Ci svegliamo a Page, in Arizona. Oggi grande giornata di pietre. Pietre bianche, pietre rosse e pietre country. Alloggiamo al Lake Powell Resort, che da solo rappresenta il fulcro di tutto ciò che si svolge nella zona. Nei pressi di Page c'è Dead Horse Point, il punto in cui il Colorado si getta a "ferro di cavallo" sul Grand Canyon . Il luogo è famoso perchè qui furono girate alcune scene del "Massacro di Fort Apache" e le scene finali del film "Thelma e Louise". Lake Powell non è un lago naturale, ma un immenso invaso artificiale voluto tempo fa dal Governo che, per motivi di risorse naturali ed ambientali, con alcune strategiche deviazioni allagò con le acque del Colorado le alte voragini del Glen Canyon lasciando solo le guglie e le cime che si vedono oggi. Quindi, immaginando la parte sommersa, c'è da figurarsi quant'era grande questo Canyon, che per "navigarlo" nella sua intera lunghezza occorrono almeno due giorni! Nei weekend arrivano al lago i ricchi americani per ancorare le loro lussuose imbarcazioni e andare a pesca di lucci e salmoni, o andare a giocare a golf, o cazzeggiare bevendo birra e osservando come merce rara i poveri turisti europei che fotografano freneticamente, come giapponesi impazziti, centinaia di coniglietti che si aggirano intorno alle loro gambe. La sera prima li ho voluti sentire, ascoltarli da vicino. Ordino un rosso Savignon californiano e li ascolto vicini a me, seduti sui loro sgabelloni già mezzi ubriachi, uomini e donne. Al banco si accorgono che sono italiano e mi chiedono il parere sul vino. Non potevo esimermi dal dichiarare che era ottimo e alle mie lusinghe me ne offrono un altro bicchiere. Grandi! Non mi sono arrischiato a dire che ero siculo, altrimenti avrei dovuto firmar autografi! (e dire che noi siciliani, avendo una ricchezza del genere invidiata in tutto il mondo, ..... lasciamo perdere, questa è, purtroppo, un'altra storia). La mattina colazione "americana" (chi vuol capire capisca) a bordo di un panfilo per una mini crociera in mezzo al lago, salutati da decine di esibizionisti che ci scorrazzano attorno facendo sci nautico. Ad ogni loro evoluzione quasi ci chiedono l'applauso con le loro grida da cowboy. Fra le nostre risate, ci spelliamo le mani ben volentieri. Si accontentano di questo, non chiedono niente in cambio, giocherelloni come sono vogliono solo sentire "bravo!"! Appena sbarcati, ci mettiamo in viaggio in direzione del Bryce Canyon, quello dalle guglie bianche e rosse. E prima di arrivarci posiamo i nostri bagagli da Ruby's, storico ristoro del west americano. Se avete lo spirito giusto del cow-boy ma di quello vero, non col gulo di gomma degli autisti di città ma quello coi calli provocati dalla sella; quello con lo stomaco pieno di polvere rossa; quello che ha un urgente bisogno di una monumentale bistecca alta quattro centimetri; quello di Tommy Mix che puzza di Grizzwly, di sterco di bisonti e di cuoio consumato nelle stalle dei Mustangs; quelllo che guarda la sua amata sotto le stelle come uno scemo al suono dei violini elettrici, che va matto per la Bud beer "non light"; quello che ballerebbe il country una notte intera con le songs di Jhonny Cash, Dolly Parton, Alan Jackson e Willie Nelson masticando bocconi di tacchino avanzato dal giorno prima, proprio quello del Ringraziamento. Ebbene, se desiderate tutto questo, il posto giusto per voi è questo (se sei davvero un bovaro come si deve clicca sul suo link in fondo, please). Ecco dove siamo poi ritornati dopo il pomeriggio al Bryce Canyon. Un pomeriggio con gli occhi rossi, sia per la commozione che per il colore dei luoghi. Da non dimenticare. |
|
||
Horseshoe Bend, nei pressi di Page. Da qui saltarono Thelma e Louise per togliersi la vita. Se i cancelli del cielo sono questi, beh....in un certo senso, ne avevano ben donde!
|
Il lago prende il nome da un veterano della Guerra Civile, il Maggiore John Wesley Powell. Powell condusse la prima spedizione nota attraverso tutta la lunghezza del Grand Canyon – un'impresa coraggiosa lunga 393 km. La realizzazione della Glen Canyon Dam "Diga di Glen Canyon" nel 1964, ha creato uno dei più grandi bacini idrici dell'America del Nord. Questa massa di acqua, che occupa una regione chiamata Glen Canyon, è meglio conosciuta in tutto il mondo col nome di Lake Powell "Lago di Powell." Per darvi un'idea delle sue dimensioni, pensate che l'insieme dei litorali del lago misura circa 3.360 chilometri, una distanza più grande dell'intera costa statunitense dell'Oceano Pacifico.
Nomina "Lake Powell" a chiunque sia nato nello Utah e la loro mente si riempie di immagini di imbarcazioni di ogni tipo, dai cabinati, ai grandi yacht, alle piccole barche. Infatti, nell'area che circonda Lake Powell si possono trovare numerosi luoghi di villeggiatura e marinas (porticcioli) che affittano cabinati e "jet skis." Inoltre, i numerosi motel e ristoranti che si trovano lungo le sue sponde rendono possibile il soggiorno nel lago.
Per gli appassionati , il Lake Powell è sinonimo di pesca. Il lago e ricco di vari tipi di pesce persico, trota variegata, pesce gatto, luccio del nord ed altri. Altre attività di svago includono lo Sci d'acqua, le immersioni subacquee, la vela, il nuoto e la fotografia. Lo stesso Glen Canyon, comprendente la zona che si estende al di là del perimetro dell'acqua, è una destinazione remota ma conosciuta per il campeggio, le escursioni a piedi e con le Jeep. Per i visitatori statunitensi e internazionali che hanno soltanto pochi giorni da spendere al Lake Powell, l'esperienza fondamentale sta nella contemplazione di vaste quantità di acqua, di canyon di rocce rosse, di territori remoti un tempo abitati da popolazioni indiane preistoriche, nonché nelle escursioni a piedi e con Jeep, in una regione ricca di colori, tradizioni e paesaggi grandiosi del Vecchio West.
I centri turistici e gli uffici informazioni si trovano all'incrocio delle poche strade della zona o su quelle che portano al lago [Highway 95 e 278 dello Utah]. Infatti, l'unica via per attraversare il lago da Bullfrog Marina a Hall's Crossing (Incrocio di Hall) è su un traghetto. Il John Atlantic Burr Ferry, che fa traversate tra Bullfrog e Halls Crossing risparmia ai viaggiatori 210 chilometri. Il traghetto ha posto per macchine, camper, veicoli ricreativi, e autobus. In servizio tutto l'anno, ma ad orario ridotto durante l'inverno. Al Centro Turistico di Carl Hayden, che si trova presso la Glen Canyon Dam, a Page, i turisti sono invitati ad apprendere come apprezzare il monumento archeologico senza danneggiare il fragile ambiente del deserto. Le visite turistiche al Lake Powell sono più piacevoli durante la stagione primaverile e autunnale, quando le temperature sono miti. (La temperatura durante l'estate può raggiungere i 100 gradi Farhrenheit o 43 gradi Centigradi.) Sulle rive del Lake Powell ci sono cinque porticcioli. I campi organizzati sono aperti a Hite, Halls Crossing e Bullfrog Marina. Le prenotazioni per i cabinati, grandi yacht e barche a motore, per alloggio e per il posteggio dei veicoli ricreativi dovranno essere fatte con molto anticipo. Le escursioni con la barca al Rainbow Bridge National Monument (Monumento Nazionale del Ponte Arcobaleno) sono possibili tutti i giorni dell'anno e vanno da Bullfrog Marina, nello Utah a Wahweap Marina, Page, in Arizona.
|
La Country music
anche chiamata country and western music o
country-western, è il risultato dell'unione di forme popolari della
musica americana sviluppatasi nel sud degli Stati Uniti. Questo genere musicale si compone di molti filoni artistici; i principali tra essi sono il Bluegrass, parte acustica della Country Music, caratterizzata da veloci assoli di mandolino, banjo e violino, genere popolarizzato da Bill Monroe e dai Foggy Mountain Boys, e la Western music, caratterizzata da tradizionali ballate. Altri generi che derivano o originano dalla country music sono il Western swing, il Bakersfield sound, l'Outlaw Country, il Cajun e l'Honky tonk. Vernon Dalhart fu il primo cantante country ad avere successo nazionale (Maggio 1924 con "The Wreck of Old '97"). Altri artisti famosi di quell'epoca furono i Blue Sky Boys, Riley Puckett, Don Richardson, Fiddling John Carson, Ernest Stoneman, Charlie Poole and the North Carolina Ramblers e Gid Tanner & The Skillet Lickers. Alcuni tracciano le origini della country music moderna a due influenti gruppi: il cantante country Jimmie Rodgers e la Carter Family. Le loro canzoni furono le prime ad avere un riconoscimento nazionale, come le famose Sessions di Bristol in Tennessee, il 1° agosto 1927, nella quali Ralph Peer fu il talent scout e registratore di suono. Nashville
Sound [modifica] Nashville
Sound
|
Se volete portarvi a casa un poster indimenticabile di questa vacanza,
aspettate di scattare la vostra istantanea al Bryce Canyon, un grandioso
anfiteatro di pinnacoli, gli hoodoos, prodotti dall'erosione delle acque
e del vento, in tutte le sfumature dal giallo oro scintillante al rosso,
al rosa che sfuma ad un timido violetto, sino al bianco... Non è un
parco ampio, rispetto a molti altri, si attraversa tutto in meno di 100
km.
Situato nello Utah, il Bryce Canyon National Park è famoso per i cosiddetti hoodoos, formazioni geologiche naturali alte e sottili, prodotte dall’erosione di sedimenti rocciosi dei fiumi e dei laghi, e caratterizzate da una colorazione tendente al rosso, all’arancio, al rosa e al bianco, e per il Natural Bridge, un grande e affascinante arco scolpito in un’ampia fessura della roccia. Diventato monumento nazionale nel 1924 e istituito come parco nazionale nel 1928, il Bryce Canyon ha una superficie di 145 km² ed un’altitudine che oscilla tra i 2400 e i 2700 m. Il parco presenta 3 differenti zone climatiche costituite dalla foresta di abeti, la foresta di pini di Ponderosa e la foresta di ginepri e pini, con conseguenti variegate specie di uccelli (il Condor della California, la Nocciolaia di Clark, il falco pescatore, il falco pellegrino, il corvo imperiale, la ghiandaia di Steller, la rondine verdeviola) e mammiferi (lo scoiattolo di terra dorato e quello delle rocce, il puma, conosciuto anche come coguaro o leone di montagna, il chipmunk [uguale ai simpatici Cip e Ciop della Disney], il cane della prateria dello Utah, l’Antilocapra americana, il cervo mulo). Per quanto riguarda invece le specie di rettili e anfibi, nel Bryce Canyon si possono trovare il Crotalus oreganus, il cui morso è velenoso nel 30/40% dei casi, la Phrynossoma douglassi, che si mimetizza molto bene con il terreno, la Uta stansburiana, che ha un’elevata capacità di riprodursi, il Masticophis teaniatus, che si arrampica sulle piante per cacciare uccelli, e la salamandra tigre, che è la più grande salamandra vivente. Dal punto di vista naturalistico/vegetale, nel parco si possono vedere le foreste di abeti e pioppi, il pino giallo, le foreste di pino e ginepro, la quercia di Gambel, i cactus e la yucca. A seguire, abbiamo ancora l’abete del Colorado, che si trova vicino ai ruscelli tra i 2400 e i 2500 metri, il Pinus longaeva e il Pinus aristata, che crescono tra i 2280 e i 3500 metri, e la loro età stimata è di 1600 anni, l’abete di Douglas, il Pinus flexilis, che cresce tra i 1500 e i 3650 metri, il pino del Colorado, che cresce tra i 1500 e i 2100 metri, il pioppo tremulo, il ginepro delle Montagne Rocciose, con i suoi caratteristici frutti blu, la Dasiphora fruticosa dai fiori gialli, la Castilleja parvula, e l’Iris missouriensis, pianta molto tossica sia per gli animali che per l’uomo.
Il Bryce Canyon National Park è aperto tutto l’anno, eccetto a Natale e per il giorno del Ringraziamento. L’ingresso al parco è a pagamento, e al suo interno ci sono tre campeggi e il bellissimo hotel Bryce Canyon Lodge. Tra i sentieri più caratteristici del parco, che variano sia in lunghezza che in difficoltà, troviamo Mossy Cave (lunghezza 1,3 km), facile sentiero che porta vicino ad una grotta e ad una piccola cascata, Rim Trail (lunghezza fino a 17,7 km), sentiero che permette di vedere gli hoodoos dall’alto, Bristlecone Loop (lunghezza 1,6 km), sentiero che attraversa foreste di abeti e pini, Queen’s Garden (lunghezza 2,9 km), facile sentiero che scende nel canyon, da dove si possono vedere gli hoodoos alla base, Navajo Trail (lunghezza 2,2 km), sentiero di media difficoltà, Tower Bridge (lunghezza 4,8 km), sentiero di media difficoltà che scende per 290 metri nel canyon, Hat Shop Trail (lunghezza 6,4 km), sentiero di media difficoltà che scende per 438 metri, Swamp Canyon Trail (lunghezza 7,2 km), sentiero particolarmente difficile in una delle zone meno conosciute del parco, Fairyland Loop (lunghezza 12,9 km), difficile sentiero tra hoodoos e panorami spettacolari, Peek-A-Boo Loop (lunghezza 8,8 km), sentiero molto difficile, Riggs Spring Loop (lunghezza 14,2 km), lungo e ripido sentiero dotato di 4 aree di campeggio, che attraversa foreste di abeti e pini passando vicino ad una sorgente, e infine Under-The-Rim Trail (lunghezza 36,9 km), sentiero dotato di 8 aree di campeggio, che attraversa le regioni remote del canyon. Nel Parco nazionale del Bryce Canyon le temperature estive si avvicinano ai 30 °C, mentre quelle invernali minime si mantengono sempre sotto gli 0 °C. Per poterlo visitare meglio, magari per scoprire punti particolari del parco, sarebbe utile un fuoristrada, e inoltre il posto è ideale per scattare meravigliose fotografie. I luoghi più adatti per veri e propri scorci mozzafiato, sono sicuramente Sunrise Point of View, Sunset Point e Bryce Point of View, dal quale si può ammirare tutto il parco. Per arrivare al Bryce Canyon National Park, l’aeroporto più vicino è il Cedar City Regional Airport, distante 100 chilometri a est dal parco, mentre le due autostrade più comode per raggiungere l’entrata del Bryce Canyon, sono l’interstatale I-15 seguita dalla UT-14. http://www.myusa.it/parchi-nazionali-usa-stati-uniti/374-bryce-canyon.html
Una sosta obbligata per chi ama il West.
Prima categoria. Famoso motor inn degli anni Venti, è l'hotel più vicino all'ingresso del parco Bryce (2 km) e per oltre ottantant'anni ha accolto i visitatori del parco. Ricostruito nel 1976 e restaurato successivamente nel 1992, ha 368 camere semplici, ma confortevoli, con aria condizionata, televisione a colori, telefono e asciugacapelli. Ha tre ristoranti: Ruby's Inn Restaurant, Canyon Diner e Cowboy's Buffet and Steak Room e una stazione di servizio Texaco, una piscina coperta riscaldata e una all'aperto, negozio, parcheggio gratuito.
LE TOVAGLIE SUI TAVOLI DEL RISTORANTE
|
Il quarto giovedì di novembre è il Thanksgiving Day, la Festa del Ringraziamento, probabilmente la celebrazione più tradizionale e sentita degli Stati Uniti. La Festa del Ringraziamento è una di quelle cose che sono profondamente radicate nell'immaginario collettivo, anche se non ha nulla a che vedere con la nostra cultura e abbiamo visto celebrarla solo in TV. Tuttavia sono talmente tanti i film e telefilm che ci hanno mostrato stralci di questo giorno particolare per gli americani, che ormai ci sembra anche un po' nostra. Quasi tutte le culture del mondo hanno un giorno speciale per ringraziare per un raccolto abbondante. Anche la festa di Halloween era in origine un rito per celebrare l'inizio della stagione autunnale e ringraziare per il raccolto. Per ricercare le origini del Thanksgiving Day bisogna tornare indietro fino ai tempi dei Pilgrim Fathers. Nel 1620 una nave inglese, la Mayflower, con un centinaio di profughi religiosi a bordo, attraversò l'Atlantico per stabilirsi nel Nuovo Mondo. Si trattava di un gruppo di separatisti che aveva cominciato a mettere in discussione alcuni punti del credo della Chiesa Anglicana e voleva scindersi da essa. Queste persone, che la storia ricorda come Pilgrim Fathers (Padri Pellegrini), si stabilirono nei pressi dell'attuale stato del Massachussets, dove approdarono il 16 dicembre 1620. Il primo inverno fu piuttosto duro per loro: erano arrivati troppo tardi per coltivare molte colture, e senza del cibo fresco metà della colonia morì di fame o per malattie. La leggenda narra che la primavera seguente i nativi del luogo, forse indiani Irochesi, insegnarono loro come cacciare, pescare, coltivare mais, cibo a loro sconosciuto, e tante altre colture adatte a quella terra ignota. Nell'autunno del 1621 i pellegrini ebbero generosi raccolti di mais, orzo, fagioli e zucche. Inoltre avevano imparato, sempre dagli indiani, come cucinare mirtilli e diversi tipi di verdure. A questo punto i coloni avevano molto per cui ringraziare, per cui organizzarono una festa e invitarono ad unirsi a loro gli indigeni, i quali portarono cervi da arrostire e tacchini. Negli anni seguenti questi primi coloni continuarono a celebrare il raccolto autunnale con una festa del ringraziamento. La vera storia, però, è un po' diversa: gli indiani nativi erano già stati decimati dagli inglesi in una spedizione che ebbe luogo nel 1614, e solo un certo Squanto, indiano della tribù dei Pawtuxet, era sopravvissuto. Proprio Squanto era il responsabile di una coltura di mais di 20 acri, grazie alla quale i coloni poterono sfamarsi. Egli stesso, che a causa della schiavitù aveva imparato la lingua dei coloni, insegnò loro come coltivare mais, cacciare e pescare e li aiutò a negoziare la pace con la tribù Wampanoag, guidata dal capo Massasoit. Per celebrare la loro buona sorte, il capo dei coloni, William Bradford, organizzò una festa di tre giorni dopo il raccolto del 1621. Squanto e gli indiani non furono nemmeno inviatati, ad eccezione del capo Massasoit, ma fu lui, con grande disappunto dei coloni, che si presentò con un centinaio dei suoi. Non ci sono testimonianze che furono serviti tacchino, salsa di mirtilli e zucche o che furono recitate preghiere e i coloni non si riferirono mai a questa festa come al ringraziamento. Solo molto più tardi, quando il Thanksgiving Day fu istituito ufficialmente, lo si volle ricollegare a questo lontano episodio della storia americana, e sembra che il primo a farlo sia stato lo scrittore Alexander Young. D'altronde le testimonianze dei festeggiamenti organizzati da Bradford non furono ritrovate prima del 1820, quando venne fuori una descrizione, intitolata "Mourt Relation", della festa del 1621 scritta da Edward Winslow, uno dei capi della colonia di Plymouth. Tuttavia fu solo nei primi del '900, quando cominciarono ad apparire le prime illustrazione della festa, che l'immagine dei Nativi Americani e dei Pilgrim Fathers divenne l'icona del Giorno del Ringraziamento. Oggi è impossibile pensare a questa festa senza visualizzare mentalmente i Pilgrim Fathers e il tacchino!
Raggiunta l'indipendenza americana, il congresso stabilì un giorno del ringraziamento da celebrare ogni anno. Fu George Washington, nel 1789, a suggerire la data del 26 novembre. Nel 1863, dopo la lunga e sanguinosa guerra civile, Abraham Lincoln chiese agli americani di riunirsi l'ultimo giovedì di novembre e ringraziare: per la prima volta la festa fu celebrata a livello nazionale. Per motivi economici nel 1939 Roosevelt anticipò la celebrazione di una settimana, ma nel 1941 il congresso stabilì che il quarto giovedì di novembre sarebbe stata una festa federale proclamata ogni anno dal Presidente. Anche
oggi il Giorno del Ringraziamento cade il quarto giovedì di novembre,
ogni anno in un giorno diverso, e il Presidente degli Stati Uniti deve
proclamare questa data come celebrazione ufficiale. Tacchino, mais, patate, zucche e salsa di mirtilli sono diventati i simboli del primo ringraziamento, oggi riportati anche nelle decorazioni per la festa e sui biglietti d'auguri. Il mais, che rappresenta la sopravvivenza dei coloni, e la salsa di mirtilli, serviti nel primo ringraziamento, sono sulle tavole ancora oggi. I mirtilli crescevano e crescono tuttora abbondanti negli stati del Massachussets e del New England e gli indiani, che li usavano anche per trattare infezioni e per tingere tessuti, insegnarono ai coloni come cucinarli con zucchero e acqua per farne una salsa, che oggi si può acquistare già pronta in tutti i supermercati d'America. Nel 1988 ebbe luogo una celebrazione molto particolare per la Festa del Ringraziamento presso la cattedrale di St. John The Divine (New York), dove durante la notte si radunarono più di quattrocento persone. Fra di loro c'erano nativi americani che rappresentavano le tribù di tutta la nazione e discendenti delle persone i cui antenati erano emigrati nel Nuovo Mondo. La cerimonia fu una pubblica ammissione del ruolo degli indiani nel primo ringraziamento, avvenuto 350 anni prima, senza l'aiuto dei quali i primi coloni non sarebbero potuti sopravvivere in quella terra sconosciuta. Oggi il Giorno del Ringraziamento è una delle feste più allegre che animano l'America, con parate un po ovunque, in particolare a New York, dove la gente si riversa in massa a Manhattan per dare il via allo shopping natalizio. In questo periodo a New York ci sono due eventi da non perdere: la tradizionale "Parata del Giorno del Ringraziamento", con clown, bande musicali e star hollywoodiane, che parte dai grandi magazzini Macy's il 24 novembre alle nove del mattino, e l'inaugurazione dell'enorme albero di Natale del Rockfeller Center, la sera del 30 novembre. Se vi trovate da quelle parti a fine novembre non vi resta che gettarvi nella mischia! Se al contrario siete nella vostra casetta tutta italiana e avete tanta nostalgia degli States vi consiglio un menù a tema con tacchino, patate e mais. Non sarà come essere in America, ma ve la farà sentire più vicina. http://www.americanpizzaparty.com/zone/customs/art/giorno-ringraziamento.html
|
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
ALCUNI CAMPIONI DELLA GASTRONOMIA STATUNITENSE
|
La colazione americana com'è? Esagerata! Quando siamo all'estero, noi italiani, che siamo abituati al massimo al crossaint e cappuccino, per curiosità all'improvviso prendiamo quest'abitudine della colazione abbondante. Cosa che qui risulta rischiosa. Il rischio è quello di prendere subito alcuni chili se si comincia la giornata imitando gli Yankee. Ricordatevi quello che fece, alla fine, Nando Meniconi: vino e maccaroni! E' così abbondante per via delle sue origini, in quanto risale alla tradizione coloniale dei pionieri e dei contadini del West. Era abitudine assicurarsi il giusto nutrimento prima di affrontare la giornata di duro lavoro anche perchè spesso il pranzo veniva saltato per poi mangiare nuovamente la sera qualcosa di sostanzioso. Con la differenza che i pionieri si rompevano la schiena sui carri e sui campi e quindi smaltivano tutto; oggi, al massimo, muoviamo il pollice per selezionare i numeri del nostro cellulare e non smaltiamo proprio niente. "Loro", poveretti, si servono con frittate a forma di autentiche torte, immancabili tonnellate di uova strapazzate con bacon strafritto o salsicciotti alla griglia, cereali, zuppe, legumi, un'infinità di salse e creme, salmone, salumi, frittate, formaggi, patate, stracotti, bolliti, dolci, torte, pasticcini, decine di tipi di plum-cakes, brioches, latte, muffin, caffè, succo d'arancia, sciroppo d'acero. Oltre questo c'è sempre un addetto con un cosciotto di manzo appena cotto o un altro che ti chiede gli ingredienti che vuoi per la tua omelette. E poi grandi quantità di insalate e la frutta che qui, specialmente in California, è eccezionale, a dir poco straordinaria! La prima mattina a Los Angeles ho voluto assaggiare una di quelle ciambelle che zio Paperino preparava ai nipotini. Ero curioso, volevo sapere perchè Qui Quo Qua e Zio Paperone ne andavano matti. A Paperopoli avevano ragione: sono buonissime! Sono i famosi Donuts americani, ciambelline fritte con buco al centro, preparate con farina di forza e cosparse di zucchero a velo. E poi i famosi Pancakes, frittelle circolari fritte inzuppate nello sciroppo d'acero. Quante volte le ho viste mangiare nei film americani! A vederle mi sembravano una porcheria, assaggiandole mi sono dovuto ricredere.
E' un pasto singolare e molto variabile a seconda delle circostanze. Risente molto della colazione inglese, però si differenzia in alcune piccole sottigliezze... La colazione americana, pur essendo unica e caratteristica, ricorda, sotto certi aspetti, la colazione all'inglese. Negli States, il famoso breakfast è composto da un immancabile succo d'arancia, frutta fresca, cereali con latte freddo, toast imburrati, uova al tegamino, bacon fritto, patate fritte o altri legumi, talvolta salsicciotti o prosciutto cotto e per finire, dolci quali pancakes con sciroppo d'acero oppure muffin con caffè o tè. Questo tipo di colazione ha origini antichissime in quanto risale alla tradizione coloniale dei contadini e dei pionieri, soprattutto del West. Era infatti abitudine e buona norma, prima di andare a lavorare per l'intera giornata, assicurarsi il giusto nutrimento e le dovute energie già alla mattina presto, anche perchè il pranzo era assai misero e leggero (e molto spesso veniva addirittura saltato) e pertanto si sarebbe dovuta attendere la sera per mangiare nuovamente qualcosa di sostanzioso e di caldo. In queste abitudini antichissime si riflette ancora oggi il comportamento alimentare degli Americani: colazioni sostanziose, pranzi fugaci e leggeri, cene abbondanti. Tuttavia, il poter fare una colazione come quella descritta sopra, per un americano lavoratore di oggi è praticamente impossibile. Molto spesso, infatti, ci si limita ad uscire di casa bevendo un tazzone di caffè oppure un bicchiere di succo d'arancia e, al massimo, a mangiucchiare una fettina di pane tostato. I bambini, invece, solitamente mangiano un po' di corn flakes con latte freddo. Non è però inusuale, verso metà mattinata, fermarsi o recarsi appositamente in qualche locale e godersi una colazione-pranzo molto più sostanziosa. Ed ecco che allora ricompaiono la uova fritte, il bacon, il pane imburrato, legumi e le patate fritte (molto apprezzate sono le cosiddette french Fries, ovvero patate grattuggiate e gratinate al forno). Queste abitudini però si capovolgono durante il fine settimana oppure durante le feste. In tali occasioni, infatti, proprio come si vede nei film hollywoodiani, la famiglia si riunisce per il brunch, cioè una colazione molto lunga e molto sostanziosa, composta da numerose portate, una via di mezzo tra la colazione ed il pranzo. Solitamente viene consumata in casa, chiacchierando e leggendo il giornale domenicale (solitamente più spesso e più completo di quello feriale). Tuttavia, data la vastità sia geografica che culturale degli Stati Uniti, va notato che molte sono le differenze, anche riguardo alla colazione, a seconda della zona in cui ci si trova. Per esempio, nel New England (Maine, Connecticut, Rhode Island, ecc...), e in Arizona è più facile trovare a colazione dolci quali muffins (soprattutto ai mirtilli), pancakes, cookies, ciambelle, biscotti vari. Anche a New Orleans la colazione è molto più all'inglese che all'americana. Nelle Hawaii, invece, la colazione assume sapori molto più forti: salsiccia piccante, uova strapazzate con salsa al peperoncino e palline di riso. In conclusione, si può dire che negli Stati Uniti ognuno può trovare lo stile e i gusti che preferisce, anche nel fare colazione! Ce n'è proprio per tutti i gusti!
Generalmente la seconda colazione americana (lunch), consiste in un
sandwich, una minestra ed iinsalata e dura meno di un'ora. Di
conseguenza la cena, che è it pasto pin importante della giornata, si
consuma abbastanza presto alla sera. Il brunch è un'abbondante prima colazione all'americana, principalmente a base di uova, che viene servita durante it weekend e che rappresenta una combinazione di prima e seconda colazione. Un piatto tipico del brunch è "eggs benedicts": Uova in camicia su toast servite su una spessa fetta di pancetta canadese e ricoperte di salsa olandese. Il drink classico del brunch è la "mimosa", composto da champagne e succo d'arancio.
|
B.B.Q. RIBS
Prima di tutto una premessa: "barbecue" in America non significa cuocere bistecche e salsicce sulla brace, per questo esiste una parola meno nobile: "grilling". 'BBQ', una tradizione culinaria iniziata alla fine del 1800 sullo sfondo della conquista del West, significa, in soldoni, cuocere carne utilizzando legno o carbone a una temperatura bassissima e per un tempo esageratamente lungo. Poiché il bbq è a tutti gli effetti una cucina povera, i tagli di carne utilizzati sono tutt'altro che pregiati: per domare il "brisket", cioè la punta di petto, carne da bollito fibrosa e dura, ci vogliono dalle cinque alle sette ore a una temperatura di circa 200 gradi fahrenheit, 93 gradi centigradi. Lo stesso trattamento viene riservato alla spalla di maiale (anche in questo caso il taglio meno pregiato), alle costine di maiale o manzo (le baby back ribs sono il pezzo forte). E' dunque chiaro che il tradizionale grill, a legna o gas, non è adatto al bbq, per il quale è serve piuttosto un forno a legna, spesso costruito su misura per consentire questo particolarissimo tipo di cottura con il fumo. Le variazioni sul tema sono infinite nel sud degli Stati Uniti, lungo due direttrici regionali: nel sud est, dalla Virginia in giù, domina il maiale, nell'ovest del Paese, con epicentro in Texas, il manzo è il piatto di portata. Mancano alcuni dettagli al puzzle: il tipo di legno utilizzato, le salse agrodolci e piccanti e le spezie che accompagnano la carne e i contorni, inconsueti e spericolati nel trasformare verdura e insalate in irresistibili agguati alle coronarie. Morale: chi considera la cucina un veicolo per scoprire paesi e culture diverse dalla propria troverà nel bbq una varietà di sentieri.
Barbeque Sauce (Salsa Barbeque)
una delle salse più buone in assoluto, la salsa barbecue è una salsa americana usata per condire carni e cibi cotti alla griglia, è davvero squisita, andiamo a vedere di seguito la ricetta della salsa barbecue.............. Ingredienti: Mezza cipolla grande tritata finissima 4 cucchiai di zucchero 1/2 di tomato 1 cucchiaio di salsa worchester 3 cucchiai di aceto forte sale q.b. Molto pepe La ricetta è semplicissima, l' unica cosa a cui dovete stare attenti è rispettare gli ingredienti, quindi mettete in un tegamino la cipolla che deve essere tritata finissima diciamo anche frullata per intenderci, quindi aggiungete lo zucchero, il 1/2 bicchiere di tomato, la salsa worchester, l' aceto, infine aggiungete un pizzico di sale e molto pepe. A questo punto mescolate il tutto energicamente fino ad ottenere una salsa omogenea, quindi mettete sul fuoco a fiamma bassa e mescolate di continuo per circa 5-10 minuti, fate raffreddare prima di consumare, la salsa barbecue è pronta!!!
LA CARNE PIU' COSTOSA DEL MONDO Cosa succede quando l’amore statunitense per la carne e le lunghe frollature incontra i grassi e teneri manzi giapponesi? Nasce una delle delizie gastronomiche più care e desiderate degli ultimi anni: il dry aged wagyu beef. IL WAGYU ORIGINALE PUÒ ESSERE IMPORTATO LEGALMENTE IN ITALIA SOLTANTO DAL 2014 Il nome si traduce letteralmente come manzo giapponese frollato a secco; ma il significato include bocconi concentrati di carne e sapore, da far sciogliere sulla lingua fetta dopo fetta. Anche se in Italia siamo abituati da tempo ad andare oltre agli hamburger e ai sushi bar, può risultare difficile immaginare un incontro culinario del genere: il wagyu originale può essere importato legalmente negli Stati Uniti solo dal 2012 (dal 2014 in Italia), ma il risultato soddisfa senza dubbio le migliori aspettative. Il segreto è nel procedimento quanto nella materia prima: il dry aging, o frollatura a secco o a osso, è infatti un processo che consente di rendere i migliori tagli di carne ancora più teneri e saporiti. È utilizzato anche in Italia, nelle macellerie o nei ristoranti specializzati: la maturazione avviene in locali ventilati e può durare da una settimana a oltre un anno, anche se la media è di 28 giorni. In questo periodo le fibre perdono i liquidi in eccesso, i sapori si concentrano e il peso si riduce del 20-30%; allo stesso tempo, gli enzimi naturalmente presenti rendono la carne più tenera e adatta alla cottura. Sull’esterno dei grandi tagli lasciati a maturare si forma uno scuro strato protettivo, che previene la proliferazione batterica. La frollatura a osso ha però successo solo con i migliori tipi di carne, sufficientemente innervati di grasso: per questo il manzo giapponese, per sua natura marmorizzato da sottili venature bianche, è il candidato ideale. Wagyu, in giapponese, significa in realtà solo carne di manzo: pur lasciando da parte le leggende sui buoi nutriti a birra e sakè e amorevolmente massaggiati, tutte le razze di manzo del Sol Levante sono state selezionate per secoli al fine di garantire un’attenta distribuzione del grasso e dei sapori. Sono carni ricche di grassi insaturi, che letteralmente si sciolgono alla temperatura corporea e quindi al contatto con la lingua; eccessivamente grasse per un hamburger o una bistecca, sono perfette per carpacci e piccoli assaggi appena scottati. La combinazione tra dry aging e wagyu determina così una concentrazione del gusto del tutto inedita. Si dice che pochi bocconi siano in grado di soddisfare i palati più esigenti: verificarlo non è semplice, perché in Italia l’incontro fra manzo giapponese e lunghe frollature non è ancora diffuso. Se ve ne capitasse l’occasione, mettete da parte le pentole e limitatevi a una scottata in padella o sulla griglia. Anche se c’è chi, avendo avuto modo di assaggiare il wagyu maturato per quasi quattordici mesi, assicura che il dry aged wagyu beef sia ottimo anche crudo. http://www.agrodolce.it/2016/05/05/la-carne-piu-costosa-del-mondo-dry-aged-wagyu-beef/
|
I CONDIMENTI AMERICANI PIU' USATI PER L'INSALATA |
|
BLUE CHEESE | panna acida, siero di latte, gorgonzola sbriciolato, prezzemolo, salsa Warcestershire |
CAESAR | aglio, succo di limone. Tabasco, parmigiano, olio di oliva, acciughe, salsa Warcestershire |
FRENCH | aceto, succo di pomodoro, olio, aglio, senape, sale, pepe, zucchero, |
ITALIAN | aceto, zucchero, olio di oliva, aglio, senape, erbe aromatiche |
RANCH | latticino, maionese, panna acida, aceto, senape, aglio, erbe aromatiche, zucchero, sale, pepe |
THOUSAND ISLAND | maionese, ketchup, succo di limone, peperone, cipolla, prezzemolo, salsa relish agrodolce con sottaceti tritati, cayenne, acqua, sale, pepe |
VINAIGRETTE | olio di oliva, aceto di vino rosso, senape, aglio, sale, pepe |
I vini Californiani sono classificati in accordo al sistema di qualità in vigore negli Stati Uniti d'America in cui si prevede la divisione territoriale delle aree vinicole. Il sistema prende il nome di AVA (American Viticultural Areas, Aree Viticolturali Americane). Il sistema di qualità Americano è spesso oggetto di critiche a causa del basso numero di norme circa le pratiche enologiche e culturali, un sistema che si ritiene piuttosto vago e permissivo ma che certamente consente ai produttori maggiori possibilità nell'iniziativa personale. Il sistema generalmente garantisce che le uve impiegate per la produzione di un vino siano state coltivate in un'area specifica e in genere con una quota minima del 75%. Nel sistema non sono previste categorie di qualità crescente, come accade, per esempio, in Francia o in Italia, tuttavia il sistema prevede delle divisioni che definiscono l'estensione dell'area vinicola in accordo alle divisioni amministrative della nazione. Le denominazioni riconosciute nel sistema AVA sono le seguenti: American or United States (Americano o Stati Uniti), Multi-State Appellation (Denominazione multi-statale), State Appellation (Denominazione statale), Multi-County Appellation (Denominazione di multi-contea) e County Appellation (Denominazione di contea). La Napa Valley è certamente l'area vinicola più famosa della California. Questa area, che si trova a circa 90 chilometri a nord-est da San Francisco, nonostante la sua fama e la sua importanza nello scenario enologico del paese, produce circa il 4% di tutto il vino Californiano. Il successo dei vini della Napa Valley sono dovuti sia alle sue condizioni ambientali ma anche alla determinazione e alla volontà di uno dei suoi più celebri produttori: Robert Mondavi. Il protagonista indiscusso dei vigneti della Napa Valley è certamente il Cabernet Sauvignon capace di produrre vini di qualità eccellente. Fra i vini bianchi sono interessanti quelli prodotti con Chardonnay, l'uva più diffusa della zona, e Sauvignon Blanc, mentre per i vini rossi, oltre al Cabernet Sauvignon, interessanti esempi sono offerti dal Merlot e dallo Zinfandel. Va comunque ricordato che i vini Americani che riportano in etichetta il nome di una sola varietà d'uva - i cosiddetti mono-varietali - possono contenere fino al 25% di altre varietà, ed questa è la pratica enologica più comune per i vini della California.
La
Napa Valley è classificata come AVA, tuttavia all'interno del suo
territorio sono definite altre aree viticolturali di cui le più
importanti sono Atlas Peak, Howell Mountain, Mount Veeder, Oakville,
Rutherford, Spring Mountain e Stags Leap District. Nella Napa Valley,
come in altre zone della California, esiste anche un'interessante
produzione di spumanti metodo classico, generalmente definiti come
methode champenoise. La produzione di vini spumanti è piuttosto
interessante e coinvolge non solo i produttori locali ma anche alcune
aziende produttrici della Champagne che hanno acquistato a Napa Valley
terreni con lo scopo di produrre spumanti. Il risultato è una
produzione di tutto rispetto e che ha saputo, con i fatti, smentire i
pregiudizi che hanno interessato i vini spumanti prodotti in California
per molti anni.
All'interno
della contea di Sonoma sono definite altre AVA fra cui le più
importanti sono l'Alexander Valley, Russian River Valley (che a sua
volta include le AVA di Green Valley e Chalk Hill), Dry Creek Valley e
Sonoma Valley (che include l'AVA Sonoma Mountain). Fra queste l'AVA di
Alexander Valley è certamente la più nota, soprattutto per i suoi vini
da uve Cabernet Sauvignon e Chardonnay. La Russian River Valley, grazie
al suo clima più fresco, si fa notare per i suoi vini da Pinot Nero e
Chardonnay e, soprattutto, per i suoi interessanti spumanti metodo
classico, mentre Dry Creek Valley è
piuttosto celebre per i suoi vini prodotti con Zinfandel. A Sonoma
Valley e a Sonoma Mountain le produzioni più interessanti riguardano
vini prodotti con Cabernet Sauvignon, Pinot Nero e Chardonnay.
Nella
parte orientale della California si trova l'AVA di Sierra Foothills,
una zona piuttosto estesa di circa 250 chilometri quadrati e di cui le
più interessanti aree produttive sono la AVA di El Dorado e la contea
di Amador. Nell'AVA di El Dorado - un tempo celebre, pare, per l'oro che
portò nella zona un'enorme quantità di cercatori - è una zona
montuosa con clima fresco in cui le uve principalmente coltivate sono il
Syrah, Zinfandel e Petite Syrah, tuttavia qui si trovano anche Barbera,
Grenache Noir e Mourvèdre. La contea di Amador deve invece la sua fama
allo Zinfandel che alcune cantine producono con risultati piuttosto
interessanti, tuttavia qui sono inoltre prodotti vini con Sauvignon
Blanc, Cabernet Sauvignon, Chardonnay ed altre varietà di origine
Italiana, come per esempio il Sangiovese e la Barbera. Poco a sud di San
Francisco si trova invece la Livermore Valley, un'area vinicola
fra le più antiche della California, non molto estesa ma comunque
interessante. Le uve più importanti di quest'area sono il Sémillon,
Sauvignon Blanc, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Petite Syrah e
Zinfandel.
UNA CARNE A CINQUE STELLE
|
Un prodotto sicuro, super controllato, ideale per un’alimentazione sana: è la carne bovina americana. Ne abbiamo parlato con chi la conosce bene e ci ha assicurato che... non ci sono paragoni! La carne bovina americana è nota in tutto il mondo per la sua tenerezza, il gusto, la succulenza. In Europa il mercato è ancora limitato, ma assolutamente in crescita. Proprio per questo motivo abbiamo voluto conoscere più da vicino chi la carne americana la promuove, la importa e, infine, la cucina. E, naturalmente, la mangia, con la consapevolezza che si tratta di un prodotto davvero a cinque stelle. L’USMEF (US Meat Export Federation) è un’organizzazione senza scopo di lucro nata nel 1976 che si occupa della promozione della carne americana (bovino, suino, ovino) in tutto il mondo, oltre che dello sviluppo e dell’apertura di nuovi possibili mercati per questo straordinario prodotto. Tra le sue attività rientra anche quella di informare i consumatori sulle caratteristiche specifiche dell’American beef, con particolari programmi e iniziative volte ad educare anche gli operatori e i professionisti del settore. Anne Bardot, director public affairs and communications di USMEF per Europa, Russia e Medio Oriente, ci ha gentilmente concesso un’intervista sul mercato europeo della carne americana, in particolare del settore bovino. «Le esportazioni di carne bovina americana — inizia Anne — sono attualmente indirizzate soprattutto verso Paesi come Messico, Canada, Giappone e Medio Oriente. Per quello che concerne l’Europa, effettivamente, oggi le importazioni sono ancora limitate e questo per due specifici fattori. Quali sono i mercati principali in Europa per la carne bovina americana? «I mercati principali sono l’Olanda, l’Italia e la Germania. Ad oggi sono soprattutto i ristoranti di prestigio che ne fanno richiesta». Cosa distingue la carne americana da quella europea e sudamericana? «Quella americana è una carne molto, molto tenera, succulenta. La sottile marezzatura — ossia la distribuzione del tessuto grasso nel muscolo magro — che la caratterizza è il risultato della speciale dieta che gli animali seguono nella fase finale della loro vita. Spieghiamo meglio: i capi crescono per i primi 12-15 mesi liberi, in grandi pascoli aperti. Prima della macellazione, però, vengono trasferiti in un’area di ingrassamento, sempre all’aperto, dove la loro alimentazione viene completata, per un minimo di 100 giorni, con una dieta equilibrata e controllata a base di mais e cereali. Ed è proprio questa particolare alimentazione, a differenza di quella dei capi di diversa provenienza nutriti esclusivamente a foraggio, che assicura alla carne una tenerezza e un sapore davvero eccezionali».
Tre sono le caratteristiche principali: Chiediamo allo chef: Cosa cerca maggiormente come chef nel prodotto “carne”? «A dire la verità, io sono molto legato ai prodotti italiani e sono sempre stato un po’ titubante nei confronti dei prodotti esteri. Ma, lo ammetto sinceramente, mi sono proprio dovuto ricredere. E soprattutto su questo tipo di carne La carne, secondo me, deve essere di alta qualità e soprattutto possedere una certa regolarità. Noi chef dobbiamo poter offrire ai clienti che ne fanno richiesta lo stesso piatto che magari hanno già assaggiato e di cui sono rimasti soddisfatti. Inoltre, per quanto riguarda il manzo, il vitellone, la marezzatura, costituita da finissime infiltrazioni di grasso che si sciolgono durante la cottura, è davvero molto importante. Solo così si può ottenere un gusto superbo». In che cosa si distingue la carne americana secondo lei da quella europea? «Dal sapore e dalla tenerezza soprattutto. Ciò che fa la differenza, poi, lo ripeto, è la regolarità del prodotto, la sua continuità. E io mi ritengo molto soddisfatto di questo prodotto. Assolutamente». Come viene cucinata solitamente la carne americana? «In primis alla brace, poi proponiamo i filetti con salse al vino rosso, al pepe, e, secondo la stagione, anche con i funghi per esempio. Nel nostro locale c’è una grande richiesta di carne rossa, al contrario delle carni bianche. Il cliente apprezza innanzitutto una carne che sia tenera. Quando alla tenerezza si aggiunge un sapore così… la differenza si sente! Infine, fa davvero piacere ai tanti clienti americani vedere sulla carta l’American beef. Ne sono molto orgogliosi». Gaia Borghi
|