La mattina, dopo il rientro
dalla lunga processione del 4 febbraio, durata più di 24 ore,
il simulacro rimane esposto sull’altare maggiore durante tutta
l’intera mattinata e gran parte del pomeriggio alla
venerazione dei fedeli e devoti, che accorrono in Cattedrale in
preghiera, portando ceri, fiori, offerte, ex-voto in oro; o
magari lacrime di dolore, di gioia, di rancore, di pentimento;
chiedono alla Santa perdono, conforto, grazie spirituali e
materiali da chiedere a Dio tramite la sua intercessione. S.
Agata non può che accontentarli, con la sua potente preghiera
presso nostro Signore, presso la Madonna, e con il suo candido
sorriso, li conforta, gli da speranza, gli da gioia.
Lunedì 05 febbraio – solennità di Sant'Agata V.
M.
Ore 08,00: Santa Messa nella Chiesa di Sant’Agata
alla Badia.
Ore 10,00: Le Autorità con i Gonfaloni della
Città, della Provincia e dell’Università da Palazzo degli
Elefanti si recheranno in Cattedrale.
Ore 10,15: Sua Eminenza Reverendissima il Signor
Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause
dei Santi, gli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi di Sicilia, i
Canonici, il Clero e il Seminario muoveranno in corteo liturgico
dal Palazzo Arcivescovile fino alla Basilica Cattedrale per il
Solenne Pontificale. Il servizio liturgico sarà curato dagli
alunni del Seminario interdiocesano, l’animazione del canto
dalla Cappella Musicale del Duomo. Sante Messe in Cattedrale
alle ore 13,00; 14,00; 15,00.
Ore 16,00: Santa Messa presieduta da S. E. R.
Mons. Giuseppe Marciante, Vescovo di Cefalù.
Ore 17,00: Processione delle Sacre Reliquie per
via Etnea; dinanzi alla Basilica Collegiata omaggio floreale del
Capitolo dei canonici e dei soci del Circolo Cittadino S. Agata;
la processione prosegue per via Caronda, piazza Cavour; in detta
piazza omaggio floreale dell’Associazione Sant’ Agata al Borgo e
riflessioni del Rev.do Sac. Enzo Fatuzzo, parroco in Sant’ Agata
al Borgo e Vicario foraneo.
Indi si prosegue per via Etnea, Sangiuliano,
Crociferi; dinanzi alla Chiesa di San Benedetto omaggio floreale
delle Monache benedettine dell’adorazione perpetua, riflessioni
del cappellano Mons. Antonino La Manna, Vicario episcopale per
la cultura; si prosegue per piazza S. Francesco d’Assisi, via
della Lettera, Garibaldi, piazza Duomo.
Al rientro in Cattedrale, celebrazione di
benedizione e di ringraziamento presieduta da S. E. Mons.
Arcivescovo.
Il giorno della
processione esterna del fercolo della Santa Patrona inizia alle
5 con la recita del Rosario ed esposizione delle Sacre Reliquie
nella Cattedrale
La
Sicilia, 4 feb 2013
Il giorno della processione
esterna del fercolo della Santa Patrona inizia alle 5 con la
recita del Rosario ed esposizione delle Sacre Reliquie nella
Cattedrale. Alle 6 la "Messa dell'Aurora" celebrata
dal'arcivescovo Salvatore Gristina. Subito dopo alle 7 in piazza
Duomo le riflessioni di mons. Barbaro Scionti, che insieme ai
"devoti" darà inizio alla processione delle sacre reliquie di S.
Agata da Porta Uzeda. Davanti all'Icona della Madonna della
Lettera, l'arcivescovo offrirà alla Santa Patrona il
tradizionale cero e benedirà le corone del rosario. Davanti alla
cappella del Santissimo Salvatore in via Dusmet, l'omaggio della
Capitaneria di Porto. La processione proseguirà per le vie Calì,
piazza Cutelli, via Vittorio Emanuele, piazza dei Martiri, dove
renderanno omaggio i disabili, via VI Aprile, della Libertà,
piazza Iolanda (riflessioni del can. Ottavio Musumeci).
L’OMELÌA
DELL’ARCIVESCOVO RENNA il 5.2.2023
“Onorevole Presidente della
Regione Sicilia, Eccellenza Signor Prefetto, Eccellenza Signor
Commissario straordinario, carissimi Confratelli Arcivescovi e
Vescovi, distinte Autorità civili e militari,carissimi fratelli
e sorelle,due volte è risuonato nel Vangelo che è stato
proclamato l’invito del Signore Gesù: “Non abbiate paura”! Sono
parole che hanno infuso speranza ai discepoli che Gesù ha voluto
preparare al futuro. Noi cristiani siamo alla sequela di un
Maestro che è risultato perdente secondo la cronaca del suo
tempo: messo a morte come un bestemmiatore, in compagnia di
altri malfattori, e con accanto a sé non un esercito armato
pronto a difenderlo, ma solo la sua anziana madre e poche altre
persone, per lo più donne. Eppure il Cristo ci ha detto di non
avere paura, perché la Sua morte non è l’ultima parola: può
essere forse l’ultima per l’uomo, ma non per Dio, che lo ha
risuscitato. Ed è per questo che noi siamo qui a celebrare il
Sacrificio Eucaristico di Cristo, e a fare memoria di una donna
che circa due secoli dopo la morte e la risurrezione del Suo
Maestro non ha avuto paura di coloro che straziavano il suo
corpo e si apprestavano a gettarlo in una fornace per finirlo.
Sant’ Agata è andata incontro
alla morte senza la paura che dopo ci fosse il “nulla” o il
“grande forse”. Credeva che ci sarebbe stato il Cristo risorto
ad attenderla, lo Sposo che lei, vergine votata la Suo servizio,
aveva scelto come l’unico amore. Come sarà risuonato agli
orecchi dei martiri come sant’ Agata quel “Non abbiate paura”?
La paura portava molti cristiani, sotto le persecuzioni volute
da alcuni imperatori di Roma, a rinnegare la fede: le tenebre
profonde delle carceri che erano delle fosse insane, il caldo
soffocante per l’ammucchiamento delle persone imprigionate, i
maltrattamenti dei soldati, la raffinata crudeltà delle torture
e l’efferatezza della pena capitale, sono tutti elementi sui
quali concordano le narrazioni del martirio dei primi secoli,
sia in
autori cristiani, sia in insospettabili autori pagani. Nel
Martirio di Policarpo si narra di un episodio che all’epoca
doveva essere frequente: per paura del supplizio un cristiano
rinnega la sua fede. Un certo Quinto, narra il testo suddetto,
venuto dalla Frigia a Smirne, si era costituito spontaneamente
come cristiano, ma poi si era lasciato prendere dal terrore e il
magistrato era riuscito a persuaderlo a giurare per gli dei e ad
offrire un sacrificio. Agata invece ha superato la paura: l’avrà
forse avuta; ma l’avrà superata con una immensa fiducia in Dio,
come tanti martiri di ogni tempo. Come don Pino Puglisi, che
guardando in faccia il suo carnefice, quella sera del 15
settembre di trenta anni fa gli disse. “Me l’aspettavo”. E il
giudice Rosario Livatino, che nel suo schietto siciliano disse a
chi stava per uccidendo: “Chi vi fici?” “Non abbiate paura!”
Cioè: “ Siate coerenti, fidatevi di Dio” Fidatevi della potenza
della Risurrezione, perché chi vorrà salvare la propria vita la
perderà. Perché voi valete più di molti passeri( cf Mt 10,31).
Cari fratelli e sorelle,
vorrei che sant’ Agata, passando per le strade della nostra
Catania, ci invitasse a non avere paura, perché perfino i
capelli del nostro capo sono contati(cf Mt 10,30). Quelli dei
devoti, come quelli degli uomini e delle donne che non credono.
Quelli degli uomini giusti e quelli di coloro sono in carcere;
quelli delle persone ben curate e profumate, e quelli di coloro
che dormono per strada o frequentano ogni giorno le mensa della
Caritas o di altre istituzioni benefiche. Sono contati i capelli
dei soldati russi e di quelli ucraini, quelli che giacciono
nelle fosse comuni; sono contati i capelli dei migranti. Dio
continua a portare il conto dell’originalità di ciascuno di noi,
soprattutto di chi si sente un invisibile. Ciascuno di noi vale
di più di quanto può valere il pil di una nazione.
La paura indubbiamente è
presente non solo davanti alla prospettiva del martirio, ma è
una costante nella storia, tanto da far dire allo storico
francese Jean Dulumeau che “le collettività e le civiltà stesse
sono impegnate in un dialogo permanente con la paura”. Oggi le
collettività vivono alcune paure che le bloccano e le
paralizzano: quella del futuro, ad esempio, crea una cultura che
alimenta la denatalità. Ma sappiamo che quel “Non abbiate paura”
è detto anche per i timori di questo nostro tempo.
Anche noi catanesi oggi
abbiamo tante paure con cui fare i conti. Di una Chiesa che non
abbia il coraggio di camminare con il Risorto e di rinnovarsi
nella comunione e nella missione. Di laici che non si sentano
corresponsabili nella vita pubblica ed esauriscano il loro
impegno di santificare le realtà di questo mondo, nel perimetro
delle associazioni o delle parrocchie, o deleghino questo
impegno ai ministri ordinati.
A Catania abbiamo paura di un
futuro che impoverisca la nostra città. Abbiamo paura di una
politica del “si è fatto sempre così”; che non sia frutto di
scelte condivise e rinnovate. Abbiamo paura di una politica che
non risolva i problemi della città, ma li complichi con
amministratori poco competenti, eterodiretti, con problemi in
sospeso con la giustizia, che non danno esemplarità in una città
che ha al suo interno una parte della sua popolazione agli
arresti domiciliari. Per questo chiediamo a Sant’ Agata che ci
faccia risuonare come rassicuranti le parole di Gesù: “Non
abbiate paura”. E che ci faccia essere decisi come lei.
Non abbiate paura non è una
frase che lascia tranquilli, come il famoso oppio dei popoli,
che addormenta la coscienza e muove al disimpegno e alla delega
in bianco, che non si può più rinnovare. Quello che purtroppo è
divenuto un costume, che elezione dopo elezione ci fa perdere
pezzi di cittadinanza e di vita democratica, ha le sue cause che
le persone intelligenti conoscono, e richiede che la speranza si
organizzi e ci veda corresponsabili.
Non abbiate paura, come sant’
Agata. Cioè abbiate speranza. Sant’ Agostino scrive: “Chi gode
nella speranza, avrà un giorno anche la realtà. Chi invece non
ha speranza non può arrivare alla realtà”( In Io ep. Tr.8,13)
Il poeta francese Charles
Peguy dice che la speranza è “quella piccina, che trascina
tutto. Perché la Fede non vede che quello che è. E lei vede
quello che sarà. La Carità non ama che quello che è. E lei, lei
ama quello che sarà. (…)Non è una schiava, questa bambina è
irriducibile. Lei replica per così dire alle sue sorelle; a
tutte le virtù, a tutti i misteri. Quando loro scendono lei
sale, (è molto ben fatto,) Quando tutto scende solo lei risale e
così le doppia, le decuplica,le allarga all’infinito. Dio ci ha
fatto speranza.” Che la speranza prenda per mano la fede dei
devoti di sant’ Agata, le istituzioni; prenda per mano la carità
politica e la carità per i poveri; e le porti nella terra del
futuro.
Questa fanciulla Santa di
nome Agata dice a tutti. ‘Abbiate speranza! Rialzatevi.
Costruite la Chiesa e la vostra città, portando nel futuro una
fede sincera ed una carità operosa. Soprattutto una operosa
carità politica, che sappia fare alleanze tra le generazioni,
coinvolgendo i giovani, e con tutti i quartieri, anche i più
periferici, perché Santa Aiutuzza non fa differenza fra le vie
eleganti del centro e le strade dissestate di periferie. Io ho
creduto nel Dio che conta i capelli del nostro capo’”.
La
processione continuerà per le vie Umberto, Grotte Bianche,
piazza Carlo Alberto; dinanzi al Santuario dell'Annunziata al
Carmine omaggio dei Padri Carmelitani, riflessioni del p.
Francesco Collodoro; si proseguirà verso piazza Stesicoro dove
ci sarà il messaggio dell'arcivescovo alla Città. Lungo la
salita dei Cappuccini e piazza S. Domenico le sacre reliquie
raggiungeranno la Chiesa di S. Agata la Vetere
|
5 Febbraio
Antonio Zeta
Stanotti Catania è
vistuta co saccu iancu,
A coppula niura, n’cudduni
vicinu o ciancu,
Ma chi tempu ca c’è,
ma chi friddu ca fa,
Su chiovi o casca u
cielu, Catania è sempri dda.
U cinqu Febbraiu è
sacru ppi cu ci criri,
Cu veni ppa calia e
ppe bummi non po’ capiri,
Ma chi fudda ca c’è,
ma chi ha fede lo sa,
ca tu ni senti comu
su fussi cca.
Sant’Aituzza bedda tu
ca si appuggiata supra e manu ro Signuri,
Riccillu quantu senza
iddu semu nenti, com’è friddu u nostru cori,
ca avemu sempri tuttu
chiddu ca vulemu e non n’abbasta mai…
Eppuri o munnu esisti
genti ca non mancia e è sempri ammenzu e guai…
(PARLATO)
Sant’Aituzza bedda,
Sant’Aituzza,
Sant’Aituzza bedda,
Sant’Aituzza…
Agata giurò al suo
Cristo amore eterno,
noi siamo fieri,
ammiriamo il suo grande esempio,
c’è una donna che
piange, le sue lacrime al vento,
brillan diventano
stelle in firmamento…
È l’alba ormai i
cannalori su chiu pisanti,
a Vara, i devoti, i
cannili su e quattru canti,
ma la donna che
piange ora accenna un sorriso,
qualcuno le ha dato
la mano, dal paradiso…
Sant’Aituzza bedda tu
ca si appuggiata supra o pettu ro Signuri,
ascuta l’anima
sincera de to frati, ca si rapi comu n’ciuri,
e ni scannamu tutti i
ionna tra nuattri e motivu non ci n’è…
I figghi crisciunu e
n’ascutunu chiu e pattri, perché pensano per se…
Sant’Aituzza bedda tu
ricemu n’coru ca ti vulemu beni,
Sant’Aituzza u sapemu
ca n’aiuti, picchi tu ni voi beni,
E travagghiamu ionnu
e notti e a carina non na sintemu chiu…
E si sta vuci finu in
cielu non c’arriva ppi favuri parra tu…
(PARLATO)
Sant’Aituzza bedda,
Sant’Aituzza,
Sant’Aituzza bedda,
Sant’Aituzza, Sant’Aituzza…
|
Oggi il grande giorno
finalmente è arrivato, il giorno più importante dell’anno per
tutti i catanesi devoti a S. Agata: il giorno del trionfo della
fede, il giorno della grande gioia, il giorno del
ringraziamento, del grande incontro della Santa Patrona con i
propri concittadini.
Questa foto di F. Raciti ha vinto il 2° premio al concorso
fotografico Sant'Agata 2009, organizzato dall'Assessorato alla
Cultura del Comune di Catania.
Nun c'è ventu, nun c'è acqua, nè bufera nè
timpesta
casca u munnu ma a Fribbraiu a Catania si
fa festa.
Si fa festa alla Patruna di Catania,
virginedda...
marturiata finu a morti, sposa a Diu,
nobili e bedda.
Fù Quinzianu, pritinnenti, ca ppi raggia e
ppi dispettu
ordinò senza pietà di scipparicci lu pettu.
Alla morti di la Santa la città si 'nginucchiava
e lu focu di la lava antrasatta s’arristava.
E accussì, annu ppi annu, nun c'è ventu nè
timpesta
in unuri di la Santa a Catania si fa
festa.
Tutti appressu alla Santuzza, Prisidenti,
Cardinali...
Acchianata San Giulianu, Culliggiati,
Cattittrali...
la Carrozza ddo Sinatu ccu li primi
cittadini
Cannalori ca' annacata...Quattru canti
...i Cappuccini...
Li divoti tutti a fila... giuvineddi,
nichi e granni
ca trascinunu la vara... e t'arrizzunu li
carni.
Ccu li sacchi janchi janchi tira tira lu
curduni
c'è cu 'nvoca la Santuzza... c'è cu preja
a ginucchiuni.
E lu coru li suori... e lu Duomu...e li
cantati...
e li viali... e li traversi... comu stiddi
alluminati.
Bancarelli ccu turruni, cosi duci,
cassateddi...
appustati strati strati, gnuni, viculi e
vaneddi.
Ogni annu è tradizioni, nun spiatini
pirchì ...
la sparata di li bummi chiazza Burgu... e
a sira o trì
Nun c'è ventu, nun c'è acqua, nè bufera,
nè timpesta
casca u munnu ma Catania a Frivaru si fa
festa.
Lu splinnuri di la Santa, l'emozioni di li
genti
comu n'ecu ca cuntaggia tutti i cincu
cuntinenti.
Emigranti di luntanu... janchi, niuri,
longhi e curti
arrispunnunu cchiù forti....semu tutti
divoti tutti...
Ma ‘na vuci... tra la fudda... si fa largu
e acchiana jauta...
E' la vuci di Catania: Cittadiniiiiii....
Evviva Sant'Aita!
|
|
S. Agata ritorna tra i suoi devoti, si fa una di loro, loro
sorella, loro protettrice, loro compagna, loro amica, loro
guida. S. Agata giovane tra i giovani; il tempo non ha mutato la
devozione e la fede; S. Agata è stata sempre tanto amata e
venerata con grande concorso di popolo.
IL POMERIGGIO E
LA SERA DEL 5 FEBBRAIO (giro interno)
Camera con vista
nei B&B e posti-balcone a 15 euro
Lucy Gullotta - La Sicilia,
4.2.2014
La festa di Sant'Agata? E'
affascinante vederla dall'alto, dalle terrazze del centro
storico. Arrivano i giorni clou della festa e scatta la corsa ad
accaparrarsi il posto più bello da cui assistere al passaggio
della Santa in processione.
E' momento di crisi, è vero.
Ma è questo il tempo per attrezzarsi al meglio e sfruttare le
potenzialità della festa al massimo. Una delle abitudini più
diffuse, quasi una tradizione, per chi vive nelle vie attraverso
le quali transita il fercolo, preceduto dal corteo dei devoti
che tirano la vara, è da sempre quella di riunire nelle proprie
case amici e parenti, organizzare aperitivi e cene per ammirare
da terrazze, balconi e persino finestre l'affascinante percorso
della Santa.
Tanti proprietari nel tempo si sono attrezzati,
hanno fatto tesoro del bene posseduto e affidati
all'organizzazione di agenzie di viaggio hanno realizzato un
vero e proprio business: affittare terrazze e balconi da cui
potere ammirare senza stress la processione. Il prezzo per
seguire la festa da un luogo sicuro e tranquillo, lontano dalla
folla e in una posizione prestigiosa? Appena 15 euro a persona.
Una festa a cui i catanesi non vogliono rinunciare e il sold out
è garantito.
La passione per la Santa, la
devozione e la voglia di rivederla dopo un anno il più da vicino
possibile supera ogni limite. Così che molte delle stanze nelle
piccole pensioni del centro vengono affittate dai catanesi
stessi. «Molti abitano nell'hinterland e non volendo perdere
nessun momento della festa: dalla messa dell'Aurora al canto
delle Clarisse sino al rientro della Vara preferiscono affittare
una stanza, questo consente loro anche di potere riposare tra un
appuntamento e un altro. Sono prenotazioni che facciamo anche
con un anno di anticipo soprattutto per le camere con balcone -
spiega il titolare di una pensione in via Vittorio Emanuele -
sempre alle stesse persone, ormai è diventata un'abitudine».
La festa in onore di
Sant'Agata attira anche molti turisti, benché si parli sempre di
un turismo last minute e "mordi e fuggi". Sono infatti numerosi
coloro che ritornano a casa proprio in questo periodo dell'anno
per venerare la Santa patrona, anche solo per deporre un cero
sul fercolo o per recitare una preghiera in cattedrale. Gli
alberghi del centro, soprattutto quelli che si trovano in
prossimità di piazza Duomo, via Vittorio Emanuele, via di
Sangiuliano, così come anche in via Cappuccini, sono i più
gettonati. Ha ricevuto una decina di turisti senza prenotazione
il titolare di un B&B. «In questi giorni funziona così, i
turisti arrivano osservano il fermento della città e decidono di
fermarsi nei giorni a cavallo della festa, è chiaro prima di
tutto vengono richieste le camere con balcone e queste credo che
in centro siano già tutte esaurite».
Nel pomeriggio, dopo la S.
Messa delle ore 16,30 presieduta da un Vescovo, alle ore
18,00 circa S. Agata fa la sua seconda uscita dalla
Cattedrale per la seconda processione, definita “processione
del giro interno” della città, perchè la processione si limita
soltanto a percorrere le vie del centro storico catanese.
Questa volta l’addobbo
floreale del fercolo, a differenza della processione del giorno
precedente che era composto da garofani rosa, simbolo del sangue
versato dalla martire per i vari supplizzi del martirio, è
composto da garofani bianchi, simbolo della purezza della Santa
che è salita tutta pura e casta al cielo.
Unni arrivau a
Santa? Dov'è arrivata la Santa? E' la domanda più frequente tra
i devoti
Lucy Gullotta - La Sicilia,
5.2.2014
Dov'è arrivata la Santa? E'
la domanda più frequente tra i devoti. Un fiume di persone con
il sacco bianco che si dirige verso il fercolo, per non perdere
il passaggio della vara.
Tra la folla ci sono
Sebastiano De Gregorio e Angela D'Urso. Sono sposati da 34 anni,
da 30 si sono convertiti a un altro credo. «Siamo Cristiani
Evangelici, i santi sono un esempio ma l'adorazione è solo verso
Cristo» chiarisce De Gregorio, che però segue con interesse,
insieme alla moglie, il passaggio del fercolo. «Non veneriamo le
statue - precisa l'uomo - ma il lato folcloristico della festa è
davvero unico. Siamo catanesi e come tutti veniamo ad ammirare
le candelore, viviamo l'atmosfera della festa che non ha nulla a
che vedere con la religione». «Agata è una donna di Dio -
conclude la moglie Angela - non so se sarebbe felice di vedere
tutto questo business che si è creato attorno alla sua figura…».
Sant' Agata riunisce attorno
a sé le preghiere di tanta gente che crede, piange, si accalora
al suo passaggio.
Tanti uomini, ma sempre più
donne oggi indossano il sacco bianco con qualche eccezione. «Ho
cominciato a indossare il sacco quando avevo 14 anni per una
grazia ricevuta, in quel periodo le donne indossavano il sacco
verde, oggi per la maggior parte anche le donne vestono quello
bianco ma a me piace mantenere la tradizione e continuo a tenere
quello verde, simile alla tunica che avrebbe indossato la Santa
durante il martirio», spiega Antonella Sciuto, 29 anni, mamma di
tre bambini: Delia di sei anni che già tira il cordone del
fercolo insieme al nonno, e i piccoli Giovanni di quattro e
Davide di tre anni. «Delia però indossa il sacco bianco. E'
giusto che si uniformi al nuovo modo di essere devoti» conclude
la giovane mamma che porta in spalla lo zainetto rosa della
figlia che spicca sul verde della tunica. Un sorriso e poi anche
lei accelera il passo e via di fretta in direzione del fercolo
per riunirsi alla famiglia e tirare il cordone.
Aspetta con infinita pazienza
il passaggio della vara Marta Masutto, 33 anni, insieme alla
figlia Rachele, ben sistemata in un comodo marsupio, di appena
13 mesi, e alla suocera. «Seguo la festa da quando avevo l'età
di Rachele - afferma la giovane donna indicando la figlia - mi
portava mia madre che oggi è fuori per una visita medica. Sono
qui anche per questo, per lei… Per osservare il volto di
sant'Agata e chiederle se possibile una grazia». «Dobbiamo
pregare sant'Agata, ma non dobbiamo dimenticare il suo martirio
e quello che per ogni donna Agata rappresenta», esclama Veronica
Giuffrida, 41 anni.
Già, non bisogna dimenticare
che sempre più donne si rivolgono oggi a sant'Agata, che fu
martirizzata con l'amputazione delle mammelle, per scongiurare
le malattie e i tumori al seno e, più in generale, contro tutte
le malattie femminili. Numerosi sembra siano i casi di
guarigioni miracolose operate per intercessione di sant'Agata su
casi diagnosticati inguaribili. «L'anno scorso mi è stato
diagnosticato un cancro al seno, oggi sto bene - precisa la
donna - perché è stato individuato precocemente. Il mio è un
invito a tutte le donne a fare dei controlli, la prevenzione è
importante: è un dovere verso noi stesse e i nostri figli»
sottolinea Veronica. «Ho sempre seguito la Santa e da bambina il
racconto del suo martirio, l'idea che le venisse strappato il
seno mi impressionava. Oggi penso a tutte le donne che soffrono,
mi sento partecipe del loro dolore…».
La processione percorre la
via Etnea, passando da piazza Università, Stesicoro e dalla
villa Bellini; successivamente imbocca la via Caronda
alla volta di piazza Cavour, o Borgo per i catanesi, per
i tradizionali fuochi d’artificio.
Nella processione del 5 sera,
S. Agata, oltre ad essere preceduta dalle candelore, soprattutto
è preceduta da migliaia di devoti in “sacco” bianco che portano
per voto dei grossi ceri accesi.
Essi percorrono la
processione precedendo i numerosi devoti che tirano i due lunghi
cordoni della vara, illuminando il percorso e faticando molto
nel trasportare sulle loro spalle questi grossi ceroni, a volte
per chiedere una grazia, o a volte per ringraziare la Santa per
una grazia ricevuta.
In alto i cuori e
anche gli smartphone
carmen greco La Sicilia - 05
Febbraio 2014
In alto i cuori e anche gli
smartphone. Una selva di telefonini illumina la cattedrale per
l'incontro dei devoti con S. Agata. E anche quando alle 7.15 il
busto reliquiario viene issato sul fercolo, i cellulari si
agitano tanto quanto i fazzoletti bianchi.
S. Agata torna con la sua
gente che l'accoglie con un boato affettuoso, nell'immenso
catino bianco e nero di piazza Duomo abbagliata da un
inaspettato sole di primavera.
Si è svegliata presto Catania
per rituffarsi nella sua festa, nel suo specialissimo
"capodanno". Il serpentone ondeggiante di "cittadini" sguscia
sotto l'arco di Porta Uzeda come un'onda che lambisce gli Archi
della Marina, giù fino alla stazione. Attraversa la solita
casbah di venditori di tutto: candele, statuette, poster,
torroni, magneti. L'effigie di S. Agata su tutto, la voglia di
festa su tutto. Voglia di una festa «nuova».
La mattina del 4 appartiene
alle famiglie. Nuvole di «Peppa Pig» e «Minion» navigano tra le
teste dei portatori di candelore. Bambini e passeggini,
merendine e biberon, sulle spalle di papà a guardare «quanto è
bella S. Agata». In piazza dei Martiri non vengono "sparati" i
fuochi per la delusione di chi li vedeva correre in piccole
nuvole verso il mare.
L'incontro con i disabili, invece, c'è,
così come l'abbraccio con i gruppi di preghiera all'interno del
cordone. Negli anni passati sembrava più una tappa obbligata,
oggi c'è chi è pronto a giurare in una nuova consapevolezza
dell'incontro con l'altro da parte dei devoti.
C'è un passo diverso
nell'andatura del fercolo e si vede. Viale Libertà a tempo di
record e l'arrivo in piazza Carlo Alberto alle 15.20, lo
testimoniano. Non era mai successo. Quando le campane di S.
Gaetano alle Grotte cominciano a suonare non ci si crede.
Bisogna aspettare l'assordante conferma dei fuochi al Carmine
per rendersi conto che S. Agata è proprio lì, ai piedi del
Santuario.
L'odore della polvere pirica
copre tutti gli altri, quelli della carne arrostita,
dell'incenso, dei cassonetti fradici lungo la salita verso la
chiesa. «Che schifo - si lamenta qualcuno - avrebbero potuto
almeno chiudere i coperchi».
Alla Fiera il mercato storico
ha levato le tende per far posto a S. Agata. Restano i venditori
improvvisati di polpette e di fette di cedro con il sale. Pochi
i balconi occupati, segno che in tanti sono fuggiti da un luogo
suggestivo ma dal quotidiano invivibile.
Le gradinate della Chiesa del
Carmine sono una sorta di galleria teatrale in attesa
dell'arrivo della «Star» e sulla piazza le voci e i rumori si
spalmano come in un unico brusio sorvegliato e attento. Sul
sagrato della chiesa i ragazzi del catechismo parrocchiale
inscenano gli ultimi giorni di S. Agata. Quando il cordone
arriva in piazza, la musica new age di Enya lascia il posto
all'Inno di S. Agata. Un'anziana La cerca con lo sguardo «Unn'è
Sant'Aita? ».
Sulle facce dei catanesi
un'espressione da «stupor mundi», un lieve contagioso sorriso,
come quello dei bambini davanti a una montagna di gelato.
L'«effetto S. Agata» si fa sentire. Negli abbracci, nei mazzi di
fiori bianchi portati come una reliquia, nei saluti: «Per
Sant'Agata c'incontriamo sempre! ». Peccato che questo senso
della collettività, questa appartenenza condivisa, questo rito
identitario della "catanesitudine", sia un incantesimo che
svanisce dopo tre giorni.
Sant'Agata e la Madonna del
Carmine, patrona e compatrona, l'una di fronte all'altra. Per la
prima e seconda festa cittadina si mette in marcia lo stesso
popolo. Lo stesso che il parroco del Carmine, Francesco
Collodoro, si chiede «dove sia la domenica? », per poi incitarlo
a «non farsi fregare la speranza» e a «non aspettarsi sempre
tutto dagli altri. Ognuno deve fare la sua parte, come Agata ha
fatto la sua. Questo popolo può rendere Catania più buona,
bella, pulita, e non solo - chiosa - per la munnizza che qui in
piazza Carlo Alberto non manca mai... ».
Sono emozionanti le
storie che legano i fedeli a Sant' Agata.
Toccano il cuore per
l'intensità, per la forza capace di generare un amore senza
fine. Sono come sempre numerosi i devoti che seguono il fercolo,
tanti quelli che ne attendono il passaggio con i fiori in mano e
i ceri da donare alla Santa.
Il marito inconsolabile. I
ceri di Giovanni, due per l'esattezza, li tiene in mano la
cognata Antonia. Lui è visibilmente emozionato, accarezza il
capo di entrambi i suoi figli Lorenzo e Riccardo. Per il signor
Giovanni il passaggio segna un momento importante legato al
distacco dalla moglie scomparsa poco tempo addietro. Lui non
parla perché è troppo commosso ma ricorda al piccolo Lorenzo
cosa si sono detti a casa, prima di andare ad incontrare la
Santa patrona. «Devi chiedere una cosa importante a Sant'Agata»
sussurra Giovanni al figlio. «Sì - risponde Lorenzo - dobbiamo
offrire i ceri e chiedere a Sant'Agata di parlare con mamma
lassù in cielo e dirle che le vogliamo bene…». Non è devota zia
Antonia che però sottolinea: «Ci credo molto perché la sento una
festa del popolo e pur non essendo profondamente religiosa il
calore di tutta questa gente mi fa stare bene».
La mamma devota. «Entrambi i
miei bambini indossano il sacco» racconta Rosaria, giovane mamma
a tempo pieno. «E' qualcosa di intimo che deve restare dentro di
me, un legame che mi unisce alla Santa ma sì - confessa
timidamente - ho ricevuto una grazia e da dieci anni indosso il
sacco per devozione». Il piccolo Carmelo ha appena tre anni e
non solo indossa il sacco ma, insieme con il suo papà, Giovanni,
tira addirittura il cordone della vara. «Indosso il sacco da
trent'anni per grazia ricevuta da mia madre, praticamente sono
uscito dall'ospedale con il sacco già indosso…».
La famiglia ospitale. Da un
balcone lungo via VI Aprile la famiglia Sagù segue la
processione. «Non siamo devoti, nel senso che io non ho mai
indossato il sacco - afferma Angela, tra l'altro neomamma di una
splendida bimba di nome Dalila - ma la festa è appassionante,
credo nello spirito della devozione e ne rispetto il
significato». Non saranno devoti tradizionali i componenti della
famiglia Sagù, ma la signora Gresy e il marito Daniel sono
gentili e disponibili. «Devoti in fondo lo siamo un po' tutti
per una questione di cultura e folclore. Poi se andiamo a
cercare il pelo nell'uomo scopriamo che in pochi conoscono la
storia di S. Agata». «Nemmeno io ho mai indossato il sacco -
sottolinea la signora Gresy - ma, da sempre, sono molto legata
alla Santa».
Il devoto per lavoro. Il
genero della signora Gresy, Gaetano Porto, invece segue la
processione per fede e anche per lavoro. Da qualche tempo
gestisce una pagina su Facebook "Perché a Catania" e in questi
giorni sta seguendo la festa passo dopo passo postando video e
foto. «La festa è una cosa seria - afferma - ed è
indissolubilmente legata al concetto di catanesità. Chi, per
ragioni di lavoro o studio, vive lontano segue tutto con
interesse e il seguito è davvero incredibile». Proprio così,
basti considerare che la pagina ha 68.321 mi piace. Un vero
record.
L'avvocatessa emozionata.
Elena Cassella, avvocato "senza pausa", ci tiene a precisarlo:
«Non sono devota, chi mi conosce lo sa bene. Mi sono trovata ad
assistere al passaggio del fercolo al viale Libertà per caso, le
strane coincidenze della vita, non seguo proprio la festa. Sono
sempre di fretta. Ma oggi mi sono fermata…» afferma commossa e
ne spiega il motivo. «Oggi (ieri per chi legge) si celebra la
Giornata mondiale contro il cancro e Sant'Agata è la protettrice
della salute del seno: trovarmi qui mi è sembrato un segno del
destino perché due anni faè mancata una persona cara che
lavorava da tanto tempo con noi. Una donna che si chiamava
Agata…».
La Sicilia, Lucy Gullotta
quindi essi promettono la
grossa torcia, di vario peso, tra cui molti tra i 50 o 100 kg.
Questi ceri quindi sono molto pesanti, e i devoti fanno molta
fatica a trasportarli sulle loro spalle, arrivando a fine
processione stremati dalla fatica e dal dolore.
Sommando il peso della cera
che si accumula, tra le migliaia di candele che vengono offerte
sul fercolo, soprattutto in questa giornata, e le grosse torce
portate a spalla dai devoti, che infine vengono mandate al
macero, questo peso supera di molto le tonnellate, Infatti,
durante la processione viene spesso effettuato lo scarico della
cera del fercolo, riempendo tantissimi camion di candele da
mandare al macero.
Questo è il testo del
«Messaggio alla città», pronunciato dall'arcivescovo mons.
Gristina ieri pomeriggio in piazza Stesicoro.
«Fratelli e Sorelle, ancora
una volta ci ritroviamo in questa splendida piazza che riesce
appena a contenerci. Siamo qui così numerosi e devoti perché
proprio in questi luoghi avvenne il martirio di S. Agata. Il mio
pensiero, in questo momento, corre alle persone che, pur non
essendo presenti qui fisicamente, ci seguono in collegamento e
specialmente a quelle ammalate che contemplano il volto della
nostra Patrona con fiduciosa speranza. A loro ed a voi,
carissimi amici, un affettuoso saluto, un ricordo nella
preghiera e il cordiale augurio di trascorrere serenamente
questi giorni di festa in onore di Sant'Agata.
«Guardiamo il volto
risplendente della nostra Santa Patrona per scoprire sempre
meglio il segreto che esso custodisce, per imparare a guardare
dove guarda Lei e per fondare la nostra vita dove l'ha fondata
Lei. Lo facciamo in questa città, che fu la sua città, in questi
luoghi dove, in un giorno di inizio febbraio dell'anno 251, i
soldati del governatore romano Quinziano le tolsero la vita, ma
non la libertà e la dignità.
«Che cosa aveva Sant'Agata di
così grande nel cuore, da essere capace di resistere alle
lusinghe e, poi, alle torture dei suoi carnefici? E' la domanda
che ancora oggi ci facciamo e che vogliamo riproporre alla
nostra attenzione. La giovane Agata non seguiva una ideologia,
le mode del tuo tempo, né seguiva una religione, ma una persona
che aveva afferrato la sua vita, Cristo. Per questo nella
tavoletta che fu collocata nel suo sepolcro troviamo scritto che
Ella si è lasciata guidare da pensieri santi, dal desiderio di
prestare onore a Dio e di ottenere la liberazione della sua
patria.
«Il legame con Dio e l'amore
alla sua città è stato testimoniato nei secoli in maniera
mirabile e molteplice. Fin da subito questa città l'ha vista
come un esempio da seguire, una figlia di cui tenere vivo il
ricordo, una patrona da imitare e invocare nei momenti cruciali
della vita. E per questo la sua fama s'è diffusa presto in tutta
la Chiesa d'Occidente e d'Oriente.
«Gli anni in cui visse S.
Agata, per certi versi, assomigliano ai nostri. Quelli di Agata
erano tempi di durissime persecuzioni contro i cristiani. Ma
anche oggi come non pensare ai nostri fratelli che in Medio
Oriente, in Siria, in Iraq sono stati costretti a lasciare
lavoro, case e città per non tradire la loro fede in Cristo? O
come non pensare alla situazione di nuovo paganesimo che stiamo
vivendo in questo scorcio di nuovo millennio?
«Siamo liberi, ma la nostra
libertà è vuota, ci diciamo felici ma la nostra gioia non ci
soddisfa, facciamo con sempre maggiore frequenza l'esperienza di
una vita senza uno scopo preciso, significativo e duraturo. Ciò
perché abbiamo escluso Dio dal nostro orizzonte di vita
quotidiana e ci siamo affidati a tanti nuovi dei: il potere, il
piacere, l'interesse individuale. Viviamo spesso tristi, senza
gioia, senza speranza, senza futuro. Il tasso di natalità
diminuisce, le fabbriche chiudono, i quartieri, soprattutto
quelli periferici, sembrano desolati.
«Non possiamo rimanere
insensibili e inerti di fronte al grido di chi soffre perché ha
perso il lavoro, perché ha subito violenza, è stato costretto a
emigrare. Per questo vogliamo tornare a guardare dove la nostra
Santa Patrona seppe guardare con coraggio e tenacia; vogliamo
uscire dal tunnel della tristezza, dal dramma della povertà,
dalla ferocia della violenza, per riscoprire invece la speranza,
la forza dirompente della solidarietà, l'amicizia e la
fraternità. E' questa l'unica via che ci permetterà di
sconfiggere la sconfortante delusione che spesso accompagna la
nostra esistenza.
«I santi, carissimi fratelli
e sorelle, non sono super-uomini, o super-donne, sono uomini e
donne come noi che ci testimoniano la verità dell'umano. Per
riscoprire questa verità elementare, la Chiesa italiana, e noi
con essa, siamo impegnati nel cammino di preparazione del 5°
Convegno ecclesiale nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13
novembre di quest'anno.
«Il tema del convegno parla
proprio di un "nuovo umanesimo" che si può raggiungere seguendo
Gesù Cristo e immedesimandosi con Lui. "L'accesso all'umano - ci
ricorda la traccia del Convegno di Firenze - si rinviene
imparando a inscrivere nel volto di Gesù Cristo tutti i volti,
perché Egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le
cicatrici".
«Agata è come un vetrino, un
tassello del volto luminoso di Cristo. Per questo le chiediamo:
tu che, rimanendo attaccata a Cristo, hai resistito al potere
tirannico, hai ridato speranza alla tua città e sei divenuta un
esempio per il mondo intero, aiutaci a non rassegnarci, a non
fidare solo sulle nostre povere forze, a guardare al dolore che
c'è attorno a noi, a sapere vedere il bene grande e nascosto che
c'è nella nostra terra. Perché, guardando te e guardando dove
guardi tu, anche noi possiamo avere pensieri santi, possiamo
desiderare di appartenere solo a Cristo ed essere disponibili a
lottare per la liberazione della nostra amata patria, della
nostra amata Catania.
Salvatore Gristina,
arcivescovo di Catania
La Sicilia, 5.2.2015
La quantità di candele
offerte è così enorme, che le candele offerte sul fercolo, per
dare la disponibilità di accontentare tutti i fedeli che
vogliono la propria candela accesa, vengono accese per pochi
minuti e subito spente ed accantonate, formandosi nel retro del
fercolo una montagna di cera, che deve essere spesso scaricata
dopo poche centinaia di metri dallo scarico precedente.
UNA PAUSA (e un
bacio) ad OGNI ARCATA DI
LUMINARIE
«Vendo più ceri
grazie alla crisi la gente li porta in chiesa e prega»
«Sembra un parodosso, ma è
grazie alla crisi se quest'anno sto vendendo più candele
rispetto al passato. La gente viene e mi dice: "Mi dia un cero,
così vado in chiesa, lo accendo e prego perché la mia situazione
familiare migliori"». Ma quella del signor Gambino, titolare di
una delle cererie più importanti della città, è l'eccezione.
Nelle altre, infatti, il trend delle vendite è in calo rispetto
all'anno precedente, «colpa della crisi» sostiene il signor
Cosentino, «ma forse colpa anche di un'assurda psicosi che
sembra essersi diffusa tra alcuni miei clienti, i quali hanno
disdetto diversi ordini di ceri destinati a Sant'Agata per paura
che, durante i momenti clou dei festeggiamenti, possa
verificarsi un attentato dell'Isis» dice il signor Viola,
titolare dell'omonima cereria in piazza Federico di Svevia.
«Un'altra leggenda metropolitana - continua Viola -. Ovviamente
ritengo che il motivo principale per cui sto vendendo meno ceri
sia la crisi economica. E io, da ex operaio, sono il primo a
dire alla gente che ha difficoltà a sbarcare il lunario di non
spendere i propri soldi per acquistare candele se prima non ha
portato da mangiare ai propri figli».
I rivenditori hanno
commentato, e criticato, l'ordinanza del sindaco Bianco che
vieta anche quest'anno, in occasione dei festeggiamenti per la
santa patrona, "l'accensione e il trasporto dei ceri accesi". «È
da diversi anni ormai che il Comune ripropone la stessa
ordinanza - dice il signor Cosentino - ed è dallo stesso numero
di anni che non viene rispettata. E sa perché? Perché è
un'ordinanza stupida. Se tu, Comune, poni un divieto, devi
offrire ai devoti un'alternativa. E non mi vengano a dire che
gli spazi offerti per l'accensione dei ceri sono idonei e
sufficienti, perché non lo sono affatto. Credo, tuttavia, che la
flessione delle vendite non sia dovuta all'ordinanza sindacale,
ma semplicemente alla crisi. Prima con 50.000 lire un padre di
famiglia portava a casa diversi ceri che bastavano per tutti.
Oggi con 25 euro, che è l'equivalente, purtroppo prendi davvero
poca roba».
«Io vendo ceri e dunque il
mio parere sarà giudicato di parte - dice il signor Viola -.
Cerco dunque di essere obiettivo. Perché il Comune non ha
ritenuto giusto e corretto trovare un punto d'incontro tra le
legittime esigenze di sicurezza e le altrettanto legittime
aspettative ed esigenze dei fedeli che vogliono accendere un
cero alla santa? Perché non ha mai sentito l'esigenza di
convocarci attorno a un tavolo per trovare insieme soluzioni
condivise? Vietare è la cosa più facile che un'amministrazione
possa fare. Ma così si va contro le ragioni dell'altro, senza
nemmeno provare a sentire quali sono le sue esigenze. Accendere
un cero, piccolo o grande che sia, a Catania è da sempre una
tradizione, una dimostrazione di fede, una volontà di voto».
«Guardi, la mia famiglia ha
quest'attività da quattro generazioni, sin dal 1795, dunque
l'ordinanza del sindaco non mi potrebbe mai trovare d'accordo -
dice il signor Gambino -. Bisogna trovare soluzioni nel rispetto
di chi porta avanti una tradizione pluridecennale. Per esempio,
perché non mettere 10 centimetri di segatura lungo tutto il
percorso, via Etnea e via Caronda soprattutto, chiudendole al
traffico già tre giorni prima del giro interno? Finita la festa,
la cera verrebbe rimossa con facilità. Questo venne fatto
diversi anni fa, credo con Scapagnini sindaco, e funzionò. I
luoghi che il Comune indica per l'accensione dei ceri sono
insufficienti. Potrebbero bastare sono per chi ha ceri piccoli.
Ma quei fedeli che fanno voto, non rinuncerebbero mai e poi mai
a portare sulle spalle il loro cero da piazza Duomo fino al
Borgo, e solo qui lo "consegneranno" alla santa. Non ci sono
ordinanze che possano impedirlo. Tanto vale, dunque, studiare
soluzioni alternative, perché alla sicurezza ci teniamo tutti,
non solo il Comune».
Non solo ceri nella
tradizione dei festeggiamenti agatini. Anche le mercerie di
solito concludono buoni affari, soprattutto quelle del centro
storico che vendono il sacco bianco, ovvero la veste devozionale
indossata da migliaia di devoti nei giorni clou della festa, e
il cappellino nero, che i catanesi chiamano "scuzzetta".
Levendite procedono lentamente, più lentamente del solito - dice
il titolare della merceria "Lara" di via Manzoni -. Rispetto
all'anno scorso registriamo una flessione di circa il 40%. Credo
che qualcosa stia cambiando nell'approccio con la festa. La
gente forse preferisce assistere alle fasi salienti della
processione, allo spettacolo dei fuochi pirotecnici, e pensa
meno all'aspetto religioso. Avverto un calo di fede. Spero sia
solo una mia sensazione».
Per il signor Zuccarello,
dell'omonima merceria di via Manzoni, «il trend di vendite è
stabile. Non vedo differenze con gli anni precedenti - dice - e
per fortuna questo è un buon segno, considerato il momento di
crisi che attraversiamo. In questa edizione 2015 spicca un dato
su tutti: stanno andando a ruba i sacchi per i neonati. Vedremo
tantissimi pargoletti durante la processione vestire l'abito
devozionale. Un omaggio dei genitori alla santa patrona, alla
quale si affida il futuro dei propri figli».
Vittorio Romano, La Sicilia,
3.2.2015
Questa è una processione che avanza molto lentamente, più
lentamente del giorno precedente, per via della grande offerta
di cera sul fercolo, per i moltissimi scarichi delle candele sui
camion, e per la grande calca di folla; infatti la Santa, arriva
in piazza Borgo in tarda nottata, e di anno in anno
sempre con più ritardo nella tabella di marcia, oltre le ore
3,00 del 6 febbraio;
il ricercato
effetto "Caravaggio" effettuato dalle migliaia di fotografi nelle
sere di festa
Dopo il Borgo, S. Agata ridiscende durante la fredda notte
invernale per la via Etnea verso la Cattedrale, ed
arrivando all’angolo con la via A. di San Giuliano, o i
“Quattro Canti” per i catanesi, effettua l’emozionante corsa
della salita di Sangiuliano, intorno le prime ore del
mattino, oppure a giorno fatto..
Questa salita è molto
pericolosa perchè stretta, ripida e scivolosa, e con la grande
calca di popolo, ogni anno viene sempre più difficoltosa
eseguirla, creando spesso incidenti molto gravi, tra cui la
morte di un devoto, Roberto Calì, morto nel tragico incidente
dell’edizione 2004, scivolato involontariamente e schiacciato
dagli altri devoti caduti a catena sopra di lui.
Berlusconi: "Vi
restituirò i fuochi del Borgo"
Martedì 05 Febbraio 2013 - 19:21 di Francesca Marchese
L'ironia corre su Facebook e Berlusconi promette: "Vi restituirò
i fuochi del Borgo". E' questo il meme che si sta diffondendo
oggi tra i profili catanesi in occasione della Festa di
Sant'Agata. I Fuochi del Borgo, una delle tradizioni più care ai
catanesi, quest'anno non si svolgeranno per difficoltà
economiche del Comune. L'immagine, modificata al Photoshop,
raffigura un devoto con il sacco agatino mentre accende un cero
a Sant'Agata davanti alla chiesa Collegiata: il viso del devoto
è proprio quello di Berlusconi. Sotto il messaggio, il simbolo
di un partito politico. Su Twitter: #LiveSAgatN
nel 2014 tornano i fuochi
del Borgo
C’è una novità significativa nelle
celebrazioni agatine di quest’anno: tornerà (a grande
richiesta) lo spettacolo pirotecnico del Borgo, una tappa
tradizionale, durante la processione del 5 febbraio, che lo
scorso anno è stata cancellata a causa della spending review
sulla festa.
Nonostante un’ulteriore, ma
lieve decurtazione sul budget dei fuochi, la Vaccalluzzo
Event ha deciso di riaccendere il cielo di piazza Cavour con
uno spettacolo che si materializzerà appena la Patrona di
Catania si affaccerà sul Borgo. La notizia è stata
confermata anche dal sindaco Enzo Bianco.
“C’è stata una piccola decurtazione
del budget rispetto allo scorso anno, ma abbiamo
deciso di impegnarci direttamente per realizzare lo
spettacolo dei fuochi del Borgo. Ci è sembrato
giusto nei confronti dei devoti e delle persone che seguono
la festa, ed anche un nostro atto di devozione nei confronti
di Sant’Agata”, ha commentato Alfredo Vaccalluzzo che
considera da sempre la festa di S.Agata un fiore
all’occhiello della sua produzione.
Il maestro pirotecnico è oggi al
lavoro per gli ultimi ritocchi, sul piano della sicurezza,
agli spettacoli pirotecnici della Festa in particolare al
piromusicale della ‘sira o tri’ che si preannuncia, anche
quest’anno, particolarmente emozionate.
http://catania.blogsicilia.it/alla-festa-di-s-agata-tornano-i-fuochi-del-borgo/234385/
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