La Provincia di Siracusa è una meta ambitissima per chiunque apprezzi la buona cucina marinara a base di pesci, crostacei e molluschi più o meno pregiati che siano. Certo, la cucina marinara è una delle più "onerose", ma in Sicilia e soprattutto in Provincia di Siracusa il costo del pescato è molto basso (se comprato al dettaglio nei mercati ittici di Siracusa e Portopalo o presso il mercato rionale di Via Trento ad Ortigia) anche perchè molte ricette della nostra terra si servono di pesci, molluschi o crostacei "meno costosi" (quindi meno pregiati da un punto di vista culinario che si basa sulla cosiddetta "Alta Cucina") ma che in fatto di freschezza, gusto e qualità non hanno niente da invidiare ad aragoste, cernie, astici, salmoni e altro "pesce" costosissimo e proveniente da altre zone d'Europa o dai paesi asiatici.
Però non è detto che il cosiddetto "pesce caro" venga del tutto accantonato; se si ha la possibilità di gustare o una bella Aragosta (o un Astice), un bel piatto a base di Gamberi o Scampi, un bel trancio di Pesce Spada, dei delicati Dentici, una bella zuppa di pesce misto o (meglio ancora) dei succosi Ricci di Mare e altri frutti di mare freschi, non si deve perdere tempo perchè qui in Provincia di Siracusa (soprattutto nelle principali località marinare) vi è un'arte nel saper cucinare qualsiasi specie ittica (commestibile) abbinando anche i frutti della terra creando grandiosi piatti che soddisferanno tutti i palati da quelli abituati ai sapori rustici arrivando a quelli abituati a ricette più raffinate. Bisogna inoltre fare qualche breve cenno sulla pesca attuata in Provincia di Siracusa. La pesca in mare veniva praticata in passato grazie all'ausilio di barconi di legno ("Feluche", "Scieri" e Paranze) da cui venivano (e vengono) gettate vari tipi di reti a circuizione ("Ciancioli", "Tratte" e "Spadare"), Nasse, Palangari (chiamati anche col nome di "Conzu") oppure utilizzando numerose tecniche in cui è previsto l'utilizzo della canna formata da materiale elastico (Bolentino, Traina ecc...). Queste tecniche di pesca non sono scomparse, ma oggigiorno vengono adoperate tecniche piuttosto moderne che prevedono l'utilizzo di tecniche di accerchiamento dei pesci (il cui spostamento è monitorato da potenti sonar sottomarini) da parte di due o più pescherecci; di pesca d'altura con canna e con altre numerose tecniche.
La classe Cephalopoda include seppie, polpi, calamari e nautili che sono i più complessi esemplari tra i molluschi, se non addirittura dell’intera categoria degli invertebrati. Sono predatori e devono il loro successo sia alla velocità con la quale si muovono sia ai tentacoli, che sono dei veri e proprio strumenti per la manipolazione. I tentacoli si trovano nella porzione anteriore dell’animale e vengono usati, oltre che per catturare le prede, anche per l’adesione al substrato, per la riproduzione e per il movimento. Una caratteristica generale di tutti i cefalopodi è il mantello che con una spessa muscolatura avvolge tutto il corpo, lasciando fuori però il capo con gli occhi e i tentacoli con le “braccia”. Una seconda caratteristica di altrettanta importanza è la presenza di una conchiglia interna, infatti, pur essendo invertebrati, questi molluschi possono presentare una conchiglia: molto famosa è quella di seppia. Il così detto “osso di seppia” viene usato come nutrimento per gli uccelli in gabbia per il suo alto contenuto di calcio. In tutti i polpi la conchiglia è assente mentre in un unico esemplare, questa è esterna ed è avvolta a spirale, si tratta della conchiglia del Nautilus. Locomozione e Alimentazione: I cefalopodi possono sia strisciare sul fondale marino, usando i tentacoli, che muoversi in sospensione con un meccanismo di propulsione a getto: il mantello si riempie del tutto di acqua, che viene rilasciata all’esterno ad alta velocità provocando una lunga spinta. Addirittura i calamari Onycotheutidea riescono a raggiungere la velocità di 30 km/h. Questi molluschi intercettano la preda mediante l’uso degli occhi, meno sviluppato solo nei nautili. Seppie, polpi e calamari hanno occhi con una struttura simile a quella dei vertebrati, riescono perciò a creare immagini, distinguere forme e discriminare alcuni colori. Una volta adocchiata la preda la catturano utilizzando le piccole ventose che hanno sulla superficie dei tentacoli. Le seppie e i nautili si nutrono di piccoli invertebrati presenti sul fondo, i calamari cacciano pesci e gamberi mentre i polpi sono predatori notturni e si nutrono di crostacei, pesci e chiocciole. I cefalopodi sono a sessi separati, non è presente nessun tipo di ermafroditismo. Le femmine producono grandi uova, ricche di tuorlo; queste uova sono avvolte da una sostanza gelatinosa che le protegge e spesso, a contatto con l’acqua marina, tale guaina si indurisce. I maschi possono essere distinti dalle femmine mediante un particolare tentacolo che serve a fecondare la femmina: durante l’accoppiamento, i tentacoli del maschio si intrecciano a quelli della femmina, così, il maschio, con il suo tentacolo modificato, trasferisce lo sperma all’interno della cavità dove sono situate le uova della femmina. Man mano che le uova vengono fecondate, la femmina le depone sul substrato. Alla schiusa delle uova, saranno visibili degli animali con le stesse caratteristiche del genitore, non ci saranno quindi stadi larvali. I piccoli appena nati non saranno allevati dai genitori, non sono presenti dunque cure parentali. A questa classe appartengono i generi Architeuthis con le sue 8 specie e Mesonychoteuthis, conosciuti rispettivamente con i nomi di “calamaro gigante” e “calamaro colossale”. Il calamaro gigante, grazie ai due tentacoli anteriori, che possono allungarsi similmente ad elastici, riescono a raggiungere dimensioni di 20 metri. Questi vivono entrambi negli oceani ad una profondità che varia dai 200 fino ai 100 metri. Non sono mai stati avvistati in zone tropicali, troppo calde, o polari, troppo fredde. Il calamaro gigante è il secondo animale più grande tra tutti gli invertebrati e i primi avvistamenti regolarmente documentati sono recenti, risalgono al 2004, ma solo nel vicino 2007 i giapponesi sono riusciti ad effettuare un video di questo gigantesco animale. Questi generi si nutrono dei pesci che vivono a grandi profondità o predano, con i lunghi tentacoli, dei calamari di dimensioni più modeste. http://www.mille-animali.com/animali/invertebrati/cefalopodi.php
Il calamaro è un mollusco cefalopode dal corpo allungato a forma di cono, sul dorso in posizione laterale si trovano due grandi pinne che nell’insieme formano un rombo, la testa sporge dal mantello con gli occhi in posizione laterale e attorno alla bocca si trovano quattro paia di braccia ed un paio di tentacoli che si allargano all’estremità a formare la cosiddetta clava, ricca di ventose poste in quattro serie. La conchiglia è interna e viene chiamata gladio, per via della sua forma.
Il colore è rosa-violaceo, con punti più scuri bruno rossicci. Può raggiungere una misura di 30-40 cm è più comune attorno ai 15 cm. Spesso il calamaro viene confuso con il totano, si può facilmente riconoscere osservando le pinne, nel calamaro coprono metà della lunghezza totale del mantello, nel totano si trovano inserite all’estremità inferiore. E’ una specie generalmente pelagica, ma non è raro trovarla in acque costiere specialmente in estate ed autunno in occasione della riproduzione. Depone uova tenute assieme in ammassi gelatinosi nastriformi che fissa a substrati sommersi. In Mediterraneo si trova in tutti i mari italiani, molto diffuso in Alto Adriatico.
Può
raggiungere 300 m di profondità, generalmente vive in mare aperto,
a profondità comprese tra i 20 e 100 m. I
tentacoli grazie alle loro ventose vengono usati per catturare le
prede: pesci, altri molluschi e crostacei. Compie
migrazioni giornaliere risalendo in superficie durante la notte e
tornando in profondità nelle ore diurne. Spesso
si sposta in banchi con numerosi individui. Si pesca con reti a
strascico e con reti da traino pelagiche.carni tenere ottime, molto
apprezzato e richiesto dai mercati.
LA PESCA DEL CALAMARO. Non molto dissimile dalla precedente è la pesca del calamaro, preda molto ambita. I modi di cattura sono quelli già riferiti per il totano, mentre i tempi sono più estesi. Poiché i calamari vagano a gruppi, non di rado, la presenza di questi pesci costringe le barche, durante la pesca, a disporsi in cerchio, o, come più coloritamente si dice, "a badda". Sia nella pesca al calamaro sia in quella al totano, particolare attenzione dovrà essere prestata, se non si vuole perdere l' "ontru", alle "ozze" che segnalano la presenza delle reti. _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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il totano è un mollusco cefalopode dal mantello allungato a forma di sacco, dal quale sporge la testa con quattro paia di braccia ed un paio di tentacoli con ventose ed uncini. Gli occhi sono in posizione laterale rispetto al capo. Può essere facilmente confuso con il calamaro, dal quale differisce per grandezza ed inserzione delle pinne, che, in questo caso si dividono ai lati partendo dall’estremità del corpo, mentre nel calamaro occupano metà della lunghezza del mantello. Il colore è marroncino arancio.
Può raggiungere eccezionalmente dimensioni di 50 cm, è più comune attorno ai 20 cm. è una specie generalmente pelagica, vive al largo tra 100 e 600 m di profondità. Si sposta in banchi con numerosi individui e compie migrazioni giornaliere risalendo in superficie durante la notte e tornando in profondità nelle ore diurne. Preda catturando con i tentacoli pesci e crostacei. Depone uova tenute assieme in ammassi gelatinosi galleggianti che fluttuano nei pressi della superficie o cadono sul fondo.
Si
trova in tutti i mari italiani. si
pesca con reti a strascico e lenze con fonti luminose per
richiamarlo in superficie durante la notte. carni
leggermente dure, richiedono una breve frollatura, meno pregiato del
calamaro.
LA PESCA DEL TOTANO. La pesca dei totani, nel nostro golfo, viene esercitata con "lampara" dalla luce fioca. Il luogo più idoneo è al largo di Capo Mulini. Le condizioni ottimali per la pesca sono quelle costituite dalla presenza di rema, di vento moderato e di mare leggermente mosso. La stagione più propizia è quella estivo-autunnale. La pesca del totano si effettua "a sondare", con un attrezzo detto "ontru" (dal latino Untra "che sta in acqua". Lontro era l'antica barca per catturare i pesci spada): piombo modellato a forma di pesce, della lunghezza di otto centimetri circa, e rivestito di una speciale carta di colore bianco. Alla estremità superiore del piombo viene legata una lenza e a quella inferiore vengono, invece, applicati degli spilli, sagomati a forma di doppia corona. L'attrezzo in parola, a cui viene impresso un movimento di va e vieni verso l'alto, è capace di trarre in inganno il totano, in quanto il congegno imita, così, le movenze delle probabili prede del totano stesso. Oggi i mezzi messi a disposizione dalla tecnica sono alquanto sofisticati: una fonte luminosa (calata perfino alla profondità di 500/600 metri) ha sostituito, in parte, l' "ontru", il quale rimane ancora indispensabile nel momento in cui i totani, attratti dalla luce, giungono alla profondità di qualche metro dalla superficie. Ancor prima della meccanizzazione i totani facevano sistematicamente la loro comparsa anche nei bassi fondali e, seppur non numerosi, attratti com'erano dalle luci della costa, finivano, sospinti dalle mareggiate, proprio all'asciutto, tanto che per catturarli si poteva andare con le scarpe ai piedi. _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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la seppia è un mollusco cefalopode con il corpo è ovale, schiacciato circondato da una pinna, da esso sporge il capo con dieci braccia, due delle quali,i tentacoli, sono più lunghe, retrattili e con la parte terminale ricca di ventose. Può raggiungere dimensioni massime di 35 cm, la colorazione è molto variabile e differisce tra maschi e femmine, i maschi presentano una linea bianca lungo tutta la pinna. Le seppie sono animali dotati di ottime capacità mimetiche e sono in grado di cambiare colore in brevissimo tempo. All’interno del corpo ( nel mantello) possiedono una sacca piena di inchiostro che espellono nelle situazioni di pericolo, anche la conchiglia è interna e viene comunemente indicata col nome di “osso di seppia”. In mediterraneo esistono altre due seppie , Sepia elegans e Sepia orbignyana, entrambe di dimensioni più piccole, la seconda si può distinguere per la presenza di una spina nella parte posteriore dell’”osso” (conchiglia). vive sui fondali costieri sabbiosi o melmosi e sulle praterie di posidonia, compie delle migrazioni riproduttive, in primavera ed autunno si avvicina alle coste per riprodursi. Depone uova che formano grappoli neri simili ad uva, chiamate “uva di mare”, che attacca a diversi substrati, dalle uova dopo un periodo più o meno lungo a seconda della temperatura delle acque, nasce una seppiolina che dopo circa sei mesi raggiunge 100 g di peso.
Diversi studi hanno dimostrato in Adriatico l’esistenza di due popolazioni una che si riproduce in primavera, l’altra in autunno. I primi ad arrivare nei pressi della costa sono i maschi poi le femmine che, avvenuto l’accoppiamento cercano un substrato per deporre le uova. La conoscenza delle modalità riproduttive viene sfruttata per la pesca di questi molluschi. la seppia si può catturare in vari modi, nei mesi invernali si cattura generalmente al largo della costa con reti a strascico. In primavera ed autunno quando si riproduce viene catturata con nasse, cestini e reti da posta. Altri metodi ingegnosi vengono utilizzati dai pescatori amatoriali, uno di questi consiste nell’attaccare una femmina ad una lenza e aspettare che il maschio vi si attacchi per poi catturarlo con un retino, allo stesso scopo può essere utilizzato un attrezzo artigianale munito di uno specchio, ingannando il maschio che scambia la propria immagine riflessa per quella di una femmina e può essere catturato con un’agile manovra del pescatore quando si avvicina. a seconda delle dimensioni e della provenienza può avere sapore diverso, per valutarne al meglio la freschezza si può osservare l’inchiostro se è rappreso la seppia è stata congelata. Altra indicazione di provenienza e freschezza può essere ottenuta analizzando le dimensioni dell’animale in relazione alla stagione, le seppie piccole inferiori ai 100 g si trovano da agosto a novembre, quelle di oltre 300 g si trovano nei mesi invernali. Si consuma fresca o congelata.
LA PESCA DELLE SEPPIE. Le seppie sono i cefalopodi preferiti dai marinai, perché più numerose e più puntuali fra tutti quelli elencati prima. Ogni anno, infatti, danno da vivere a molte famiglie. Le seppie si possono catturare a qualsiasi profondità, specie con i "bulèstrici". Si possono prendere anche con la fiocina e con l'"ontru", che non si differenzia molto da quello descritto per la pesca del totano, salvo che per gli spilli montati ad una corona, anziché a due. Per poter catturare il mollusco in argomento è necessario pescare a toccafondo, e per di più in presenza di rema (corrente di fondo) che deve muovere la lenza alla ricerca della seppia. Questa, in specie quella di piccole dimensioni, è molto apprezzata per la qualità delle sue carni ed ancora per il fatto che molti pescatori dilettanti usano i suoi tentacoli ('nzinzuli") come esca di ripiego per la cattura di determinati tipi di pesci. Nemica giurata della povera seppia è la "trèmula" (torpedine), dalla quale si difende lanciando il suo liquido nero, al fine di sottrarsi alla sua "scossa" (scarica). Da questa nota inimicizia trae origine il detto marinaresco riferito a due persone che litigano continuamente: "pàrunu 'a siccia cca trèmula!". Le seppie, nel mese di marzo, si vedono numerose nei bassissimi fondali della Plaia. In gran numero si notano anche lungo il litorale della costa messinese, dove, per catturarle - raccontano i beninformati - si andava con lampada ad acetilene in testa, fiocina in mano e acqua alle ginocchia. _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
E’ un mollusco cefalopode, che appartiene agli ottopodi, possiede otto braccia o tentacoli muniti di ventose, una di queste braccia assolve alla funzione di organo copulatore nel maschio e viene chiamata ectocotile. Il polpo è un organismo molto noto per la sua bellezza e capacità mimetica, possiede particolari cellule nell’epidermide, i cromatofori, che gli consentono di assumere i colori del substrato in cui si trova. Il corpo è a forma di sacco, ventralmente si dipartono i tentacoli che contornano la bocca, dietro la bocca si trova un particolare organo, il sifone, dal quale l’animale fa fuoriuscire l’acqua che viene pompata all’interno del mantello per la respirazione.
Spingendo l’acqua con forza fuori dal sifone può compiere velocissimi balzi e, se spaventato, gettare una nuvola di inchiostro per confondere il predatore. Cosmopolita, vive in mari caldi e temperati, distribuito in tutto il Mediterraneo, dalle acque costiere fino al limite della scarpata continentale, da 0 fino a 200 m di profondità, si adatta a diversi tipi di ambienti: rocce, barriera corallina o su fondali popolati da piante marine. Compie migrazioni stagionali ritirandosi più in profondità d’inverno, trascorre l’estate in acque meno profonde nei pressi della costa. La femmina depone le uova sul fondo e cessa di nutrirsi per prendersi cura delle uova fino alla schiusa, e spesso non sopravvive. I giovani trascorrono un periodo nel plancton poi migrano sul fondo, loro habitat definitivo. In Mediterraneo si hanno due periodi in cui la deposizione è più attiva, Aprile-Maggio ed Ottobre. Il polpo si nutre di molluschi e crostacei che cattura negli anfratti rocciosi. si pesca con reti a strascico e attrezzi da posta, ami e utilizzando fonti luminose. Alcuni tentativi di allevamento lasciano ben sperare sulle potenzialità di questa specie per l’acquacoltura. Si consuma fresco o congelato, si consiglia di battere le carni per farle risultare più tenere.
La polpessa appartiene al philum dei Molluschi, alla classe dei Cefalopodi. L’immensa famiglia dei Molluschi comprende tipologie di esseri viventi le più disparate che in comune comunque presentano 5 caratteristiche: 1) un capo ove hanno sede i ricettori sensoriali la bocca e una radula per raschiare 2) una regione viscerale ove si trovano il sistema di circolazione sanguigna, lo stomaco, i reni e gli apparati sessuali 3) un mantello che contorna la regione viscerale ove hanno sede le branchie (respirazione), l’ano, le aperture genitali 4) una conchiglia interna o esterna o qualche volta solo un residuo di conchiglia 5) un piede che a mo’ di ventosa permette la deambulazione. I cefalopodi sono tra i molluschi la classe più evoluta. Il piede è scomparso e al suo posto troviamo un sifone ad imbuto, ottimo organo di propulsione. La conchiglia è nelle specie dei polpi scomparsa, in quelle delle seppie inglobata, in quelle dei calamari estremamente ridotta ed inglobata. Il sistema nervoso è oganizzatissimo, tanto da supporre si possa trattare, nel caso dei polpi, di comportamenti o di abitudini dettate da una forma di intelligenza.La polpessa non è la femmina del polpo, ma è specie a sè. Analizzando le caratteristiche strutturali, anche qui noteremo che: > la livrea è costantemente legata al mimetismo dell’animale, anche qui: < mimetismo cromatico, <ma anche mimetismo di comportamento che determina variazioni strutturali del corpo per l’adattamento al substrato, grazie a rugosità e gibbosità variabili del rivestimento: l’animale, privo del residuo di conchiglia, proprio della cugina seppia, riesce a dare forme aderenti ed adeguate al substrato, attuando così forme di camuffamento che ne modificano la struttura; l’assetto è negativo; anche qui la diversità morfologica dei sessi è minima e predefinita: ogni individuo nasce cioè maschio o femmina e tale rimane per tutta la vita. Esaminando le caratteristiche comportamentali del polpo notiamo che: il nuoto: sul fondo è determinato dal trascinamento dei tentacoli su prese del substrato, in acqua libera è scattante per la spinta di reazione dovuta all’espulsione di acqua dal sifone; l’alimentazione è carnivora; l’animale conduce vita solitaria sia in tana che in caccia, ma in determinati periodi la vita diventa di coppia per permettere gli adempimenti della riproduzione e la cura della futura prole nello stadio di incubazione esterna del grappolo di uova. Va ricordato comunque che in molte osservazioni si è notato che il compito della difesa e della costante ossigenazione delle uova viene demandato alla femmina dal maschio che provvede, attraverso la caccia anche all’alimentazione della femmina. Purtroppo però tali osservazioni hanno riscontrato, alla schiusa delle uova, la morte per sovraffaticamento e per inedia di quasi tutte le femmine esaminate, mistero di una vita animale (si fa per dire) tanto violenta quanto dolce. Va ricordata una curiosità riguardante la sua genetica: la composizione del suo sangue in relazione al sistema respiratorio (come quella degli altri cefalopodi) è priva di atomi di ferro (che trasporta 3 molecole di ossigeno) e si compone di atomi di rame (che trasporta 2 molecole di ossigeno). Per tale motivo l’animale si “sfiacca” facilmente e perde rapidamente di reattività, diventando a volte vittima delle sue prede caparbie e resistenti. Gli studiosi concordano che tra tra gli invertebrati marini, sia l’essere più intelligente capace di risolvere problemi derivanti dalla vita in mare. Chissà quanti subacquei hanno appurato questa sua eccezionale dote ! ! ! fonte: http://www.biologiamarina.org/polpessa/
Il moscardino (Eledone moschata) è un mollusco cefalopode che appartiene agli ottopodi, possiede cioè otto tentacoli muniti di ventose, che utilizza per cacciare e per riprodursi, uno di questi tentacoli, infatti, svolge nel maschio la funzione di organo copulatore e viene chiamato ectocotile. Il moscardino ha un corpo ovale a forma di sacco, è molto simile al polpo, anche se presenta una testa più piccola con occhi più sporgenti e i suoi otto tentacoli hanno una sola fila di ventose, anziché due come nel polpo. La sua pelle è liscia di colore grigio-bruno. Ha una lunghezza media di 15-20 cm, e può raggiungere massimo i 40 cm compresi i tentacoli, il suo peso varia dai 100 ai 700 grammi. Si nutre di molluschi bivalvi e di crostacei, e vive al massimo due anni. Il suo nome, moscardino, gli deriva dal fatto che, appena pescato, emana un caratteristico odore di muschio. Zone di diffusione del moscardino E' molto diffuso in tutto il mar Mediterraneo, in Italia si trova soprattutto in Alto e Medio Adriatico, dove la sua pesca rappresenta oltre la metà della produzione nazionale. Predilige i fondali sabbiosi e fangosi e si muove tra i 15 e i 90 m di profondità. Il moscardino viene pescato con reti a strascico e la sua pesca avviene tutto l'anno. A sua volta viene usato come esca, perché le sue carni, come tutte quelle dei cefalopodi, sono ricche di una sostanza cosiddetta luciferina che, a contatto con l'ossigeno disciolto nell'acqua, si ossida producendo una luce verdastra fosforescente che attira i pesci predatori, per questo viene usato maggiormente di notte per cacciare i saraghi. Le carni del moscardino sono ricche di sodio e di potassio e sono molto apprezzate in cucina, specialmente quelle degli esemplari più piccoli, di non più di 10 cm. Il moscardino viene di solito venduto sui luoghi di pesca, ma viene anche commercializzato fresco o congelato nel restante mercato italiano. Una volta acquistato, si consiglia di battere le carni del moscardino per farle risultare più tenere, di eviscerarlo, spellarlo e sciacquarlo bene sotto acqua corrente. Il moscardino si presta a svariate preparazioni, fritto, in umido, stufato con vino bianco e alloro, secondo una tradizionale ricetta marchigiana, o anche come accompagnamento di paste e risotti. Fonte: http://www.cibo360.it/alimentazione/cibi/pesce/moscardino.htm
LA PESCA DEL POLIPO. Alla famiglia dei cefalopodi, appartengono il polipo, il totano, il calamaro e la seppia, tutti oggetto di una intensa pesca professionistica e sportiva, effettuata con sistemi e attrezzi i più diversi. Il polipo è un animale singolare: cammina sul fondo e nuota con agilità; è capace di calarsi letteralmente nella tana, di solito un minuscolo anfratto, dove non si penserebbe mai che il suo corpo possa entrare; è un buon cacciatore che preferisce cercare le sue prede durante la notte o al crepuscolo. Il meccanismo che il nostro protagonista mette in moto quando viene ad essere scoperto, è abbastanza complesso; il tono, il colore e la granulazione della pelle sono tre aspetti della mimetizzazione. Ogni particolare è controllato dal cervello mediante sensori i quali producono l'effetto generale. Conduce una vita solitaria, quasi sempre dentro la sua tana, della quale è molto geloso, che lascia solamente quando deve andare a caccia. I polipi si uniscono d'inverno e depongono le uova in primavera, uova che si schiudono intorno al cinquantesimo giorno. Esistono anche i polipi cosiddetti di fango, che si trovano a qualsiasi profondità, ma in quantità inferiore a quelli di scoglio. Essi si possono catturare con la "puppera", attrezzo simile all'ontru" (v. pesca del totano), dal quale si differenzia perché il piombo è più lungo, perché, alla base, reca grossi ami anziché spilli ed ancora perché utilizza come esca un pesce vero, e non carta speciale. I fondali fangosi, si sa, sono privi di anfratti che possano costituire in qualche modo la classica tana del polpo, che trova quindi un rifugio di ripiego dentro lattina o dentro "menzi bùmmuli" (recipienti di terracotta che i marinai usano per l'acqua potabile, i quali appena rotti, vengono gettati in mare) che, impigliati nelle reti (soprattutto "bulèstrici"), vengono talvolta in superficie con dentro il polipo, "aggattatu" (acquattato). _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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I
crostacei comprendono esemplari molto noti come gamberi, scampi,
aragoste e granchi e altri ugualmente diffusi ma meno conosciuti
come paguri, copepodi, cladoceri, cirripedi, anfipodi e isopodi.
Struttura e locomozione:
http://www.mille-animali.com/animali/invertebrati/crostacei.php
l’aragosta è il crostaceo senza dubbio più famoso ed apprezzato dal punto di vista alimentare. Come tutti i crostacei ha il corpo rivestito da una spessa corazza che costituisce l’esoscheletro, la crescita deve avvenire perciò per mute successive con le quali l’animale si libera della vecchia corazza e ne costruisce una nuova più grande. Può raggiungere dimensioni attorno ai 50 cm ed un peso di 8 kg. Il corpo è provvisto di tredici paia di appendici cinque delle quali vengono usate per camminare, un paio è costituito da lunghe antenne, possiede una coda, il telson, a forma di ventaglio, gli occhi sono situati in cima a peduncoli mobili, non si osservano chele, il corpo e cosparso di spine e tubercoli, la colorazione è rosso violacea con macchie più chiare. vive abitualmente su fondali rocciosi o ghiaiosi, raramente la si può trovare su fondi sabbiosi, a profondità comprese tra 20 e 70 m, può raggiungere i 200 m.
E’ diffusa soprattutto nei mari attorno alla Sardegna, predilige fondali ricchi di anfratti dove si colloca facendo sporgere le antenne, forma spesso colonie con numerosi individui. Durante la muta l’animale è più debole perché rimane privo della corazza di protezione, il suo aspetto non cambia ma il corpo è molle e facilmente attaccabile, si ritira così in una tana dove passa la giornata mangiando conchiglie di molluschi che le consentono di acquisire i sali minerali necessari per la nuova corazza. La riproduzione avviene a fine estate, si possono osservare le femmine con l’addome pieno di uova, le larve nascono al termine dell’inverno, sono planctoniche e raggiungono il fondo, loro habitat definitivo, attraverso una crescita caratterizzata da diversi stadi durante la quale si nutrono di plancton.
Esistono
altre due specie di aragosta in Mediterraneo, Palinurus mauritanicus,
che si distingue per la presenza di numerose chiazze bianche sulla
corazza e per le abitudini di vita, predilige fondali più profondi,
e Palinurus regius, riconoscibile per il corpo di colore verde,
presente lungo brevi tratti della costa meridionale francese e
spagnola, si suppone sia stata introdotta accidentalmente in
Mediterraneo. si
pesca con reti da posta, tremagli e con grandi nasse, l’aragosta
viene mantenuta viva fino al momento della vendita, gli individui
freschi sono riconoscibili per i colori vivaci. si
consuma fresca
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Gambero è il nome generico di molti crostacei decapodi, di media dimensione, commestibili. Ha addome allungato alla fine del quale si trova la coda che consente all’animale di indietreggiare rapidamente. Si è soliti distinguere i gamberi dai gamberetti in base alle dimensioni (20 cm circa i primi, 7 cm circa i secondi). I gamberi di mare si distinguono in bianchi (colore rosso chiaro) e rossi (vivono a maggiori profondità rispetto ai primi). Vi sono poi i gamberi d’acqua dolce, astacus astacus, pescati nei fiumi e simili a piccoli astici.
I gamberi utilizzati in cucina possono essere diversi in base all’uso a cui sono destinati. Si possono trovare i gamberi indiani (Parapenaeopsis stylifera), provenienti dall’Oceano Indiano, utilizzati per la realizzazione di insalate e preparati per risotti, di medie dimensioni, solitamente sgusciati e gustosi. A questi si aggiungono i gamberetti boreali (comunemente chiamati gamberi gobetti) (Pandalus borealis) per la realizzazione di fritti, solitamente utilizzati con il loro carapace per racchiudere all’interno tutte le caratteristiche e il gusto del gamberetto. Vive nell’Oceano Atlantico e nei mari della Groenlandia. E infine le mazzancolle tropicali (Peneus vannamei) per realizzare pregiati antipasti e insalate di mare, ma anche fritti di pesce. Di dimensioni più grandi rispetto ai gamberi, ha un gusto molto delicato e raffinato. Vive nei fondali fangosi. E’ comunemente allevata in Indonesia e in Tailandia.
Nel Mediterraneo con il nome di gambero rosso vengono di solito identificate due specie, Aristeus antennatus, detto anche gambero imperiale, ed Aristeomorpha foliacea. Le due specie sono molto simili, per forma colore ed abitudini di vita. Si tratta di due gamberi dal colore rosso vivo, con un carapace robusto munito di spine, cinque appendici natatorie con l’ultimo segmento addominale che termina con una coda a forma di ventaglio, che possono raggiungere dimensioni massime di una ventina di cm. La distinzione di una specie dall’altra è difficile, è possibile contando i denti che si trovano sul rostro, al di sotto del quale si trovano gli occhi peduncolati, che sono tre in Aristeus e cinque o sei in Aristeomorpha. I gamberi rossi vivono in gruppi numerosi a profondità comprese tra 200 e 1000 m. Con il termine gamberetto si intende invece un sottogruppo dei gamberi che si differenziano da questi per le loro dimensioni inferiori (sotto i 10 cm); i gamberetti possono essere sia di mare che di fiume. Quelli più diffusi nei mari europei sono i Palaemon serratus, lievemente schiacciati lateralmente; di colore trasparente, con sfumature grigie-marroni. I gamberi e i gamberetti vengono commercializzati sia freschi che surgelati o precotti; i gamberi sono ricchi di proteine e poveri di grassi, forniscono inoltre un buon apporto di Sali minerali. http://www.rivamar.it/pescapedia/gambero.html
Con il nome di gambero rosso vengono di solito identificate due specie, Aristeus antennatus, detto anche gambero imperiale, ed Aristeomorpha foliacea. Le due specie sono molto simili, per forma colore ed abitudini di vita. Si tratta di due gamberi dal colore rosso vivo, con un carapace robusto munito di spine, cinque appendici natatorie con l’ultimo segmento addominale che termina con una coda a forma di ventaglio, che possono raggiungere dimensioni massime di una ventina di cm.
La distinzione di una specie dall’altra è difficile, è possibile contando i denti che si trovano sul rostro, al di sotto del quale si trovano gli occhi peduncolati, che sono tre in Aristeus e cinque o sei in Aristeomorpha. vivono in gruppi numerosi a profondità comprese tra 200 e 1000 m, si nutrono prevalentemente di organismi vegetali od animali morti o in decomposizione. Si riproducono in primavera ed estate, i maschi hanno il rostro più lungo delle femmine. Nel Mediterraneo si trovano in Mar Ligure, in Sardegna, Sicilia e nello Ionio. si pescano con reti a strascico, con barche dotate di sofisticate attrezzature per la conservazione. si consumano freschi ed hanno carni eccellenti , molto apprezzata dai mercati, mantiene un costo elevato, si possono confondere facilmente con una specie atlantica, Plesiopenaeus edwardsianus, che si distingue per una appendice che assomiglia ad una piuma
Descrizione: Corpo gamberiforme, compresso lateralmente; colore rosso brunastro con sfumature violacee, rostro corto poco in avanti rispetto agli occhi con 10-11 denti superiori ed un solo dente inferiore, due lunghe antenne filiformi, presenta sei segmenti di carenatura, l�ultimo dei quali termina con una spina. Dimensioni medie attorno ai 12 cm, max 20-25 cm. La femmina, al contrario di altri crostacei che portano le uova sulle appendici addominali, le depone sul fondo immerse in una sostanza gelatinosa.
Riproduzione: Deposizione delle uova in primavera ed
estate. Ermafroditismo proterandrico (maschio nel primo periodo
della vita e poi femmina).
Area di pesca:
Mediterraneo.. Predilige fondali sabbiosi e fangosi di basse
profondita'.
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Questo crostaceo che può raggiungere dimensioni notevoli, il corpo può misurare fino a 25 cm di lunghezza e 18 di larghezza. È un granchio dalle zampe decisamente sproporzionate rispetto al corpo. Il corpo è a forma di cuore e bombato con dentellature lungo il margine laterale che terminano con due denti cuneiformi più sporgenti nella parte anteriore, tutto il dorso è rugoso con spini e tubercoli più o meno sporgenti. Possiede cinque paia di zampe di cui quattro servono per il movimento ed un paio terminano con due robuste chele. Il colore è di solito giallo rossiccio, ma può variare da individuo ad individuo con sfumature rosse o marroni, a seconda del luogo in cui vive. I sessi sono separati ed il maschio è più grande della femmina. solitamente vive su fondali sabbiosi e detritici fino a 100 m di profondità dove si mimetizza rimanendo immobile, ma è facile trovarlo anche a profondità inferiori su fondali rocciosi , nei quali si nasconde in mezzo alla vegetazione o nelle fessure. si pesca con nasse tremagli e reti a strascico, la pesca di questo granchio è tradizionale in Alto Adriatico. viene consumato fresco e può essere mantenuto in vita in vasche fino alla vendita.
Portunus pelagicus. Il granchio americano, l'aragosta dei poveri.
Storiella catanese. Pau Amma — racconta Kipling nella favola «Il granchio che giocava con il mare» — era un enorme granchio creato dal Mago dei Maghi insieme a tutti gli altri animali, ognuno dei quali doveva rendersi utile all'animale preferito dal Mago: l'uomo. Ma a Pau Amma la cosa non andava a genio perché, pur di non avere a che fare con l'uomo, preferì svignarsela in mare, approfittando della confusione. In tal modo, però, Pau Amma divenne un ribelle e di conseguenza venne punito severamente dal Mago, che, privandolo per un certo tempo della sua corazza, lo espose al rischio di essere divorato dai predatori. La mancanza di corazza lo costrinse pertanto a rimanere, per qualche tempo, «nudo» e nascosto tra gli scogli, fino a quando una nuova corazza, cresciuta nel frattempo, non lo avesse protetto.
Certo è che, anche se nascosto, il povero Pau Amma corre certi rischi!... Ma, uscito dal suo nascondiglio, preferisce montare la guardia alle patelle, anziché stare al servizio dell'uomo. E noi siamo perfettamente d'accordo! Alle patelle, che piantate sugli scogli sembrano fare la figura degli scansafatiche («dormi patedda, c'a aranciu vigghia!») , fa da contrasto la vivacità del piccolo Pau Amma , che il nome di granchio corridore se lo merita davvero. Le piccole patelle, che vediamo saldamente attaccate agli scogli, contrastano in grossezza con quelle che, in questo luogo, produce il fondo marino: le cosiddette «pateddi 'i ninnali», grosse quasi come un «occhio di bue!» . Sappiamo che per circa un ventennio è stato un grosso rischio mangiarle, data la cospicua presenza in mare di prodotti inquinanti. Però oggi ciò è possibile, perché le condizioni del mare sono migliorate, grazie ad una più attenta tutela dell'ambiente. E poi anche perché il nostro Pau Amma è inoffensivo, rimanendo nascosto tra gli scogli, non soltanto per farsi crescere la corazza, ma anche per evitare i bagnanti impiccioni e fastidiosi. tratto da "Luci sulla scogliera" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania
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crostaceo dal corpo allungato con la parte anteriore, il carapace, robusto munito di rostro dentellato ai lati del quale si trovano gli occhi, possiede due paia di antenne di cui un paio lunghe ed un paio più corte bifide. Possiede quattro paia di braccia e l’addome termina con una sorta di coda che si apre a ventaglio. Il colore è rosa con macchie bianche ed arancio. Della stessa famiglia dell’astice, si distingue per le minori dimensioni, per la forma delle chele, lunghe e sottili, e per il diverso colore. Il maschio è più grande della femmina, può raggiungere una lunghezza massima di 25 cm, comunemente si pesca attorno ai 10- 20 cm. I sessi sono separati, il maschio si può distinguere per la presenza sotto l’addome di due appendici a forma di spina, gli organi copulatori, la femmina porta le uova sotto l’addome fino alla schiusa e le larve sono planctoniche. tra 20 e 800 m di profondità, vive nascosto in gallerie che scava sul fondo, per questo predilige fondali con sabbia compatta, si muove di notte per alimentarsi catturando piccoli organismi: altri crostacei ed anellidi. si pesca con reti a strascico, rapidi e reti da posta, le migliori zone per la pesca si trovano nel Medio Adriatico e in Mar Tirreno. si consuma fresco ed ha carni eccellenti di notevole pregio, molto apprezzato dai mercati, ha un costo elevato, spesso la pesca nazionale non è in grado di soddisfare le richieste del mercato per cui vengono venduti scampi congelati pescati in altri mari. E' commercializzato fresco, refrigerato o congelato. Gli scampi vengono spesso venduti ancora vivi per assicurarne la freschezza. Annusandoli non deve sentirsi odore di ammoniaca e accertarsi che la testa non sia annerita. Il colore deve essere uniforme, la presenza di chiazze scure indicano che non è fresco. La perdita di freschezza si manifesta soprattutto con l'inflaccidimento dei muscoli addominali che prendono un colore verdastro. Gli occhi devono essere gonfi e di un colore nero molto profondo. Come conservare Devono essere consumati o congelati il prima possibile. È possibile conservarli in frigorifero, ben coperti da pellicola alimentare o chiusi in un sacchetto freezer, per 1 giorno al massimo. Se sono molto freschi, è possibile anche congelarli, a -18°C, in appositi sacchetti ben chiusi, avendo l’accortezza di eliminare quanta più aria possibile. Si può così conservare 3 mesi.
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L'astice o astaco è un crostaceo di notevoli dimensioni dotato di due grosse chele, una più grande dell'altra. Ha due paia di antenne posizionate vicino agli occhi: le prime più piccole, le altre invece lunghe quanto tutto il corpo. Presenta un corpo liscio e robusto, di colore blu con striature gialle sul dorso; con due sole spine dietro gli occhi. L'astice è mediamente lungo 30 centimetri, ma può raggiungere anche i 50/60 centimetri. Il suo peso varia da 400 grammi fino ai 2 chilogrammi. L'età di astici e di aragoste si calcola in base al peso: ogni chilogrammo corrisponde a 15-20 anni. Questo crostaceo ha una vita media di un centinaio d'anni ma è assai raro trovare esemplati che vadano oltre quella soglia. L'astice preferisce i fondali di sabbia e roccia fino ai 100 metri di profondità, dove ricava tane scavate sul fondo oppure si rifugia in fenditure o grotte, da cui esce di notte a caccia di molluschi.
I tentativi allevamento di questo crostaceo non sono andati a buon fine a causa delle sue aggressive abitudini territoriali. Nel nostro paese viene pescato prevalentemente in estate nell'Adriatico settentrionale, con nasse e tremagli ma anche con reti a strascico. L'astice, assieme all'aragosta è uno tra i crostacei più richiesti in Italia, e per questo motivo è stata introdotta nei nostri mercati una specie di provenienza atlantica di minor pregio, la Homarus americanus, riconoscibile dal colore uniforme e privo delle marmorizzature dorsali. Un altro segnale per distinguerli è l'elastico che tiene chiuse le chele, per evitare che durante il trasporto aereo oppure nei periodi di mantenimento nelle vasche, gli animali si uccidano tra di loro.
Un gambero di fiume alla Pescheria di Catania
Caratteri distintivi: lunghezza fino a 120 mm. Corpo schiacciato. Antenne appiattite e antennule con flagelli corti. Colore castano scuro con strisce arancioni nelle articolazioni tra i segmenti addominali; pereiopodi ad anelli giallastri e scuri intervallati. Si può confondere con S. caparti e S. pygmaeus, dalle quali si distingue, oltre che per le dimensioni maggiori che può raggiungere, per le creste, tubercoli e denti su torace e addome. Biologia e habitat: vive tra i 5 e i 50 m di profondità su praterie di Posidonia oceanica e su fondali rocciosi o fangosi. Distribuzione in Italia: specie presente in tutte le acque marine costiere italiane. Presenza nella zona di studio: rinvenuta poco frequentemente spiaggiata lungo la costa adriatica fanese. A volte viene chiamata Cicala di mare anche la Pannocchia (vedasi sotto)
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la
pannocchia, detta anche canocchia o cicala di mare in alcune parti
d'Italia, è un crostaceo
che si trova lungo tutte le coste del Mediterraneo. Può
raggiungere eccezionalmente dimensioni di 20 cm, di solito è comune
da 12 a 18 cm. Il
corpo come quello di tutti i crostacei, è costituito da una
corazza, è di colore bianco grigiastro con riflessi rosati, di
forma allungata. Sul
capo si trovano due paia di antenne mobili, sul paio esterno più
corto si trovano gli occhi. Sulla
parte terminale del dorso si trovano due macchie simili ad occhi. vive su fondali sabbiosi
o fangosi fino ad un centinaio di metri, si trova più facilmente a
profondità inferiori ai 50 m, molto comune in Adriatico.
Vive in gallerie che scava nel fondo marino dalle quali esce nelle ore notturne per cacciare, è un animale solitario. Nella tana avviene anche la deposizione delle uova che sono sorvegliate dalla femmina fino alla schiusa, le fasi larvali sono planctoniche. si cattura più facilmente dopo forti mareggiate che provocano la distruzione delle tane e nelle ore notturne, soprattutto con reti a strascico. si deve consumare fresca per evitare un processo di disidratazione rapida che svuota completamente l’animale pescato. Vive a lungo dopo la cattura ed è consigliabile acquistarla viva per essere sicuri della freschezza.
poster
proveniente da
http://www.colapisci.it/Cola-AltriAmici/walter/poster/hannopresoungranchio.htm
clicca per vedere
l'originale
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