UNO
SPIRITO RIBELLE
di
Mauro Pavani
Sono
all'incirca le 23 dell'8 Dicembre 1980.
John
e Yoko stanno tornando alla loro residenza dopo una lunga giornata in
studio di registrazione. Raggiungono
il portone del Dakota Building, stanno per varcare la soglia quando una
voce chiama per nome l'ex Beatles. Sono
5 i colpi esplosi dall'arma che toglierà la vita a Lennon, a nulla
servirà la corsa all'ospedale Roosevelt.
Il
mondo della musica rock perde tragicamente uno dei suoi protagonisti
principali, la morte consegna John Lennon alla leggenda. Rimangono
le sue canzoni, le sue parole e le sue note, ma chissà cos'altro
avrebbe potuto comporre
con il suo talento, se solo il destino che ha armato la mano di quel
folle fosse stato attento
quanto bastava per evitare la tragedia.
L'8
Dicembre 2000 sarà il ventesimo anniversario della scomparsa di questo
grande artista, ho
voluto ricordarlo in questo articolo, perché amo la musica dei Beatles
e di John da sempre.
John
Winston Lennon nasce il 9 ottobre 1940 a Liverpool.
John
è un ragazzo dallo spirito già di indole ribelle, avido di libertà e
di nuove esperienze. Crescendo
John comincia a seguire con una certa attenzione i fenomeni musicali
dell'epoca: Elvis Presley, il rock and roll in genere e lo skiffle. Nel marzo
del 1957 fonda il proprio gruppo skiffle, chiamandolo in un primo
momento The Black Jacks. Nella
loro prima apparizione in pubblico, avvenuta il 9 giugno 1957, il nome
è già cambiato in Quarry Men.
L'incontro
con Paul McCartney avviene al termine di un concerto della band di John.
Paul
chiede a John di essere "sentito" per alcuni minuti
accompagnandosi con la chitarra. John
viene colpito dalla mini esibizione di McCartney, è il primo passo
verso quell'avventura musicale chiamata Beatles, che ancora oggi non ha
avuto uguali.
Nel
novembre del 1966 John incontra per la prima volta Yoko Ono, avvenimento
questo che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita.
Un'altra
tappa fondamentale della purtroppo breve vita di John è costituita
dalla nascita del suo secondo figlio. Infatti, in concomitanza del suo
trentaciquesimo compleanno, il 9 ottobre 1975, Yoko Ono dà alla luce
Sean Taro Ono Lennon.
Nell'ultima
intervista rilasciata la mattina dell'8 dicembre 1980, John dichiara
che, avendo compiuto da poco quarant'anni, è sua ferma intenzione
ricominciare a "vivere" e dedicarsi nuovamente alla musica a
tempo pieno.
Infatti,
ha già preso in affitto uno studio di registrazione a New York presso
la "Hit Factory".
Sin
dal momento in cui ha ottenuto dal governo federale il riconoscimento
ufficiale di cittadinanza americana, si trova in uno stato d'animo più
sereno e rilassato.
Aveva
registrato molto materiale sin da quando nel 1975 si era dedicato
esclusivamente alla sua famiglia.
Molti
di questi lavori, dopo la sua tragica morte, si trovavano ancora nella
fase embrionale, sebbene alcuni brani fossero già nella versione
definitiva, in quanto materiale destinato all'album "Double Fantasy".
Il
gesto di uno sconsiderato ha stroncato ogni illusione di poter rivedere
i Beatles insieme oltre a causare la perdita di un uomo e un personaggio
unico e irripetibile nella storia della musica rock.
SE
GLI ATEI PREGASSERO, 29 ANNI DOPO.
(Gianfranco
Manfredi) - Diario della settimana, 27 novembre 2000
È
il 1971. I Beatles si sono già sciolti da un anno, di comune accordo,
su proposta di John Lennon che dal ‘67-’68 ha imboccato un nuovo
cammino di ricerca espressiva con Yoko Ono, dagli esiti spesso
sconcertanti. Malinconicamente, molti hanno giudicato lo scioglimento
dei Beatles come una confessione di "abbiamo già dato",
qualcuno si illude che abbiano solo esposto il cartello di "chiuso
per ferie" e che presto torneranno insieme, e poi naturalmente c’è
la massa dei misogini e delle ragazzine piangenti che riversa ogni colpa
sulle supposte dark ladies Linda e Yoko.
Ed
ecco che, inatteso, giunge l’album Imagine, con il quale Lennon non
solo dimostra di aver ritrovato se stesso, ma si "marchia" con
una canzone simbolo, destinata a diventare il suo My Way. Desta sorpresa
che dopo aver proclamato di voler battere le strade dell’avanguardia e
della sperimentazione, Lennon abbia partorito una canzone costruita su
un semplicissimo giro di Do, che è nella storia della musica pop l’antagonista
strutturale del giro di blues. Il singolo arriva subito al terzo posto
nelle classifiche americane, in Inghilterra, causa censura, viene
pubblicato solo quattro anni dopo, e conquista il primo posto. Nel
frattempo, Imagine si è rivelata una canzone-manifesto, capace di
riassumere con mirabile nitore l’utopia di un’intera generazione per
consegnarla eternamente vergine ai posteri. Vergine... questo forse era
nelle intenzioni (dopotutto lo scandaloso album
"programmatico" di John e Yoko che li ritraeva completamente
nudi in copertina, si intitolava Due Vergini) in realtà nella storia
del rock non c’è stata canzone più stuprata di Imagine. Il tempo
sembra aver dissolto il suo intento provocatorio. Non c’è entertainer
al mondo che non l’abbia messa in repertorio ed eseguita alla stregua
di un qualsiasi evergreen sentimentale, e non c’è programma
televisivo per famigliole che non l’abbia ammannita come zuccheroso
dessert, dissimulando in puro flatus vocis i versi più chiaramente
anti-religiosi, quando non tagliandoli del tutto. La stessa Yoko Ono,
del resto, proponendola alla fine del 1999 come canzone Inno del Nuovo
Millennio, l’ha definita al tabloid londinese Sun come "una
preghiera, scritta per un mondo migliore", aggiungendo questo
auspicio-appello: "Spero che questo Natale il disco arrivi in testa
alle classifiche. Servirà a diffondere l’idea della pace e John ne
sarà toccato".
QUALCUNO
CREDE AL PARADISO? Non guasterà, a quasi trent’anni di distanza, una
piccola esegesi del testo di Imagine che ne richiami il senso originale
e ne misuri (scherzosamente, ma non troppo) qualche distanza dall’oggi.
L’attacco
non potrebbe essere più diretto: Immagina che non esista il paradiso.
È facile, basta che ci provi. Tipica ironia demistificatoria di Lennon:
chi crede al Paradiso? Nessuno. Nessun inferno sotto di noi (anche la
teologia ufficiale ormai ammette che l’Inferno è solo una metafora).
Sopra di noi soltanto il cielo (questo è un concetto più ostico per i
credenti, ma tutto è possibile dopo che il Papa ha detto che Dio non ha
la barba e che il Paradiso con gli angeli che suonano l’arpa tra le
nuvolette non va preso alla lettera). Immagina che tutte le persone
vivano solo per l’oggi (godi la vita adesso, cogli l’attimo
fuggente, eterno imperativo libertino sempre scandaloso agli occhi dei
cantori dell’etica del lavoro, del sacrificio, e della competizione).
Immagina che non ci siano nazioni, non è poi così difficile da fare
(puro cosmopolitismo anarchico, ma, dio mio, non sarà invece stato
scambiato con l’odiata
globalizzazione? In ogni caso pare
difficilissimo abolire gli Stati Nazionali, e tra chi lo chiede c’è
chi pretende le Regioni Blindate e le Città Stato. Immaginare va bene,
ma illudersi è nefasto). Niente per cui uccidere o morire (nonviolenza
sacrosanta, ma con i guerrafondai come la mettiamo?) e anche nessuna
religione (ahi! Ecco il punto dolente. Come si fa a vincere la battaglia
della pace senza l’appoggio delle principali organizzazioni religiose?
Qualche anima bella forse suggerirà di limitare la proposta abrogativa
al fondamentalismo islamico e alle sette terroristiche giapponesi).
Immagina che tutta la gente viva la propria esistenza in pace (questo,
certo, apre il cuore. In una canzone funziona, in una riunione di
condominio già meno). Risposta di Lennon alle obiezioni: Puoi dire che
sono un sognatore, ma non sono il solo, spero che un giorno tu sarai con
noi, e il mondo sarà come un’unica persona.
L’Utopia,
la forza del Sogno, l’immaginazione che non ha bisogno di andare al
Potere perché è più forte senza il Potere... non si è ancora capito?
Si passi alla seconda strofa. Immagina nessuna proprietà. Se ce la fai,
mi meraviglio anch’io. Grande Lennon! Sferra il colpo e aggiunge
ironia, prima di riassumere "politicamente" i punti cardine
della visione: liberazione dal bisogno, dall’avidità e dalla fame,
fratellanza universale, condivisione del mondo.
Questo
messaggio viene ripetuto con diverse sfumature in altre canzoni dell’album.
In Crippled Inside Lennon canta: Puoi anche andare in chiesa a cantare
gli inni, puoi giudicarmi in base al colore della mia pelle, puoi vivere
nella menzogna finché muori, ma una cosa non puoi nasconderti: che sei
menomato dentro.
In
I Don’t Wanna be a Soldier enuncia una serie di ruoli che rifiuta:
quello di soldato, perché non voglio morire, quello di avvocato,
perché non voglio mentire, quello di emigrante, di povero e di ladro,
perché non voglio scappare, quelli di "fallito", di ricco e
di uomo di chiesa, perché non voglio piangere. Quest’ultima
associazione è significativa: arricchire coincide per Lennon con un
drammatico fallimento, e appartenere a una chiesa per lui conduce allo
stesso esito. L’apparente ricchezza materiale e quella spirituale,
incarnate in ruoli, sono per Lennon le maschere sociali che celano un
senso profondo di deprivazione e di smarrimento.
Conclusione:
il sognatore di Imagine non è affatto un ingenuo. È amaramente
consapevole di dover vivere appeso a una speranza molto esile di
riscatto universale, ma non si limita ad aspettare che si realizzi.
Cerca felicità per sé, nell’oggi, e sintonia con lo stato d’animo
di tutti. E canta, chiaro e sommesso, senza bisogno di rafforzare il
messaggio con scansioni ritmiche e clangori elettrici, che non esiste
lotta per la pace senza denuncia dell’ordine sociale e dell’ipocrisia
religiosa in particolare.
TRA
PROPAGANDA E VERITÀ. Domanda: Lennon era anarchico? Verrebbe ovvio
rispondere di sì, ma la cosa non è così semplice come appare. In un’intervista
politica concessa nel 1966 al giornalista Ray Coleman del Disc Weekly
Lennon dichiara: "Io non sono un anarchico e non voglio sembrare
uno di loro. Ma penso che sarebbe un bene se sempre più gente si
rendesse conto della differenza tra la propaganda politica e la verità.
C’è una sola ragione che spieghi la quantità di programmi televisivi
elettorali: i politici vogliono
forzare il pubblico a guardarli.
Altrimenti, alla gente non potrebbe fregare di meno di loro... perché
sotto sotto la maggior parte delle persone sa che c’è qualcosa di
sbagliato nell’attuale forma di governo... questi politici a me
sembrano tutti uguali. Parlano solo di economia, non delle persone e
della fame di libertà. Le cose che contano di più per noi, per loro
sono irrilevanti".
Al
momento in cui rilasciava questa intervista, John non aveva ancora
conosciuto Yoko Ono, e lo scioglimento dei Beatles non era all’ordine
del giorno. I Beatles però avevano maturato la decisione di non
apparire più in pubblico, turbati dall’evidenza: i loro concerti
erano diventati puri riti spettacolari e l’isterismo per il quartetto
svuotava di significato ogni tentativo di comunicare.
PIÙ
POPOLARI DI GESÙ. Fu allora che Lennon cominciò a mostrarsi
provocatorio anche nei confronti del pubblico e a dare scandalo fuori
dalla cornice abituale del palcoscenico. Nello stesso anno 1966
rilasciò una famosa (e per molti malfamata) intervista alla giornalista
Maureen Cleave dell’Evening Standard, in cui proclamava che i Beatles
erano più popolari di Gesù Cristo. Seguirono parziali ritrattazioni,
in cui Lennon spiegò che aveva voluto essere ironico, ma è bene
rileggere il testo integrale della sua dichiarazione alla Cleave:
"Il cristianesimo è destinato a scomparire, raccoglierà sempre
meno fedeli fino a svanire del tutto. Non c’è nulla da discutere su
questo punto: ho ragione e i fatti mi daranno ragione. In questo momento
siamo più popolari noi di Gesù. Gesù era in gamba, ma i suoi seguaci
erano gentaglia rozza e ottusa". Pur nella frettolosità della
"sparata" non deve sfuggire l’acuta associazione tra il
cristianesimo e l’idolatria suscitata dal rock. Questa resterà una
costante per Lennon, che non a caso canterà: Io non credo in Dio, io
non credo ai Beatles.
E
neppure si può dire che fosse meno smitizzante nei confronti della già
affiorante spiritualità new age. Del guru Maharishi che tutti davano
per guida spirituale dei Beatles, disse che le sue tecniche di
meditazione erano "bolle di sapone". Un giudizio più gentile
, se vogliamo, di quello dato da Mick Jagger ("un ciarlatano")
ma anche più sarcastico. Era il tempo in cui un altro celebre cantante,
Donovan, dichiarava: "La musica pop è il veicolo perfetto per la
religione". Se guardiamo alla riabilitazione del rock voluta da
Giovanni Paolo II, non possiamo non riconoscere un carattere profetico
alle parole di Donovan. La sbandierata sicurezza con la quale Lennon
annunciava la fine del cristianesimo può invece apparire patetica, e il
suo disagio nel vivere da protagonista il trionfo del rock idolatrico
può essere giudicato contraddittorio e tragico.
Quando
Lennon venne ucciso, nel 1980, aveva abbandonato le scene da cinque
anni, cercando di vivere come un normale cittadino di New York, uscendo
per strada senza guardia del corpo, chiacchierando con le persone del
quartiere, non più costretto a fuggire dall’assedio dei fans, tanto
da fermarsi in mezzo alla strada per firmare un autografo a Mark Chapman,
l’uomo che gli avrebbe poi sparato.
La
morte violenta consegnò John Lennon all’icona che credeva d’essere
riuscito a spezzare. Ma oggi che è diventato un santino buono per tutti
gli usi, si cerchi almeno di rispettarlo per ciò che era: non un leader
politico, non un modello di comportamento, ma un ateo militante, questo
sì.
Imagine
Imagine
there's no heaven
It's
easy if you try
No
hell below us
Above
us only sky
Imagine
all the people
Living
for today...
Imagine
there's no countries
It
isn't hard to do
Nothing
to kill or die for
And
no religion too
Imagine
all the people
Living
life in peace...
You
may say I'm a dreamer
But
I'm not the only one
I
hope someday you'll join us
And
the world will be as one
Imagine
no possessions
I
wonder if you can
No
need for greed or hunger
A
brotherhood of man
Imagine
all the people
Sharing
all the world...
You
may say I'm a dreamer
But
I'm not the only one
I
hope someday you'll join us
And
the world will live as one
|
Immagina
Immagina
che il paradiso non esista
è
facile se ci provi
non
c’è l’inferno sotto di noi
sopra
di noi soltanto il cielo
immagina
tutta la gente
che
vive solo per il presente
immagina
che non ci siano nazioni
non
è difficile farlo
niente
per cui uccidere o per cui morire
e
neppure nessuna religione
immagina
tutta la gente
che
vive la propria vita in pace…
tu
dirai che io sono un sognatore
ma
non sono l’unico
spero
che un giorno ti unirai a noi
e
il mondo diventerà unito
immagina
che non esista la proprietà (privata)
immagino
che tu ci riesca
nessuna
necessità di avidità o di fame
una
comunità di uomini
immagina
tutta la gente
che
si divide tutto il mondo
tu
dirai che io sono un sognatore
ma
non sono l’unico
spero
che un giorno ti unirai a noi
e
il mondo diventerà unito
|
The
U.S. vs. John Lennon (Give
Peace A Chance)
di
Ezio Guaitamacchi e Aldo Pedron
A
26 anni dalla tragica scomparsa, rivive il mito del John Lennon
ribelle, dell'artista trasgressivo, del Beatle rivoluzionario,
del pacifista convinto. Un nuovo
documentario, completo, accuratissimo e accompagnato da una
colonna sonora altrettanto puntuale, fa luce sugli anni
newyorchesi di John & Yoko, sul loro impegno sociale,
politico, culturale e artistico. E spiega perché gli Stati
Uniti d'America negli anni 70 avevano paura dell'uomo che
cantava Imagine.
Mai
più la guerra - Yoko Ono e le ragioni del pacifismo
Potere
al popolo (e alle canzonette) - La colonna sonora di The U.S.
vs. John Lennon
Lennon,
uomo e pacifista - Il film visto da un beatlesiano doc
Niente
politica, Sean canta d'amore - Lennon Jr tra romanticismo e
disillusione
The
U.S. vs. John Lennon è il film che John avrebbe voluto fosse
fatto su di lui" ha dichiarato Yoko Ono a proposito del
lavoro di David Leaf e John Scheinfeld, presentato con successo
ai prestigiosi festival di Venezia, Toronto, Telluride e da
qualche settimana in circolazione nei cinema americani.
Noi
abbiamo visto il documentario, chiacchierato a lungo con il
regista e cercato di capire le ragioni di una pellicola che,
prodotta da Lionsgate (gli stessi studios hollywoodiani che
finanziano i controversi lavori di Michael Moore), presenta
sottili analogie tra l'America degli anni 70 e il mondo
occidentale del post 11 settembre.
È
una splendida, serenissima giornata di sole. Venezia mette in
mostra, è proprio il caso di dirlo, tutta la sua abbagliante
bellezza. Navigando sul vaporetto, rimaniamo incantati ad
osservarne le forme: dalle più evidenti, esposte e celebrate, a
quelle meno ovvie, ma non per questo meno fascinose, come se,
invece che ammirare la città della laguna, fossimo in presenza
di una donna seducente, a tratti davvero irresistibile. Persino
il "noioso" Lido, con il suo look retrò e alcuni
scorci da località turistica di serie B, sembra oggi avere
"un suo perché". In giorni come questi, infatti, non
ci sono solo cieli blu e una luce intensa, quasi
"americana", ad accecare turisti e bagnanti. Brillano
in modo altrettanto "fragoroso" i mille lustrini della
Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica (giunta tra
critiche, polemiche e litigi alla 63esima edizione) che qui ha,
da sempre, la sua storica sede. Se a tutto ciò aggiungete che
su di noi, ingenui appassionati di rock'n'roll abituati ad
ambienti spartani, relazioni friendly e budget inesistenti, il
glamour del mondo del cinema fa sempre un certo effetto, il
risultato è assicurato. Tanto che è sufficiente metter piede
nella hall del mitico Des Bains, facendosi largo tra fotografi,
operatori televisivi, giornalisti e presunti addetti ai lavori,
per sentirsi per un minuto (magari con un po' di fantasia.) Brad
Pitt o Julia Roberts. Così come passeggiare in prossimità
della passerella rossa di fronte al Palazzo del Cinema, di
fianco ai leoni d'oro, o sorseggiare un aperitivo sulla terrazza
dell'Excelsior sembra darti all'istante un'aria alquanto chic e
farti passare per "uno che conta". Oggi, proprio sulla
Terrazza Martini, "uno che conta" è il nostro amico
David Leaf giunto a Venezia per presentare la sua ultima fatica,
The U.S. vs. John Lennon, film documentario che ricostruisce gli
anni newyorchesi dell'ex Beatle, il suo impegno pacifista, le
sue relazioni con i radical americani, la sua storia
sentimentale e artistica con Yoko Ono.
Prima
di abbracciare David (sommerso dagli impegni promozionali) ci
eravamo recati al PalaBiennale, lo spazio più ampio tra quelli
deputati alle proiezioni pubbliche, per assistere allo screening
del suo film, accolto benissimo da operatori, giornalisti e
appassionati, sia come numero di presenze, che come risposta
finale: con piacere, prendiamo nota che The U.S. vs. John Lennon
incassa un lungo, scrosciante applauso che accompagna i titoli
di coda.
"Hanno
davvero applaudito tanto?" ci chiede David, evidentemente
curioso di sapere le reazioni del pubblico. "Sono
soddisfatto e orgoglioso di questo lavoro al quale tengo
moltissimo. Ho iniziato a pensare al progetto nei primi anni 90
quando la figura di Lennon era un po' dimenticata. All'inizio è
stata dura: non trovavo finanziatori ma neppure sostegno
artistico e ideologico. Un paio d'anni fa, la svolta".
Consulente
e braccio destro di Brian Wilson, Leaf ha da anni contatti
frequenti con fan eccellenti dell'ex Beach Boy, Paul McCartney
su tutti. "Sean Lennon" ci racconta David (sul figlio
di John e Yoko vedi anche box a pagina 45) "è uno sfrenato
ammiratore di Brian. Pensate che, tutti gli anni, gli manda
mazzi di fiori e cartoncini di auguri per il suo compleanno.
Idem a Natale e capodanno! È stato Sean, molto gentilmente, a
raccomandarmi a sua madre. L'approvazione di Yoko era
indispensabile, non solo per motivi legali o di copyright:
sapevo che il suo supporto avrebbe dato al progetto un valore
aggiunto impagabile. Oltre al crisma dell'ufficialità, infatti,
abbiamo potuto contare su filmati e materiali rari provenienti
direttamente dagli archivi privati di famiglia. E, così, sono
partiti i lavori".
Il
documentario, pur non svelando fatti inediti né mostrando
immagini particolarmente scottanti, ricostruisce in maniera
accurata il profilo di John Lennon, artista e uomo
"contro", ribelle sin dall'infanzia, come mostrano
alcune immagini iniziali "indispensabili per far capire a
tutti il carattere del soggetto", come ci ha voluto
precisare Leaf. Ma soprattutto, il lungometraggio (99 minuti
serrati, appassionanti, intensi e coinvolgenti) tratteggia
benissimo il quadro storico e socio-culturale dell'America di
fine anni 60 e primi anni 70 nel quale si svolgono gli eventi.
Fuori da questo contesto socio-politico, riuscirebbe, infatti,
del tutto incomprensibile capire le ragioni che hanno spinto
l'FBI a raccogliere centinaia di pagine sul musicista inglese,
intercettare telefonate, filmare incontri, registrare colloqui
privati, prender nota dei testi delle sue canzoni, finendo per
negare a John e Yoko (con la complicità dell'Immigration
Office) la Green Card, e cioè il permesso di soggiorno e
cittadinanza ai cittadini stranieri in America. Il tutto è
documentato con dovizia di particolari e testimonianze
efficacissime dalla pellicola di Leaf e Scheinfeld (vedi il
website ufficiale www.theusversu sjohnlennon.com).
"Non
era tanto John Lennon il soggetto pericoloso" racconta nel
film Geraldo Rivera, giornalista televisivo di grido, conduttore
di talk show popolari e autore di interviste a personaggi
scomodi (celebre il suo faccia a faccia con Charles Manson, nel
carcere di Corcoran) "l'America era terrorizzata dal fatto
che Lennon, una celebrità internazionale, piena di fascino e
carisma, desse credito e voce ai veri rivoluzionari di quegli
anni: Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Bobby Seale, Angela Davis,
John Sinclair, autentici nemici dell'establishment a stelle e
strisce".
Rivera
è solo una delle figure di spicco intervistate da David Leaf.
Quella che il regista propone è, infatti, un'autentica
carrellata di testimoni politici eccellenti (da Mario Cuomo al
senatore George McGovern, il più tosto fra gli avversari di
Nixon, che nel film canticchia, a sorpresa, Give Peace A
Chance), opinion leader popolarissimi (come il mitico Walter
Cronkite, il più celebre anchorman d'America o Carl Bernstein,
il reporter del Washington Post che scoprì il complotto del
Watergate), soloni della cultura americana (come Gore Vidal, il
più grande storico vivente), personaggi rappresentativi
dell'America in guerra con il Vietnam (Gordon G. Liddy,
consigliere politico del presidente Nixon, e John C. Jack Ryan e
Wesley Swearingern, agenti dell'FBI ai tempi della inflessibile
gestione di J. Edgar Hoover). Le loro dichiarazioni aiutano la
comprensione, danno peso e credibilità all'intero progetto,
svelano aspetti e particolari poco conosciuti della storia.
Filmate con la tecnica classica della scuola documentaristica
anglo-americana (camera fissa a mezzobusto su sfondo uguale per
tutti), si alternano per le telecamere del regista californiano
anche le testimonianze di tre radical sopravvissuti: le già
citate icone della controcultura afroamericana, il famoso Bobby
Seale, fondatore e leader del Black Panther Party (oggi con una
cinquantina di chili in più e un milione di capelli in meno) e
la dottoressa Angela Davis (la sua equivalente donna) più il
pittoresco John Sinclair (poeta, pensatore, manager degli MC5 e
fondatore delle White Panther, le "pantere bianche"
rivoluzionarie e trasgressive come i loro fratelli neri).
Nell'estate del 1969, Sinclair commette la sciocchezza di
acquistare due spinelli da una poliziotta in borghese e per
questo viene condannato a 10 anni di galera. Dopo Abbie Hoffman,
che sollecita la liberazione di Sinclair salendo sul palco di
Woodstock nel momento sbagliato e cioè in pieno set degli Who
beccandosi così un vaffanculo e la paletta di una Gibson SG in
faccia da Pete Townshend, è proprio John Lennon il portavoce
più efficace delle istanze per la scarcerazione di John
Sinclair. Le immagini del concerto per Sinclair (con riprese
suggestive del pezzo omonimo) sono un'autentica chicca per i
lennoniani doc e, più in generale, per tutti i rock fan. Tra
l'altro, queste sono tra le poche scene del film a mostrare il
Lennon musicista in azione. Infatti, seppur la musica di John è
costantemente presente (sono oltre 40 i brani utilizzati da Leaf
e Scheinfeld, due dei quali - una versione live di Attica State
e la parte strumentale di How Do You Sleep - assolutamente
inediti, vedi box a pagina 41), il documentario ha ben altro
obiettivo: quello cioè di raccontare la metamorfosi dei coniugi
Lennon, il passaggio di John da icona pop a leggendaria figura
pacifista perseguitata dall'amministrazione Nixon che per anni
ha tentato con ogni mezzo, ma invano, di espellerlo dagli Stati
Uniti.
"Durante
la lavorazione del film" ci ha spiegato David Leaf "ho
preso coscienza del fatto che non dovevo fare alcuno scoop. Non
c'erano fatti nuovi, storie inedite o retroscena scabrosi da
raccontare. Semplicemente, bisognava rimettere a posto i vari
tasselli e soprattutto dare al tutto una nuova prospettiva, più
moderna e attuale. Io stesso, che ho vissuto con grande
intensità quegli anni, ne conservavo una visione distorta: ero
troppo giovane e ingenuo e quando il tutto era in pieno
svolgimento non ne sapevo cogliere il vero significato.
Mettendomi nei panni dello storico, ho potuto in seguito
studiare quella vicenda con lucidità, rileggendo trent'anni
dopo gli stessi eventi visti da un'angolazione diversa che
ritengo più obiettiva e più vicina alla realtà dei fatti.
Così facendo, mi sono reso conto di quanto John Lennon sia
stato un uomo e un artista coraggioso. E, di conseguenza, ho
sviluppato un profondo senso di rispetto per il suo modo di
essere, per il suo indefesso attivismo, per il suo originale ma
efficacissimo ruolo di pioniere del pacifismo, per le sue
critiche, dure e determinate, nei confronti dell'establishment
americano".
"Come
molti miei coetanei in America", prosegue David, "sono
cresciuto ascoltando la musica dei Beatles. Per me, Lennon era
un idolo. In quegli anni, durante l'amministrazione Nixon,
andavo a scuola a Washington e fin d'allora la storia di John e
Yoko, le loro battaglie pacifiste, i loro celebri bed-in, mi
affascinavano".
Il
documentario analizza in modo approfondito il decennio 1966/76,
uno dei periodi più discussi e contestati della storia
americana e ne evidenzia alcuni passaggi salienti. Il 17 aprile
1965, 25mila persone partecipano a Washington a una
dimostrazione contro la guerra in Vietnam. Il 22 ottobre 1967,
oltre 100mila persone prendono parte alla Marcia sul Pentagono
chiedendo la fine della guerra; tra loro i radical Stew Albert,
Abbie Hoffman e Jerry Rubin. Il 15 novembre 1969 un'altra
manifestazione, sempre nella capitale Usa: questa volta sono
quasi mezzo milione i dimostranti che partecipano al Washington
Moratorium, la più grande marcia pacifista nella storia degli
Stati Uniti. Il 4 maggio 1970, quattro studenti che stanno
protestando contro l'invasione americana in Cambogia vengono
uccisi dalla Guardia Nazionale nel campus della Kent State
University, Ohio (il fatto ispira Neil Young che compone Ohio,
pubblicata di lì a poco, destinata a diventare la prima instant
song della storia del rock). Il 7 novembre 1972 Nixon viene
eletto presidente per la seconda volta, battendo in maniera
schiacciante il candidato democratico George McGovern. Il 17
maggio 1973 la commissione d'inchiesta del Senato inizia la sua
indagine dopo un'irruzione al Watergate Hotel. L'8 agosto 1974
Richard Nixon annuncia le proprie dimissioni.
Sullo
sfondo di questi eventi, s'innestano le avventure di una coppia
di artisti stravaganti che propongono performance trasgressive e
originali in nome della pace. "Qualcuno dice che l'estate
dell'amore sia finita" dichiara Lennon in una scena del
film "molti sostengono che il movimento hippie ha fallito.
Non è vero. Questo è il momento di riproporre i vecchi ideali
dei figli dei fiori, questo è il momento per dare un'occasione
concreta alla pace.".
Sono
gli anni in cui i Beatles, pur essendo ufficialmente sciolti,
sono ancora (per dirla alla Lennon) "più famosi di Gesù
Cristo". E John e Yoko sono una coppia perennemente sulla
cresta dell'onda. Qualsiasi cosa facciano, è una notizia.
Persino quando si presentano, dentro a una busta, a una (per
così dire) improvvisata conferenza stampa. Suscitando le ire e
le proteste dei giornalisti. "Questa è arte" dice
Lennon, in tono evidentemente ironico "non dobbiamo
aggiungere altro".
Trasgressivo,
ribelle, sarcastico, pungente, John anche a distanza di tanti
anni traspare dalla pellicola di Leaf come personaggio dal
carisma formidabile. Basti vedere come reagisce, in uno dei
momenti più inquietanti del documentario, alle domande
incalzanti di una giornalista che lo accusa di non fare nulla di
concreto per un mondo migliore ma semplicemente di cercare
pubblicità a livello personale. Oppure, quando nel film si
ricordano alcune delle sue incredibili idee: il finanziamento di
75mila dollari a un gruppo pacifista che si proponeva di far
fallire la convention repubblicana a sostegno della
ricandidatura di Nixon alla Casa Bianca, o addirittura
l'invenzione di uno Stato immaginario, Nutopia (con tanto di
bandiera!), luogo senza terra né confini in cui non servivano
documenti d'identità.
John
Lennon, e non poteva essere altrimenti, è il soggetto
principale, la voce preminente, la presenza centrale e più
galvanizzante di tutto il documentario. Anche se, dobbiamo
confessarlo, dal lavoro di David Leaf esce secondo noi in modo
sorprendentemente positivo la figura di Yoko Ono. Sempre al
fianco di John, nonostante i fortissimi pregiudizi del mondo e
l'odio esplicito di tutti gli appassionati, Yoko (come
sottolinea Eva Leaf, moglie di David che l'ha conosciuta prima
che l'artista giapponese incontrasse l'ex Beatle) "è una
che ha certamente amato suo marito. Gli è sempre stata al
fianco, al di sopra di tutto e di tutti".
Nelle
interviste riprese da Leaf (più ancora che nelle immagini di
repertorio), Yoko appare dolce, riflessiva, brillante e
consapevole. "Mai e poi mai" ammette candidamente Yoko
nel film "io e John ci saremmo sognati che promuovere la
pace nel mondo fosse così difficile e che potesse anche essere
così pericoloso".
Le
sue testimonianze sono, ovviamente, le più interessanti per
capire le scelte (pubbliche e private) di una delle coppie più
discusse del Novecento. Complice anche un po' di ignoranza mista
a maschilismo, Yoko Ono bollata da tutti come "la
strega" che ha irretito Lennon e provocato lo scioglimento
dei Beatles, veniva ai tempi considerata, da tutti gli
appassionati, bruttina. Anni dopo, magari con maggiore apertura
mentale e minore razzismo, persino dal punto di vista estetico
Yoko Ono va rivalutata. All'epoca dei fatti, specie se guardata
con l'occhio di oggi, la ragazza giapponese era tutt'altro che
orribile. Anzi, emanava un fascino esotico tanto di moda ai
giorni nostri. Nelle immagini più recenti, poi, la Ono dimostra
di portare benissimo i suoi 73 anni. I casi sono due: o la
vedova Lennon è una grande attrice o, forse, non è "la
strega" che per 30 anni abbiamo pensato che fosse.
"Non
sono in grado di esprimere un giudizio su di lei. In questo
caso, non posso che ringraziarla" ammette onestamente David
Leaf. "Yoko è stata collaborativa e preziosissima. Abbiamo
lavorato bene insieme. Inoltre, dopo aver visto la pellicola, mi
ha fatto il più grande complimento che potessi ricevere: mi ha
detto che The U.S. vs. John Lennon è il film che John avrebbe
voluto fosse fatto su di lui".
La
collaborazione di Yoko Ono ha semplificato le procedure di
autorizzazione che sono state comunque lunghe e laboriose.
"Ho dovuto avere le autorizzazioni da Paul McCartney e
Ringo Starr ma soprattutto il benestare della Apple" ci ha
spiegato David Leaf. "Quando si tratta di Beatles, per ciò
che concerne diritti e permessi, si entra in territorio minato.
Ho impiegato diversi mesi a sciogliere la matassa. Dopo di che
ho potuto procedere con la lavorazione del film che mi ha
portato via circa sei mesi".
"Io
e il mio socio John Scheinfeld" prosegue Leaf "abbiamo
deciso di non utilizzare materiali già usati e visti in almeno
altri dieci documentari già realizzati su Lennon e i Beatles.
Nel film, c'è solo musica di John. Nei momenti drammatici,
abbiamo deciso di suonare, in sottofondo, solo la parte
strumentale di alcuni brani di Lennon: con l'assenso di Yoko,
abbiamo così messo mano a circa 24 canzoni eliminando le parti
vocali".
Nel
film, solo una volta viene nominato l'attuale presidente George
W. Bush. Eppure Lennon (qui più che mai) appare
artista-attivista contemporaneo e la sua battaglia contro la
guerra in Vietnam sembra identica a quella degli odierni
pacifisti che invocano il cessate il fuoco per la guerre in
Iraq, Afghanistan e Libano.
David
Leaf ci ha confermato che "oggi, l'argomento è tornato
nuovamente d'attualità. Dopo le loro dure prese di posizione
contro la guerra in Iraq e le politiche dell'amministrazione
Bush, Bruce Springsteen, Bill Maher, le Dixie Chicks e altre
rockstar attiviste sono state linciate, proprio come accaduto a
John Lennon 35 anni fa. A quel punto, ho pensato che realizzare
questo film fosse quasi un dovere civile".
Paradossalmente,
proprio in virtù dei suoi contenuti "potenzialmente"
politici, David Leaf ha trovato i finanziamenti. "Dopo l'11
settembre e la guerra in Iraq" ci ha detto "molta
gente vicina al nostro ambiente ha pensato che la storia di
Lennon e dei files raccolti su di lui dall'FBI fosse diventata
tremendamente attuale, e così ci ha dato la possibilità di
realizzare il film. Per gli appassionati, questa storia potrebbe
anche suonare ovvia. Tenete presente, però, che la gente
normale in America e forse nel resto del mondo sa che John
Lennon era uno dei Beatles, che ha scritto Imagine e che è
stato ucciso a New York da un folle. Tutto il resto è nebuloso,
pochi conoscono la sua vicenda umana e politica".
"John
Scheinfeld" conclude David Leaf "è l'Hercule Poirot
del nostro team, un detective brillante e instancabile. Per lui
la risposta 'no' non è accettabile: John non si dà mai per
vinto. È significativo il fatto che per mesi e mesi ci era
stato detto da più fonti che non esisteva l'immagine di John
Lennon che riceve la fatidica Green Card. Eravamo in chiusura
del film, la pellicola era già montata. Ma John non era ancora
convinto. Finalmente, un giorno è stato ritrovato il filmino
con le immagini di Lennon che ritira la sua Green Card: era
finito in una scatola erroneamente archiviata negli archivi
delle news".
Il
9 ottobre 1975, nella stessa giornata, Lennon riceve due grandi
notizie: la nascita di suo figlio Sean e la conferma di aver
vinto la lunga causa contro l'Ufficio Immigrazione. Il 27 luglio
1976 John Lennon ottiene la sua Green Card a New York. Poco più
di quattro anni dopo, sempre a New York, la sera dell'8 dicembre
1980, Lennon viene assassinato a colpi di pistola davanti alla
propria abitazione, il Dakota Building. I rumori degli spari,
sullo schermo buio, giungono poco prima della fine del
documentario. David Leaf non rilascia commenti sull'omicidio.
Quella, purtroppo, è tutta un'altra storia.
http://www.jamonline.it/pages/articolo.aspx?item_id=70
SITO
UFFICIALE THE U.S. VS LENNON
http://www.theusversusjohnlennon.com/site/
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VI
RACCONTO PERCHE' HO UCCISO LENNON
Erano
le 22:50 dell'8 dicembre 1980, quando John Lennon fu ucciso con cinque
colpi di pistola di fronte al palazzo dove abitava con Yoko Ono.
Scompariva, in quella fredda serata newyorkese, il mito di un'intera
generazione. Adesso, nel decimo anniversario della morete, Mark David
Chapman si decide a parlare, a spiegare il perchè, a raccontare come
sono andate veramente le cose, ad abbandonarsi al rimorso e a implorare
perdono. Chapman è l'assassino del più famoso dei Beatles. Ha concesso
la sua prima intervista dal carcere di Attica, nello stato di New York,
dove rimarrà fino al 2000 (è stato condannato a vent'anni).
"Da
quando avevo dieci anni- dice Chapman al giornalista Jack Jones, del 'Democrat
and Chronicle'- ero stato colpito dall'idealismo e dalle parole di
verità delle canzoni di John Lennon". Ma, col tempo, il suo amore
per i Beatles si è trasformato in un odio satanico. Nel 1980 Chapman si
era appena sposato e viveva con la moglie alle Hawaii. Non aveva lavoro.
L'immagine di un Lennon, sprofondato nei lussi newyokesi gli faceva
rabbia.
Così,
in una sorta di crescente follia, Chapman metteva a terra il disco dei
Beatles, si inginocchiava e pregava Satana di dargli la forza di
uccidere John Lennon. "Sentivo dentro di me una voce che diceva
'devi farlo', 'devi farlo', 'devi farlo'".
Comprata
una pistola calibro 38 in un'armeria delle Hawaii, è andato a New York
per portare a term,ine il suo piano. In una stanza d'hotel, Chapman
canticchiava: "Lennon deve morire, Lennon è un pallone
gonfiato"
Il
primo viaggio a New York è stato inutile. Chapman non ce l'ha fatta ed
è tornato dalla moglie. Alcuni giorni più tardi, il diavolo l'ha
riportato a New York. Abitava in un piccolo hotel vicino ai Dakota
Apartments, il palazzo di Lennon e di grandi altri nomi del jet set di
Manhattan (è un complesso sulla West Side costruito nel 1884). L'8
dicembre 1980 si è convinto che la "storia e il tempo" erano
dalla sua parte. Era il momento di agire. Alle 16:30 ear davanti alla
casa di Lennon, lo aspettava con in mano una copia del suo ultimo disco.
Appena l'ha visto, gli ha chiesto un autografo. Lui è stato gentile, lo
ha accontentato, gli ha chiesto se poteva fare qualcos'altro. Chapman è
rimasto di ghiaccio, non aveva la forza di estrarre la pistola. Ma ha
aspettato, con pazienza, il rotorno di Lennon. Allle 22:50 l'auto che
trasoportava John e Yoko si è fermata di nuovo davanti ai Dakota.
Chapman gli è andato incontro e ha sparato i colpi mortali.
(da
"la Repubblica", 4 dicembre 1990)
DA
JOHN LENNON CON PASSIONE E DISINCANTO
Gianfranco
Bettin - 1.3.1991
Ancora
di recente, poco prima dello scoppio della Guerra del Golfo, nel corso
di una manifestazione pacifista tenutasi a Roma lo scorso gennaio Master
of War venne letta da un attore sul palco e non fu eseguita da nessuno
dei molti gruppi che suonarono nè fu cantata in coro. We Shall Overcome,
efficacissima coralmente, e invece un po' abusata ormai, e in qualche
modo legata a una fase fin troppo "candida" del pacifismo,
inno di una gioventu' esageratamente ingenua figlia legittima degli anni
'60 e dei loro inganni. Quegli anni che proprio John Lennon si incaricò
di smitizzare in una famosa e dissacrante intervista, che rappresenta
uno del testi piu criticamente consapevoli mai prodotti da un artista
rock. John Lennon dichiarò in una lunga intervista in due puntate
rilasciata a "Rolling Stones" (21 gennaio e 4 febbraio 1971 )
che non se la sentiva piu di assecondare una visione idilliaca degli
anni Sessanta. Se la prese con i Beatles, dei quali si stava allora
definendo la rottura e con tanti altri "eroi" (lo fece anche
in God, una canzone contenuta nell'album che forse rappresenta il suo
capolavoro, The Primal Scream). Ma soprattutto se la prese, appunto, con
tutto il decennio appena conclusosi:
"Non
è successo niente tranne per il fatto che ci siamo vestiti a festa. Gli
stessi stronzi sono al potere... Stanno facendo le stesse cose di
sempre, vendono armi in Sudafrica, uccidono i neri per le strade, la
gente vive in uno stato di povertà schifoso, circondata da topi... è
tutto uguale, solo che adesso ho trent'anni e molta gente porta i
capelli lunghi".
Era
inquieto, John, e lucido, mentre considerava il decennio trascorso e
quello che si apriva. Non avrebbe potuto scrivere dawero una specie di
We Shall Overcome. Ed era ancora lontano dal sogno, dalla visione
composta e fiduciosa di Imagine ("You may say I'm dreamer /But I'm
not the only one / I hope someday you'll join us / And the world will be
as one"). Era il Lennon che progettava di fondare un partito
pacifista internazionale capace di concorrere alle elezioni e di
vincerle ovunque.
L'impatto
inaudito che aveva avuto come musicista e come "fenomeno di
costume", come promotore e simbolo di una vera rivoluzione nel
campo della cultura popolare e giovanile, doveva averlo convinto della
ripetibilita dell'impresa in un altro campo, più determinante per la
vita del mondo. Non ci riuscì, naturalmente. Era dura. Forse non ci
provò neppure fino in fondo, oltre i bed-in, i tentativi di organizzare
i festival pacifisti più giganteschi e l'affissione ovunque di enormi
manifesti con su scritto: "La guerra e finita! Se lo volete. Buon
Natale da John e Yoko". Il legame tra pace e Natale ricorre, com'e
noto, anche in Happy Xmas. War Is Over, altra canzone destinata sempre
piu a sostituire molte canzoni di Natale tradizionali. A volte, anzi,
decisamente l'unica canzone di Natale ascoltabile... . John non poteva
fondare un partito, insomma. Era fatto di una pasta diversa. E in quello
stesso periodo la sua inquietudine cresceva soprattutto interiormente.
La pace che cercava in politica, nel mondo, e per cui si impegnava, gli
stava sempre piu mancando dentro. Give Peace a Chance nasce in questo
clima contrastato e ne è un frutto singolare. La distingue - lo si
avverte proprio cantandola in coro - un tono beffardo, spavaldo, di
scherzo, ma anche un tono piu grave, quasi solenne - "All we are
saying..." - mitigate e rallegrato pero da giochi di parole e da
giri armonici tipicamente beatlesiani (dove piu si avverte la mano di
Paul McCartney). II ritmo elementare, scandito, per poi tornare a
scandirsi in un timbro che gioca su allitterazioni e assonanze e che
infine produce l'effetto di un inno nuovo, non retorico, cantabile sia
con allegria che con rabbia come accade in molte delle canzoni dei
Beatles (anche del tutto estranee a temi di questo genere: si pensi ad
esempio a Can't Buy My Love o a It's Only Love della prima produzione, e
per non dire di Help!). E questo, credo, che rende attuale Give Peace a
Chance, piu attuale di ogni altra canzone pacifista "storica".
Quanto ad eventuali altre, nuove, nessuna e assurta veramente a inno,
nemmeno la Pride (In the Name of Love) degli U2 che forse lo
meriterebbe. Per questo, dunque, la canzone di John Lennon è risuonata
ovunque in questi mesi di guerra. Bella e semplice, tutt'altro che
arrendevole nel timbro, trascinante e contagiosa nell'apertura melodica,
conteneva infine quel messaggio minimo ma irrinunciabile attorno al
quale si sono attestate le coscienze e le intelligenze nell'imminenza
del conflitto: date almeno una possibilita, almeno una, alia pace.
Non
e stato cosi, purtroppo. Ma è una ragione di più per tenerci dentro,
ricanticchiandola ancora una volta, la canzone che John Lennon ha tratto
dal proprio disincanto non meno che dalla propria passione.
-
Il tempo che ti piace buttare non è buttato
-
La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti
-
Sopra di noi c'è solo cielo!
-
Di solito c’è una gran donna dietro ogni idiota
-
Siamo più popolari di Gesù Cristo adesso. Non so chi arriverà primo.
Il Rock and Roll o il Cristianesimo.
-
Lavoro è vita, lo sai, e senza quello esiste solo paura e insicurezza.
-
La realtà toglie molto all'immaginazione.
-
Anche tu dovresti stancarti combattendo per la pace, oppure morire.
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