Acicastello Costruito su una rupe di lava in mezzo al mare, il Castello si erge imponente sulla piazza, come la prua di una nave. Alle spalle si stende la Riviera dei Limoni. Camminando tra i vicoli ci assalgono i profumi di una cucina tradizionalmente legata al pesce. Le cassette dei pescatori sono colme di ricci di mare, cozze, polpi, patelle e occhi ‘ i voi, masculini (alici tipiche del Mar Ionio). I masculini da magghia (dalle maglie delle reti utilizzate per la pesca) trovano svariati utilizzi: marinati con olio e limone saltati con finocchietto selvatico e piselli per condire gli spaghetti.
Oggi, rivedendo PERDUTOaMOR, mi accorgo di quanto fosse stato geniale e meticoloso Battiato nell’arte di “far vedere e non far vedere”, cioè lanciare quei piccoli messaggi nascosti fra i fotogrammi. Quel che faccio vedere bisogna saperlo stanare. Nel film c’è un cameo, un gioiello della durata di pochi secondi, in cui si scorge un momento felice di catanesi che andavano a prendere un po’ di fresco alla riviera dei Ciclopi negli anni Sessanta. La location è la parte finale della piazza di Aci Castello, un meraviglioso palcoscenico teatrale con le quinte rappresentate dalla costa con i faraglioni di Acitrezza in lontananza, il castello normanno a destra e una mitica pizzeria a sinistra di cui scriverò in seguito. La scena è immaginata, ricordata e girata dal Maestro proprio lì, sulla piazza di fronte a quello spettacolare belvedere. E’ magistralmente camuffata, ma chi sa o possiede quella famelica curiosità di scovare la chiave di lettura si accorgerà che tutto è al suo posto e non manca proprio niente. Ciak! il juke box che suona “La terza luna“ di Neil Sedaka; i ragazzi che corteggiano discretamente le ragazze che passeggiano “sutta u castiddazzu” dentro abiti dai variopinti colori dell’epoca; due pettegole; il timido spasimante che si fa accompagnare per dichiararsi all’amata; due anziani coniugi che litigano fra loro; fanciulle che giocano felici e senza smartphone mentre i tranquilli genitori gustano il gelato seduti in piazza. Lo Spritz? Al massimo c’era il San Pellegrino con il Cocktal, il Bitter, il Crodino, quattro olive e un pugnetto di arachidi. Stop. La fettina di limone e il cubetto (uno!) di ghiaccio, erano serviti solo a richiesta. Guardatelo attentamente perché Battiato non ve ne darà il tempo. E’ uno spaccato di vita della durata di appena 30 secondi che proietta, come in una passerella di alta moda, una generazione che si accontentava di piccole cose ma soprattutto un piccolo scrigno di gente perbene. Geniale! Alla fine della scena si vede il protagonista con un amico a contemplare la fuga, seduto all’ingresso di una scalinata che portava a una nota rotonda sul mare di quegli anni: la Fossa dei serpenti, gestita nei suoi ultimi anni da mio padre e i miei zii. I giovani musicisti della band che avevamo, prima di attaccare il primo LA, ogni sera andavano a prendere la pizza proprio lì sopra in piazza. Ma prima di andare mi raccomandavano “Mimmo, accura ‘e strumenti!”. Macchè! Mentre mangiavano sentivano continui e fragorosi rumori di rullanti, tamburi, piatti, chitarre scordate e la mia voce di bambino al microfono che cantava a squarciagola, lì sotto a due metri dal mare e con la pista vuota davanti, “Una ragazza in due” dei Giganti accompagnata a modo mio, solo toccando i tasti della tastiera Farfisa illuminata da quegli affascinanti neons a colori. Poveretti, quante cene ho fatto andare loro di traverso. Molte volte, come si dice qui, “cia fici fari vilenu” proprio lì in quel locale lungo otto metri compreso forno, banco e quattro tavoli per quattro persone ciascuno. Allora a Catania non c’erano molte pizzerie come oggi perchè le prime cominciarono ad arrivare con il napoletano Carmine al Teatro Sangiorgi e poi, a poco a poco, in quei pochi ma fantastici locali di quella raggiante Catania che non esiste più, quali il Nord Ovest, Finocchiaro, Lorenti, Fort Apache, Texas, Mignemi, Bellavista; più tardi Grand Canyon, Palmento, Tre Fontane, ecc.. Oggi invece sono tante, troppe, esagerate e le ossa di quei Maestri si riivolterebbero se leggessero gli ingredienti: Grana, San Daniele, pistacchi, noci, radicchio, mortadella, salame. Ma quando mai? Le pizze originali erano quelle di un tempo, preparate con sostanze semplici e genuine, solo e rigorosamente Biancaneve, Napoletana, Margherita, Capricciosa, Fattoressa, Quattro formaggi e Calzone che per i più esigenti veniva preparato con spinaci. Nient’altro, il menù era composto solo da una pagina compresi coperto e servizio. Quelle da asporto venivano messe una sopra all’altra in involucri di carta oleata di colore rosa, non facendole toccare tra loro grazie a delle bacchette di legno che alla fine del pasto spiluccavamo perché impregnate ancora di mozzarella, di autentica mozzarella!
Per la gioventù catanese di allora era un privilegio andare in pizzeria fuori città, poteva farlo solo chi aveva l’auto perché i paesini rivieraschi erano allora considerati lontani e l’attuale litoranea rappresentava quasi una gita fuori porta. Le pizzerie castellesi entrano di diritto nella storia della ristorazione catanese. Una che è riuscita a mantenere il passo è quella denominata “I cessi” per via della vicinanza ai bagni pubblici nella sua vecchia ubicazione. La signora Santina me la ricordo ragazzina, alla cassa. Ottime pizze, ma anche succulente scacciate diverse dalle Catanesi (almeno quelle della Fam. Bonaccorso, titolari della pizzeria) perché alte non più di due centimetri, impastate con l’olio e ripiene solo di broccoli affogati, pepe, olive nere e pepato primosale. E basta, buonissime. Ma il non plus ultra, il must, era la pizzeria sulla piazza, di fronte al castello. Sempre piena d’inverno, non era facile sedersi subito anche perché non esistevano le prenotazioni, quindi i cellulari, internet, ecc. Non aveva nemmeno la linea fissa, a stento il registratore di cassa. I commensali già presenti rimanevano lì a parlare anche dopo la consumazione, a discutere a lungo di occupazioni studentesche e di Che Guevara, avvolti in maglioni alla Folagra e fumando, fumando, fino a far diventare il locale un bagno turco. Non potendo stare in piedi all’interno visto il pochissimo spazio, si aspettava il proprio turno fuori al freddo, scrutando dai vetri appannati se uno dei quattro tavoli era finalmente tornato libero, anche da propositi di rivoluzione proletaria lasciati lì fra la mancia, dieci Marlboro sul posacenere e il conto da infilare nella tasca dell’eskimo.
D’estate era diverso: venivano messi i tavolini all’aperto davanti a quel piazzale antistante la statua di Giacinta Pezzana. Si prenotava e poi, in attesa del segnale con la mano, si facevano due passi in piazza, con calma come nel film, a filosofare sui perché della vita della durata equivalente all’esatto percorso dal Bar Privitera al Bar Viscuso, avanti e indietro avanti e indietro, lasciando sull’asfalto della piazza concetti espressi al momento, mirabilmente meritevoli di essere conservati ma purtroppo volatizzati verso il cielo di Aci come farfalle, anche per un motivo molto più terreno: la fame! Peccato. I tavolini erano rotondi, con la tovaglia coperta da una cerata e fermata da una cintura circolare in alluminio. Le sedie erano anch’esse in alluminio, ma se c’era folla spuntavano quelle piccole in legno, scomodissime, precarie e verniciate di bianco e di rosso. Ma chi arrivava a sedersì lì non gliene importava niente, perché prendere la Margherita e una Peroni gelata seduti di fronte a quel ben di Dio, con quel profumo di mare, era una vincita al Lotto. La pizzeria “Al Castello”, a partire dagli anni Settanta venne poi gestita da Saro Grasso, che di giorno lavorava a Catania con mio padre in città. Aveva in gestione anche Il Tubo, nei pressi dell’Ecce Homo. Non mi soffermo a descrivere il personaggio perché lo ricorda in modo magnifico Luigi Pulvirenti, qui: https://www.facebook.com/luigi.pulvirenti.50/posts/10211811218779177 Per me le sue pizze erano spettacolari, le più buone, non lasciavo nemmeno il cornicione. E ogni volta ricordo lui, dietro al banco, ad impastare e infornare con l’immancabile sigaretta in bocca ormai tutta ridotta in cenere e che ormai faceva parte degli ingredienti. Appena mi facevo vedere: “Pippo, n’tavolu po figghiu do zu Turiddu!” (il loro Capo). Non mi faceva mai pagare, alla fine mi consegnava pure quelle da portare ai miei. Io mi vergognavo di questa cosa (soprattutto davanti alla ragazza); ci andavo solo per la sua bravura, non per scrocco. Così decisi di disertare ma una pizza come quella sua, portata fumante a un tavolo posto di fronte a quel palcoscenico, non l’ho più assaggiata. Oggi me ne sono pentito, non per poco nobili motivi ma perché ho appreso da un castellese che in paese quasi nessuno ha pagato il conto da Saro; la sua risposta era sempre “dumani ma pavi!”. L'avrei voluto rivedere almeno una volta prima che morisse. Non so se i figli di Saretto siano riusciti a continuare l’opera del padre, se la pizzeria ha un’altra gestione o se addirittura non esiste più, ma che Dio abbia in gloria l’ultimo maestro catanese dell’arte pizzaiola! Riposa in pace Saro, e se lassù ti diranno “bravo, queste Fattoresse sono celestiali! quante ali dobbiamo metterle?”, fai spallucce e rispondi “chi fretta c’è ? dumani … o quannu voli Diu!”. M.R. ecco i nuovi gestori:
Pizzeria LA LUNA - Piazza Castello (Aci Castello)
AL "CASTELLO" - "AL TUBO" - Il ricordo di Saro Grasso (by Luigi Pulvirenti) Del signor Saro Grasso potrei raccontare mille aneddoti. Mille cose accadute che lo hanno visto protagonista, perché è stato uno dei protagonisti della storia di Aci Castello dell'ultimo mezzo secolo. Di quando lo incontravo davanti a casa mia alla guida del suo fuoristrada, un colpo di clacson di saluto e poi via, con la macchina carica di spesa per i suoi locali; delle volte che, nei tardo pomeriggi d'estate, mi fermavo davanti all'ingresso del Tubo, prima di proseguire per la piazza, e mi inserivo nelle discussioni tra lui, mio zio Mauro il Portorico, Mauro lo Sciacallo e gli altri habitué dell'Ecce Homo, membri di una insolita e spassosissima confraternita alle cui gesta avrebbe potuto benissimo ispirarsi John Fante. Portavano avanti queste discussioni ogni giorno, nello stesso identico modo, sulle stesse cose, riguardanti le stesse persone; oppure la caccia, sua grande passione. Oppure potrei raccontare delle partite di briscola notturna sotto la statua di Giacinta Pezzana, in piazza, in quegli anni '90 in cui Aci Castello divenne un posto figo per adolescenti e noi castellesi ci sentimmo quasi ospiti a casa nostra, sfrattati dal nostro rifugio per poi riappropriarcene quando, a notte fonda, dispersasi al Banacher o chissà dove la marea umana che occupava ogni singola mattonella della piazza, chiusi i tavoli all'aperto della pizzeria che occupavano buona parte del belvedere sull'Isola e i Ciclopi, si facevano interminabili partite di briscola e tresette; oppure di quelle volte, e chissà quante decine, centinaia, saranno state, che andavi a prendere la pizza con gli amici, in tasca setto/ottomila lire, e lui ti portava le bruschette, la birra, la Castellana, oppure una delle sue invenzioni - la Saretto o la Jonica - , che tu non sapevi se ci stavi con i soldi e lui faceva solo finta di fare il conto: magicamente corrispondeva ai soldi che avevamo in tasca, anche se avevamo mangiato il doppio. E come dimenticare l'interminabile buffet di antipasti, e il suo burbero e bonario rimprovero con la voce gutturale, "carusi non v'abbuffati ca poi non manciati nenti". E poi la sua pasta gamberetti e pistacchio, diciotto/venti anni fa, quando ancora non era scoppiata la moda dell'oro verde. In poche parole, la pizzeria Al Castello e poi il Tubo sono state dei posti in cui ci sentivamo a casa perché era il signor Saro, a farci sentire a casa. Perché era un uomo buono, profondamente buono, e come tutti gli uomini buoni capaci di grandi arrabbiature, di rimproveri che ti lasciavano mezzo storto, ma in un minuto dimenticava tutto. E come non parlare di quella sera di fine anni '80, quando in mezzo al fuggi fuggi generale fascisti e comunisti se le diedero di santa ragione con i tavoli e le sedie utilizzati come armi, e lui nel mezzo "Carusi, finitela ca v'assruppiati?". La piazza. Ritorna sempre. Perché Aci Castello è la sua piazza, e la piazza è Aci Castello. E Saro ne è stato l'icona. Io lo ricordo con la sua immancabile polo blu, seduto davanti all'ingresso della porta della pizzeria sulla sedia rovesciata, appoggiato alla spalliera, "Mauro, facci a pizza a Luigi", e quando poi mi recavo alla cassa mi diceva "Poi passa tuo padre", un piccolo rito tra noi due. E penso che ci sono alcune figure che hanno fatto così parte della tua vita, è stato così normale vederle per decenni allo stesso posto, a fare le stesse cose, che è davvero strano pensare non le vedrai più. Almeno in questa vita. Per cinquant'anni il signor Saro è stato il volto bonario della ristorazione, nel nostro paese. E tutti gli abbiamo voluto bene, perché si è fatto volere bene da tutti. Andarsene, la vigilia di Natale, dopo le sofferenze degli ultimi mesi, è doppiamente triste. Ma lo ricorderemo tutti, il signor Saro. Perché le persone come lui non si possono dimenticare. Riposi in pace, e condoglianze a tutta la famiglia. Luigi Pulvirenti, dal suo profilo Facebook I NUOVI GESTORI
PIZZERIA "AI CESSI" Via Francesco Crispi, 23 - Acicastello tel. 095-274106
La storica pizzeria Jonica, detta “Ai Cessi” per via della sua vicinanza ai bagni pubblici di via Cannizzaro ad Aci Castello, cambia gestione ma mantiene l’atmosfera conviviale di sempre. Fondata nel 1966 dalla famiglia Bonaccorso, conquistò sin dall’inizio i catanesi con gustosi polli al forno, specialità siciliane e le pizze, che la signora Santina, finché ebbe la forza, impastò personalmente. Negli anni a seguire fu la figlia Pina a rilevare l’attività e ad accattivarsi la simpatia dei clienti. “Ai Cessi” divenne negli anni un punto di riferimento per tutti, e nell’estate 2019, i felici ricordi dell’infanzia legati a questo luogo portano Marco e i due Giuseppe a rilevare l’attività donando nuova linfa a questo progetto. Un passaggio di testimone che intende preservare l’autenticità di un luogo che ha unito almeno tre generazioni di catanesi. Oggi la pizzeria si completa con la cucina, ed è pronta a riservare piacevoli sorprese (appetitose combo) e solide certezze (carne di prima scelta da produttori locali e internazionali).
Ad Aci Castello riapre la storica pizzeria Jonica, detta “Ai Cessi” sito web https://www.facebook.com/aicessipizzeriaconcucina/
È avvenuto ufficialmente lo scorso 23 dicembre 2020, alla presenza della Signora Pina e di un bagno di folla, il passaggio di testimone dalla famiglia Bonaccorso, fondatrice nel 1966 della pizzeria Jonica, detta “ Ai cessi” di Aci Castello, ai nuovi proprietari - Marco Rosso, Giuseppe Sbriglione e Giuseppe Minichello - che la gestiscono già dalla scorsa estate Dopo più di cinquant’anni di gestione da parte della famiglia Bonaccorso che l’ha tramandata di madre (Santina) in figlia (Pina) dal 1966, la pizzeria Jonica, detta “Ai Cessi” per la sua vicinanza ai bagni pubblici di Aci Castello, cambia gestione, passando il testimone a tre giovani imprenditori che amano definirsi i “custodi” di questo “luogo del cuore” più che i nuovi proprietari. Marco Rosso, Giuseppe Sbriglione e Giuseppe Minichello hanno deciso di preservare la tradizione gastronomica, l’impostazione degli spazi, il nome, la sede e l’autenticità di questo luogo cult per almeno tre generazioni di cittadini, apportando piccole novità. Il forno di sempre a vista e un arredamento essenziale sono il simbolo della continuità col passato. Oggi la pizzeria si completa con la cucina, “pizzeria con cucina”, appunto, ed è pronta a offrire piacevoli sorprese (antipasti della tradizione, fritti e piatti unici) e solide certezze (farine di prima scelta) riservando grande attenzione ai prodotti e alle tecniche di lavorazione. «Per noi “Ai cessi” è un luogo della memoria - spiegano i tre imprenditori - perché siamo cresciuti ad Aci Castello. Ecco perché abbiamo colto subito l’opportunità di rilevarla. La nostra, oltre ad essere una scelta imprenditoriale, è una scelta emotiva che ci trova di comune accordo. Vogliamo tutelare e tramandare questo locale “del cuore” evitando che vada perduto. Abbiamo rivisto il menù e inserito, reinterpretandoli alla nostra maniera, gli antipati siciliani “a peso”, il piatto unico – il galletto – che è una sorta di tributo al pollo arrosto dello storico menù». Con l’inaugurazione ufficiale dello scorso 23 dicembre cui era presente la signora Pina e una folla di clienti storici e di nuovi avventori, la pizzeria Jonica si accinge a vivere un nuovo corso in cui novità fa rima con continuità. Tutela e rispetto del passato senza tralasciare le nuove tendenze in fatto di ristorazione è il mantra dei nuovi proprietari che la gestiscono già dalla scorsa estate.
DIETRO LE MURA - Viale Mura, 26 Aci Castello (CT) Tel. 095 7111091
Acitrezza Il borgo marinaro di Acitrezza brulica di barche dai mille colori e di pescatori che ricordano Verga e i suoi Malavoglia. Il piccolo molo mantiene immutato il suo antico fascino. La cucina sa di mare. Qui si assaggia il mauro, un’ alga carnosa che si mangia cruda con succo di limone. L’abbondanza di pesce, crostacei e molluschi fa sì che questi siano onnipresenti sulle tavole dei numerosi ristoranti cucinati in umido, fritti o alla griglia.
La "Sagra del Pesce spada di San Giovanni" ad Acitrezza (Catania), in occasione dei solenni festeggiamenti in onore del Santo Patrono San Giovanni Battista.
Allo Scalo di Alaggio, dalle ore 20.00, vengono installate tre grandi griglie dove viene cucinato da cuochi esperti tanto buon pesce spada, pescato nei giorni precedenti dalle “spadare” trezzote. Il pesce viene poi sapientemente condito con olio, origano, sale ed insalata fresca ed accompagnato dall’immancabile bicchiere di buon vino bianco insieme al “pane di casa”. Ed infine, sulla scia del grande successo di pubblico degli anni passati, si svolge la mostra ed esposizione dell’artigianato e dei prodotti tipici locali, che fanno da cornice allo splendido scenario del Lungomare dei Ciclopi e l’incantevole sfondo della marineria con l’isola Lachea ed i faraglioni dei Ciclopi.
La trattoria "da Federico" si trova proprio al centro di Acitrezza, accanto alla chiesa Madre. Il locale è dotato di una terrazza estiva oltre che di una veranda aperta di fronte al porticciolo. I Catanesi sono amanti del pesce fresco, centinaia di locali in città e provincia ne sono pieni, ma come lo cucinano da Federico……. immergetevi in un luogo dove la carne è quasi bandita e tuffatevi negli antipasti del Golfo, nei primi che ti lasciano in bocca il sapore del mare per parecchie ore, negli arrosti intrisi di salmariglio. (M.R.) Consigliata la sua famosa zuppa di pesce, che da sola costituisce un unico pasto. E' consigliata la prenotazione. Via Provinciale, 115 - Acitrezza (CT) Tel. 095 276364 http://www.trattoriadafederico.it/
Una vera istituzione in Sicilia. Pesce ancora cotto sulla carbonella, atmosfera semplice e genuina, zuppa di pesce indimenticabile. In esposizione troverete il miglior pescato dei dintorni.
Località balneare tra le più famose e richieste della Sicilia orientale, Acicastello mantiene un fascino unico, con le acque cristalline del suo mare che si scagliano nei costoni di pietra lavica, all’ombra del Castello normanno da cui la città prende il nome. In estate si popola di turisti e da numerosissime persone che dalla vicina Catania vi si recano in villeggiatura. Le serate sono sempre vive e movimentate, grazie ai numerosi ristoranti e locali, specializzati nel preparare prelibati piatti a base di pesce. Sia Acicastello che Acitrezza accolgono decine di migliaia di turisti, oltre ai buongustai della zona, non solo durante il periodo estivo ma un pò tutto l’anno. La brezza marina che si gode, oltre allo scenografico castello e i faraglioni di Acitrezza sono il luogo preferito di migliaia di persone durante le belle serate siciliane. Qui prendono posto alcuni dei migliori ristoranti in assoluto in Sicilia. Per i più giovani, le serate sono animate da discoteche sul mare e da club, dove è possibile bere e ballare le hit dell’estate. Ma le serate possono essere anche un po’ più tranquille: prendere un bel gelato e passeggiare presso il lungomare durante le notti di luna piena, ascoltando il mare che accarezza gli scogli, è l’atmosfera ideale per gli innamorati. http://www.trattoriadafederico.it/ https://www.facebook.com/Trattoria-Da-Federico-153932171307591/
Fino a circa cinquant’anni addietro la scelta era limitata tra le granite al limone e quelle, più delicate, alla mandorla, alle quali si aggiunsero presto quelle al cioccolato, che permettevano l’aggiunta della panna. Poi, la fantasia dei gelatai siciliani introdusse con audace efficacia altri “gusti” che dapprima si limitarono all’ambito della frutta locale di stagione (arance, pesche, albicocche) e poi spalancarono la porta anche alla frutta esotica (dall’ananas alla papaia, dal mango al kiwi) finendo anche con l’insaporire la vetusta granita mediante ingredienti imprevedibili quali le more, i fichidindia e, persino, i gelsomini. Intere generazioni di “trizzoti” e catanesi hanno contribuito in massa a mantenere viva l’antica tradizione, spesso pronuba di relazioni effimere o durature. Ai tavolini della piazza la sensazione è quella di partecipare ad un rito collettivo. Umberto D’Arrò http://acitrezza.it/il-rito-della-granita/
ZZU ORAZIO E LA LAPA – ACI TREZZA La granita nel cuore della notte. Una menzione a parte merita questa “lapa” che esiste da 60 anni, e che da 27 appartiene allo “Zzu Orazio”, sempre in giro per vendere le sue granite, in sosta durante la notte di fronte al mercato ittico di Acitrezza. Nella piccola piazzola il silenzio notturno è interrotto dallo scarico del pesce e dalle grida dei venditori, un via vai di uomini che sollevano tonni e pesci spada dai dieci ai cinquanta chili, e le cassette colme di sarde o di masculine. Ma siamo anche nella zona dove sosta la movida catanese. Per questo i clienti dello zzu Orazio si dividono in una bizzarra mescolanza: giovanotti impomatati che terminano con una granita la notte in discoteca, a volte un po’ ubriachi, e rudi uomini sporchi di sangue del pesce che hanno appena spezzettato in tranci. La granita ha il sapore di quella che i siciliani, oggi quarantenni, gustavano da bambini. La granita delle “lape“, che giravano e girano ancora suonando il fischietto per annunciarsi, e riponendo le granite nei “panari” calati dai balconi. I gusti migliori sono i gelsi e il limone, l’orario preferibile è alle 3:00 del mattino, quando al mercato arriva il pesce migliore e le briosce servite dallo Zu Orazio sono ancora calde.
CAFE SOLAIRE – ACITREZZA In estate, da vari decenni, ad Acitrezza si ripete il rito della granita. Dalle prime ore della mattinata fino a mezzogiorno inoltrato coppie e gruppi di giovani, ai tavoli all’aperto che occupano gran parte della piazza principale del paese, danno vita all’usanza di deliziarsi a gustare la tradizionale “granita e brioche”. La “ordinazione” è sempre la stessa, con le “varianti” però del “gusto” particolare della granita. Esattamente di fronte l’isola Lachea, di cui si apprezza la vista piacevole, la gelateria Caffè Solaire è un locale piccolo e semplice. Ottima la broscia con il tuppo, sfornata sempre calda. Tra i gusti consigliati la granita ai fichi (ma solo ad agosto, nel periodo di raccolta del frutto), la granita al melone cantalupo, per chi ne ama il sapore dolce, e la granita al caffè. EDEN BAR – ACI TREZZA "L'EDEN BAR si trova a Aci Trezza in v. Provinciale 89 a Aci Castello (CT). La caffetteria è nota per l'ampia varietà di specialità siciliane artigianali: brioches, cannoli alla ricotta, semifreddi e gelati, paste di mandorla e torroncini, ma anche rustici, arancini al ragù e specialità al pistacchio. EDEN BAR propone ottimi aperitivi e, su prenotazione, realizza torte per ogni evento e ricorrenza."
Cafè Mithos ad Acitrezza - la granita al lungomare coi faraglioni davanti. Tutto l'anno. Via Lungomare Dei Ciclopi, 135, 95021 Aci Castello CT https://www.facebook.com/barmythoscafe/
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