Sua zia Mimi, vedendo il nipote sempre alle prese con la chitarra, gli disse: «La chitarra va bene John, ma non ti darà certo di che vivere». 

Raggiunto il successo, John Lennon fece incidere questa frase su una targa d’argento, mandandola alla zia. I fan a 30 anni dalla sua morte continuano a venerarlo.

L’8 dicembre 1980, 30 anni fa a New York John Lennon veniva assassinato da un suo fan, Mark David Chapman. Tra le tante iniziative per ricordare i Fab Four, domani sera verrà proiettato in tutti i cinema nazionali “Nowhere Boy”, pellicola che racconta la storia del leggendario artista inglese, la sua adolescenza, la sua vita da teenager scostante, furbo e ribelle e la vita con sua algida zia Mimi.

Ambientato nella Liverpool del 1955, John è un ragazzino come tanti, con un passato difficile alle spalle e tanti dubbi sul futuro. L’incontro poi con un altro adolescente innamorato della musica rock come Paul McCartney lo porterà a sprigionare il suo talento musicale e a dare vita a un gruppo che per 7 anni e oltre avrebbe segnato una generazione anche da un punto di vista politico.

Il prossimo mercoledi 8 dicembre invece, alle 21, il canale televisivo Studio Universal-Premium Gallery digitale terrestre trasmetterà un film documentario sulla vita di Lennon e il suo impegno politico, presentato alla 63esima Mostra del Cinema di Venezia : “Give Peace a Chance-Usa contro John Lennon”.

 

John Winston Lennon nasce il 9 Ottobre 1940 a Liverpool nel Maternity Hospital in Oxford Street. I genitori, Julia Stanley e Alfred Lennon che si erano sposati due anni prima, si separarono nell'Aprile del 1942 quando Alfred si imbarca per far ritorno nel 1945 con l'intenzione di riprendersi il figlio e di portarlo con sè in Nuova Zelanda. John, invece, preferisce restare con sua madre che lo affida alle cure di sua sorella Mimì. L'educazione impartita dalla zia è molto severa, pur improntata ad un sostanziale affetto e rispetto; lo spirito di John è già di indole ribelle, avido di libertà e di nuove esperienze. In una sua intervista, John, richorda che "in quel periodo i miei svaghi principali consistevano nell'andare al cinema o nel partecipare ogni estate al grande "Galden Party" che si teneva nella locale sede dell'Esercito della Salvezza "Strawberry Fields". "A scuola con la mia banda mi divertivo a rubacchiare qualche mela, poi ci arrampicavamo sui sostegni esterni dei tram che passavano per Penny Lane e ci facevamo dei lunghi viaggi per le vie di Liverpool". Nel 1952 John si iscrive alla Quarry Bank High School.

La madre Julia è forse la persona che più di ogni altra ha spinto il futuro chitarrista a diventare un ribelle e ad insegnargli i primi accordi su un banjo. Famosa è la raccomandazione che la zia Mimì fa a John vedendolo trascorrere gran parte del suo tempo a strimpellare la chitarra: "con quella non ti guadagnarai mai da vivere!". La prima apparizione in pubblico dei "Quarry Men", il primo complesso fondato da Lennon, avviene il 9 Giugno 1957. Il successivo 9 Luglio nel corso di un concerto che si teneva a Woolton, il loro sound impressiona profondamente uno spettatore di nome Paul McCartney che alla fine del concerto chiede a John di essere sentito per alcuni minuti accompagnandosi con la chitarra eseguendo rapidamente " Be Bop A Lula " e "Twenty Flight Rock". John viene colpito dal fatto che quel ragazzo non solo usa degli accordi che lui ignora, ma anche perchè conosce perfettamente i testi di quelle canzoni. E così si costituisce il duo Lennon-McCartney e ha inizio quell'avventura musicale chiamata Beatles. Il 15 Luglio 1958 la madre di John, Julia, muore investita da un'auto mentre è insieme al figlio. I Quarry man, ora anche con George Harrison, registrano su nastro due brani "That'll be the day" e "Inspite of all the danger" che successivamente vengono trasferiti su cinque acetati, di cui ne sono rimasti solo due in possesso rispettivamente di Paul McCartney e John Lowe. Nel Dicembre dello stesso anno incontra e si innamora di Cynthia Powell al Liverpool Art College, la sua nuova scuola.

Nel 1959 i Quarry Men cambiano il loro nome in Silver Beatles e divengono l'attrazione fissa del Casbah Club di Liverpool, gestito dalla madre del nuovo batterista, Pete Best. Nell'Agosto del 1960 debuttano al Reeperbahn di Amburgo, con un certo Sutcliffe al basso, dove suonano ininterrottamente per otto ore al giorno. Per tenere quel ritmo John comincia a prendere pillole di anfetamina che i camerieri del locale fornivano tranquillamente. Nel Gennaio del 1961 eseguono il loro primo concerto al Cavern Club di Liverpool. Il 10 Aprile 1962, Stewart, che nel frattempo era rimasto ad Amburgo, muore per emorragia celebrale. Il 23 Agosto Cynthia e John si sposano al Mt. Pleasant Register Office di Liverpool. L'8 Aprile del 1963 Cynthia dà alla luce, al Sefton General Hospital di Liverpool, John Charles Julian Lennon. Comincia per John l'uso delle droghe pesanti. Nel Novembre 1966 John incontra per la prima volta Yoko Ono, avvenimento che avrebbe cambiato la sua vita. Il 18 Ottobre i due vengono arrestati per possesso ed uso di cannabis. Rimandati davanti alla Marylebone Magistrates'Court, vengono rimessi in libertà dietro pagamento di una cauzione. Il successivo 8 Novembre John divorzia da Cynthia. John e Yoko si sposano a Gibilterra il 23 Marzo 1969 ed iniziano il loro bed-in all'Hilton di Amsterdam. L'iniziativa, finalizzata a favore della pace nel mondo, ha grande eco sulla stampa mondiale. Come gesto simbolico, inviano un pacchettino contenente "semi di pace" ai maggiori leaders politici mondiali. John restituisce la sua onorificienza di MBE alla regina, per protesta contro il coinvolgimento inglese nel massacro del Biafra e l'appoggio del governo agli Stati Uniti per la guerra del Vietnam.

Nell'Aprile del 1970 i Beatles si sciolgono ed anche se apparentemente il fatto non lo turba più di tanto, John ingaggia feroci polemiche con il suo ormai ex amico Paul. Nel suo primo vero lp Plastic Ono Band ci dice "io non credo nei Beatles, io credo solo in me, in Yoko e in me, io ero il tricheco, ma ora sono John, e così cari amici dovete solo andare avanti, il sogno è finito". Nel disco successivo, Imagine, John si scaglia apertamente contro Paul McCartney con il durissimo testo di How do you sleep?: "Il suono che produci è musicaccia per le mie orecchie, eppure dovresti aver imparato qualcosa in tutti questi anni". Nell'Aprile del 1973 John e Yoko comprano un appartamento al Dakota nella 72^ strada di New York di fronte a Central Park, dove vanno a risiedere; John nel frattempo ha grossi problemi col governo federale per il riconoscimento della cittadinanza americana, tra l'altro viene controllato dagli agenti della C.I.A. per il suo impegno politico.
Nella seconda metà dello stesso anno John e Yoko si separano. John si trasferisce momentaneamente a Los Angeles ed intreccia una relazione con May Pang, segretaria di Yoko. La separazione si interrompe più di un anno dopo, quando i due si rivedono in occasione dell'apparizione di John al concerto di Elton John al Madison Square Garden del 28 Novembre 1974. Un'altra tappa fondamentale della breve vita di John è costituita dalla nascita del suo secondo figlio; in concomitanza col suo trentacinquesimo compleanno, il 9 Ottobre 1975 Yoko Ono dà alla luce Sean Taro Ono Lennon. Da ora in poi dedica tutta la sua vita alla famiglia, accumulando materiale per nuove canzoni, finchè l'8 Dicembre 1980 viene assassinato da un fan in cerca di notorietà.

John Lennon - Utopia di una rockstar
di Claudio Fabretti (ondarock.it)

Sono passati più quasi 25 anni dalla tragica notte di Manhattan che si portò via la mente dei Beatles. Ma il ricordo di John Lennon è più vivo che mai, tra sincera commozione e speculazioni. Storia della carriera solista del più irriverente dei Fab Four e dell'utopia infranta di una rockstar che sognava un mondo senza confini.
Chiusa con più di un'amarezza l'esaltante avventura dei Beatles, John Winston Lennon si è dedicato a una carriera solista appassionata, che lo ha visto alle prese con svariate e multiformi incarnazioni musicali, dallo sperimentalismo "folle" del progetto Plastic One Band al pop d'autore degli ultimi dischi. Un sogno infranto dai cinque spari che l'8 dicembre 1980, a New York, esplose contro di lui un giovane squlibrato di nome Mark Chapman. Si discuterà a lungo su chi sia stato il vero genio dei Beatles (e molti sono gli elementi che potrebbero far propendere per McCartney), ma un fatto appare indiscutibile: dopo la fine dei Fab Four, John Lennon si è rivelato il "cantautore" più completo dei quattro, riuscendo a collezionare una serie di canzoni che resteranno negli annali della musica, da "Imagine" a "Jealous Guy", da "Mind Games" a "Woman". La sua esperienza solista, però, è stata all'insegna di una impressionante discontinuità, indotta anche dalle sue turbolente e spesso plateali vicende personali, che lo hanno visto, nel bene e nel male, unito alla compagna e moglie Yoko Ono. Il "colpo di fulmine" tra i due era scoccato nel 1966 in una galleria d'arte londinese, quando John era in rotta con la moglie Cynthia. Yoko Ono, artista giapponese di famiglia benestante, amica di maestri dell'avanguardia come John Cage e LaMonte Young, è una personalità complessa e controversa: per molti sarà lei la vera responsabile della fine dei Beatles e un'avida vedova-sfruttatrice della eredità lennoniana. Già prima della fine del sodalizio con i Beatles, John Lennon aveva tentato di proporsi da solo. Nel '64, ad esempio, era riuscito a pubblicare due libri nonsense ("In His Own Write" e "A Spaniard In The Works") e nel '66 aveva debuttato come attore nella commedia di Dick Lester "How I Won the War". In ambito musicale, però, le sue prime mosse sono tutte al fianco di Yoko Ono. Nel 1968 la coppia incide l'improbabile collage d'avanguardia Unfinished Music, No.1: Two Virgins, un'accozzaglia di rumori, conversazioni e stravaganze assorite ispirata (forse) alla musica concettuale di Cage, che sconcerta gran parte della critica (ma affascina anche qualche "cultore"). Il disco, inoltre, fa scandalo per la celebre foto che ritrae i due completamente nudi. Il 20 marzo del 1969, Lennon e Ono si sposano a Gibilterra e per la luna di miele decidono di esibirsi in una serie di eccentriche performance pacifiste. Nascono così i "Bed-In For Peace", le singolari interviste "collettive" concesse ai giornalisti dai due sposi sotto le lenzuola, nel loro talamo all'hotel Hilton di Amsterdam. Durante questa insolita session nasce il singolo "Give Peace A Chance", destinato a divenire uno dei grandi inni del movimento pacifista.

Pochi mesi dopo, escono Unfinished Music, No. 2: Life With The Lions e The Wedding Album. Il primo raccoglie cinque bizzarre composizioni: il lato A è interamente occupato da "Cambridge 1919", un live-set inciso alla Lady Mitchell Hall di Cambridge in cui Lennon accompagna alla chitarra elettrica i vocalizzi e le urla di Ono; il lato B invece presenta quattro tracce quasi altrettanto sconcertanti: "No Bed For Beatle John" (sul rifiuto da parte di un ospedale di ospitare Lennon durante la travagliata gravidanza di Ono), "Baby's Heartbeat" (ovvero... il battito del cuore del bimbo della medesima), "Two Minutes Silence" (nel senso più concreto del termine, per commemorare l'avvenuto aborto) e "Radio Play", ovvero 12 minuti di rumoroso zapping radiofonico (!). The Wedding Album chiude definitivamente la fase della collaborazione sperimentale della coppia con due trovate ancor più stravaganti: "John And Yoko", in cui i due si chiamano a vicenda per più di 22 minuti, e "Amsterdam", ovvero venticinque minuti di gemiti di Yoko Ono. Il lato più interessante dell'operazione è pertanto la confezione: un box con il certificato di matrimonio di Lennon e la foto di una fetta di torta nuziale.

Smaltita la sbornia "sperimentale", Lennon torna a esibirsi in concerto nel settembre 1969, al Toronto Rock & roll festival, accompagnato dalla Plastic Ono Band, ovvero Yoko Ono, Eric Clapton alla chitarra, il bassista Klaus Voormann e il batterista Alan White. Il mese dopo esce l'inno anti-eroina di "Cold Turkey" e Lennon dà scacco alla Regina, restituendo il titolo di baronetto per protestare contro la politica "militarista" del governo britannico. L'avvio di una serie di iniziative di carattere politico e civile è sancito anche da "War Is Over! (If You Want It)", altro brano-slogan per le sue campagne pacifiste.

Nel 1970, l'esperienza dei Beatles può dirsi definitivamente conclusa, ma Lennon, colui che aveva definito i quattro "più famosi di Cristo", preferisce non dare l'annuncio ufficiale. Ci pensa Paul McCartney a pubblicizzare la definitiva rottura, proprio mentre per la prima volta un brano di Lennon sta scalando le classifiche in Inghilterra e in America: si tratta di "Instant Karma (We All Shine On)", un inno vibrante registrato con George Harrison e pervaso da uno spiritualismo para-buddhista. Lennon vive il gesto di McCartney come un'offesa personale e replica con il suo primo album "vero", John Lennon/Plastic Ono Band, attraversato da una caustica vena polemica contro il mito dei Fab Four: un livore che riproporrà anche in una pepata intervista a Rolling Stone. E' un album sincero e profondo, con testi molto duri, diretti, espressione di un disagio autentico e doloroso. Spaziando da un verace rock'n'roll a ballate pianistiche e bozzetti folk, l'ex Beatle scandaglia gli abissi della sua inquietudine. Tutto il disco è una sorta di autocoscienza di Lennon, impegnato in quei giorni con Yoko Ono in una terapia psicanalitica presso il celebre psichiatra americano Arthur Janov, l'autore di "The primal scream" (il saggio sulla necessità di resuscitare "l'urlo primario" e di regredire allo stadio infantile per vivere meglio la condizione di adulti). C'è l'epitaffio per la madre Julia, investita da un autobus davanti ai suoi occhi quando John aveva solo 18 anni: la splendida "Mother", introdotta da campane a morto e straziata dalle grida disperate di Lennon ("Mama don't go, daddy come home"). Più che un commosso ricordo, però, è un atto d'accusa nei confronti dei genitori che si separarono quando John aveva due anni, affidandolo a una zia (e il disco si chiuderà con un infantile lamento di Lennon a ricordo della madre scomparsa). Altra dolente ballata amorosa è la dolce "Love", per piano e voce. Il "socialista" Lennon intona gli inni di "Working Class Hero" e "Power To The People", mentre il suo rapporto tormentato con la religione trova sfogo nell'invettiva di "God" ("God is a concept by which/ we measure our pain"), in cui "rinnega" tutto e tutti (da Cristo a Buddha, da Presley a Bob Dylan, fino agli stessi Beatles). "I Found Out" e "Remember" sono invece le classiche scorribande rock di marca lennoniana. Le velleità avanguardistiche sono scomparse (anche se partecipa al disco Ornette Coleman), ma Lennon ha finalmente calibrato la sua dimensione solista.

Trasferitosi a New York, Lennon consolida il suo mito con l'album Imagine (1971), che sbanca le chart in tutto il mondo. La struggente ballata utopistica della title track resterà il suo brano più celebre, il suo testamento spirituale e un inno per generazioni di pacifisti e "sognatori" ("Imagine no possesions/ I wonder if you can / No need for greed or hunger/ A brotherhood of man/ Imagine all the people sharing all the world/ You may say I'm a dreamer/ but I'm not the only one/ I hope some day you'll join us/ And the world will live as one"). Ma il disco si fa valere anche per molte altre tracce, a cominciare dalla più celebre ode sulla gelosia della storia del rock, quella "Jealous Guy" che in tanti reinterpreteranno (ma il solo Bryan Ferry riuscirà a nobilitare): una melodia sopraffina, esaltata da un pregevole arrangiamento d'archi. E poi c'è ci sono l'altra delicatissima perla melodica di "Oh My Love" (una delle sue ballate più commoventi), l'attacco al vetriolo a Paul McCartney in "How Do You Sleep?" ("the only thing you done was Yesterday"!), le ruvidissime "It's So Hard" e "Gimme Some Truth" e l'ennesimo inno pacifista, a ritmo di blues stavolta, di "I Don't Wanna Be A Soldier Mama". Nel complesso, un album maturo e profondo, che scivola solo nel finale, con la stucchevole "Oh Yoko!".

Dopo la pubblicazione natalizia del singolo "Happy Xmas (War Is Over)", nel 1972 esce il doppio Sometime In New York City, in cui l'impegno politico di Lennon si radicalizza, con una serie di prese di posizione pacifiste, femministe e anti-imperialiste. Sul piano musicale, però, il disco, mera riproposizione di slogan politici, delude le attese. Meglio farà un anno dopo Mind Games, trascinato dalla struggente title track (e non molto altro, però...). I testi portano alla luce anche la crisi tra John e Yoko, e poco dopo infatti i due si separano. L'anno seguente però, dopo il concerto di Elton John e John Lennon al Madison Square Garden di New York, la coppia tornerà a frequentarsi. Nel frattempo Lennon ha pubblicato un altro album, il mediocre Walls And Bridges (con un brano firmato assieme a Elton John, "Whatever Gets You Through the Night"), ed è reduce da un periodo ad alto tasso autodistruttivo, tra droghe e sesso facile. Nel 1975 esce Rock'n'roll, raccolta di oldies che segna una sorta di "ritorno a casa", alle radici della musica che Lennon ha sempre prediletto.

Dopo aver collaborato con David Bowie (partecipando alla scrittura dell'hit "Fame") e vinto una battaglia legale contro il Dipartimento per l'immigrazione che gli aveva revocato il permesso di soggiorno per possesso di marijuana, Lennon si ritira nell'ombra, rifugiandosi nella sua casa di Manhatthan con la moglie e il neonato figlio Sean.

Passano cinque anni prima del ritorno in sala d'incisione, per l'album Double Fantasy (1980), e il successo riesplode, grazie a ballate struggenti come "Woman" e "Just Like Starting Over". La prima, in particolare, sembra aprire il cuore inquieto di Lennon verso un romanticismo di inarrivabile tenerezza ("Woman I know you understand/ The little child inside the man/ Please remember my life is in your hands/ And woman hold me close to your heart/ However, distant don't keep us apart/ After all it is written in the stars... I never meant to cause you sorrow or pain/ So let me tell you again and again and again/ I love you - yeah, yeah - now and forever"): quale donna non vorrà sentirsi dedicare un brano così? Il resto dell'album, invece, vivacchia tra qualche spunto pop gradevole, ma pur sempre in tono minore rispetto ai suoi standard ("Watching the Wheels", "Cleanup Time"), e momenti di autentica leziosità ("Beautiful Boy", "Dear Yoko").

Ma proprio mentre l'album sta scalando le classifiche, arriva la tragedia dell'8 dicembre 1980 a spezzare per sempre l'utopia del dreamer di Liverpool. Fa molto freddo a New York quella notte, ma John Lennon ha scelto proprio quel giorno per uscire di casa dopo mesi di isolamento. Sono passate le undici di sera quando gli si avvicina un giovane, lo stesso cui aveva firmato un autografo poche ore prima. E' un attimo: i cinque spari, gli occhialetti tondi di Lennon rotti e insanguinati, il suo corpo a terra, davanti al Dakota Building. L'assassino è un giovane squilibrato che si dichiarerà un suo fan, Mark David Chapman. La sera dopo la tragedia, Bruce Springsteen apre un suo concero gridando al pubblico: "Se non fosse stato per John Lennon, oggi molti di noi non sarebbero qui". Il mondo è in lutto e si ferma a ricordarlo: il 14 dicembre milioni di fan si uniscono per commemorarlo con dieci minuti di silenzio. L'album Double Fantasy e il singolo "(Just Like) Starting Over" si insediano stabilmente al n. 1 di tutte le chart mondiali e gran parte dei suoi dischi precedenti torna in auge.

Non sono mancate in questi anni le operazioni speculative, gestite spesso dalla stessa Yoko Ono. Grazie ai diritti d'autore sull'immagine del marito, l'artista giapponese è riuscita infatti a concludere affari miliardari, che le sono valsi molto più dei suoi ermetici progetti musicali. Ma la leggenda dell'ex-Beatle è sempre rimasta integra.
Su internet, ad esempio, Lennon è uno degli artisti più idolatrati. E tra le più stravaganti inziative dedicate in rete alla sua memoria, c'è anche "Imagine, and it's true!", ovvero come parlare con un John Lennon artificiale. Collegandosi al sito web triumphpc.com/john-lennon si può infatti "chattare" con un John Lennon virtuale, programmato sulla base di più di mille dichiarazioni e interviste effettuate in vita dal musicista di Liverpool.
Non si contano i referendum musicali vinti dall'ex-Beatle (l'ultimo, di "Channel 4-Hmv" lo ha giudicato "il musicista più influente di sempre"). "Imagine" è stata da più parti votata come "la canzone del secolo". L'autobiografia "The Beatles Anthology", uscita nel 2003 in Gran Bretagna, è stata il più grande successo editoriale d'inizio millennio, con oltre 20 milioni di copie vendute. La più recente raccolta dei Beatles, "1", ha conquistato la vetta delle classifiche europee, americana e giapponese. E proprio a Tokyo è stato inaugurato il primo museo permanente dedicato a John Lennon. Oggi, a quasi 25 anni di distanza dalla sua morte, il mito di John Lennon resta più che mai vivo e attuale, anche se il suo sogno, che è quello di un'intera generazione, sembra essersi definitivamente dissolto.

 

UNO SPIRITO RIBELLE

di Mauro Pavani

Sono all'incirca le 23 dell'8 Dicembre 1980.

John e Yoko stanno tornando alla loro residenza dopo una lunga giornata in studio di registrazione. Raggiungono il portone del Dakota Building, stanno per varcare la soglia quando una voce chiama per nome l'ex Beatles. Sono 5 i colpi esplosi dall'arma che toglierà la vita a Lennon, a nulla servirà la corsa all'ospedale Roosevelt.

Il mondo della musica rock perde tragicamente uno dei suoi protagonisti principali, la morte consegna John Lennon alla leggenda. Rimangono le sue canzoni, le sue parole e le sue note, ma chissà cos'altro avrebbe potuto comporre con il suo talento, se solo il destino che ha armato la mano di quel folle fosse stato attento quanto bastava per evitare la tragedia.

L'8 Dicembre 2000 sarà il ventesimo anniversario della scomparsa di questo grande artista, ho voluto ricordarlo in questo articolo, perché amo la musica dei Beatles e di John da sempre.

John Winston Lennon nasce il 9 ottobre 1940 a Liverpool.

John è un ragazzo dallo spirito già di indole ribelle, avido di libertà e di nuove esperienze. Crescendo John comincia a seguire con una certa attenzione i fenomeni musicali dell'epoca: Elvis Presley, il rock and roll in genere e lo skiffle. Nel marzo del 1957 fonda il proprio gruppo skiffle, chiamandolo in un primo momento The Black Jacks. Nella loro prima apparizione in pubblico, avvenuta il 9 giugno 1957, il nome è già cambiato in Quarry Men.

L'incontro con Paul McCartney avviene al termine di un concerto della band di John. Paul chiede a John di essere "sentito" per alcuni minuti accompagnandosi con la chitarra. John viene colpito dalla mini esibizione di McCartney, è il primo passo verso quell'avventura musicale chiamata Beatles, che ancora oggi non ha avuto uguali.

Nel novembre del 1966 John incontra per la prima volta Yoko Ono, avvenimento questo che avrebbe cambiato radicalmente la sua vita.

Un'altra tappa fondamentale della purtroppo breve vita di John è costituita dalla nascita del suo secondo figlio. Infatti, in concomitanza del suo trentaciquesimo compleanno, il 9 ottobre 1975, Yoko Ono dà alla luce Sean Taro Ono Lennon.

Nell'ultima intervista rilasciata la mattina dell'8 dicembre 1980, John dichiara che, avendo compiuto da poco quarant'anni, è sua ferma intenzione ricominciare a "vivere" e dedicarsi nuovamente alla musica a tempo pieno.

Infatti, ha già preso in affitto uno studio di registrazione a New York presso la "Hit Factory".

Sin dal momento in cui ha ottenuto dal governo federale il riconoscimento ufficiale di cittadinanza americana, si trova in uno stato d'animo più sereno e rilassato.

Aveva registrato molto materiale sin da quando nel 1975 si era dedicato esclusivamente alla sua famiglia.

Molti di questi lavori, dopo la sua tragica morte, si trovavano ancora nella fase embrionale, sebbene alcuni brani fossero già nella versione definitiva, in quanto materiale destinato all'album "Double Fantasy".

Il gesto di uno sconsiderato ha stroncato ogni illusione di poter rivedere i Beatles insieme oltre a causare la perdita di un uomo e un personaggio unico e irripetibile nella storia della musica rock.

 

SE GLI ATEI PREGASSERO, 29 ANNI DOPO.

(Gianfranco Manfredi) - Diario della settimana, 27 novembre 2000

È il 1971. I Beatles si sono già sciolti da un anno, di comune accordo, su proposta di John Lennon che dal ‘67-’68 ha imboccato un nuovo cammino di ricerca espressiva con Yoko Ono, dagli esiti spesso sconcertanti. Malinconicamente, molti hanno giudicato lo scioglimento dei Beatles come una confessione di "abbiamo già dato", qualcuno si illude che abbiano solo esposto il cartello di "chiuso per ferie" e che presto torneranno insieme, e poi naturalmente c’è la massa dei misogini e delle ragazzine piangenti che riversa ogni colpa sulle supposte dark ladies Linda e Yoko.

Ed ecco che, inatteso, giunge l’album Imagine, con il quale Lennon non solo dimostra di aver ritrovato se stesso, ma si "marchia" con una canzone simbolo, destinata a diventare il suo My Way. Desta sorpresa che dopo aver proclamato di voler battere le strade dell’avanguardia e della sperimentazione, Lennon abbia partorito una canzone costruita su un semplicissimo giro di Do, che è nella storia della musica pop l’antagonista strutturale del giro di blues. Il singolo arriva subito al terzo posto nelle classifiche americane, in Inghilterra, causa censura, viene pubblicato solo quattro anni dopo, e conquista il primo posto. Nel frattempo, Imagine si è rivelata una  canzone-manifesto, capace di riassumere con mirabile nitore l’utopia di un’intera generazione per consegnarla eternamente vergine ai posteri. Vergine... questo forse era nelle intenzioni (dopotutto lo scandaloso album "programmatico" di John e Yoko che li ritraeva completamente nudi in copertina, si intitolava Due Vergini) in realtà nella storia del rock non c’è stata canzone più stuprata di Imagine. Il tempo sembra aver dissolto il suo intento provocatorio. Non c’è entertainer al mondo che non l’abbia messa in repertorio ed eseguita alla stregua di un qualsiasi evergreen sentimentale, e non c’è programma televisivo per famigliole che non l’abbia ammannita come zuccheroso dessert, dissimulando in puro flatus vocis i versi più chiaramente anti-religiosi, quando non tagliandoli del tutto. La stessa Yoko Ono, del resto, proponendola alla fine del 1999 come canzone Inno del Nuovo Millennio, l’ha definita al tabloid londinese Sun come "una preghiera, scritta per un mondo migliore", aggiungendo questo auspicio-appello: "Spero che questo Natale il disco arrivi in testa alle classifiche. Servirà a diffondere l’idea della pace e John ne sarà toccato".

QUALCUNO CREDE AL PARADISO? Non guasterà, a quasi trent’anni di distanza, una piccola esegesi del testo di Imagine che ne richiami il senso originale e ne misuri (scherzosamente, ma non troppo) qualche distanza dall’oggi.

L’attacco non potrebbe essere più diretto: Immagina che non esista il paradiso. È facile, basta che ci provi. Tipica ironia demistificatoria di Lennon: chi crede al Paradiso? Nessuno. Nessun inferno sotto di noi (anche la teologia ufficiale ormai ammette che l’Inferno è solo una metafora). Sopra di noi soltanto il cielo (questo è un concetto più ostico per i credenti, ma tutto è possibile dopo che il Papa ha detto che Dio non ha la barba e che il Paradiso con gli angeli che suonano l’arpa tra le nuvolette non va preso alla lettera). Immagina che tutte le persone vivano solo per l’oggi (godi la vita adesso, cogli l’attimo fuggente, eterno imperativo libertino sempre scandaloso agli occhi dei cantori dell’etica del lavoro, del sacrificio, e della competizione). Immagina che non ci siano nazioni, non è poi così difficile da fare (puro cosmopolitismo anarchico, ma, dio mio, non sarà invece stato scambiato con l’odiata globalizzazione? In ogni caso pare difficilissimo abolire gli Stati Nazionali, e tra chi lo chiede c’è chi pretende le Regioni Blindate e le Città Stato. Immaginare va bene, ma illudersi è nefasto). Niente per cui uccidere o morire (nonviolenza sacrosanta, ma con i guerrafondai come la mettiamo?) e anche nessuna religione (ahi! Ecco il punto dolente. Come si fa a vincere la battaglia della pace senza l’appoggio delle principali organizzazioni religiose? Qualche anima bella forse suggerirà di limitare la proposta abrogativa al fondamentalismo islamico e alle sette terroristiche giapponesi). Immagina che tutta la gente viva la propria esistenza in pace (questo, certo, apre il cuore. In una canzone funziona, in una riunione di condominio già meno). Risposta di Lennon alle obiezioni: Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo, spero che un giorno tu sarai con noi, e il mondo sarà come un’unica persona.

L’Utopia, la forza del Sogno, l’immaginazione che non ha bisogno di andare al Potere perché è più forte senza il Potere... non si è ancora capito? Si passi alla seconda strofa. Immagina nessuna proprietà. Se ce la fai, mi meraviglio anch’io. Grande Lennon! Sferra il colpo e aggiunge ironia, prima di riassumere "politicamente" i punti cardine della visione: liberazione dal bisogno, dall’avidità e dalla fame, fratellanza universale, condivisione del mondo.

Questo messaggio viene ripetuto con diverse sfumature in altre canzoni dell’album. In Crippled Inside Lennon canta: Puoi anche andare in chiesa a cantare gli inni, puoi giudicarmi in base al colore della mia pelle, puoi vivere nella menzogna finché muori, ma una cosa non puoi nasconderti: che sei menomato dentro.

In I Don’t Wanna be a Soldier enuncia una serie di ruoli che rifiuta: quello di soldato, perché non voglio morire, quello di avvocato, perché non voglio mentire, quello di emigrante, di povero e di ladro, perché non voglio scappare, quelli di "fallito", di ricco e di uomo di chiesa, perché non voglio piangere. Quest’ultima associazione è significativa: arricchire coincide per Lennon con un drammatico fallimento, e appartenere a una chiesa per lui conduce allo stesso esito. L’apparente ricchezza materiale e quella spirituale, incarnate in ruoli, sono per Lennon le maschere sociali che celano un senso profondo di deprivazione e di smarrimento.

Conclusione: il sognatore di Imagine non è affatto un ingenuo. È amaramente consapevole di dover vivere appeso a una speranza molto esile di riscatto universale, ma non si limita ad aspettare che si realizzi. Cerca felicità per sé, nell’oggi, e sintonia con lo stato d’animo di tutti. E canta, chiaro e sommesso, senza bisogno di rafforzare il messaggio con scansioni ritmiche e clangori elettrici, che non esiste lotta per la pace senza denuncia dell’ordine sociale e dell’ipocrisia religiosa in particolare.

TRA PROPAGANDA E VERITÀ. Domanda: Lennon era anarchico? Verrebbe ovvio rispondere di sì, ma la cosa non è così semplice come appare. In un’intervista politica concessa nel 1966 al giornalista Ray Coleman del Disc Weekly Lennon dichiara: "Io non sono un anarchico e non voglio sembrare uno di loro. Ma penso che sarebbe un bene se sempre più gente si rendesse conto della differenza tra la propaganda politica e la verità. C’è una sola ragione che spieghi la quantità di programmi televisivi elettorali: i  politici vogliono  forzare il pubblico a guardarli. Altrimenti, alla gente non potrebbe fregare di meno di loro... perché sotto sotto la maggior parte delle persone sa che c’è qualcosa di sbagliato nell’attuale forma di governo... questi politici a me sembrano tutti uguali. Parlano solo di economia, non delle persone e della fame di libertà. Le cose che contano di più per noi, per loro sono irrilevanti".

Al momento in cui rilasciava questa intervista, John non aveva ancora conosciuto Yoko Ono, e lo scioglimento dei Beatles non era all’ordine del giorno. I Beatles però avevano maturato la decisione di non apparire più in pubblico, turbati dall’evidenza: i loro concerti erano diventati puri riti spettacolari e l’isterismo per il quartetto svuotava di significato ogni tentativo di comunicare.

PIÙ POPOLARI DI GESÙ. Fu allora che Lennon cominciò a mostrarsi provocatorio anche nei confronti del pubblico e a dare scandalo fuori dalla cornice abituale del palcoscenico. Nello stesso anno 1966 rilasciò una famosa (e per molti malfamata) intervista alla giornalista Maureen Cleave dell’Evening Standard, in cui proclamava che i Beatles erano più popolari di Gesù Cristo. Seguirono parziali ritrattazioni, in cui Lennon spiegò che aveva voluto essere ironico, ma è bene rileggere il testo integrale della sua dichiarazione alla Cleave: "Il cristianesimo è destinato a scomparire, raccoglierà sempre meno fedeli fino a svanire del tutto. Non c’è nulla da discutere su questo punto: ho ragione e i fatti mi daranno ragione. In questo momento siamo più popolari noi di Gesù. Gesù era in gamba, ma i suoi seguaci erano gentaglia rozza e ottusa". Pur nella frettolosità della "sparata" non deve sfuggire l’acuta associazione tra il cristianesimo e l’idolatria suscitata dal rock. Questa resterà una costante per Lennon, che non a caso canterà: Io non credo in Dio, io non credo ai Beatles.

 

 

E neppure si può dire che fosse meno smitizzante nei confronti della già affiorante spiritualità new age. Del guru Maharishi che tutti davano per guida spirituale dei Beatles, disse che le sue tecniche di meditazione erano "bolle di sapone". Un giudizio più gentile , se vogliamo, di quello dato da Mick Jagger ("un ciarlatano") ma anche più sarcastico. Era il tempo in cui un altro celebre cantante, Donovan, dichiarava: "La musica pop è il veicolo perfetto per la religione". Se guardiamo alla riabilitazione del rock voluta da Giovanni Paolo II, non possiamo non riconoscere un carattere profetico alle parole di Donovan. La sbandierata sicurezza con la quale Lennon annunciava la fine del cristianesimo può invece apparire patetica, e il suo disagio nel vivere da protagonista il trionfo del rock idolatrico può essere giudicato contraddittorio e tragico.

Quando Lennon venne ucciso, nel 1980, aveva abbandonato le scene da cinque anni, cercando di vivere come un normale cittadino di New York, uscendo per strada senza guardia del corpo, chiacchierando con le persone del quartiere, non più costretto a fuggire dall’assedio dei fans, tanto da fermarsi in mezzo alla strada per firmare un autografo a Mark Chapman, l’uomo che gli avrebbe poi sparato.

La morte violenta consegnò John Lennon all’icona che credeva d’essere riuscito a spezzare. Ma oggi che è diventato un santino buono per tutti gli usi, si cerchi almeno di rispettarlo per ciò che era: non un leader politico, non un modello di comportamento, ma un ateo militante, questo sì.

 

Imagine

Imagine there's no heaven

It's easy if you try

No hell below us

Above us only sky

Imagine all the people

Living for today...

Imagine there's no countries

It isn't hard to do

Nothing to kill or die for

And no religion too

Imagine all the people

Living life in peace...

You may say I'm a dreamer

But I'm not the only one

I hope someday you'll join us

And the world will be as one

Imagine no possessions

I wonder if you can

No need for greed or hunger

A brotherhood of man

Imagine all the people

Sharing all the world...

You may say I'm a dreamer

But I'm not the only one

I hope someday you'll join us

And the world will live as one

Immagina

Immagina che il paradiso non esista

è facile se ci provi

non c’è l’inferno sotto di noi

sopra di noi soltanto il cielo

immagina tutta la gente

che vive solo per il presente

immagina che non ci siano nazioni

non è difficile farlo

niente per cui uccidere o per cui morire

e neppure nessuna religione

immagina tutta la gente

che vive la propria vita in pace…

tu dirai che io sono un sognatore

ma non sono l’unico

spero che un giorno ti unirai a noi

e il mondo diventerà unito

immagina che non esista la proprietà (privata)

immagino che tu ci riesca

nessuna necessità di avidità o di fame

una comunità di uomini

immagina tutta la gente

che si divide tutto il mondo

tu dirai che io sono un sognatore

ma non sono l’unico

spero che un giorno ti unirai a noi

e il mondo diventerà unito

 

 

 

The U.S. vs. John Lennon (Give Peace A Chance)

di Ezio Guaitamacchi e Aldo Pedron

A 26 anni dalla tragica scomparsa, rivive il mito del John Lennon ribelle, dell'artista trasgressivo, del Beatle rivoluzionario, del pacifista convinto. Un nuovo documentario, completo, accuratissimo e accompagnato da una colonna sonora altrettanto puntuale, fa luce sugli anni newyorchesi di John & Yoko, sul loro impegno sociale, politico, culturale e artistico. E spiega perché gli Stati Uniti d'America negli anni 70 avevano paura dell'uomo che cantava Imagine.

Mai più la guerra - Yoko Ono e le ragioni del pacifismo

Potere al popolo (e alle canzonette) - La colonna sonora di The U.S. vs. John Lennon

Lennon, uomo e pacifista - Il film visto da un beatlesiano doc

Niente politica, Sean canta d'amore - Lennon Jr tra romanticismo e disillusione

The U.S. vs. John Lennon è il film che John avrebbe voluto fosse fatto su di lui" ha dichiarato Yoko Ono a proposito del lavoro di David Leaf e John Scheinfeld, presentato con successo ai prestigiosi festival di Venezia, Toronto, Telluride e da qualche settimana in circolazione nei cinema americani.

Noi abbiamo visto il documentario, chiacchierato a lungo con il regista e cercato di capire le ragioni di una pellicola che, prodotta da Lionsgate (gli stessi studios hollywoodiani che finanziano i controversi lavori di Michael Moore), presenta sottili analogie tra l'America degli anni 70 e il mondo occidentale del post 11 settembre.

È una splendida, serenissima giornata di sole. Venezia mette in mostra, è proprio il caso di dirlo, tutta la sua abbagliante bellezza. Navigando sul vaporetto, rimaniamo incantati ad osservarne le forme: dalle più evidenti, esposte e celebrate, a quelle meno ovvie, ma non per questo meno fascinose, come se, invece che ammirare la città della laguna, fossimo in presenza di una donna seducente, a tratti davvero irresistibile. Persino il "noioso" Lido, con il suo look retrò e alcuni scorci da località turistica di serie B, sembra oggi avere "un suo perché". In giorni come questi, infatti, non ci sono solo cieli blu e una luce intensa, quasi "americana", ad accecare turisti e bagnanti. Brillano in modo altrettanto "fragoroso" i mille lustrini della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica (giunta tra critiche, polemiche e litigi alla 63esima edizione) che qui ha, da sempre, la sua storica sede. Se a tutto ciò aggiungete che su di noi, ingenui appassionati di rock'n'roll abituati ad ambienti spartani, relazioni friendly e budget inesistenti, il glamour del mondo del cinema fa sempre un certo effetto, il risultato è assicurato. Tanto che è sufficiente metter piede nella hall del mitico Des Bains, facendosi largo tra fotografi, operatori televisivi, giornalisti e presunti addetti ai lavori, per sentirsi per un minuto (magari con un po' di fantasia.) Brad Pitt o Julia Roberts. Così come passeggiare in prossimità della passerella rossa di fronte al Palazzo del Cinema, di fianco ai leoni d'oro, o sorseggiare un aperitivo sulla terrazza dell'Excelsior sembra darti all'istante un'aria alquanto chic e farti passare per "uno che conta". Oggi, proprio sulla Terrazza Martini, "uno che conta" è il nostro amico David Leaf giunto a Venezia per presentare la sua ultima fatica, The U.S. vs. John Lennon, film documentario che ricostruisce gli anni newyorchesi dell'ex Beatle, il suo impegno pacifista, le sue relazioni con i radical americani, la sua storia sentimentale e artistica con Yoko Ono.

Prima di abbracciare David (sommerso dagli impegni promozionali) ci eravamo recati al PalaBiennale, lo spazio più ampio tra quelli deputati alle proiezioni pubbliche, per assistere allo screening del suo film, accolto benissimo da operatori, giornalisti e appassionati, sia come numero di presenze, che come risposta finale: con piacere, prendiamo nota che The U.S. vs. John Lennon incassa un lungo, scrosciante applauso che accompagna i titoli di coda.

"Hanno davvero applaudito tanto?" ci chiede David, evidentemente curioso di sapere le reazioni del pubblico. "Sono soddisfatto e orgoglioso di questo lavoro al quale tengo moltissimo. Ho iniziato a pensare al progetto nei primi anni 90 quando la figura di Lennon era un po' dimenticata. All'inizio è stata dura: non trovavo finanziatori ma neppure sostegno artistico e ideologico. Un paio d'anni fa, la svolta".

Consulente e braccio destro di Brian Wilson, Leaf ha da anni contatti frequenti con fan eccellenti dell'ex Beach Boy, Paul McCartney su tutti. "Sean Lennon" ci racconta David (sul figlio di John e Yoko vedi anche box a pagina 45) "è uno sfrenato ammiratore di Brian. Pensate che, tutti gli anni, gli manda mazzi di fiori e cartoncini di auguri per il suo compleanno. Idem a Natale e capodanno! È stato Sean, molto gentilmente, a raccomandarmi a sua madre. L'approvazione di Yoko era indispensabile, non solo per motivi legali o di copyright: sapevo che il suo supporto avrebbe dato al progetto un valore aggiunto impagabile. Oltre al crisma dell'ufficialità, infatti, abbiamo potuto contare su filmati e materiali rari provenienti direttamente dagli archivi privati di famiglia. E, così, sono partiti i lavori".

Il documentario, pur non svelando fatti inediti né mostrando immagini particolarmente scottanti, ricostruisce in maniera accurata il profilo di John Lennon, artista e uomo "contro", ribelle sin dall'infanzia, come mostrano alcune immagini iniziali "indispensabili per far capire a tutti il carattere del soggetto", come ci ha voluto precisare Leaf. Ma soprattutto, il lungometraggio (99 minuti serrati, appassionanti, intensi e coinvolgenti) tratteggia benissimo il quadro storico e socio-culturale dell'America di fine anni 60 e primi anni 70 nel quale si svolgono gli eventi. Fuori da questo contesto socio-politico, riuscirebbe, infatti, del tutto incomprensibile capire le ragioni che hanno spinto l'FBI a raccogliere centinaia di pagine sul musicista inglese, intercettare telefonate, filmare incontri, registrare colloqui privati, prender nota dei testi delle sue canzoni, finendo per negare a John e Yoko (con la complicità dell'Immigration Office) la Green Card, e cioè il permesso di soggiorno e cittadinanza ai cittadini stranieri in America. Il tutto è documentato con dovizia di particolari e testimonianze efficacissime dalla pellicola di Leaf e Scheinfeld (vedi il website ufficiale www.theusversu sjohnlennon.com).

"Non era tanto John Lennon il soggetto pericoloso" racconta nel film Geraldo Rivera, giornalista televisivo di grido, conduttore di talk show popolari e autore di interviste a personaggi scomodi (celebre il suo faccia a faccia con Charles Manson, nel carcere di Corcoran) "l'America era terrorizzata dal fatto che Lennon, una celebrità internazionale, piena di fascino e carisma, desse credito e voce ai veri rivoluzionari di quegli anni: Abbie Hoffman, Jerry Rubin, Bobby Seale, Angela Davis, John Sinclair, autentici nemici dell'establishment a stelle e strisce".

Rivera è solo una delle figure di spicco intervistate da David Leaf. Quella che il regista propone è, infatti, un'autentica carrellata di testimoni politici eccellenti (da Mario Cuomo al senatore George McGovern, il più tosto fra gli avversari di Nixon, che nel film canticchia, a sorpresa, Give Peace A Chance), opinion leader popolarissimi (come il mitico Walter Cronkite, il più celebre anchorman d'America o Carl Bernstein, il reporter del Washington Post che scoprì il complotto del Watergate), soloni della cultura americana (come Gore Vidal, il più grande storico vivente), personaggi rappresentativi dell'America in guerra con il Vietnam (Gordon G. Liddy, consigliere politico del presidente Nixon, e John C. Jack Ryan e Wesley Swearingern, agenti dell'FBI ai tempi della inflessibile gestione di J. Edgar Hoover). Le loro dichiarazioni aiutano la comprensione, danno peso e credibilità all'intero progetto, svelano aspetti e particolari poco conosciuti della storia. Filmate con la tecnica classica della scuola documentaristica anglo-americana (camera fissa a mezzobusto su sfondo uguale per tutti), si alternano per le telecamere del regista californiano anche le testimonianze di tre radical sopravvissuti: le già citate icone della controcultura afroamericana, il famoso Bobby Seale, fondatore e leader del Black Panther Party (oggi con una cinquantina di chili in più e un milione di capelli in meno) e la dottoressa Angela Davis (la sua equivalente donna) più il pittoresco John Sinclair (poeta, pensatore, manager degli MC5 e fondatore delle White Panther, le "pantere bianche" rivoluzionarie e trasgressive come i loro fratelli neri). Nell'estate del 1969, Sinclair commette la sciocchezza di acquistare due spinelli da una poliziotta in borghese e per questo viene condannato a 10 anni di galera. Dopo Abbie Hoffman, che sollecita la liberazione di Sinclair salendo sul palco di Woodstock nel momento sbagliato e cioè in pieno set degli Who beccandosi così un vaffanculo e la paletta di una Gibson SG in faccia da Pete Townshend, è proprio John Lennon il portavoce più efficace delle istanze per la scarcerazione di John Sinclair. Le immagini del concerto per Sinclair (con riprese suggestive del pezzo omonimo) sono un'autentica chicca per i lennoniani doc e, più in generale, per tutti i rock fan. Tra l'altro, queste sono tra le poche scene del film a mostrare il Lennon musicista in azione. Infatti, seppur la musica di John è costantemente presente (sono oltre 40 i brani utilizzati da Leaf e Scheinfeld, due dei quali - una versione live di Attica State e la parte strumentale di How Do You Sleep - assolutamente inediti, vedi box a pagina 41), il documentario ha ben altro obiettivo: quello cioè di raccontare la metamorfosi dei coniugi Lennon, il passaggio di John da icona pop a leggendaria figura pacifista perseguitata dall'amministrazione Nixon che per anni ha tentato con ogni mezzo, ma invano, di espellerlo dagli Stati Uniti.

"Durante la lavorazione del film" ci ha spiegato David Leaf "ho preso coscienza del fatto che non dovevo fare alcuno scoop. Non c'erano fatti nuovi, storie inedite o retroscena scabrosi da raccontare. Semplicemente, bisognava rimettere a posto i vari tasselli e soprattutto dare al tutto una nuova prospettiva, più moderna e attuale. Io stesso, che ho vissuto con grande intensità quegli anni, ne conservavo una visione distorta: ero troppo giovane e ingenuo e quando il tutto era in pieno svolgimento non ne sapevo cogliere il vero significato. Mettendomi nei panni dello storico, ho potuto in seguito studiare quella vicenda con lucidità, rileggendo trent'anni dopo gli stessi eventi visti da un'angolazione diversa che ritengo più obiettiva e più vicina alla realtà dei fatti. Così facendo, mi sono reso conto di quanto John Lennon sia stato un uomo e un artista coraggioso. E, di conseguenza, ho sviluppato un profondo senso di rispetto per il suo modo di essere, per il suo indefesso attivismo, per il suo originale ma efficacissimo ruolo di pioniere del pacifismo, per le sue critiche, dure e determinate, nei confronti dell'establishment americano".

"Come molti miei coetanei in America", prosegue David, "sono cresciuto ascoltando la musica dei Beatles. Per me, Lennon era un idolo. In quegli anni, durante l'amministrazione Nixon, andavo a scuola a Washington e fin d'allora la storia di John e Yoko, le loro battaglie pacifiste, i loro celebri bed-in, mi affascinavano".

Il documentario analizza in modo approfondito il decennio 1966/76, uno dei periodi più discussi e contestati della storia americana e ne evidenzia alcuni passaggi salienti. Il 17 aprile 1965, 25mila persone partecipano a Washington a una dimostrazione contro la guerra in Vietnam. Il 22 ottobre 1967, oltre 100mila persone prendono parte alla Marcia sul Pentagono chiedendo la fine della guerra; tra loro i radical Stew Albert, Abbie Hoffman e Jerry Rubin. Il 15 novembre 1969 un'altra manifestazione, sempre nella capitale Usa: questa volta sono quasi mezzo milione i dimostranti che partecipano al Washington Moratorium, la più grande marcia pacifista nella storia degli Stati Uniti. Il 4 maggio 1970, quattro studenti che stanno protestando contro l'invasione americana in Cambogia vengono uccisi dalla Guardia Nazionale nel campus della Kent State University, Ohio (il fatto ispira Neil Young che compone Ohio, pubblicata di lì a poco, destinata a diventare la prima instant song della storia del rock). Il 7 novembre 1972 Nixon viene eletto presidente per la seconda volta, battendo in maniera schiacciante il candidato democratico George McGovern. Il 17 maggio 1973 la commissione d'inchiesta del Senato inizia la sua indagine dopo un'irruzione al Watergate Hotel. L'8 agosto 1974 Richard Nixon annuncia le proprie dimissioni.

Sullo sfondo di questi eventi, s'innestano le avventure di una coppia di artisti stravaganti che propongono performance trasgressive e originali in nome della pace. "Qualcuno dice che l'estate dell'amore sia finita" dichiara Lennon in una scena del film "molti sostengono che il movimento hippie ha fallito. Non è vero. Questo è il momento di riproporre i vecchi ideali dei figli dei fiori, questo è il momento per dare un'occasione concreta alla pace.".

Sono gli anni in cui i Beatles, pur essendo ufficialmente sciolti, sono ancora (per dirla alla Lennon) "più famosi di Gesù Cristo". E John e Yoko sono una coppia perennemente sulla cresta dell'onda. Qualsiasi cosa facciano, è una notizia. Persino quando si presentano, dentro a una busta, a una (per così dire) improvvisata conferenza stampa. Suscitando le ire e le proteste dei giornalisti. "Questa è arte" dice Lennon, in tono evidentemente ironico "non dobbiamo aggiungere altro".

Trasgressivo, ribelle, sarcastico, pungente, John anche a distanza di tanti anni traspare dalla pellicola di Leaf come personaggio dal carisma formidabile. Basti vedere come reagisce, in uno dei momenti più inquietanti del documentario, alle domande incalzanti di una giornalista che lo accusa di non fare nulla di concreto per un mondo migliore ma semplicemente di cercare pubblicità a livello personale. Oppure, quando nel film si ricordano alcune delle sue incredibili idee: il finanziamento di 75mila dollari a un gruppo pacifista che si proponeva di far fallire la convention repubblicana a sostegno della ricandidatura di Nixon alla Casa Bianca, o addirittura l'invenzione di uno Stato immaginario, Nutopia (con tanto di bandiera!), luogo senza terra né confini in cui non servivano documenti d'identità.

John Lennon, e non poteva essere altrimenti, è il soggetto principale, la voce preminente, la presenza centrale e più galvanizzante di tutto il documentario. Anche se, dobbiamo confessarlo, dal lavoro di David Leaf esce secondo noi in modo sorprendentemente positivo la figura di Yoko Ono. Sempre al fianco di John, nonostante i fortissimi pregiudizi del mondo e l'odio esplicito di tutti gli appassionati, Yoko (come sottolinea Eva Leaf, moglie di David che l'ha conosciuta prima che l'artista giapponese incontrasse l'ex Beatle) "è una che ha certamente amato suo marito. Gli è sempre stata al fianco, al di sopra di tutto e di tutti".

Nelle interviste riprese da Leaf (più ancora che nelle immagini di repertorio), Yoko appare dolce, riflessiva, brillante e consapevole. "Mai e poi mai" ammette candidamente Yoko nel film "io e John ci saremmo sognati che promuovere la pace nel mondo fosse così difficile e che potesse anche essere così pericoloso".

Le sue testimonianze sono, ovviamente, le più interessanti per capire le scelte (pubbliche e private) di una delle coppie più discusse del Novecento. Complice anche un po' di ignoranza mista a maschilismo, Yoko Ono bollata da tutti come "la strega" che ha irretito Lennon e provocato lo scioglimento dei Beatles, veniva ai tempi considerata, da tutti gli appassionati, bruttina. Anni dopo, magari con maggiore apertura mentale e minore razzismo, persino dal punto di vista estetico Yoko Ono va rivalutata. All'epoca dei fatti, specie se guardata con l'occhio di oggi, la ragazza giapponese era tutt'altro che orribile. Anzi, emanava un fascino esotico tanto di moda ai giorni nostri. Nelle immagini più recenti, poi, la Ono dimostra di portare benissimo i suoi 73 anni. I casi sono due: o la vedova Lennon è una grande attrice o, forse, non è "la strega" che per 30 anni abbiamo pensato che fosse.

"Non sono in grado di esprimere un giudizio su di lei. In questo caso, non posso che ringraziarla" ammette onestamente David Leaf. "Yoko è stata collaborativa e preziosissima. Abbiamo lavorato bene insieme. Inoltre, dopo aver visto la pellicola, mi ha fatto il più grande complimento che potessi ricevere: mi ha detto che The U.S. vs. John Lennon è il film che John avrebbe voluto fosse fatto su di lui".

La collaborazione di Yoko Ono ha semplificato le procedure di autorizzazione che sono state comunque lunghe e laboriose. "Ho dovuto avere le autorizzazioni da Paul McCartney e Ringo Starr ma soprattutto il benestare della Apple" ci ha spiegato David Leaf. "Quando si tratta di Beatles, per ciò che concerne diritti e permessi, si entra in territorio minato. Ho impiegato diversi mesi a sciogliere la matassa. Dopo di che ho potuto procedere con la lavorazione del film che mi ha portato via circa sei mesi".

"Io e il mio socio John Scheinfeld" prosegue Leaf "abbiamo deciso di non utilizzare materiali già usati e visti in almeno altri dieci documentari già realizzati su Lennon e i Beatles. Nel film, c'è solo musica di John. Nei momenti drammatici, abbiamo deciso di suonare, in sottofondo, solo la parte strumentale di alcuni brani di Lennon: con l'assenso di Yoko, abbiamo così messo mano a circa 24 canzoni eliminando le parti vocali".

Nel film, solo una volta viene nominato l'attuale presidente George W. Bush. Eppure Lennon (qui più che mai) appare artista-attivista contemporaneo e la sua battaglia contro la guerra in Vietnam sembra identica a quella degli odierni pacifisti che invocano il cessate il fuoco per la guerre in Iraq, Afghanistan e Libano.

David Leaf ci ha confermato che "oggi, l'argomento è tornato nuovamente d'attualità. Dopo le loro dure prese di posizione contro la guerra in Iraq e le politiche dell'amministrazione Bush, Bruce Springsteen, Bill Maher, le Dixie Chicks e altre rockstar attiviste sono state linciate, proprio come accaduto a John Lennon 35 anni fa. A quel punto, ho pensato che realizzare questo film fosse quasi un dovere civile".

Paradossalmente, proprio in virtù dei suoi contenuti "potenzialmente" politici, David Leaf ha trovato i finanziamenti. "Dopo l'11 settembre e la guerra in Iraq" ci ha detto "molta gente vicina al nostro ambiente ha pensato che la storia di Lennon e dei files raccolti su di lui dall'FBI fosse diventata tremendamente attuale, e così ci ha dato la possibilità di realizzare il film. Per gli appassionati, questa storia potrebbe anche suonare ovvia. Tenete presente, però, che la gente normale in America e forse nel resto del mondo sa che John Lennon era uno dei Beatles, che ha scritto Imagine e che è stato ucciso a New York da un folle. Tutto il resto è nebuloso, pochi conoscono la sua vicenda umana e politica".

"John Scheinfeld" conclude David Leaf "è l'Hercule Poirot del nostro team, un detective brillante e instancabile. Per lui la risposta 'no' non è accettabile: John non si dà mai per vinto. È significativo il fatto che per mesi e mesi ci era stato detto da più fonti che non esisteva l'immagine di John Lennon che riceve la fatidica Green Card. Eravamo in chiusura del film, la pellicola era già montata. Ma John non era ancora convinto. Finalmente, un giorno è stato ritrovato il filmino con le immagini di Lennon che ritira la sua Green Card: era finito in una scatola erroneamente archiviata negli archivi delle news".

Il 9 ottobre 1975, nella stessa giornata, Lennon riceve due grandi notizie: la nascita di suo figlio Sean e la conferma di aver vinto la lunga causa contro l'Ufficio Immigrazione. Il 27 luglio 1976 John Lennon ottiene la sua Green Card a New York. Poco più di quattro anni dopo, sempre a New York, la sera dell'8 dicembre 1980, Lennon viene assassinato a colpi di pistola davanti alla propria abitazione, il Dakota Building. I rumori degli spari, sullo schermo buio, giungono poco prima della fine del documentario. David Leaf non rilascia commenti sull'omicidio. Quella, purtroppo, è tutta un'altra storia.

http://www.jamonline.it/pages/articolo.aspx?item_id=70

 

SITO UFFICIALE THE U.S. VS LENNON

http://www.theusversusjohnlennon.com/site/

 

 

VI RACCONTO PERCHE' HO UCCISO LENNON

 Erano le 22:50 dell'8 dicembre 1980, quando John Lennon fu ucciso con cinque colpi di pistola di fronte al palazzo dove abitava con Yoko Ono. Scompariva, in quella fredda serata newyorkese, il mito di un'intera generazione. Adesso, nel decimo anniversario della morete, Mark David Chapman si decide a parlare, a spiegare il perchè, a raccontare come sono andate veramente le cose, ad abbandonarsi al rimorso e a implorare perdono. Chapman è l'assassino del più famoso dei Beatles. Ha concesso la sua prima intervista dal carcere di Attica, nello stato di New York, dove rimarrà fino al 2000 (è stato condannato a vent'anni).

"Da quando avevo dieci anni- dice Chapman al giornalista Jack Jones, del 'Democrat and Chronicle'- ero stato colpito dall'idealismo e dalle parole di verità delle canzoni di John Lennon". Ma, col tempo, il suo amore per i Beatles si è trasformato in un odio satanico. Nel 1980 Chapman si era appena sposato e viveva con la moglie alle Hawaii. Non aveva lavoro. L'immagine di un Lennon, sprofondato nei lussi newyokesi gli faceva rabbia.

Così, in una sorta di crescente follia, Chapman metteva a terra il disco dei Beatles, si inginocchiava e pregava Satana di dargli la forza di uccidere John Lennon. "Sentivo dentro di me una voce che diceva 'devi farlo', 'devi farlo', 'devi farlo'".

Comprata una pistola calibro 38 in un'armeria delle Hawaii, è andato a New York per portare a term,ine il suo piano. In una stanza d'hotel, Chapman canticchiava: "Lennon deve morire, Lennon è un pallone gonfiato"

Il primo viaggio a New York è stato inutile. Chapman non ce l'ha fatta ed è tornato dalla moglie. Alcuni giorni più tardi, il diavolo l'ha riportato a New York. Abitava in un piccolo hotel vicino ai Dakota Apartments, il palazzo di Lennon e di grandi altri nomi del jet set di Manhattan (è un complesso sulla West Side costruito nel 1884). L'8 dicembre 1980 si è convinto che la "storia e il tempo" erano dalla sua parte. Era il momento di agire. Alle 16:30 ear davanti alla casa di Lennon, lo aspettava con in mano una copia del suo ultimo disco. Appena l'ha visto, gli ha chiesto un autografo. Lui è stato gentile, lo ha accontentato, gli ha chiesto se poteva fare qualcos'altro. Chapman è rimasto di ghiaccio, non aveva la forza di estrarre la pistola. Ma ha aspettato, con pazienza, il rotorno di Lennon. Allle 22:50 l'auto che trasoportava John e Yoko si è fermata di nuovo davanti ai Dakota. Chapman gli è andato incontro e ha sparato i colpi mortali.

(da "la Repubblica", 4 dicembre 1990)

 

DA JOHN LENNON CON PASSIONE E DISINCANTO

Gianfranco Bettin - 1.3.1991

Ancora di recente, poco prima dello scoppio della Guerra del Golfo, nel corso di una manifestazione pacifista tenutasi a Roma lo scorso gennaio Master of War venne letta da un attore sul palco e non fu eseguita da nessuno dei molti gruppi che suonarono nè fu cantata in coro. We Shall Overcome, efficacissima coralmente, e invece un po' abusata ormai, e in qualche modo legata a una fase fin troppo "candida" del pacifismo, inno di una gioventu' esageratamente ingenua figlia legittima degli anni '60 e dei loro inganni. Quegli anni che proprio John Lennon si incaricò di smitizzare in una famosa e dissacrante intervista, che rappresenta uno del testi piu criticamente consapevoli mai prodotti da un artista rock. John Lennon dichiarò in una lunga intervista in due puntate rilasciata a "Rolling Stones" (21 gennaio e 4 febbraio 1971 ) che non se la sentiva piu di assecondare una visione idilliaca degli anni Sessanta. Se la prese con i Beatles, dei quali si stava allora definendo la rottura e con tanti altri "eroi" (lo fece anche in God, una canzone contenuta nell'album che forse rappresenta il suo capolavoro, The Primal Scream). Ma soprattutto se la prese, appunto, con tutto il decennio appena conclusosi:

"Non è successo niente tranne per il fatto che ci siamo vestiti a festa. Gli stessi stronzi sono al potere... Stanno facendo le stesse cose di sempre, vendono armi in Sudafrica, uccidono i neri per le strade, la gente vive in uno stato di povertà schifoso, circondata da topi... è tutto uguale, solo che adesso ho trent'anni e molta gente porta i capelli lunghi".

Era inquieto, John, e lucido, mentre considerava il decennio trascorso e quello che si apriva. Non avrebbe potuto scrivere dawero una specie di We Shall Overcome. Ed era ancora lontano dal sogno, dalla visione composta e fiduciosa di Imagine ("You may say I'm dreamer /But I'm not the only one / I hope someday you'll join us / And the world will be as one"). Era il Lennon che progettava di fondare un partito pacifista internazionale capace di concorrere alle elezioni e di vincerle ovunque.

L'impatto inaudito che aveva avuto come musicista e come "fenomeno di costume", come promotore e simbolo di una vera rivoluzione nel campo della cultura popolare e giovanile, doveva averlo convinto della ripetibilita dell'impresa in un altro campo, più determinante per la vita del mondo. Non ci riuscì, naturalmente.  Era dura. Forse non ci provò neppure fino in fondo, oltre i bed-in, i tentativi di organizzare i festival pacifisti più giganteschi e l'affissione ovunque di enormi manifesti con su scritto: "La guerra e finita! Se lo volete. Buon Natale da John e Yoko". Il legame tra pace e Natale ricorre, com'e noto, anche in Happy Xmas. War Is Over, altra canzone destinata sempre piu a sostituire molte canzoni di Natale tradizionali. A volte, anzi, decisamente l'unica canzone di Natale ascoltabile... . John non poteva fondare un partito, insomma. Era fatto di una pasta diversa. E in quello stesso periodo la sua inquietudine cresceva soprattutto interiormente. La pace che cercava in politica, nel mondo, e per cui si impegnava, gli stava sempre piu mancando  dentro. Give Peace a Chance nasce in questo clima contrastato e ne è un frutto singolare. La distingue - lo si avverte proprio cantandola in coro - un tono beffardo, spavaldo, di scherzo, ma anche un tono piu grave, quasi solenne - "All we are saying..." - mitigate e rallegrato pero da giochi di parole e da giri armonici tipicamente beatlesiani (dove piu si avverte la mano di Paul McCartney). II ritmo elementare, scandito, per poi tornare a scandirsi in un timbro che gioca su allitterazioni e assonanze e che infine produce l'effetto di un inno nuovo, non retorico, cantabile sia con allegria che con rabbia come accade in molte delle canzoni dei Beatles (anche del tutto estranee a temi di questo genere: si pensi ad esempio a Can't Buy My Love o a It's Only Love della prima produzione, e per non dire di Help!). E questo, credo, che rende attuale Give Peace a Chance, piu attuale di ogni altra canzone pacifista "storica". Quanto ad eventuali altre, nuove, nessuna e assurta veramente a inno, nemmeno la Pride (In the Name of Love) degli U2 che forse lo meriterebbe. Per questo, dunque, la canzone di John Lennon è risuonata ovunque in questi mesi di guerra. Bella e semplice, tutt'altro che arrendevole nel timbro, trascinante e contagiosa nell'apertura melodica, conteneva infine quel messaggio minimo ma irrinunciabile attorno al quale si sono attestate le coscienze e le intelligenze nell'imminenza del conflitto: date almeno una possibilita, almeno una, alia pace.

Non e stato cosi, purtroppo. Ma è una ragione di più per tenerci dentro, ricanticchiandola ancora una volta, la canzone che John Lennon ha tratto dal proprio disincanto non meno che dalla propria passione.

 

 

 

- Il tempo che ti piace buttare non è buttato

- La vita è quello che ti capita mentre stai facendo altri progetti

- Sopra di noi c'è solo cielo!

- Di solito c’è una gran donna dietro ogni idiota

- Siamo più popolari di Gesù Cristo adesso. Non so chi arriverà primo. Il Rock and Roll o il Cristianesimo.

- Lavoro è vita, lo sai, e senza quello esiste solo paura e insicurezza.

- La realtà toglie molto all'immaginazione.

- Anche tu dovresti stancarti combattendo per la pace, oppure morire.

 


 

 
Unfinished Music No. 1 - Two Virgins
Unfinished Music No. 2 -
Life with the Lions (1969)

 
Wedding Album (1969)
Live Peace In Toronto (1969)
 
John Lennon/Plastic Ono Band (1970)
Imagine (1971)
 
Some Time In New York City (1972)
Mind Games (1973)
 
Walls And Bridges (1974)
Rock 'N' Roll (1975)
 
Shaved Fish (1975)
Double Fantasy (1980)
 
John Lennon Collection (1982)
Milk And Honey (1984)
 
Live In New York City (1986)

Menlove Ave. (1986)
Imagine: John Lennon (1988
Lennon (4-CD set)
 
Lennon Legend (1998)
Wonsaponatime (1998)