio in India dove alternarono concerti con momenti di meditazione con il Maharishi. Nei mesi successivi arrivò la vera svolta, in senso negativo. Quella che segnò l’inizio della fine. John Lennon lasciò Chintya Powell e nella sua vita entrò Yoko Ono. Dopo una notte di sesso & droga i due registrarono Two virgins, un disco davvero indefinibile.. Fu il caos per i fan e per gli altri componenti del gruppo.

Come certo saprete, tutto avviene immancabilmente a caso. E il caso non è per nulla idiota. Anzi, s’ingegna di lasciar trasparire una sua intelligenza viziosa, spesso crudele. Di più: sovente cova una insopprimibile propensione narrativa, tanto che le sue trame sanno imporsi sul resto procurandoci docce di brividi, paure arcane, stupori sublimi.
Per farla breve, il caso quella sera mi guidò gli occhi e le dita sul Magical Mistery Tour, che si rivelò antidoto perfetto, elisir di guarigione, quel che ci voleva per non sfracellarmi in un buco di nera malinconia. Del resto, rigirando la frittata, quella depressione in boccio seppe dimostrarsi propellente ideale per il decollo nel cinerama acidulo e struggente imbastito dai Fab Four, disco che prima di allora mi era piaciuto – ora lo so - per forza d’inerzia, per una sorta di atto dovuto, genuflessione d’ordinanza al cospetto di siffatto frammento di Storia.
E pensare che neanche è un disco vero e proprio. Vabbè, che ve lo dico a fare, la storia è stranota: ancora inebriati dalla grazia visionaria che li portò a quel totem & tabù che è il Sgt. Pepper, ai nostri cari baronetti (soprattutto a Paul) venne in mente di tuffarsi da un trampolino ancora più alto e flessuoso, piantare l’ennesimo paletto, indicare altre vie, scattare in avanti su rotte perlopiù misteriose.
Quand’ecco, tra capo e collo, la tragica morte del manager Brian Epstein: uno shock, una perdita umana e professionale incalcolabile. Ma anche l’ennesima sfida. Il conato di strampalata onnipotenza (soprattutto in Paul) oltrepassò gli argini, al punto che i quattro si improvvisarono cineasti a tutto tondo, sbuzzarono un pugno di idee e ne fecero un canovaccio, scelsero agresti location (il Devon e la Cornovaglia, solo per il gusto di tornarci dopo una vacanza nel ’59!), noleggiarono qualche cinepresa e un pullman, ingaggiarono tre macchinisti e qualche attore, quindi si dichiararono pronti al salto nel buio delle sale, a cavallo di un mistico fascio di proiettore. Allo sbaraglio, su un flebile fascio di luce e colori. E di musica.
Come biasimarli? Avevano appena doppiato il passo più erto, abbattuto il recinto dell’immaginario generazionale, non c’era velleità che potesse esser loro preclusa, fosse anche un film estemporaneo e sciagurato come Magical Mistery Tour. Liquidato dai più come il puntuale passo falso di una carriera ineguagliabile, questo fantasmagorico lungometraggio (59 min) adombra se non altro l’ennesima presa di distanza, l’ennesimo “stacco”: offrendosi in guisa di simulacro fantastico, i quattro scarafaggi celebravano il guscio di una ormai definitiva alterità, come a dire non c’è più palco che possa o debba contenerci, né il conforto di comodi format espressivi, siamo sempre più in là, annusatori d’incantesimi, rabdomanti di studio, architetti di futuro.
Comunque, la pellicola fu accolta da una fragorosa, calda, pressoché unanime stroncatura, forse oltre i suoi stessi demeriti. Quanto a me, se un tempo la consideravo cacca di pseudo-artista, oggi - l’occhio meno avaro e amaro - mi sembra l’istantanea impazzita di un sogno. Anzi, di un sogno irripetibile. Dopo un’indigestione. Prima della burrasca.
Ma veniamo a noi. Dalla colonna sonora fu estratto in origine un maxi ep, sei tracce di varia estrazione formale: talora interlocutorie, come il soul-RnB tra il sordido ed il beffardo della strumentale Flying o l’iniziale profluvio di luccicanze umorali à la Kinks della title track (che intende paventarsi quale straniante specchio liquido, per attrarci nel delirio e rassicurarci sulla sua natura di mistero chiuso), talaltra consueti esercizi di magistero melodico ad opera dell’insigne Macca (l’asprigno vaudeville griffato dixie di Your Mother Should Know e l’ineffabile affresco malinconico-esistenziale di The Fool On The Hill: in entrambe l’orchestrazione stempera popolare e psichedelico senza alcun dissapore, con armoniosità vivida e solenne).
I colpi d’ala sono l’ipnotica Blue Jay Way (il buon Harrison assimila l’oriente e ghigna vortici centripeti distanti appena un palmo di watt dai 13th Floor Elevator) e soprattutto un parto lennoniano che ha dell’incredibile, quella I Am The Walrus di cui ancora oggi è difficile dire, pochi accordi e visioni a go go, ordigno autocitazionista dalle vibrazioni occulte e universali, oggetto scabro e accattivante, monodico incedere opalino, ragli in liquido amniotico d’inesplicabili didascalie e dadaismi antropomorfi. Un alieno. Un asteroide che ancora sprofonda, fino al fondo di ogni cuore allucinato.
Già così, insomma, una cornucopia di piccole grandi meraviglie, baciate dalla grazia scervellata di una band all’apice. Ma qualcuno pensò di aggiungerci il resto, e chi altri poteva permettersi un “resto” così? Ovvero le cinque schegge disseminate tra i singoli di quell’aureo 1967, da Hello Goodbye (una di quelle feste a cui tutti sono invitati) a Baby You’re A Rich Man (esile RnB colluso d’incenso che non sai bene perché ma funziona), quest’ultimo in origine retro del classicone All You Need Is Love, alla cui speranzosa dabbenaggine poetica ripenseremo non senza tristezza in occasione delle parole che chiudono Abbey Road (e chiosano l’intera vicenda Beatles).
Infine, un’autentica celebrità, il 45 giri con più lati “A” della storia, quello Strawberry Fields Forever/Penny Lane in cui Lennon-McCartney si/ci riconducono lungo dendriti e sinapsi di passato, per sentieri diversi e complementari, palpitanti e allegorici, in equilibrio obliquo su canoni antichi e nuovissimi. Può bastare?
Che dirvi, sarà la naturale tendenza delle cose a trovare il proprio posto nel Grande Caos: di questo disco sapevo l’importanza (bella forza) e la raffazzonata meraviglia, ma non la capacità di corrodere l’aplomb quotidiano, svellere il piedistallo delle certezze, palpeggiare il midollo della percezione. Così, ormai uomo fatto e un po’ disfatto, eccomi novello Alice beneficiato dall’ennesima chiave d’oro dell’ennesimo Paese delle Meraviglie, che è poi lo stesso di sempre. Sia benedetto, e mai lodato abbastanza, il Rock.
di Stefano Solventi

 

09/09 - Mercoledì 26 settembre 2012, per un solo giorno, Magical Mistery Tour, il più visionario film dei Beatles verrà presentato per la prima volta sul grande schermo nella sua versione restaurata in alta definizione con audio Dolby Digital 5.1 e con speciali materiali inediti. L'occasione è la pubblicazione in Dvd e Blue-ray di Magical Mistery tour a partira dal 9 ottobre, a distanza di 45 anni dall'uscita.

E’ il settembre del 1967 quando sull’onda dello straordinario successodi Sgt. Pepper, i Beatles danno vita a un film interamente ideato e diretto da loro. Caricano su un pullman una troupe cinematografica, amici, familiari ecast (tra cui spiccano Ivor Cutler, Victor Spinetti, Jessie Robins, Nat Jackley, Derek Royle e l'inimitabile Bonzo Dog Doo-Dah Band oltre ai Beatles che interpretano se stessi) e lasciano Londra per dirigersi verso ovest sulla A30, destinazione Cornovaglia: Magical Mystery Tour sta prendendo vita.

Basato su un racconto libero e improvvisato, secondo lo spirito sperimentale del tempo, Magical Mystery Tour fu l’innovativa chiave di volta per presentare sei nuove canzoni: “Magical Mystery Tour”, “The Fool On The Hill”, “Flying”, “I Am The Walrus”, “Blue Jay Way” e “Your Mother Should Know”. Ringo Starr ha spiegato "Paul disse 'Ho avuto questa idea' e noi ci siamo detti 'Grande!'. Tutto ciò che aveva era il disegno di questo cerchio con un punto sopra: è lì che abbiamo iniziato ", spiega Ringo Starr.
Una volta concluso Magical Mystery Tour venne trasmesso in bianco e nero alle 20:35 su BBC1 il giorno di Santo Stefano del 1967 ad un pubblico di famiglie in attesa di un intrattenimento leggero in stile natalizio. Mentre la musica fu accolta con entusiasmo informa di un EP doppio, i critici televisivi che si aspettavano qualcosa nello stile di A Hard Days Night e Help!, diedero alla pellicola recensioni povere e in alcuni casi al vetriolo. In seguito alle controversie il film non fu trasmesso negli Stati Uniti ed ebbe solo una distribuzione limitata.

Forse però, a quasi mezzo secolo di distanza, il giudizio del pubblico e della critica potrebbecambiare... Anche perché Magical Mystery Tour è diventato ormai un cult movie che arriva per la prima volta al cinema dopo un restauro voluto dalla Apple Films supervisionato da Paul Rutan Jr. dell’Eque Inc. (la stessa società che ha curato l’acclamatissimo restauro di Yellow Submarine) e dopo uno scrupoloso lavoro sulla colonna sonora eseguito presso agli Abbey Road Studios da Giles Martin e Sam Okell.

I fan lo hanno atteso per anni. Ma forse non immaginavano di poterlo riscoprire anche su grande schermo proprio a cinquant’anni dall’esordio discografico dei Fab Four.

Dal 9 ottobre Magical Mystery Tour (nella sua edizione restaurata e sottotitolata in italiano con colonna sonora remixata) sarà reso disponibile da EMI Music in DVD e Blu-ray oltre che in un’edizione speciale 10"x10". L'edizione deluxe includerà sia il DVD che ilBlu-ray, così come un libro di 60 pagine con curiosità, foto, documentazione della produzione e una replica del doppio EP su vinile da 7” con le sei canzoni originariamente pubblicate in Inghilterra proprio nel 1967. Tra i contenuti speciali interviste e materiali inediti.

Ora, solo per un giorno mercoledì 26 settembre, Magical Mystery Tour arriva al cinema in una versione completamente restaurata in alta definizione, remixata in Dolby Digital 5.1 e sottotitolata in italiano. Il film cult dei Beatles esploderà con i suoi effettipsichedelici sul grande schermo nelle sale italiane (a Milano, Roma, Firenze, Genova, Torino, Napoli, Bologna, Bari, Palermo, Padova, Trieste e in molte altre città: elenco delle sale a breve disponibile su www.nexodigital.it.

http://www.bielle.org/2012/news/0909MagicalMisteryTour.htm

 

Difficilmente anche i fan più sfegatati dei Beatles metterebbero Magic Mistery Tour tra i capolavori inarrivabili del gruppo di Liverpool. Eppure è un lavoro che ha saputo unire tanti pregi ad altrettanti difetti. Innanzitutto ci sono due versioni di Magical Mistery Tour. La prima (un doppo Ep, ossia un 33 giri con le dimensioni di un 45 giri) conteneva solo le canzoni del filmato: ossia, nell'ordine Magical Mistery Tour, Your mother should know, I am the walrus, The fool on the hill, Flying e Blue Jay Way. L'intero progetto è stato patricinato e partorito dalla mente di Paul McCartney, tranne "Blue Jay Way" che è di George Harrison e "I'm a walrus" che è un pezzo di John Lennon e che è anche il vertice compositivo del mini album. Per gli Stati Uniti invece i Beatles sfornarono un Lp, unendo ai pezzi già detti anche Penny Lane, Stwberry fields forever, Hello Goodbye, Baby you're a rich man e All you need is love. Il film, che usciva a brevissima distanza di tempo da "Sgt Pepper's Lonely hearts club band" fu un insuccesso clamoroso. Al contrario del film l'album ebbe un successo clamoroso: disco d'oro e nomination per i Grammy Awards come miglior album dell'anno, con otto settimane al primo posto in America. Tra le curiosità dell'album si può annoverare anche "Flying" che è uno dei rarissimi stumentali suonati dei Beatles, l'unico inciso e l'unico brano firmato da tutti e quattro. Le perle dell'Ep sono "I'm a walrus" e "The fool on the hill", dell'album completo sono brani rimasti nella storia "Strawberry fields forever" e "Penny Lane", i ricordi rispettivamente di Lennon e McCartney sulla loro infanzia e "All you need is love", che è celebre per essere stato il primo brano in assoluto trasmesso in mondovisione. Riascoltato adesso sembra splendido e pieno di idee. A questo punti aspettiamo di riscoprire il film e di sorprenderci ancora.

http://www.bielle.org/2012/news/0909MagicalMisteryTour.htm

 

 

 

Novembre 1968

 

THE WHITE ALBUM

 

UK) Apple PMC 7067-8; PCS 7067-8 - November 22, 1968  - (US) Apple SWBO 101 - November 25, 1968 - Capitol SEABX 11841 (White Vinyl) - August 1978 - Parlophone PCS7067/8 (White Vinyl) - 1979 (CD) Parlophone CDP 7 46443 2; CDP 7 46444 2 - August 24, 1987

Back in the USSR/ Dear prudence/ Glass onion / Obladì obladà/ Wild honey pie/ The continuoing story of Bungalow Bill/ While my guitar gently weeps/ Happiness is a warm gun/ Martha my dear/ I’m so tired/ Blackbird/ Piggies/ Rocky raccoon/ Don’t pass me by/ Why don’t we do in the road/ I will/ Julia/ Birthday/ Yer blues/ Mother nature’s son/ Everybody’s got something to hide except me and my monkey/ Sexy Sadie/ Helter skelter/ Long, long, long/ Revolution 1/ Honey pie/ Savoy truffle/ Cry baby cry/ Revolution 9/ Good night

 

A novembre, dopo che anche Gorge Harrison, fortemente influenzato dalle atmosfere indiane, ebbe pubblicato il suo primo album da solista (Wonderwall music) uscì il nuovo lavoro del gruppo. Un disco doppio, senza titolo, comunemente chiamato THE WHITE ALBUM.

In molti hanno tentato di spiegare il mistero Beatles. Tra le tante ipotesi formulate nel corso degli anni, una ci pare più equilibrata, sobria e convincente delle altre: John, Paul, George e Ringo erano quattro emissari di un’evolutissima civiltà aliena scesi sulla Terra a portare la felicità. Il che ci risparmia l’onere di trovare un barboso antefatto giornalistico al “Doppio Bianco”. Dunque, i Beatles. Nel 1968. Le aspettative più caute lasciavano presagire una pagina fondamentale della storia umana. Così fu. Accantonato il rutilante cromatismo di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e Magical Mystery Tour, dietro l’austero involucro della copertina candida si celava la quintessenza del rock come lo conosciamo oggi. Forti dei mezzi economici messi a disposizione dalla EMI, sorretti dalla perizia tecnica degli ingegneri di Abbey Road, liberi da vincoli espressivi di sorta, i quattro erano pressoché onnipotenti e in grado di trasformare in musica qualsiasi idea. A bordo del jet supersonico che annuncia Back In The U.S.S.R., Paul e John si svincolano dalla paranoia della “guerra fredda” levando una travolgente ode boogie-surf alle gioie della vita in Unione Sovietica, vista dall’ottica privilegiata di un “compagno” che se la spassa tra ucraine e moscovite. Nel 1979 Elton John ne fece il clou dei suoi celebri concerti oltre cortina insieme a Ray Cooper. I ricordi del soggiorno in India affiorano su due capolavori di Lennon: Dear Prudence, affettuosa dedica alla sorella di Mia Farrow, Prudence, incorniciata in un suggestivo arpeggio elettrico che ispirerà i 10cc per Feel The Benefit (Deceptive Bends); Sexy Sadie, brillante refrain che dietro il pentagramma nasconde un ritratto al vetriolo del Maharishi Mahesh Yogi, il “santone” conosciuto a Ryshikesh per smascherare il quale a John bastarono pochi minuti. Glass Onion alimenta le congetture sui testi dei Beatles con una serie di enigmatiche auto-citazioni (Strawberry Fields Forever; I Am The Walrus; Lady Madonna; The Fool On The Hill; Fixing A Hole). Con The Continuing Story Of Bungalow Bill e Happiness Is A Warm Gun, l’indole pacifista di Lennon inquadra due bersagli ideali: un cacciatore pusillanime e una congrega di fanatici associati sotto le insegne dell’American Rifle Association (il memorabile documentario di Michael Moore - Bowling For Columbine - farà conoscere al mondo i principî morali di quei gentiluomini). Soverchiato dalla coppia Lennon/McCartney, George Harrison doveva sfruttare a fondo i pochi spazi a disposizione per esprimere il proprio talento di autore: While My Guitar Gently Weeps si impose immediatamente come una delle più belle canzoni di tutti i tempi, ripresa nel corso degli anni da Kenny Rankin, Jeff Healey e Toto. La versione originale vanta un epico assolo di Eric “Slow Hand” Clapton, prossimo a cadere vittima della stessa donna - Patti “Layla” Boyd - che proprio allora stava spezzando il cuore di George. Ancora di Harrison, Piggies genera un efficace contrasto tra la misantropia delle liriche e l’atmosfera cameristica suggerita dal clavicembalo. Prodigiosa invenzione di McCartney, Martha My Dear si sviluppa su una sequenza di note captata in qualche galassia remota, mentre nell’arco di 2 minuti e 28 secondi accade di tutto: un impeccabile piano vaudeville introduce le parole, a loro volta doppiate da una piccola sezione archi; impostato il falsetto, Paul dialoga col timbro grave della tuba, per poi abbandonarsi a una sorprendente fuga soul-swing; l’interludio charleston tramuta lo stupore in ebbrezza, un attimo prima che la sublime melodia ritorni sul finale. I’m So Tired ripropone l’indolenza come antidoto ai problemi del mondo, tema caro a Lennon sin dai tempi di I’m Only Sleeping (Revolver) e spinto alle estreme conseguenze col clamoroso bed-in all’Hilton di Amsterdam (Marzo 1969). L’arte di McCartney risalta su due geniali miniature acustiche: intesa da alcuni come un omaggio al movimento delle Black Panthers, Blackbird verrà interpretata da Crosby, Stills & Nash (Allies) e Bobby McFerrin (The Voice); i versi bucolici di Mother Nature’s Son, sottolineati da una fine partitura per ottoni, sembravano scritti apposta per il poeta del Colorado, John Denver, che ne registrò un’incantevole cover su Rocky Mountain High. Col suo profumo di reggae e un ritornello infallibile, Ob-La-Di, Ob-La-Da si installerà nell’immaginario collettivo accanto a motivetti di dominio universale come Yellow Submarine e Love Me Do. Eseguita dal solo John con voce e chitarra, Julia è un’intensa dichiarazione d’amore per la madre perduta troppo presto, una lacuna affettiva appena colmata dalla forte personalità di Yoko Ono (… ocean child …). Nella sua semplicità e concisione, I Will sintetizza l’innata attitudine di McCartney a ottenere meraviglie anche col minimo indispensabile: il ritmo scandito dai bonghi e il basso “onomatopeico” (dum dum dum) ne fanno una serenata di incomparabile spontaneità, nonostante le 67 take impiegate per raggiungere la perfezione. Il gusto di Paul per il pastiche nostalgico, già confessato con When I’m Sixty-Four (Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band), ritornava su Rocky Raccoon, scanzonato racconto western, e su Honey Pie, stupenda parodia dell’era del “muto” e dei 78 giri: nel 1975 You Gave Me The Answer (Venus And Mars) avrebbe completato il poker. Squassata da deflagranti riff elettrici, Birthday è una poderosa, irresistibile, attualissima party-song. Con Yer Blues Lennon irrideva alla sua maniera personaggi allora in voga come come Graham Bond e John Mayall. Cry Baby Cry è un’ambigua filastrocca di John, in coda alla quale venne aggiunta, forse perché altrettanto misteriosa, un’idea incompiuta di Paul (can you take me back where I came from, can you take me back?). Momento storico e titolo evocativo conferivano a Revolution un valore speciale, al punto che i Beatles ne incisero due arrangiamenti diversi: il primo (Revolution 1), presente nel disco, era un blues alquanto elaborato e mostrava Lennon ancora indeciso sulla posizione da assumere (… don’t you know that you can count me out … in …); il secondo (Revolution), più duro, aggressivo e adatto al messaggio, verrà pubblicato sul retro del singolo Hey Jude, ma quel “in” provocatorio nel frattempo era sparito. Tre passaggi, in particolare - «if you want money for people with minds that hate, all I can tell you is “brother, you have to wait“», «you say you got a real solution, well, you know we’d all love to see the plan» e «if you go carrying pictures of Chairman Mao, you ain’t going to make it with anyone anyhow» - indicavano un’istintiva lucidità politica. I Beatles erano rinomati per concludere gli album con una mossa a sorpresa (Tomorrow Never Knows; A Day In The Life; All You Need Is Love): rifinita da George Martin con una sontuosa orchestrazione degna di Gordon Jenkins, cantata in stile “crooner” da Ringo e composta, a dispetto delle apparenze, da John invece che da Paul, Good Night era una romantica ballad arricchita dal solenne coro dei Mike Sammes Singers. Con l’intuito dello specialista, Johnny Mandel ne colse il mood natalizio e la fece interpretare ai Manhattan Transfer nel loro splendido The Christmas Album. [P.S. - HEY JUDE / REVOLUTION - Fedeli a una prassi consueta all’epoca, i Beatles escludevano dagli album ufficiali i brani pubblicati sui singoli. I casi più eclatanti furono We Can Work It Out / Day Tripper (Rubber Soul), Paperback Writer / Rain (Revolver) e Strawberry Fields Forever / Penny Lane (Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band). Anche Hey Jude, sebbene incisa durante le sofferte session di The Beatles, fin dal suo concepimento era destinata al formato 45 r.p.m. - Pochi mesi prima, Jimmy Webb aveva infranto il muro dei tre minuti “regolamentari” con MacArthur Park, ambiziosa mini-suite che, affidata all’ugola shakespeariana di Richard Harris (A Tramp Shining), volò in cima alla classifica U.S.A. - I Beatles, antesignani nella violazione dei tabù stilistici, risposero alla stimolante “sfida” dell’autore americano con una ballad acustica, piano e chitarra, espansa fino alla durata di 7’08” grazie alla lunga coda orchestrale su cui dilagava il celeberrimo “nah, nah, nah, nah, nah, nah, nah”. Il successo planetario, la purezza della melodia, l’intensità delle parole, la sentita interpretazione di Paul, le soavi armonie gospel, il maestoso coro finale e l’indimenticabile “video” girato da Michael Lindsay-Hogg negli studi Twickenham fecero di Hey Jude qualcosa di più di una semplice canzone: era la fine degli anni Sessanta trasfigurata in un’opera d’arte, un inconsapevole addio ai sogni e all’innocenza, un inno generazionale che preludeva all’impegno politico, ai conflitti sociali, ai tormenti interiori, ai rimpianti e alla rabbia del decennio successivo. Sul lato “B” (si fa per dire) la versione hard di Revolution, anch’essa immortalata in uno splendido filmato dello stesso regista.] - B.A.

Dicembre 1968

 

YELLOW SUBMARINE

 

(US) Apple SW 153 - January 13, 1969 - (UK) Apple PMC 7070; PCS 7070 - January 17, 1969 - (CD) Parlophone CDP 46445 2 - August 24, 1987

Yellow submarine/ Only a northern son/ All together now/ Hey bulldog/ It’s all too much/ All you need is love

 

dove i Beatles erano presenti nella sola facciata A riservando il retro alla colonna sonora del cartone animato (Yellow submarine) uscito qualche mese prima a cura di George Martin e della sua orchestra.

Nonostante il buon successo di questa annata era sempre più evidente il dissidio all’interno del gruppo.

Il 1969 si aprì con l’avvento di Allen Klein. Doveva in qualche modo prendere il posto di Brian Epstein ma fu la causa di tanti litigi. Nel frattempo Paul aveva conosciuto Linda Eastman, bella fotografa, alla quale si era sempre più legato. Nel mese di marzo John sposò Yoko e Paul, Linda. Il mese successivo videro la luce due nuovi 45 giri. "The ballad of John and Yoko"/"Old brown shoe" e "Get back"/"Don’t let me down".

Uscirono lavori solisti di George e, soprattutto, di Lennon. Infatti, dopo una delle tante notti "battagliere" con Yoko, in una camera d’albergo di Montreal fu partorita Give peace a chance.

Yellow Submarine uscì nelle sale cinematografiche di Londra il 17 luglio del 1968. Traeva ispirazione dall'omonima canzone scritta da Paul McCartney, uno dei più noti episodi di quello straordinario album dei Beatles intitolato Revolver che, pubblicato esattamente due anni prima, aveva rappresentato il cosciente passaggio del gruppo dalle arene stipate di ragazzine strepitanti alla esplorazione di una musica frutto dello scavo delle possibilità offerte dallo studio di registrazione, ricca di invenzioni, di nuove influenze, di spunti filosofici.

Ma nell'estate del '68 la situazione dei Beatles era molto cambiata. Morto Brian Epstein, il manager che fungeva da collante tra le varie anime del gruppo, metabolizzata la Summer of Love del '67, di cui i Fab Four erano stati straordinari protagonisti col capolavoro psichedelico Sgt. Pepper, i Beatles avevano fondato la loro etichetta, la Apple, e stavano registrando The Beatles, più noto come "White Album", enciclopedica summa dello scibile beatlesiano nelle cui trenta canzoni era però molto più semplice distinguere, rispetto al passato, le cose di Lennon da quelle di McCartney e di Harrison, che proprio a quell'album diede un corposo contributo compositivo. Era questo il segno che i Beatles, intesi come alchimia artistica fatta di cuori, anime e cervelli, iniziavano a mostrare cedimenti.

I Beatles contribuirono alla costruzione del film quasi esclusivamente attraverso la loro straordinaria musica, senza la quale è lecito chiedersi se Yellow Submarine avrebbe avuto lo stesso impatto sul mondo dell'arte grafica e sul pubblico. Essi scrissero appositamente per il progetto tre canzoni: Only A Northern Song, All Together Now e Hey Bulldog. Forse perché insoddisfatti di una precedente serie televisiva a cartoni animati che li vedeva come protagonisti, i Beatles trascurarono Yellow Submarine. Tutto era già stato pianificato quando il gruppo visionò lo storyboard per la prima volta e i Beatles non riuscirono neanche a rendersi disponibili per il doppiaggio. Alla fine furono usati dei doppiatori professionisti e sembra che nessuno dei Fab Four fosse contento della voce scelta per rappresentarlo.

La stampa fu evidentemente tenuta all'oscuro di questo aspetto, se Variety prese un clamoroso granchio annunciando al mondo che le voci dei Beatles erano "immediatamente riconoscibili". Nei titoli furono riportati i nomi dei doppiatori Paul Angels, John Clive, Dick Emery, Geoff Hughes e Lance Percival, senza specificare il loro ruolo. Si è poi scoperto che Clive era la voce di John, Hughes quella di Paul, Peter Batten interpretava George e Angels doppiava Ringo. Quando poi il gruppo ebbe l'occasione di vedere iI risultato quasi ultimato, rimase talmente sorpreso nel trovarsi di fronte a qualcosa di ben lontano dal filone disneyano che accettò di recitare nell'epilogo del film.

All'epoca la Disney dominava il mercato con i suoi classici prodotti (Il libro della giungla uscì nel 1967). Yellow Submarine cambiò il modo di fare cinema d'animazione, così come avvenne anche per la pubblicità. La regia di George Dunning e il lavoro di Heinz Edelmann, artista grafico ceco o jugoslavo di lingua tedesca, influenzarono il look dei commercials, tanto è vero che grandi compagnie come 7 Up e General Electric cominciarono a reclamizzarsi con spot a base di cartoons e campagne ispirate dal film. Se prima di Yellow Submarine gli studios che realizzavano pubblicità con cartoni animati vivevano quasi di stenti, successivamente coloro che operavano nel campo e sposarono il nuovo stile furono sommersi di lavoro, arricchendosi con la creazione di spot ricchi di arcobaleni, farfalle e fiori.

Sebbene Yellow Submarine sia da considerare quindi una pietra miliare del cinema d'animazione, poco è stato scritto sulle persone che realmente crearono questo classico. All'epoca molti apprezzamenti furono rivolti a Al Brodax, executive producer della King Features, la compagnia che aveva finanziato la produzione del film. Egli fu addirittura accreditato di parte dello script con Lee Minoff, Jack Mendelsohn e Erich Seagal. Gran parte dei testi era invece opera del poeta di Liverpool Roger McGough, chiamato a infondere nei dialoghi il richiamo alla sua città, e liquidato, senza apparire nei credits, con 500 sterline. I Beatles ebbero naturalmente il merito per la musica e Heinz Edelmann fu riconosciuto come il talentuoso disegnatore del film. John Coates, il vero produttore della pellicola, fu inserito nei titoli come semplice supervisore alla produzione. Se il film fosse uscito oggi, Brodax sarebbe risultato come executive producer e Coates come produttore. Ma le cose nel 1968 andarono diversamente.

Per Coates e Dunning non fu di sicuro un'impresa facile. Nell'agosto del 1967, a produzione appena iniziata, fu loro annunciato che l'anteprima di Yellow Submarine si sarebbe improrogabilmente tenuta a Londra nel luglio del 1968. Avevano meno di un anno per portare a termine il film e lo staff fu costretto a fare doppi turni in fase di inchiostratura e colorazione. Edelmann supervisionava tutto e si aggirava nella notte negli studi per correggere i disegni degli animatori che non corrispondevano ai modelli da lui creati. Nonostante i riconoscimenti ottenuti dal suo lavoro, egli non ha più realizzato un cartone animato.

Dunning decise che la grafica del film sarebbe stata costruita attorno a 12 brani dei Beatles (tre dei quali inediti). Negli Usa la canzone Hey Bulldog, riguardante un cane a tre teste, fu tagliata (la versione americana del film dura 85 minuti anziché gli 89 di quella inglese e anche il finale è più soft, con la "conversione" dei Blue Meanies). A ogni canzone fu dedicato uno speciale look grafico, frutto della sperimentazione di diverse innovazioni tecniche. Charles Jenkins, supervisore agli effetti speciali, usò luci polarizzate, cellophane e un filtro rotante utilizzato, ad esempio, per creare l'inusuale ciclo di colore alla fine della sequenza dove per la prima volta compare George.

Uno dei momenti visivamente più eccitanti è la donna che cavalca nel cielo in Lucy in the Sky with Diamonds. I disegni furono colorati con libere pennellate piuttosto che inserendo le tinte perfettamente entro i bordi della figura. La vernice cambiava così continuamente forma e colore e l'espressività visiva della canzone acquistava il suo bizzarro fascino onirico. Solo in parte ci si ispirò alla Pop Art, più spesso si sfidò ogni tentativo di classificazione. Come in When I'm Sixty-Four, dove il numero appare in così tanti diversi design che è impossibile definire lo stile grafico della sequenza.

I fan dei film Disney si trovarono davvero in difficoltà. Erano abituati a solidi plot narrativi con personaggi ben sviluppati e ben disegnati. Difficile per loro accettare l'approccio estetico di Yellow Submarine, che si concentrava sulla fantasia creativa e permetteva alle immagini di cambiare costantemente. Dunning e Edelmann si assunsero molti rischi scegliendo un così poco convenzionale uso di colori e forme. Ma proprio per questo Yellow Submarine è ancora un film fresco e eccitante, arricchito da brillanti e innovative intuizioni. Animali surreali, invenzioni meccaniche, l'uso di parole e numeri "viventi" e altri divertenti "tocchi", restano meravigliose e bizzarre creazioni. Per quanto semplice, la storia è tuttora abbastanza plausibile da trascinare lo spettatore nell'avventura del salvataggio di Pepperland dai nemici della musica. E dopo la visione del film, le canzoni dei Beatles tornano a risuonare per giorni nella mente. Repubblica.it (paolo gallori) (10 luglio 1999)

Settembre 1969

 

ABBEY ROAD

 

(UK) Apple PCS 7088 - September 26, 1969 - (US) Apple SO 383 - October 1, 1969 - Parlophone PCS 7088 (Green Vinyl) - 1979 - (CD) Parlophone CDP 7 46446 2 - October 19, 1987

Come together/ Something/ Maxwell’s silver hammer/ Oh! Darling/ Octopu’s garden/ I want you (She’s so heavy)/ Here comes the sun/ Because/ You never give me your money/ Sun king/ Mean mr. Mustard/ Polythene pam/ She came in through the bathroom window/ Golden slumbers/ Carry the weight/ The end/ Her majesty

 

Nel mese di ottobre si diffuse la notizia, ovviamente fasulla, della morte di Paul. Lennon, intanto, continuava sempre più a far parlare di sé. Usci un suo nuovo lavoro da solista, un altro album solista dal vivo e alla fine dell’anno restituì l’onoreficenza ricevuta qualche anno prima e che tanto discutere aveva fatto. Ormai John era di fatto un ex-beatle.

All’inizio del 1970 per tentare di risanare le sorti della APPLE, Klein decise di pubblicare un disco utilizzando il vasto materiale giacente in studio e mai utilizzato in quanto considerato scarto. Chiamò a produrre il disco Phil Spector con la conseguente detronizzazione, dopo tanti anni, del fido George Martin. Durante la lavorazione una lite furibonda tra Paul (molto legato a Martin) e Spector segnò l’allontanamento dal gruppo dello stesso Paul. Nella confusione più totale, uscirono: un 45 dei Beatles ("Let it be"/"You know my name"), un album solista (il primo) di Ringo e un album solista di Paul. Un mese dopo usci il 33 giri.

di Alessandro SessapluslessNon si può comprendere appieno il significato di "Abbey Road" senza prima sapere che cosa si cela dietro questo album, come è stato prodotto, in quali condizioni e soprattutto in quali stati d'animo da parte dei quattro ragazzi di Liverpool. E' l'ultimo lavoro dei Beatles, "Let it be", come tutti sapranno, è uscito in seguito, ma proviene da registrazioni precedenti alle session di "Abbey Road".

 

 

 

I Beatles sono più che prossimi allo scioglimento: Lennon è ormai una mina vagante, quasi completamente avulso dalla realtà del gruppo, Harrison sta producendo dei dischi sperimentali ("Wanderwall music" ed "Electronic Sound") e Starr è impegnato nel suo nuovo amore, il cinema; l'unico a dimostrare ancora un po' di spirito di coesione e iniziativa è Paul McCartney, che spinge gli altri a riunirsi ancora una volta in sala d'incisione (anche perché avevano un contratto da rispettare con la Emi); alla produzione, ci sarà ancora una volta George Martin, che si preventiverà però di assicurarsi che non sarebbero mai avvenuti i memorabili litigi che caratterizzarono le session del "White Album" e di Twinckenham.

Le premesse non sono buone, potrebbero essere il preludio per la registrazione di un album stanco, ripetitivo, banale e senza idee, non sarà così. Paradossalmente i Beatles saranno presenti contemporaneamente durante le sedute di registrazione solamente poche volte, più che altro per registrare le basi ritmiche; la maggior parte del lavoro di "Abbey Road" è stato compiuto solisticamente, sovraincidendo le singole parti. Per capire che tipo di atmosfera si respirasse all'interno del gruppo sarà sufficiente dire che Lennon avrebbe voluto mettere le sue canzoni nel lato A e quelle di McCartney nel lato B. Nonostante ciò, sarà un album di gruppo, più di quanto lo sia stato il Doppio Bianco: anche se fisicamente i Beatles hanno lavorato da soli, infatti, il risultato finale non tradisce la frammentarietà della conduzione del lavoro.

L'album si apre con "Come Together", storico pezzo di Lennon che proporrà dal vivo in tutti i suoi concerti negli anni a venire: atmosfera cupa, bassi esaltati e toni alti del tutto assenti, ottimo lavoro di Starr alla batteria; Lennon bisbiglia "shoot me" il che ci fa rabbrividire se pensiamo a cosa sarebbe avvenuto 11 anni dopo; il testo rappresenta una summa degli stili adottati da Lennon durante la sua carriera, sovrappone aspetti biografici a non-sense, metafore e giochi di parole. Segue "Something", forse il pezzo più bello mai scritto da Harrison, e uno dei migliori dei Beatles: è una storia d'amore, l'esecuzione è dolcissima e accurata; da sottolineare la linea di basso di questa canzone da ricordare - a giudizio di chi scrive - tra le più belle della storia della musica pop e rock.

"Maxwell's Silver Hammer" fu motivo di aspre divergenze tra McCartney, che ne era l'autore, e Lennon; il primo la riteneva degna di un singolo, il secondo semplicemente la detestava. Un testo senza pretese, un pezzo leggero anche se ben arrangiato, in cui fa la sua presenza il Moog (sintetizzatore) inventato da pochi mesi, che caratterizza l'assolo. I Beatles faranno un uso molto parsimonioso e intelligente del Moog evitando così di cadere negli abusi perpetrati da quasi tutti i musicisti di quel periodo. In "Oh! Darling" si riconoscono un effetto parodistico e i riferimenti, nella musica e nel testo, alle canzoni anni 50; molto meticoloso fu McCartney nella registrazione della parte vocale, che fu sovraincisa svariate decine di volte.

La seconda e ultima canzone dei Beatles firmata Richard Starkey è "Octopus's garden": allegra e spensierata, racconta di un mondo sottomarino, e sembra rifarsi alle atmosfere irreali (nothing is real) di "Yellow Submarine", cantate sempre da Starr tre anni prima. Lo spunto per questa canzone sembra che venne suggerito addirittura dai polipi della Sardegna (!), che costruivano dei giardini raccogliendo oggetti luccicanti sul fondo. "I Want You", con i suoi 7' e 51'', è la canzone piu' lunga mai incisa dai Beatles (eccettuata "Revolution 9"); fu mixata nell'agosto del 1969, l'ultima volta in cui i Fab Four si incontrarono tutti insieme in sala d'incisione; è una canzone d'amore, inequivocabilmente dedicata a Yoko Ono. Basata su pochissimi versi, descrive il nuovo corso del Lennon autore: è un blues, cupo e inquietante, la cui coda è costituita da un arpeggio di chitarra ripetuto numerose volte, notevole difficoltà richiese l'inserimento dell'"effetto vento" nella conclusione del pezzo (non esistevano artifizi elettronici); il brano si interrompe bruscamente tagliando la battuta e creando una sorta di effetto black-out; fine del lato A (parliamo di 33 giri, naturalmente).

In risposta a chi non riusciva e vedere più nulla di innovativo nella musica dei Beatles, il lato B di "Abbey Road" presentava elementi nuovi e rivoluzionari. E' composto quasi interamente da un medley, ossia da una serie di canzoni tutte collegate una all'altra come in un'unica traccia. Fu essenzialmente un'idea di McCartney e di George Martin (che curò e diresse personalmente tutti gli arrangiamenti delle parti orchestrali), mentre Lennon si disinteressò al progetto e non nascose mai la sua avversione al medley ma, nonostante ciò, contribuì con numerosi pezzi alla realizzazione di quest'ultimo.

Si parte con "Here Comes The Sun", pezzo acustico dal testo essenziale ma in piena sintonia con la musica, che rivela il periodo d'oro di George Harrison, troppo spesso messo in secondo piano dalla coppia magica Lennon/McCartney. Con "Because" inizia il medley vero e proprio: è un pezzo di Lennon, è composto dagli stessi accordi del Chiaro di Luna di Beethoven, ma a sequenza invertita; le liriche sono stranamente chiare, niente metafore, nessun oscuro riferimento. Segue "You never give me your money", di McCartney: il testo è chiaramente autobiografico e riguarda la disastrosa situazione economica in cui versava la Apple; il pezzo può considerarsi una suite, composta da tre momenti, solo in apparenza autonomi; si intrecciano storie e atmosfere diverse e si preannuncia una fuga da quella realtà. "Sun King" e la successiva "Mean mr Mustard" sono frutto invece della penna di Lennon: la prima ripresenta il classico non-sense Lennoniano con frasi italiane e spagnole (compare anche un "paparazzi" di felliniana memoria), mentre la seconda fu ispirata da un personaggio realmente esistito. Sempre di Lennon è la successiva "Polyethene Pam", sorella del "signor Mostarda", anch'essa ispirata a un personaggio realmente esistito e cantata con un marcato accento liverpooliano. Di McCartney segue "She came in trough the bathroom window", ispirata probabilmente a un'avventura vissuta dall'autore in seguito all'improvvisa intrusione di una fan; il linguaggio adottato, ricco di immagini e di sapore vagamente surreale, ci riporta alle atmosfere di "Sgt. Pepper". La successiva "Golden Slumbers", tipica ballata McCartneyana al pianoforte, è caratterizzata da splendidi arrangiamenti di archi e fiati superbamente diretti da George Martin. "Carry that weight" esplode senza preavviso, mescolandosi ai versi della precedente: il testo rappresenta una metafora, l'autore descrive la sua condizione di leader suo malgrado, mentre all'interno vi è una reprise dei versi di "You never give me your money", che rafforzano il significato delle liriche precedenti. "The End", sempre a cura di McCartney, è idealmente l'ultimo brano dell'ultimo album dei Beatles: presenta una prima parte strumentale, preceduta dall'unico assolo di batteria di Ringo Starr della sua carriera (per evidenti motivi...); è un rock'n'roll puro, con chitarre distorte e un ritmo veloce, sembra quasi che i Beatles vogliano regalarci l'ultima prova tous ensemble prima del commiato, che arriva accompagnato da un tappeto di archi e da una splendida chitarra che sottolinea l'unico verso della canzone, il loro testamento artistico, Lennon lo definì un verso cosmico, filosofico: "...e alla fine l'amore che prendi è uguale all'amore che fai".

 

 

Dopo 16 secondi di silenzio compare quella che noi oggi chiamiamo una "ghost track", è "Her Majesty", un irriverente ma garbato ritratto della regina d'Inghilterra, che dimostra come fossero mutati gli atteggiamenti dei Beatles verso l'establishment politico, rispetto a quando erano stati insigniti, nel 1965 dell'MBE. Si può parlare di traccia fantasma perché quest'ultima traccia, che era inizialmente parte integrante del medley e poi scartata, non era segnalata nei titoli di copertina. Il titolo comparirà solo nelle successive ristampe.

L'album doveva inizialmente chiamarsi "Everest", in onore di una marca di sigarette fumate dall'ingegnere del suono Geoff Emerick, ma come noto, si era ormai del tutto esaurito lo stimolo di affrontare nuovi progetti, così dal momento che nessuno aveva voglia e tempo di andare sull'Himalaya per fare le fotografie della copertina, si decise molto più economicamente di farle sulla strisce del passaggio pedonale della Abbey Road, davanti agli studi in cui i Beatles avevano registrato per otto anni, rendendola così popolarissima nel mondo.

A detta di molti, "Abbey Road" è il miglior album dei Beatles, o secondo soltanto a "Sgt. Pepper". E' inconfutabile che si tratti di un album prodotto magnificamente: trasmette sensazioni e atmosfere intense, ricercate, del tutto assenti nel "White Album". E' un lavoro unitario nella sua frammentarietà. Anche se fisicamente lontani, i Beatles abbandonano le loro prese di posizione egoistiche e mettono a disposizione le loro peculiarità in favore di un tutto unico. McCartney raggiunge la piena maturità di compositore e arrangiatore; Lennon, nonostante si disinteressi del prodotto, regala perle decisive per la riuscita dell'album; Harrison è in piena esplosione creativa e firma due pezzi splendidi; Starr dimostra un sensibile miglioramento, non tanto nella tecnica quanto negli arrangiamenti, più vari ed articolati.

I Beatles sono i Beatles, anche se non si incontrano si influenzano a vicenda, sono una fucina di idee, di esperienze; il dualismo Lennon-McCartney è condizione necessaria perché gli ingranaggi girino, anche se porterà alla disgregazione del gruppo. "Abbey Road" rappresenta l'apice di una parabola che ha portato i Beatles leggeri e scanzonati dei primi anni a un acme di sperimentazione raggiunto negli anni 1967/1968, e che li ha visti tornare a dare più importanza alla melodia, senza rinunciare alle contaminazioni dall'esperienza passata e creando così un autentico capolavoro.

 

I BEATLES, O DELLA CAPACITA' SUBLIME DI SAPER SCOMPARIRE AL MOMENTO GIUSTO
Il Foglio, 17 settembre 1999
Mauro Suttora

Trent'anni fa, il 26 settembre 1969, usciva nei negozi di tutto il mondo "Abbey Road", l'ultimo disco dei Beatles. Sulla copertina, una foto di loro quattro che attraversano in fila indiana le strisce pedonali. Quelle di Abbey Road, appunto, una strada del quartiere londinese chic di Saint John's Wood dove si trovano ancor oggi gli studi della casa discografica Emi. E dove tuttora, ogni giorno, centinaia di fans si esercitano nella discutibile operazione di farsi fotografare sulle stesse strisce pedonali, come souvenir. Risultato: code di macchine, perché in Gran Bretagna le zebre vengono rispettate, e in teoria se il flusso dei pedoni su di esse fosse continuo (come lo è quando ad Abbey Road transitano mandrie di beatlemaniaci) il traffico si bloccherebbe completamente.
Molti sono convinti che l'ultimo disco dei Beatles sia "Let it be". Ciò è vero e falso assieme. Vero, perché effettivamente "Let it be" fu pubblicato nel maggio 1970. Ma le sue canzoni erano state registrate già nel gennaio '69, prima di "Abbey Road". Che si può quindi fregiare del titolo di canto del cigno del complesso più famoso del secolo.
Stesso dilemma per la vera data di scioglimento del gruppo. Gli esegeti più rigorosi la fanno risalire al 10 aprile '70, quando Paul McCartney annunciò pubblicamente di non voler più incidere con i Beatles. Ma, come in tutte le coppie che scoppiano, il dissidio fra lui e John Lennon era esploso assai prima. Già nel 1968 si poteva parlare di "separati in casa", visto che grazie alle nuove tecniche di incisione ognuno dei membri del quartetto andava in studio a registrare la propria parte di canzone indipendentemente dagli altri.
Non è arbitrario, quindi, fissare al settembre '69 la data di scioglimento dei Beatles, facendola coincidere con l'ultima traccia della loro produzione artistica. Pochi giorni fa sono stati ben 300 mila i fans accorsi a Liverpool per commemorare il trentennale con la riedizione del cartone animato "Yellow Submarine". Ma cosa facevano i Fab Four in quell'epoca? Intanto, erano giovanissimi. George Harrison aveva 26 anni, McCartney 27, Lennon 28 e Ringo Starr 29. È incredibile pensare che musicisti paragonati a Bach e Mozart, o perlomeno a Duke Ellington e George Gershwin (per restare nel Novecento), abbiano deciso di sciogliere un sodalizio così proficuo a un'età così precoce. Se poi si calcola che fino a metà 1963 erano degli sconosciuti, si scopre che tutta la loro arte si è concentrata in appena sei anni di attività: un prodigio anche questo. Ma, soprattutto, va riconosciuta ai Beatles (e a loro soltanto) la capacità sublime di saper scomparire al momento giusto.
Il 1969, infatti, rappresenta un anno cardine nella storia del rock. Soltanto il 1967 può eguagliarlo come ricchezza musicale. In quel periodo di grandi cambiamenti, la musica e il costume evolvevano di mese in mese. Naturalmente erano i Beatles a dettare il passo. Ma, in qualche modo, nel '69 si era spezzato qualcosa. Era stato raggiunto un apice insuperabile, e tutti i musicisti più avveduti se ne rendevano conto. In California quell'estate con la strage di Charles Manson a Bel Air (vittima Sharon Tate, bellissima moglie di Roman Polanski) era finita l'era degli hippies peace&love.

I festival di Woodstock e dell'isola di Wight (a quest'ultimo tutti i Beatles tranne Paul parteciparono il 31 agosto '69, come spettatori dell'esibizione di Bob Dylan) rappresentavano anch'essi uno zenit, seguìto a poche settimane dal disastro di Altamont, dove a un concerto dei Rolling Stones fu ucciso uno spettatore. Perfino l'uso della droga fra i musicisti delineava una parabola fatale: innocua marijuana nel '66, lsd nel '67, cocaina nel '68, eroina nel '69. Come nella guerra del Vietnam, era un'escalation senza ritorno. Lo stesso Lennon diventò eroinomane assieme alla sua Yoko Ono nel '69, ma riuscì a disintossicarsi quasi subito e raccontò il tremendo tunnel della crisi d'astinenza nel 45 giri "Cold Turkey", che uscì in ottobre.
I Beatles fiutarono la fine del periodo d'oro dei favolosi anni Sessanta e chiusero bottega in bellezza, evitando l'agonia di tutti gli altri complessi, compreso l'attuale gerontorock degli Stones. Non hanno mai accettato le offerte favolose per riunirsi anche solo una volta, e ciò ha reso eterno il loro mito. "Meglio bruciare che arrugginire/ma il rock&roll non morirà mai", canterà Neil Young. I Beatles non sono né bruciati né arrugginiti: grazie ad "Abbey Road", si sono semplicemente congedati con un coloratissimo capolavoro. Nel quale, pochissimi lo sanno, c'è lo zampino della nostra Sardegna. In Costa Smeralda, infatti, era scappato Ringo Starr dopo una lite con McCartney che pretendeva di costringerlo a suonare la batteria in un certo modo. Lì, folgorato dalla bellezza dei fondali durante un'immersione, compose il suo unico capolavoro: "Octopus's Garden" ("Il giardino delle piovre"). Ringo raccontò a George quant'era bella Porto Cervo, e così anche Harrison ci passò tre settimane nel giugno '69 con la moglie Patty.
Al suo ritorno cominciarono le sedute di registrazione ad Abbey Road. Andarono avanti per due mesi, ma per gli inglesi è naturale lavorare d'estate. Tanto, a Londra piove anche in agosto. La prima canzone a essere registrata fu "Something" di Harrison. Il povero George era sempre stato snobbato dal duo Lennon-McCartney: era considerato il cucciolo del gruppo, e in ogni disco gli lasciavano spazio per un suo solo brano. Questa volta però Harrison si presentò negli studi Emi con due capolavori: "Something" e "Here comes the sun". ""Something" è la più grande canzone d'amore degli ultimi cinquant'anni", sentenziò nientemeno che Frank Sinatra, e in effetti è stata superata soltanto da "Yesterday", fra tutte le canzoni beatlesiane, come numero di versioni registrate da altri cantanti.
"Here comes the sun" ("Ecco che torna il sole") ha invece una genesi piccante. Harrison la compose, estasiato per il ritorno della primavera in un pomeriggio di pallido sole britannico, nel giardino della villa del suo grande amico Eric Clapton. Il quale però nel frattempo seduceva e gli rubava sua moglie Patty, alla quale l'anno dopo avrebbe dedicato il proprio capolavoro "Layla". George, obnubilato dalla filosofia indiana, commentò rassegnato: "Meglio che Patty stia con un ubriacone come Eric, piuttosto che con qualche eroinomane". E gliela lasciò volentieri, rimanendogli amico (i due suonarono assieme nel memorabile Concerto per il Bangladesh dell'agosto '71, padre di tutti i Live Aid della futura carità rock).

 

 

sugli scalini dell'ingresso degli Apple Studios

 

Situata nel distretto amministrativo di Camden e di Westminster, nel quartiere tra St John's Wood e Kilburn, Abbey Road inizia a costruire la propria fama grazie agli studi di registrazione della EMI situati presso il 3 di Abbey Road. Lo studio di registrazione di Abbey Road, situato in un palazzo ottocentesco dallo stile georgiano con i classici mattoni rossi, venne creato dall'allora casa di registrazione Gramophone Company nel 1931, che più tardi sarebbe divenuto parte della EMI. Negli anni settanta, vista la grande popolarità ricevuta, il nome degli studios venne esteso a comprendere EMI Abbey Road Studios.
I Beatles furono preceduti e seguiti da altri noti cantanti e musicisti inglesi, come Cliff Richard, o internazionali come i Pink Flyod, i Queen, i Police, gli U2, gli Oasis, i Radiohead. Diverse inoltre anche le colonne sonore qui prodotte, tra le tane Guerre Stellari e il Signore degli Anelli e il recentissimo episodio Le Cronache di Narnia: il Principe Caspian.
I Beatles vi registrarono il loro undicesimo album nel 1969, quello contenente le famose 'Something' , 'Come together', e "Here cames the sun", che decisero d'intitolare appunto Abbey Road, dal nome della strada e dello studio, la foto in alto è la copertina del disco (al gruppo era stato proposto il titolo di "Everest").

 La foto dell'album venne scattata verso le 11 del mattino dell'8 agosto del 1969, durante una breve pausa di 10 minuti, dal fotografo Iain Macmillan. Nasceva la copertina dell'album più famoso della storia della musica di tutto il mondo, quella che avrebbe dato nome a tanti altri prodotti commerciali.

 


La canzone più famosa di "Abbey Road" è "Come together" di John Lennon. Il ritornello sporcaccione ("Vieni assieme/proprio adesso/su di me") è un inno all'orgasmo simultaneo, ma i fans più politici andarono in visibilio per la frase "One thing I can tell you is you got to be free" ("L'unica cosa che posso dirti è che devi essere libero"). Purtroppo la musica è completamente copiata da "You can't catch me" di Chuck Berry, i cui avvocati citarono Lennon e lo obbligarono, per risarcirlo, a incidere tre sue canzoni - pagando i relativi diritti d'autore - nell'album "Rock'n'roll" del '75. Ma John in quel periodo era così preso dall'eroina e da Yoko (due droghe per lui egualmente letali) che non si peritò neppure di celare il plagio, e anzi lasciò proprio all'inizio della canzone una frase del testo di Berry ("Here comes old flat-top, he come"). Lennon come Mauro Pili, il forzista sardo "ispirato" da Roberto Formigoni?
Il particolare più inquietante di "Come together", però, risiede nel sussurro di John dopo i battiti di mani nelle prime quattro battute: "Shoot me" ("Sparami"), dice, consiglio preso alla lettera dal suo assassino pazzo Mark Chapman nel 1980.
"Abbey Road" nasconde dentro sé una miriade di gioielli semisconosciuti, canzoncine lunghe neanche un minuto cucite assieme in un "medley" confezionato sapientemente da McCartney e dal produttore George Martin. Sul modello di "A day in the life" del 1967, in cui 40 secondi composti da Paul erano incastonati in un brano di John, questa volta alla notevole "Because" di Lennon segue "You never give me your money" di McCartney (allusione acida contro il manager Allen Klein accusato di lucrare sui proventi miliardari del gruppo), e poi tre frammenti bizzarri di Lennon ("Sun king", "Mean Mr. Mustard", "Polythene Pam", che esibiscono raffinati coretti con sovrapposizioni di voci in quarta, quinta e undicesima tonalità), per poi sfociare nella "She came in through the bathrooom window" ("Entrò dalla finestra del bagno") di McCartney, che racconta un episodio realmente accaduto di una fan penetrata a casa sua, canzone resa celeberrima dalla versione di Joe Cocker.
Rauco come Cocker Paul volle diventarlo per esibirsi in "Oh! Darling", una parodia di canzone anni Cinquanta splendidamente riuscita. Poiché da tre anni non si esibiva più in pubblico (tranne il concerto sul tetto dell'edificio Apple nel gennaio '69), dovette arrivare in studio il mattino presto e urlare come un ossesso, finché la sua ugola non fu riallenata allo stile Little Richard. Un'altra chicca è la brevissima canzone "Her majesty", sottile presa in giro di qualche misteriosa principessa reale un po' stupidina. Dice il testo: "Sua maestà è una ragazza proprio carina/ ma non ha molto da dire/ Sua maestà è proprio carina, ma cambia da un giorno all'altro..." Nessuna reazione dalle parti di Buckingham Palace, ma i sudditi britannici trovarono il brano deliziosamente "naughty", impertinente.
Anche "Abbey Road", come tutti gli Lp dei Beatles, contiene delle vere e proprie schifezze. È il caso di "Maxwell's silver hammer", imputabile a Paul, e di "I want you", rumoroso obbrobrio di John dedicato alla nociva Yoko. Lennon e McCartney continuavano a firmare assieme i loro brani per forza d'inerzia, ma ciascuno detestava queste due canzoni: John si rifiutò perfino di incidere la sua chitarra su "Maxwell's..."
La fine di "Abbey Road", invece, è entusiasmante. Perfettamente consci di essere giunti al capolinea della loro carriera di complesso, i Beatles titolarono la loro ultima canzone "The end". E il loro verso conclusivo è scolpibile nel marmo o incartabile in un bacio Perugina, a seconda dei gusti: "And in the end/the love you take/ is equal to the love you make" ("Alla fine l'amore che prendi è uguale all'amore che dai"). Per i cantori del decennio della libertà, della gioventù, della pace e dell'amore, l'unico sorridente epitaffio possibile. Il sogno era finito. Addio anni Sessanta. Addio, Beatles.

Quanti di voi si sono fatti scattare una foto sulle famose strisce pedonali di Abbey Road? Se ancora non lo avete fatto, non aspettate! Questo luogo-simbolo del passato e del presente musicale inglese è oggi patrimonio culturale della nazione, preservato come i tanti musei e monumenti storici della capitale. Impossibile da perdere e non solo per i fan del pop e rock made in England.
Direzioni:
Abbey Road Studios - 3 Abbey Road
St. John's Wood London UK NW8 9AY
Tel: +44 (0)20 7266 7000fax: +44 (0)20 7266 7250
Metropolitana: St John's Wood
*Gli studios non sono aperti in generale al pubblico. Abbey Road la trovate tra le strade di Kilburn High Road-Maida Vale e la Finchley Road, raggiungibili rispettivamente con la linea Bakerloo Line (stazione metro: Kilburn Park o Maida Vale) e la linea Jubilee Line (stazione metro: St John's Wood).
 

 

Maggio 1970

 

LET IT BE

 

(UK) Apple PXS 1 (with book) - May 8, 1970 - (US) Apple AR 34001 - May 18, 1970 - (UK) Apple PCS 7096 (without book) - November 6, 1970 - Parlophone PCS 7096 (White Vinyl) - 1979 - (CD) Parlophone CDP 7 46447 2 - October 19, 1987

Two of us/ Dia a pony/ Across the universe/ I me mine/ Dig it/ Let it be/ Maggie mae/ I’ve got a feeling/ One after 909/ The long and winding road/ For you blue/ Get back

 

L'ultimo album dei Beatles è in realtà il penultimo: sì, perchè “Let it be”, pubblicato in Inghilterra nel maggio del 1970, è stato inciso quasi interamente oltre un anno prima, dunque precedente ad “Abbey Road”, uscito nel settembre del 1969. Alla base di questo disco che è comunque da considerarsi la testimonianza sonora della fine dei Beatles, c'era, in realtà, un progetto di più ampio respiro che prevedeva la realizzazione di un documentario per la televisione incentrato sul lavoro di una band in sala di incisione. Il progetto in questione avrebbe dovuto intitolarsi “Get Back” a significare l'idea di un ritorno al passato, alle origini musicali dei Beatles; il titolo mutò poi significativamente in “Let it be” quando durante la lavorazione del disco tutti capirono che nulla avrebbe più potuto arrestare il processo di disgregazione del quartetto e, con esso, di uno dei periodi più straordinari ed irripetibili della musica e di tutti i tempi. Alla fine fu realizzato un film (premio Oscar, guarda caso, per la miglior colonna sonora nel 1970 - tra le sequenze più famose quella dell'esibizione del vivo del brano “Get back” realizzata sul tetto dell'edificio che ospitava gli studi della Apple-) ed un disco che uscì solo quando ormai McCartney aveva già pubblicato il suo primo lavoro da solista, ad un mese soltanto dalla notizia ufficiale dello scioglimento della band, e pesantemente rimaneggiato dalla post-produzione del famigerato tecnico del suono Phil Spector senza che ormai nessun componente del gruppo avesse più il controllo artistico sul proprio lavoro. In copertina, sulla quale, in origine, avrebbe dovuto campeggiare la foto dei quattro affacciati dalle scale degli studi della Emi esattamente come per il loro primo album “Please, please me” (foto realmente realizzata e poi utilizzata per la compilation postuma “The Beatles 1967/1970”), i volti dei quattro ex ragazzi di Liverpool sono ritratti incorniciati da un funereo sfondo nero e guardano ciascuno in una direzione diversa. L'immagine rappresenta emblematicamente quello che è fondamentalmente questo album: il ritratto di una band in disfacimento, un disco frammentario, disomogeneo, sforzato, un progetto abortito dove il marchio di fabbrica dei Beatles è spesso quasi irriconoscibile, strappatogli di mano dalla soffocante post-produzione di Spector. Solo alcuni brani, restando fedeli allo spirito originario del progetto, mirano a ricreare l'atmosfera della sala d'incisione con voci, rumori, suoni sporchi, senso di immediatezza e spontaneità mentre altri appaiono più forzatamente inseriti in un contesto dal quale restano sostanzialemente estranei (anche se qualcosa delle iniziali buone intenzioni deve tuttora trasparire, oltre 30 anni dopo, se Delfinabizantina ascoltando il disco per la prima volta si è chiesta se questo fosse uno dei primi album dei Beatles).

Ma ecco come suonò l'album sui piatti dei giradischi nella primavera del 1970...

Apre il disco “Two of us”, un bel motivo, forse un po' esile ma ben caratterizzato dal suono delle chitarre acustiche, che parla di una coppia (John e Paul? Paul e la moglie Linda?) in un'atmosfera tra il nostalgico e lo scanzonato, in bilico tra il racconto di una amicizia e di una storia d'amore. “Dig a pony”, il primo brano che i Beatles incisero per il poi naufragato progetto “Get back”, è un piacevole brano rock dal testo pieno di nonsense linguistici così tipici dello stile di Lennon così come la successiva “Across the universe” è un altrettanto tipico “viaggio” musicale di John, scritto sotto la benefica l'influenza orientaleggiante del Maharishi Yogi, in una atmosfera sognante e con un testo tra i più belli dell'intera produzione dei Beatles, una sorta di dichiarazione d'amore universale. Questo, però, è anche uno dei brani che ha risentito in maniera più pesante degli arrangiamenti aggiunti dopo l'incisione, con la musica originaria che rimane quasi completamente soffocata dagli archi e dal coro. “I me mine”, scritta e interpretata da Harrison, è quasi un valtzer con un brutto ritornello ed è anche, in assoluto, l'ultimo brano in ordine di tempo registrato in studio dai Beatles e, forse non a caso, è sostanzialmente una riflessione sulla prevalenza dell'ego. “Dig it”, 50 secondi senza senso per collegare una canzone con la successiva nel vano tentativo di restituire all'ascoltatore l'atmosfera di una seduta di registrazione, porta addirittura le firme dell'intera band caso, mi pare, unico nell'intera discografia dei Beatles; il suo grande merito è quello di abbandonare rapidamente i solchi del vinile e di introdurre indegnamente quello che è uno dei più famosi attacchi dell'intera storia della musica: sono gli accordi iniziali di pianoforte di “Let it be”, brano che per quanto spesso sopravvalutato, incensato, reinterpretato rimane comunque una delle cose migliori incise dei Beatles ed una delle migliori prove del McCartenty autore, con quel suo andamento quasi gospel, da inno religioso, con il suo testo che parla di dolore, di abbandono, di separazione, di rassegnazione ma anche di speranza, di risposte, di opportunità: coinvolgente senza sdolcinature, emozionante senza forzature. Il perfido sarcasmo di John Lennon ha voluto che al misticismo di “Let it be” (introdota dalla sua voce in falsetto che dice irriverente “Ascolta, arrivano gli angeli”) dovesse far seguito la storia molto più profana di “Maggie mae”, 40 secondi di un canto da osteria tradizionale della marineria brittanica, già nel repertorio dei Quarryman, la band progenitrice dei Beatles (in realtà se stessimo ascoltando il disco in vinile, dopo “Let it be” avremmo dovuto girarlo sul lato B ma la moderna versione in Cd crea questo inconsueto accostamento). “I've got a feeling”, nata come spesso è accaduto dalla fusione di due abbozzi di canzone, è l'eccezione che conferma la regola per quanto riguarda il lavoro effettuato sull'album da Spector: in questo caso il suo missaggio sui due tronconi mi sembra ottimo e conferisce al brano una buona unitarietà stilistica. “One after 909” è un pezzo scritto dalla premiata ditta Lennon-McCartney negli anni dell'adolescenza, provato anni prima in sala di incisione ma mai realizzato appartenente anch'esso al repertorio dei Beatles delle origini. “The long and winding road” è la canzone che con “Across the universe” risente maggiormente della mano pesante di Spector che affidò ad oltre cinquanta musicisti una partitura che si sovrappone, distruggendola, alla linea melodica originale. Narra la leggenda che McCartney non abbia mai voluto ascoltare la versione pubblicata su “Let it be” di questa sua canzone soffocata dai violini, c'è chi sostiene che lo abbia fatto una sola volta prima di portare il nastro davanti all'Alta Corte di giustizia come prova per sollecitarne il pronunciamento sulla sua richiesta di scioglimento del sodalizio, certo è che la versione pubblicata sull'album è pesantemente compromessa da un arrangiamento caramelloso ed invadente. “La lunga strada tortuosa” dell'album prosegue con “For you blue”, un brano ibrido country/blues senza grandi pretese, scritto e cantato da Harrison prima del gran finale di “Get back “; il brano è quello che meglio esemplifica ciò che il disco avrebbe dovuto essere: atmosfera live, niente sovrastrutture, solo vecchio, sano e anche un po' sconclusionato (come è il testo di questa canzone) Rock'n Roll. Si arriva così alla fine di un disco che doveva segnare un ritorno alle origini, alla semplicità, alla immediatezza ed alla freschezza degli inizi del gruppo e che ne testimonia, invece, la fine; non ci resta che aspettare il 17 novembre quanto uscirà in tutto il mondo “Let it be...naked” ossia il disco così come lo avevano pensato e realizzato i Beatles in sala d'incisione nel 1969, senza rimaneggiamenti e sovrapposizioni, nudo appunto...ma questa è un'altra opinione.

 

2001

 

ONE

 

Perché la compilation 1 dei Beatles sta diventando uno degli album più venduti della storia? Un giornalista e beatlesiano doc risponde per noi a questi e ad altri quesiti legati alla beatlemania.
Sei copie di 1 vendute ogni secondo in tutto il mondo. Questo il record con cui si sono crogiolati i vertici della Apple nei giorni a ridosso dello scorso Natale. Ancora: 3 milioni e 600mila copie vendute nei primi sette giorni di pubblicazione, 12 milioni nelle prime tre settimane. Numero uno in classifica in 35 Paesi, in 19 dei quali la vetta è stata raggiunta nella prima settimana di pubblicazione. I dati, aggiornati alla prima quindicina di febbraio, parlano di 23 milioni di copie vendute in tutto il mondo, di cui oltre 900mila in Italia. Un bel record per un disco che non include nessun brano inedito o raro, ma solo ventisette canzoni facilmente rintracciabili negli album dei Beatles regolarmente in commercio. Il travolgente successo ha stupito gli stessi protagonisti: "Pensavo che sarebbe andata bene", ha commentato un sorpreso George Harrison, "ma non così bene. E’ come una nuova beatlemania." Se la beatlemania è stata una follia collettiva che ha travolto il mondo a metà degli anni 60, 1 l’ha riportata in vita. L’Hmv a Londra e Liverpool hanno aperto alla mezzanotte del 12 novembre per vendere le prime copie ai fan da alcune ore in fila. Tra questi anche Elvis Costello, che è stato tra i primi dieci acquirenti di 1 nella città natale dei Fab 4. Perché attendere ore al freddo per comprare un disco che include alcuni dei brani più noti dei Beatles? Sfugge una spiegazione logica. Ecco allora riecheggiare la beatlemania, basata su una risposta irrazionale alla musica di quattro affascinanti inglesi. Eppure quel gruppo si è sciolto nel 1970, più di trent’anni fa. Questa è la realtà. Per la percezione della realtà invece è come se i Beatles non si fossero mai detti addio. Ogni notizia che li riguarda viene accolta dalla critica e dai fan come un evento. L’amore, la passione e l’interesse per John, Paul, George e Ringo devono ancora tramontare.1 sembra però arrivato solo per tramutare queste esigenze del pubblico in entrate fresche per la casa discografica. La reazione dei fan fedelissimi è stata fredda: tutti si sono sentiti ‘obbligati’ a comprare il cd (e magari anche la versione in vinile), ma in pochi hanno approvato l’operazione. "Mi lascia del tutto indifferente", sentenzia Antonio Taormina autore, con Donatella Franzoni, della traduzione con commento di tutti i testi dei Beatles. "Mi sembra un ennesimo sfruttamento del mercato Beatles, ed è prettamente un’operazione di marketing." Rincara la dose Franco Zanetti, giornalista e autore di una biografia su Paul McCartney: "Si è trattato solo di un’iniziativa commerciale, priva di ogni significato artistico". I numeri uno in classifica dei Beatles in un unico cd pareva però un buono spunto per realizzare un raccolta. Un’attenta analisi dimostra al contrario quanto siano deboli le fondamenta di 1. La prima critica riguarda la scelta di selezionare i brani in base alle classifiche inglesi e americane. Artisticamente fino al 1967 fanno testo solo i 45 giri inglesi. Prima di quella data i Beatles riuscivano a controllare solamente i dischi che pubblicavano in patria, mentre negli altri Paesi (Stati Uniti inclusi) le scelte erano in mano alle locali case discografiche. La Capitol statunitense rimescolava gli album a proprio piacere (Beatles VI del 1965 è l’unione di estratti di Beatles For Sale e Help!) e programmava i 45 giri. Il caso più clamoroso riguarda Yesterday, che Paul McCartney non volle espressamente pubblicare come singolo perché, come ricorda in Anthology, "in fondo eravamo un complesso rock’n’roll", ma che arrivò puntuale nei negozi statunitensi. Non a caso in ogni biografia del gruppo, la discografia di riferimento è quella inglese, mentre quella americana viene confinata nel folkore anni 60. I numeri uno raccolti in un unico cd paiono quindi una motivazione nobile per dare alle stampe un greatest hits dei Beatles. Franco Zanetti non ha dubbi: "Hanno trovato una giustificazione per una nuova collezione e l’hanno fatta volutamente come cd singolo. Se pubblicavano un doppio non si sarebbero registrate le vendite strabilianti a cui stiamo assistendo". La "giustificazione" cade immediatamente: manca Please Please Me, il primo numero uno. Un’assenza ingiustificabile, come appare forzata la presenza di Love Me Do, arrivata al numero uno in America nel 1964, due anni dopo la sua pubblicazione, e per una sola settimana sull’onda della beatlemania. Altre critiche sono piovute per l’inclusione di Penny Lane e la mancanza di Strawberry Fields Forever: i brani sono stati entrambi lato A di uno dei 45 giri più famosi della storia del rock. In questo caso gli uomini della Emi non hanno sbagliato: il doppio lato A non è mai arrivato in testa alle classifiche in Inghilterra, mentre lo ha fatto in Usa, dove però è stato pubblicato con Penny Lane come lato principale. Un tale rigore non fa che rendere ancora più stridente l’assenza di Please Please Me. Inoltre, è criticabile il metodo con cui sono state selezionate le canzoni. "Trovo perversa", spiega Taormina, "la scelta di includere i pezzi che sono stati primi in classifica. Questo criterio ha portato all’esclusione del Lennon maggiore, quello di Strawberry Fields Forever, I Am The Walrus, In My Life, Across The Universe. E, per lo stesso motivo, non c’è alcun brano da Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band e dal White Album, le due opere maggiori del gruppo". Sulla stessa onda Zanetti: "La scelta di mettere solo i lati A autorizza a pensare che da un certo punto in avanti una buona parte dei Beatles siano McCartney, perché nei tardi anni 60 era diventato il titolare dei lati A. Un’operazione del genere è molto squilibrata. Non vorrei che qualcuno lo compri e pensi di avere i loro brani fondamentali: non è così". Sentenze senza appello. Eppure il disco è vendutissimo. Regalo ideale per il Natale 2000? Troppo limitativo. Allora, come spiegare un tale successo? "Se la gente va a comperare 1, pur sapendo che sono pezzi che hanno trent’anni e che in molti hanno già, vuol dire che la forza e l’importanza dei Beatles sono ancora notevoli" afferma Rolando Giambelli, presidente dei Beatlesiani d’Italia Associati, il fan club italiano. Allora si apre uno scenario che trascende il marketing: 1 ha venduto così tanto perché le canzoni dei Beatles sono eccezionali, perché la loro immagine di giovani che hanno regalato tante emozioni positive al mondo è ancora intatta. Risposta stupida e semplicistica? Non crediamo: a volte le cose sono più lineari di quanto sembrino. I Beatles sono ancora in testa alle classifiche perché hanno scritto alcune delle più belle canzoni della storia del rock. Poi, poco importa se uno di loro è stato barbaramente assassinato, e se gli altri tre hanno ormai il viso solcato dalle rughe. Per la percezione della realtà, John, Paul, George e Ringo sono ancora chiusi ad Abbey Road ad incidere ottime canzoni. Per sostenere 1 la Emi ha comunque dato vita a un’imponente operazione di marketing.

Secondo la stampa inglese sono stati investiti oltre dieci milioni di sterline. Dalla Emi italiana non trapelano dati, ma fanno sapere di non aver allestito nulla di particolare. La solita routine promozionale (anche se un mega schermo installato nella centralissima piazza San Babila di Milano trasmette senza sosta i videoclip di 1). Poi tutto è successo da sé: le radio hanno iniziato a mandare in onda brani di 1, la contemporanea uscita dall’autobiografia Anthology e la prima posizione raggiunta dall’album in molte classifiche hanno portato i giornali a occuparsi del fenomeno beatlemania 2000. I mass media sono però incappati in una brutta figura, come spiega Zanetti: "Il fatto che la stampa italiana non abbia verificato se si trattava veramente dei numeri uno è triste: si sono bevuti il comunicato stampa. I giornali hanno diffuso questa falsa notizia, trasformandola in verità". Rimane un dato incontestabile: si tratta di un ottimo disco. Certo, siamo al cospetto di una collezione incompleta che non riesce a tratteggiare nemmeno superficialmente l’arte dei Beatles. Però non poteva che essere un album eccezionale. Questo per un semplicissimo motivo. Provate a pescare 27 canzoni a caso dai dischi dei Beatles e incidetele su un unico cd: la probabilità che ne esca una raccolta straordinaria è altissima!

La collezione definitiva dei Fab 4 risale comunque al 1973, anno di uscita dei doppi The Beatles 1962/66 e The Beatles 1967/70. Pubblicati in tutta fretta per contrastare le straordinarie vendite di una raccolta illegale (il quadruplo lp The Beatles Alpha Omega) sono i greatest hits più articolati e completi dei Beatles, e gli unici consigliabili per chi vuole avvicinarsi all’arte dei Fab 4 senza avventurarsi in tutti i loro album. Notevoli anche le due copertine, che ritraggono i Beatles nello stesso luogo (le scale della Emi House di Londra) a distanza di sei anni. La prima foto è stata scattata per l’album d’esordio (Please Please Me), mentre la seconda è stata realizzata per precisa volontà di John Lennon, che voleva utilizzarla per l’ultimo disco del gruppo. La discografia dei Beatles include altre raccolte, tutte di qualità mediocre, sia per i brani selezionati sia per le copertine, aspetto al quale McCartney e compagni dedicavano le stesse cure che riservavano alle canzoni. Rock’n’Roll (1976) e Love Songs (1977) hanno il difetto d’origine di voler mettere in evidenza un solo aspetto della musica dei Quattro (come si evince dai titoli). Altrettanto sconclusionata Reel Music (1982), che raccoglie i brani apparsi nei cinque film del gruppo. Un motivo debole per realizzare un’antologia, ma tant’è. Infine 20 Greatest Hits (1982), antenato di 1, raccoglie i singoli arrivati in testa alla classifica stilata dal British Market Research Bureau (che veniva ripresa dalla Bbc). Come il suo nipote del 2000, anche 20 Greatest Hits non include Please Please Me, numero uno nelle charts di New Musical Express e Melody Maker, ma non in quella del British Market Research Bureau. In compenso troviamo Love Me Do, inclusa solo per celebrare il ventennale dell’incisione. Tutte queste antologie sono ormai più rare dei bootleg: un segno dello scarso interesse che hanno raccolto presso il pubblico. C’è da chiedersi se 1, dopo tutto lo scompiglio che ha creato, avrà identica sorte: il dimenticatoio. Intanto è accomunato ai suoi predecessori dalla scadente copertina, "indegna della loro tradizione" come sottolinea Antonio Taormina. Un pregio di 1 potrebbe essere quello di conquistare nuovi fan: "Può essere utile", afferma fiducioso Giambelli, "per raccogliere nuovi proseliti beatlesiani: se un adolescente scopre la musica dei Beatles nel bailamme delle mediocri proposte attuali, non la abbandonerà mai". Altro pregio va ricercato nel booklet interno, che riproduce molte immagini dei vari 45 giri pubblicati in ogni angolo della terra. Al proposito Giambelli svela, con orgoglio, che alcune copertine italiane potrebbero essere state tratte dal suo poster che riproduce tutte i singoli pubblicati in Italia (vedi immagine in alto a sinistra). "Ho consegnato alla Apple, che me le aveva espressamente richieste, tutte le foto che ho scattato per il mio manifesto. Quindi è verosimile che qualcuna sia stata utilizzata per il libretto di 1." Il successo raccolto da ogni pubblicazione beatlesiana negli anni 90 (le ristampe in cd delle raccolte The Beatles 1962/66 e 1967/70, Live At The Bbc, i tre volumi di Anthology, Yellow Submarine) lascia ipotizzare che gli archivi di Abbey Road avranno altro da svelare nei prossimi anni. Indiscrezioni indicano la prima versione di Let It Be (assemblata da Glyn Johns) come prossima candidata a invadere i negozi di dischi, magari affiancata dall’omonimo film, tuttora inedito come home video. "Pubblicare la prima versione di Let It Be sarebbe come ripubblicare Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni", sostiene Zanetti. "Avrebbe senso per collezionisti e studiosi dei Beatles, non per il grande pubblico. La Emi farebbe un’azione meritoria se decidesse di rendere disponibile tutto il materiale registrato dai Beatles. Potrebbero comprare un enorme spazio Web e mettere tutto lì. Chi è interessato se li va a sentire." Più drastico il parere di Antonio Taormina: "Non ho nessun entusiasmo per queste operazioni. Vorrei un Wwf per i Beatles, che stabilisse: d’ora in poi non si rimescolano le stesse cose all’infinito. Si rischia la saturazione mentale". Intanto, i collezionisti fanno sapere che 1 contiene anche un ‘inedito’ su cd: la versione stereo di Can’t Buy Me Love, altrimenti reperibile solo su 45 giri o sugli album in vinile. Vale il prezzo del cd? Fate voi.

2006

 

LOVE

 

Beatles, arrivano un nuovo cd e un dvd
Starr: "Registrazioni che avevo dimenticato"
George Martin ha rilavorato l'intero materiale del gruppo usando i master originali
Paul McCartney: "Improvvisamente ci sono nuovamente John e George con me e Ringo"

ROMA - Tornano i Beatles, ovviamente in modo virtuale. Arrivano nei negozi il 20 novembre un cd e un dvd dei Fab Four dal titolo Love, (ma è preferita la grafia 'LOVE') e le sorprese potrebbero essere molte. "Questo album riunisce di nuovo insieme i Beatles, perché improvvisamente ci sono nuovamente John e George con me e Ringo", dice Paul McCartney commentando l'operazione. Il cd contiene 78 minuti di musica, mentre il dvd contiene una versione più estesa con ben 81 minuti di musica.

Sir George Martin, il leggendario produttore del gruppo, e suo figlio Giles, hanno rilavorato tutto il materiale dei Beatles: il risultato - dicono - è un approccio senza precedenti alla musica, usando i master originali conservati agli Abbey Road Studios della Emi. L'iniziativa è partita dopo la richiesta da parte di Ringo e Paul, insieme con Yoko Ono, la vedova di John Lennon, e Olivia Trinidad Arias, la vedova di George Harrison, di sperimentare nuovi mix a partire dalle registrazioni originali per una collaborazione con il 'Cirque du soleil'.

L'album Love è di fatto la colonna sonora dello spettacolo che con lo stesso titolo il 'Cirque du soleil' continua a replicare al Mirage di Las Vegas. E l'uscita è molto attesa. "E' qualcosa di magico. Ho addirittura sentito registrazioni che mi ero dimenticato avessimo inciso", ha affermato Ringo Starr. "Quest'album esprime amore ed è questo il motivo per cui il titolo è Love", ha aggiunto Yoko Ono. "La musica è sorprendente. Penso che la cosa meravigliosa sia che la puoi scomporre e tutti gli elementi portano con sè tutta l'essenza dell'intera canzone", ha detto Olivia Harrison.

"La musica era per il solo spettacolo di Las Vegas - ha detto Sir George Martin - ma in realtà abbiamo creato un album dei Beatles. I Beatles erano sempre alla ricerca di altri modi per esprimere se stessi".

E presto la musica dei quattro di Liverpool, potrebbe essere immortalata in un film. In occasione della sua partecipazione al Festival del cinema di Roma, durante il quale ha presentato il suo nuovo film The namesake, la regista indiana Mira Nair ha parlato a Repubblica del suo prossimo progetto dedicato ai Beatles. "Ci sto lavorando. I Beatles hanno vissuto in India nel '68. Mentre il mondo esplodeva in fermenti hanno vissuto in un ashram (una comunità spirituale analoga ai nostri monasteri ndr) per otto settimane e in quel periodo hanno scritto ben quarantotto canzoni - ha spiegato la regista bollywoodiana - Voglio intervistare persone che hanno diviso quell'esperienza, da Ravi Shankar a Mia Farrow, sarà una ricerca sul tema dell'ispirazione".

L'album Love comprende 26 brani
1. Because 2. Get back 3. Glass onion 4. Eleanor rigby Julia (Transition) 5. I am the walrus 6. I want to hold your hand 7. Drive my car/The word/What you're doing 8. Gnik nus 9. Something - Blue jay way (Transition) 10. Being for the benefit of Mr. Kite!/I want you (She's so heavy)/Helter skelter 11. Help! 12. Blackbird/Yesterday 13. Strawberry fields forever 14. Within you without you/Tomorrow never knows 15. Lucy in the sky with diamonds 16. Octopus's garden 17. Lady Madonna 18. Here comes the sun The inner light (Transition) 19. Come together/Dear Prudence Cry baby cry (Transition) 20. Revolution 21. Back in the U.s.s.r. 22. While my guitar gently weeps 23. A day in the life 24. Hey Jude 25. Sgt. Pepper's lonely hearts club band (Reprise) 26. All you need is love