DIFENSORI CENTROCAMPISTI ATTACCANTI
Pagelle di http://www.mondocatania.com/wp/pagelle/il-pagellone-141591
LA SOCIETA'
HANNO LASCIATO CATANIA
Gladestony, Nava, Diordjevic, Bastrini, Gil, Pisseri, Paolucci, Russotto, Calil, Scoppa, Biagianti
IL RITORNO DI LO MONACO “La squadra? Ho già fatto tutto, e la settimana prossima iniziano le presentazioni” Lo Monaco ha continuato a rispondere alle domande degli addetti ai lavori. Queste le parole dell’amministratore delegato del Calcio Catania, raccolte da newscatania.com: “Non si può parlare di rilancio senza un investimento che possa ripulire situazioni arretrate. La situazione economica del 2004 si può accostare a questa attuale, ma c’è una netta differenza. Eravamo in Serie B, chee porta entrate, la Lega Pro è un campionato a perdere. Non è facile vincere. Ripartiamo dagli errori e riparte Nino Pulvirenti che ha la voglia di garantire un nuovo futuro a questo Catania. “Chi può dare torto alla tifoseria? Non è facile da sopportare tutto questo. Cosa penso di fare per recuperare il rapporto con i tifosi? Niente. Sappiamo che siamo qui per rilanciare, la gente si stringerà attorno. Poteva succedere qualsiasi cosa: il Catania è per me un figlio. Poteva chiamarmi il Real Madrid, io sarei tornato qui. Per me era un problema di cuore. Cercare che Catania possa recuperare l’immagine di un tempo è uno degli obiettivi. Ma l’immagine la recuperi con i comportamenti: la capacità di recuperare le regole. È il lavoro che ti porterà di nuovo ad essere una realtà stimata. Solo il lavoro ci potrà far recuperare quello che abbiamo accantonato. Abbiamo un CdA aumentato di un unità con l’avvocato Gitto e sarà aumentato a 5 unità. Ho già fatto la squadra. Dalla prossima settimana cominceranno le presentazioni. Serve un tecnico che sia capace, di spessore, con voglia di mettersi in discussione con il progetto. Catania vale. Chi viene a Catania deve sapere che viene in una piazza che vale. Questa è una dimostrazione d’amore di Pulvirenti. I problemi non li risolvi con la bacchetta magica, ma con i fondi. Il Catania rientra in un piano generale di Finaria. La situazione debitoria del Catania è molto difficile. Mi ha fatto molto piacere vedere il mio vecchio, giovane amico, che certe volte è stato come un figlio. Cosa che nell’ultimo mio anno di gestione avevo perso. La prossima settimana apriremo la campagna abbonamenti e risponderemo da Catania e catanesi veri. Non torno da socio, ma da amministratore delegato. Non ho mai conosciuto Vergara. Sono stato sono contattato da uno studio commerciale romano che rappresentano gli interessi di Vergara in Europa. Ho dato loro una consulenza, perchè era quello che mi hanno chiesto. La vertenza di 6.6 milioni di euro? Già fatto. Risolto. Il Catania inizia la stagione per essere competitivo. Faremo di tutto di per esserci. Quando mi sono rivisto con Pulvirenti sono scomparse in un minuto. Alla base ci sono stati 11 anni insieme, anche se ci diamo del lei, ma siamo due persone che hanno costruito qualcosa davvero importante per la città. Il giorno che ci siamo rivisti con Pulvirenti era il 28 maggio. Voi sapete che giorno è…“
sab 27 ago 2016 (16.30)
dom 4 set 2016 (20.30)
mer 14 set 2016 (16.30)
dom 18 set 2016 (20.30)
dom 25 set 2016 (20.30)
mer 28 set 2016 (20.30)
dom 2 ott 2016 (20.30)
dom 9 ott 2016 (16.30)
dom 16 ott 2016 (16.30)
dom 23 ott 2016 (14.30)
Pisseri, Un Portiere da 10 Al Catania Francesco Mascali Mettere una pezza, salvare il risultato, chiudere la saracinesca. Se si potesse buttare giù un’opera con la quale inquadrare il ruolo del portiere, potrebbe venirne fuori un manufatto di rara bellezza. È un ruolo ingrato, di chi prende meno applausi ma regge la baracca, di chi deve stare sempre attento, sul pezzo, senza poter perdere mai la concentrazione. È un ruolo solitario, in cui ci si può affidare solo a sé stessi. Matteo Pisseri, che i trucchi del mestiere gli ha imparati a Parma da Ermes Fulgoni, preparatore dei portieri di un certo Gigi Buffon, questo lo sa molto bene. Sotto le pendici dell’Etna, a Catania, il ruolo del portiere, da qualche anno, sembrava ormai qualcosa di mistico, quasi sconosciuto. Sono stati innumerevoli infatti i “numeri 1” che, con più infamia che gloria, sono passati sotto l’ombra dell’elefante, depennando la parola “sicurezza” dal vocabolario rossoazzurro. Andujar, Liverani, Bastianoni, Gillet…Interpreti non all’altezza del ruolo, che spesso e volentieri non hanno saputo dare quella marcia in più al reparto arretrato catanese, peccando spesso per concentrazione, grinta e dedizione al lavoro. Ma Lo Monaco, che nell’estate appena passata si è incaricato l’arduo compito di riportare in auge la sua creatura, ha deciso di partire proprio da qui, da quel tanto mancato senso di sicurezza, da quel ruolo che nelle ultime annate non ha protetto le reti del “Massimino” come avrebbe dovuto fare.
dom 30 ott 2016 (16.30)
dom 6 nov 2016 (16.30)
dom 13 nov 2016 (16.30)
dom 20 nov 2016 (14.30)
Calcio Catania, Lo Monaco ci apre le porte di casa sua e si racconta a tutto campo La Sicilia 15/01/2017 - di Giovanni Finocchiaro
VILLAFRANCA TIRRENA - Tutto vero. Pietro Lo Monaco dorme con un solo occhio chiuso: «L'altro è sempre aperto». Ce lo ripete, alle 10 del mattino, preparando il caffè nella cucina di casa sua, a Villafranca Tirrena. L'unica domenica libera che avrà da qui a luglio la spende aprendo, per la prima volta in assoluto, le porte al cronista: «Stiamo in cucina, è la mia base quando devo riposare». Ceramiche di Caltagirone e pietra lavica, un mix di buon gusto e catanesità: «Ho scelto per la robustezza e la qualità del materiale», ammicca Petrus. Viviamo con l'ad del Catania una giornata di relax tra ricordi e programmazione futura. Il telefonino è spento: «Ricevo tra 90 e 120 telefonate al giorno». La tele manda a ripetizione i gol degli anticipi di A e della Coppa d'Africa: «O' Burkina... Che colossi che ha» esclama il direttore al replay del gol di Dayo. E via col primo aneddoto: «Andai per conto dell'Udinese proprio in Burkina per seguire il calcio nel Paese più povero al Mondo. Ero con Maurizio Salvatori del Perugia che il giorno dopo andò via perché lo derubarono. C'era da aver paura per epidemie, furti. Pensi che un trasferimento in aereo per raggiungere la Capitale lo affrontai volando su un mezzo che non aveva chiuso il portellone. Tutto vero. Mi ingraziai una guida del posto, Pascal (lo chiamavo Pasquale) prendendo una banconota di 50 mila lire, strappandola a metà. Una parte la tenni io e gli dissi: “Quando lascerò il Paese se sarai accanto a me ti darò l'altra metà”. Mi seguì fino alle scalette dell’aereo...». Lo Monaco indossa una tuta del Catania. Fuori piove, il rumore del mare arriva e sembra di stare dentro un testo di Battiato. Fuori, nell'atrio di casa, tanto verde, alberi e cespugli di rose: «Le curo io. Vede, adesso le foglie delle piante sono malate, si devono curare. Ho poco tempo, ma quando devo rilassarmi curo il giardino». Questa domenica i cento che tenteranno di chiamare il direttore trovano la segreteria: «Il lunedì sarà un giorno di fuoco, come gli altri», sbotta Lo Monaco che ogni giorno percorre 280 chilometri, tra andata e ritorno, per raggiungere Torre del Grifo: «La mia casa resta qui, ho trovato questo angolo di serenità quando ancora tutt’attorno c'era poco. Ai miei piace il mare, ogni tanto andiamo a Erice o a Vittoria, altri due posti che fanno parte della mia vita famigliare». Il caffè è pronto: «Zucchero?» chiede Petrus. «No grazie». «Com'è venuto?». «Direttore, una delizia. La giusta sveglia». «Guarda, guarda o’ Camerùn». La tv ripropone i gol, Lo Monaco getta uno sguardo su un'immagine che conosce a memoria. E , poi, soddisfa una nostra curiosità: «Potevo andarmene a vivere in Argentina? Ci ho pensato, ma la mia terra è la Sicilia. Sono andato decine di volte laggiù. Si gioca a pallone dalla mattina alla sera: stavo in media dodici giorni durante il mercato o durante le pause del nostro campionato. Guardavo tre partite al giorno, visionavo circa 300 giocatori. Facevo tappa a Buenos Aires. Facile, lì giocano Lanus, San Lorenzo, Velez, River, Indipendiente». Un procuratore amico, quando Lo Monaco era direttore sportivo del Savoia in C2 (Torre Annunziata era la sua città natale) parlò con Gino Pozzo: «C'è un dirigente in Campania che conosce il calcio internazionale come pochi». Pozzo jr chiamò Lo Monaco: «Faccia l'osservatore, ma senza rimborsi». Petrus rilanciò: «Lavoro gratis per lei per tre mesi, se il mio lavoro soddisferà le sue aspettative, me assume ma come diesse». Pozzo lo tenne in considerazione: «Siamo come due fidanzati, allora: se son rose...». Racconta e si racconta senza pause, Lo Monaco. Ecco, le rose nel giardino: «Usciamo, le faccio vedere come le poto. Tra un po' ricresceranno». Si china, mostra i rami appena tagliati e completa il discorso Udinese, società chiave del suo percorso: «Sommese del Nola e Giannichedda del Sora furono i primi nomi che proposi a Pozzo. Andammo insieme a Sora per vedere Giannichedda: subito assunto per 100 milioni. Ah, poi lo hanno rivenduto a suon di miliardi». Nei tre anni trascorsi a Udine, Lo Monaco portò dall'Argentina uno sconosciuto Veron, proponendo Claudio Lopez, non assunto per mancanza di liquidità e poi preso dal Valencia per 10 miliardi. Uno sguardo al nostro giornale, seduto in poltrona, dalla cucina ci si sposta nella sala da pranzo per gli ospiti, in un trionfo di trofei, targhe e riconoscimenti: «Sono affezionato agli elefantini, premio che per me è simbolico. Si mettono così - li sistema - con la proboscide verso la porta. Ecco, questa è la targa della Nord: “A sostegno di una fede” è la motivazione. Questa targa, ricevuta a Sant'Alfio coglie nel segno». Nella spiegazione c'è scritto che la realizzazione di Torre del Grifo equivale a una partecipazione in Europa: «Vero, verissimo. Adesso che sono tornato e ho messo un po' di cose a posto, il centro è rifiorito. Corsi pieni, attività ben gestita e clienti in arrivo». Ci sono i premi ricevuti a Vittoria da Claudio La Mattina, quelli del club di Tino Cannavò, altre targhe e pergamene. In cucina, Petrus ha sistemato lo stemma del Catania, un calendario realizzato da Fabio De Luca con le foto di Filippo Galtieri con la pagina del mese di marzo in cui si vedono Maxi Lopez che esulta e lui, il direttore, nella classica posa severa, che incute timore: «Sono stato giocatore, ho allenato in D, conoscendo il calcio di base, quello senza soldi e senza futuro certo. Un calcio senza contratti e basato su volontariato, rischi e giubbini bucati. Sono stato calciatore anche io. Pensi, a 15 anni debuttati in C con il Savoia, affrontando il Lecce in trasferta. Scrissero che ero una promessa del calcio. Del resto non ti schierano, a 15 anni, in C da titolare. Ho fallito e dunque so che cosa passa, in positivo e in negativo, a ogni ragazzo che transita da Catania. Bisogna avere le palle per andare avanti. Io promettevo, ma ho toppato. A 28 anni allenavo di già, sono diventato uno dei tecnici più pagati in D, insieme a Busetta. Ho smesso perché mi piaceva organizzare». Eccolo, il passaggio tra vita vissuta e pallone è un filo sottilissimo: «Nella mia vita sono stato abituato a gestire le difficoltà. Andavo a scuola con il cartone nelle scarpe per coprire i buchi. E non me ne vergogno. Non avevo i soldi per comprare i libri e li prendevo in prestito dai compagni solo per qualche ora. Avevo una grande capacità di immagazzinare nozioni e così ho ottenuto il diploma di perito elettrotecnico. Era la fame di apprendere sempre tutto. Forse ero tagliato per fare il dirigente, ma la buonanima di mio padre non ci credeva tanto. Mi diceva: quando arriverai in Serie A potrà morire sereno». E, con la faccia buia, Lo Monaco, racconta - scoprendo un nervo umano e confidenziale inedito - una storia triste: «“Quando arriverà in Serie A potrò chiudere gli occhi sereno”. L'Udinese andò in A nel 1995, un mese dopo mio padre morì». Il Catania è la vita di Petrus: «Anche quando me ne sono andato, il 21 maggio 2012, sono rimasto legato al Catania. Soffrivo a distanza, sapevo che un giorno sarei tornato, avevo lasciato una macchina perfetta costruita da zero dopo aver rilevato, grazie all'amore del presidente Pulvirenti (accettò a scatola chiusa, debiti compresi, tutto il pacchetto: zero giocatori, solo soldi da pagare) la società dai Gaucci. Barrientos è il calcio, Ledesma il mio grande cruccio: infortuni e il non adattarsi al nostro calcio lo hanno limitato. Martinez e Vargas a Catania hanno fatto faville per anni. Non erano meteore, ma la maglia pesa e quando hanno accettato nuove sfide non si sono adattati alla perfezione. A Catania erano colossi». La premessa, o se preferite la promessa, era di non parlare del Catania di oggi. All’ora di pranzo ci accommiatiamo, ma scatta la domanda. Come sta il Catania, oggi? Lo Monaco accenna: «Abbiamo ridotto da 16 a 9,8 milioni il debito, siamo in attesa del piano di rifinanziamento della Finaria, la proprietà farà di tutto per continuare a fare del Catania un’azienda viva, ma la Lega Pro è un campionato complicato. I play off sono alla portata, arriviamoci nella maniera più comoda possibile. Il pubblico ha vissuto troppi episodi negativi rischiando di perdere la matricola 11700. Ma i tifosi sono innamorati del Catania: faremo tutto quello che è possibile per riportare la società in B anche se non sarà semplice».
dom 27 nov 2016 (16.30)
sab 3 dic 2016 (16.30)
mar 6 dic 2016 (14.30)
sab 10 dic 2016 (14.30)
sab 17 dic 2016 (16.30)
Diordjevic, Pozzebon, Tavares, Bergamelli, Pisseri, Parisi, Bucolo, Fornito, Eussotto, Marchese, Biagianti
gio 22 dic 2016 (18.30)
gio 29 dic 2016 (18.30)
lun 23 gen 2017 (20.45)
dom 29 gen 2017 (14.30)
Catania - Bruno Pace era stato defenestrato, correva la stagione 1988-89, e il Catania che cercava di risalire dalla Serie C1, scelse una soluzione interna: Melo Russo. La squadra era stata spedita in ritiro al Poggio Ducale, hotel accanto al nostro giornale. Quel giorno il capo del calcio, Pippo Garozzo, inviò un giovane cronista in avanscoperta per capire gli umori di una piazza che, ovviamente, contenta non era, visti i risultati deludenti. Entrammo con penna e taccuino nella hall. C'erano molti tifosi. Se ne staccò uno dalla bolgia. Era piccolo, barba lunga e ci guardò fisso negli occhi: "E tu chi sei?" Ci presentammo educatamente. Ciccio Famoso ci accolse così: "Sembri un carusu onestu, ma sei troppo giovane per capire la storia del Catania. Studiala, io ti tengo d'occhio. Non da nemico, da severo esaminatore". Quella frase, a distanza di trent'anni, ci torna spesso in mente. Francesco "Ciccio" Famoso si è spento dopo una malattia lunga, contro la quale era impossibile averla vinta. Ma colui che era sempre stato definito, anche nei cori allo stadio "Il capo degli Ultrà" mai si era arreso all'evidenza. In questi ultimi mesi di viaggi continui in ospedale, Famoso ha ricevuto visite delle delegazioni di decine di sostenitori avversari: dal Palermo, al Messina, passando per il Napoli. "Ciccio" era non solo il simbolo del tifo rossazzurro, passato attraverso varie generazioni, ma anche la storia degli ultrà del Catania. Aveva sempre il megafono allo stadio e intonava lui i cori. Anche quando al comando delle curve sono arrivati altri capi, Ciccio era sempre e comunque rimasto "il capo degli ultrà", l'unico a cui gli uomini di curva dedicavano un coro goliardico per riconoscerne appartenenza, la lunga militanza e il carisma. Militanza perché "Ciccio" aveva vissuto in prima linea la storia del Catania: dal presidio al Tar di Milano (si incatenò con Pippo Tarraresu, Giovanni Pavone e Michele Romeo anche sotto la sede della Figc) quando Angelo Massimino conduceva la battaglia per non fare sprofondare e sparire la matricola 11700, fino ai cortei a Catania quando il club, in mano ai Gaucci, era stata estromesso dalla B per il caso Martinelli. E, poi, le feste per le promozioni in C1, in B, in A: le più recenti. L'ultima volta lo abbiamo incrociato mesi fa a Torre del Grifo. I tifosi lanciavano slogan, poi prese il magafono Ciccio, come al solito, e partì un coro classico: "Perché il vulcano è la terra che amiamo..." Sul web in queste ore lo stanno salutando i suoi amici di sempre, i tifosi del Catania, molti calciatori transitati dal Massimino (citiamo tra i primi Baiocco, Ricchiuti) e la pagina social "La domenica allo stadio" sta pubblicando messaggi in arrivo da ogni parte d'Italia e anche filmati dei suoi trascorsi in curva. Per tutti era "Ciccio Falange" o "Il capo degli ultrà", un pezzo di storia del calcio rossazzurro che, come ha scritto un tifoso sul proprio profilo, adesso dialogherà di pallone con il cavaliere Angelo Massimino. Giovanni Finocchiaro - Lasicilia.it
Ogni volta che un tifoso del Catania lascia questa terra, manca un po’ di quel sentimento stupendo espresso attraverso la passione sportiva: così è anche oggi, in un giorno molto triste per i nostri colori. Dopo aver lottato con coraggio affrontando una lunga malattia, si è spento Francesco Famoso, semplicemente Ciccio per tutti i catanesi: il Calcio Catania piange la scomparsa di un sostenitore sincero. Ovunque sventolerà la nostra bandiera e laddove i calciatori indosseranno la nostra maglia, Ciccio sarà sempre Famoso come il suo cognome: sarà così in memoria del suo esempio d’amore inesauribile e della sua presenza costante al fianco della squadra, della semplicità della testimonianza e degli slanci, dell’amicizia offerta a generazioni di tifosi. Un amore così grande come il tuo per il Catania, Ciccio, susciterà sempre la voglia di condividere: oggi condividiamo il dolore, da domani condivideremo il tuo ricordo, che ci spingerà a dare al Catania sempre il meglio e il massimo, come hai fatto per tutta la tua vita. Il Catania è con te. Fonte: calciocatania.it
Ho imparato negli anni a capire che l'amore per il Catania non è una semplice passione sportiva ma un grande amore per la città e per i fratelli rossazzurri. Un amore così grande si condivide e non divide, questo mi hai insegnato! Sei nei racconti dei miei zii e nei miei, il tuo esempio lega generazioni di tifosi. Ciao, Amico". Fai buon viaggio, Ciccio. Mancherai tantissimo, ti sentiremo comunque in mezzo a noi. Angelo Scaltriti Quando anni fa ad una presentazione del volume ''Tutto il Catania minuto per minuto'' qualcuno ci chiese come mai avessimo invitato Ciccio ad intervenire, rispondemmo che piacesse o no, lui impersonava la storia degli ultimi 40 anni del Catania molto piu' che calciatori mercenari o presidenti che hanno sporcato la maglia. Perche' lui era un pezzo di storia vivente,come gli aneddoti raccontati al ritorno da una delle ultime trasferte libere: ''A Catania gli ultras sono sempre esistiti'' amava dire: gli scontri a Genzano nel 1974,quelli a Pisa nel 1979 quando non esito' ad accettare la sfida di un capo ultras pisano che lo sovrastava fisicamente, o di quando a Salerno nel 1980 dopo una trasferta movimentata gli era stato dato all'unanimita' lo scettro di ''capo'' dagli altri ragazzi del Fronte della Gioventu' che assieme a lui avevano fondato il primo gruppo ultras della citta'. Con lui se ne va pure una testimonianza vivente di un certo calcio che si è estinto e che rende il nostro oggi molto piu' povero. Ciao Ciccio, se puoi da lassu' aiuta il Catania che ne ha tanto bisogno. Filippo Fabio Solarino
Oggi certamente è un giorno abbastanza triste per il mondo ultras catanese. Di Francesco Ciccio Famoso ho 2 ricordi particolarissimi. La prima volta lo incontrai alla libreria cavallotto, dove si teneva la presentazione del libro "tutto il Catania minuto per minuto" e lui era l'ospite d'eccezione; ricordo che finita la conferenza mi raccontò di quella volta a Cariati dove finì malamente fra le 2 fazioni opposte e si ritrovò a difendere una bambina se ben ricordo. La seconda volta che lo incontrai si era alle ciminiere, sempre presentazione del libro di cui sopra; sempre a dibattito concluso me ne stavo in un angolo a far 4 chiacchere con Aldo Cantarutti.. lui si avvicina in compagnia di un ragazzo down e lo presenta al grande Bomber: "Ciao Aldo come stai ? Questo è un mio amico che ti voglio presentare...è un tuo grande tifoso..." ovviamente il buon Aldo strinse la mano al ragazzino e si fece immortalare in una foto ricordo. Sicuramente oggi il mondo del tifo, perde un ultras vecchio stampo. Rip Sergio Nunzio Capizzi
mar 7 feb 2017 (20.45) - diretta Rai Sport
VITTORIA DEDICATA A SANT'AGATA E A CICCIO FAMOSO
Dopo l'esonero di Rigoli, il Catania presenta il nuovo allenatore Mario Petrone: «Adesso non ci sono più alibi»
TORRE DEL GRIFO - "Non ci saranno più alibi per i giocatori, lo hanno capito anche vedendomi uscire dallo stadio di Agrigento dopo una partita che giudico tra le peggiori che abbia mai visto in vita mia". Pietro Lo Monaco ci va giù pesante alla presentazione del nuovo tecnico Mario Petrone: "Non mi piace cambiare tecnico, ma si erano creati i presupposti per farlo. E mi spiace, perché Rigoli - al quale va il mio grazie - ha dimostrato impegno e senso di appartenenza. Ma dopo Agrigento qualcosa doveva mutare per non lasciare per strada i tentativi che ci siamo imposti per arrivare ai play off. E non da semplici partecipanti, ma da protagonisti". Per un'ora e un quarto, Lo Monaco e Petrone hanno parlato di attualità e prospettive. Mario Petrone, nuovo allenatore rossazzurro, ha ribadito: "Per me sarà un'occasione importante sul piano professionale e so di avere una squadra completa, molto valida sotto ogni punto di vista. Lavorerò con una grande intensità per eliminare alcune situazioni che si sono create fuori casa. Il modulo? Il 4-3-3 è il biglietto di presentazione del Catania, ma si potranno trovare più soluzioni strada facendo, anche tenendo conto della disponibilità di calciatori. Attualmente, in vista della partita con il Taranto ne mancheranno un paio (Di Cecco, Baldanzeddu infortunati e lo squalificato Bergamelli, ndr) ma ci sono sempre soluzioni da applicare". La Sicilia.
dom 12 feb 2017 (14.30)
sab 18 feb 2017 (14.30)
PIETRO LO MONACO RIBATTE A TUTTI QUELLI CHE, PUR LAVORANDO PER IL MESSINA, PARLANO ANCORA CON RAMMARICO E NOSTALGIA(E CON VELENO) DEL CATANIA.
Una conferenza stampa rovente, in buona parte dedicata a replicare ad alcune dichiarazioni fatte in settimana dalla nuova dirigenza del Messina. A pochi giorni dall’incontro del San Filippo, tra Messina e Catania, Pietro Lo Monaco usa parole più che colorite riguardo al nuovo presidente e al nuovo direttore sportivo del club peloritano. L’attuale amministratore delegato del Catania non dimentica, inoltre, di rivendicare quanto fatto a Messina negli anni in cui ne fu presidente. Replica a Franco Proto (Presidente Messina) «Dopo avere tentato di prendere lo Scordia e il Gela, Proto dice di essere riuscito a prendere una piazza a lui gradita. Il Messina. Faccio gli auguri a Proto. Gli auguro di avere la forza di spendere gli stessi soldi che ho speso io nel Messina. Naturalmente li spenderà meglio di me, considerato che sostiene di essere un vincente. Non sono un vincente come Proto dice di essere. Io ho vinto solo 12 campionati nella mia carriera, dalla serie D alla serie B. Ognuno può sostenere qualsiasi cosa davanti alle telecamere, ma è la storia che parla per noi. Gli faccio un solo appunto, a Proto. Dire che dopo Franza non c’è stato niente, mi sembra azzardato. Ricordo a Proto che, con le mie modeste capacità, non essendo un vincente come lui, ho vinto due campionati col Messina e gli ho lasciato la squadra in Lega Pro. Checché se ne dica. Quando arrivai a Messina la squadra non era neanche in condizione di iscriversi al campionato. Sono andato via da Messina per una mia scelta, lasciando 600mila euro di debiti e la squadra che anche prima degli spareggi con la Reggina era certo che sarebbe rimasta in Lega Pro. Sono andato via per una mia scelta personale. Il calcio è diretto alla gente. Se la gente non compra e non è presente, è disamorata e non sente la squadra bisogna prenderne atto. Certe dichiarazioni, fatte da certe persone in determinati momenti, dimostrano che certuni hanno la faccia come il culo. Ricordo che io ho dato il Messina a zero euro. Anzi, ho anche pagato certe persone che adesso dicono di non avere preso un euro. Sono andato via da Messina rimettendoci soldi, senza prendere un euro. Credo di essere l’ultimo dei Mohicani per il mio modo di fare calcio». Replica a Marcello Pitino (direttore sportivo Messina, la scorsa stagione ds Catania) «Pitino non ha mai curato la parte amministrativa della società. Sostiene che senza la loro opera, l’anno scorso, il Catania sarebbe fallito. Che sono state fondamentali le cessioni fatte l’anno scorso. L’anno scorso il Catania ha speso 4milioni di euro per l’organico. Si sono salvati all’ultima giornata per un palo. C’erano contratti elevati: per Calil 308mila euro l’anno senza contare la procura. Quella di Pitino è stata un’intervista poco opportuna specie quando ha parlato di arrestati e compagnia belle. Il Catania ha pagato per le tarantelle sugli arrestati, che Pitino ha tirato fuori anche stavolta. Noi non ne vogliamo più sentire di queste cose. Ci hanno rotto i coglioni. Si sta cercando di eliminare il gap tra le due squadre alimentando delle tensioni prima della partita. Perché Pitino ha tirato fuori queste cose prima di una partita come quella col Catania? Perché non parlava subito? Sul suo contratto dico che era in scadenza, quindi non c’era nulla da comunicare riguardo alla decadenza dal suo ruolo». La partita di domenica «Catania e Messina sono separate da 20 punti di differenza, sono tanti. Sarà una bella partita. Noi, tra l’altro, li abbiamo fatti nelle difficoltà. Abbiamo un obiettivo, quello dei playoff, ci siamo dentro e non l’abbiamo più mollato ma resta il rammarico perché se domenica avessimo vinto saremmo stati sesti in classifica. A Messina stanno preparando la partita della vita. Logico che sia così quando si affronta una sfida contro una squadra che ha fatto 20 punti in più. Per me non è un derby. Ma è una partita importante che affronteremo tenendo presente che noi ci chiamiamo Catania. Il nostro derby è col Palermo. Ogni partita mette in palio tre punti e noi dobbiamo affrontarla al massimo. La città di Messina, chiamata a raccolta, troverà una squadra rossazzurra pronta ad affrontare l’atmosfera che ci sarà al San Filippo. Il campo sarà giudice supremo di quello che sarà fatto. Mi auguro che da un punto di vista psicologico le ultime due partite non abbiano lasciato strascichi. Ad Agrigento abbiamo perso come peggio non avremmo potuto fare. Abbiamo consegnato i tre punti all’avversario. Perdere così è stato peggio che aver perso. Mi auguro che non abbia lasciato strascichi. Spero che potremo affrontare la sfida col Messina ad armi pari, almeno per atteggiamento in campo».
Lo Monaco: “Giù le mani dal Catania! Cardona? Poteva stare zitto. Lodi si allenerà con noi” Le parole dell’amministratore delegato del club rossazzurro. di Redazione ITASportPress, 24 febbraio 2017
In sala stampa, a Torre del Grifo Village, l’amministratore delegato del Catania, Pietro Lo Monaco ha incontrato i giornalisti e gli operatori dell’informazione. Fino al termine della gara con il Messina, non saranno previste ulteriori conferenze stampa. PIETRO LO MONACO: “Tutti si appropriano del discorso Catania, attaccato e vilipeso. Mi girano un po’ le scatole. Mi riferisco alle interviste degli ex dipendenti della società e mi riferisco a chi è chiamato il servizio d’ordine. Tante volte i tifosi vengono portati come esempio negativo e non positivo. Certe cose danno fastidio. Per molti anni siamo stati un esempio, negli ultimi tempi siamo passati dalla A alla Lega Pro. Sono stati fatti degli errori che hanno colpito in primis la città che ama la propria squadra. Rispondo a quel dirigente (Pitino, ndr) che l’anno scorso sono stati fatti del miracolo, francamente mi sembra strano e mi fa sorridere. “Cinque giocatori dello scorso anno valevano tutta la rosa di quest’anno. Calil ha firmato un contratto di tre anni con 300mila euro di ingaggio all’anno con 40mila di procura! Una cosa amorale. La gestione sportiva dello scorso anno è costata 4 milioni di euro. Il risultato? Si sono salvati all’ultima giornata”. Una squadra di Lega Pro con tre direttori sportivi con una grave crisi economica era un’incongruenza. La società è ancora adesso in difficoltà, ma Torre del Grifo è il ‘nostro Ibrahimovic’, il sostegno della squadra rossazzurra. Se il Catania vincesse il campionato dei conti sarebbe come vincere la Champions League. Un tormento giornaliero, come una corda per non far morire”. Io me ne sono andato via da Genova dopo 37 giorni, da Palermo dopo 3 mesi stracciando contratti assurdi. SQUADRA – “Non siamo soddisfatti del campionato dal punto di vista tecnico. Il Catania, comunque, ha fatto 43 punti. Sul campo abbiamo quasi venti punti di distacco rispetto al Messina e sono tanti. Se avessimo vinto contro il Taranto saremmo stati sesti. Il nostro obiettivo sono i play-off e vogliamo centrarli, non molleremo fino alla fine. Dal punto di vista dell’organico nessuna squadra è come il Catania. Contro l’Akragas abbiamo perso in modo squallido, molto più male di aver perso solo i tre punti”. MESSINA – “Dopo aver tentato di prendere lo Scordia, l’Acireale, il Gela, Franco Proto è arrivato in una piazza tanta desiderata. In bocca a lupo per questa avventura. Augurio di fare la stessa forza di spendere i soldi che ho fatto lui. Non sono un vincente come Proto, ho vinto 12 campionati tra B, Serie C e Serie D. Spero che li spenda meglio di come ho fatto io. Non è vero che dopo Franza non c’è stato lui. Io, con le mie modeste capacità, ho vinto due campionati e gli ho lasciato la squadra in Lega Pro. 900 mila euro di debiti, non poteva nemmeno iscriversi in Serie D. Hanno tutti ‘la faccia come il culo’ quando entrano per la prima volta in una società. Derby? Per noi è solo contro il Palermo. Sappamo che ambiente troveremo”. LE PAROLE DELL’EX QUESTORE CARDONA (rilasciate al quotidiano “La Sicilia”) “Il questore ha perso una occasione per stare zitto. Ha fatto dichiarazione che non gli compete, non deve sindacare sul gruppo Finaria che sta cercando di sanare la situazione debitorie. Non è Dio lui che decide che un gruppo è morto e che bisogna una dirigenza nuova al Catania. Poi questa proprietà non ha mai detto no alla cessione. Cardona dimostra ignoranza sulle cose del Catania che è club complesso avendo Torre del grifo. Ribadisco che Cardona ha perso una buona occasione per stare zitto. Inoltre è abbastanza squallido quando dà un giudizio sui tifosi. Cardona pensi alle sue tarantelle e alle sue cose”. POZZEBON&TAVARES – “L’allenatore ha avuto poco tempo, ora è passata un’altra settimana e Petrone si è calato ancora di più nella realtà. Difesa a 4? Non è un dogma, anche con il 4-2-4 può giocare con le punte e gli esterni in organico”. MONTELLA – “Il Milan, a parte Donnarumma, ha solo un fuoriclasse, cioè Montella. Lui è il miglior tecnico italiano con Sarri. Capacità di esprimere il lavoro in campo è tra i migliori in circolazione”. LODI – “Dalla prossima settimana si allenerà con noi. Lo ospitiamo senza nessun problema, per lui questa è casa sua. Mi dispiace che l’Udinese abbia fatto questa pantomima all’ultimo giorno di mercato”. ANASTASI & DA SILVA – “Mi fa piacere che si siano inseriti bene a Messina, ma rimangono giocatori del Catania e le loro buone prestazioni è indice del fatto che avevamo visto giusto”.
dom 26 feb 2017 (14.30)
dom 5 mar 2017 (14.30)
PETRONE SI E' DIMESSO
Rispondendo a MondoCatania, Mario Petrone approfondisce le ragioni che l’hanno portato a dare l’addio alla panchina del Calcio Catania, ai calciatori rossazzurri e al contratto di lavoro che lo legava alla società. Temi di cui oggi ha anche parlato, in conferenza stampa, Pietro Lo Monaco. E proprio all’amministratore delegato del club, l’ex allenatore rivolge il suo primo pensiero. «Alla base della mia scelta non c’è stato alcun litigio, né con Lo Monaco né con la squadra. Ero stato incaricato di fare cambiare mentalità alla squadra, dopo la partita col Melfi ho preso consapevolezza di non esserci riuscito e mi sono dimesso. So bene che il direttore si è dispiaciuto della mia decisione. E la sua posizione, che ha riferito alla stampa, è la stessa che mi ha espresso nel momento in cui gli ho comunicato la mia scelta. La sua è una posizione del tutto comprensibile dal punto di vista di un dirigente sportivo. Io faccio l’allenatore e le spiegazioni che ho dato a lui, per me, sono molto importanti. Sono segnali di grande responsabilità rispetto al percorso che era stato messo sul tavolo dall’inizio». L’addì del Catania l’ha però definita intransigente, criticando la poca pazienza che a suo dire lei ha dimostrato nel nel non volere dare continuità al lavoro iniziato da poco tempo. Un lavoro che, volendo ribaltare la mentalità della squadra, avrebbe necessitato di un periodo più lungo per portare ai risultati sperati. «La mia non è stata una resa, ma il gesto, che andrebbe apprezzato, di una persona che vive il calcio con grande professionalità, dedizione e passione. Le mie prime tre partite facevano parte di un percorso fissato. In cui, a parte la prima col Taranto, bisognava puntare a invertire il rendimento in trasferta e quello contro le piccole. Siamo andati a Messina per vincere, e ci siamo riusciti. Per me quella col Melfi era la partita crocevia, la più importante del campionato, si chiedeva una svolta, e la squadra lo sapeva. È inaccettabile perdere 2-0 contro il Melfi, per di più senza giocare, e offrendo una prestazione simile a quella contro l’Akragas, nonostante fosse avvenuto già un cambio d’allenatore. Per me, che ero stato chiamato a dare la svolta, è stato inaccettabile incappare in un’ennesima prestazione mancata. Sono stato intransigente, lo ammetto. La sconfitta mi ha segnato, tanto da non averci dormito. Mi sarebbe stato bene perdere con qualsiasi altra squadra. Perdere col Melfi ultimo in classifica, che arrivava al Massimino dopo undici sconfitte consecutive, no. Non si può buttare via in quel modo un momento di grande entusiasmo, come quello successivo alla vittoria contro il Messina. Non si può buttare via in quel modo il lavoro svolto durante tre settimane». Lo Monaco ha definito la sconfitta contro il Melfi inaccettabile, meno però di quanto lo sia stata quella contro l’Akragas. Motivando la differenza con un periodo di forma non ottimale che la squadra starebbe, adesso, attraversando. «È stata la prima cosa di cui il direttore mi ha allertato, appena sono arrivato. Ma era una condizione migliorabile. Stavamo seguendo un preciso programma di lavoro. Ma comunque, domenica scorsa non ci confrontavamo col Foggia. I ragazzi si sono allenati bene. Per l’intera settimana, io e il mio staff, abbiamo insistito sul concetto di preparare al meglio le partite contro squadre come il Melfi. Eravamo stati chiari sull’importanza di non essere superficiali per raggiungere obiettivi importanti, e di quanto fosse importante non incorrere negli errori del passato e di affrontare la sfida col massimo della determinazione. E invece, sul campo…». Nonostante la mancata svolta, il Catania punta ancora ai play off. Il sesto posto dista solo due punti anche se c’è il rischio di finire undicesimi. «La squadra farà i play off, i ragazzi già lo sanno. E non importa arrivare decimi o sesti, importa creare la mentalità vincente. Facendo tutti pareggi non si vincono i play off. Il Catania è una squadra di qualità ma è malata. Devono sterzare. I calciatori lo sanno. Ho lasciato loro un messaggio. Se mi sono dimesso è stato anche per dar loro maggiore responsabilità e portarli a dare la sterzata necessaria. Ho un rapporto eccezionale con tutti quanti e mi sono dimesso anche per loro. Ho creduto in questo gruppo e ci credo ancora. Quella contro il Melfi è stata una sconfitta che non sono riuscito a mandare giù e mi chiedo, invece, per quanto tempo ancora la squadra abbia bisogno di mangiare merda prima di capire che deve cambiare mentalità se vuole giocare i play off per vincerli». E così finisce, dopo sole tre giornate, la sua esperienza in rossazzurro… «Ormai il sangue rossazzurro scorre nelle mie vene. La passione che ha il popolo catanese è come la mia, parliamo la stessa lingua. Essendo ancora giovane avrò sicuramente la possibilità di allenare il Catania in futuro. Ma la prossima volta sarà dal primo giorno, non più a stagione in corso». http://www.pianetalecce.it/2017/03/lega-pro-catania-dichiarazioni-mario-petrone-dimissioni/
dom 12 mar 2017 (14.30)
dom 19 mar 2017 (16.30)
dom 26 mar 2017 (14.30)
dom 2 apr 2017 (14.30)
mer 5 apr 2017 (18.30)
dom 9 apr 2017 (14.30)
sab 15 apr 2017 (18.30)
dom 23 apr 2017 (18.30)
dom 30 apr 2017 (14.30)
dom 7 mag 2017 (17.30)
classifica finale
PLAY OFF - SQUADRE PARTECIPANTI FINALE 27.4.2017: VENEZIA-MATERA (vincitrice il Venezia, già promosso in B e, pertanto, viene sostituito dal Matera che entra di diritto alla seconda fase facendo aggiungere ai play-off l'11° del girone C)
P R I M A F A S E Gare di sola andata tra squadre dello stesso girone, ad eccezione delle seconde classificate che entreranno solo nella fase successiva. Le gare si svolgeranno in casa della migliore classificata. In caso di parità di punteggio al termine del tempo regolamentare, acquisirà l’accesso alla Seconda Fase la squadra meglio classificata al termine della stagione regolare.
dom 14 mag 2017 (15.00) risultato finale: 0-0 MI SAREBBE PIACIUTO CONTINUARE A RACCONTARE CON PASSIONE IL MINI TORNEO DEI PLAY OFF. PURTROPPO, COL PAREGGIO A CASTELLAMARE E' FINITA QUI E NON HA PIU' SENSO CONTINUARE A SCRIVERE DELLE GESTA DI PARMA, LECCE O ALESSANDRIA. ALL'ANNO PROSSIMO.
Lo Monaco: “Ho già il nuovo allenatore. Chi resta non sarà più prima scelta ma alternativa” L’amministratore delegato del Catania fa il punto della situazione ai nostri microfoni dopo l’eliminazione dai play off di Redazione ITASportPress, 15 maggio 2017
Ha chiuso il campionato con dignità il Catania. Nonostante l’eliminazione dai play off, i ragazzi di Pulvirenti a Castellammare hanno offerto una prova generosa pur confermando i limiti in fase di costruzione. Col senno di poi verrebbe da pensare a cosa sarebbe accaduto se fosse entrato il tiro di Djordjevic a 15′ dalla fine visto che la paura avrebbe poi divorato le gambe dei campani, ma è solo un rimpianto e nulla più. Adesso bisogna ripartire e l’amministratore delegato etneo Pietro Lo Monaco conferma ai microfoni di Itasportpress.it che la prossima stagione vedrà un Catania protagonista. JUVE STABIA – “Dopo tre mesi di black-out abbiamo finalmente giocato da squadra, soffrendo, lottando palla su palla nonostante l’inferiorità numerica. Poi ci abbiamo provato nel finale a fare il colpaccio e se fosse entrato il tiro di Djordjevic non so come sarebbe finita. La Juve Stabia aveva paura e dal campo si vedeva, ma pazienza è andata così. E non dimentichiamo che ci siamo presentati al “Menti” molto rimaneggiati con mezza squadra rimasta a Catania. I nostri giovani hanno fatto un buon lavoro e sono convinto che con i nostri tifosi in curva le cose sarebbero andate diversamente”. RAMMARICO – “Mi dispiace che abbiamo buttato via tre mesi perchè giocare il primo turno play off al Cibali con 15 mila persone sarebbe stata un’altra storia. Questo è il mio più grande rammarico perchè penso che nonostante i nostri limiti saremmo andati avanti nei play off e poi poteva anche succedere di tutto”. LINEA VERDE – “Comunque sia possiamo essere soddisfatti per aver valorizzato giovani importanti come Manneh, Di Stefano e Graziano nelle ultime giornate. Bene hanno fatto anche Parisi e Di Grazia. Un segnale importante di come cresce il nostro settore giovanile che avrà un finale di stagione intenso con la Berretti a un passo del concentramento scudetto, mentre Allievi e Giovanissimi hanno superato il primo turno della fase nazionale. I primi andranno adesso a Parma, i secondi a Como”. RICOSTRUZIONE – “Adesso comincia per me una fase di lavoro intenso perchè bisogna ricostruire per iniziare bene la prossima stagione che non ci vedrà alla partenza con i punti di penalizzazione come successo negli ultimi due anni. Andranno via i calciatori che sono stati un freno per noi e acquisteremo elementi di categoria e di carattere. Quelli che rimarranno saranno delle alternative e non delle prime scelte. Arriverà entro i primi giorni di giugno un nuovo allenatore che ho già in mente. Ho quattro profili ma credo di aver già definito perchè il nuovo tecnico farà un calcio propositivo e non di attesa. Il Catania ha sempre avuto un’anima e non è mai stata una squadra che ha aspettato gli avversari nella propria metà campo. Faremo dunque una squadra forte e partiremo alla pari con le altre avversarie che lotteranno per la promozione”. STAFF TECNICO – “Rimarrà il ds Argurio, che ha fatto un buon lavoro ed ha tra l’altro tre anni di contratto. E’ una persona perbene e seria e sta crescendo nella nostra struttura. Rimarrà anche il dirigente Marino. Il mister Pulvirenti invece già da domani tornerà a lavorare nel settore giovanile. Lo ringrazio perchè ha dato tutto insieme a Orazio Russo”. ISCRIZIONE – “Bisogna chiudere l’annata e sarà dura ma siamo in movimento per il nuovo anno. Abbiamo fatto tanto e entro il 16 giugno bisognerà pagare gli stipendi di marzo, aprile e maggio mantenendo fede a tutti gli impegni presi per evitare nuove sanzioni, ma siamo sulla buona strada”.
«Il Russo-azzurro è un libro carico di rabbia e rappresenta il mio punto di vista sul Catania di oggi e sui suoi possibili scenari futuri. Il lavoro prosegue sulla falsariga di Tutto il Catania minuto per minuto, il libro mastro sulla storia calcistica del club dell’elefante, di cui il Russo-azzurro mantiene l’impostazione generale di testo, fotografie, tabellini e classifica. Non volevo buttar giù qualcosa sull’argomento “calcio” in modo fine a se stesso, giacchè al tema “pallone” riconosco un forte elemento d’identificazione territoriale e aggregazione sociale. Di più, dedicandomi a questo genere di ricerche studio in modo approfondito tutto ciò che ruota attorno alla sfera di cuoio a spicchi colorati. Mi piace analizzare il calcio come grande fenomeno sociologico e osservare come si comportano i miei concittadini ora dopo conquiste e successi memorabili, ora a fronte di sonore batoste sportive e giudiziarie. Occuparmi di pallone dimostra pertanto il mio amore per la città di Catania, per le sue piazze, le sue fontane e la sua storia tutta. Oggi, però voler bene a Catania significa per me prendere le distanze in modo deciso dagli accadimenti calcistici degli ultimi anni. Non nego infatti che da un po’ di tempo risulta difficile riconoscermi nella società del Catania e nel suo attuale proprietario, Nino Pulvirenti. Ancor oggi la squadra appare ingolfata e non riesce ad essere fluida sul terreno di gioco, un aspetto che secondo me rispecchia profondamente i problemi societari. Quello che affronto in questo lavoro è un parallelismo letterario che secondo me ci sta tutto, perché il calcio non esclude ciò che vi ruota attorno che poi è la vita reale, con i suoi aspetti letterari, artistici, musicali e cinematografici. Dice bene, del resto, lo scrittore Piero Isgrò: “Catania è una città commediante, cinica e servile. Da tempo fa ‘cinema’ nel senso che inganna gli altri e se stessa.” Qualunque sia la situazione che affrontano, i catanesi sono molto teatrali nelle espressioni e negli atteggiamenti. Il Russo-azzurro parte proprio da questi spunti e perfino dalla frase che la gente ciclicamente ripete a mo’ di sfottò nelle vie del centro quando s’incontra per un caffè: “Ah beddu Catania ca hai.”» https://letteratitudinenews.wordpress.com/2016/10/24/il-russo-azzurro-di-alessandro-russo/ se vuoi vedere il video della presentazione del libro, avvenuta il 31.10.2016, clicca sulla copertina
la serie C del Catania dopo il disastro 2015-16 2016-17 2017-18 2018-19 2019-20
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