Presidenza Attaguile (solo per dovere di cronaca relativa alla storia del Catania)
Dopo sette anni “vissuti pericolosamente”, il Catania si ritrova in terza serie. Al posto di comando c'è sempre il contestatissimo Massimino che per l'ennesima volta, dopo una caduta, non tarda a programmare la risalita. Il Cavaliere riparte da un nuovo tecnico, Osvaldo Jaconi, quarant'anni sulla carta d'identità e due promozioni dalla C2 alla C1 con Civitanovese e Fano nel palmarès. Tanto è il lavoro da fare per rinnovare l'organico. A semplificarlo contribuiscono Mattolini, Maggiora, Vullo e Novellino, che appendono gli scarpini al chiodo. Salutano anche Benedetti (che va al Trento in C1), Braglia (che chiude la carriera nella Rondinella in C2), mentre gli unici a trovare sistemazione in Serie B sono Allievi (Arezzo) e Sorbello (Modena). Per difendere la porta etnea viene richiamato Marigo; Onorati non ci sta a tornare in panchina e resta ai margini. In difesa, accanto a Polenta, nel frattempo divenuto capitano, si alternano alcuni confermati (Garzieri, Canuti, Longobardo, De Simone e Picone, quest'ultimo dopo essersi messo alle spalle una rottura del menisco che gli ha fatto saltare quasi tutta la stagione precedente) e il volto nuovo Roberto Carannante, proveniente dal Napoli. Dai campioni d'Italia in carica giunge anche il redivivo Puzone, ancora una volta con la formula del prestito. Il centrocampo lo si ricostruisce intorno a due uomini di fiducia di Jaconi, allenati l'anno prima a Rimini: Mirko Mattei, mediano incontrista, e Massimiliano Maddaloni, mezzala di regia. Il compito di inserirsi in avanti e innescare l'attacco è affidato a Puzone, al confermato Pellegrini e al centrocampista offensivo Giancarlo Marini, ventitreenne promessa sprofondata troppo presto in periferia, dopo aver accumulato una trentina di presenze in massima serie con la Lazio a inizio carriera. L'attacco, privo di Borghi (il quale insieme a Tesser si piazza in lista d'attesa), si poggia inizialmente su Mandressi e sul giovane ex Arezzo Pierluigi Pierozzi. Si fa avanti una cordata di imprenditori guidata da Angelo Attaguile, presidente dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Catania, e composta da diversi personaggi legati al mondo della politica (lo stesso capo-cordata è organico alla Democrazia Cristiana). Logorato dalle ultime annate, costellate da delusioni e polemiche, Massimino si fa da parte. Il passaggio di mano si consuma il 30 ottobre 1987. Ne consegue una riorganizzazione delle cariche societarie: ad Attaguile va la presidenza, all'imprenditore Franco Proto il ruolo di amministratore delegato ed a Giovanni Carabellò quello di direttore generale. Intanto si apre il mercato autunnale e uno scambio col Messina porta De Simone in riva allo Stretto e tre rinforzi alle pendici dell'Etna: si tratta del centrale difensivo Romolo Rossi, del terzino Andrea Cuicchi e dell'attaccante Fabrizio Del Rosso. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
Non è ancora passato un anno dall'insediamento di Attaguile & company ma l'umore della piazza è già deficitario. Il nuovo presidente fa tante promesse ma di fatti (leggasi nuovi acquisti) se ne vedono pochi. In panchina viene riconfermato Pace e a lui viene affidata una squadra che comincia a perdere molti dei giocatori lasciati in eredità dalla gestione Massimino. In porta torna il figliol prodigo Onorati e Marigo saluta definitivamente, trasferendosi in C2 alla Cavese. Dopo quattro anni di servizio vanno via Longobardo e Pellegrini: entrambi restano in terza serie, nel medesimo girone, passando rispettivamente all'Ischia e al Campobasso (i lupi molisani prendono anche Mandressi, promessa non mantenuta). Canuti, invece, scende in Interregionale con la Solbiatese, mentre Puzone viene restituito una volta per tutte al Napoli, che lo gira allo Spezia. In difesa si riparte dai riconfermati Polenta, Tesser, Mattei e Rossi, ma sin dalle prime battute si mette in luce e conquista una maglia da titolare il giovanissimo Massimo Tarantino, diciassettenne palermitano, da un paio d'anni fiore all'occhiello del settore giovanile etneo. A centrocampo con Maddaloni e Marini c'è Beppe Scienza, regista di 22 anni proveniente dal Foggia, uno dei prospetti più interessanti della categoria nel suo ruolo. In attacco a Borghi viene affiancato il prolifico centravanti Nicola D'Ottavio, reduce da 49 reti nelle ultime tre stagioni di C1, vissute a Taranto, Barletta e Caserta. Il 9° posto finale in coabitazione col Giarre è un vanto più per Melo Russo che per la dirigenza. Il tecnico si distingue per un andamento d'alta classifica (26 punti in 22 partite) ed è l'artefice di una rimonta grazie alla quale si evita di restare impantanati per il terzo anno di seguito nella lotta per non retrocedere; Attaguile e soci invece compromettono definitivamente la loro credibilità agli occhi dei sostenitori, dopo un'annata caratterizzata da troppe parole e nessun risultato all'altezza delle aspettative. Per quanto concerne i giocatori, si mettono in mostra i componenti del reparto difensivo, tra i migliori della categoria, mentre l'attacco piange, con sole 22 reti all'attivo (solo Rimini e Campobasso fanno peggio). In questo contesto, conferma il proprio vizio del gol il centrocampista Marini, miglior marcatore della squadra con le sue cinque zampate. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
La disillusione della città nei confronti del nuovo corso aumenta durante l'estate 1989. Succede infatti che si scioglie la partnership tra il politico Attaguile e l'imprenditore Proto. Quest'ultimo è uno dei principali punti di riferimento della cordata originaria e prende le distanze dal modus operandi del presidente, il quale sarebbe restio alla valorizzazione dei giovani e utilizzerebbe criteri poco consoni ad una sana gestione societaria nella scelta dei giocatori. A Proto non resta altro che cedere la propria quota e trasferire il proprio progetto sportivo presso un'altra realtà. Così, rileva l'Atletico Leonzio, squadra di Lentini militante in Serie C2, nata dodici mesi prima dalla fusione tra la Leonzio e l'Atletico Catania (quest'ultima compagine era stata fondata nel 1986 dall'imprenditore Salvatore Tabita tramite il trasferimento a Catania dello Sporting Club Mascalucia). Attaguile, rimasto solo al comando, conferma Russo in panchina ed avvia l'ennesima rivoluzione dell'organico. I reduci della stagione precedente si contano sulle dita di una mano: Mattei e Marini sono gli ultimi alfieri dell'era Massimino (essendo stati portati alle falde dell'Etna dal Cavaliere), mentre Scienza e, soprattutto, D'Ottavio, si augurano di ripagare le forti aspettative che sono state poste nei loro confronti.
Per il resto si registrano addii in serie. Tra i componenti della “vecchia guardia”, salutano Onorati (Prato), Polenta (che torna a Cava de' Tirreni, portando con sé Mastalli), Picone (chiamato da Bianchetti alla Leonzio), Tesser (che chiude la carriera al Trento) e Borghi (Torres). Vanno via anche Romolo Rossi, Maddaloni, Raise e Tarantino (la cui munifica cessione al Napoli si rivela fondamentale per le disastrate casse del club). La redini della rinnovatissima difesa vengono consegnate ad una coppia di esperti difensori centrali, composta da Angelo Schio (proveniente dal Foggia) e Walter Biagini (prelevato dal Taranto). Ai loro fianchi agiscono il giovane Germano Fragliasso, lanciato dalla Torres, e Angelo Sciuto, ventinovenne catanese protagonista della scalata nel professionismo del Giarre. Dai gialloblu giunge anche il centrocampista Maurizio Manieri. Un altro rinforzo d'esperienza per la mediana è l'ex Trento Leonardo Rossi, mentre per vivacizzare il gioco ci si affida alla guizzante ala argentina Gustavo Ghezzi, reduce da un'annata al Monopoli. Dopo quindici giornate, i 17 punti accumulati sono sufficienti per non rimanere invischiati in acque agitate, ma non bastano a tenere il passo delle prime della classe e coltivare quindi l'obiettivo preteso dalla piazza e sventolato dalla stessa società: il ritorno in B. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
In virtù del positivo epilogo del precedente campionato viene rinnovata la fiducia a mister Sormani. Attaguile gli consegna una squadra piena di riconfermati, in cui non mancano però addii di un certo peso, che la dirigenza etnea prova a rimpiazzare con alcuni nuovi acquisti. Un reparto che cambia poco è quello difensivo: Paradisi continua a proteggere la porta; Schio a dirigere la difesa; ai fianchi di quest'ultimo si alternano Mattei, Sciuto e Salvadori; i rinforzi provengono dalla Serie C2 e si chiamano Marino D'Aloisio, ventunenne libero, e Vincenzo Del Vecchio, terzino sinistro. Viene rivoluzionato, invece, il centrocampo, che registra le cessioni di Leonardo Rossi, Giancarlo Marini (i quali restano in C1 passando rispettivamente al Fano e all'Empoli) e Beppe Scienza (che sale di categoria con la Reggina). Accanto all'unico reduce Manieri trova quindi spazio il centrocampista col vizio del gol Fabio Perinelli, proveniente dal Perugia. Al posto di Ghezzi, che torna al Monopoli, arriva in prestito dal Parma l'ala destra Vincenzo Esposito. In attacco si rinuncia al flop D'Ottavio (il quale va a rilanciarsi in Interregionale col Benevento); al trascinatore Cipriani viene così affiancata una scommessa proveniente dal Derthona, Claudio Pelosi.
Gli etnei chiudono al 10° posto in coabitazione con Siracusa e Monopoli nella classifica finale. Particolarmente negativo si rivela il rendimento del reparto difensivo, quart'ultimo del girone per gol subiti, e persino un "guru" come Paradisi finisce sul banco degli imputati. Ciò va imputato anche alle scelte di Sormani, che penalizzano la difesa e valorizzano la prolificità del tridente composto da Cecconi, Cipriani e Pelosi, i quali raggiungono insieme quota 27 reti. Positiva anche la stagione degli stakanovisti Del Vecchio e Manieri, ai quali il tecnico non rinuncia mai. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
Con uno 0-0 era calato il sipario sugli anni '80 e con lo stesso risultato si chiude il match che apre il nuovo decennio: il confronto interno con il Perugia del 7 gennaio. Sette giorni più tardi, a Brindisi, in occasione dell'ultima sfida del girone d'andata, gli etnei rimediano un 3-1 che costa caro a Melo Russo, esonerato nel corso della settimana successiva. La zona promozione, in questo momento, dista cinque punti: non troppi, considerando che c'è da affrontare l'intero girone di ritorno. La rincorsa viene affidata ad Angelo Benedicto Sormani, oriundo brasiliano che da calciatore aveva fatto fortuna, in Italia, nel Milan di Nereo Rocco (col quale vinse la Coppa dei Campioni del 1969), ma che da allenatore vanta soltanto una sporadica esperienza al Napoli e delle collaborazioni tecniche con Eriksson e Liedholm alla Roma. Il Catania risale fino alla sesta posizione, che serve a salvare almeno in parte l'ennesima annata fallimentare della presidenza Attaguile. A mettersi in mostra più degli altri sono i rinforzi d'esperienza giunti dall'Empoli: il portiere Paradisi, che subisce solo 20 reti, ed il bomber Cipriani, il quale con 12 gol in 25 partite si distingue con un'invidiabile media realizzativa. Promossi anche il regista Beppe Scienza e l'ala Ghezzi.
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Il RITORNO DI MASSIMINO
Domenica 1 agosto 1993 una notizia fragorosa scuote l’Italia pallonara: il Consiglio Federale, celebratosi il giorno prima, ha escluso sei squadre (Casertana, Catania, Messina, Taranto, Ternana, Vis Pesaro) dalla Serie C1, disponendone la radiazione. La colpa della società etnea è quella di non aver presentato entro il termine del 31 luglio la fidejussione necessaria per l’iscrizione. A nulla vale il tentativo disperato di Massimino, che il giorno seguente tenta senza successo di farsi ricevere presso la sede della F.I.G.C. portando con sé due miliardi in contanti. Il Cavaliere però non molla e avvia una lunga battaglia legale, rivolgendosi in prima istanza al C.O.N.I., che respinge il reclamo del 20 agosto. Ci si affida quindi alla giustizia ordinaria, attraverso un ricorso al T.A.R. di Catania.
Il 13 settembre, il giorno dopo l’inizio del campionato, il tribunale amministrativo dà ragione al Catania: da un lato, rileva che il club poteva usufruire di una dilazione dei debiti d’imposta, concessa da un decreto ministeriale alle società della Sicilia sud-orientale a seguito del terremoto di Carlentini del dicembre 1990; dall’altro, afferma che il termine del 31 luglio non avrebbe potuto essere considerato perentorio. Viene quindi intimato alla F.I.G.C. di riammettere la squadra in C1 in luogo di quella ripescata al suo posto, ma il presidente Antonio Matarrese rivendica l’autonomia dell’ordinamento sportivo e non adempie. Con una seconda ordinanza il T.A.R. ordina alla Federazione di allargare la C1 a 19 squadre, per ricomprendervi anche il Catania, ma anche in questo caso Matarrese si oppone.
Il T.A.R. si vede così costretto a nominare due commissari ad acta che a fine settembre si insediano presso la Lega di Serie C e riscrivono il calendario, secondo il quale i rossazzurri dovranno esordire il 3 ottobre al Cibali contro il Giarre. I gialloblù, secondo il calendario stilato dalla Lega, devono scendere in campo al “Partenio” contro l’Avellino e propendono per questa seconda opzione. Il 9 ottobre 1993 la querelle giudiziaria si chiude dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo, che con la propria sentenza conferma l’illegittimità della radiazione ed il diritto del Catania di essere nuovamente affiliato, ma al contempo riconosce alla F.I.G.C. il diritto di organizzare le competizioni in piena autonomia. Il titolo sportivo è salvo, e con esso la matricola n. 11700, ma il 18 ottobre la società di Massimino viene inserita dalla Federazione nel campionato di Eccellenza, l’unico torneo in cui la propria presenza non suscita problemi organizzativi ai “piani alti” e proteste degli altri club. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
Cannavò e Massimino: due grandi catanesi e un’inutile polemica Candidò Cannavò ha la sua piazza a Catania. Cosa buona e giusta. In tempi, quelli attuali, in cui la nostra città a livello nazionale non riesce a esprimere molte grandi personalità nel campo della cultura, dell’arte e perfino del giornalismo, ricordare chi è stato veramente bravo, non è una cosa sbagliata. Non dimentichiamo che diresse per quasi venti anni il più importante e diffuso quotidiano sportivo nazionale. E tutti sappiamo che in Italia lo sport, il calcio in particolare, è una cosa molto seria. Sono quindi pretestuose e strumentali le polemiche scoppiate sull’intitolazione dell’ex piazzale Oceania a Candido Cannavò. La critiche di questi giorni si basano sul solito tema di alcuni che si ergono a difesa dei colori del Calcio Catania, non si capisce a che titolo, e tirano fuori la vecchia storia che Angelo Massimino fu avversato nel 1993 con la conseguente cancellazione della squadra dal Campionato di Serie C1. E Cannavò sarebbe stato il suo grande avversario e quindi, di conseguenza, anche nemico della città. Erano gli anni in cui il calcio cambiava e Massimino, con tutti i suoi grandi meriti sportivi e umani, rappresentava un’epoca diversa. Cannavò fu coraggioso e schietto nel dirlo. Basti pensare alle gestioni manageriali che si stavano affermando in Italia e nel resto del mondo proprio in quegli anni. Erano ormai finiti i tempi di Massimino al Catania, Rozzi all’Ascoli, Scibilia all’Avellino, Casillo al Foggia. Non c’è dubbio che Massimino fu un presidente eccezionale, un uomo vulcanico, di grande forze e di grande capacità gestionale. Ma nel 1993 le cose stavano… anzi no, erano cambiate. L’anno prima, solo per fare un esempio, la vecchia Coppa dei Campioni era diventata la Champions League. Sulla scena calcistica erano già da tempo apparsi presidenti/imprenditori di grande livello a partire da Silvio Berlusconi nel 1987. Nel 1993, l’Italia era la prima nel ranking europeo Fifa a testimoniare il grande livello raggiunto da nostro calcio. Massimino aveva la scorza dura e a 60 anni non poteva essere cambiato da niente e da nessuno. Non era più adeguato, anzi non si voleva per niente adeguare a un mondo che era totalmente cambiato. Un mondo, quello suo, forse migliore, pieno di passione e con un tantino di romanticismo, quello di gente come lui e come Raimondo Lanza di Trabia, per intenderci. Ma le cose adesso erano diverse. Nel 1993, Antonio Matarrese (all’epoca presidente della FIGC) respinse l’iscrizione di diverse società: Catania, Messina, Frosinone (secondo la tifoseria frusinate e l’ex patron del club ciociaro Alfredo Scaccia, la società fu ingiustamente radiata su decisione di Antonio Matarrese, reo di aver voluto il fallimento dei ciociari al fine di avvantaggiare il Bisceglie Calcio, squadra della città del suo bacino elettorale), Pesaro, Arezzo, Casale, Varese e Casertana. Non ci fu nessuna persecuzione come non ci fu nel 2001, quando la Covisoc escluse dal Campionato di Serie C2 l’Atletico Catania, e come non ci fu neppure nel 2003 durante il terzo “caso Catania”. Il fatto che Massimino si presentasse negli uffici della Lega con un mazzetto di assegni testimonia che egli concepisse la gestione del calcio come un fatto assolutamente padronale e artigianale. Al di là dei leggendari aneddoti, pare che per effettuare i pagamenti Massimino utilizzasse la carta dell’involucro dei sacchi di cemento dei suoi cantieri sulla quale vergava con la penna il nome del beneficiario e l’importo da pagare. E in banca il cassiere non batteva ciglio: pagava. C’erano regole diverse a quei tempi, anzi: non c’erano regole. Poi le regole arrivarono, Massimino non le comprese ma le dovette subire. Il mondo era cambiato, come nell’impresa anche nel calcio cominciava l’era delle carte, dei libri contabili, dei bilanci. A distanza di anni nessuno vuole disconoscere i grandi meriti di Massimino e non è piacevole ricordare queste cose ma all’epoca, nella contemporaneità, le critiche non erano peregrine. Cannavò, agli occhi parziali di alcuni, apparve ancora una volta scomodo perché non lesinava la verità. Tirare fuori questa vecchia polemica è inutile, squallido e specioso. Entrambi, Massimino e Cannavò, erano dei grandi catanesi. Ognuno ha un posto importante nella nostra memoria collettiva, non solo sportiva. Probabilmente in questo momento, dopo avere osservato con noncuranza e perplessità, solo per un attimo, queste inutili polemiche, avranno continuato a parlare di calcio, il grande amore della loro vita. Giovanni Iozzia http://www.leggimionline.it/2015/03/05/12410/
TROFEO SANT'AGATA 1992
Nel 93/94 dopo un terzo posto in eccellenza, viene ripescato nel CND. La guida tecnica in quella stagione era stata affidata in un primo momento a Franco Indelicato. Purtroppo, le cose non andarono molto bene e al suo posto venne chiamato Lorenzo Barlassina (già ex giocatore etneo negli anni 80'). Nel 94/95 la formazione catanese, ritorna in serie C2 vincendo il campionato dopo una lunga lotta con il Milazzo. L'allenatore era Angelo Busetta che aveva sostituito Pier Giuseppe Mosti dopo poche giornate dall'inizio del campionato. Nel 95/96 il Catania affronta il campionato di C2. L'allenatore è Lamberto Leonardi (tecnico che in C aveva già vinto con Latina e Nocerina). La squadra, purtroppo, non ha un gioco è la società chiama Mario Russo, tecnico di grande esperienza che qualche anno prima era stato l'artefice della promozione in B dell'Andria. Il Catania in quella stagione si piazzo 8°. Il 4 marzo del 1996 muore in un incidente stradale il presidente Angelo Massimino. Ma nonostante tutto la famiglia continua a gestire la società. Nuovo presidente viene nominata la moglie di Massimino: Maria Grazia Codiglione. Nel 96/97 al termine del campionato arriva un 4° posto ma non basta per acquisire la promozione diretta, si deve spareggiare per i play-off contro la Turris. Il Catania pareggia 0 - 0 al Cibali ma perde per 1 - 0 il confronto di ritorno (ad Avellino) ed esce battuto. L'allenatore era Giovanni Mei che a stagione in corso aveva sostituito Busetta. Nel 97/98 Mei viene confermato dalla società ma la squadra alterna prestazioni positive ad altre tutte da dimenticare. Quindi, Mei venne esonerato e per salvare la stagione venne chiamato Franco Gagliardi. Il Catania quell'anno si piazzò al decimo posto. Nel 98/99 la società prepara la squadra già in estate affidando la campagna acquisti al nuovo direttore sportivo Silvano Mecozzi che chiama alla conduzione tecnica Piero Cucchi ed ingaggia alcuni giocatori che in C2 fanno la differenza: l'attaccante Passiatore, il centrocampista Marziano, P. Tarantino, Monaco ecc. e a fine stagione arriva la promozione in C1. Nel 99/2000 viene smantellata la squadra della promozione. Vanno via alcune "bandiere" come Gennaro Monaco, Bifera, Furlanetto e tanti altri. I programmi sono a lunga scadenza (si parla di serie B in tre anni). C'è un nuovo direttore sportivo: Guido Angelozzi (catanese purosangue ed ex giocatore etneo anni 70'). Un nuovo allenatore che pratica il gioco a zona come Gianni Simonelli. Ma soprattutto tanti volti nuovi tra i giocatori: Napolioni, Facciotto, D'Angelo, Pagano, De Silvestro, Recchi e cosi via. Tra i "vecchi" rimangono Passiatore, Manca e Marziano. Il Catania si piazzò al 7° posto. Nel 2000/2001 la società viene rilevata dalla famiglia Gaucci che promette subito la serie B. Riccardo Gaucci è il nuovo presidente, mentre tra i giocatori ci sono diverse facce nuove: Umberto Marino, Turchi, Zeoli, Cicconi, Campolo, Capparella, Zancopè, insomma, tutta gente di prim'ordine per la serie C. La squadra, disputa un girone di andata piuttosto deludente, e ne fanno le spese l'allenatore Ivo Iaconi (esonerato per ben due volte e sostituito in entrambe le circostanze da Vincenzo Guerini) e alcuni giocatori. Il Catania si riprende, e grazie ad un favoloso girone di ritorno, e all'innesto di qualche giocatore di categoria superiore come Pane, Cordone, Corradi, Ambrosi e Criniti, arriva meritatamente il 3° posto che vale l'accesso ai playoff. Nella primo turno il Catania affronta il forte Avellino di Fini e De Martis (i due diventeranno rossazzurri la stagione successiva) e riesce ad avere la meglio. Quindi va in finale contro i cugini del Messina. La partita di andata si gioca al Cibali e gli etnei non vanno oltre lo 1 - 1.
La nascita di un vero e proprio movimento ultras a Catania si deve ad un solo uomo: Ciccio Famoso, in "arte", Ciccio-Falange. Fu questi infatti che agli inizi degli anni '70 fondò l'ormai storica Falange D'assalto divenuta poi il gruppo leader per decenni.Prima di questa non è che Catania facesse mancare il suo apporto alla squadra,ma certamente non si poteva parlare di movimento Ultras. Dopo la Falange, da sempre posta in curva Nord, nacquero numerosi altri club tra cui i "Giovani Rossazzurri" , l' Onda D' urto, i Star Fighters. A quel tempo ad esclusine dei Giovani Rossazzurri, posti in curva Sud (allora in legno) nessuno poteva competere con lo strapotere della Nord. La Falange assumeva sempre più importanza nel panorama ultras e facevano parte di essa molti ragazzi veramente "capaci". I Il supporto canoro era veramente impressionante,le coreografie,soprattutto col Palermo, spettacolari ed originalissime. Il "dominio" di Ciccio andò avanti per anni. Nel '91 accade un evento che sconvolgerà il mondo ultras catanese. Una piccola ma ottima frangia della Falange si stacca dalla Nord e va in curva Sud a dar vita ad un nuovo gruppo: Club Primo Amore (poi Irriducibili). Per loro gli inizi furono molto difficili in quanto la concorrenza della Falange era spietata. Ma questi essendo tutte persone veramente capaci, iniziarono man mano a prendere sempre più piede. Proponevano un nuovo stile di tifo, nuove coreografie, perfetta organizzazione. Fu così che molti ragazzi della Nord andarono in curva Sud. Si vissero anche dei momenti di grande tensione, ma poi gli animi si calmarono. Col passare del tempo la Sud divenne il gruppo leader dello stadio. Ma nel '93 un terribile avvenimento scosse tutta Catania.Il Calcio Catania fu radiato (ingiustamente, come poi fu assodato) dai campionati professionistici. Solamente la caparbietà di Angelo Masimino riuscì a non farci scomparire del tutto e il Catania fu ripescato in eccellenza. Ad aggravare la situazione ci si mise anche un imprenditore di nome Proto. Questi fiutando l'affare (Catania è una piazza da serie A) prima creò una squadra che disputò il campionato nazionale dilettanti,l'anno dopo portò a Catania la Leonzio,che giocava in C1. Così Catania si ritrovò ad avere due squadre. Una in C.N.D. (infatti il, Catania riuscì immediatamente a risalire di una categoria) e una in C1. Nonostante questo casino i catanesi restarono fedeli al suo unico amore: il Catania Calcio; la prima partita di eccellenza fu seguita da 10.000 persone, la squadra fu sempre seguita massicciamente ovunque. Nel C.N.D. eravamo sempre in almeno 6.000 per toccare picchi di 18.000. L'Atletico? Beh anche se era in C1 non era seguito che da 2-300 "sportivi", tranne in rari casi……Gli Ultras,ovviamente,restarono fedeli al Catania.Ma la situazione era totalmente cambiata. La Sud era diventata la curva più calda. Il suo tifo era assordante, le coreografie sensazionali. ….E la Nord…… La Nord non c'era più!! Già gli Irriducibili avevano dato la prima tremenda botta al club del "Castello", portando numerosissimi ragazzi in curva Sud poi arrivò il colpo di grazia: un'altra scissione. Un nutrito gruppo di ragazzi si staccarono dalla Falange e diedero vita ad un nuovo gruppo: i Decisi. Questi si collocarono in curva Nord ma staccati da ciò che rimaneva della Falange. Anche in questo caso gli inizi furono difficili, ma man mano iniziarono ad affermarsi riportando il tifo anche in curva Nord anche se non potevano assolutamente competere con gli Irriducibili. Mentre infatti la Sud offriva un colpo d'occhio veramente impressionante, nella Nord lo scenario non era dei migliori. Qui si vedevano infatti 2 gruppetti che intonavano sempre cori diversi l'uno dall'altro. Praticamente non si capiva niente. dal profilo facebook di Ciccio Famoso, detto Falange.
Tutto inutile. Ma prima il giudice Zingales, poi quelli del Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo, stabilirono con chiarezza che questo giornale non aveva appoggiato una battaglia donchisciottesca. La radiazione fu cancellata, ma la serie C non venne restituita dalla Federcalcio. Sono passati quasi tre anni e il giudizio di merito del TAR deve ancora essere emesso. Ricordo quando, dopo aver fatto il giro dei migliori oculisti di tutta Europa, Massimino si recò a Boston per farsi operare. Mi telefonò dalla sua stanza d’ospedale. Avvocato – mi aveva ribattezzato così facendo rivoltare nella tomba mio padre che avvocato e non giornalista mi avrebbe voluto– una preghiera: voi dovete citare sul giornale il nome del chirurgo e dovete scrivere che persino qui vogliono il Catania in serie C1". Sì, anche nel Massachusetts". Non ha fatto il tempo a vedere né la fine della sua battaglia né il coronamento dell’ultimo sogno della sua vita. Un campione di determinazione. Per questo motivo i suoi familiari si sono guardati sempre dallo scoraggiarlo. Come frenare chi continua a battersi da leone per una squadra che non riesce più neanche a vedere? Io spero che la sua opera non rimanga incompiuta e che qualcuno, magari con lo stesso cognome, si assuma l’impegno di perseguire l’obiettivo di Angelo. Un uomo che amava il Catania e i catanesi con una forza d’animo che cresceva in maniera inversa alla vigoria fisica. Addio, presidente, e grazie. Lei è stato l’unico che, in qualche modo e senza saperlo, ha fatto felice mio padre, sepolto a Canepina.
Cannavò e Massimino: due grandi catanesi e un’inutile polemica Candidò Cannavò ha la sua piazza a Catania. Cosa buona e giusta. In tempi, quelli attuali, in cui la nostra città a livello nazionale non riesce a esprimere molte grandi personalità nel campo della cultura, dell’arte e perfino del giornalismo, ricordare chi è stato veramente bravo, non è una cosa sbagliata. Non dimentichiamo che diresse per quasi venti anni il più importante e diffuso quotidiano sportivo nazionale. E tutti sappiamo che in Italia lo sport, il calcio in particolare, è una cosa molto seria. Sono quindi pretestuose e strumentali le polemiche scoppiate sull’intitolazione dell’ex piazzale Oceania a Candido Cannavò. La critiche di questi giorni si basano sul solito tema di alcuni che si ergono a difesa dei colori del Calcio Catania, non si capisce a che titolo, e tirano fuori la vecchia storia che Angelo Massimino fu avversato nel 1993 con la conseguente cancellazione della squadra dal Campionato di Serie C1. E Cannavò sarebbe stato il suo grande avversario e quindi, di conseguenza, anche nemico della città. Erano gli anni in cui il calcio cambiava e Massimino, con tutti i suoi grandi meriti sportivi e umani, rappresentava un’epoca diversa. Cannavò fu coraggioso e schietto nel dirlo. Basti pensare alle gestioni manageriali che si stavano affermando in Italia e nel resto del mondo proprio in quegli anni. Erano ormai finiti i tempi di Massimino al Catania, Rozzi all’Ascoli, Scibilia all’Avellino, Casillo al Foggia. Non c’è dubbio che Massimino fu un presidente eccezionale, un uomo vulcanico, di grande forze e di grande capacità gestionale. Ma nel 1993 le cose stavano… anzi no, erano cambiate. L’anno prima, solo per fare un esempio, la vecchia Coppa dei Campioni era diventata la Champions League. Sulla scena calcistica erano già da tempo apparsi presidenti/imprenditori di grande livello a partire da Silvio Berlusconi nel 1987. Nel 1993, l’Italia era la prima nel ranking europeo Fifa a testimoniare il grande livello raggiunto da nostro calcio. Massimino aveva la scorza dura e a 60 anni non poteva essere cambiato da niente e da nessuno. Non era più adeguato, anzi non si voleva per niente adeguare a un mondo che era totalmente cambiato. Un mondo, quello suo, forse migliore, pieno di passione e con un tantino di romanticismo, quello di gente come lui e come Raimondo Lanza di Trabia, per intenderci. Ma le cose adesso erano diverse. Nel 1993, Antonio Matarrese (all’epoca presidente della FIGC) respinse l’iscrizione di diverse società: Catania, Messina, Frosinone (secondo la tifoseria frusinate e l’ex patron del club ciociaro Alfredo Scaccia, la società fu ingiustamente radiata su decisione di Antonio Matarrese, reo di aver voluto il fallimento dei ciociari al fine di avvantaggiare il Bisceglie Calcio, squadra della città del suo bacino elettorale), Pesaro, Arezzo, Casale, Varese e Casertana. Non ci fu nessuna persecuzione come non ci fu nel 2001, quando la Covisoc escluse dal Campionato di Serie C2 l’Atletico Catania, e come non ci fu neppure nel 2003 durante il terzo “caso Catania”. Il fatto che Massimino si presentasse negli uffici della Lega con un mazzetto di assegni testimonia che egli concepisse la gestione del calcio come un fatto assolutamente padronale e artigianale. Al di là dei leggendari aneddoti, pare che per effettuare i pagamenti Massimino utilizzasse la carta dell’involucro dei sacchi di cemento dei suoi cantieri sulla quale vergava con la penna il nome del beneficiario e l’importo da pagare. E in banca il cassiere non batteva ciglio: pagava. C’erano regole diverse a quei tempi, anzi: non c’erano regole. Poi le regole arrivarono, Massimino non le comprese ma le dovette subire. Il mondo era cambiato, come nell’impresa anche nel calcio cominciava l’era delle carte, dei libri contabili, dei bilanci. A distanza di anni nessuno vuole disconoscere i grandi meriti di Massimino e non è piacevole ricordare queste cose ma all’epoca, nella contemporaneità, le critiche non erano peregrine. Cannavò, agli occhi parziali di alcuni, apparve ancora una volta scomodo perché non lesinava la verità. Tirare fuori questa vecchia polemica è inutile, squallido e specioso. Entrambi, Massimino e Cannavò, erano dei grandi catanesi. Ognuno ha un posto importante nella nostra memoria collettiva, non solo sportiva. Probabilmente in questo momento, dopo avere osservato con noncuranza e perplessità, solo per un attimo, queste inutili polemiche, avranno continuato a parlare di calcio, il grande amore della loro vita. Giovanni Iozzia http://www.leggimionline.it/2015/03/05/12410/
Nella camera mortuaria del cimitero di Termini Imerese il corpo del presidente del Catania arriva alle 17.45 scortato dalle voltanti della polizia stradale. Poco dopo entra nel piccolo obitorio del cimitero il medico legale Armando Pravatà che accerta la morte e provvede a svolgere l’esame necroscopico: “Il presidente del Catania è morto sul colpo. È volato fuori dalla macchina ed ha sbattuto con violenza il capo e precisamente la parte parietale subendo la frattura della zona destra, oltre a quella dei due femori. Aveva finito di mangiare un panino e proprio io gli ho tolto il cibo residuo rimasto in bocca. Fortunatamente il conducente della macchina non ha subito danni fisici ma gli ho consigliato di farsi visitare in ospedale”. Le prime testimonianze parlano di forte velocità e anche di assenza di cinture di sicurezza, forse se fossero state utilizzate il presidente Massimino avrebbe potuto salvarsi. C’è nervosismo tra i parenti che arrivano al cimitero di Termini. Le telecamere puntano gli obiettivi ed i faretti su di loro, qualcuno li allontana. Con gli occhi lucidi i fratelli del presidente Ottavio e Salvatore, quest’ultimo ex presidente del Messina: “L’ho saputo a Catania e mi sono subito precipitato a Palermo. Un dramma, non so proprio cosa dire. Come si può morire in questa maniera? Ancora non ci credo… Lasciatemi stare…”. Ci sono anche alcuni nipoti che trattengono a stento le lacrime: “Non è il caso di dire nulla in questo momento. Una tragedia che ci lascia senza parole. E’ morto lavorando per il suo Catania”. Nel corso della serata sono proseguiti tutti gli adempimenti burocratici per riportare la salma di Angelo Massimino a Catania: alle 22,30 il carro funebre è uscito dal cimitero di Termine Imerese per dirigersi a Catania. Oggi pomeriggio al Cibali sarà allestita la camera ardente. I funerali avranno luogo domani in Cattedrale. Ci sono anche diversi curiosi fuori dal cimitero di Termini Imerese: “E’ morto il presidente del Catania Massimino? Sono profondamente addolorato – dice Ciccio Califano – malgrado sia un accanito tifoso del Palermo. È stato e resterà uno dei più grandi personaggi del calcio italiano”. FIORI IN AUTOSTRADA - Il luogo della disgrazia è battuto dalle macchine che passano sotto la pioggia battente.Il selciato è stato ripulito, ma c’è già un mazzo di fiori posato da un tifoso che, forse, rientrando a Catania ha appreso della morte del presidente. Un tratto di strada maledetto. Ma torniamo a Termini per capire dove è stata portata la macchina. Una vettura distrutta. Irriconoscibile. La BMW 520 del presidente Massimino è sotto sequestro in un’officina dell’ACI di Termini Imerese. Qualche problema per vederla, poi si aprono i cancelli. Davanti ci troviamo un pezzo di lamiera contorta. Il lato dove si trovava il cavaliere è distrutto, segno evidente che l’impatto con il terreno è stato tremendo: “Forse andavano un po’ troppo forte – dicono quelli della Polizia Stradale – ma in questo momento è impossibile capire quali siano state le vere cause”. Certo il terreno viscido è stato fatale. E poi in quella zona tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli di incidenti mortali se ne registrano ogni settimana. Le autorità a questo punto dovrebbero provvedere a trovare dei rimedi perché come è morto Massimino possono morire anche altre persone. L’inchiesta sarà affidata al pm di Termini (Renato Perinu). http://www.mondocatania.com/wp/flash-new/massimino-per-non-dimenticare-5238
L'ultimo saluto di un tifoso MASSIMINO: UOMO SOLO CONTRO TUTTI di Angelo Pesciaroli - cataniaperte.com Lo conobbi, in pratica, solo in un caldo pomeriggio del primo lunedì ‘93. Prima i nostri rapporti di lavoro erano stati fugaci, d’inverno in qualche spogliatoio, d’estate nei saloni del mercato, Gallia, Leonardo Da Vinci, Milanofiori. Come tanti giornalisti, di Angelo Massimino conoscevo solo l’antologia delle frasi famose (l’"amalgama" da acquistare magari in comproprietà) e delle esplosioni negli spogliatoi. Come quella volta che l’arbitro Benedetti di Roma aveva annullato per gioco pericoloso uno splendido gol su sporbiciata di Cantarutti. Alla Juventus, mi pare. Quel primo lunedì di agosto Massimino si presentò in redazione con un pacco di documenti: "Venerdì il mio Catania è stato radiato, sabato ho fatto aprire gli sportelli di una banca e ho messo tutto in regola. Stamane sono andato a bussare in Federcalcio, ma non mi hanno neanche fatto entrare. Eppure io ad Antonio lo feci eleggere presidente di Lega. Studiate questi documenti e decidete voi se è il caso di darmi una mano sul giornale". Il famoso caso Catania nacque così. ___________________________ DOPO LA SCOMPARSA DEL PRESIDENTISSIMO, LA FAMIGLIA MASSIMINO CONTINUERA', ANCHE RIMETTENDOCI, A SOSTENERE IL GIOCATTOLO DEL PRESIDENTISSIMO, PUR DI ONORARE LA SUA MEMORABILE PASSIONE PER LA SQUADRA DELLA CITTA'. Presidente: Sig.ra Codiglione, vedova Massimino
La famiglia Massimino, alle prese con la programmazione della prima stagione senza il Cavaliere, adotta una strategia dai due volti: quello della "restaurazione" in panchina, sulla quale ritorna l'amatissimo Busetta; quello della "rivoluzione", invece, per quanto riguarda l'organico, che perde diversi pezzi. Fra questi, anche alcuni protagonisti dell'annata in C.N.D., come Crisafulli, Sampino (che resta in C2 col Benevento), Drago e Del Vecchio (che tornano invece nei dilettanti, passando rispettivamente al Potenza ed al Milazzo). In porta resta tutto invariato con la conferma di Fimiani; in difesa si riparte dalla coppia Cicchetti-Grillo, ai quali si affiancano i centrali Antonino Di Dio e Giuseppe Marino (provenienti da Gualdo e Marsala) e i terzini Tonio Sarcinella e Roberto Ricca, con Sparti confermato in qualità di riserva. A centrocampo, salutati Mazzaferro e Migliorini, urgono forze fresche a supporto di Pellegrino e di un Pasquale Marino che per motivi anagrafici non può più dare garanzie per l'intero campionato: in quest'ottica si inquadrano gli arrivi di Massimo D'Aviri, mediano specialista su calci piazzati, pescato in C.N.D. dal Caltagirone, e di Davide Faieta, ventenne fantasista cresciuto nel Perugia. La batteria di esterni, già forte del titolare Intrieri e dell'outsider Ercoli, si arricchisce con l'ex Catanzaro Umberto Brutto. L'attacco, che perde Naccari (il quale torna a Messina, sponda U.S. Peloro), viene tirato a lucido: accanto a D'Isidoro vengono piazzati Ciccio Pannitteri, capocannoniere uscente del girone siculo-calabro del C.N.D., ed Orazio Russo, "figliol prodigo" prestato dal Lecce. L’amaro finale non cancella i lati positivi di un’annata comunque da ricordare: tra questi, l’estenuante rimonta firmata Mei e la prolificità della coppia gol D’Isidoro-Pannitteri (24 reti in due), che regala al Catania il primato nella classifica dei gol fatti nel girone; l’altra faccia della medaglia è rappresentata dai troppi gol subiti, che fanno della difesa l’anello debole della squadra per il secondo anno consecutivo. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
L’ottimo andamento avuto dalla squadra sotto la sua gestione durante la stagione precedente vale a Mei la riconferma. La formazione allestita per il campionato 1997/98 è però profondamente rinnovata. Gli ultimi reduci dei “campi polverosi” (Sparti, Pellegrino e Pasquale Marino) chiudono il loro ciclo; parimenti salutano Fimiani e il tridente delle meraviglie Russo-D’Isidoro-Pannitteri (Orazio torna al Lecce per fine prestito, mentre i due bomber restano in C2 cominciando la stagione rispettivamente alla Maceratese ed alla Juveterranova Gela). Il nuovo guardiapali è Saul Santarelli, prelevato dal Torino. In difesa, accanto ai riconfermati Cicchetti, Di Dio e Ricca, cercano spazio gli esperti Alessandro Furlanetto e Fabio Calcaterra (quest’ultimo con trascorsi in A con le maglie di Inter, Cesena e Bari), nonché il giovane Angelo Tasca, proveniente dal Palermo. A centrocampo si riparte da D’Aviri, Faieta e dai nuovi arrivati, il mediano d’esperienza Giuseppe Del Giudice ed il duttile ex Pontedera Matteo Rossi. Sulle fasce con licenza di offendere trovano nuovamente posto Brutto ed Intrieri, mentre l’attacco viene ricostruito attorno ad Alessandro Costa, reduce da un’annata in C1 al Treviso. In alternativa a quest’ultimo, due attaccanti provenienti dal C.N.D.: Giuseppe Malafronte e Claudio Piperissa. In attesa che il manto erboso del rinnovato Cibali sia praticabile, il Catania disputa i primi match della stagione in trasferta. Senza più obiettivi da raggiungere, i ragazzi di Gagliardi cercano di salvare almeno l’onore nelle ultime tre giornate: dopo il pari di Bisceglie (raggiunto, ancora una volta in extremis, da Furlanetto), giungono un rocambolesco 3-2 contro il Trapani (che complica la lotta playoff ai granata) ed un 1-1 a Chieti (che condanna i neroverdi ai playout). Il 10° posto finale è lo specchio di una squadra senza infamia e senza lode: l’attacco è il reparto più debole, nel quale deludono tutti gli interpreti, eccezion fatta (parzialmente) per Lugnan; la difesa invece, incassa in media un gol a partita e regge quel tanto che basta per evitare guai peggiori. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
a cura di Enrico Salvaggio Dopo la sconfitta di Castel di Sangro che apre l’anno nuovo e chiude il girone d’andata, la dirigenza, delusa dal calo di rendimento registrato nelle ultime settimane, opera dei correttivi per consentire a Simonelli di recuperare il divario di sei lunghezze che separa i suoi ragazzi dai playoff. La difesa viene rinforzata con l’esperto terzino sinistro Riccardo Onorato, uno dei perni della Ternana di Delneri che negli anni precedenti si è resa protagonista di un doppio salto dalla C2 alla B. Umberto Brutto chiude il suo ciclo tornando al Catanzaro dopo tre anni e mezzo; l’esterno viene rimpiazzato dal giovane Emanuele Matzuzzi, giunto in prestito dalla Sampdoria.
Ma il reparto che si rifà il trucco più degli altri è l’attacco: Zampagna passa al Brescello, De Silvestro va in prestito alla Spal; al loro posto si soffia ad una rivale come la Viterbese una coppia di giocatori affermati nella categoria, quali sono il bomber Gianni Califano (un habitué della doppia cifra in terza serie) ed il fantasista Lorenzo Battaglia, che Simonelli ha allenato a Nocera Inferiore l’anno prima. I rinforzi arrivano alla spicciolata nel mese di gennaio e vengono gradualmente inseriti in squadra dal “filosofo”; ciò nonostante, la seconda metà di stagione si apre con un’impressionante serie di undici risultati utili che cambia radicalmente il volto al campionato del Catania. Una combinazione di risultati clamorosamente favorevole (sconfitte di Ascoli, Viterbese e Palermo; pareggio dell’Arezzo) consente ai ragazzi di Simonelli di issarsi addirittura al 3° posto, toccando così il punto più alto della loro stagione. Le batterie sono scariche e col Palermo ci si rallenta a vicenda con uno scialbo 0-0. Ad Andria, poi, contro una Fidelis inguaiata nella lotta per non retrocedere, si rimedia un 2-0 che sembra spegnere ogni speranza. Tuttavia, la quinta piazza, occupata adesso dall’Ascoli, dista soli tre punti e gli etnei tengono aperti i giochi regolando in casa il Gualdo con un 3-2. La situazione diventa insostenibile e al termine dell’estenuante campionato si fanno avanti diversi potenziali compratori, fra i quali spiccano Luciano Gaucci, patron di Perugia e Viterbese, ed una cordata rappresentata dal celebre conduttore televisivo Pippo Baudo e legata al gruppo Virlinzi (famiglia di imprenditori catanesi), a sua volta vicino all’ad della Juventus Luciano Moggi. Dietro le quinte si muove anche Antonino Pulvirenti, imprenditore di Belpasso, da un anno proprietario dell’Acireale. La contesa è vinta dalla famiglia Gaucci che il 25 maggio 2000 rileva ufficialmente la società con un’operazione il cui valore si aggira intorno ai dieci miliardi. L’accadimento restituisce grande entusiasmo ai tifosi che invadono bonariamente il palazzetto dello sport di Piazza Spedini nel giorno in cui il nuovo proprietario si presenta alla città, a suon di proclami. fonti: http://www.calciocatania.com e http://tuttoilcatania.altervista.org/
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