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T'immagino lassù. Chissà quante ne stai dicendo, in dialetto, a San Pietro perchè non ti vuole accendere il televisore per vedere il "tuo" Catania. Lui ti dirà "presidente, qui in Paradiso non si può, ci manca l'antenna!". E tu gli risponderai: "Lantenna? .... Vossia mi dicissi ni quali squadra ioca, ca scinnu n'terra e ciu 'ccattu!" Ah... se potessi...... ti regalerei non un'antenna, ma un impianto satellitare che arrivi fino al cielo! Ciao Zu Angileddu, Grazie! M.R.
Calcio Catania 2022. Presidente, questa è dedicata a te.
LA VERA STORIA DI NONNO ANGELO di Tony Zermo (La Sicilia, 6.9.2007)
C’è un libro sulla vita e la morte di Angelo Massimino che più dettagliato e interessante non potrebbe essere perché scritto da un nipote diretto, il medico ortopedico Alessandro Russo, il quale ha tratto dall’album di famiglia foto e racconti vissuti. La prefazione è di Gaetano Sconzo. Ne emerge non solo il vulcanico personaggio straripante di entusiasmo e di passione per il Catania che tutti conosciamo, ma anche le sue qualità umane, il suo coraggio, la sua testardaggine, come quando da giovane si innamorò della sedicenne Graziella Codiglione e tanto insistette che alla fine la sposò, nonostante la contrarietà iniziale dei genitori di lei, ancora troppo giovane. Angelo Massimino e i suoi sette fratelli da semplici muratori divennero costruttori a furia di lavoro duro e onesto, e quando a Catania le aree disponibili cominciarono a mancare decisero un po’ alla volta di andare in Argentina. Lui si imbarcò su una nave con la moglie e la figlioletta il 3 gennaio del ’49. «Angileddu» ritornò dopo due anni e mezzo di lavoro proficuo che lo misero in grado di acquistare a Catania i primi terreni e poi costruire un palazzo dopo l’altro in via Gulisano, in via Fortino vecchio, in via Piave, in corso dei Mille, in via Ronchi, in via Pasubio. Erano gli anni del boom edilizio e «Angileddu» stava costruendo mezza Catania. Nel ’54 la squadra rossazzurra aveva conquistato la prima promozione in Serie A con i vari Seveso, Bearzot, Bravetti, Fusco, Bassetti, Cattaneo, Quoiani, Manenti, Micheloni, Pirola, Klein, allenatore Andreoli, presidente Pippo Rizzo. E’ l’ottobre del ’58 quando lui e suo fratello Turi mettono per la prima volta piede nella sede del Club Calcio Catania, i giocatori sono da mesi senza stipendio e loro portano una «valigiata» di soldi, vengono «nominati» all’istante vicepresidenti. Il presidente ing. Michisanti prende i soldi, ma li tiene in disparte. Allora l’intera famiglia Massimino fonda la Massiminiana e anche quella è stata una bella avventura in Serie D con Anastasi detto «Petru u’ turcu» e Di Pietro che macinavano gol come noccioline. Mentre i Massimino continuano a costruire, nel ’60 il Catania conquista per la seconda volta la massima divisione. In squadra c’erano Gaspari, Michelotti, Corti, Boldi, Macor, Ferretti, Biagini, Buzzin, Prenna, Morelli, Pizzul, allenatore Carmelo Di Bella, presidente Ignazio Marcoccio. Stagioni irripetibili, ma finanze insufficienti, per cui nel ’69 si conclude la lunga marcia di «Angileddu» alla presidenza del Catania con Marcoccio che dice: «Il mio desiderio è stato sempre quello di pagare il 27 di ogni mese; con Massimino sono sicuro che sarà così». E’ un primo anno magnifico: con la famosa promozione di Reggio Calabria s’approda in Serie A grazie ai gol di Aquilino Bonfanti e di un ottimo gruppo guidato dal buon Egizio Rubino. Ci sarà poi l’intermezzo della presidenza Coco e di un periodo sabbatico di Massimino, ma quindi il cavaliere tornerà sulla breccia per non fare affondare il vessillo rossazzurro. Bei campionati finiti nel ’93 (nel conto anche la splendida promozione dell’83 con Gianni Di Marzio alla guida) con la tragedia della cancellazione del Catania da tutti i campionati perché Massimino aveva pagato la prima rata delle spettanze alla Federcalcio con un giorno di ritardo. Una pagina vergognosa, non per il Catania di Massimino, ma per quanti avevano contribuito ad affossarla ingiustamente. Lasciamo perdere i nomi di chi ha commesso quell’autentico crimine sportivo contro la città, ormai è acqua passata. «Angileddu» soffre, non ci vede quasi più, ma non molla e ricomincia daccapo con il Catania nel campionato Dilettanti, girone I. Il 4 marzo del ’96, tornando da Palermo, l’auto guidata dall’ing: Inzalaco slitta sull’asfalto bagnato e «Angileddu» viene sbalzato sull’asfalto muorendo sul colpo. Aveva 69 anni. Resta di lui un ricordo affettuoso di un uomo che con slancio genuino aveva guidato il Catania in anni burrascosi, ma anche esaltanti. Il vecchio Cibali è stato intitolato a suo nome e «Angileddu», focoso, pittoresco e generoso resterà nel cuore dei tifosi rossazzurri. Quelli veri, non quella marmaglia che ha reso terribile la stagione appena finita, per fortuna con la raggiunta salvezza in extremis. Se si vuol fare un omaggio alla memoria di «Angileddu» vissuto con il Catania nel cuore cerchiamo tutti insieme di mostrarci degni di questa città e di questa squadra che milita in un campionato stellare. Quelle maglie rossazzurre erano anche la sua divisa.
Un sogno nel cuore
"Il sogno è
il nutrimento dell'anima come il cibo lo è del corpo. "
Paulo Coelho
Domenica 31 dicembre 2006, San Silvestro papa,
spiaggietta di San Giovanni Li Cuti di Catania,
mezzogiorno e venticinque.
Capisco di
avere a che fare con il nodoso ordito di un romanzo
intrecciato: la storia d'amore di un uomo per la sua
città.
Denso di gustosissimi aneddoti e ricco di contenuto
letterario, "Angelo Massimino, una vita per (il)
Catania" è un pezzo pregiato della storia della nostra
città.
Sono narrate le tappe
della vita privata di Angelo Massimino e si scoprono
alcuni aspetti reconditi di una personalità dotata di
istinti fanciulleschi e di una passione inesauribile per
squadra e città.
E' una città
priva, però, del comune senso di equilibrio e facilmente
si può sbilanciare il suo umore, deprimerla o esaltarla,
distraendola da questioni indubbiamente più importanti. Gaetano, Pupu niuru, e Luigi, Alivitta, hanno il compito di scagliare la palla in rete. Dirigente accompagnatore, trainer e rincalzo d'attacco è il valente Salvatore, Turi, fanatico del cinema ma soprattutto di Totò.
In questo contesto nasce la trovata di una compagnia
tutta loro in casacca giallorossa, un'idea chiamata
Massiminiana.
Angelo vorrebbe grande la città e grande la formazione
di calcio, un binomio che diventa un unicum in cui crede
e al quale si consacra.
Diciotto anni senza il Presidentissimo
Domani un nuovo diciottenne a Catania festeggerà il traguardo della maggiore età. Eppure 18 anni fa Catania piangeva uno degli uomini più amati dalla gente comune: Angelo Massimino. Domani, infatti, saranno diciotto anni da quel tragico schianto sulla Catania-Palermo che tolse la vita al ‘presidentissimo’ rossazzurro. Abbiamo chiesto ad Angelo Russo, quel nipote che Massimino aveva messo accanto a sé per guidare la società, di ricordarlo affinché anche il tifoso che domani compirà 18 anni potrà saperne di più su un uomo che Catania non ha dimenticato. A distanza di così tanto tempo perchè Angelo Massimino è ancora amato? “Sinceramente è una domanda che mi pongo spesso, anche perché vedo che quest’amore trascende l’ambiente strettamente calcistico. Non posso fare a meno di considerare che, nonostante il mio personale ricordo di lui sia davvero intatto, sono già passati diciotto anni da quel maledetto pomeriggio di marzo, e diciotto anni sono tanti. Vedere che questo ricordo viva nel cuore e nella mente di moltissimi, mi dice che questo è un sentimento profondo, frutto di un legame che il tempo non scalfisce, anzi. Onestà, coraggio, creatività, spontaneità, irriverenza verso il potere che vuole solo dominarti ed un senso di attaccamento alla propria terra che solo i siciliani hanno: questo è ciò che la gente riconosce in lui e credo che lì sia da ricercarsi la chiave dell’amore popolare verso Angelo Massimino”. I rapporti con i tifosi, però, hanno avuto degli alti e bassi. Quale il momento più alto e quello più basso? “Non conosco nessun rapporto prolungato, di nessun tipo, che non abbia sofferto e soffra di alti e bassi. Immaginarsi poi nel mondo del calcio e fra tifosi, laddove la contraddizione, la vittoria e la sconfitta, lo sconforto dopo l’esaltazione, sono il quotidiano. Le vittorie marcano i ricordi apparentemente più belli, e di vittorie da ricordare nella sua lunghissima gestione ne abbiamo davvero tante. Ma nessuna vittoria è possibile se non si sa gestire bene la sconfitta. L’ho visto piangere per il Catania, accettare umiliazioni e sconfitte che avrebbero piegato chiunque. Ripartiva, subito. Non c’era nemmeno il tempo di rendersi conto della caduta che già si era rialzato. Accadde così anche quel pomeriggio d’inverno del 1996, a poche settimane dall’incidente fatale; era il campo polveroso di Viagrande ad ospitare un contestato allenamento del Catania che si stava battendo con grande difficoltà nel campionato di C2. Alcuni scalmanati si avvicinarono alla squadra minacciosi, lui lo impedì e si mise in mezzo, cieco e solo. Finì per terra tra gli strattoni; gli scalmanati vedendolo in terra andarono via. È una pagina non troppo conosciuta ed all’apparenza è anche il momento più oscuro del rapporto con i tifosi. Ma si rialzò, gli scalmanati capirono di averla fatta grossa e lui li perdonò subito. Non ne parlò mai e soprattutto non portò mai rancore. Ed è così che il momento più oscuro diventa allo stesso tempo il momento più alto. Morì circa un mese dopo lasciando tutti inconsolabili, soprattutto gli scalmanati di Viagrande che quel pomeriggio conobbero un amore verso la squadra più grande del loro. La sua morte coincise anche con il momento calcistico più difficile della storia del Calcio Catania; è un’altra dimostrazione della profondità di questo sentimento”. Angelo Massimino si sarebbe adattato al calcio moderno, quello della tv? “Appena quarantenne divenne presidente del Catania e al primo anno vinse il campionato dei cadetti e si ritrovò nell’olimpo del Calcio. Nei successivi trentadue anni, con qualche rara parentesi, rimase in sella. Il calcio dei Presidenti che si riunivano al Gallia di Milano per il mercato estivo, lasciava spazio negli anni alle modifiche della sentenza Bosman ed ai procuratori sportivi. Non ho dubbi sul fatto che sarebbe riuscito ad assorbire anche questi ultimi cambiamenti, che ci hanno portato ad un calcio sempre più virtuale e televisivo. Di sicuro però non gli sarebbe piaciuto, visto che amava vivere le emozioni forti dello stadio, quelle urla di gioia e rabbia che sono il D.N.A. di ogni vero tifoso”. Mai nessuno potrà ripetere l’impresa del Catania: ripartire dai dilettanti per conquistare la Serie A (adesso c’è il Lodo Petrucci), questa storia merita di essere ricordata più spesso? “Certamente. È un esempio rarissimo di un’enorme passione popolare che non conosce sosta nemmeno quando il palcoscenico domenicale è quello dei paesini attorno al capoluogo etneo. Quello che a volte si dimentica è che fu una ribellione di massa a colori e passioni senza storia che la politica e parte dell’imprenditoria volevano inculcare ai catanesi, prendendosi gioco dei loro sentimenti. Grave errore, tipico di chi catanese non è (come non lo erano gli artefici di quel progetto). Sappiamo subire le dominazioni (e Dio solo sa quante ne abbiamo subite nel corso della storia…) ma non accettiamo che si calpestino i nostri sentimenti e che ci vengano imposte le nostre passioni. Da questo scatto di orgoglio nasce quella risalita che rimane unica nel panorama calcistico italiano e non solo”. I funerali di Angelo Massimino furono un evento. Si consumò anche una sorta di pace fra i tifosi di Catania e Palermo. Cosa ricorda? “Ricordo i capotifosi palermitani con le loro sciarpe rosanero, piangendo davanti la sua bara ed abbracciarsi sconsolati con i nostri tifosi. Grande esempio di civiltà e umanità. Se ne era andato un simbolo di sportività e sicilianità che non conosceva confini. Personalmente apprezzai moltissimo quella visita che servì per dimostrarmi ancora una volta quanto grande era l’amore della gente per lui. Ancora oggi, dopo tanti anni, passando dal luogo dell’incidente in territorio palermitano, mi capita di vedere sciarpe rosanero e rossazzurre insieme. Da brividi”. Torniamo al presente, secondo lei, il Catania si salva? “La classifica è complicata, questo è sotto gli occhi di tutti. Il rendimento della squadra lontano dal Massimino non lascia molto spazio alla speranza. Se però mi si chiede se il Catania si salverà io rispondo: non è così importante. La legge dello sport ci dice che le vittorie e le sconfitte si alterneranno sempre e che questo è inevitabile. Nella storia del Calcio Catania ci sono state vittorie, molte ed importanti. Se il Catania quest’anno ce la farà, avrà scritto una pagina epica, frutto di un recupero incredibile. Se non ce la farà dovrà rialzarsi in fretta, facendo tesoro degli errori. Quello che è sicuro è che la gestione della sconfitta è importante almeno quanto la vittoria. Quello che la gente non perdonerebbe mai è arrendersi prima del fischio finale, quando ancora la matematica non avrà emesso la condanna. Lasciatemi però rispondere come avrebbe fatto Angelo Massimino: Il Catania si salva? Certo che si salva, perchè lei ha dubbi?” effelle - redaizone 3.3.2014 http://catania.blogsicilia.it/diciotto-anni-senza-il-presidentissimo/241163/
CATANIA - Non c’è più un trofeo a ricordarlo, il “classico” dell’estate catanese, resta una targa all’ingresso della vecchia sede sociale, in quello stadio che da Cibali ha preso il suo nome: “Angelo Massimino”. Quello stadio che tra qualche anno andrà in pensione. In pensione non potrà mai andar però il suo ricordo, la sua immagine nelle menti dei catanesi che l’hanno tanto amato quanto osteggiato se non odiato, sicuramente rimpianto a lungo, almeno fino all’arrivo di una nuova dirigenza disposta a “sacrificarsi”, a spendere ed a spendersi per il Catania, senza dubbio con modi e maniere profondamente diversi, come diversi sono ormai i tempi. Il 4 Marzo del 1996, Catania si accorgeva dell’importanza che il Cavaliere Angelo Massimino ricopriva per il calcio catanese, unendosi senza più contrasti né polemiche, nel dolore, nella riflessione. A sedici anni da quella data, ricordare Angelo Massimino nel giorno della sa scomparsa è importante come mai, perché in futuro non vorremmo restasse questa, l’unica eco che riporti la memoria a quei tempi non più da rimpiangere ma senza dubbio un valore da ricordare. Di seguito un articolo pubblicato da “Il Corriere della sera” il giorno dopo la scomparsa: “Il tragico incidente ieri alle 14,30 sotto la pioggia, in un tratto molto pericoloso tra Scillato e Tremonzelli. L’auto era condotta dal genero Giuseppe Insalaco ed è andata completamente distrutta. Inutile l’arrivo di un elicottero, il povero Angelo Massimino è morto sul colpo, il genero si è salvato per miracolo. La camera ardente oggi pomeriggio al Cibali, domani i funerali in Cattedrale”. TERMINI IMERESE - E’ morto lavorando per il suo Catania. Il cavaliere Angelo Massimino si era recato in mattinata a Palermo per sbrigare alcune faccende legate alla società di cui era presidente anche in vista di un parere del Tar previsto nelle prossime ore. Una puntata in Lega, qualche appuntamento di lavoro e poi, intorno alle 13.30, via verso Catania, in macchina sulla potente BMW 520 grigia metallizzata guidata del genero, Giuseppe Insalaco. Prima di proseguire però il costruttore ed il suo accompagnatore decidono di rifocillarsi: un panino, una bevanda e nuovamente in macchina. Sono le 14.15, su Palermo e provincia piove, l’asfalto è viscido. La vettura di Massimino supera il bivio di Scillato ed al chilometro 65 la BMW sbanda, Insalaco perde il controllo e la macchina schizza via, come una scheggia impazzita. Si rivolta più volte, il presidente Massimino viene sbalzato fuori dalla vettura, cade pesantemente sul terreno e muore sul colpo. Subito Insalaco, rimasto miracolosamente illeso, chiede soccorso con il suo cellulare. Sono attimi di panico ma prontamente arrivano le volanti della polizia stradale diBuonfornello che allertano anche l’Elisoccorso che arr iva immediatamente ma purtroppo per costatare la morte del presidente Massimino.
grazie ad Andrea Mazzeo per le storiche pagine della tragedia
IL RICORDO DEL NIPOTE
Il
giornalista di turno lo definisce scorbutico, sanguigno,
irruento, ruvido e scomodo ma profondamente umano e di
straordinaria intelligenza. La prosperosa cornice del boom economico disvela alle falde dell'Etna una realtà sociale effervescente ma disincantata, a volte preda di speculazioni, angherie, corruzione e financo di tracotante violenza. Quando, poi, l'ondata di benessere si ritrae, soltanto i più coraggiosi sono pronti a ricominciare.
Nell'estate
del 1993, fagocitato da fumosi ma sconvolgenti progetti
di rinnovamento reclamati e pretesi da sordidi gangli di
potere, il circolo rossazzurro sta per dissolversi. E, a
fine luglio, in una giornata di soffocante canicola,
viene escluso dalla Federazione per inadempienze
finanziarie. La tragedia sembra concludere una storia sentimentale tra le più intense ed appassionanti. Non è così perché la sua morte rafforza nella memoria dei supporter il personaggio mitico che lotta fino all'ultimo in loro nome.
Ore
diciassette e trenta di venerdi 19 gennaio 2007: nella
sede del Catania, nel centralissimo Corso Italia, dentro
una carpetta arida e polverosa rinvengo un volantino
degli Indians.
Da quel
momento mi sento proiettato all'interno di ogni istante
da lui vissuto. Passo in esame archivi, almanacchi,
quaderni e una congerie di vecchi oggetti e veri e
propri simulacri.
D'accordo col mio amico Alessandro, questo è quello che mi son sentito in dovere di fare in memoria di un uomo che ha dato tanto a Catania e al Catania. Anche la sua disgraziata fine è colorata di rossazzurro, perchè se n'è andato mentre stava cercando di salvare il calcio catanese. Son sicuro che sulle nuvolette tifa, tifa ancora. E' sempre dietro la porta avversaria, col sale e gli amuleti in tasca, e sta provocando il portiere ospite dicendogli che sua moglie lo tradisce mentre lui gioca al pallone, apostrofandolo con parolacce, augurandogli di andare in quarta serie. Insomma, sta facendo il diavolo a quattro alla ricerca di quel gol per non retrocedere, ma stavolta la salvezza che gli sta a cuore è di ben altro tipo; oggi l'avversario da battere è un attaccante ostico il cui cognome è scritto sul retro della maglia: si chiama Leucemia. Attraverso il libro che il nipote gli ha dedicato, il Presidentissimo è ancor oggi protagonista e, a maggior ragione, per una giusta causa. Ecco perchè, grazie allla sua fantastica storia, il suo cuore batte ancora. Angelo Massimino era un grande di questa città e dovrebbe essere ricordato come uno dei suoi uomini illustri. Non avrà avuto la classe di Montezemolo o la cultura di Biagi, ma il suo cervello vulcanico girava a mille lo stesso. Invece proprio per quel suo modo di essere alcuni la pensavano diversamente, desiderando per Catania un presidente tutto giacca, cravatta e vocabolario; altri arrivarono ad insinuare speculazioni ai danni del calcio catanese. Invece non avevano capito niente. Non avevano capito che al calcio italiano mancano ancora dirigenti come lui, come Viola, Rozzi, Anconetani, Sibilia, Dall'ara, Moratti (il padre). Altri presidenti, altri tempi in cui bastava una stretta di mano per assicurarsi Bonfanti o Cantarutti. Soprattutto non avevano capito come la città di Catania, al contrario, fosse stata rappresentata nel calcio che conta da un figlio autentico, un vero tifoso, anzi un supertifoso. Un figlio che per amore della madre e per la passione dei suoi colori ha speso grandi capitali in cambio di .......beh, lasciamo perdere. In molti non hanno riconosciuto i suoi meriti, nemmeno quando "un signore che sta ancora seduto su una poltrona avversa ai colori rossazzurri" ci ha fatto sprofondare nell'ultima categoria e lui, con immenso coraggio e rimboccandosi le maniche ha sollevato la squadra dal fango riportandola al suo .... rango. Non ha ricevuto ringraziamenti per le sue imprese? Gli hanno dedicato barzellette condite di amalgama, salmone e prosciutto? Nel bene o nel male, non gliene fregava proprio niente, non si offendeva, lui tirava dritto! Il suo amore per il Catania lo portava ad un tale egoismo da non accorgersi nè degli insulti, nè degli elogi. Il suo principale interesse era correre la domenica al Cibali ed appostarsi davanti alle curve dei suoi tifosi! Un altro testardo del tifo come lui nascerà solo fra mille anni. L'unica volta che lo incontrai fu a Fiumicino, nel 1994. La squadra, che attendeva di imbarcarsi per Catania, era reduce da una sconfitta in C2 con l'Astrea Roma allenata da un altro figlio di Massimino, un certo Angelo Crialesi che ci portò un giorno in serie A. Come al solito trasandato, aveva le tasche della giacca gonfie di cose e il nodo della cravatta alle ventitrè (odiata cravatta!). Mi passò vicino e urtandomi mi disse "mi scusi Assessore!" scambiandomi per chissà chi. Per i suoi malanni era diventato quasi cieco ma ragionava ancora, eccome! Lo sentivo brontolarsi col Mister di allora, Mario Russo. Si sfogava recriminando, in dialetto catanese, tutto l'operato pomeridiano dell'arbitro. In quel momento anche un trevigiano avrebbe potuto percepire la collera del Cavaliere, afferrare il risentimento di un uomo che vedeva la sua blasonata creatura sconfitta da una squadra da quattro soldi! Credo che quel pomeriggio Crialesi chiese scusa al Cavaliere per il dolore arrecato. E sono pure sicuro che pianse per il rimorso. In una vecchia intervista, la Sig.ra Codiglione raccontò che durante la finale Italia-Germania dell'11 luglio 1982, lei era in poltrona a godersi i gol di Paolo Rossi e compagni in quell'indimenticabile pomeriggio, mentre il marito era ......... in giardino a coltivare pomodori! Angileddu non era un tifoso del calcio, ma solo del suo Catania, e basta. Questo era Massimino. Ma nessuno ha mai riconosciuto la fortuna che la città ha avuto, per un trentennio, a portata di mano. Mimmo Rapisarda
«È stato presidente per venti anni. Vissuti per il Catania fino all'ultimo istante», racconta Melo Russo, allenatore dei rossazzurri dal 1989 al 1990. Quasi del tutto cieco, per colpa del diabete, il 4 marzo 1996 Massimino era diretto in auto, accompagnato da un nipote, alla sede della Federcalcio regionale per caldeggiare il ripescaggio in serie C1, quando ebbe l'incidente in cui perse la vita. «Era un ottimista. Mai l'ho visto scoraggiato davanti a critiche o difficoltà», aggiunge l'ex allenatore. Tre anni prima, su richiesta di Lega e Figc, il club aveva rischiato di essere radiato per inadempienze economiche. La determinazione di Massimino vinse in tribunale. Titolo sportivo e matricola furono salve, ma la squadra dovette ripartire dai dilettanti. «Si è battuto da catanese sanguigno. Un guerriero che non aveva alcun timore». Neppure di cacciare via dai suoi cantieri gli estorsori. Con la stessa energia con cui cacciava i portoghesi dalle tribune dell'allora Cibali.
lo svenimento a Reggio Calabria
Di Angelo Massimino c'è tanto da raccontare e da ricordare. Non è stato un personaggio facile da digerire; su di lui se ne sono dette di tutti i colori: rozzo, sgrammaticato, inappropriato, testardo, burbero. Si beccò qualche denuncia e persino una condanna per aver impedito l'ingresso ai giornalisti ed alle telecamere allo stadio, convinto che il calcio andasse goduto sui gradoni e non sul divano. Dei tre presidenti più longevi (insieme a Marcoccio e Pulvirenti) è quello con cui il Catania ha avuto meno campionati di vertice (appena due stagioni in serie A). È stato deriso dalla stampa nazionale, accusato da quella locale, contestato dai tifosi che gli tirarono pure uova e pietre alla finestra di casa e tentarono di aggredirlo fisicamente sul campo d'allenamento a Valverde. Eppure... Massimino, che non aveva studi di economia, competenze di marketing, lauree in sociologia, ma solo un diploma elementare, capì una cosa fondamentale: il calcio è della gente. E, in quell'estate del 1993, quando aveva chiunque contro, fece di tutto per salvare il titolo sportivo del Catania. E ci riuscì. Quando ripartire da zero sembrava la scelta migliore, quando mandare tutto all'aria sarebbe stata la cosa più istintiva da fare, quando la lobby massonica del calcio sembrava potesse stritolare un'umile squadra del sud, Massimino restò al proprio posto, perdendoci anche la salute. La gente lo capì tardi, solo dopo che le uova erano state lanciate, solo dopo che in città si era creata una nuova squadra. Capì in ritardo l'immensità umana di chi viveva il calcio senza il velo del business, degli intrallazzi politici e dei grandi appalti. Capì in ritardo che quella persona che buttava il sale a bordo campo lo faceva perché ci credeva davvero, seppur commettendo svariati errori. Oggi di "Massimino" non ne esistono più. Decine di grandi società sono fallite e ripartite: Fiorentina, Napoli, Salernitana, Reggina, Palermo, Messina, solo per citarne alcune. Noi siamo originali. Dal 1946. Anzi, dal 1929, se solo la guerra non avesse interrotto la continuità storica a suon di bombe. E lo dobbiamo a questa persona, che il 4 marzo di ventuno anni fa moriva proprio per difendere i nostri colori. Non è un eroe, ci mancherebbe. Però è stato l'artefice di momenti indimenticabili: Reggio, Roma, Gangi. Tutti diversi, tutti sublimi, tutti simboli di un calcio d'altri tempi, di un calcio che univa. C'è chi ricorda solo l'"amalgama" e gli altri strafalcioni, usando la sua figura per farsi due risate ipocrite. Noi vogliamo ricordarlo con un "grazie", perché spesso ci si dimentica di quanto possa valere un amore incondizionato, semplice, spontaneo, senza maschere. Insomma, un amore vero, come quello del Cavaliere per la squadra della sua città. Ciao, Presidente! Tratto da Quelli del '46
Catania-Avellino 1-0 (a palermo) 1973-74; Massimino rilancia in campo il pallone dopo il gol di Spagnolo, e riceve un calcione di stizza da parte di un giocatore biancoverde. Questo era Massimino!
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In esclusiva per questo sito, le foto di questa pagina sono state concesse dal Dott. Alessandro Russo, autore del libro "Angelo Massimino, una vita per (il) Catania"
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