La
spigola è un pesce dal corpo robusto e allungato che può
raggiungere un metro di lunghezza e un peso di
E’ un pesce solitario da adulto e gregario da giovane; è un veloce predatore che si nutre di pesci, soprattutto latterini, crostacei e cefalopodi. La riproduzione avviene nei mesi invernali, tra gennaio e marzo: dalle uova dopo soli 3 giorni di incubazione si schiudono le piccole larve. La spigola è un pesce che vive su fondali di vario tipo e, tollera sbalzi di salinità, penetra spesso nelle lagune ed è in grado di risalire i fiumi. È diffusa in Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico orientale e in Mar Nero. La spigola vaga da sola o in gruppo lungo la costa rocciosa predando soprattutto nelle ore notturne; questa specie è fra le prede più ambite dai pescatori sportivi.
una spigola circondata da grossi saraghi alla Pescheria di Catania
La spigola viene pescata con reti da posta, lavorieri e tremagli, ma anche con lenze e raramente con reti a strascico. E' considerata una delle specie più pregiate ed è oggetto di allevamento intensivo (vasche e gabbie) ed estensivo (lagune e valli) in acque marine e salmastre, anche a bassa salinità. I lavorieri sfruttano le migrazioni delle spigole tra le acque delle lagune ed il mare. Negli impianti di produzione, grazie ai mangimi e all’opportunità di allevare i pesci a temperature più elevate, è possibile avere spigole di taglia commerciale o da porzione intorno ai 350 grammi dopo 2 anni a partire dalla schiusa delle uova. I principali poli produttivi sono nell’Alto Adriatico, nella laguna di Orbetello e negli stagni sardi. La spigola è uno dei pesci più ricercati per l'ottima carne. E’ un pesce bianco, come l’orata, il rombo ed il San Pietro; per il pesce bianco di alta qualità la preparazione al cartoccio o arrosto è la migliore. In Veneto la spigola viene utilizzata per i risotti, con una foglia di alloro ed uno spicchio d’aglio. La spigola viene commercializzata fresca e congelata. Possiamo distinguere diverse tipologie di spigole: le spigole selvatiche, che vivono in mare e sono pescate in piccole quantità sia dalla pesca sportiva, sia con ami e reti da posta in modo professionale, sono di ottima qualità, anche se il sapore è diverso da una zona all’altra. Le spigole che vivono nelle lagune, valli da pesca e stagni sardi hanno un’alimentazione naturale e sono catturate quando tornano al mare per la riproduzione. Sono ottime e hanno sapore diverso in funzione della salinità delle acque: sono molto delicate quelle delle valli a bassa salinità e hanno un gusto più saporito quelle degli stagni sardi. Vi sono poi le spigole allevate le cui caratteristiche organolettiche dipendono dall’ambiente dove si allevano (vasche in terra, vasche in cemento o gabbie in rete), dal tipo ed intensità di alimentazione, dalla densità dei pesci nelle vasche e dalla dimensione. Ciò spiega perché le spigole di allevamento possono avere prezzi diversi. Si sta facendo strada in diversi produttori l’esigenza di marcare ogni singolo pesce per dare al consumatore la possibilità di individuare la provenienza del prodotto.
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Il sarago è un pesce dal corpo ovale, alto e compresso lateralmente; la bocca è leggermente protrattile e munita su ciascuna mascella di 8 incisivi nella parte anteriore; la forma dei denti rivela le abitudini alimentari del sarago, che utilizza i molari per sbriciolare il corpo delle prede. La colorazione del dorso è grigio-brunastra, argentea sui fianchi e più chiara nel ventre. Sulla nuca è evidente una caratteristica banda scura che scende fino all’altezza degli opercoli; è questa la caratteristica che lo distingue da altre specie di saraghi.Lungo i fianchi si notano 7-9 linee dorate e sulla coda è evidente una fascia nera; le pinne ventrali sono nere mentre le altre hanno colorazione grigia. Il sarago è facilmente distinguibile dalle altre specie simili: il sarago faraone (Diplodus cervinus cervinus) ha 5 larghe bande scure sui fianchi; il sarago maggiore (Diplodus sargus sargus) presenta 8-9 fasce trasversali scure sui fianchi, ed è tra i saraghi il pesce più pregiato.
Il sarago comune è una specie di taglia medio piccola, di norma
infatti ha una lunghezza di
La maturità sessuale viene raggiunta dopo 2 anni di età. Il sarago è comune in Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico ed è presente in tutti i mari italiani; vive in prossimità delle coste sabbiose e rocciose, da qualche metro fino a 70 m di profondità; i giovani si trovano spesso vicino a substrati ricchi di alghe e sulle praterie di Posidonia. Ha abitudini gregarie e vive in piccoli branchi. Pesce molto comune nel Mediterraneo, è soprattutto presente in Sicilia, Sardegna ed in Tirreno, dove gli esemplari hanno dimensioni maggiori. La pesca del sarago è fatta con attrezzi da posta quali nasse, palangari di fondo, con lenze, reti da posta, è pescato principalmente nel Tirreno, in Sardegna ed in Sicilia. Il sarago è un pesce dalla carne saporita e molto digeribile che si trova sempre sui mercati, del Tirreno e della Sardegna, dove viene venduto fresco, ma è commercializzato anche congelato. Se trovate un sarago di buone dimensioni vale la pena prepararlo al sale (al forno).
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A questo genere appartengono quattro specie mediterranee italiane, Diplodus annularis, D. sargus, D. vulgaris e D. cervinus Una caratteristica da rilevare di questo genere è l'ermafroditismo. Non si tratta di ermafroditismo vero e proprio ma piuttosto di uno stato di transizione tra l'ermafroditismo e il gonocorismo. Infatti negli stadi giovanili i saraghi presentano quasi sempre una gonade bisessuale con una porzione ovarica e una testicolare. Negli stadi successivi di sviluppo in genere solo una delle due porzioni si evolve e arriva a maturazione mentre l'altra regredisce e si atrofizza o subisce un'inversione.
Aspareddi
E' il più piccolo e il più comune di tutti i saraghi. Corpo ovale, compresso, alto. Bocca poco ampia, lievemente protrattile. Mascelle uguali munite di otto denti incisivi a cui fanno seguito dei molari arrotondati messi su diverse file, Una sola pinna dorsale con 11 raggi spinosi e 12-13 molli. Anale bassa e corta con tre spine ventrali con una spina. Pettorali lunghe e a punta. Codale abbastanza forcuta. La colorazione è giallo dorata sul dorso con delle strisce nerastre verticali che sono più o meno nette e possono anche non esserci. Le pinne anali e ventrali sono talvolta giallo-arancio vivo E' caratteristica la macchia nera sul peduncolo codale che da il nome alla specie (annularis). Pesce essenzialmente costiero che si ritrova in zone scogliose, nei porti e nelle praterie di posidonie. In primavera entra nelle lagune salmastre. Nei mesi da aprile a giugno gli adulti sono maturi per la riproduzione e depongono uova galleggianti che spesso vengono trascinate molto al largo dalle correnti. Gli stadi post-larvali lunghi da 9 a 15 mm. sono stati trovati nei mesi di maggio-giugno, anche a 10 km. di distanza dalla costa, in mezzo alle alghe galleggianti, ma emigrano rapidamente verso terra e le forme giovanili da 30 mm. in su sono talvolta pescate con gli sciabichelli da spiaggia nei mesi di giugno-agosto.Si nutre di vermi, di piccoli crostacei o piccoli molluschi. Dimensione massima a 18 cm.Abbocca facilmente alle lenze, e si cattura anche con nasse, tramagli e sciabichelli.Comune in tutto il Mediterraneo compreso il Mar Nero.
Si distingue da Diplodus per la forma del muso che è molto acuminata, con profilo concavo e per i denti incisivi Ha forma ovale, compressa lateralmente e con profili dorsali e ventrali arcuati. La testa è obliqua e relativamente piccola; il suo profilo è caratteristicamente incavato ed il muso è lungo ed appuntito. L'occhio è circolare e piccolo. La bocca è terminale, piccola e obliqua, con mascelle uguali e prominenti. I denti, sono disposti in una sola fila su ogni mascella; gli incisivi sono otto, lunghi, taglienti e inclinati fortemente in avanti. Vi sono anche dei molari molto piccoli e non sempre distinguibili. La pinna dorsale è unica con la prima parte dotata di 11 raggi spinosi (il primo molto più piccolo degli altri) che escono dalla membrana interradiale; la seconda parte ha 13-14 raggi molli di altezza costante, che giungono quasi al peduncolo caudale. L'anale, bassa e non molto estesa, ha 3 raggi spinosi forti (il primo è più corto) e 11-13 raggi molli; è inserita leggermente più indietro della parte molle della dorsale e finisce più in prossimità del peduncolo caudale. La pinna caudale (17-19 raggi) è grande, un po' forcuta e con lobi appuntiti. Le pettorali ( 15-16 raggi) sono lunghe e appuntite. Le ventrali (1 raggio spinoso e 5 molli) sono meno lunghe delle pettorali.
La colorazione è grigio argenteo, leggermente più scura dorsalmente e più chiara ventralmente. Ha delle bande nere verticali più o meno larghe che variano da un minimo di 7 a 10-11. Sul peduncolo caudale si trova una grossa macchia nera ad anello. Unì'altra macchia nera si trova all'ascella e alla parte superiore della base delle pettorali. Le pinne sono grigiastre, spesso orlate di nero, specialmente per la caudale. Abita le zone scogliose e a volte sabbiosi del litorale dalla costa, fino ai 40-50 metri di profondità; non è raro incontralo su fondali bassi. Si sposta solitario a mezz'acqua e raramente si lascia avvicinare; più raramente si trova tra le spaccature degli scogli o in tana. La riproduzione avviene da settembre a ottobre e le sono uova pelagiche galleggianti. Si nutre di piccoli organismi animali e di alghe. La pesca è occasionale con tramagli, sciabiche, lenze fisse e palangresi galleggianti. La carne è ottima, bianca e compatta. La taglia media degli adulti è tra i 30 e i 40 cm, con peso superiore al kg; a volte supera i due chili di peso. Vive in tutto il Mediterraneo.
Molto simile al sarago, la tanuta Spondyliosoma cantharus (Linnaeus, 1758) si riconosce per una livrea grigia con delle linee longitudinali gialle ed azzurre marcate nelle femmine e nei giovani. I maschi adulti invece acquistano un colore tendente al blu con fasce scure sul dorso ed una macchia scura sull’occhio. La tanuta e’ un pesce che abita il Mar Mediterraneo ed il mare del Nord. I giovani vivono prossimi alla costa vicini alle praterie di Posidonia. Gli adulti sono meno costieri e scendono a vivere piu’ in profondità vicino a secche al largo o nei pressi di scogli che si elevano dal fondale. La tanuta puo’ arrivare a misurare sino a 60 cm e pesare sino ad 1,5 Kg Diversamente dagli altri sparidi, famiglia di cui fa parte, la tanuta non depone uova pelagiche ma in un nido costruito dal maschio. Le uova aderiscono al substrato sino al momento della schiusa (fine primavera, inizio estate). Si tratta di un ermafrodita proterogino cioè nasce femmina per diventare maschio con la maturità. Inversione di sesso si verifica a circa 24,3 centimetri. La tanuta si nutre di piccoli invertebrati come piccoli crostacei e policheti. La pesca della tanuta Come per gli altri sparidi, la cattura della tanuta avviene con le reti da posta o ai palamiti. Viene invece ricercata dai pescatori sportivi a bolentino innescando sardine, pezzetti di calamaro o gamberetti. La tanuta al mercato Non essendo un pesce di grande pregio la tanuta non supera quasi mai i 10 euro al Kg anche in periodi di alta stagione. A volte il pesce viene spacciato per sarago o addirittura per orata. In genere comunque la si acquista a 5/6 euro al Kgsoprattutto se di medie dimensioni. Qualità nutrizionali della tanuta La tanuta è un pesce dalle carni bianche e apprezzate, anche se purtroppo ancora non molto richiesto sui nostri mercati. La ricetta TANUTA AL SALE GROSSO: Ingredienti per 2 persone :1 tanuta grande limone prezzemolo erba cipollina timo cipolla maggiorana aglio sale grosso q.b. Procedimento: Pulire e lavare il pesce senza squamarlo. Cospargere la teglia con uno strato di circa 1 cm di sale grosso. Riempire il ventre della tanuta con un trito di prezzemolo, erba cipollina, timo, maggiorana, aglio, cipolla e qualche fetta sottile di limone. Disporre il pesce nella teglia e coprirlo completamente con il sale grosso. Cuocere in forno a 180 gradi per circa 30 minuti e servire. https://www.ilgiornaledeimarinai.it/la-tanuta-o-cantaro/
Una grossa Tanuta, una spettacolare triglia e due splendidi pagelli al porticciolo di San Giovanni Li Cuti
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Il dentice è un pesce conosciuto fin dall’antichità per le sue ottime carni; è uno Sparide dal corpo alto, robusto e compresso; il capo è massiccio, con profilo dorsale quasi rettilineo nei giovani e arrotondato negli adulti. Una caratteristica peculiare del dentice è quella di avere 4 grossi denti canini ben evidenti su entrambe le mascelle. Possiede pinne pettorali appuntite e lunghe di colore rosato; la pinna dorsale è bruno rosata, mentre le ventrali sono giallognole. La colorazione è grigio azzurra, iridescente sul dorso, con numerose macchie scure e con riflessi argentati lungo i fianchi; soprattutto sul capo sono presenti macchiette più scure e altre color azzurro vivo. I giovani esemplari hanno una sfumatura rosea che diventa azzurra con il tempo.
Può raggiungere il metro di lunghezza e i 12 Kg di peso, ma comunemente è circa 30 cm. Il dentice è un predatore e si nutre di molluschi cefalopodi e di pesci. La riproduzione avviene in primavera (marzo-maggio). Specie di aspetto simile sono il dentice corazziere (Dentex gibbosus), che ha i primi due raggi della dorsale molto piccoli e i restanti lunghi e filamentosi; il dentice occhione (Dentex macrophthalmus) è invece riconoscibile per i grandi occhi e per il colore del corpo rossastro e privo di macchie. Il dentice è una specie demersale, comune in Mediterraneo, Mar Nero e nell’Atlantico orientale; pesce solitario vive in prossimità della costa su fondi rocciosi, sabbiosi e in praterie di Posidonia, a profondità variabili dai 15 ai 160 m; solo allo stadio giovanile vive in gruppi preferibilmente su fondi molli e ricchi di alghe e presenta una colorazione rosea che perde man mano durante l'accrescimento. Gli adulti preferiscono le scogliere e in inverno scendono a maggiori profondità, fino a 200 m. Discrete quantità di dentice vengono catturate in mare lungo tutte le nostre coste con reti da posta, nasse e con lenze da fondo; raramente viene pescato con reti a strascico. E’ una preda ambita dai pescatori subacquei. Si tenta,finora solo a livello sperimentale, di allevare il dentice in Italia.
LA LACCIARA. Sappiamo che ancora oggi in mancanza dell'ecoscandaglio, per conoscere la profondità dei fondali, si fa riferimento al "sinnu". Ma di notte e con scarsa visibilità il riferimento diventa impossibile, per cui bisogna necessariamente scan-dagliare come si faceva una volta. Per tale operazione si fa ricorso ad un si-stema alquanto semplice che consiste nel calare in mare una pietra, detta "màzzira", legata ad una cordicella e, man mano che la pietra chiama, si dà corda, misurando a braccia, fino a quando detta pietra non giunge sul fondo. Detto attrezzo di misura si chiama "scannagghiu" e serve soprattutto alla rete cosiddetta "lacciara", la quale porta poco piombo, perché deve funzionare da veicolo, e quindi riesce a pescare solo in presenza di correnti. Essa è formata da due elementi: quello superiore è composto da una rete semplice di circa dieci metri d'altezza e serve da vela a quella inferiore alla quale è legata. Questa seconda rete, di metri 1,50 circa d'altezza, è formata da due pareti di maglia di circa dieci centimetri di lato, dentro le quali è ubicata una rete di maglia più piccola. Come si può intuire, una trappola mortale! _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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Rassomiglia sia al dentice che all'orata. Le squame sono più grandi e più forti (55-60 nella linea laterale). Il corpo è ovale, compresso con testa robusta a profilo bruscamente discendente e con bocca terminale inferiore. Gote e opercolo sono coperti di squame. Nella mascella superiore vi sono anteriormente diverse file di piccoli denti cardiformi, contornati esternamente da canini più robusti, di cui i quattro anteriori sono più forti e sviluppati; nei lati e posteriormente si osservano invece due file di molari, di cui i centrali più grossi. Nella mandibola dietro una fila esterna e anteriore di sei canini ben evidenti, vi sono due o tre serie di piccoli denti cardiformi che si trasformano posteriormente in due serie di molari di diversa grandezza. Negli esemplari adulti si rileva talvolta una terza fila di piccoli dentini paralleli ai molari. Esiste una sola pinna dorsale la cui parte anteriore è formata da 12 raggi spinosi. Tre spine sono nell'anale, la pettorale è falciforme e la codale forcuta. La colorazione è rosso violaceo sul dorso. giallo oro ventralmente e lateralmente. Nei giovani dominano più le tinte argentee. Le punte della codale sono bianche e l'orlo centrale dell'incavatura nero. Nelle forme giovanili è caratteristica un macchia nera alla fine della pinna dorsale. E una specie non molto comune sulle coste italiane. Vive nelle zone litorali in prossimità del fondo, soprattutto dove si accumulano detriti di alghe e di posidonie tra i fondali arenosi e quelli rocciosi. Nell'inverno si allontana dalla costa e si stabilisce sul ciglio della scarpata continentale mentre in estate si avvicina, durante il periodo della riproduzione, ed è rinvenibile sulle secche a coralline in profondità non inferiori ai 15 metri circa. La riproduzione avviene nei mesi estivi, vicino alla costa. Le uova sono pelagiche e gli stadi larvali e postlarvali, planctonici. Gli esemplari da 7 a 10 cm di lunghezza hanno una fascia azzurra tra gli occhi che talvolta si mantiene anche in esemplari un po' più grandi. Si nutre di molluschi e crostacei, a volte di alghe. Si pesca con lo strascico e con i palangresi da fondo. Raggiunge anche i 75cm. La carne è ottima Comune nel Mediterraneo centrale e occidentale.
LA PESCA DEL PAGRO. È noto come quasi tutti i pesci d'altura vengano a deporre le uova vicino alla costa. In uno di questi momenti — siamo negli anni settanta — una barca con "bulèstrici" ebbe la ventura di catturare — nel tratto di mare compreso tra Ognina ed Acicastello — ad una profondità tra i 70 e i 200 metri, una notevole quantità di "pàuri". Il fatto del tutto eccezionale suggerì ai pescatori di munire le loro barche di reti più idonee di quanto non fossero i "bulèstrici" stessi. Per questo, in meno che non si dica, si fabbricò un tipo di rete simile alla "palummara" e con essa vennero catturati enormi quantità di pagri. In pochissimi giorni fu il classico "ccu sutta e ccu supra" (parapiglia) a determinare grande confusione e persino non pochi dissidi, dato che le reti vennero messe in mare letteralmente l'una addosso all'altra, in quanto la presenza dei pagri era limitata ad uno specchio di mare molto ristretto. Dopo la classica "pesca miracolosa", la cattura del pagro si fece sempre più scarsa, non essendo questo pesce così prolifico come lo è invece il pesce azzurro. Pur nondimeno qualcuno pesca ancora "a pàuri" nella speranza, mai sopita, di catturarne buone quantità, per potersi rifare delle tante "battute" a vuoto. Se oggi la pesca del pagro è scarsa, pensiamo che ciò non sia da addebitare all'imprudenza dei marinai i quali, per la verità, usarono - ed usano tuttora - reti con maglia abbastanza grande da lasciar passare i pesci più piccoli e permettere così la naturale riproduzione. Il pagro è un pesce molto apprezzato per la qualità delle sue carni. Tale pregio è messo in risalto da un detto rivolto a qualcuno cui è sottratta (o guastata) qualcosa ritenuta importante, ma in effetti di valore irrisorio. Alle rimostranze più o meno vibrate dell'interessato, si cerca - con tono di sufficienza - di minimizzare il fatto, rispondendo: "Teni a ccura ppa fedda 'o pàuru!..." (Ti stai comportando come se ti avessero sottratto una fetta di pagro!...). _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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L’occhiata è un pesce appartenente alla famiglia degli Sparidi simile al sarago, ma dal corpo più allungato, dal profilo ellittico e con una evidente macchia nera a forma di sella sul peduncolo codale, orlata di bianco anteriormente e posteriormente. Il diametro degli occhi è circa metà dell’altezza del capo; la bocca è obliqua, con labbra molli; nel tronco si notano sottili linee longitudinali grigie e la linea laterale è scura. Le pinne pettorali sono acute e se ripiegate in avanti superano di poco la lunghezza del capo; i lobi della coda sono appuntiti e la linea laterale e ben marcata. E’ un pesce di taglia medio piccola, di circa 20 cm e la sua colorazione è grigio-argentea.
Quando
si riproduce, da aprile a giugno, assume un colore bruno violetto
scuro; i sessi sono separati, ma ci sono casi di ermafroditismo.
L’occhiata è un pesce onnivoro, che si nutre in prevalenza di
piccoli invertebrati come crostacei, molluschi e vermi e anche di
alghe. L’occhiata è un pesce costiero che vaga in gruppo lungo le coste rocciose, su fondi sabbiosi e nelle praterie marine, fino a 40 m di profondità; nuota a mezz’acqua e spesso si avvicina alla superficie. I giovani, lunghi pochi centimetri, si trovano frequentemente in superficie nella zona di risacca. E’ una specie comune in tutto il Mediterraneo e nei mari italiani, soprattutto in Sicilia ed in Adriatico. L’occhiata viene pescata con nasse, tremagli, sciabiche, lenze e palamiti. L’occhiata ha carni di buon pregio, ma un po’ asciutte; ha un modesto valore commerciale e per questo il suo prezzo è abbastanza contenuto. Viene venduta fresca ed è più richiesta nel Sud Italia. |
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L’orata è un pesce dal corpo ovale con testa appiattita; si distingue dalle altre specie di Sparidi per la fascia dorata, da cui prende il nome, molto evidente sul capo; sul margine superiore dell’opercolo c’è una grande macchia bruna. La colorazione del dorso è grigio chiaro, i fianchi sono argentei con strisce brune e giallastre alternate. L’orata vive isolata o in branchi non molto numerosi; è una specie ermafrodita e in particolare sviluppa prima gli organi maschili e successivamente quelli femminili. Questo fa si che gli individui intorno ai 20-30 cm siano di regola maschi, mentre quelli di taglia superiore sono femmine. Si nutre di molluschi e crostacei che riesce a triturare grazie a sviluppati denti molariformi, come balani e gasteropodi, ma si ciba anche di alghe. Si riproduce in autunno e inverno. Può superare i 5 Kg di peso e arrivare ad un lunghezza massima di 70 cm; può vivere fino a 20 anni. Vive lungo la fascia costiera, in prevalenza su fondali sabbiosi o in praterie di Posidonia, a profondità che raggiungono circa 100 m. L’orata è diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e nell’Atlantico orientale, dalle Isole Britanniche alle Isole di Capo Verde. E’ una specie eurialina, che abita anche le lagune e gli stagni costieri, dove generalmente migra all’inizio della primavera per rimanervi fino all’inizio dell’inverno; poi torma in mare e per il periodo della riproduzione abita in acque più profonde. I giovani vivono in gruppo, mentre gli adulti cacciano isolati, soprattutto in estate, nelle praterie di Zostera e lungo le coste rocciose. Quantità modeste di orate vengono pescate in mare con reti da posta, reti a strascico e con i palangari. Questa specie è oggetto di allevamento intensivo ed estensivo, in acque marine e salmastre: l’orata viene ampiamente allevata in tutta la nostra penisola principalmente in Alto Adriatico, in Toscana e in Sardegna, nelle valli, in vasche e in mare aperto. Le orate allevate in gabbie a mare hanno un sapore migliore. I migliori allevatori contrassegnano ogni singola orata apponendovi un marchio sulla testa;cio permette, una volta consumato, di ritrovare il prodotto con le stesse caratteristiche. L’orata è considerata uno dei pesci di maggior pregio sul mercato; le sue carni sode e delicate sono apprezzate non solo per il sapore, ma per il fatto di aver pochissime lische. Gli esemplari di allevamento presenti sui mercati sono lunghi circa 30-35 cm. L’orata ha un sapore diverso in relazione all’ambiente dove è vissuta e all’alimentazione; le migliori sono quelle di valle e quelle di stagno perché si alimentano in ambienti naturali, con cibo vario ed abbondante. Si differenziano per la sapidità delle carni, essendo quelle di valle più delicate e con gusto morbido, mentre quelle di stagno, vivendo in ambienti a volte più salati, hanno un sapore più deciso. Le orate di allevamento hanno prezzi diversi in relazione alla taglia (le più grandi costano di più) ed alle condizioni di allevamento: un’alimentazione con un eccesso di grassi porta ad una crescita più rapida ed ad un gusto forte che non è sempre apprezzato. Per questo motivo è opportuno conoscere la provenienza dell’orata, privilegiando i produttori che contrassegnano il loro prodotto. L’orata può essere cucinata in vari modi: arrosto, al cartoccio, al sale, ecc..
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La ricciola è un pesce pelagico, grande nuotatore e predatore. Gli adulti si muovono in mare aperto, i giovani vivono nei pressi della costa; giovani e adulti differiscono nell’aspetto tanto che sono stati considerati due specie diverse per lungo tempo. I giovani sono di colore giallo, con macchie verticali scure che dal dorso scendono lungo i fianchi. Gli adulti hanno il dorso grigio con riflessi azzurri, più sbiadito sui fianchi. Vive in piccoli branchi e si ciba di pesci e molluschi.
Può raggiungere dimensioni record di 2 m ma si trova comunemente intorno ai 50 – 80 cm. Specie a rapido accrescimento, viene allevata in Italia con ottimi risultati. Presente in tutto il Mediterraneo, preferisce i bacini meridionali. Si pesca con le reti a circuizione e da posta ed è “preda” ambita dei pescatori sportivi soprattutto con la lenza. Le catture sono più frequenti nel basso Tirreno ed in Sicilia. Possiede carni molto buone, si consuma fresca; può essere venduta intera o a tranci. La Ricciola è uno dei pesci più forti, testardi e potenti, supera in vitalità anche il tonno rosso. La Ricciola non effettua lunghe fughe ma è talmente potente che quando cerca di raggiungere il fondo c’è poco che tenga. Bisogna assecondarla, forse è meglio lasciarla sfogare che trattenerla La prima cosa che cerca di fare quando si sente trattenuta è di strofinare il muso contro gli scogli per liberarsi dal fastidio.
LA PESCA A TRAINA. In estate - particolarmente nelle ore pomeridiane - se vi capita di vedere lungo la costa una barchetta a motore, che procede a velocità moderata con una persona seduta a poppa che con una mano tiene la barra del timone e con l'altra imprime un moto cadenzato di avanti-indietro alla lenza, questa è certamente di un dilettante che pesca con la traina. E certo che non doveva essere questa l'immagine del dilettante di una volta che, con barca a remi, doveva avere invece due buone braccia, perché la traina riesce a pescare soltanto quando la barca è in movimento e per di più quando il mare è increspato dal vento. (Le condizioni ideali sono quelle create dallo scirocco e dal grecale del periodo estivo)
Nella pesca a trainare la velocità della barca, la scelta dell'esca (quasi sempre penna di gabbiano, che simula il moto del novellame) e il movimento cadenzato della lenza sono le tre condizioni essenziali per ottenere buoni risultati: - se la barca è molto veloce, il pesce non riesce a raggiungere l'esca; - se la barca è molto lenta, esso ha modo di riconoscerla; - se il movimento della lenza, e di conseguenza quello dell'esca, non riesce nell'intento di illudere il pesce, questo si accorgerà che si tratta di una trappola. Una delle poche eccezioni è fatta nella pesca della ricciola - denominata "riggina du mari" - per la quale è necessario che la barca proceda lentamente e che come esca venga usato il calamaretto "vivo". In fatto di pesca, come è noto, le opinioni però sono spesso divergenti per cui, anche se ai nostri giorni ci si può affrancare dalla fatica usando mezzi a motore, qualcuno preferisce ancora la barca a remi, perché ritiene che il pesce, insospettito dal rumore del mezzo meccanico, possa starne lontano. Taluni, invece, specie quando il mare non è abbastanza mosso, preferiscono la barca a motore, perché ritengono che la scia d'acqua lasciata dall'elica possa sostituire il moto ondoso, condizione indispensabile per pescare con la traina determinati pesci come, per esempio, le occhiate.
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Ha corpo ovale, compresso lateralmente e alto, pelle con scaglie piccole e lisce (127 lungo la linea laterale, che è incurvata in alto al disopra delle pinne pettoralí. La testa è con muso corto e arrotondato. Gli occhi non sono molto grandi e portano una palpebra adiposa. La bocca, piccola e obliqua, è lievemente protrattile e la mascella inferiore è appena un po' più sporgente di quella superiore. I denti sono piccoli e acuminati e sono raggruppati in diverse serie. Le narici sono molto accostate tra loro.
La prima pinna dorsale, preceduta da un corto aculeo, è formata da cinque o sei spine, munite posteriormente di una piccola membrana, che possono ripiegarsi indietro e scomparire in un solco dorsale. La seconda dorsale è lunga e bassa, ma con inizio allungato a forma di lobo ed è simile e simmetrica all'anale. L'anale è preceduta da due spine isolate, che possono ripiegarsi all'indietro e sparire in un solco ventrale. La codale è forcuta, con i lobi molto allungati e stretti. Le pettorali sono corte e le ventrali ancora più piccole. La colorazione è grigio azzurra sul dorso, fianchi azzurri madreperlaceo, con 3/4 macchie nerastre verticali. Ventre bianco, anch'esso madreperlaceo. Macchia nera sui lobi della seconda dorsale e dell'anale, che hanno sfumature giallastre, e sulle punte dei lobi della codale, che è grigiastra.
E' una specie pelagica, ma si avvicina alla costa in branchi. Si riproduce particolarmente da giugno a luglio. Si nutre di pesci pelagici (sardine e acciughe). Si cattura con lenze trainate, con reti di circuizione, capita nelle tonnare e anche nelle sciabiche da spiaggia. Ha carni bianche, compatte e molto saporite. Raggiunge i 50 cm e mediamente è intorno ai 30 cm. E' diffusa in tutto il Mediterraneo Nelle valli da pesca è catturato con i lavorieri, cioè trappole fisse che sfruttano le periodiche migrazioni dei pesci tra mare e laguna, per ragioni termiche, riproduttive e per la ricerca del cibo; è pescato particolarmente in Toscana, Sardegna e Veneto. Il cefalo è considerato un pesce semigrasso dalla carne abbastanza digeribile. Si trova fresco e congelato; il sapore delle sue carni dipende dall’ambiente in cui vive. Rispetto ad altri cefali assume una importanza economica maggiore; si presta ad essere cucinato arrosto sulla brace. Da suoi ovari, salati ed essiccati si ricava la “bottarga”. |
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Pesce ai banchi della Pescheria di Catania |
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Dove vive: Comune nei mari d'Italia e nel Mediterraneo, escluso quello orientale e il Mar Nero. Ambiente: Predilige i fondali delle secche a coralline, ma si trova anche in quelli fangosi spingendosi fino a 600/700 metri di profondità. Nei mesi estivi risale a quote minori fino a 40-50 metri nelle zone rocciose. Al disopra di questa isobata si avventurano soltanto gli esemplari giovanili non oltre i 10-15 centimetri di lunghezza che si avvicinano alla costa tra la primavera e l'estate. E' forma gregaria e si raggruppa in banchi formati da individui della stessa taglia e della stessa età. Descrizione: Corpo oblungo compresso lateralmente con testa piuttosto corta ed ottusa.
All'altezza delle aperture nasali vi è in genere una specie di bozza frontale che è più evidente nei grossi esemplari. Il muso ha profilo tondeggiante ed è caratterizzato dalla bocca non molto ampia situata in posizione terminale inferiore. I denti sono piccoli, disposti anteriormente in serie strette e fitte come carde e posteriormente in forma di molari ma non così evidenti e grossi come quelli delle orate e dei pagri. L'occhio è molto grande e talvolta è particolarmente in evidenza negli esemplari che si trovano sul mercato a causa dello sbalzo di pressione che subiscono quando vengono pescati in profondità. Ha una sola pinna dorsale con raggi spinosi nella prima metà e molli nella seconda. La parte spinosa, che presenta 12 raggi si ripiega completamente in un solco dorsale scaglioso e così pure la anale che possiede 3 raggi spinosi e 12 molli. Le pettorali sono falciformi e le ventrali toraciche con una sola spina. La colorazione è fondamentalmente argentea con tendenza al rosa vinaceo, più scuro sul dorso, che è grigiastro rosa. Una macchia nerastra, ben evidente, appare nella maggior parte degli individui adulti, dietro all'opercolo e all'inizio della linea laterale. Dimensioni: Gli adulti misurano tra i 30 e i 40 cm di lunghezza, ma vi sono esemplari che possono raggiungere anche il mezzo metro. Alimentazione: Essenzialmente carnivora. Biologia: Il periodo di maturità sessuale è tra l'inizio della primavera. Le forme larvali e giovanili, sono pelagiche nei primi stadi, come anche le uova che sono galleggianti.
La Mupa ritrovata. L'ho persa per anni, dopo averla gustata come pochi altri cibi, poi all'improvviso in un piccolo vicolo di Rapallo l'ho incontrata di nuovo, cucinata come Dio comanda, servita su un intonato letto di verdure (fagiolini, cipolla dolce, pomodoro). È la mupa (centrolofo viola) un pesce che vive tra i 300-700 metri di profondità che si pesca con palamiti d'alto fondale o filarcioni innescati con cefaloidi, gamberi o sardine. Un pesce dalla carne così tenera, così ricca di sapori marini (dovuti a ciò che mangia) da rimpiangerla dopo l'ultimo boccone. E questo incontro ravvicinato mi è capitato a Rapallo, in un locale dal nome improbabile per un ristorante «Rocco e i suoi fratelli» (vico Saline 5, telefono 0185 694058), ma dove tutto è una sorpresa, una bella sorpresa. Innanzitutto forse è l'unico posto dove ogni piatto del menu porta accanto il tempo di attesa, quindi la carta si apre con l'indicazione dei fornitori di ingredienti (nomi tutti di grande eccellenza). Il paniere del pane (focaccia, pane e grissini caldi) è della casa. Di livello anche la carta dei vini, soprattutto per la presenza dei "cosidetti naturali" (ho bevuto il bianco di cascina degli Ulivi). Oltre al piatto di mupa ho gustato una caponata tiepida (come benvenuto), involtini di melanzane alla siciliana in crosta, ricotta infornata e ragusano; poi penne rigate alla norma, melanzane (fritte come si deve) pomodorini e ricotta infornata. Il menu offre una varietà di piatti (paste, risotti, varietà di pescato) molto intriganti dove si sente l'origine siciliana dei gestori siciliana, pietanze tutte preparate al momento. Sine qua non http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2013-06-02/mupa-ritrovata-084136.shtml?uuid=AbraOR1H
IL "RAGNO A VELA" E LA PESCA A STRASCICO. Antenati delle barche attrezzate per la pesca a strascico sono stati i cosiddetti "ragni a vela" che, fino agli anni cinquanta, esercitavano quella pesca che oggi viene praticata con mezzi a motore. Essi erano paranze munite di rete a trascinare, che lavoravano solo in prescritti fon-dali nel rispetto della normativa allora vigente. La nota conflittualità tra "piccola pesca" e "strascinari" è sempre esistita ma non ha quasi mai raggiunto gli attuali parossismi, perché una volta il "ragno", oltre a pescare in fondali e tempi stabiliti, poteva operare solamente con "vento fresco" (rinforzato) che doveva aiutare a trascinare la rete e che, peraltro, non sempre era presente. La pesca a strascico, prima ancora che venisse opportunamente vietata, era praticata in determinati fondali, al di fuori dei quali non era possibile pescare a causa della struttura del fondo marino. Infatti è noto come, dopo i 70/100 metri di profondità, esista una serie di grandi fosse - con direzione nord-sud - intervallate dai cosiddetti "rampanti", costituiti da fondali non uniformi per la presenza di altre fosse e cunette, dove non è raro incappare in una sorta di melma di colore nero che i marinai chiamano "'ncilicati". _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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Si caratterizza per la lunghezza della testa, che è inferiore all'altezza massima del corpo, e per il vomere, che è sempre munito di denti. I giovani sono molto snelli ed i maschi adulti sono caratterizzati da una specie di gibbosità. Il corpo è rivestito di scaglie ctenoidi distribuite lungo 5 o 6 serie al di sopra della linea laterale; su quest'ultima si contano da 70 a 75 scaglie tubulate. Nella testa, il diametro dell'occhio è inferiore allo spazio interorbitario e generalmente anche a quello preorbitario. La bocca è piccola, obliqua, molto protrattile, con mascelle uguali e labbro superiore abbastanza spesso, i denti disposti sulle mascelle e sul vomere sono piccoli, puntuti o a scardasso. L'opercolo è ampio ed il suo angolo posteriore termina con una punta smussata. La pinna dorsale, unica, è alta uniformemente per tutta la sua lunghezza che è circa la metà della lunghezza del corpo (senza la coda). L'anale ha il suo primo raggio all'altezza del primo molle della dorsale ed il suo ultimo un poco più indietro dell'ultimo della dorsale. La codale è forcuta; le pettorali appuntite e le ventrali brevi e munite di scaglie ascellari.
La colorazione cambia a seconda dell'età, del sesso e della stagione. Un carattere costante è la macchia quadrangolare nerastra sui fianchi che occupa uno spazio verticale di tre file di scaglie negli adulti e due nei giovani. In questi ultimi il colore è grigio metalico, più scuro sul dorso e grigio argento sui fìanchi e nel ventre, con macchie irregolari più scure. Muso brunastro con spazio interorbitale più chiaro, opercolo con linee azzurre. Pinna dorsale bruno chiara con macchie irregolari azzurrastre, codale grigio-bruno, pettorali, ventrali e anale giallastro. Nel maschio la livrea nuziale, i colori divengono molto più brillanti e luminosi, i pezzi opercolari sono striati di azzurro e giallo ed una grande fascia azzurra si allunga dal muso al bordo posteriore dell'orbita. E' una specie gregaria, non migratoria, che vive nell'ambiente pelagico in vicinanza della costa, dove si concentra in zone più o meno ampie all'epoca della riproduzione. E' una speciee ermafrodita proteroginica. La riproduzione è tra agosto e ottobre, a seconda delle zone e della temperatura delle acque, e avviene in acque poco profonde (10-20 M.) nelle praterie di posidonie, dove i maschi, strappando le foglie, scavano dei nidi circolari in cui le femmine depongono le uova, che sono appiccicose e vengono immediatamente fecondate. Essenzialmente si ciba di crostacei planctonici, soprattutto copepodi. Si pesca con reti a strascico o con reti di circuizione. Arriva fino alla taglia di 24 cm. e le femmine a quella di 21. Specie caratteristica di tutto il bacino dei Mediterraneo. Comune lungo tutte le coste italiane. |
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Il fragolino è un pagello dal corpo ovale rosato, con squame grosse e ben delineate; il profilo del capo è obliquo, l’unica pinna dorsale ha raggi sia duri che molli e le pinne pettorali sono appuntite con alla base una macchia rossastra. Il dorso di questo Sparide è di color rosso-rosato, mentre i fianchi sono roseo argentei punteggiati di azzurro, sopra gli occhi si nota una macchia azzurra; l’opercolo è orlato superiormente di rosso e la mucosa boccale è nera; la sua colorazione difensiva consiste in larghe fasce verticali di color rosso bruno. Il fragolino è distinguibile dagli altri pagelli, come l’occhialone (Pagellus bogaraveo) e il pagello bastardo (Pagellus acarne) per la colorazione e l’assenza di macchie scure presenti sulle pinne pettorali e sul corpo. A volte si può confondere anche con il pagro (Sparus pagrus) dalla colorazione simile, ma con una banda verticale scura a livello degli occhi e dal muso più arrotondato.
Il fragolino
è onnivoro e si ciba soprattutto di piccoli pesci e di invertebrati
bentonici (molluschi, crostacei, ecc.) che tritura grazie ai denti molariformi. La riproduzione avviene in primavera ed in estate; è
una specie ermafrodita proteroginica, cioè passa la prima parte di
vita riproduttiva come femmina poi, ad una età variabile da un
esemplare all'altro, come maschio . Può raggiungere i
Il fragolino è una specie
demersale e gregaria, che si spinge non oltre i
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I BULESTRICI. Altra trappola mortale sono i cosiddetti "bulèstrici", i quali sono costituiti da una rete non molto dissimile dalla "lacciara" e da cui si differenziano solo per il fatto che portano una maggiore quantità di piombo, perché debbono rimanere sul fondo. Cosicché, mentre la "lacciara", muovendosi con la corrente, va incontro ai pesci, i "bulèstrici", per così dire, aspettano che i pesci vadano loro incontro. Dette reti si dividono in due categorie: - quelle di scoglio costituite solo da pareti larghe con dentro la rete di maglia più piccola come la parte inferiore della "lacciara" prima descritta; - quelle di fango o di sabbia alle quali si aggiungono due o tre metri di rete libera. Ad entrambe le reti vengono legati dei galleggianti per l'apertura delle maglie. Non di rado queste reti sono "vittime" degli strascichi. Esse sono adatte alla cattura di numerosi tipi di pesci tra cui: "aspareddi", "lùvuri", "àiuli", "sicci", ecc. _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
Si può considerare la forma giovanile della specie P. centrodontus. Gli esemplari giovani non differiscono sensibilmente dagli adulti. Corpo ovale, con profilo superiore della testa convesso. Muso corto, occhio grande, di diametro maggiore dello spazio preorbitario e di quello interorbitario. La bocca si apre in posizione terminale inferiore, è piccola, con mascelle uguali ed è munita di denti cardiformi al centro, un po' più forti quelli delle serie esterne e, lateralmente, di due o tre serie di molari tondeggianti. Non esistono denti caniniformi e nemmeno denti sul vomere e sui palatini. La pinna dorsale, unica e la pinna anale, ripiegate all'indietro, si affondano, nella parte spinosa, in un solco scaglioso.
Corpo opercoli e guance coperti di scaglie ctenoidi col bordo guarnito di spinule. La colorazione negli esemplari giovani è rosa sul dorso e argentea sul ventre. Una macchia nera più o meno evidente alla base della pettorale e nella zona ascellare. Negli adulti tale macchia si trova dietro all'opercolo all'inizio della linea laterale e può essere più o meno evidente. Specie gregaria, che si raduna in branchi che si spostano, con l'età, in profondità sempre maggiori (fino a 500 m). Vivono in vicinanza del fondo, ma senza avere legami molto stretti con esso, tanto che si trovano sia sulle secche a coralline che sui fondali fangosi. Lanutrizione è carnivora. Si cattura con le reti a strascico e anche con le lenze e i palangresi di fondo. La specie ritenuta bogaraveo arriva fino a 30 cm, oltre questa taglia ha i caratteri del centrodontus. Non è da escludere che si verifichi un'inversione sessuale con la crescita. In Mediterraneo sembra essere limitata al bacino occidentale. Nei mari italiani comune sulle coste tirreniche, ma rara nell'Adriatico, soprattutto in quello settentrionale.
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La mormora è un pesce dal corpo ovale slanciato, compresso lateralmente e con profilo del capo rettilineo. Come la maggior parte degli Sparidi ha dorso alto e il muso è allungato; la bocca è bassa, orizzontale con labbra spesse, ma è relativamente piccola; i denti molariformi e appuntiti sono disposti in più file. La coda ha due lobi nettamente incisi. La colorazione del dorso è grigio-bruno chiaro, mentre i fianchi ed il ventre sono argentei; sui fianchi si notano particolari fasce verticali bruno-scure, 6 marcate e 6 più sottili alternate; la parte superiore del muso è scura.
La mormora può raggiungere una lunghezza di 35 cm, eccezionalmente anche 45 cm; la taglia più frequente si aggira attorno 20-25 cm. E’ un pesce in genere gregario, soprattutto da giovane, che si riproduce in estate, fra giugno e luglio; raggiunge la maturità dopo due anni (individui di 14 cm) ed è una specie ermafrodita proterandrica, (prima è maschio poi diventa femmina). Questo fenomeno è comune a molti Sparidi. La mormora si nutre di invertebrati bentonici che cerca fra i sedimenti, quali molluschi, crostacei e policheti. La mormora vive su fondi sabbiosi o sabbioso-fangosi, lungo le coste rocciose e presso le praterie marine, da pochi metri fino a 80 m di profondità; è comune in Mediterraneo e Atlantico. Nei mari italiani si trova principalmente in Alto e Medio Adriatico e nel Medio Tirreno, dove viene catturata soprattutto nei mesi estivi ed autunnali. I giovani conducono vita di gruppo, mentre gli adulti si possono trovare anche isolati. Occasionalmente penetra anche nelle lagune salmastre. La mormora viene catturata con reti da posta, reti da traino pelagico e di fondo, sciabiche, nasse e lenze a mano. La cattura avviene soprattutto in estate ed autunno. La mormora è un pesce bianco e commercializzata fresca o congelata e ha carni di buon pregio. Si consiglia di cucinarla alla griglia.
LA SCIABICA. Rimanendo ancora a parlare di spiaggia vogliamo brevemente soffermarci su un altro tipo di pesca che, in prevalenza, viene praticato dall'arenile. Forse non tutti sanno, infatti, che il mare antistante al litorale della Plaia è il più idoneo per pescare con la "sciàbbica", uno strascico di dimensioni maggiori del "tattaruni" — del quale parleremo più avanti — e diverso da questo per il fatto che le corde che sostengono la rete vengono tirate, appunto, dalla spiaggia. Per poter pescare con la sciàbica sono necessarie due distinte operazioni. La prima è quella della cosiddetta "cala" che può essere così riassunta: la prima corda viene portata al largo da una barca, la quale cala anche la rete per poi ritornare verso la spiaggia stendendo l'altra corda. Poiché le corde vengono tirate — rispetto alla rete — da notevole distanza, non è possibile usare la tecnica di "pezza e corda", che descriveremo parlando del "tattaruni"; si rimedia, allora, con un altro sistema e cioè quello della barca che vede e segue la rete in quanto i bassi fondali lo permettono. Siccome la rete stessa deve necessariamente essere tratta a riva in modo simmetrico, l'addetto a tutta l'operazione, qualora qualche sfasatura si verifichi, griderà a coloro che tirano le corde che si deve "arrancare" (affrettare) dal lato sud o dal lato nord a seconda delle circostanze. La seconda operazione è invece quella che consente di trarre a riva la rete. Poiché fra la corda del lato nord e quella del lato sud vi è una ragguardevole distanza' fin dall'inizio dell'operazione di cui si parla, gli addetti vanno man mano avvicinandosi fra di loro, fino ad accostarsi, per poter procedere, nella fase terminale, alla cosiddetta "scumiata", termine che viene usato per le reti a strascico: "tattaruni", "sciàbbica", "ragnu a strascinu", e consiste nel recupero, previo scuotimento della rete, dei pesci ormai imprigionati in fondo alla stessa, cioè nel sacco, detto "pizzali". La sciàbbica cattura svariati tipi di pesci, compresi cèfali, mòrmore e ricciole. _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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La sarpa salpa, più comunemente conosciuta come salpa, è un pesce d'acqua salata appartenente alla famiglia delle Sparidae, come il sarago o il dentice. Ha il corpo e la forma tipica degli sparidi: allungato, ovale, con dorso e ventre convessi, peduncolo caudale sottile, coda bilobata e livrea argentata. Le sue particolarità sono una dentatura molto robusta perché utilizzata per raschiare le alghe dagli scogli, è, infatti, un pesce prevalentemente erbivoro, e una decina di strisce orizzontali gialle lunghe quanto tutto il corpo. La salpa può raggiungere una lunghezza massima di 50 cm per un peso di 3 chili. È, inoltre, un pesce ermafrodita proterandrico, nasce maschio per poi diventare femmina durante la crescita. La salpa è presente in tutto il mar Mediterraneo, ma anche nell'Oceano Atlantico orientale, dal Golfo di Biscaglia fino al Sudafrica. Vive vicino alla superficie fino a 70 metri di profondità e predilige i fondali rocciosi o sabbiosi ricchi di piante acquatiche, proprio perché erbivoro. La salpa è una cattura ambita dai pescatori sportivi più che da quelli professionali. Per i pescatori sportivi, infatti, è un pesce difficile da catturare per via della sua dentatura robusta che spesso spezza le lenze e perché oppone una strenua resistenza alla cattura. Molti pescatori poi la ributtano in mare. Per quanto riguarda, invece, il suo aspetto commerciale, la salpa non è un pesce molto pregiato, ma viene pescato soprattutto nel Sud Italia con tremagli, reti da posta o lenze. Il consumo della salpa La salpa ha carni poco pregiate, ricche di lische, dal sapore delicato. Data l'alimentazione prettamente erbivora di questo pesce, spesso le sue carni hanno un odore nauseante di alghe o fango. Questo spiacevole inconveniente può essere evitato avendo due accortezze: comprando la salpa in primavera quando il mare è più pulito e di conseguenza l'alimentazione della salpa più sana, ed eviscerandolo il prima possibile, prima che il contenuto intestinale vada in putrefazione, altrimenti le sue carni diventano tossiche. Va cucinata al forno o al vapore come l'orata o la spigola.
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La boga è un pesce demersale, vive cioè nei pressi del fondo,
comunissimo nei nostri mari, si riunisce in branchi in zone
sabbiose, lungo la costa rocciosa e sulle praterie di fanerogame
marine.È comune in Mediterraneo, Adriatico, Mar Nero, Atlantico
orientale e nella Manica. Durante la notte vive in prossimità della
superficie, mentre di giorno resta più vicina al fondo. Nei mari
italiani non si spinge oltre i
LA PULICA. Una di queste reti era la cosiddetta "pùlica" che è considerata l'antenata dell'attuale cianciolo. La pesca con tale rete veniva così descritta dal Targioni-Tozzetti: «Sull'imbrunire nei mesi di aprile e maggio all'ottobre escono dal porto... le barche per la pesca delle acciughe e si portano lungi dalla costa cinque o sei chilometri ed anche più; scesa la notte accendono un gran fuoco a poppa e percorrendo così il mare che gli sciami dei pesci, nella loro cosa vengono richiamati dal chiarore del fuoco e seguono la scia del battello; allora quando i pescatori ne hanno adunato così una quantità, e quando vien l'ora che il chiarore derivato dal fuoco per l'approssimarsi del giorno non produce più i suoi effetti, i pescatori medesimi si dirigono verso una spiaggia, e quivi giunti cingono con una rezzicola i pesci e li tirano a terra». Ma la pesca con la "pùlica" praticata nel nostro golfo si differenziava nettamente da quella descritta dal Targioni-Tozzetti, perché, oltre a catturarsi le acciughe, si pescavano pure altri tipi di pesci come "opi", "sàuri", ecc. ed anche perché non si pescava "a tira 'nterra" (sulla spiaggia), ma dopo "l'atterrata" (da 40 a 20 metri di profondità), la rete si metteva in mare senza che le barche arrivassero sull'arenile. _____________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
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Di abitudini prevalentemente
notturne, l’anguilla è un animale dal corpo cilindrico, compresso
posteriormente ed estremamente allungato (30-
Quando l’anguilla femmina raggiunge grandi dimensioni prende il nome di "capitone", e può pesare fino a 6 Kg; i maschi rimangono più piccoli, non superano i 200 grammi di peso. L’anguilla , molto comune nel Mediterraneo e nell’Atlantico Occidentale, è una specie migratrice catadroma, cioè dopo la riproduzione che avviene in mare le larve (leptocefali) e poi i giovanili (cieche) ritornano nelle acque dolci. Di giorno vive nascosta nel fango del fondo, in mare, in acque salmastre e dolci e nelle falde sotterranee; tollera molto bene gli sbalzi di temperatura. Le anguille europee effettuano una grande migrazione tra ottobre e gennaio per la riproduzione sino al Mar dei Sargassi a 1000 m di profondità; le larve per raggiungere le coste europee e risalire le acque dei fiumi impiegano due anni e per questo si lasciano trasportare dalla Corrente del Golfo fino alle coste, dove completano la metamorfosi. Si pescano ovunque, specie nelle lagune Venete e di Comacchio. L’anguilla è pescata soprattutto nelle lagune e negli stagni per mezzo di lavorieri e bertovelli. Il lavoriero è una struttura fissa a forma di cuneo per la cattura delle specie ittiche eurialine (che vivono in acque salmastre) e sfrutta le periodiche migrazioni che i pesci effettuano dalle acque lagunari al mare; è costituito da pali infissi nell’acqua della laguna e da diverse camere che guidano il pesce in comparti sempre più stretti, dove è più facile la cattura. Presupposto fondamentale della cattura nei lavorieri è l’istinto irrefrenabile che spinge al mare l’anguilla sessualmente matura. Il bertovello, invece, è uno strumento di cattura a forma di cono con all’interno setti sempre più piccoli, che favoriscono l’entrata del pesce e ne impediscono la fuga; le esche preferite sono costituite dal granchio comune e da vermi e lombrichi. Oggi, l’allevamento dell’anguilla avviene in prevalenza con metodi intensivi in vasche di acqua dolce, partendo dall’allevamento delle “cieche”. I periodi più propizi sono da ottobre a gennaio, generalmente dopo che si sono verificate abbondanti piogge. L’anguilla è considerata un pesce grasso; l’Italia è il principale produttore europeo di questo pesce, allevato con metodi di acquacoltura estensiva ed intensiva; la anguille che troviamo sui mercati provengono in parte dalle valli da pesca del delta del Po e in parte dagli stagni sardi. Parte della produzione nazionale prende la strada dei mercati europei. La carne dell’anguilla è bianca, grassa e saporita; è molto apprezzata e viene venduta viva, fresca, inscatolata, congelata e affumicata. L’anguilla si conserva facilmente sia marinata che al carpione e viene cotta preferibilmente in graticola. L’anguilla di valle ha un sapore più delicato, mentre quelle degli stagni sardi sono più saporite.
IL BERTOVELLO. è uno strumento di cattura a forma di cono con all’interno setti sempre più piccoli, che favoriscono l’entrata del pesce e ne impediscono la fuga; le esche preferite sono costituite dal granchio comune e da vermi e lombrichi. Oggi, l’allevamento dell’anguilla avviene in prevalenza con metodi intensivi in vasche di acqua dolce, partendo dall’allevamento delle “cieche”. I periodi più propizi sono da ottobre a gennaio, generalmente dopo che si sono verificate abbondanti piogge. L’anguilla è considerata un pesce grasso; l’Italia è il principale produttore europeo di questo pesce, allevato con metodi di acquacoltura estensiva ed intensiva; la anguille che troviamo sui mercati provengono in parte dalle valli da pesca del delta del Po e in parte dagli stagni sardi. Parte della produzione nazionale prende la strada dei mercati europei. La carne dell’anguilla è bianca, grassa e saporita; è molto apprezzata e viene venduta viva, fresca, inscatolata, congelata e affumicata. L’anguilla si conserva facilmente sia marinata che al carpione e viene cotta preferibilmente in graticola. L’anguilla di valle ha un sapore più delicato, mentre quelle degli stagni sardi sono più saporite.
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La sogliola è un pesce piatto dal corpo ovale e compresso; la testa è piccola, il muso è arrotondato ed entrambi gli occhi sono situati sul lato destro del corpo. Le pinne sono prive di raggi spinosi e sulla parte distale della pinna pettorale destra spicca una macchia nera; la pettorale sinistra è poco più piccola della destra. La colorazione della parte superiore dell’animale (lato destro) varia dal bruno-grigio uniforme al marroncino, con possibile presenza di macchiette più o meno evidenti e diffuse; la parte inferiore (lato sinistro), su cui l’animale si adagia, è chiara. I colori della sogliola variano molto da zona a zona e a seconda della colorazione del fondo su cui vive. Le sogliole superano la taglia di 50 cm, anche se la dimensione più frequente è di 20-30 cm. Durante il giorno, come molti altri Soleidi, si mimetizza con il fondo sabbioso, su cui rimane immobile per sfuggire ai predatori; è un predatore notturno.
La riproduzione ha luogo da gennaio a febbraio;le larve, dopo un periodo di vita planctonica durante la quale modificano la loro morfologia spostando sullo stesso lato entrambi gli occhi, si spostano sul fondo. Può raggiungere i 20 anni di età. Da adulta si nutre di invertebrati, anellidi, molluschi, crostacei e piccoli pesci, che cattura sul fondo soprattutto nelle ore dell’alba e del tramonto, mentre nella fase giovanile si nutre di piccoli crostacei. La sogliola vive in fondi sabbiosi e fangosi, dalla costa fino a 200 m di profondità; è molto comune in tutto il Mediterraneo e in Atlantico orientale. Si adatta a sbalzi di salinità e temperatura e la si può trovare anche nelle acque salmastre; da giovane vive nelle lagune, alle foci dei fiumi ove rimane fino a circa 15 cm di lunghezza, poi si avventura in mare aperto. In inverno vive in mare in acque più profonde; si muove prevalentemente di notte, rimanendo durante il giorno immobile sulla sabbia, dove si mimetizza e si seppellisce. La sogliola è oggetto di intensa pesca professionale, viene catturata con reti a strascico, ma soprattutto con attrezzi da traino quali i rapidi e le sfogliare o ramponi, ma anche con attrezzi fissi quali i tramagli e nasse. La pesca è molto attiva in Alto ed in Medio Adriatico. Nei nostri mari si pesca soprattutto in Sicilia e in Alto e Medio Adriatico. La sogliola è una specie molto pregiata, assai ricercata su tutti i mercati. Viene venduta fresca o congelata, intera o a filetti. Le sue carni sono bianco rosate, morbide e delicate. E’ considerato un pesce magro facilmente digeribile. La sogliola ha una notevole diversità di sapore e consistenza a seconda delle aree di provenienza e dell’alimentazione. In Adriatico una migliore alimentazione determina una maggiore morbidezza delle carni che ne costituisce uno dei maggiori pregi. Per l’elevata richiesta spesso insoddisfatta dal pescato nazionale, sui mercati italiani si trova del prodotto pescato nel Nord Europa, prodotto che comunque ha caratteristiche diverse.
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La passera è un pesce piatto dal corpo ovale piuttosto compresso e dalla pelle liscia e viscida; di solito gli occhi si trovano sul lato destro del capo, ma a volte anche sul sinistro. E’ riconoscibile per la presenza di tubercoli ossei alla base delle pinne dorsali e anali, sopra la pinna pettorale e sulla linea laterale. La colorazione è bruno olivastra sul lato oculare, con macchie pallide color giallo arancio disposte irregolarmente; il lato cieco è bianco giallognolo, spesso con macchie brunastre. La passera si nutre di molluschi, anellidi e crostacei, che caccia restando appiattita e seminascosta nel fondo sabbioso, pronta a scattare al passaggio di una preda; è attiva soprattutto di notte. Si riproduce in primavera e ogni anno produce da 400.000 a 2.000.000 di uova; uova e avannotti sono pelagici, come quelli della platessa. La passera è mediterranea, la platessa (Pleuronectes platessa) è la sottospecie atlantica e differisce da questa per l’assenza dei tubercoli alla base delle pinne dorsali e anali. La passera misura fino a 40 cm di lunghezza, ma è comune da 20 a 25 cm. La passera vive soprattutto in Adriatico settentrionale, Mar Nero e Mar d’Azof; è comune a basse profondità, tra 0-55 m, su fondi sabbiosi o fangosi. È una specie eurialina che entra regolarmente nelle acque dolci ed è comune alle foci dei fiumi e a volte li risale per lunghi tratti. Viene pescata principalmente durante il periodo riproduttivo, in inverno. La passera viene pescata soprattutto con reti a strascico e reti da posta, maggiormente in Alto Adriatico. Essendo un pesce piatto delle zone poco profonde della costa sabbiosa, spesso finisce anche nei rapidi, cioè in quegli attrezzi da pesca che vengono usati principalmente per la cattura delle sogliole. La passera viene commercializzata fresca e congelata, sia intera che in filetti. Ha carni delicate, di buona qualità, meno gustose di quelle della platessa.
Picare, Rane pescatrici e Gallinelle alla Pescheria di Catania
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E’ un pesce bentonico di colore rosso-bruno, con ventre chiaro, fianchi con 3-4 fasce longitudinali gialle e una striscia color rosso scuro. Ha molte somiglianze con la triglia di fango, da cui si distingue per il profilo della testa più arrotondato e per la presenza di una macchia dorata sulla prima pinna dorsale, evidente appena pescata. Al di sotto della bocca mostra due barbigli. A volte sui mercati arriva un pesce molto simile alla triglia di scoglio, che ha dimensioni di 20-25 cm di color rosso, appartenente ad una specie del genere Upeneus.
Questa specie è importata in Italia e si riconosce per avere una spina sul bordo posteriore di ogni opercolo. E’ una specie commestibile, ma ha un valore nettamente inferiore alla triglia di scoglio. Può raggiungere una lunghezza di 40 cm, ma le dimensioni medie si aggirano attorno ai 10-25 cm. La triglia di scoglio, comune nei mari italiani, vive in prossimità di fondi rocciosi e occasionalmente su fondali sabbiosi e fangosi, fino a 400 m di profondità, nutrendosi dei piccoli organismi. I giovani sono gregari, mentre gli adulti vivono isolati o in piccoli gruppi. Si cattura con tremagli e reti a strascico, in particolare in Sicilia e Sardegna. Carni molto pregiate e gustose, in genere maggiormente apprezzata della triglia di fango.
COME DISTINGUERLA DALLE SPECIE SIMILI
Le specie che appartengono alla famiglia delle triglie, di cui quattro vivono nel Mediterraneo (2 nel Mediterraneo orientale), hanno tutte i caratteristici barbigli.Le triglie presenti nei nostri mari (Triglia di scoglio e di fango) possono essere confuse ed i caratteri che ne permettono la distinzione di M. surmuletus sono in particolare la presenza di bande scure sulla pinna dorsale anteriore (assenti in M. barbatus) e di due sole squame sulle guance (tre nella Triglia di fango).Le specie presenti nella parte orientale del Mediterraneo, comunemente conosciute come Triglia rossa, sono facilmente distinguibili dalle nostre per la presenza di denti anche sulla parte superiore della bocca (mascella).
Triglia di fango. Non supera la lunghezza massima di 25 cm. e solamente negli esemplari femminili che sono più grandi dei maschi. Il corpo è mediocremente allungato e leggermente compresso lateralmente. La testa è grossa con bocca terminale orizzontale poco protrattile. Nella parte inferiore della sinfisi mandibolare vi sono due barbigli tattili. La prima dorsale, a raggi spinosi col primo raggio rudimentale, è composta di sette o otto spine. La seconda a raggi molli inizia a circa metà del corpo ed ha da otto a nove raggi. La codale è forcuta con lobi uguali. Anale più corta della seconda dorsale. Pettorali ben sviluppate e ventrali più corte delle pettorali. La colorazione è rosa dorata, ma cambia in base all'ambiente in cui vive. E' specie gregaria e vive sui fondi fangosi fino a profondità di 300 metri ed oltre.
Dalla metà di aprile ad agosto le femmine mature depongono le uova in vicinanza della costa in profondità variabili da 10 a 55 metri e in località dove il fondo è formato di sabbia e fango. Le uova mature salgono alla superficie e divengono pelagiche. Gli stadi post-larvali e giovanili fino ai 28 mm. si trovano al largo in superficie, trasportati dalle correnti. Fin quando dura la vita pelagica, possiede una colorazione bleu marina. Avvicinandosi a terra le piccole triglie hanno la stessa colorazione delle acque, fintanto che non guadagnano il fondo, dove cambiano ancora livrea per acquistare delle tinte marroni rossastre, che poi lentamente si trasformano nella loro caratteristica colorazione rosea-argentata. Si cibano di crostacei, molluschi, vermi e, in misura minore, echinodermi ed anche pesci. Si pescano con le reti a strascico. Gli esemplari giovanili si catturano anche con lo sciabichello in vicinanza della costa. Supera raramente i 20 cm di lunghezza e le femmine sono più grandi dei maschi. E' comune in tutto il Mediterraneo.
(Triglietta) SPARACANACI La piccola triglia o `sparacanaci` assume un colore che dal grigio argento tende ad un tenue rosso corallo: va soffritto alla paolina, cioè con pochissimo olio, sale, pepe (o pezzetti di peperoncino) e foglie di alloro. Rigirando nella padella con la paletta, va sfumato con una bella spruzzata di aceto di vino bianco. E` buonissimo anche freddo.
Sparacanaci
A trigghia nica,
chidda ca è trigghiola,
u tartaruni ca è
sparacanaci
meli cunzato ccu
latt'i sireni!
ca nn'u rriala e ssodu,
a taci-maci, u
tartaruni, i sparacanaci...
U TATTARUNI. Il "tàttaruni" è una rete che possiamo definire un piccolo strascico che, in analogia a quanto detto per la sciàbica, veniva trainata a mano per mezzo di due corde di circa 400 metri ciascuna, prima ancora che questo tipo di pesca venisse, in parte, meccanizzato. Nella pesca con la sciabica la "cala" è seguita a vista. In quella con il "tàttaruni", che viene calato al largo, la rete non viene avvistata che nella fase finale della "cala". Far trainare uniformemente la rete sul fondo non è di secondaria importanza, in quanto da ciò scaturisce la buona riuscita di tutta la "cala". Per questo i marinai, quando l'operazione viene fatta con la forza delle braccia, usano una determinata tecnica, che consente una perfetta sincronia di movimenti, affinché la rete venga trainata in modo armonico. La tecnica di cui si parla è quella chiamata di "pezza e corda": per ciascuna corda ("lubbani", corde atte a sostenere la rete in mare, che una volta erano fabbricate con fibre vegetali), e ad ogni dieci metri, si legano simme-tricamente, a guisa di segnali, una pezza bianca prima e una cordicina sfilacciata, dopo. I "lubbani" vengono tirati l'uno da poppa e l'altro da prua per cui, specialmente di notte, si rende ancor più necessario armonizzare i movimenti affinché la rete strisci sul fondo in modo assolutamente uniforme. Chi tira da poppa, quando giunge il segnale, grida: "'a pezza!". Se la prora non risponde simultaneamente "'a pezza!", bisogna da qui tirare un poco più velocemente per far coincidere i due segnali. Tanto è valido dopo gli altri dieci metri, quando alla barca giunge la "corda", e così via. Nella fase finale della "cala" il "lubbanu" di prua si unisce a quello di poppa, perché l'acqua faccia minor resistenza e si possa quindi procedere il più velocemente possibile al traino della rete. Questa fase viene chiamata "rancatura" da rancata che, nel canottaggio, è il comando dato all'equipaggio perché rinforzi la remata. II "tattaruni" cattura svariati tipi di pesci e, in particolare "pante" (una varietà di sogliola) e triglie di cui esistono non poche varietà, e non tutte dello stesso sapore, e questo in relazione all'epoca in cui vengono pescate. Da un proverbio siciliano: fìmmina di tilaru, iaddina di puddaru, trigghia di innaru e cioè: donna di telaio, gallina di pollaio, triglia di gennaio. ___________________________________ tratto da "Il Golfo di Catania e i suoi pescatori" di Pippo Testa e Mimmo Urzì - Edizioni Greco, Catania - 1992
NON PROPRIO DI SANGUE NOBILE
Pesce Pilota
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