Il luogo dove cominciò tutto. Già dal 1190 il luogo dove sorge l'odierna Liverpool era noto col nome di Liuerpul, che in inglese significa stagno o insenatura con acqua fangosa. Ci sono però molte ipotesi sull'origine del nome della città, per esempio elverpool, in riferimento alla grande quantità di anguille (elver in inglese indica la giovane anguilla) presenti nelle acque della Mersey. Durante
la II Guerra Mondiale, ci furono circa ottanta raid aerei sul Merseyside,
con una serie di incursioni particolarmente concentrate che nel maggio
del 1941 fecero interrompere il funzionamento del bacino per quasi una
settimana. Anche se le vittime dei bombardamenti furono "solo"
2.500, quasi la metà delle abitazioni dell'intera area metropolitana
furono colpite, e ben 11.000 edifici furono completamente distrutti. Il
9 ottobre 1940, proprio durante uno di questi raid, nacque a Liverpool
John Lennon.
La rinascita, almeno culturale, comincia negli anni sessanta che fanno
di Liverpool una delle città di riferimento per milioni di giovani,
attratti soprattutto dal Merseybeat, lo stile musicale pop nato in
questa città e i cui più famosi interpreti furono i Beatles, proprio in
un locale di Liverpool: il Cavern Club.
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Il 25 maggio 1960 il Cavern aprì, comunque, i battenti ai gruppi "Beat". Il primo ad esibirsi fu proprio quello di Rory Storm & The Hurricanes, con Ringo Starr alla batteria, che molto più avanti nell'agosto 1962 sostituirà Pete Best nel gruppo dei Beatles. Sembrerà buffo, ma in quel periodo i Beatles non erano considerati dei professionisti, quindi non venivano ingaggiati volentieri per suonare al Cavern, se non fino al loro trionfale ritorno dalle performances di Amburgo. Dalla loro prima apparizione alla loro ultima esibizione al Cavern che avvenne il 3 agosto 1963 i Beatles vi suonarono per quasi trecento volte. Durante queste performaces i Beatles stabilirono il loro primato su tutte le altre Rock-Band della città. Memorabili sono le lunghe code dei fans che si formavano all'esterno del Cavern. Fu qui che i Beatles il 9 novembre 1961 durante un loro concerto conobbero Brian Epstein. "Eppy", così lo chiameranno i Beatles, sarà il loro futuro manager che assicurerà loro un contratto discografico con la EMI. Egli avrà il grande merito di lanciare la band in vetta al successo grazia anche al mitico produttore George Martin. Fra il 1961 e il 1962 altri ottimi gruppi si esibiranno al Cavern: Gerry and the Pacemakers, the Swinging Blue Genes, Rory Storm and the Hurricanes, the Big Three, King Size Taylor, the Searchers e the Chants. Intanto Bob Wooler, che nel 1962 aveva rilevato la gestione del Cavern da Ray McFall, si convinse a farvi suonare artisti importanti; e così il grande Gene Vincent con i Beatles citati sullo stesso cartellone vi debuttò il 1° luglio 1962 e dopo di lui…il Mondo! Il
Cavern aveva pochissimi e spartani comfort, le basse arcate in mattoni
che sovrastavano le tre navate illuminate da fioche lampadine erano
cariche del sudore della folla urlante e l'aria era irrespirabile; ma il
tutto, mescolato al battere della musica a tutto volume, produceva una
magica miscela esplosiva! Tutto stava andando per il meglio fino a
quando a causa di scelte ed investimenti sbagliati, ma anche per un
declino che sembrava inarrestabile di tutta Liverpool, oltre che la
"fuga" dei Beatles e delle migliori bands di quell'area verso
Londra…e il mondo, che Bob Wooler fu costretto a chiudere il 27
febbraio 1966 per alcuni mesi. Poi avvenne il miracolo: il 23 luglio di
quell'anno, il Primo Ministro Harold Wilson in persona, che era grande
fan dei Beatles, si recò a Liverpool alla riapertura trionfale del
Cavern. I Beatles divenuti ormai "The Fab Four" gli inviarono
un telegramma di ringraziamento. Ma un'altra batosta doveva ancora
arrivare…! Il "mitico Cavern" chiuse definitivamente nel
1973. Il fatto è che il cantiere per la metropolitana che doveva
passare vicino al locale aveva bisogno dei condotti per l'aria che
uscivano proprio da li; ma della metropolitana non se ne fece più nulla
e tutto restò fermo per anni. Poi, come se non bastasse, per rinforzare
le fondamenta di alcuni edifici circostanti; o forse per costruire un
parcheggio, venne demolita anche una parte del Cavern originale. Solo
all'inizio degli anni '80 si pensò di recuperare il mitico locale che
fu riaperto il 26 aprile 1984. Fortunatamente erano stati salvati,
conservati e poi trattati più di 15.000 mattoni dell'antica struttura e
delle belle arcate che erano rimaste quasi intatte. Il Cavern Club è
oggi ricostruito "tale e quale" sullo stesso identico spazio,
solo due rampe più in basso, e allo stesso indirizzo di allora e, come
allora, continua a fare sognare anche le nuove generazioni. Qualcuno
scetticamente per molto tempo ha detto del Cavern che "non era più
come prima" e forse avevano ragione; ma l'indimenticabile
performance di Paul McCartney e della sua fantastica band con David
Gilmore & Friends che lo accompagnò il 14 dicembre 1999 nel suo
ultimo concerto del XX secolo, ha restituito al Cavern Club la "riconsacrazione"
ed il giusto riconoscimento di Paul e del Mondo di "Club più
famoso sulla Terra". Ora, grazie alla rinascita di Liverpool, ogni
giorno più bella, che si prepara a festeggiare quest'anno gli 800 anni
di fondazione, ad essere Capitale della Cultura nel 2008, ma soprattutto
per la prossima International Beatle Week, promossa ad agosto dal Cavern
City Tours e da Bill Heckle e Dave Jones gli appassionati attuali
proprietari del Cavern, giungeranno a Liverpool tanti turisti, gruppi e
fans dei Beatles da tutto il mondo che incessantemente si daranno
convegno stipati come sardine, oggi come allora, in quella cantina
caldissima, umida e fumosa, ma tanto bella!
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La leggenda dei Beatles inizia quattro anni e mezzo prima di quella sfortunata audizione londinese. Per la precisione sabato 6 luglio 1957 (anche se alcuni dicono che fosse due settimane prima, il 22 giugno), nella chiesa di san Pietro a Liverpool. Il gruppo del diciassettenne John Lennon, i Quarry Men, stava esibendosi in occasione della festa annuale della parrocchia, quando un comune amico, tale Ivan Vaughan (già compagno di classe di John Lennon alla scuola elementare Dowendale) presentò a John il quindicenne Paul McCartney (di cui Ivan Vaughan era, all’epoca, compagno di scuola al Liverpool Institute). Paul si presentò suonando Long Tall Sally di Little Richard e Twenty Flight Rock di Eddie Cochran e, qualche settimana dopo, John invitò Paul a far parte del complesso. L’anno dopo Paul portò il suo amico George Harrison, chitarrista, e, nel 1960, un compagno dell’Istituto d’Arte di John, Stuart “Stu” Sutcliffe, divenne il bassista dei Quarry Men. Più tardi, quell’anno, in onore dei Buddy Holly’s Cricket, il complesso prese il nome di Beatles. Poco dopo Pete Best si unì al complesso come batterista. Subito dopo il reclutamento di Pete Best la band partì per Amburgo, in Germania, dove suonarono per un po’ di tempo in vari locali notturni (prima l'Indra poi il Kaiserkeller), reggendosi con le anfetamine per vincere il sonno e darsi energia, e suonando cover di brani americani di rock-n-roll. Rimasero quasi quattro mesi ad Amburgo, alloggiando in uno squallido cinema, il Bambi Kino, di proprietà del tedesco Bruno Koschmider. Quando il gruppo riuscì a ottenere un contratto in un locale migliore, il Top Ten, nel quartiere a luci rosse di St. Pauli, Koschmider denunciò Harrison alla polizia perché minorenne e ne ottenne il rimpatrio in Gran Bretagna. Paul McCartney e Pete Best andarono a riprendersi la loro roba ma mancava la luce, così appesero quattro profilattici al muro e diedero loro fuoco per illuminare la stanza, che non aveva finestre.
Koschmider prese a pretesto le macchie di nerofumo lasciate sulla parete per sostenere che i due volevano incendiare il cinema, così la polizia tedesca procedette al rimpatrio forzato anche di Paul e Pete. John li seguì a Liverpool, ma Stu, innamoratosi nel frattempo di Astrid Kirchherr, una fotografa tedesca, lasciò il complesso e rimase in Germania (Stuart morì di emorragia cerebrale nel 1962. Alla sua storia, al rapporto con i Beatles e alla relazione con Astrid è ispirato un film inglese del 1993, Backbeat, di cui chi vi scrive ebbe modo di leggere la recensione in lingua originale, ma che fu poco pubblicizzato in Italia; il film fu diretto da Iain Softley e interpretato da Stephen Dorff - nella parte di Stu - e da Sheryl Lee - già Laura Palmer in Twin Peaks - nella parte di Astrid. Tornati in Gran Bretagna, i proprietari dei club furono stupiti dai progressi del gruppo e dall’entusiasmo che suscitavano nei fan. La stampa iniziò a parlare di Liverpool come centro della musica beat. In effetti in quel periodo c’erano in riva alla Mersey molte band, e tutte di buon livello (si esibiva in quel periodo anche una band chiamata Gerry and The Pacemakers, guidata da Gerry Marsden, che divenne famosa per una canzone cantata come inno dai tifosi del Liverpool, che, come i Beatles, si avviava a conquistare il mondo di lì a qualche anno: You’ll Never Walk Alone viene cantata ancora adesso dai supporter dei Reds nel catino di Anfield), e i Beatles amichevolmente rivaleggiavano con molte di esse. I Beatles tornarono tre mesi ad Amburgo nella primavera del 1961 per affinare la loro tecnica. In giugno furono il gruppo di accompagnamento del cantante Tony Sheridan in sei canzoni, incluso il 45 giri My Bonnie, che conobbe un piccolo successo in Germania. In quel periodo, John Lennon e Paul McCartney scrivevano regolarmente i loro brani (avevano già firmato I’ll Follow The Sun e One After 909) e sognavano di entrare con essi nelle classifiche di vendita. Nel novembre successivo, tale Brian Epstein, un giovane ed eclettico, ancorché pasticcione, personaggio di famiglia ebraica benestante, messo dai suoi a dirigere un negozio di dischi, durante un’esibizione dei Beatles al Cavern Club intravide in loro un grosso potenziale. Si offrì quindi, forte delle sue capacità manageriali (invero non eccelse, visto che i Beatles nei primi anni di carriera costituirono più un affare per la EMI che per loro stessi), di gestire le attività del gruppo e, una volta ottenutane la gestione, si adoperò con i dirigenti londinesi della Decca per far avere loro un’audizione di lì a un paio di mesi. Come andò a finire l’abbiamo visto, ciononostante Epstein non si perse d’animo, convinto di avere per le mani materiale di prima qualità. Si adoperò per migliorare l’immagine del gruppo e, mentre i quattro continuavano a tenere concerti presso i vari locali di Liverpool, lui inviava cassette registrate dei loro brani a tutte le case discografiche di Londra. Una di queste giunse in mano a George Martin, a quei tempi responsabile per le audizioni alla Parlophone, un’etichetta sussidiaria del gigante EMI. Ci volle molto a Epstein per convincere Martin a prendere in esame le cassette, e alla fine, Martin - più per spossatezza che per altro - convocò Epstein e offrì un contratto al gruppo, benchè non fosse molto convinto della qualità dei brani originali di Lennon e McCartney e dell’abilità di Best come batterista. Harrison, Lennon e McCartney accettarono il contratto e non parlarono di ciò a Best, che fu scartato un mese dopo da Epstein e sostituito da un altro batterista di Liverpool, Richard Starkey Jr., conosciuto ad Amburgo durante un giro di concerti del suo gruppo, Rory Storm and The Hurricanes. Il ventiduenne ragazzo già era conosciuto con il nome d’arte di Ringo Starr. L’11 settembre 1962 i Beatles tennero la prima seduta ufficiale di registrazione agli studi londinesi della EMI. Martin disse a Ringo che il suo apporto non era richiesto, in quanto era disponibile il session-man ufficiale Andy White. Ringo Starr dovette rassegnarsi a suonare le maracas e il tamburello in Love Me Do e in P.S. I Love You, le due facce del loro primo 45 giri. La leggenda narra che Epstein avrebbe acquistato diecimila copie del disco per farlo entrare almeno nei Top 20, ma Epstein smentì sempre il fatto. Sta di fatto che il disco si piazzò al 17° posto nelle classifiche di vendita britanniche. Il loro secondo 45 giri, Please Please Me, balzò in testa alle classifiche il 1° febbraio 1963, e i Beatles erano in procinto di diventare superstar. Il 33 giri d’esordio che uscì in marzo, anch’esso intitolato Please Please Me, rimase in testa alle classifiche per trenta settimane finchè non venne scalzato dal loro album seguente, With The Beatles. Verso la fine dell’anno i Beatles suonarono una serie di marce reali di fronte alla regina madre e alla principessa Margaret; nell’occasione John Lennon disse la famosa frase: «I signori seduti nei posti economici applaudano. Gli altri cortesemente scuotano i loro gioielli…».
Nonostante la loro luminosa ascesa in Gran Bretagna - dove la stampa aveva appena coniato il neologismo “Beatlemania” per descrivere l’entusiasmo intorno al complesso - alla fine dell’anno i Beatles ancora non avevano sfondato in America. Né i loro singoli, né l loro album Please Please Me (una versione ridotta dell’omonimo album uscito in Europa) avevano raggiunto le classifiche statunitensi. Ma nel gennaio 1964, con l’uscita del singolo I Want To Hold Your Hand («Congratulazioni, signori: Avete appena finito di registrare il vostro primo vero n. 1», disse George Martin al termine dell’incisione di I Want To Hold Your Hand), la Beatlemania colpì l’America: due settimane dopo l’arrivo nei negozi il disco aveva venduto più di un milione di copie. Ma per una curiosa coincidenza, il brano era stato anticipato per radio già dalla fine del 1963: un d.j. americano ricevette in regalo una copia del 45 giri dalla sua fidanzata inglese, una hostess della BOAC. Il 27 dicembre 1963 così gli americani udirono nell’etere la canzone che avrebbe messo l’America ai piedi dei Beatles. In febbraio i Beatles fecero la loro prima apparizione negli Stati Uniti. Parteciparono al famoso Ed Sullivan Show, che quella sera fu visto da 73 milioni di spettatori, con circa il sessanta per cento di share. Alla fine di febbraio i quattro erano, di fatto, i padroni assoluti della classifica Billboard. Oltre a detenere il primo posto nella classifica dei 45 giri, avevano altri quattro singoli nella Top 10 e tre album (incluso Meet The Beatles, una versione ridotta per il Nord America dell’europeo With The Beatles e che occupava il posto n° 1) nella Top 10 dei 33 giri. Nei due anni immediatamente successivi essi ebbero, inoltre, ventisei singoli nella Top 40, con dieci dischi al primo posto, per un totale di 38 settimane in testa su 104, nonché sette 33 giri al primo posto. In aggiunta a questa marcia trionfale, essi intrapresero un tour mondiale, che li portò a conquistare i pubblici del Giappone, dell’Australia, del Nord America (56.000 spettatori allo Shea Stadium di New York, 15 agosto 1965) e ovviamente dell’Europa (famosi in Italia i sei concerti del giugno 1965, due ciascuno al velodromo Vigorelli di Milano, al Palazzetto dello Sport di Genova e al Teatro Adriano di Roma). Per finire girarono anche due film: A Hard Day’s Night e Help!. Il 33 giri che i Beatles fecero uscire nel dicembre del 1965, Rubber Soul, fu, fino a quel momento, il loro album più sonoro ed elaborato, che non tradì la stanchezza che essi indubbiamente avvertivano dopo due anni vorticosi. In esso, sotto l’influsso di Bob Dylan e dei Byrds e l’avvento del folk-rock, si trovavano testi introspettivi e grande importanza agli strumenti acustici, tra cui il sitar, in canzoni come Drive My Car, Michelle e soprattutto Norwegian Wood (This Bird Has Flown). Nello stesso giorno in cui uscì in Gran Bretagna Rubber Soul uscì anche un 45 giri con due canzoni inedite, Day Tripper e We Can Work It Out, due facce A, come si diceva di canzoni della stessa importanza su un 45 giri (ormai il 45 è il ricordo del tempo che fu, e pure il 33 si avvia a sparire del tutto). Entrambi furono un successo. Quello stesso anno, complici le “delicate” pressioni dell’allora primo ministro laburista Harold Wilson, la regina Elisabetta concesse ai quattro il titolo di Baronetti di Sua Maestà e l’onore di farsi chiamare “Sir”, ufficialmente per i meriti artistici che avevano dato lustro al Paese, ufficiosamente per il contributo non indifferente che i Beatles avevano dato alla traballante industria britannica. Revolver uscì nell’agosto del 1966, e fu concepito come un’esplicita risposta a Pet Sounds dei Beach Boys, che Paul McCartney considerava «Il miglior album di sempre». A sua volta, lo stesso Pet Sounds, del resto, era stato concepito come una replica a Rubber Soul e bisogna dire che Brian Wilson aveva dato il meglio di sé. Infatti Paul McCartney era convinto che bisognasse fare meglio di quanto si fosse fatto fino a quel momento per superare Pet Sounds. E i Beatles ci riuscirono appunto con Revolver che conteneva succosi brani come Tomorrow Never Knows, Taxman, Eleanor Rigby, Here, There And Everywhere e Got To Get You Into My Life, brano questo che risente dell'influenza della musica nera della Motown. Vista la caratura artistica che avevano dimostrato, il 1966 costituì per i Beatles un anno di svolta, sia professionale che personale. George Harrison fu il terzo della band a sposarsi, e Paul, l’ultimo scapolo rimasto, intrecciò una relazione con l’attrice Jane Asher. Sul fronte artistico, i quattro, stanchi di sballottare in giro per il mondo, decisero di interrompere il loro tour estivo negli Stati Uniti. Poco prima che il tour iniziasse, peraltro, la rivista per adolescenti Datebook ristampò un’intervista concessa a un’analoga rivista britannica, nel corso della quale John Lennon ebbe a dire: «Adesso siamo più popolari di Gesù Cristo. Non se sia più importante il rock-n-roll o il cristianesimo». Queste parole provocarono un terremoto negli Stati Uniti del sud, più bigotti, dove i dischi dei Beatles furono bruciati, John Lennon ricevette minacce di morte e i fan furono obbligati a disertare i concerti del complesso inglese. Probabilmente nessuno saprà mai il senso esatto delle parole di John Lennon, fatto sta che a Chicago, il giorno prima che il tour iniziasse, un John visibilmente scosso dalle polemiche tentò di scusarsi per le sue parole, spiegando che lui non aveva intenzione di mettere a paragone la statura dei Beatles con quella di Gesù Cristo. Ma non servì a nulla, tanto che le minacce di morte continuarono, finché, al termine del concerto di Candlestick Park, San Francisco, il 29 agosto 1966, ne ebbero abbastanza.
L’abbandono capitò in tempo. Ormai i loro concerti erano diventati happening durante i quali gli urli dei fan coprivano l’acustica, mentre al contrario i loro lavori in studio diventavano sempre più affascinanti e raffinati. Il citato Revolver uscì appunto durante il tour americano. Tutti unanimamente riconobbero che le sonorità del quartetto erano affatto nuove, e che si stava configurando un cambio di stile. Infatti da quel momento per i Beatles nulla fu più come prima. Il resto del 1966 fu un periodo di grande crescita personale del gruppo. Mentre Ringo trovò finalmente il tempo per stare un po’ con la sua famiglia, Paul si immerse nell’ambiente della Londra underground e compose la colonna sonora del film The Family Way, registrata dalla George Martin Orchestra. George andò in India a completare gli studi di sitar, yoga e cultura indiana e John andò in Germania (allora) Occidentale e in Spagna per dirigere il film How I Won The War (Come vinsi la guerra), nel quale interpretava un ruolo importante. Alla fine dell’anno i quattro si riunirono negli studi EMI per il loro nuovo album. La prima canzone a essere tagliata fu Strawberry Fields Forever, un capolavoro scritto da John sotto l’influsso di droghe, che racconta della sua infanzia da orfano di madre a Liverpool. La canzone fu infine inserita in un 45 giri di cui il lato B era un altro ricordo d’infanzia, questa volta di Paul: Penny Lane, che parlava di un vicolo che Paul, orfano di madre anch’egli, frequentava da bambino. L’album che ne seguì, nel 1967, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, un altro capolavoro, continuava su quel filone, alternando gemme di Paul (Getting Better, Fixing A Hole e When I’m Sixty-Four) e follìe psichedeliche di John (Lucy In The Sky With Diamonds e Being For The Benefit Of Mr. Kite!). I loro sempre più disparati approcci sonori si fusero nell’ultima canzone dell’album, A Day In The Life, che fu il combinato di due progetti incompiuti di John e Paul, riuniti in un sorprendente collage acustico. Su consiglio di George Martin il disco fu registrato come una suite e, mentre in realtà non esisteva un filo logico che unisse le varie canzoni, la critica lo interpretò come un concept album. Dal punto di vista musicale il disco superava di gran lunga ogni altro esperimento musicale mai tentato prima, e divenne presto il massimo successo di critica e di pubblico di tutti i tempi, balzando al 1° posto delle classifiche di Billboard per un periodo record di 15 settimane. Brian Wilson, che già stava facendo sforzi sovrumani per dare una degna risposta a Revolver, quando apparve Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band sprofondò in crisi creativa e non si riprese mai più. Altri artisti rimasero impressionati da un disco di tal fatta, e lo ascoltavano con rispetto e forse anche devozione. Qualcuno arrivò a dire che Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band costituì un punto di svolta per la cultura occidentale. Non sappiamo se questo sia vero o meno. Di certo ha costituito un punto di non ritorno nella storia della musica occidentale, uno di quei classici momenti-spartiacque, prima dei quali la musica è una cosa, dopo dei quali è totalmente altra cosa e dai quali non si può prescindere. Tuttavia, mentre Sgt. Pepper’s… segnava un nuovo punto massimo per i Beatles, ne anticipava e costituiva le premesse per il prossimo scioglimento. Non più uniti come prima, ognuno dei quattro intraprendeva percorsi artistici autonomi. La situazione peggiorò nell’agosto del 1967, quando Brian Epstein morì per un overdose. Brian aveva sempre tenuto in mano la gestione economica del gruppo, lasciando che i quattro si concentrassero sul lavoro. Quindi, dopo la morte di Brian, essi presero direttamente in mano la loro gestione, fondarono un’etichetta autonoma, la Apple Records, distribuita dalla EMI, e una boutique d’abbigliamento, anch’essa chiamata Apple. Iniziarono inoltre a studiare con il Maharishi Mahesh Yogi, che insegnava meditazione trascendentale e altre forme di spiritualità indiana. Nei primi mesi del 1968 i quattro seguirono il loro maestro in India. Ringo tornò dopo appena dieci giorni, Paul cinque settimane, George e John almeno due mesi (per puntiglio, credo, non per altro), finchè anche loro non si allontanarono definitivamente dal Maharishi, dopo aver udito le voci che parlavano di un suo tentativo di seduzione nei confronti dell’attrice Mia Farrow. Dichiaratosi disilluso, John firmò la canzone Maharishi il cui titolo fu però, infine, cambiato in Sexy Sadie: «Sexy Sadie, what have you done? / You’ve made a fool of everyone» («Sexy Sadie, cos’hai fatto? Hai preso in giro tutti»). Furono momenti di confusione per il gruppo, confusione che si riflettè nel successivo lavoro, Magical Mystery Tour, un film-TV di un’ora trasmesso dalla BBC nel dicembre 1967 e da cui fu tratto l’album omonimo. Scialbo e pasticciato, fu il loro primo insuccesso di critica, nonostante il film contenesse ottimi brani come I Am The Walrus e The Fool On The Hill. Si rifecero con Hey Jude, una ballata di Paul che durava più di sette minuti. Uscì come 45 giri il cui lato B era Revolution, scritta da John. Alla metà del 1968 i Beatles fecero uscire un 33 giri doppio, dal titolo The Beatles e dalle copertine e il frontespizio completamente bianchi. Per ovvii motivi esso è universalmente conosciuto come l’Album Bianco. Fatto di grandi canzoni, il disco abbandona le pretese concettuali in favore del più diretto rock-n-roll e folk. Troviamo infatti brani come Back In The U.S.S.R. e Blackbird di Paul, I’m So Tired e Happiness Is A Warm Gun di John, While My Guitar Gently Weeps di George. Ormai i Beatles erano tre solisti, ognuno dei quali usava gli altri come session-man. Ringo lasciò il complesso per qualche giorno, esasperato dalle critiche di Paul (ragion per cui la versione di Back In The U.S.S.R. che tutti conosciamo vede alla batteria Paul McCartney); George chiamò Eric Clapton per registrare la chitarra solista in While My Guitar Gently Weeps e il nuovo amore di John Lennon, Yoko Ono, era una presenza costante in studio, cosa che infastidiva gli altri. Una settimana dopo l’uscita dell’Album Bianco, l’appena divorziato John pubblicò Two Virgins, un album di banalità musicali e vocali registrato durante la prima notte insieme con Yoko. La copertina, una foto di John e Yoko nudi, provocò vasto scompiglio, specie negli Stati Uniti, dove essa fu sequestrata perché giudicata pornografica. Al tempo in cui i Beatles si riunirono negli studi cinematografici di Twickenham, nel gennaio del 1969, Paul aveva una nuova compagna. Aveva rotto, l’estate precedente, la sua relazione con Jane Asher e ne aveva intrapresa una nuova con Linda Louise Eastman (ma il cui vero cognome di famiglia era, per combinazione, Epstein), una fotografa rock americana, figlia di un importante avvocato di New York, più anziana di lui di un anno. A differenza di John, tuttavia, Paul non fu così ossessionato dalla relazione con Linda da arrivare al punto da lasciare al suo destino il resto della band. Anzi, si sforzò con determinazione di cercare di mantenere unito il gruppo. Il lavoro di Twickenham riguardava la realizzazione di un film di stile documentaristico, che mostrasse i Beatles al lavoro. Il lavoro avrebbe dovuto chiamarsi Get Back, come il loro 45 giri che era uscito in quei giorni («Get Back» vuol dire «torna indietro», ma anche «vattene». Narra una storia, se non vera, quantomeno verosimile, che Paul, durante la registrazione del brano, sottolineasse la frase «Get back to where you once belonged» con particolare enfasi, guardando Yoko Ono. Il senso della frase in effetti è «Vattene [o tornatene] da dove sei venuto [o venuta]». Molto probabilmente l’arrivo di Yoko Ono non è stato la causa della rottura del gruppo. Forse ne è stato solo l’acceleratore. La rottura era questione di due o tre anni, ma sarebbe avvenuta inevitabilmente. Si può ritenere che Paul considerasse Yoko responsabile del deterioramento dei rapporti personali di John con lui e gli altri del gruppo, più che di quelli artistici. Ma questo bisognerebbe domandarlo a Paul che, tuttavia, non ha mai imputato a Yoko nulla del genere). In ogni modo, la lavorazione del film andò male, ma i quattro non se ne andarono, anche se quella volta fu George a minacciare l’abbandono. Nonostante il loro scatenato e divertente concerto sulla terrazza del palazzo della loro compagnia, la Apple, i nastri per i previsti film e disco furono temporaneamente archiviati. Il 12 marzo 1969 Paul e Linda si sposarono, imitati otto giorni più tardi da John e Yoko. Ai due matrimoni non presenziò nessuno degli altri tre elementi della band. Mentre il matrimonio di Paul fu volutamente sottotono, quello di John fu l’occasione per trasformare la sua luna di miele in una serie di eventi, ivi inclusi il bed-in di una settimana ad Amsterdam per protestare contro la guerra in Vietnam e una conferenza stampa a Vienna nella quale John e Yoko si mostrarono sdraiati insieme dentro un grande sacco bianco. La stampa britannica reagì con disprezzo alle bizzarrie dei due. Il Daily Mirror riassunse le reazioni di condanna a John lamentando che «…tale incomparabile talento pare esser diventato pazzo». John sembrò averli presi in parola, visto che ad aprile uscì The Ballad Of John & Yoko, un disco pazzo e ilare registrato insieme a Paul, nel quale i due suonano tutti gli strumenti (George e Ringo erano occupati altrove). In estate i Beatles si riunirono alla EMI per registrare il loro ultimo album di materiale originale, Abbey Road (nel corso della registrazione, e questo sorprenderà molti, muoveva i primi passi come assistente ingegnere del suono-factotum un giovanissimo Alan Parsons). Finalmente le prove furono prive di intoppi e litigi che avevano caratterizzato le registrazioni dell’Album Bianco e di Get Back. La musica fu splendida. La prima parte fu caratterizzata da una manciata di brani di rock-pop aspro, tra cui Come Together di John, Oh! Darling di Paul e Something di George, in parte rovinata dalla molle I Want You (She’s So Heavy) di John, in chiusura. La seconda parte fu registrata come una suite, aperta da Here Comes The Sun, sempre di George; perfino Ringo ebbe il suo momento di gloria, visto che l’album contiene anche una sua canzone, Octopus’s Garden. Comunque la suite del lato B fu il miglior risultato sonoro e musicale mai realizzato dal gruppo. Purtroppo, nonostante il nuovo, travolgente successo di Abbey Road, l’unità del gruppo continuava a perdere inesorabilmente pezzi. Problemi d’affari indussero John a cercare Allen Klein, allora manager dei Rolling Stones, per offrirgli la gestione dei Beatles, mentre Paul avrebbe preferito affidarne la gestione a suo cognato, l’avvocato Lee Eastman. La scelta di John, tuttavia, trovò d’accordo George e Ringo, ma è tuttora controverso se essi effettivamente si divisero su questo punto (nel mentre nascevano le voci della morte di Paul e della sua sostituzione da parte di un non meglio identificato William Campbell, voci smentite dallo stesso Paul McCartney e di cui parliamo in altra parte). Infine, fu Paul ad annunciare il definitivo scioglimento della band in un’autointervista inclusa nel suo primo album da solista, McCartney, pubblicato nell’aprile del 1970. Un mese più tardi uscì il lavoro di Get Back, con il nome Let It Be, ma Paul lo disconobbe, in quanto frutto di remix e di sovrapposizioni non autorizzate ad opera di Phil Spector e del suo famigerato Wall of sound. C’è da dire, per amor di verità, che i brani che Phil Spector prese in mano erano poco più che abbozzi e che soltanto con un pesante lavoro di editing avrebbero potuto essere pubblicabili. Ma non costava nulla chiamare i musicisti per reincidere i vari strumenti. Comunque, al momento dell’uscita del disco, i Beatles non erano più. Significativamente, toccò a George Harrison, il 1° aprile 1970, incidere in studio l’ultima canzone dei Beatles, I Me Mine, un blues amaro e disincantato che perfettamente testimoniava la chiusura di un capitolo della vita, sua e dei suoi compagni. E All Things Must Pass fu il primo lavoro da solista di George… Sappiamo la storia dei quattro dopo lo scioglimento. In ogni caso si continua a parlare di loro, sia come singoli sia come gruppo. Ringo si è visto poco in questi anni, ma ha continuato a lavorare come attore oltre che come batterista. Ha superato problemi fisici e adesso pare nuovamente in forma. Negli ultimi anni della sua vita George si è dedicato alla filosofia orientale, ma ha avuto anche buoni successi di vendita; purtroppo il cancro l’ha portato via ancora giovane, nemmeno cinquantottenne, alla fine del 2001. John è entrato nella leggenda suo malgrado, perché fu ucciso a New York nel dicembre del 1980 da un fan deluso. Paul invece è quello che ha avuto il maggior successo: quattro tour mondiali, l’ultimo nel 1993, una quindicina di album di successo, un paio di colonne sonore e ultimamente pure un’opera rappresentata nella sua città natale, il Liverpool Oratorio. Inoltre collaborazioni con Stevie Wonder, Michael Jackson e altri show-man di successo. Insomma, un seguito di grosse soddisfazioni, offuscato però dal dolore per la perdita di Linda, morta di cancro al seno nell’aprile del 1998. Nel 1994 Paul, George e Ringo si ritrovarono in studio per registrare alcune tracce abbozzate negli anni ’60 e rimaste inedite. Collaborò con loro Julian Lennon, il figlio di John e della prima moglie Cynthia, e Zak Starkey, il figlio di Ringo, diede una mano al papà alla batteria. Da questa riunione di famiglia nacquero Free As A Bird e Real Love, che uscirono nel 1995 e fecero parte delle canzoni incluse nella serie di CD Anthology di cui si parlava all’inizio. Ciò permise ai tre di vincere tre Grammy Awards e di far conoscere a nuove generazioni di fan la loro musica. Più di quarant’anni dopo il primo fatidico incontro di John e Paul nessuno dubita del loro posto nella storia, e non solo musicale: essi hanno dato vita al più grande complesso della storia del rock e sono stati i più importanti musicisti e compositori del secolo: a ennesima dimostrazione del loro intramontabile successo, se mai ve ne fosse ulteriore bisogno, basti vedere l’ultima uscita del gruppo: l’album 1 (One), composto di tutti i singoli (45 giri) che raggiunsero la vetta delle classifiche USA e Gran Bretagna: da Love Me Do a Get Back, tutta la loro storia. Uscito nel novembre 2000, raggiunse il primo posto di vendita in Gran Bretagna scalzando gruppi che al momento andavano per la maggiore (Blur e Oasis su tutti) e il nono posto in Italia a due settimane dalla sua uscita; era stato il pubblico più giovane, nato molto dopo lo scioglimento dei Quattro, che aveva decretato il successo di tale raccolta. Si può quindi veramente dire che il fenomeno-Beatles non fu legato a una moda, ma è inter-generazionale e la loro produzione costituisce un punto fermo e imprescindibile nella storia del pop e rock. (dafflitto.com)
L'impatto
dei Beatles sul mondo è stato davvero devastante. Ancora più di Elvis
Presley, Marylin Monroe e James Dean, il gruppo ha portato il divismo a
vette fino allora inesplorate. Complice la storia, forse, perché i
giovani degli anni sessanta si ritrovarono con molti più soldi in tasca
dei loro fratelli maggiori. Complice la tecnica, forse, perché le
comunicazioni interplanetarie della musica e delle immagini conobbero
proprio in quel periodo una crescita verticale. Complice la politica,
forse, perché in quegli anni i giovani cominciarono finalmente a
decidere in prima persona del loro presente e del loro futuro. Ma per
quanti fattori si possano indicare, resta comunque un alone di mistero
attorno all'affermazione di un mito popolare del nostro secolo che è
pari solo a quello di John Fitzgerald Kennedy o di papa Giovanni.
La terza fase è segnata dall'eclettismo delle quattro personalità,
ormai destinate a seguire strade individuali. Soprattutto il doppio
album "bianco" a testimoniare un eccesso di creatività che
non era più possibile tenere assieme. L'album contiene e pisodi di pura
avanguardia, come quello rappresentato da Revolution 9, perche McCartney
seguiva i concerti londinesi del compositore Luciano Berio e Lennon
subiva l'influsso della compagna, la giapponese Yóko Ono, artista
sperimentale del gruppo Fluxus (mixed media, Il
viaggio nel mito dei Beatles può continuare con un ricordo di Paul
McCartney sugli esordi del gruppo: Quando i Beatles nacquero, io e John
scrivemmo circa cinquanta canzoni, delle quali l'unica a essere
pubblicata fu Love Me Do. Non si trattava di canzoni particolarmente
belle perché noi stavamo cercando il nuovo beat, il nuovo sound. Il New
Musical Express, che a quel tempo era un giornale tra i più seguiti,
parlava del calypso e di come il rock latino stava per diventare il
nuovo fenomeno musicale. Nel momento stesso in cui ci fermammo per
trovare quel nuovo beat i giornali cominciarono a dire che eravamo noi e
capimmo di aver scoperto il nuovo sound senza neanche averci provato». Può
essere interessante anche conoscere l'opinione che i Beatles avevano dei
loro colleghi. Ecco, per esempio, come John Lennon ricorda i Rolling
Stones, storici rivali del gruppo: «Noi e gli Stones eravamo molto
amici. Mi sono reso conto che erano davvero bravi, fin dalla prima volta
che li ho visti al Crawdaddy di Richinond. Eravamo tutti alle prime armi
e ci piaceva girare per le strade di Londra con le nostre macchine,
incontrarci e parlare di musica fino a notte fonda con gli Animals ed
Eric (Burdon). Quando era a Londra veniva spesso a casa mia, a Kenwood, ed io non sapevo mai che cosa dovevo fare, in quella sorta di vita borghese che conducevo, preferivo magari andare io al suo albergo. Mi piaceva in contrarlo, lui mi piaceva e mi piacevano molto le sue canzoni, quelle che allora si chiamavano "canzoni di protesta". I testi erano molto belli. Ogni tanto arrivava con qualche nuovo pezzo e mi diceva: 'Senti questa John, ti piacciono le parole?' lo gli rispondevo che le parole erano belle ma non erano fondamentali, era tutto l'insieme che contava: non c'è bisogno di ascoltare quello che dice Dylan, ma come lo dice».
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