San
Giovanni li Cuti è il nome di un piccolo
borgo marinaro di Catania con una delle
spiagge più rinomate della città.
Ormai fagocitato dalla metropoli etnea,
viene lambito dal bellissimo lungomare
che inizia come Viale Ruggero di Laurìa
e prosegue come Viale Artale Alagona
attraversando le cinque piazze che si
susseguono in successione.
Nell'ordine si incontrano: Piazza
Europa, Piazza del Tricolore, Piazza
Nettuno, Piazza Ognina e Piazza Mancini
Battaglia.
Poste tutte sulla destra si protendono
verso il mare seguendo l'andamento
sinuoso di una costa caratterizzata da
sciara ed affioramenti magmatici.
Frequentatissime,
ben conosciute e prese d'assalto durante
la stagione estiva sono accomunate dal
fatto di essere realmente delle
suggestive terrazze a mare, luoghi di
ritrovo conosciuti ma al contempo delle
tappe abituali per il turismo balneare
dei catanesi.
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San
Giovanni li Cuti si trova nella zona coperta da
varie colate laviche, in epoca storica nel 1169,
1329 e 1381 anno in cui venne coperta anche
parte dell'antico Porto Ulisse; tale tratto di
costa è chiamata appunto La Scogliera. Vi si
accede dalla via omonima, traversa di viale
Ruggiero di Laurìa, nel quartiere di Santa Maria
della Guardia. La spiaggia è compresa tra il
porto omonimo, utilizzato solo da piccole
imbarcazioni di pescatori, ed alcuni lidi a cui
si accede tramite la vicina Piazza Europa.
La spiaggia è formata da sabbia nera vulcanica e
l'accesso al mare avviene tramite scogli sempre
di pietra lavica. La maggior parte delle pietre
proviene dagli scavi del 1956 fatti per
l'interramento della ferrovia Catania-Messina
nel tratto che va dal ponte di Ognina alla
stazione centrale. Molto più tardi si è
provveduto a rendere l'area fruibile per il
turismo: ogni estate San Giovanni li Cuti
diventa una spiaggia libera dotata di docce,
spogliatoi, bagni, passerelle e scalette.
Inoltre, con l'apertura di alcuni locali, il
borgo si popola anche di notte. Recentemente,
però, la spiaggia è stata soggetta ad un degrado
a cui l'amministrazione comunale ha solo
parzialmente posto rimedio.
L'intitolazione San Giovanni fa riferimento
all'omonima parrocchia che dipende dalla vicina
chiesa di Santa Maria della Guardia.
Nel dialetto catanese si utilizza il termine "Li
Cuti" per indicare delle formazioni di origine
lavica o degli scogli sottoposti all'azione
erosiva del mare. Ulteriore sinonimo è "scogli
lisci, levigati" (che però viene tradotto con
"Li Cutulisci").
Potrebbe inoltre derivare dalla metatesi di "Li Cutuli" ("i ciottoli"). Tale
appositivo ha evidentemente risentito sia della
natura dei luoghi che dell'influenza di due
vocaboli latini particolarmente appropriati
entrambi di genere femminile plurale: "cautes -
cautis", che assume tra i suoi significati
quelli di "scogliera, scogli, faraglioni o
dirupi affioranti dall'acqua"; "cos - cotis",
che può riferirsi sia alla comune "cote" intesa
come "pietra focaia", sia per esteso a qualsiasi
"pietra dura o particolarmente tagliente".
I suoi abitanti sono chiamati "Licutiani".
(Wikipedia)
Secondo voi cosa potrebbe fare un povero
ricercatore del CNR di Catania, accaldato,
sudato e stanco… nella pausa pranzo, cioè dalle
14 alle 16, di un luglio particolarmente caldo
ed
afoso…esattamente…avete capito benissimo…fare un
tuffo nel suo splendido mare…lo Ionio…ma qui vi
voglio…dove?Chi conosce Catania potrebbe
suggerirmi tanti posti...la
scogliera ad esempio con i solarium comunali o
uno dei lidi presenti alla Playa (zona a sud
della città)…ed io vi rispondo subitissimo…nooooooooooo…nei
primi c'è troppa confusione di fighetti e poi il
sole si dovrebbe prendere in piccoli spazietti
ricavati dando spintoni a destra e a manca su
tavole di legno!!…nei lidi della Playa in cui
la
spiaggia è sabbiosa oltre al tempo che starei
per raggiungerla, il mare non è poi il massimo
della pulizia essendo la zona molto prossima al
porto…quindi le acque non sono certo sempre
cristalline… E allora che fare?...la risposta è
semplice…almeno per me…si va a S. Giovanni Li
Cuti…S. Giovanni Li cuti è un cosiddetto borgo
marinaro che si trova praticamente in pieno
centro (zona mare) a Catania…per anni ed anni è
stato bistrattato e considerato solo un piccolo
rione di pescatori il cui mare non era certo
molto apprezzato ed i pochi locali che vi si
trovavano non andavano certo per la maggiore…S.
Giovanni Li Cuti si estende in lunghezza per non
più di 800 metri.
E'
in pratica una striscia di terra che divide il
mare Ionio dal Lungomare di Catania, la
cosiddetta circonvallazione a mare. In pratica
non è neanche possibile annoverare come
frazione…ma è un piccolo agglomerato di casette
basse che si affacciano sulla spiaggia e sul
piccolo porticciolo che però oramai è
praticamente dimesso. Dello spettacolo che tale
borgo offre la sera ne parlerò più tardi.Ma ecco
che qualche anno fa, alla amministrazione
comunale di Catania è venuta l'idea di cambiare
radicalmente l'aspetto di questa zona…ed allora
ecco creata una spiaggia in quattro e quattro
otto di grande fascino…fascino?...sì…fascino
perché questa spiaggetta è stata praticamente
creata quasi dal nulla…si tratta di una striscia
lunga almeno 300 metri e larga una settantina
tutta costituita da sabbia nera cioè sabbia di
origine vulcanica…una vera e propria spiaggia
"nera" molto simile a quella dell'isola di
vulcano nelle Eolie…ma mentre lì a Vulcano
possiamo parlare di sabbia finissima qui
dobbiamo usare il termine sabbia "a grani
grossi"…Certo ammetto che può non piacere a
molti come tipo di superficie…ma per uno che
ormai da tre anni la frequenta posso dirvi che
non è affatto scomoda per prendere il sole
mentre rispetto alla sabbia normale sia essa
bianca o nera…ha un enorme vantaggio…non vi
rimarrà "impicata" cioè appiccicata addosso fino
a che a che una poderosa doccia casalinga non
sarà stata fatta.
Per
gli amanti del bagno e non della tintarella, vi
posso dire che potrebbe a tutti sembrare assurdo
fare il bagno di fronte ai palazzoni del
lungomare catanese ed alle case che circondano
lo specchio di mare…ed invece ecco il bello
della spiaggetta di S. Giovanni Li Cuti…il mare
è praticamente quasi sempre pulito e
cristallino. Quest'anno ad esempio non vi è
stato un giorno in cui abbia dovuto rinunciare
alla mia nuotata ristoratrice.
Ma
quali sono gli altri punti di forza di questa
spiaggetta,…la presenza di un attrezzatura messa
a disposizione dall'amministrazione della Città
in modo assolutamente gratuito…e cioè le docce
(ben 8!!!), gli spogliatoi ed i bagni chimici,
nonché la passerella per i disabili, inoltre
sono presenti due passerelle che portano a mare
in cui sono presenti due scalette per permettere
l'accesso comodo al mare…Dimenticavo che nella
spiaggia sono stati
posti dei grossi massi tra la spiaggia ed il
mare per evitare il danneggiamento della
spiaggia per le ondate nonché per rendere
fruibile la massima quantità di spiaggia per i
bagnanti.
FOTO RARISSIMA: LA CHIESA DI
S. MARIA DELLA GUARDIA, VIA ZOCCOLANTI E IL
PONTE SULLA FERROVIA
CHE CONSETIVA DI RAGGIUNGERE
S.G. LI CUTI (foto di Antonio Trovato)
Come
raggiungere la
spiaggia?...Allora…la stradina che percorre il
borgo è interdetta alle auto ed alle moto
(escluse quelle dei residenti…grande cosa).
All'ingresso della suddetta stradina vi è
comunque presente un piccolo parcheggio
rigorosamente abusivo per i motorini e le moto.
La macchina può anzi deve essere parcheggiata
sul lungomare, in cui ahimè sono presenti le
tanto odiate strisce blu…(1 ora di parcheggio
0.52 €). Si può comunque raggiungere la spiaggia
usando gli autobus della AMT (dal centro si
prendere il 534 che passa da Via Etnea). Io
invece dato il poco tempo a disposizione e
l'amore per le due ruote, vado sempre in
bicicletta (da casa mia arrivo in 10 minuti) e
posso posteggiarla proprio sulla spiaggia…
Concludo questa panoramica…parlandovi di S.
Giovanni Li Cuti di sera…è una passeggiata a
mare piacevolissima…senza smog, senza rumori di
macchina, la strada non è illuminata a giorno
quindi è proprio romanticissima…lì sono presenti
un po' di bei locali…accoglienti in cui è
possibile naturalmente gustare dell'ottimo pesce
fresco o sgranocchiare un buona pizza…vi segnalo
il "Porto San Giovanni" e l'"Andrew's Faro"
oltre al ristorante biologico "Cuti lisci"…è
molto carino e romantico anche comprare qualche
pezzo di tavola calda, tipo un arancino, una
cartocciata, una cipollina ed andarla a gustare
in dolce compagnia sugli scogli in riva al mare
dove una piacevolissima brezza mitigherà la
calura estiva…Spero di essere stato
esauriente…ed avervi descritto bene questo
bellissimo posto…dimenticavo…la spiaggia è ben
frequentata e rappresenta un fiore all'occhiello
per la città di Catania…Un buon bagno a tutti
Antonio Magrì
http://viaggi.ciao.it/altri_luoghi_in_Sicilia__Opinione_634931
A VANEDDA A RINA (La strada della sabbia).
Superata la «Punta 'e jaddina» e doppiato lo
scoglio del «Caiccu» all'ingresso della baia
di S. Giovanni li Cuti scorgiamo una spiaggia
formata da grossi ciottoli, detti «cutulisci»
(grosse pietre rotondeggianti), la cui forma è
dovuta al moto di rotolamento discontinuo,
impresso dai marosi nel corso dei secoli, come
ci ricorda l'ing. D'Arrigo: «E' noto come la
forma elissoidale sia caratteristica dei
ciottoli, delle ghiaie e delle sabbie fluviali,
elaborati ed abrasi dal rotolamento, lungo il
fondo, impresso dal moto di fluitazione di senso
univoco delle correnti unidirezionali continue,
mentre la forma discoidale risulta invece dal
lavorio, lungo il fondo, impresso
discontinuamente dal moto ondoso alterno di va e
vieni» .
Andando dal litorale verso il
largo, si incontra prima la roccia viva, nuda di
materiali sedimentari, e poi gli scogli, i
ciottoli, la ghiaia, la sabbia fangosa, il fango
sabbioso e poi final-mente il fango propriamente
detto Questa classificazione meccanica dei
sedimenti del fondo marino, in definitiva,
rappresenta una scala d'agitazione idrodinamica
del mare stesso, in funzione...» .
Ma ogni regola ha le sue eccezioni: il fondale,
che al centro della baia è sabbioso, presenta
una irregolarità strutturale; cioè a dire è
composto per lungo ed ampio tratto (come ci
confermano i marinai) sì da sabbia grossolana («rina»)
prima e più fine dopo, ma è anche orlato da due
sponde di alti scogli, chiamati «orri».
Questo tratto di fondale anomalo assomiglia
pertanto ad una specie di strada sottomarina. E
siccome il sostantivo strada è traducibile nella
voce dialettale «vanedda», il luogo prese il
nome di «Vanedda 'a rina».
_________________________
da "Luci sulla scogliera" di
Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco in
Catania
E dopo “u muruzzu” e le olive
da mettere sotto sale, passo da Li Cuti e mi
sento chiamare: “Allarmi, allarmi!.... E’ il
grande “Arriulativi”, presente nella
meravigliosa piazzetta quasi ogni mattina,
sempre seduto al tavolo di fronte a quel mare,
per ricordare con suoi amici “nostalgici” i bei
tempi in cui regnavano gli “uomini”. Dopo,
secondo lui, vennero i “quaquaraquà”.
Turi P. "Arrivulativi" viene inteso così da
tempo perché quando lavorava all’Opera
Universitaria gli fu affidata la custodia della
palestra della Casa dello studente di Via
Oberdan, dove si allenava la squadra di volley
del CUS Catania allenata da Italo Rapisarda. Al
termine della seduta, dopo la doccia gli atleti
si attardavano un po’ più del dovuto negli
spogliatoi. Allora lui, dovendo timbrare
l’uscita di servizio e poi andare a casa,
arrivava e diceva a tutti “Vi dò altri dieci
minuti, dopo me ne vado e vi chiudo dentro,
arriulativi! (regolatevi!”).
Nel periodo estivo si sposta
all’ex Lido Longobardo. Quando arrivo, la sua
voce la sento subito, inconfondibile, anche
quando è a mollo mentre si dibatte in tribune
elettorali o ricordi che ormai conosciamo a
memoria tutti ma che stoppiamo subito alle prime
parole, quali “Quando feci la guardia del corpo
ad Almirante………”, “Il Presidente dell’Opera
Universitaria era Ziccone”, “Quando giocavo nel
rugby ……..”, “Quando lavoravo anche per il
Cinema Lopò”, oppure l’adunata a Carlentini o
l’unico suo viaggio in Inghilterra. E tante
altre cose che ripete all’infinito, senza mai
stancarsi.
Quando mi vede arrivare,
sotto l’ombrellone comincia a canticchiare le
canzoni del ventennio ed io, per farlo
incazzare, gli passo davanti col pugno sinistro
alzato, oppure invito i bagnini a mettere le
bandiere rosse sulle scalette al primo accenno
di risacca. Lui va a fare il bagno, lo capisce e
ride.
E’ una gran brava persona, un
superottantenne dotato di un grande senso di
ironia, altrimenti (per quante gliene faccio) mi
avrebbe mandato a quel paese. Abbiamo un amore
in comune: l’Inter!
Ora ditemi, come ci si
potrebbe annoiare a Catania con questi
personaggi ?
Gli
scogli della zona del Tedesco, ormai quasi
sbriciolata a causa dei bombaroli di un tempo.
Bagni di sabbia e
bagni di scoglio.
Sul finire degli
anni Venti e nel ventennio successivo, quando il
più modesto degli impiegati lavorava
in estate in giacca e cravatta con il colletto
della camicia duro e inamidato; quando il bikini
non era entrato nemmeno nell’enciclopedia
britannica, una giornata passata al mare nella
nostra incontaminata Plaja, può oggi apparire
come una nebulosa. La Plaja entrò nei pensieri e
nelle abitudini dei catanesi con l’arrivo del
nostro secolo. Negli anni successivi sorsero le
prime cabine private e i primi stabilimenti
pubblici. Il lido crebbe tanto rapidamente,
divenendo un fatto di moda.
I
catanesi frequentavano le scogliere a levante
della città, Guardia Ognina, Ognina, Acireale. I
primi imprenditori che gestirono questi
stabilimenti furono i Longobardo, i
Guarnaccia, i Mancini e gli Scuderi. Questi
stabilimenti nacquero connessi al bisogno di
quelle fasce di persone che avevano bisogno di
cure elioterapiche e delle bagnanti, soprattutto
di sesso femminile che volevano sottrarsi a
sguardi indiscreti per le quali la cabina aveva
uno sbocco interno lontano da occhi indiscreti.
La scoperta della Plaja per i catanesi fu quasi
un fatto sociale, si sbarazzarono di non poche
prevenzioni e allargarono la superficie della
loro pelle ai raggi solari. La cabina diventò
una seconda casa. Il lido Jonio piazzò
addirittura due altoparlanti che proponevano
tanghi e mazurke, sul far della sera e di regola
nei giorni festivi.
Il
lido Else, il mitico lido Azzurro
che ha visto nascere e crescere tante
generazioni di catanesi, oltre allo svago
mattutino, avevano delle piste capaci di
soddisfare le esigenze di tante belle ragazze.
Alla Plaja ci si arrivava con il tram che si
prendeva a ridosso di Porta Uzeda. Le vetture
stipate fino all’inverosimile, accoglievano
quelle persone che andavano a trovare i loro
familiari, che arrivavano con vettovaglie
acquistate alla pescheria. Poi i Fratelli
Gentilini ebbero una idea geniale,
trasformarono un vecchio peschereccio in un
vaporetto che faceva la spola nello specchio
antistante Palazzo Biscari. La corsa aveva la
sua fine presso il Lido Spampinato,
costava cinquanta centesimi e suscitava nelle
persone una gioia immensa.
Le cabine erano delle case in miniatura con
tutti i confort, abitudine che è resistita ai
nostri giorni. Il menù era vario, le signore
catanesi pensavano ad ogni particolare, c’era
una abbondanza di fritture e qualche rara
insalata, i componenti della famiglia
aspettavano questo momento con una gioia grande.
Nel romanzo “Giovannino” di Ercole Patti si può
cercare di capire il fascino di quei tempi
felici nel racconto della tavola salvagente
della sig.ra Laganà. Poi le fanciulle
accorciarono il gonnellino e i giovani
allungarono gli sguardi rapaci. Peccato che la
guerra cancellò questa felicità.
http://www.ilbotteghino-online.it/view.php?id=483
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San Giovanni Li Cuti (collezione
Prof. Italo Rapisarda) |
Piazza Ludovico Ariosto |
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Piazza Michelangelo |
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Viale Artale Alagona |
Piazza Europa e il Corso Italia |
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San Giovanni Li Cuti (foto di
Elisa Mazza e ricolorata)
IL
PORTO DI CATANIA IN ETA' GRECA E ROMANA - IL PORTICCIOLO
DI S.G. LI CUTI
Il portus Ulixis citato da Plinio è stato variamente
localizzato: ora nei pressi di Catania ed identificato
con l'antico approdo della città greca, ora nel
porticciolo di Ognina (è l'opinione più diffusa; in base
a tale tradizione ancora oggi il piccolo golfo prende il
nome di Porto Ulisse), ora (ma senza fondamento) nella
baia di Capo Mulini.
La ricostruzione dell'assetto geomorfologico antico (ed
in particolare della linea di costa in età classica),
come punto di partenza per una corretta impostazione
dello studio storico-topografico è egualmente quanto mai
problematica. E noto infatti che l'intero territorio di
Catania è stato interessato nel corso dei secoli da un
gran numero di colate laviche seguite alle eruzioni
dell'Etna, alcune delle quali hanno avuto effetti
devastanti dal punto di vista dell'impatto territoriale,
con trasformazioni spesso radicali anche del paesaggio
costiero. In tale quadro appare di fondamentale
importanza lo studio della cronologia, dei limiti e
della estensione delle varie colate laviche.
Per i
problemi del porto di Catania antica e della
ricostruzione della linea di costa, che in questa sede
direttamente ci interessano, occorre rilevare che in
tutti gli studi geologici, a partire dal secolo scorso,
viene presentata come dato certo la presenza di un ampio
e profondo golfo compreso tra i due promontori del Gaito
(all'altezza di piazza Europa) e del Rotolo (piazza
Nettuno), in seguito riempito, insieme con parte del
settore meridionale del golfo di Ognina, dalla imponente
colata lavica del 5 agosto 1381. L'attuale assetto della
linea costiera in corrispondenza dell'odierno
porticciolo di S. Giovanni Li Cuti sarebbe il risultato
ultimo di questi avvenimenti geologici.
L'ampiezza ed i
limiti di tale originario golfo e della colata lavica
del 1381 sono delineati con sufficiente approssimazione
nelle carte topografiche allegate all'opera di C. Sciuto
Patti. In tale ambito vanno inquadrate le ipotesi volte
a localizzare il porto di Catania greca e romana in
corrispondenza dell'attuale porticciolo di S. Giovanni
Li Cuti. In questo punto della costa, come si è già
accennato, è possibile localizzare, con il sostegno di
solidi argomenti di natura geologica, una profonda
insenatura esistente in età classica ed in seguito
scomparsa perché interamente colmata dalle lave del
1381. In realtà l'utilizzazione a fini portuali anche di
questa zona (una sorta di "porto grande"?) è assai
probabile, per le caratteristiche del profondo golfo,
certamente adatto ad offrire un approdo ed un sicuro
ancoraggio per le imbarcazioni.
Le osservazioni fin qui
avanzate sembrerebbero evidenziare, nei confronti del
problema posto all'inizio, una situazione più
articolata, che sposterebbe addirittura i termini
dell'intera questione nel senso dell'esistenza non di un
solo porto o scalo, ma di un più complesso sistema
portuale, con diversi (e forse anche differenziati nella
destinazione d'uso) poli di riferimento: a ben vedere le
fonti letterarie citate in apertura di paragrafo
insistono sull'importanza commerciale dello scalo
catanese (Cicerone, Livio, Strabone, soprattutto in
rapporto allo stivaggio ed alla esportazione del grano)
e, nel contempo, sulla sua rilevanza strategico-militare,
con la possibilità di ospitare intere flotte da
combattimento e con la presenza di zone di alaggio per
tirare in secco le navi (Tucidide, Diodoro).
E' assai probabile che di tale sistema portuale facesse
anche parte la rada di Ognina, la cui funzione di scalo
marittimo è da tempo riconosciuta e che viene
generalmente identificata, come è già stato
sottolineato, con il Portus Ulixis citato da Plinio.
Anche Ognina venne interessata dalla colata lavica del
1381, ma, a differenza del golfo di S. Giovanni Li Cuti,
completamente colmato dalla lava, le variazioni della
linea di costa di età classica sono limitate ad una
piccola porzione del settore meridionale della rada. I
fondali, dentro e fuori del moderno porticciolo, sono da
diversi anni prodighi di rinvenimenti subacquei, in
parte riferibili a relitti (probabilmente affondati nel
tentativo di guadagnare l'entrata dell'insenatura), in
parte relativi all'uso ininterrotto, attraverso i
secoli, dell'approdo e dell'ancoraggio. E pure
verosimile che tale uso sia da mettere in relazione con
la possibilità di rifornimento di acqua potabile da
parte delle imbarcazioni antiche: ancora oggi sorgenti
di acqua dolce sboccano a mare in più punti all'interno
della baia, forse originariamente appartenenti ad un
antico alveo fluviale, poi colmato dalle lave.
-
tratto da "Il porto di Catania in età greca e romana" -
Edoardo Tortorici
Lungomare, stop al centro commerciale. Il
Comune: «Il Tar ha sospeso il progetto»
Di Leandro Perrotta - 11 febbraio 2012
Viabilità di scorrimento Europa-Rotolo è il nome
ufficiale di un progetto che prevede la
costruzione di un mega centro commerciale sul
mare. Un “pericolo per la sicurezza” secondo 27
associazioni cittadine. Presentato nel 2005 il
piano sembrava definitivamente abbandonato fino
a pochi giorni fa, quando il commissario ad acta
nominato dal Tar ha riavviato l’iter per il
completamento dell’opera. Oggi il sindaco
annuncia il controricorso con la sospensione, in
via cautelativa, dell’opera. Fino alla sentenza
definitiva.
«Questa mattina il presidente del Tribunale
amministrativo ha sospeso il provvedimento del
commissario straordinario». Il sindaco di
Catania Raffele Stancanelli annuncia con poche
parole quello che molti speravano: la
sospensione, almeno in via cautelativa, del’iter
di realizzazione del progetto noto come
viabilità di scorrimento Europa-Rotolo,
ripartito recentemente con la nomina di un
commissario ad acta, ovvero il segretario
generale del comune di Messina Santi Alligo,
nominato dopo una sentenza del Tar dello scorso
luglio a favore dell’azienda appaltatrice
Immobiliare Alcalà.
Come
più volte denunciato negli anni, a partire dal
2009 con una inchiesta del giornalista catanese
Antonio Condorelli ed un appello
dell’associazione Cittàinsieme, il progetto,
nato nel 2005 sotto l’ufficio speciale per
l’emergenza traffico diretto dall’ingegnere
Tuccio D’Urso, prevede la costruzione di un mega
centro commerciale a ridosso del mare inglobando
al suo interno il borgo marinaro di San Giovanni
Li Cuti. La formula è quella del project
financing, cioè il privato si assume l’onere del
completamento del viale Alcide De Gasperi,
inizialmente previsto «per scongiurare il
pericolo Tsunami, ricevendo l’azienda come
contropartita delle aree in concessione per 38
anni. Ma la costruzione di un centro commerciale
sul mare, lungi dal migliorare la situazione,
aumenterebbe i rischi di dieci volte», come ci
spiega l’ingengere Alfio Monastra di Italia
Nostra, una delle associazioni che il 9 febbraio
ha firmato un nuovo appello proveniente da ben
27 associazioni catanesi.
Nell’appello si
invitava il sindaco di Catania a «uscire
dall’inerzia», dato che dal momento della nomina
del commissario, nessun ricorso per il
provvedimento del Tar era stato presentato
dall’amministrazione cittadina. Fino a oggi,
quando il sindaco ha annunciato telefonicamente
a Ctzen la sospensione in via cautelativa
dell’iter del progetto. Il ricorso presentato
dal Comune fa quindi riferimento al
provvedimento del commissario ad acta del 19
gennaio, che approvava il progetto preliminare e
la bozza di convenzione, replicando che «la
determinazione appare illegittima poiché il
commissario va oltre il compito affidatogli
senza svolgere alcuna attività istruttoria con
motivazione carente».
«Da
sempre il sindaco si è detto contro quest’opera
di cementificazione» è il commento di Nuccio
Molino, capo ufficio stampa del comune di
Catania, che sottolinea come «la sentenza è in
fumus, ma la sospensione dell’esecutività
significa che noi abbiamo vinto il primo round».
http://ctzen.it/2012/02/11/lungomare-stop-al-centro-commerciale-il-comune-il-tar-ha-sospeso-il-progetto/
Inaugurata la “Wi fi free zone” di San Giovanni
Li Cuti
Inaugurata questa mattina la “Wi fi free zone”
di San Giovanni Li Cuti che permetterà la
navigazione internet gratuita, per 3 ore al
giorno, a cittadini e turisti che visiteranno lo
splendido borgo marinaro di Catania e la sua
spiaggia tra le più rinomate della città. La ‘Wi
fi free zone’ di San Giovanni Li Cuti è a costo
zero per il Comune di Catania poiché le spese
per la sua realizzazione e gestione, come anche
quelle delle altre sei ‘Wi fi free zone’ che
saranno create nei prossimi mesi in altre parti
della città, sono tutte a carico del consigliere
comunale Manlio Messina, vice capogruppo del PdL
a Palazzo degli Elefanti, che devolve il 50% del
suo emolumento da amministratore comunale, e di
Giovane Italia con la collaborazione tecnica di
Free Luna e del ristorante ‘Pititto’ che
fornisce i locali per il posizionamento delle
antenne wi fi.
foto di Salvo
Riela
“Siamo pienamente consapevoli di come Catania
soffra di problemi ben più gravi della mancanza
di zone per la navigazione internet gratuita –
spiega Manlio Messina - ma il nostro è solo un
piccolo segnale, corrispondente ai mezzi
economici di cui possono disporre un consigliere
comunale e i ragazzi di Giovane Italia, che
vogliamo inviare agli altri amministratori degli
Enti locali affinché impegnino anch'essi una
parte delle loro indennità di carica per
finanziare servizi per la città e i cittadini.
Nel periodo di forte crisi che stiamo vivendo, è
ora che anche la politica faccia sacrifici e
tiri la cinghia come purtroppo fanno molti
cittadini che non riescono ad arrivare alla fine
del mese.”. “Dalla prossima settimana e per un
intero anno – conclude Messina – la zona di San
Giovanni Li Cuti sarà dotata di connessione wi
fi gratuita a disposizione di tutti. Quella di
San Giovanni Li Cuti sarà solo la prima ‘Wi fi
free zone’, infatti nei prossimi mesi ne saranno
realizzate altre sia nelle zone centrali di
Catania che nelle periferie.”.
“L’attivazione a nostre spese delle “Wi fi free
zone” a Catania – dichiara Luca Sangiorgo,
presidente di Giovane Italia Catania - vuole
sopperire all’inerzia dell’Amministrazione
comunale, che certamente gravata da ben più
rilevanti problemi, ha però completamente
tralasciato l’innovazione tecnologica della
città permettendo che Catania sia agli ultimi
posti in Italia ed Europa come alfabetizzazione
tecnologica.”.
Dopo quella di San Giovanni Li Cuti nei prossimi
mesi saranno create altre sei ‘Wi fi free zone’
in diverse aree di Catania, dalla periferia al
centro, a spese del consigliere comunale Manlio
Messina e di Giovane Italia Catania. Saranno i
cittadini a scegliere quale aree di Catania
dotare del wi fi gratuito tramite un sondaggio
online che nei prossimi giorni sarà lanciato dal
blog del consigliere Messina
(www.manliomessina.it) e dalla pagina facebook
di Giovane Italia Catania (
http://www.facebook.com/giovaneitalia.catania?fref=ts).
Ecco come usufruire della connessione gratuita
Wi-Fi di San Giovanni Li Cuti •configurare la
scheda wireless del proprio portatile,
smartphone o tablet in modo da ottenere
automaticamente un indirizzo IP; •connettersi
alla rete Free Luna; •aprire una pagina web
(esempio http://www.manliomessina.it) •il
sistema risponderà con una pagina di benvenuto
per la registrazione dove si dovranno inserire i
propri dati anagrafici (Nome, Cognome, data di
nascita, indirizzo, email) e numero di telefono
cellulare di proprietà; •inviare questi dati al
sistema e, come da richiesta, effettuare dal
proprio cellulare una telefonata ad un numero di
rete fissa; •il sistema intercetta la chiamata
dopo pochi squilli (senza addebito per l’utente)
ed estrae il numero telefonico; •se il numero
telefonico coincide con quello indicato alla
registrazione, il sistema invierà le credenziali
di accesso (User ID e Password) per la
connessione che saranno valide per un anno.
•Inserendo le credenziali sulla pagina di
benvenuto si potrà navigare liberamente per un
massimo di 3 ore al giorno
http://www.cataniapolitica.it/la-citta/inaugurata-questa-mattina-la-wi-fi-free-zone-di-san-giovanni-li-cuti-manlio-messina-pdl-un-piccolo-servizio-che-offriamo-alla-citta-e-ai-cittadini-41079
Il vecchio mulino di San Giovanni Li Cuti
riappare dopo la potatura degli alberi
Lo nascondeva
un "boschetto" di fichi. Per anni è stato solo
possibile intravedere ciò che resta del vecchio
mulino di San Giovanni Li Cuti. Un piccolo
monumento di archeologia industriale nascosto da
una fitta vegetazione, composta in prevalenza da
alcuni imponenti alberi di fico, ora
radicalmente potati dopo una robusta scerbatura.
La costruzione si trova in un terreno privato e
non è accessibile al pubblico, che può comunque
ammirarla dal lungomare.
http://www.cataniatoday.it/cronaca/mulino-san-giovanni-li-cuti-3-aprile-2017.html
Questa
fornace produceva calce (forse anche mattoni).
Era in attività dopo la seconda guerra mondiale
ed apparteneva alle famiglia Di Mauro
(imparentata con i Paratore) ; sul retro (lato
mare) c'e' un sotto passaggio che porta
direttamente alla spiaggetta, una piccola gru
metallica (ora fuori uso) ed un cestello (una
specie di grande voliera , ancora oggi tenuta
bene) che servivano per fare giocare i bimbi: i
bimbi prendevano posto a sedere dentro questa
gabbia metallica, la gru sollevava la gabbia e
la calava direttamente in mare (che a quel tempo
era più vicino a questa abitazione !)
Angelo Conte
|
veduta aerea della
zona di Guardia Ognina
(foto di Antonio
Treccarichi)
L’epicentro di un quartiere che è quasi un
satellite, una piccola cittadina. Della
parrocchia non scrivo nulla perché basta girare
in rete per apprendere la sua storia. Voglio
però ricordare le liquirizie di padre Agnello,
padre Lino e Mons. Costantino, un giovanissimo
padre Marcello che ci fece vivere momenti felici
in quel piccolo campetto in cemento dietro la
chiesa, in cui organizzava tornei di calcio,
ping-pong ed altro per preparare lo zucchero al
noioso amaro dei precetti e del Catechismo. In
quei pochi metri, che a quell’età ci sembravano
tantissimissimi, crescevano il bomber Robertino
Rapisarda, Ardizzone, i fratelli Terrati e Mimmo
Bondì che rimpinguarono le file della mitica
Mongibello. E in via Zoccolanti (nome dovuto
alle calzature dei frati cappuccini) alzi la
mano chi non ha mai visto uscire dalla sagrestia
il nostro amato padre Girolamo che ha sempre
avuto una carezza, una benedizione o una
solenne cazziata per ognuno di noi?
E
non posso non ricordare i tanti personaggi.
Oltre al carrettino ambulante di Don Tino, il
chiosco di Don Orazio davanti alla fontana, con
le sue granite dai tre gusti: mandorla, limone e
cioccolato, consumate in un bicchiere di
plastica e con un panino di semola portato da
casa. Tutte le altre fisime arrivarono solo anni
dopo. E poi U zu Turi del Fumo di Londra, perchè
quando arrostiva quaglie e salsiccia sulla
strada, nella sua modesta "pulizia e igiene"
davanti alla putia, non si vedeva più niente.
Abitava proprio di fronte e lo vedevo rincasare
la sera, aiutato da quella santa di sua moglie.
Quando entravi lo salutavi "Buonasera zu Turi" e
lui, con la sua tipica voce rauca rispondeva H24
"Bonggionno!". Continua Don saro con la sua
frutta “fitusa”, la salumeria del Sig. Conti,
Il
titolare credo fosse il bravo Sig. Cannata del
Bar delle Sirene, situato accanto al negozio
della mitica Olga Nicosia di cui racconto più
sotto .
Qualche metro più avanti, immersi nell’intenso
odore di “ragù” proveniente dalle pentole delle
casalinghe di via Bonforte, i Ceusi. Ma sì,
mettiamoci anche loro perché, nel bene e nel
male, fanno parte della storia del luogo.
Ricordo che uno dei componenti lo definirono “la
pecora nera della famiglia” in quanto
incensurato e senza nessun procedimento penale a
suo carico!
E
poi "Topolino nniù nnau!”, Jachino Marletta che
alzava la pietra sul petto, il fioraio Salemi,
l’elettrauto Tony, u Zu Ninu u vavveri, il
pescivendolo Costanzo, “Baffo” Angelo Pagano e
la sua liscia, il panificio Bonavia, la Sig.ra
Musumeci titolare del panificio in piazza e
autentica colonnella,
l’irriducibile juventino Mario
Cutrona e suo nipote Angelo Pagano Principe
della liscìa da Vaddia,
"il boss della zona "Giuvanneddu" terrore di noi
ragazzini e poi morto in un incidente con il suo
Kawasaki, la bottega di Cordaro, a "lattara"
Musumeci, il fotografo Chines, l’orologiaio
Chisari e tanti altri che adesso non ricordo,
compresi quelli che non ci sono più come Alberto
Pappalardo, Salvo Piazza e Giulio Stancanelli.
Un
mio fraterno amico racconta:
“dove
sorge il tris bar c'era casa mia, dove siamo
nati io Nicola e Michele, che siamo cresciuti
grazie alla cioccolata fosfovit, che ci regalava
la farmacista di fronte che noi chiamavamo "zia
bella" estorcendoci la promessa, da marinaio, di
non fare arrabbiare la mamma e siamo cresciuti
anche saltando il muro a fianco per mangiare i
minicucca. Fra' Agnello ci ha battezzati. Ci
veniva a prendere a casa per portarci in chiesa
e al campetto e soprattutto per fare respirare
mia mamma che facevamo impazzire.”
Anche se residente fuori zona, sono rimasto per
sempre qui. Quando devo andare in Centro, lascio
l'auto sempre alla base, sotto casa di mia
madre, senza aver mai capito perché non cercare
un parcheggio più avanti.
La amo, questa piazza!
(Mimmo
Rapisarda)
E'
una delle piazze principali del quartiere di
Picanello, a Catania. Caratterizzata dalla
presenza della Chiesa di Santa Maria della
Guardia, la piazza si presenta circolare, con
sbocchi su Via Duca degli Abruzzi e su altre vie
importanti del quartiere, quali la via Giacomo
Leopardi.
Cenni [modifica]
Sede
della Chiesa della Guardia e centro vitale
dell'omonima parrocchia, la piazza si erge su
quella che era l'altura delle scogliere di
Guardia-Ognina. La piazza si presenta con una
grande aiuola alberata al centro e circondata
dall'imponente facciata della chiesa e da
numerose attività commerciali, quali bar,
ristoranti, negozi sportivi e di articoli da
pesca. Il profilo della piazza è prettamente
anni ottanta, ad eccezion fatta dei vecchi
palazzi alla sinistra della chiesa.
LA STORIA DELLA PARROCCHIA
Nel
1865 la borgata Guardia-Ognina rappresentava una
superficie arida di nuda e nera lava vulcanica,
probabilmente in seguito alla eruzionEtna del
1669. Verso il 1870-1872 alcuni devoti signori,
che si re- cavano annualmente nella detta
contrada, ebbero la felice idea di fabbricare
una chiesetta, allo scopo di sviluppare
moralmente e materialmente la ridente borgata e
potere adempiere i loro doveri religiosi nei
mesi estivi, che solevano passare fuori città.
Ne presero l'iniziativa i Signori: Can. Prof.
Salvatore Bruno dell'Università di Catania, che
regalò il terreno, il Sac. Finocchiaro e l'avv.
Zappalà Spina Antonino, i quali solidalmente e
per obbligazione personale, costruirono una
chiesetta di forma circolare.
Durante la costruzione il Sig. Zappalà Spina
fece un viaggio in Francia e, quando per mare,
giunse a Marsiglia, fu colpito dalla bellezza
del faro che splendeva luminosissimo sul
promontorio del porto; dove una colossale statua
indorata di Maria a corona della grandiosa
chiesa, serviva di faro ai naviganti. Collegando
col pensiero questo Santuario e la sua missione,
con la chiesetta che sorgeva in Ognina, vi trova
delle analogie: il lido che sorride sul mare
all'uscita del porto, il nome della zona
catanese « Guardia»; tutto ciò suggerì al devoto
Avvocato l'idea di dedicare la chiesetta
nascente alla «Madonna della Guardia». Ritornato
in patria, propose e caldeggiò la sua idea, che
fu ben accolta ed attuata.
Il
10 Aprile 1875 S. E. Rev.mo Mons. Benedetto
Dusmet, Arcivescovo di Catania, benedisse ed
aprì al culto il tempietto. Successivamente con
atto notarile 16 marzo 1877, presso il Not.
Distefano Grasso, il nominato prof. Can. Salvo
Bruno fece donazione del terreno, figurato a
parallelogramma, dove era costruita la Chiesa,
all'Arciv. Dusmet come unico parroco della
Diocesi.
Oggetto di premurose cure da parte dei signori
fondatori e dei fedeli, la chiesetta reclamava,
fra l'altro, un quadro della Vergine.
Allora il prelodato avv. Zappalà Spina invitò
nel suo villino un ottimo pittore cittadino, -
il Gandolfo -, e gli suggerì l'idea del quadro,
quale oggi si venera nella nostra chiesa. Fece
cioè coniare la Madonna di Raffaello , detta di
« Foligno », ed ai suoi piedi fa dipingere una
giovanetta, simbolo della nascente borgata, che
offre il cuore a Maria, dalla quale viene porta
un'ancora.
La
dolce Signora dell' Amore, che in quel lembo di
lava aveva voluto eretto un trono di grazia e
costituirsi guardiana potente, volle premiare i
devoti ogninesi, regalando loro una casa
religiosa che ne assicurasse il culto.
Nel
1885-1886 tre Padri francescani: P. Domenico De
Franco, da Catania, P. Francesco Longo da
Mongiuffi, P. Francesco Torrisi da Trecastagni,
costretti ad abitare per tanti anni fuori
convento per la legge della soppressione degli
Ordini Religiosi, unirono insieme i loro modesti
risparmi e si accordarono a costruire una casa,
dove trascorrere in fraterna unione gli ultimi
anni della loro vita.
A
questi poveri figli di S. Francesco, per
realizzare il loro sogno, occorreva pure una
chiesa. Non potendo edificarne una nuova, si
presentarono fidenti al santo Arcivescovo Mons.
Dusmet e gli chiesero la chiesetta della Madonna
della Guardia, di recente costruita. Accolse ben
volentieri il santo Prelato la domanda dei
religiosi, e cedette incondizionatamente ed in
perpetuo l'uso del tempietto ai religiosi, i
quali, acquistato subito uno spezzone di terreno
retrostante la chiesa; dai fratelli La Rosa,
iniziarono i lavori per la costruzione del loro
vagheggiato luogo di riposo, all'ombra della
Madonna della Guardia.
Il 4
Ottobre 1888; solennità di S. Francesco, fra la
gioia dei vecchi religiosi, e di altri venuti da
Messina con a capo il M. Rev. P. Salvatore Coco
da Acicatena, Ministro Provinciale, veniva
inaugurato il conventino e gettate le basi della
nuova Provincia di Sicilia dei Frati Minori,
distrutta dalla soppressione.
In
quel giorno furono ricevuti quattro giovanetti
che avevano chiesto di vestire l'abito
francescano, fra i quali P. Bernardino Cipriano.
Lo sviluppo della Chiesa andò di pari passo con
lo sviluppo del convento; ma lasciando da parte
ciò che riguarda quest'ultimo, per l'incremento
straordinario della borgata, si rese assai
piccola e quindi s'imponeva un ingrandimento,
che, fra mille difficoltà di ogni genere fu
iniziato dal P. Domenico De Franco, coadiuvato
del M. Rev. P. Salvatore Coco e dall'Avv.
Zappalà Spina, verso il 1893-1894, e nel
1903-1904 ancora di rustico, fu aperta al culto.
L'opera però di allestimento e di corredamento
non ebbe termine, ma perseguito con sempre
crescente zelo dai religiosi, i quali bussando
di porta in porta, ne hanno fatto un gioiello di
arte e di religione.
Vanno ricordati i lavori di scultura in legno
eseguiti dal maestro, ebanista sig. Nicolò Campo
da Casteldilucio; lavori che costituiscono una
vera rarità per le chiese di Catania.
Ad
una chiesa così grande e così bella mancava la
sagrestia. A questa provvide nel 1932-1933 il P.
Benedetto Petralia, superiore del tempo, il
quale disegnò e la fece costruire, dirigendo i
lavori personalmente.
Tutti i religiosi, chi più chi meno, si erano
sempre ingegnati ad accrescere la bellezza
materiale e morale della chiesa con un culto
veramente magnifico.
Così
la trova la fatale e rovinosa guerra del
1940-1943 e questo tempio, che con tanti
sacrifici era sorto bello ed arricchito di tante
opere d'arte, il 12 Luglio 1943, in seguito ad
un bombardamento aereo, fu ridotto ad un mucchio
di macerie: crollata la volta in tutta la sua
lunghezza e larghezza, sconquassato il muro di
mezzogiorno; orrendamente mutilate le statue e
stracciati i quadri; ridotti in schegge i
preziosi lavori di scultura in legno dei quattro
trittici... tutto il lavoro di tante anime
belle, tutti i sacrifici dei religiosi e dei
devoti resi inutili!
Solo
la fede dei medesimi nella protezione della
Vergine poteva ridare la bella chiesa all'antico
splendore. Ciò avvenne nel breve spazio di
ventidue mesi, mercé il lavoro del P. Benedetto
Alessi, superiore del tempo, e mercé anche le
innumerevoli generose e calde offerte dei
fedeli, sotto la direzione del Sig. Ing. Pier
Vittorio Gatta, la chiesa risorse dalle sue
rovine più bella e più armoniosa di prima. Essa
fu la prima a risorgere delle ventiquattro
chiese della città distrutte dalla guerra.
Finalmente S. E. Rev.ma Mons. C. Patanè,
Arcivescovo di Catania, accogliendo i voti da
tanti anni emessi dai fedeli devoti di questo
rione, nonchè dai religiosi, si è degnato di
erigerla a Parrocchia « pleno iure regulari »
dandone il possesso al primo Parroco R. P.
Costantino Dott. Trapani, Superiore del
Convento, presentato dalla Curia Provincializia
dei .frati Minori.
P.
Bernardino Cipriano O.F.M.
http://www.parrocchiadellaguardia.it/storia/storia_parrocchia/storia-parrocchia-7.asp
VILLA SOTTILE LA SPOSA GRECA
Questa villa si
trovava, e non si trova più, all'incrocio fra le
vie Principe Nicola e Duca degli Abruzzi, sulla
quale ultima correva la facciata di ponente qui
raffigurata.Aveva pianta a croce greca e
occupava nel complesso un'area di duemila metri
quadrati.La fece costruire,in anni a cavallo fra
l'Ottocento e il Novecento, il signor Alfio
Sottile,che una ventina d'anni dopo, nel 1920,la
vendette al cav. Ignazio Magnano di San Lio. Il
Sottile fece eseguire da Salvo Bonsignore questa
fotografia intorno al 1910, quando ne era ancora
il proprietario, ed è per questo che il suo nome
è scritto, in negativo (bianco su sfondo
nero),sul lato sinistro dell'immagine parallelo
all'araucaria.
Egli era un
commerciante di legname, la cui attività
commerciale era soprattutto intensa con la
Grecia, dove, vedovo,aveva sposato una fanciulla
greca,Penelope Pandelì. In precedenza egli s'era
fatto costruire un'altra villa, di disegno
analogo a questa, quasi <<gemella>>,in via
Capace (Guardia Ognina); ma non avendo avuto
figli dal primo matrimonio e non volendo vivere
nella casa in cui la prima moglie era spirata,
trattenne la più antica (via Capace),dove
continuò a vivere con la sposa greca, e alienò
la seconda, qui riprodotta. In questa,i
Magnano,acquistatala e fatte eseguire alcune
ristrutturazioni, andarono ad abitare nel 1921.
Qualche decennio dopo fu realizzata, sopra di
essa,una sopraelevazione, l'edificio infine fu
diroccato negli anni Settanta e al suo posto
edificato un palazzo moderno.
Non è noto il
progettista della villa (anzi,di entrambe le due
ville);si ritiene, anche tenuto conto dello
stile architettonico, che possa essere stato
Carlo Sada,il quale peraltro ebbe una delle sue
molte abitazioni catanesi nei paraggi di
entrambe.
(Foto e testo tratti dal libro "Vecchie foto di
Catania "di Salvatore Nicolosi)
"Me le ricordo benissimo sia la villa dei
Magnano San Lio sia quella più piccola dove
viveva il dr. Lisi (pneumologo), poi demolita.
Al suo posto il costruttore dello stabile in via
Principe Nicola dove abitavamo (Sig. Petralia), fabbricò l'edificio adiacente con la
stessa facciata del nostro.
Della villa dei Magnano San Lio ho ricordi
precisi e nitidi. L'immobile non era molto
grande, ma il parco sì, era davvero molto ampio.
Ricordo che c'era anche un grande gazebo
esagonale in ferro battuto bianco, interamente
ricoperto di vetro e all'interno arredato in
modo molto ricercato.
Lì la famiglia si riuniva spesso nelle sere
d'estate per cenare in modo sontuoso (fiori,
candelabri, servizi di argento sfavillanti,
ecc.) alla presenza del maggiordomo in livrea.
Io, bambina di circa 7 anni, osservavo tutto
questo e mi sembrava di sognare...
Poi questa residenza nobiliare venne demolita e
mi dispiacque molto...al suo posto il cantiere
di Mineri rimase lì per più tempo rispetto al
previsto, perché sotto il parco c'era roccia
molto dura (non lavica) e i lavori prevedevano
di scavare molto in profondità per creare 2
livelli sotterranei. Il rumore era continuo e
insopportabile...
Negli anni '80 il Macintosh, mitica discoteca,
ebbe sede in quel posto".
F.B. Rapisarda.
E’
questa la Municipalità che, fra le dieci
Municipalità catanesi, occupa il secondo posto
in graduatoria per numero di residenti, con i
suoi 56.673 abitanti del 1997. Nell’arco di
tempo compreso tra il 1991 e quest’ultimo anno
l’andamento dei residenti si presenta
decrescente sino al minimo storico del 1993, per
poi riprendere regolarmente a salire sino al
massimo del 1996. Alla fine, nell’intero
periodo, qui la popolazione è cresciuta di poco
più dell’uno per cento. La poca omogeneità della
Municipalità è alla base, però, di dati che per
certi versi risultano contraddittori.
Ricordiamo, infatti, che il territorio della
seconda Municipalità è occupato da quartieri e
zone profondamente diverse tra loro, dal punto
di vista sia strutturale, sia economico e
sociale. Alla "ricchissima" zona di corso Italia
e buona parte del lungomare, dove si addensano i
grandi palazzi più signorili che hanno
sostituito, negli anni del sacco edilizio della
città, le splendide ville liberty degli anni a
cavallo tra il secolo scorso e l’attuale (un
esempio per tutti è l’ormai scomparsa villa
Ayala), e dove si affollano i negozi più
eleganti della città, si contrappongono, sia a
sud che a nord, i vecchi quartieri di Ognina e,
soprattutto, di Picanello, e le zone piccolo
borghesi, ma con alcune isole di particolare
degrado, che declinano verso la Stazione
ferroviaria. Così, è in questa Municipalità che
il saldo naturale fa registrare un valore
negativo, pari a 128. Un saldo negativo, questo,
che, nel complesso della città, la seconda
Municipalità condivide solo con la terza. E che
probabilmente deve attribuirsi proprio alle zone
più medio ed alto borghesi della Municipalità,
mitigato peraltro dalla presenza di quei
quartieri più popolari, primo fra tutti
Picanello, dove certamente si mantiene ancora
salda l’abitudine a far figli.
Se
letto in questa chiave, si comprende anche il
dato, apparentemente strano, del saldo per
cambio di domicilio: nella Municipalità, nel
1997, sono più numerosi quelli che vanno
piuttosto che quelli che vengono ad abitare.
Certo, sull’appetibilità delle strutture
residenziali della Municipalità incidono i
prezzi altissimi delle case intorno a corso
Italia e al lungomare. Tanto da sconsigliare
persino quelle famiglie medie ed alto borghesi
che, alla fine optano probabilmente per
abitazioni altrettanto eleganti, ma ben più
comode, "fuori" città. Ma su quell’appetibilità
incidono anche, e non poco, i caratteri a volte
di evidente degrado di alcuni quartieri e zone
interne.
Così, si comprende anche il dato relativo al
saldo migratorio, cioè la differenza tra chi
immigra e chi emigra dalla Municipalità; un
saldo positivo, questo, che pone la Municipalità
al terzo posto fra le dieci cittadine, in
assoluta controtendenza rispetto al saldo del
cambio di domicilio. Il dato va con ogni
probabilità messo in correlazione con la
presenza di cittadini stranieri, soprattutto
extra-comunitari, che sono qui presenti in
numero decisamente elevato, tanto da porre
questa Municipalità al secondo posto, dopo la
prima (Centro storico), in questa speciale
graduatoria delle dieci Municipalità cittadine.
Segno evidente, questo, della disomogeneità
della Municipalità fra zone egemoniche e zone
subalterne, fra realtà sociali ricche e povere,
fra centralità e perifericità. Più che il
quartiere di Ognina, i cui tratti culturali sono
in parte derivate dalla sua originaria natura di
borgo marinaro, e in parte dall’essere stato il
suo territorio coinvolto da uno sviluppo
edilizio residenziale tutt’altro che popolare, e
il quartiere di Picanello quello, nella seconda
Municipalità, dove vivono i ceti subalterni.
|
La Sig.ra Nicosia è
lì da una vita. Assieme al marito e ai figli,
fin dagli anni Sessanta ha venduto magazzini di
pinne, fucili ed occhiali a generazioni di
catanesi. Io ci andavo fin da bambino, a
comprare le ciabatte e il costume per la
stagione balneare.
Me la ricordo sempre
al banco, coi suoi occhi azzurri che sembravano
scrutare orizzonti che potessero rivelarle il
buon tempo della giornata da regalare come bonus
ai suoi acquirenti pescatori. Sempre pronta ad
averla vinta sui rappresentanti di bombole e
canne da pesca, che dopo un po' se ne andavano
via col volere
della titolare sul contratto, ma con la battuta
finale sulla soglia del negozio: "minchia, è n'masculu!".
Oggi la regina del
mare di Guardia-Ognina è ancora lì, con la sua
particolare voce rauca, a svuotare la merce sul
banco illuminato dalle prime luci dell'alba:
"chi isca voli, iammuru, bigattinu, coreanu,
spagnolu o ballarino? Chiummu n'havi vossia?
Quali paratura ci rugnu… no, chissa non è bbona
ppi l'ucchiati! Pi iddi ci voli prima u
fummaggiazzu co panuzzu, intra a cosetta!".
Sig.ra Olga, è fresco questo verme? "Ma dove
deve andare a pescare"? "a Portopalo" e lei: "
Mi creta, lo trova già là!”.
E' un po' più
emaciata, ma sempre battagliera e circondata da
una miriade di nipoti sparsi nelle succursali
della città. Adesso l'azienda si è ingrandita e
informatizzata, ma lei è rimasta la stessa
matriarca con addosso quella strana voglia di
mare e per questo sembra che tutto il parentame
continui a farla giocare, per non farla
invecchiare mai.
Ancor oggi, entrando
nel negozio principale, non è difficile sentire
l'inconfondibile voce di colei che è diventata
un mito: "Callo, a mamma, pigghimi a nummuru
cincu …. no Cressi…..chidda ddà Mares."
Giancarlo sa esattamente dove prendere la muta
da sub, ma fa appositamente lo sbadato per farla
sentire ancora importante, necessaria.
Insomma, un
personaggio in possesso di una tale esperienza
che potrebbe tranquillamente armare e governare
un peschereccio in piena tempesta. Col suo
prezioso ed immutato scibile marinaro, sarebbe
capace di indovinare quale misura di lenza
occorrerebbe per pescare i Marlin in pieno
Pacifico o i merluzzi nel Mar Artico!
Sono questi i
personaggi che meritano la Candelora d’oro, non
esperti informatici (con tutto il rispetto) nati
per sbaglio a Catania!
(M.R.)
LUPO ALBERTO DI PIAZZA EUROPA. Se siete
catanesi e andate in giro per il centro o per le
periferie della città conoscerete a menadito il
problema cani randagi. Veri e propri branchi di
quattrozampe che scorazzano per la via Etnea,
che cercano un posto al sole in piazza Europa,
che hanno eletto le aiuole di piazza Roma a loro
camere da letto e che la notte non disdegnano
nessuna delle strade di Catania per mettere a
segno le loro scorribande a volte impaurendo il
pedone, o il guidatore di moto e scooter di
turno.
Per
questi cani che spesso dormono, ma ancora più
spesso abbaiano ai passanti, i catanesi non
hanno parole dolci. Anzi, quella che prima era
una notizia da trafiletto sul giornale è
diventata una vera e propria emergenza
soprattutto in alcuni quartieri della città
letteralmente invasi. Eppure tra tutto il
fastidio generale c'è chi ha conquistato i cuori
di centinaia e centinaia di persone.
Lui
è un cane randagio possente, giovane e attento.
Il suo pelo è chiaro con delle macchie beige,
marroni e grigie. Il suo muso è lungo e
affusolato, le sue zampe snelle e abituate alle
fughe veloci. Su Facebook, dove è diventato un
fenomeno con un profilo che conta oltre seicento
amici lui è Alberto di Piazza Europa e dalla sua
pagina, piena di foto e testimonianze di affetto
nei suoi confronti, spesso vengono lanciati
appelli per aiutare altri trovatelli come lui
sparsi in tutta Italia.
Tra
le note di chi ha scritto di lui si legge sia
nato in piazza Alcalà e che la sua infanzia,
come ogni cane di strada, non sia stata poi
tanto facile. E' facilissimo invece trovarlo.
Sembrerà strano, ma proprio uno dei negozi di
arredamento più in del corso Italia lo ha già
adottato. Alberto o come vogliamo chiamarlo noi,
tra gli scaffali dei regali di Natale e quelli
degli oggetti da regalare alle amiche e alle
coppie di neosposi, ha un tappetino tutto suo.
Lui, su quella paglia intrecciata, dorme dolci
sogni e non smette di sognare nemmeno quando le
signore incuriosite se lo trovano tra i piedi,
chiedendosi se sia un cane vero o un raro
oggetto di moderno design.
La
sera poi per Alberto e i suoi amici comincia la
movida, proprio a due passi dai portici di corso
Italia, sopra i binari della ferrovia dove ogni
notte si consuma il sacro rito del panino al
carrozzone. Il cane adottato dai commercianti di
piazza Europa attende con pazienza che i
consumatori di panini si stanchino delle loro
ordinazioni over size e che, ormai sazi, gli
offrano prelibatezze e patatine fritte.
Lui
ha imparato a scegliere e che sia di bocca buona
lo dice il fatto che non accetta tutto quello
che gli viene offerto da mani gentili. Del resto
i gusti sono gusti.
Mariangela Di Stefano
http://www.tifeoweb.it/pws/index.php?module=article&view=2850
Alberto è il cane adottato da chi lo conosceva,
da chi ne sentiva parlare.
Un
cane che attirava ammirazione perché sfiorava la
superbia per eccesso di dignità; che non
questuava cibo, giaciglio o carezze, ma
presentava i diritti della notorietà: dalla
colazione con i lavoratori in tuta alle sette
del mattino, al viaggio in autobus per il
"kebab" (il pasto di carne cioè) a mezzogiorno,
al rientro in sede (ospitalità prioritaria
presso le sorelle proprietarie di un negozio in
Corso Italia), all'attraversamento sulle strisce
pedonali, all'ispezione dei luoghi circostanti
con abituale distacco, attorno a Piazza Europa.
Il resto della città era per lui periferia.
Niente smancerie, scodinzolamenti, accostamenti
a corpi altrui: il suo blasone di libertà glielo
impediva, la confidenza l'avrebbe indebolito
nella fierezza.
Fu ospite in una bella villa a Ognina,
circondato da attenzioni e premure.
Ma, attorno c'erano mura, e lui voleva aria e
spazio. Se ne andò salutando a suo modo: non
disturbando, dispiaciuto forse di apparire
ingrato.
Poi, da oltre due anni, nessuna informazione
certa.
Si era divulgata (tra i suoi tanti estimatori)
la notizia di una residenza (mai domicilio!)
verso S. Venerina, in una fattoria dove ci sono
cavalli e cuccioli di cane; poi, per
intolleranza delle bombe pirotecniche degli
umani, si dice, fece perdere ogni traccia,
allontanandosi. C'è anche chi lo ha incontrato
in scadente forma fisica, con occhio triste e
pelliccia sgualcita: anche lui era stato
raggiunto dalla crisi.
Noi l'attendiamo, e, intanto, ci chiediamo: ha
perso Alberto, o ha perso la città per la lunga
assenza?
La risposta è spontanea: nel vuoto di
personaggi, nella dissennata seminazione di
mediocrità integrata da supponenza, il distinto
cane Alberto si stacca di più nel ricordo. Al
punto che ci verrebbe di chiamarlo signor
Alberto, se non fosse disprezzante la confusione
con gli uomini, alcuni dei quali gli destinavano
polpette avvelenate, ignari del fatto che il
celebre cane, di palato fine, annusava e,
quindi, disdegnava.
Continueremo, perciò, a chiamarti Alberto, un
"tu" assistito dal rispetto che si deve a chi
tra la sicurezza di vitto e alloggio, e i rischi
della libertà senza confini, ha fatto la scelta
coerente con la sua storia. Se qualcuno chiederà
l'anagrafe, ricordati dei progenitori millenari,
ricordati di Argo, il primo a riconoscere Ulisse
dopo un assenza infinita, senza tradire emozione
alcuna per non mettere a rischio il destino del
padrone, o dei tanti tuoi simili senza tempo che
in ogni parte del pianeta si recano spesso al
cimitero per salutare, annusando l'erba, l'amico
scomparso; o di quelli che vegliano sino allo
sfinimento i morti abbandonati, perché amati in
vita.
Sentiamo però il peso della inadempienza:
qualcosa deve essere fatta.
Ci viene in mente il Ministro Cancellieri, che,
per essere stata indimenticato prefetto della
città, e per altre ragioni, conosce il "mito
Alberto".
Questa l'idea: il "mito" merita protezione.
Nemici delle scorte (anche per modesto vissuto),
convinti che certi personaggi, frustrati ma
narcisi, nulla debbano temere (già colpiti da
discredito, che senso avrebbe, fargli ulteriore
male?), i quali però per obbligo istituzionale,
debbono comunque essere tutelati dalla
protezione dello Stato (anche per non sentire la
solitudine sociale che li circonda), non volendo
profittare della indilazionabile cura dimagrante
del numero degli "addetti", concentriamo la
richiesta sulla destinazione di un cane -
poliziotto, per allontanare o dissuadere i
dispensatori di impasti avvelenati o i calcioni
a tradimento (c'è pronta una filiera a caricarsi
il costo). Sarebbe, caro Ministro, assegnazione
ben concessa per soggetto degnissimo.
Ad Alberto buona fortuna perché cane libero,
forse superbo per troppa dignità.
Alle scuole della città, l'ultimo sommesso
consiglio. Se il "mito" dovesse rientrare in
città, siano organizzate visite guidate per le
scolaresche, per illustrare il tema: "Non tutto
è perduto".
Se ci guardiamo attorno, infatti, sarebbe
esagerato vedere l'esagerazione.
Enzo
enzo. trantino@alice. It
La Sicilia, 27.8.2012
|
scene girate
prevalentemente a Catania
|
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|
Rispetto
ai quartieri meno fortunati dell’area sud e sud
occidentale della città, San Cristoforo, Angeli
Custodi, San Giorgio, ecc., quartieri che fin da
subito si sono definiti come luogo dei
diseredati della città, il carattere popolare di
Picanello assume una "dignità" diversa.
Probabilmente all’origine di questo dato sta la
natura più "rurale" che "urbana" del quartiere,
testimoniata già dal secolo scorso allorché
Gentile Cusa immaginava di poter vedere qui
realizzate le residenze più rappresentative
della città, mentre diverse famiglie scelsero
questo quartiere per edificare alcune villette
con giardino, e confermata ancora oggi da un
assetto urbano dove ancora moltesono le piccole
strutture abitative con piccole porzioni di
terreno salvatesi dalla furia demolitrice del
sacco edilizio catanese degli anni cinquanta e
sessanta.
Il
risultato è quello di un quartiere che vive con
maggiore dignità la propria condizione di
povertà, e dove, nel complesso, il degrado
appare meno grave che altrove e la qualità della
vita meno compromessa. Una conferma sta nel
fatto che qui, rispetto a tutte le altre
Municipalità, la dispersione scolastica e tra le
più basse: nel 1998 appena lo 0,8%. Altrettanto
basso è il numero di minori provenienti da
questo quartiere arrestati nel decennio ’90
rispetto ai quartieri tradizionalmente "a
rischio". Tutto ciò, anche se resta il dato
allarmante del fatto che proprio negli
ultimissimi anni la seconda Municipalità ha dato
un contributo crescente al fenomeno della
criminalità minorile a Catania: i minori
arrestati provenienti da questa Municipalità,
che erano 7 nel 1996, sono passata 20 nel 1997,
e a 14 nel 1998.
http://www.comune.catania.it/la_citt%C3%A0/municipalit%C3%A0/ognina__picanello/La_Societ%C3%A0.aspx
Nella seconda metà del XIX secolo, Catania visse
una netta crescita demografica e i suoi confini
si espansero notevolmente. Fino ad allora, il
territorio dell'odierno quartiere di Picanello
era sostanzialmente una contrada agricola,
estranea ai rilievi tributari e al processo di
urbanizzazione della città. I primi insediamenti
stabili si ebbero a partire dagli ultimi anni
dell'Ottocento, soprattutto a causa di piccole
migrazioni limitrofe; fino ad allora, Picanello
si limitò a zona di villeggiatura per le
famiglie catanesi più agiate.
Nella prima metà del XX secolo, in particolar
modo negli anni trenta, l'amministrazione si
interessò all'urbanizzazione del quartiere e le
grandi famiglie di Picanello (Scammacca,
Bonajuto e Marletta) innescarono un processo di
grandi e piccole lottizzazioni sulla base del
tessuto viario preesistente. Una vera e propria
anteprima del boom edilizio degli anni cinquanta
e sessanta, nei quali Picanello si liberò
gradualmente dalle sembianze rurali e plasmò la
sua complessità paesaggistica, avvicinandosi
molto allo scenario odierno.
Nel secondo dopoguerra, il territorio
attualmente circostante Piazza Europa, in
continuità con le volontà d'eleganza e prestigio
espresse nell'ammodernamento di Corso Italia, fu
destinato ad accogliere il decentramento delle
maggiori attività economiche della città; nel
contempo, gli isolati ad est del viale Vittorio
Veneto assomigliarono sempre più a un sobborgo
di case popolari, all'interno di un prospetto
urbanistico tutt'oggi rimasto poco funzionale.
Picanello
(Picaneddu in siciliano) è un quartiere situato
nella zona nord-orientale della città di Catania.
Dal punto di vista amministrativo, fa
riferimento alla II municipalità
Ognina-Picanello.
È tradizionalmente delimitato a est dal
Lungomare, a sud dal corso Italia, a ovest dal
viale Vittorio Veneto e a nord dalla
Circonvallazione.
La
congiunzione stradale tra Circonvallazione e
Rotolo, caratterizzata da un grande dislivello,
è segnata dalla via Galatioto, una lontana
parallela - più a nord - di via Duca degli
Abruzzi. Con quest'ultima, la Circonvallazione a
ovest e via Principe Nicola a est, forma un
quadrilatero all'interno del quale è possibile
iscrivere un'area dall'altissima densità di
popolazione. Adiacenti alla Circonvallazione, si
trovano dapprima le zone del Campo Scuola di
Atletica Leggera, una struttura edificata a
inizio secolo e potenziata nel corso dei decenni
(sede delle Universiadi del 1997), quindi i
plessi popolari addensati su via Villa Glori e
via De Caro.
Santa Lucia, piazza Duca di Camastra e il
Rotolo
Percorrendo via Galatioto in direzione del mare,
si incrociano la Chiesa di Santa Lucia e piazza
Duca di Camastra. Questa, insieme alla
tradizionale via Messina, chiude di fatto il
territorio del quartiere di Picanello e apre le
porte al borgo marittimo di Ognina. Il Rotolo è
un grande viale che si affaccia sul mare di
piazza Nettuno. Deve il nome alla colata lavica
del 1381 che ricoprì la città e che, tra le
altre cose, determinò la qualità paesaggistica
dell'attuale lungomare.
Fino al 1951, è stato uno dei capolinea dalla
tranvia di Catania; seguì lo smantellamento dei
tram e la sostituzione con una rete di filobus.
Oggi, il quartiere è servito dalle linee bus
dell'AMT (Azienda Municipale Trasporti).
Secondo il progetto della Metropolitana di
Catania, esistono disposizioni per fermate a
Picanello lungo il Passante Ferroviario RFI (i
cui binari sotterranei sono tutt'oggi
funzionanti). Al momento, la fermata
metropolitana più vicina è in Corso Italia e
permette di raggiungere la Stazione Centrale e
il Porto.
Al termine della via Duca degli Abruzzi, sulla
Circonvallazione, è possibile imboccare lo
svincolo per il raccordo tangenziale che conduce
all'Autostrada A18 Catania-Messina.
A ridosso della Guardia, in direzione
Circonvallazione, si sviluppa trasversalmente da
sud-est a nord-ovest la via Duca degli
Abruzzi, attraversando uno dei nuclei più
popolati dell'intero quartiere. La via delimita
formalmente la parte sud del quartiere (tra cui
gli ex-possedimenti Scammacca) con il grosso
nucleo urbano compreso tra la Circonvallazione e
la discesa a mare del Rotolo. La
Circonvallazione abbraccia Picanello da
sud-ovest fino a nord-est, in corrispondenza
della fine del lungomare e del porto di Ognina.
Una borgata di città: Picanello.
Una
volta era un borgo perché era distante dal
centro città circa tre chilometri. I suoi
abitanti se andavano al centro, non dicevano:
“andiamo al centro di Catania, ma semplicemente:
”andiamo a Catania.”
Villini e case ad un piano riempivano il borgo,
un tratto impressionista, un po’ liberty.
Erano gli anni cinquanta, senza auto, senza
fretta, con le strade a fondo naturale dove si
muovevano carretti con ruote grandi di legno.
Via
caduti del lavoro si chiamava via Smedila perché
il barone Smedila era proprietario di mezza
borgata.
I
villini non erano abitazioni per oziosi nobili
catanesi ma, residenze di commercianti, famiglie
di lavoratori, che, se potevano, d’estate
s’affittavano la carrozza per andare a sentire
le musiche di Vincenzo Bellini nel giardino in
Via Etnea.
Si
scendeva con il tram per andare a fare acquisti
a “Catania”. Era il tram n° 3, almeno così
dicono
Gli
“antichi” abitanti della borgata. Oggi c’è
l’autobus 830, e il 3 è rimasto, ancora, fra un
otto e uno zero!
Noi,
da bambini, guardavamo passare i carretti,
quelli con le ruote di legno colorati come
quelli di cumpari Turiddu. I bambini di strada,
tutti eravamo di strada, quelli bravi, sperti,
pieni d’iniziativa, ci attaccavamo dietro il
carretto per farci trascinare, pieni d’ebbrezza
per il viaggio brevissimo ma gratis: “arreri
‘ncoppu di zotta”, era il grido di chi invidioso
era rimasto a guardare e la speranza che il
carrettiere colpisse il compagno, dietro il
carretto, con la frusta.
Nelle strade polverose, non asfaltate, con le
biciclette, si descrivevano percorsi come serpi
sonnolenti.
Era
Picanello d’una volta, con le botteghe di generi
alimentari che non rispettavano le norme
sanitarie e dove si poteva comprare tutto a
peso: maccaruneddi diritali, fillata, u vinu ddò
putiaru*
Le
sigarette si potevano acquistare anche sciolte,
ad una ad una.
Tanti villini belli, bassi, sono rimasti;
scampati alla furia degli “unni” che hanno
violentato questo quartiere con moderne, inutili
costruzioni, i terribili anni sessanta della
speculazione edilizia.
Sono
nato in questo quartiere, in Via Smedila e mi
ricordo che la mattina passavano le pecorelle e
si poteva comprare il latte dal pecoraio.
Una
grossa e simpatica parrucchiera era chiamata: “a
pilucchera” che non è vocabolo di cattivo gusto
siciliano, ma una colta riduzione
dell’equivalente termine spagnolo: “peluchera”.
Picanello sembra un nome misterioso, e per tanti
studiosi lo è sempre stato, significa, forse,
semplicemente: “fico snello”, ma non siamo
sicuri, perché nella borgata vi erano e vi sono
tante piante di fichi.
Uno
strano vecchio di cent’anni,abitava in via
Macaluso, mi confidava: “quando ero piccolo, nel
quartiere di Picanello, vi era un albero di
fichi dove i fidanzati si scambiavano gli
anelli…”
Boh!
Le solite minchiate dei catanesi!
Oggi
è tanto diversa. Picanello, non è più una
borgata, è un quartiere con tanti palazzi
scoloriti, costruiti a “tradimento” negli anni
sessanta.
Ma
questa è un’altra storia!
Santo Catarame
http://www.corrieredaristofane.it/
A
PASSEGGIO PER PICANELLO. Il nome
Picanello deriva dallo Spagnolo e significa
"piccola fonte".
Prima
dell'eruzione del 1669,che cambiò il volto della
città,Catania " era divisa in vari Quartieri che
prendevano il nome dalle Chiese e da qualche
assetto del contorno" (Francesco Ferrara).
Nella seconda
metà del XIX secolo, Catania visse una netta
crescita demografica e i suoi confini si
espansero notevolmente. Fino ad allora, il
territorio dell'odierno quartiere di Picanello
era sostanzialmente una contrada agricola,
estranea ai rilievi tributari e al processo di
urbanizzazione della città. I primi insediamenti
stabili si ebbero a partire dagli ultimi anni
dell'Ottocento, soprattutto a causa di piccole
migrazioni limitrofe; fino ad allora,Picanello
si limitò a zona di villeggiatura per le
famiglie catanesi più agiate.
Nella prima
metà del XX secolo, in particolar modo negli
anni trenta, l'amministrazione si interessò
all'urbanizzazione del quartiere e le grandi
famiglie di Picanello (Scammacca, Bonajuto e
Marletta) innescarono un processo di grandi e
piccole lottizzazioni sulla base del tessuto
viario preesistente. Una vera e propria
anteprima del boom edilizio degli anni cinquanta
e sessanta, nei quali Picanello si liberò
gradualmente dalle sembianze rurali e plasmò la
sua complessità paesaggistica, avvicinandosi
molto allo scenario odierno.
Nel secondo
dopoguerra, il territorio attualmente
circostante Piazza Europa, in continuità con le
volontà d'eleganza e prestigio espresse
nell'ammodernamento di Corso Italia, fu
destinato ad accogliere il decentramento delle
maggiori attività economiche della città; nel
contempo, gli isolati ad est del viale Vittorio
Veneto assomigliarono sempre più a un sobborgo
di case popolari, all'interno di un prospetto
urbanistico tutt'oggi rimasto poco funzionale.
VILLA SCAMMACCA
La foto postata ritrae uno
scorcio di Villa Scammacca,splendido manufatto
che fu commissionato nei primi decenni
del
Novecento dal nobile Mario Scammacca,da cui
prende il nome,circondato da uno splendido parco
da lui disegnato.Al suo interno è ancora
visibile la cappella di famiglia (l'area fu
un'estesa proprietà degli Scammacca, coltivata
con diverse produzioni agricole) con gli arredi
originali e parte del fondo librario.
La villa situata a Catania in
Viale Vittorio Veneto 172 (ingresso all'altezza
di Piazza Michelangelo) è stata acquisita,da
alcuni anni,dalla Banca Monte dei Paschi di
Siena, ma fu la sede legale della "Banca
Agricola Etnea", costituita il 16 Dicembre 1970
con rogito del Notaio Ferdinando Portale.
Con 17 sportelli e 152
dipendenti,negli anni '80 divenne il quarto
Istituto di Credito in Sicilia,con una raccolta
che toccò,nel 1981 la cifra di ben 183 miliardi
di lire.
La "Bae" nacque
dall'imprenditore Gaetano Graci,investito nei
decenni scorsi da importanti vicende giudiziarie
e l'Istituto fu acquisito,con modalità rimaste
per lungo tempo sotto la lente giudiziaria,dal
Monte dei Paschi di Siena.
testo e foto di
Franz Cannizzo
Alcuni cenni
storici su Picanello
Il
nome del quartiere Picanello erroneamente viene
riportato da alcuni siti Web come derivante da
"Fico snello", questa bizzarria è stata però
smentita dall'illustre prof. Santi Consoli, il
quale afferma che tale nome derivi dal sopranome
che il popolo aveva dato alla famiglia Marletta,
proprietaria di vasti terreni del luogo (prof.
Santi Consoli Ognina o Lognina questione
toponomastica Archivio storico per la Sicilia
orientale, Catania 1916).
Nel
passato, gli abitanti di Ognina appellavano gli
abitanti di Picanello “terrazzani ” o “sciaroti”
perché il quartiere rispetto a Ognina era sorto
più in alto, su una immensa distesa di scabre
lave scaturite nel 1381 tra il paese di Gravina
e Tremestieri, da una frattura che fu detta
“Fossa del Gavolo. Tale data, riportata per
secoli dagli storici antichi tra i quali Tommaso
Fazello e Pietro Bembo, che facevano fede alle
notizie tramandate nel documento manoscritto da
Simone da Lentini (conservato nell'Archivio
della Cattedrale di Catania), oggi è stata
smentita dalle moderne analisi paleomagnetiche
che la retrodatano al 1169. Questa colata lavica
che gli studiosi chiamano “lava del rotolo” fu
quella che seppellì l'antica Ognina e l'antico
fiume Longone, il cui corso secondo le accurate
indagini fatte dall'illustre Prof. Casagrandi
(Il porto di Catania greco-romana, Il Borgo, il
fiume Lòngane, e il Santuario della Dea Athena
Longatis. - La Pistrice sul tetradramma aureo di
Catania Tip. Giannotta 1914) doveva stendersi,
nell'avvicinarsi alla sua foce nel mare Joio,
lungo la contrada detta ora Picanello per poi
sfociare nel seno dell'antico porto di Ulisse.
Fino
alla seconda metà del XIX secolo, il territorio
dell'odierno quartiere di picanello era
sostanzialmente una contrada agricola. I primi
insediamenti stabili si ebbero a partire dagli
ultimi anni dell'Ottocento; fino ad allora,
Picanello si limitò a zona di villeggiatura per
famiglie catanesi più agiate come gli Smedila.
Negli anni '30 del Novecento le grandi famiglie
di Picanello (Scammacca, Bonajuto e Marletta)
innescarono un processo di grandi e piccole
lottizzazioni sulla base del tessuto viario
preesistente. Una vera e propria anteprima del
boom edilizio degli anni cinquanta e sessanta,
facendo scomparire la sembianza rurale del
paesaggio, avvicinandosi molto allo scenario
odierno.
I
nobili Mancini di Ognina, un tempo proprietari
incontrastati di tutto il territorio di Ognina,
la cui famiglia era imparentata con il famoso
cardinale Giulio Mazzarino(statista di Francia
al tempo di Luigi XIV), ebbero in eredità dal
Cardinale anche la Villa che si affaccia su
l'omonima piazza di Porto Ulisse. I Mancini
hanno lasciato la propria impronta anche a
Picanello. La nobile Rosa Mancini donò nei primi
anni del '900 il terreno su cui sorse la chiesa
di Santa Lucia in Ognina. Inaugurata nel 1912,
poche notizie si hanno del del suo progettista,
pare fosse un non meglio precisato architetto
Milazzo. Il 29 giugno 1944 fu eretta a
parrocchia e nel 1950 arricchita con i pregevoli
affreschi di Giuseppe Barone (S. Lucia al
martirio e l'apparizione di Sant'Agata a S.
Lucia). La nobildonna Rosa Mancini devotissima a
Santa Rosa da Lima, fece costruire a proprie
spese un altare nella parete della navata destra
della chiesa dedicandolo alla Santa di cui
portava il nome, con un bel affresco
raffigurante S. Rosa col Bambinello in braccio
(copia dell'originale dipinto settecentesco del
pittore romano Agostino Masucci), in basso
spicca lo stemma del nobile casato, con impresso
il motto "Fermetè" che fu il motto del celebre
Cardinale dal quale i nobili Mancini discendono.
Nella parete interna della chiesa attigua al
portale d'ingresso sta una lapide marmorea che
in caratteri latini ricorda la generosa Rosa
Mancini.
Nel
post riporto alcune foto d'epoca riguardanti la
chiesa, lo storico parroco padre Cassisi e gli
abitanti del borgo.
Mario Strano
Il corso Italia, tra le vie più
prestigiose della città, delimita l'estensione a
sud di Picanello, nonostante la zona risulti
ormai da anni indipendente, sotto tutti i punti
di vista, dal nucleo del quartiere. È mediamente
alberato, costeggia la Guardia e conduce a
piazza Europa, dove ha inizio il Lungomare.
Piazza Europa aveva le sembianze di una piccola
villa cittadina che offre, grazie alla sua
posizione rialzata, un discreto belvedere sul
lungomare.
Il Lungomare di Catania è un viale a
grande percorrenza con passeggiata sulla costa,
una tipica scogliera in roccia lavica. Congiunge
piazza Europa al porticciolo di Ognina. Lungo il
suo percorso, si trovano alcune aree predisposte
alla balneazione: la più importante è lo storico
borgo di San Giovanni li Cuti. A metà tragitto,
la passeggiata si allarga su piazza Nettuno; più
avanti lo storico porto Ulisse e la piccola
Chiesa di Santa Maria di Ognina introducono
l'inizio del borgo ogninese.
Zona
ad altà densità abitativa compresa tra corso
Italia, via Leopardi, il Lungomare e
piazza Europa. Nell'omonima piazzetta centrale,
è situata la Chiesa di Santa Maria della
Guardia, risalente agli anni sessanta. Proprio
qui si innesta la via Giacomo Leopardi (poi via
Gabriele D'Annunzio), una riproposizione meno
prestigiosa del corso Italia, pressoché spoglia
di verde, ma ugualmente servita.
Viale Vittorio Veneto e largo Bordighera
Il viale Vittorio Veneto taglia la città
dalla Circonvallazione alla Stazione Centrale e
segna idealmente il confine occidentale di
Picanello. A nord è adiacente, all'altezza di
piazza Michelangelo, alla grande villa Scammacca
(una delle famiglie più influenti della storia
del quartiere) e, più a sud, al largo
Bordighera, una grande piazza a ridosso della
fitta zona residenziale. Nei pressi della villa
Scammacca, nel 1905, fu costruita la Chiesa di
Santa Maria della Salute.
Corso Italia
CATANIA
- La rinascita di piazza Europa, una volta
salotto verde del lungomare catanese, sembra più
vicina. Questione di giorni e i lavori per la
realizzazione del parcheggio interrato
ripartiranno. Il via libera dovrebbe arrivare la
prossima settimana, quando la società
«Parcheggio Europa spa» e il Comune firmeranno
l’accordo per il piano-economico finanziario che
ha subìto alcune variazioni a causa dello stop
ai lavori. Il cantiere, come si ricorderà, fu
posto sotto sequestro nel 2007 per l’intervento
della magistratura. L’inchiesta prese origine da
una denuncia su presunte irregolarità ed abusi
d’ufficio legati a una modifica che, in
violazione delle regole fissate nell’avviso di
gara, avrebbe eliminato parte degli stalli,
inserendo degli spazi commerciali all’interno
del parcheggio.
Lo
scorso marzo, dopo 4 anni di processo, era
arrivata l’assoluzione con formula piena per
l’ex sindaco di Catania, Umberto Scapagnini,
l’ex direttore dell'Ufficio speciale per
l'emergenza traffico, Tuccio D’Urso, la
Commissione aggiudicatrice, il Rup e gli
imprenditori. Quella che sarà realizzata in
piazza Europa è una delle nove strutture
interrate in project financing previste dal
Piano Parcheggi varato nel 2003 dalla Giunta
Scapagnini. Tre parcheggi, anche se i lavori non
sono mai partiti, sono sotto stati posti sotto
sequestro e successivamente dissequestrati:
Asiago, Verga e Lupo. Gli altri sorgeranno nei
viali Africa e Sanzio, e nelle piazze Vittorio
Emanuele, Lanza e Cavour. Sempre nell’ambito del
Piano parcheggi, va ricordato che nelle
periferie sono stati già realizzati 13
«scambiatori». Che però non sono mai entrati in
funzione. Il progetto iniziale del parcheggio in
piazza Europa, da anni in stato di abbandono per
lo «sventramento» causato dal cantiere sotto
sequestro, prevedeva un multipiano a tre livelli
con 318 posti auto.
La
spesa preventivata era di 7 milioni e 400 mila
euro circa. Con il progetto definitivo, invece,
sarà realizzata una struttura su due livelli
interrati sotto piazza Europa estesi per 8.500
metri quadrati circa. Trecentonovantasette
saranno i posti auto complessivi. La superficie
da adibire a negozi (nella porzione posta sotto
il livello della strada) sarà di 1.400 metri
quadrati e ospiterà 8 botteghe. Il progetto
prevede inoltre il ripristino della
viabilità.L'intera area di superficie verrà
attrezzata con verde pubblico, alberi e piante
fiorite, elementi di arredo urbano. Le piante
precedentemente estirpate e custodite in un
vivaio, verranno reimpiantate.
LA NUOVA PIAZZA EUROPA
|
.... ma prima
era successo questo:
Totò, Peppino
e il parcheggio Europa
di Michele Spalletta
La Parcheggio Europa s.p.a. mette in vendita locali
commerciali nel futuro parcheggio scambiatore. I dubbi sulla
legittimità dell’operazione sono parecchi e fondati
giuridicamente. Totò in un suo celebre film riuscì a vendere
perfino la fontana di Trevi, ma quello era pur sempre un
film…Il parcheggio in piazza Europa che ha fatto discutere
(forse non quanto avrebbe dovuto) fino a qualche mese fa,
non si stanca di stupire. Da quando sono iniziati gli scavi
infatti non è difficile notare un bel cartello che
pubblicizza l’opera nel quale, ai più attenti, non sarà
sfuggito di leggere la messa in vendita di locali
commerciali, da realizzarsi dentro il colosso di cemento
armato, da parte della ditta appaltatrice, una non ben
precisata Parcheggio Europa s.p.a.Il dubbio sul reale
significato della scritta e sulla legittimità
dell’operazione ha sorvolato giuristi e non, e noi fra
essi.C’è da sapere che il parcheggio Europa, facente parte
delle opere pubbliche messe in progetto nel piano triennale
del Comune di Catania nel 2003, è stato messo in bando
utilizzando la forma del Project Financing.
Tale strumento
permette al Comune, che deve realizzare un’opera pubblica ma
non ha i soldi per farlo, di dare in appalto il progetto a
una ditta privata, che si occupa di investire il proprio
denaro per la realizzazione dello stesso. Lo stesso privato
godrà del diritto di gestire e sfruttare economicamente
l’opera pubblica per un determinato periodo di tempo, così
da recuperare il denaro investito e guadagnare un utile.
Punto fondamentale e imprescindibile del Project Financing
è il piano economico-finanziario che la ditta appaltatrice
deve presentare al Comune. In tale piano infatti deve essere
ben chiaro il programma economico attraverso il quale la
ditta riuscirà a completare i lavori e ricavarne un utile
dalla sua gestione nel tempo prestabilito. Se il piano
economico-finanziario non rispetta dei requisiti ben severi
di equilibrio e fattibilità, l’opera non può essere
appaltata al privato.
Dopo queste premesse di fondo, passiamo al caso specifico e
vediamo da dove nascono i dubbi.
L’articolo 19
del Codice civile, al comma 2, recita che “A titolo di
prezzo, i soggetti aggiudicatori possono cedere in proprietà
o diritto di godimento beni immobili, la cui utilizzazione
sia strumentale e connessa all’opera da affidare in
concessione”. Il bando di gara per la costruzione del
parcheggio Europa contiene infatti le informazioni
economiche per definire da dove potranno derivare i ricavi
per il concessionario e cioè dai rientri tariffari dei posti
auto a rotazione (come qualsiasi parcheggio a pagamento) e
dai rientri derivanti dalla cessione a privati di posti auto
o di box auto (affitto dei posti auto per il tempo della
concessione).
Le palme prima del maledetto Punteruolo Rosso
Il tutto è corredato da cifre precise per
garantire quell’equilibrio di fattibilità del piano
economico, come abbiamo accennato in precedenza.Oltre queste
voci ce n’è un’altra però, che fa riferimento al cartello
citato, che fa sorgere i dubbi maggiori. Si legge infatti
nel bando che il concessionario (la Parcheggio Europa
s.p.a.) può incrementare i ricavi attraverso “la
realizzazione di superfici commerciali che possono essere
cedute a terzi o concesse in locazione” e che “Il prezzo di
cessione è lasciato alla libera contrattazione tra le
parti”.Ora, è prevista dalla legge la possibilità, come
abbiamo visto, di cedere in proprietà o godimento beni
immobili dell’opera pubblica, ma allo scopo di garantire
l’equilibrio economico-finanziaro ed assicurare così che il
privato riprenda i suoi soldi e un utile.
Ciò, tuttavia,
deve essere previsto nel bando con riferimento preciso alla
natura e alla destinazione dell’immobile, in quanto ciascun
concorrente deve essere a conoscenza degli strumenti
finanziari di cui può disporre. Se non viene specificata il
tipo di esercizio che può nascere all’interno del
parcheggio, come si può sapere quali saranno i guadagni e
quindi preservare il tanto osannato equilibrio del piano
economico (un autolavaggio concede delle entrate ben diverse
da quelle di un negozio di elettrodomestici)? Inoltre, come
specificato dalla legge sempre al comma 2 dell’articolo 19,
l’utilizzazione dell’immobile deve essere strumentale e
connessa all’opera pubblica.
Ad un parcheggio scambiatore
potrà essere strumentale e connesso un autolavaggio.
Sicuramente non lo è il già citato negozio di
elettrodomestici. Senza queste specifiche, non solo non è
assolutamente garantito l’equilibrio del piano
economico-finanziario (la matematica non è un’opinione e
questo gli esperti dovrebbero saperlo), ma l’operazione di
Project Financig non sembra rispettare il suo interesse, che
è quello relativo alla realizzazione di una specifica opera
pubblica, un parcheggio, e non ad un nuovo potenziale centro
commerciale (peraltro illegale) in una zona che, fino a poco
tempo fa, era tra le più belle del territorio catanese.
(25 ottobre 2006)
CATANIA,LA FERROVIA ED IL CORSO ITALIA
Un suggestivo
fotogramma della metà dello scorso secolo immortala
l'officina ferroviaria della città, situata a ridosso del
mare e della scogliera catanese, insieme al Corso Italia.
Questo scatto offre una miriade di dettagli affascinanti che
meritano di essere osservati con attenzione.
Il Corso Italia
terminava proprio a ridosso della futura Piazza Europa,
mentre il lungomare era ancora in fase embrionale.
A sinistra,
tutta la zona del futuro Viale Africa appariva come un
deserto. In alto a destra, si può notare Villa del Grado,
recentemente trasformata in un ristorante, e a sinistra
Villa Bonaiuto, che nei decenni scorsi è miracolosamente
scampata a una criminosa demolizione e oggi ospita la sede
della Fineco.
All'epoca,nel
primo binario si trovava la macchina per il lavaggio delle
tute.Il Reparto TD si occupava della revisione ciclica dei
carelli, dei motori diesel, dei motori di avviamento e degli
alternatori elettrici, nonché della revisione dei cambi. Il
Reparto TA comprendeva i webasto, i tappezzieri, gli
elettricisti, le pompe e gli iniettori, il pittore, la sala
freno e il tachigrafo. Il Reparto TV era dedicato alla
manutenzione dei veicoli. Negli ultimi binari si trovava la
sala carica batterie.
Questo scatto
non solo cattura un momento storico, ma racconta anche la
storia di una città in continua evoluzione, dove ogni
dettaglio è un tassello prezioso di un mosaico complesso e
affascinante.
Franz Cannizz
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